Da una tragedia può nascere una cosa buona. La tragedia è la guerra in Ucraina, la cosa buona è la squadra che sta prendendo vita. Una squadra, la Ukraine Cycling Academy, di ragazzi ucraini che sono già da noi in Italia, più precisamente sulle sponde del Lago d’Iseo. Pedalare, essere corridori… possono continuare a sperare. E possono farlo grazie anche all’aiuto di Yan Pastuschenko.
Yan non è poi così più grande di loro ed è un biker professionista. Vestiva i colori della Cicli Taddei e passerà allo ZeroZero Team. E’ lui uno dei tre factotum di questo team: allenamenti, logistica, ricerca degli sponsor…
Pastuschenko in azione sulla mountain bike…Yan ha preso parte anche a qualche gara su stradaPastuschenko in azione sulla mountain bike…Yan ha preso parte anche a qualche gara su strada
Yan, raccontaci di questo progetto. Come nasce?
Il tutto nasce da una vecchia squadra continental ucraina, la Eurocar Grawe Ukraine che per i motivi che conosciamo, la guerra, è sparita. Gli sponsor si sono tirati indietro. In Ucraina poi non c’è più un giro per certe iniziative. Nell’ultimo anno abbiamo portato quei corridori in Italia e aggiunto forze nuove.
Dove vi trovate?
In Lombardia e più precisamente ad Iseo. Siamo qui da sette mesi. Abbiamo portato fuori dai confini ucraini diversi ragazzi. Stiamo in una casa, ma ne stiamo cercando una più grande. Stiamo cercando di partire, ma non è facile. Stiamo cercando degli sponsor, del sostegno. Per ora ci hanno dato una mano Limar, FSA-Vision, Nalini, ProAction.Stiamo comprando 14 bici da Cicli Bettoni, un negozio di Lovere, nel bergamasco. Alfio Bettoni, il direttore di questo negozio, aveva delle bici a noleggio. Queste bici gli stanno rientrando. Ci fa un super prezzo e le prendiamo. Prendiamo ciò che possiamo.
Qual è il vostro scopo?
Far uscire dall’Ucraina più corridori possibile, per salvarli prima di tutto. Poi per allenarli, farli crescere e fargli fare delle esperienze all’estero. In tal senso anche l’UCI ci sta aiutando. Per esempio ci ha dato le ammiraglie. Ammiraglie svizzere.
L’UCI?
Sì, di fatto noi siamo la nazionale ucraina. Ma siamo anche una squadra di club, così da poterci mettere degli sponsor. In Italia correremo come squadra, all’estero come nazionale ucraina. L’UCI è d’accordo.
I ragazzi durante una delle loro camminate in montagnaI ragazzi durante una delle loro camminate in montagna
Qual è il tuo ruolo? Sei il team manager?
Diciamo di sì. Ho 26 anni, sono un biker professionista. Io vivo in Toscana. A portare avanti la squadra siamo in tre: un meccanico, il presidente ed io. Di più non saremmo in grado.
E come fai a seguirli se sei in Toscana?
Eh, non è facile. Infatti faccio la spola. Vado su 3-4 giorni. Li seguo, poi torno giù e dopo qualche giorno riparto. Gli do una mano per gli allenamenti, camminate in montagna, palestra, logistica… Non è facile stare in casa. Questi ragazzi dormono, mangiano, pedalano, ma hanno le famiglie, le fidanzate a casa e sono isolati, staccati da loro.
Yan, sei giovanissimo, come mai ti sei ritrovato in questa storia e ricopri un ruolo così importante?
Perché qualche tempo fa mi chiamò Oleksiy Kasyanov, l’attuale presidente. Lui è stato un buon corridore, ha corso anche in Italia e in Cina. Sapendo che ero in Italia, mi ha chiesto un piccolo aiuto, ma io gli ho detto che avrei potuto fare qualcosa di più. Allora lui mi ha detto: «Okay, ma io non posso pagarti!». Ho risposto che non faceva nulla. Qui c’è da aiutare altri ragazzi.
