Moro e il keirin: «E’ tutta questione d’istinto»

26.01.2024
5 min
Salva

Delle 6 medaglie conquistate dall’Italia agli europei su pista di Apeldoorn, quella di Stefano Moro nel keirin è stata la più sorprendente e quella dal più alto significato storico. Mai l’Italia era infatti salita sul podio continentale nella specialità, considerata ancora relativamente nuova anche se è ormai da più edizioni nel programma olimpico. Il suo bronzo è un altro passo verso la rinascita del settore velocità, ma soprattutto è l’esplosione di un talento arrivato alla sua maturità dopo aver trovato tardi la disciplina più adatta per esprimersi.

Moro ammette che il primo a essere rimasto sorpreso è stato proprio lui: «Ero partito nel torneo, che si disputa nell’arco della stessa giornata – dice – con l’obiettivo di raggiungere le semifinali. Mai avrei pensato di cogliere addirittura il bronzo. E’ stato un crescendo, l’andamento della semifinale mi ha gasato, mi ha fatto partire in finale con la voglia quantomeno di provarci ed è andata come meglio non poteva».

Per Moro quella del keirin è stata la prima medaglia da quando è passato alla velocità
Per Moro quella del keirin è stata la prima medaglia da quando è passato alla velocità
Vedendo il tuo torneo, la sensazione è stata che con il passare delle prove tu abbia trovato la strategia giusta, come una sorta di combinazione utile per emergere…

Un po’ è vero, nel senso che in semifinale ho visto che quando è partito il polacco Rudyk, riuscivo a tenerlo. Così ho pensato che se in finale prendevo la sua ruota, potevo arrivare davanti perché è uno che va davvero forte, ma è ancora “fra gli umani”.

E Lavreysen?

Ecco, questa è la differenza, l’olandese non lo tieni, è talmente potente che quando parte ti lascia sul posto. Seguirlo sarebbe stato un suicidio. Ho battezzato la ruota giusta…

Che impressione ti ha fatto gareggiare con questi atleti con una posta così importante in palio?

Non mi sono posto troppi pensieri alla partenza, sarebbe stato controproducente. Al via siamo tutti uguali, partiamo dalla stessa linea, poi ci sono le differenze, ma ci si lavora. Voglio dire che chiaramente l’olandese in questo momento è ingiocabile, ma io credo che in futuro potremo lottare ad armi pari. Serve però tanto lavoro, tanto…

Il momento decisivo della sua finale, quando ha seguito l’attacco del polacco Rudyk, poi argento
Il momento decisivo della sua finale, quando ha seguito l’attacco del polacco Rudyk, poi argento
Quanto influisce il fisico?

E’ una componente. Chiaramente se si guarda noi della nazionale e gli olandesi, la differenza balza all’occhio. Ma noi abbiamo dalla nostra l’età, parlo soprattutto dei miei compagni del settore. Chi ha atleti dello stesso livello così giovani?

Il keirin è la specialità che più ti si addice fra quelle della velocità?

Direi proprio di sì, è più nelle mie corde. Ho iniziato ad affrontarla seriamente solo da pochissimi mesi, ma vedo che si adatta bene alle mie caratteristiche, si lavora sul lanciato. Nello sprint ci vogliono qualità da scattista che io, venendo dall’endurance, non ho. Il keirin è soprattutto istinto, se cominci a pensare a che cosa devi fare ti freghi da solo. Devi aspettarti di tutto, è come la roulette…

Quindi come lo si affronta?

Concentrandoti su te stesso, su quel che devi fare. E’ importante come ti muovi tu piuttosto che quello che fanno gli altri. Questo risultato mi ha fatto capire che la mia scelta era stata giusta e che devo continuare a interpretarlo così, acquisendo sempre più consapevolezza dei miei mezzi.