La maglia del team da cui il gruppo trae origine (foto Miche)La maglia del team da cui il gruppo trae origine (foto Miche)
Però per avere dei rapporti con l’UCI qualcuno vi avrà anche aiutato. Magari la vostra Federazione…
Noi siamo in stretti rapporti con Andrey Grivko, che è il presidente della Federazione ciclistica ucraina. Lui non figura in nessuna carta, lavora in ombra, ma ci sentiamo tutte le sere. Siamo sempre al telefono. Andrey ci aiuta tanto, ma lui… non altri. Perché il Ministero dello sport ucraino non è proprio limpidissimo, diciamo così. Da loro non è arrivato un rimborso, un sostegno. Grivko è andato all’UCI, gli ha raccontato del nostro progetto e dei nostri piani e l’UCI ha deciso di aiutarci. Con le ammiraglie, come abbiamo visto, ma anche con i test ai corridori, con il poter correre all’estero, con l’ospitarci nella loro sede di tanto in tanto.
Che squadra dunque state cercando di allestire?
Di fatto sono due squadre: una juniores e una under 23. Quella juniores per adesso conta otto ragazzi, ma a breve dovrebbero arrivarne una decina dall’Ucraina. Mentre gli under 23 sono sei. Ma vorremmo aggiungere anche qualche italiano, pensiamo cinque ragazzi: un po’ perché siamo in Italia e un po’ perché senza italiani non vai troppo lontano.
Le ultime corse hanno mostrato penuria di atleti italiani. Giustificati quelli frenati da malanni e infortuni, ma gli altri? Diverse cause. E il Giro bussa
«Kyrylo Tsarenko? Te lo definisco in due parole: se ti scappa anche solo di 50 metri, non lo prendi più…». Giancarlo Raimondi, diesse della Gallina Ecotek Lucchini, quando parla del suo gioiello ucraino lascia sempre trasparire un velo particolare nella sua voce, fatto di dolcezza.
«Non mi posso dimenticare quando arrivò l’anno scorso. Non sapeva una parola d’italiano ed era davvero difficile riuscire a comunicare con lui, ma entrò subito nei nostri cuori, ben prima che dalle sue parti scoppiasse la guerra».
Un anno, quante cose sono cambiate per il giovanissimo Kyrylo, salito alla ribalta perché da un mese, nel mondo degli under 23, sta collezionando una straordinaria serie di grandi risultati e di vittorie, come quella alla Coppa San Sabino, gara di Canosa di Puglia, ritrovo al sud per molte squadre di grido del panorama nazionale continental e di categoria. Tsarenko ora parla sufficientemente bene la nostra lingua e anzi s’impegna tantissimo nel comunicare tanto che a Botticino dove vive è un po’ coccolato da tutti.
«Spesso esco – dice – e quando capita mi fermo a parlare con la gente, sono tutti molto accoglienti e comprensivi. Così mi esercito nel parlare italiano e miglioro giorno dopo giorno».
L’ucraino con il gruppo della Gallina Ecotek Lucchini. Arrivato per uno stage, è poi rimastoL’ucraino con il gruppo della Gallina Ecotek Lucchini. Arrivato per uno stage, è poi rimasto
Esattamente come sta succedendo sui pedali: da dove è nato questo periodo così fortunato?
Sicuramente sono cresciuto tanto dopo la prima metà dell’anno, ma credo che sia stato molto importante l’esperienza al Giro d’Italia, l’impegno continuo mi ha dato la giusta condizione per emergere nelle gare successive. Nei primi mesi faticavo a recuperare dopo ogni gara, ma credo che non sia stato neanche un problema fisico. E’ che con l’attività così frenetica è cambiata anche la mia mentalità.
Come sei arrivato in Italia?
E’ stato attraverso un meccanico del Velo Racing Palazzago, che conosceva la realtà ciclistica ucraina e che fece da tramite con la Gallina Ecotek. Arrivai lo scorso anno come stagista a settembre, poi mi sono fermato, evidentemente sono piaciuto…
Parlavi di realtà ciclistica ucraina. Come viene considerato nel tuo Paese il ciclismo?
Non è molto diffuso, certamente non come qui. Non dico che sia uno sport minore, ma certamente non è tra quelli più amati dalle mie parti, anche se le bici sono molto diffuse.
Tsarenko è nato il 13 ottobre 2000. Vanta un titolo nazionale in linea (2020) e due a cronometro (2020-21)Tsarenko è nato il 13 ottobre 2000. Vanta un titolo nazionale in linea (2020) e due a cronometro (2020-21)
Da che parte dell’Ucraina vieni?
La mia città si chiama Kropivnitskiy. Non è lontanissima da Mykolaiv, ma non è al centro del conflitto, anche se ogni tanto qualche missile arriva anche da quelle parti. Lì ho tutta la mia famiglia, li sento ogni giorno, quindi so bene qual è la situazione nel mio Paese e quanto sia difficile. Non posso negare che questo ha influito molto sulla mia vita quest’anno.
Torniamo a parlare di ciclismo: quali sono i percorsi che ti si addicono di più?
Amo soprattutto i tracciati a saliscendi, con strappi brevi ma intensi, con le pendenze giuste per fare il vuoto. Non sono uno scalatore e non sono proprio a mio agio sulle salite durissime, preferisco quelle secche ma che danno la possibilità di fare la differenza. Se poi si forma un gruppo ristretto, posso anche giocare le mie carte in volata, se l’arrivo è anche in leggera salita è ancora meglio.
Non solo Canosa di Puglia: Tsarenko ha vinto per distacco il GP Comune di CastellucchioNon solo Canosa di Puglia: Tsarenko ha vinto per distacco il GP Comune di Castellucchio
Ti sei fatto un’idea di quali potrebbero essere i percorsi più adatti in futuro, correndo fra i pro’?
Sinceramente non mi sono posto la domanda, non ho una gara particolare che mi affascina. Diciamo che mi piacciono molto le gare belghe e francesi, ma soprattutto mi piace quel modo di correre. Anche le gare lombarde però sono molto valide, il Lombardia ad esempio è davvero una classica da non perdere.
E le gare a tappe?
Questo è un terreno completamente sconosciuto. Non basta aver fatto una volta il Giro Under 23, non saprei proprio come andrei in una gara a tappe, ne ho fatte troppo poche. Per ora sono un corridore da gare d’un giorno. Per ora…
Ti sono arrivati contatti per un tuo passaggio fra i pro’?
Per ora ancora no, ma diciamo che cerco di mettermi in evidenza correndo e vincendo e nel frattempo prendo contatti.
L’ucraino si disimpegna bene anche su pista: bronzo agli europei U23 nello scratch, dietro Tidball (GBR) e Wafler (AUT)L’ucraino si disimpegna bene anche su pista: bronzo agli europei U23 nello scratch, dietro Tidball (GBR) e Wafler (AUT)
Vorresti restare in Italia?
Da una parte mi piacerebbe perché mi trovo particolarmente bene qui, dall’altro però vorrei trovare spazio proprio in Francia o Belgio per imparare di più, credo che per migliorare ancora ne avrei bisogno.
Finita la stagione che cosa farai, tornerai a casa?
Non credo, manco da lì da Natale, ma non penso proprio che quest’anno potrò farlo. Ho paura che se torno non potrò più uscire e nel caso trovassi un ingaggio nuovo non potrei rispondere e onorarlo. Ma non posso negare che mi manca casa, mi mancano i miei cari e ogni risveglio, appena sento le notizie, ho un tuffo al cuore…
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«Al Tour de Pologne vogliamo parlare di pace». A dirlo al telefono, col loro ottimo italiano e la consueta cordialità, sono Czeslaw e Agata Lang, rispettivamente direttore generale e vice della gara a tappe polacca WorldTour. Padre e figlia stanno rientrando in auto da qualche giorno di relax prima di immergersi nella 79ª edizione della loro corsa (in programma dal 30 luglio al 5 agosto).