Nel 2020 Moro aveva colto l’argento nel quartetto e il bronzo nella madison con Lamon
Nel 2020 Moro aveva colto l’argento nel quartetto e il bronzo nella madison con Lamon
A livello strettamente matematico, con questo bronzo saresti ancora in corsa per un posto a Parigi…

Sì, ma è oltremodo complicato, anche perché non ho abbastanza punti. Ho fatto una sola gara di Nations Cup e sono caduto. La prossima tappa in Australia dovrò saltarla, spero di gareggiare nelle altre. E’ chiaro che finché la matematica non mi condanna, io ci proverò. Realisticamente però i miei obiettivi sono più lontani, intanto vorrei avere abbastanza punti per qualificarmi per i mondiali. Quello è un target più alla mia portata.

E Los Angeles 2028?

Certamente è più fattibile, ci sono 4 anni per continuare a migliorare. So che con il duro lavoro arriveranno i miglioramenti e quindi potrò anche arrivarci. Io però sono abituato a pormi obiettivi a breve termine, fare un passo alla volta. Per questo ora voglio pensare a entrare nei 24 che faranno i mondiali.

Tu fai parte del progetto Arvedi, ma il tuo manager Rabbaglio ha specificato come per te non siano previsti impegni su strada.

No, la mia attività è concentrata sulla pista. Su strada vado solo per allenamenti, ma la parte principale della preparazione si divide fra la palestra e la pista stessa. Oltretutto non c’è solo il keirin, i tecnici vogliono che continui a migliorare soprattutto nella partenza e nelle fasi di lancio per poter essere utile anche in ottica velocità a squadre. D’altronde come detto faccio quest’attività da ancora troppo poco tempo.

Per Moro decisiva è la spinta di Quaranta, che lo ha convinto a cambiare specialità
Per Moro decisiva è la spinta di Quaranta, che lo ha convinto a cambiare specialità
Come fai con gli allenamenti su pista? Montichiari non basterà…

Infatti mi alleno molto al velodromo di Dalmine che è davvero a pochissimi chilometri da casa, poi da poco è stato inaugurato anche l’impianto di Crema, quindi le possibilità non mancano.

Allargando il discorso, tu fai parte di un settore rilanciato da Quaranta solo un paio d’anni fa e lavori con ragazzi ancora più giovani di te. Come vedi il futuro?

Io sono molto ottimista. Dobbiamo dire grazie alla Federazione che ha investito su questo settore facendolo ripartire da zero, con un tecnico come Quaranta e la supervisione di Villa. Ma il mio bronzo ha tanti padri: vorrei ricordare le Fiamme Azzurre che mi permettono di fare quest’attività, con l’appoggio di Onori, Masotti e Buttarelli. Poi la famiglia e la mia fidanzata Martina, che mi sostengono e sacrificano tempo per me. Infine il mio preparatore atletico Nicola Nasatti. E’ una medaglia di gruppo, anche se a salire sul podio sono stato solo io…

Il tuo ottimismo su che cosa si basa?

Su un semplice ragionamento legato al mio excursus. Quando mi affacciai in nazionale, nel 2014, il quartetto dell’inseguimento era lontanissimo dai vertici e guardate che cosa ha ottenuto. Con gente come Predomo, Bianchi, Napolitano, Tugnolo e Minuta abbiamo un gruppo che può fare lo stesso percorso. Dateci solo qualche anno.

Simulare la gara per vincerla in pista: il caso Lavreysen

21.10.2022
5 min
Salva

Lo avete letto un paio di giorni fa il pezzo con le 10 domande a Harrie Lavreysen, il velocista più forte del mondo? E leggendo il suo modo di andare incontro alle sfide in pista non vi è venuta la pelle d’oca?

Sarà che lo sforzo sotto i 10 secondi a 73 di media è qualcosa che sfugge all’immaginario del ciclista più tradizionale, ci siamo chiesti come funzioni la testa dell’olandese e quanto lavoro ci sia dietro il suo modo di pensare. Per cui ci siamo attaccati al campanello della dottoressa Manuella Crini, chiedendole da psicologa di provare a interpretare quelle frasi.

«Per alcune persone – spiega – dire «Vinco» crea ansia. Lui addirittura ha bisogno di dirselo. Mi prefiggo la vittoria come unica possibilità, per cui attingo direttamente alla dopamina prima ancora di aver vinto».

Nella corteccia prefrontale si verificano le attivazioni che regolano ogni funzione esecutiva (foto Angela Savino e Ottavio De Clemente)
Nella corteccia prefrontale si verificano le attivazioni che regolano ogni funzione esecutiva (foto Angela Savino e Ottavio De Clemente)

Il cervello che cambia

E’ un meccanismo in cui viene coinvolta la corteccia prefrontale, la parte anteriore del cervello che gioca un ruolo chiave nelle funzioni esecutive, come la creazione di strategie, la pianificazione, il controllo delle emozioni, l’attenzione, la concentrazione, l’autocontrollo degli impulsi. Simulando la sfida nella sua testa, Lavreysen produce un primo rilascio di testosterone. Mentre convincendosi di correre per la vittoria e di aver già vinto, approfitta di un rilascio di dopamina che provoca sensazioni positive e alla lunga riesce a cambiare non solo la composizione chimica, ma anche la struttura del cervello del vincitore.

Potremmo pensare di essere davanti a un caso limite?

Non credo, non sono le parole di uno che dice: «Devo vincere, sennò non sono nessuno». Qui traspare una notevole autostima, calibrata e ben centrata. Segno che ci ha lavorato tanto sin da quando era bambino o che i suoi genitori sono stati bravi. Allo stesso modo in cui traspare sicurezza quando parla dei compagni. Sono super competitivi in gara, ma non lo sono fra loro. La competizione interna non determina la sconfitta a livello umano, al contrario. Se anche mi batti, posso utilizzare le tue strategie per essere migliore di te la prossima volta.

La voglia di vincere porta alla vittoria. In pista non c’è tempo per pensare: tutto è stato provato prima
La voglia di vincere porta alla vittoria. In pista non c’è tempo per pensare: tutto è stato provato prima
Deve esserci dietro un bel lavoro di coaching?

Di sicuro alle spalle c’è qualcuno molto preparato. Qualcuno che gli ha fatto capire che l’essere bravo di uno dipende dagli altri. Hanno dietro una mente di quelle importanti. Al punto di pensare che se a lungo andare Lavreysen non reggerà più questi ritmi, per il più semplice dei cali fisici o perché non riuscirà più a vivere solo per lo sport, sarà disposto a cambiare ruolo senza farne un dramma.

Il fatto che la gara duri 9 secondi cambia le cose?

Il pensiero consapevole non ha tempo per formularsi. In quei 9 secondi c’è anche tanta endorfina. Parti e vai, sapendo che il margine di errore è ridottissimo. Bisogna lavorare sugli automatismi e per fare questo, bisogna che la gara lui la viva prima.

La concentrazione prima della gara: la mente si svuota, Lavreysen crea lo scenario (foto Instagram)
La concentrazione prima della gara: la mente si svuota, Lavreysen crea lo scenario (foto Instagram)
Infatti dice: quando non c’è abbastanza tensione, mi siedo e faccio la gara nella mia testa…

E qui si entra nell’ampio mondo delle tecniche di concentrazione, anche se in questo caso bisogna parlare di attenzione focalizzata. Sarebbe curioso sapere se facciano uso di simulatori o strumenti di realtà virtuale, in cui il visore ti permette di modulare l’immagine con il controllo del cervello.

La conoscenza degli avversari come si inserisce in questo quadro?

Non credo che si possa guardare più di tanto agli altri. Il fatto di conoscerli a menadito fa sì che si possa prevederne le mosse. Per come la racconta, la gara è tutta un lavoro di previsione. Secondo me, quando scende in pista, Lavreysen la gara l’ha già fatta e vinta.

Giornata di legpress durante una fase di allenamento: 800 chili. Serve grande determinazione… (foto Instagram)
Giornata di legpress durante una fase di allenamento: 800 chili. Serve grande determinazione… (foto Instagram)
Fare la gara prima appartiene anche agli sciatori, che ripassano le curve mimando le traiettorie con le mani…

Si chiudono gli occhi e il primo lavoro è svuotare la mente, scacciando i pensieri intrusivi. Poi con l’immaginazione crei lo scenario. Il fatto di muovere gli arti inganna il cervello, che non capisce se sia vero oppure no. Se riesco a fare con costanza questo tipo di allenamento, la corteccia motoria si sviluppa di più, aumentano i terminali nervosi e in gara rendo di più.

Come si scacciano i pensieri intrusivi?

E’ parte del coaching. Il pensiero è un riflesso, non puoi impedirlo, ma puoi gestirlo quando lo hai fra le mani. E comunque serve anche una grande motivazione, senza la quale una vita così cadenzata non la metti neanche in piedi. Senza la quale non dormi con le braccia bloccate in una specie di camicia di forza. Lo fai solo perché è funzionale ad altro: hai obiettivo e motivazione. Volete davvero sapere come si scacciano i pensieri intrusivi?

Al pensiero della vittoria corrispondono le conquiste: 9 maglie iridate non sono poca cosa (foto Pim Ras)
Al pensiero della vittoria corrispondono le conquiste: 9 maglie iridate non sono poca cosa (foto Pim Ras)
Magari grazie…

Prendete un orologio con la lancetta dei secondi e fissatela girare per 60 secondi. Senza pensare ad altro, tenendo la mente sgombra. Ogni volta che arriva un pensiero diverso, mettetelo via. Se lo fate una volta al giorno, dopo tre settimane sarete capaci di gestire il pensiero. Basta provare…

Lavreysen, 10 domande all’uomo più veloce del mondo

18.10.2022
5 min
Salva

Nove mondiali e due medaglie olimpiche a 25 anni. Harrie Lavreysen, olandese di Apeldoorn, è alto 1,81 e pesa 92 chili e, se fosse anche cattivo, sarebbe bene giragli alla larga. In realtà quando non è impegnato in qualche sfida di velocità appare un ragazzo alla mano. Forte com’è, divide lo scettro di velocista più forte con l’amico/rivale Jeffrey Hoogland e per non pestarsi i piedi, scelgono spesso gare diverse e fanno man bassa.

Da noi il settore delle donne e degli uomini veloci è in fase di ricostruzione e il quinto posto di Matteo Bianchi agli ultimi mondiali, nel chilometro vinto da Hoogland (accesso in finale con il secondo miglior tempo) fa ben sperare. Così, per preparare il terreno, noi intanto… spiamo il padrone di casa.

Olimpiadi di Tokyo, la finale della velocità è un derby olandese: oro a Lavreysen, argento a Hoogland
Olimpiadi di Tokyo, la finale della velocità è un derby olandese: oro a Lavreysen, argento a Hoogland
Che cosa fa un velocista?

Non ho un lavoro dalle 9 alle 17. Sei un grande atleta tutto il giorno, anche nel fine settimana. Ad ogni scelta che faccio, penso cosa sia meglio per questo sport. Ovviamente devi anche rilassarti, prenderti il giusto tempo. Ma se devo saltare una festa, non ho problemi. So per cosa lo sto facendo.

In cosa consiste la tua alimentazione?

Penso alla dieta tutto il giorno. Peso la colazione con molta attenzione, perché non deve darmi fastidio durante l’allenamento. Di solito mangio verso 8,15. L’orario si collega esattamente con l’allenamento del mattino. Ma certi giorni trovare gli orari giusti è un enigma. Se devo allenarmi nel primo pomeriggio, devo comunque alzarmi presto e fare colazione in base all’orario del pranzo. Alla base ci sono le proteine, se ne ho abbastanza, il resto non è così urgente. Ovviamente devo mangiare sano e assicurarmi di mantenere il peso forma.

Ai mondiali appena conclusi, Bianchi ha… assaggiato Hoogland, chiudendo il Chilometro in 5ª posizione
Ai mondiali appena conclusi, Bianchi ha… assaggiato Hoogland, chiudendo il Chilometro in 5ª posizione
Hai chiuso la carriera in Bmx a 18 anni per un infortunio alla spalla: tutto superato?

La sottopongo spesso a un trattamento separato. Non ho quasi nessun dolore, ma dormo con pantaloni speciali con due passanti. Se ci infilo i polsi, le spalle rimangono al loro posto. Devo tenerne conto anche in allenamento. Ad esempio, non posso esercitarmi su tante partenze di fila come qualcun altro. Grazie o a causa di tutte le battute d’arresto, ho avuto modo di conoscere bene il mio corpo. So esattamente cosa è possibile e cosa non lo è.

Cosa ti resta degli anni sulla Bmx?

Ho imparato cosa significa vivere come un atleta di alto livello. Ho imparato a controllare la bici. Mi sono sempre allenato sull’esplosività e ho gettato buone basi per l’allenamento della forza che faccio ancora oggi. Quindi ne traggo ancora vantaggio.

Ai recenti mondiali ha vinto il keirin precedendo Hoogland: 200 metri in 9″751 a 73,839 di media
Ai recenti mondiali ha vinto il keirin precedendo Hoogland: 200 metri in 9″751 a 73,839 di media
Hai debuttato ai mondiali del 2017 e sono venuti subito due argenti…

L’apertura mentale è stata la mia più grande forza. Non sapevo nulla degli avversari, ma ovviamente nemmeno loro sapevano di me. Allora avevo parecchi punti deboli, ma poiché non li conoscevano, non hanno potuto attaccarmi.

E’ importante conoscere gli avversari?

Ho già tutti gli scenari in testa in anticipo. Conosco la top 30 mondiale come il palmo della mia mano. So esattamente cosa fanno e come, perché li ho analizzati all’infinito. Cerco sempre di essere un passo avanti a loro. Penso a come mi guardano e cosa devono fare per battermi. Quindi mi assicuro che ciò non accada. Se uno è più forte, me ne faccio una ragione. Invece odio perdere per un mio errore.

A Tokyo ha trascinato Van den Berg, Buchli e Hoogland all’oro nel team sprint
A Tokyo ha trascinato Van den Berg, Buchli e Hoogland all’oro nel team sprint
Quanto conta la concentrazione nella velocità?

Voglio sentire la tensione solo per migliorare. Ma quando noto che sono troppo teso, parlo con alcune persone. Quando non c’è abbastanza tensione, mi siedo e faccio la gara nella mia testa. E allora la tensione e la concentrazione tornano subito al loro posto.

Altrimenti?

Non vinci. Andiamo molto in profondità in ogni sprint, in realtà è uno sport molto mentale. Non bisogna avere dubbi. Se ne hai, non vinci. La differenza tra dire «Posso vincere» e «Vincerò» è un fattore molto importante. Quando vado in gara, non penso all’argento. Avrei già perso. La parte mentale è difficile da allenare, perché semplicemente non è possibile esercitarsi al di fuori delle competizioni.

La rivalità con Hoogland è stimolo per entrambi. Qui a Roubaix 2021, dove Lavreysen ha vinto team sprint, velocità e keirin
La rivalità con Hoogland è stimolo per entrambi. A Roubaix 2021, Lavreysen ha vinto team sprint, velocità e keirin
Che rapporto hai con i tuoi compagni di nazionale?

Mi tengono sveglio. Si accorgono subito se un giorno non sono in forma e questo vale anche al contrario. Le nostre sessioni di allenamento si basano sul team sprint, l’obiettivo per le Olimpiadi. Questo ci rende molto forti come squadra. Ci spingiamo a vicenda. Ognuno di noi dà il meglio se l’altro va più forte.

Quanto potrai crescere ancora?

Sono giovane, quindi posso ancora fare meglio. Vedo che ho dei punti deboli e che i miei avversari possono battermi. Questo mi mantiene affamato. Alla fine, dopo la mia carriera, voglio avere il più grande record possibile di risultati. Lavoro per questo.

Dalla BMX all’empireo della velocità: il regno di Harrie Lavreysen

29.10.2021
4 min
Salva

Ricordate quando incontrando gli atleti della Bmx nel velodromo di Montichiari e parlando con il loro tecnico Tommasi Lupi venne fuori che in Olanda da quel tipo di base venivano fuori i velocisti su pista? Bene, la conferma è venuta ai recenti mondiali di Roubaix, dove Harrie Lavreysen si è portato a casa tra medaglie d’oro che si sono aggiunte alle due di Tokyo. Impressionando per la guida, l’esplosività e la struttura fisica.

La rivalità fra Lavreysen e Hoogland è uno stimolo per entrambi
La rivalità fra Lavreysen e Hoogland è uno stimolo per entrambi

Star della Bmx

Prima di indossare il body da pista e il casco aerodinamico, infatti, l’olandese di 24 anni si è fatto un nome proprio nella BMX. Tre volte campione europeo juniores tra il 2011 e il 2013, il ragazzo avrebbe avuto certamente davanti una carriera luminosa, anche se praticando una disciplina soggetta a cadute, la sua condizione oscillava spesso tra alti e bassi, entrate e uscite dall’ospedale. Finché nel 2014, ci ha messo un punto.

«Ero tornato al mio miglior livello – ha raccontato – e stavo andando alla grande, ma mi sono lussato entrambe le spalle».

Pare che siano stati gli stessi medici che lo sistemavano da anni a suggerirgli di cambiare sport. E così Harrie ha scelto di allenarsi sulla pista di Papendal, nel centro del Paese.

«E’ stato molto strano passare da professionista della BMX a dilettante su pista – ha raccontato – non sapevo cosa stavo facendo e mi sentivo ridicolo».

Innesco rapido

Eppure, a conferma del fatto che i due percorsi possono essere complementari, i frutti del cambiamento si sono iniziati a vedere quasi subito. Nel 2015, il ragazzo alto 1,81 e arrivato a 92 chili di peso forma, ha vinto subito il campionato nazionale di velocità a squadre. Il primo oro internazionale è arrivato tre anni dopo e da quel momento ha dato il via a un dominio incontrastato nelle discipline veloci.

Detentore del titolo mondiale di velocità a squadre dal 2018, Harrie si è distinto anche individualmente: nella velocità (2019, 2020, 2021) e nel keirin (2020, 2021). A Tokyo, l’olandese ha sfiorato una nuova tripletta, fallendo nel keirin (bronzo), sorpreso da Jason Kenny.

A Roubaix nella velocità ha battuto il compagno di nazionale Hoogland
A Roubaix nella velocità ha battuto il compagno di nazionale Hoogland

Rivalità da fare invidia

Lavreysen non è da solo. Ogni volta, succede infatti la stessa cosa. I due compagni nella squadra olandese di velocità a squadre, Jeffrey Hoogland e Harrie Lavreysen, diventano avversari all’ultimo respiro quando si tratta di eventi individuali. E se al traguardo uno dei due non è primo, ci sono buone probabilità che l’oro sia al collo dell’altro.

Come a Roubaix, dove Lavreysen, vincitore di keirin e velocità, ha avuto ogni volta dietro di sé il compagno più esperto. Ma questa rivalità non è malsana. I due olandesi condividono sempre la stessa stanza d’albergo prima delle grandi gare, si divertono, guardano film insieme e si tirano su.

«Mi alleno con il migliore al mondo – ha spiegato Hoogland prima delle Olimpadi – penso che ogni corridore sarebbe invidioso».

Un duro lavoratore

Quando Lavreysen non è in bicicletta, è in sala pesi e viceversa. Dedicato ormai totalmente alla pista, il sei volte campione del mondo è alla continua ricerca della forza. Nel 2015, infortunato, ha inviato un messaggio molto evocativo al suo preparatore atletico, Christian Bosse.

«Mi sono operato ieri – gli ha scritto – domani lascerò l’ospedale e al massimo entro due giorni voglio allenarmi. Non posso usare le braccia, puoi farmi ugualmente un programma?».

Oltre alle sessioni fisiche, Harrie Lavreysen trascorre lunghe ore davanti allo schermo, analizzando le sue prestazioni e quelle dei suoi futuri avversari. 

«Mi piace anche conoscere le caratteristiche della pista su cui correrò – ha spiegato – curo tutti i dettagli prima di andare da qualsiasi parte».

Per Ivan Quaranta, che a quanto si dice avrà in carico il settore velocità sotto l’occhio di Marco Villa, il riferimento è impressionante, ma in qualche modo l’iter dalla BMX alla pista potrebbe indicare la strada per arrivare a qualcosa di concreto in attesa che crescano dalla base dei giovani talenti. In Olanda l’hanno capito da anni, qui dobbiamo rimboccarci tutti le maniche.