Sette frazioni nel sud del paese per un totale di 1.209,4 chilometri che si svolgeranno con uno spirito particolare. Il tremendo conflitto in Ucraina è più di una preoccupazione e gli organizzatori hanno pensato a qualcosa per il popolo confinante. Con i Lang abbiamo parlato sia di questi argomenti sia di quelli agonistici.
Czeslaw “Cesare” Lang ha sempre provato personalmente ogni tappa del Tour de PologneCzeslaw “Cesare” Lang ha sempre provato personalmente ogni tappa del Tour de Pologne
L’aspetto sociale
«Per sensibilizzare la pace in Ucraina – spiega Agata, membro del Consiglio Direttivo dell’UCI e della Commissione Strada dell’UEC – regaleremo un braccialetto a tutta la carovana del Tour de Pologne, dagli atleti agli addetti ai lavori. Chiediamo che possano indossarlo tutti mandando messaggi dedicati ogni giorno, anche dopo la nostra corsa. Inoltre parte dell’incasso delle iscrizioni al Tour de Pologne amatori (una gara che si svolgerà il 31 luglio ad Armalow a pochi chilometri dall’Ucraina, ndr)sarà devoluto in beneficenza ad una organizzazione umanitaria che accoglie i profughi. Partecipano a questa raccolta anche la Fondazione Orlen e il Lang Team (rispettivamente lo sponsor principale e la società organizzatrice del Giro di Polonia, ndr).
A fine febbraio, tre mesi dopo la presentazione della gara, ci fu lo scoppio della guerra. Przemysl, borgo di circa settantamila abitanti, fu la prima città polacca che accolse i rifugiati ucraini.
«Abbiamo temuto di dover cambiare parte del percorso – prosegue – per paura dei voli delle riprese televisive. Avremmo compreso giustamente le ragioni, invece le autorità governative e locali hanno sostenuto anche noi, lasciando l’arrivo della terza tappa. Gli siamo molto grati».
Il braccialetto con i colori dell’Ucraina che verrà indossato da ogni persona al Tour de PologneCzeslaw Lang mostra il braccialetto con i colori dell’Ucraina che verrà indossato da ogni persona al Tour de Pologne
«Pensate che lì c’è un centro di accoglienza – conclude Agata – che ha ospitato cinquantamila persone al giorno. L’Ucraina dista circa dieci chilometri. Finora da lì sono transitati cinque milioni di profughi di cui quasi tre sono ancora nella zona. Potete immaginare le difficoltà visto che la ricettività alberghiera non è delle più ampie. Noi come Lang Team ad esempio stiamo ospitando sedici famiglie».
Il profilo tecnico
Forse la maniera migliore per diffondere i messaggi di pace è correre. Il Tour de Pologne, che gode dello status WT dal 2011, è disegnato o approvato in gran parte da Czeslaw Lang, ribattezzato Cesare per i suoi tanti anni trascorsi in Italia da corridore.
«Avete visto – esordisce con orgoglio l’ex medaglia d’argento olimpica a Mosca ’80 – chi ha dominato il Tour de France? Jonas Vingegaard. Lui da noi aveva vinto la penultima frazione nel 2019 indossando la maglia di leader della generale. Il giorno dopo però, nel tappone conclusivo a Bukowina, pagò una grossa crisi di quasi un quarto d’ora e quel Pologne lo vinse Sivakov per 2” su Hindley, che quest’anno ha vinto il Giro d’Italia.
«La nostra corsa scopre sempre nuove stelle. Penso a Contador – continua – che ha vinto la sua prima gara da pro’ nel 2003 a Karpacz, una cronoscalata valida come ultima tappa di quella edizione. Poi ci sono stati Sagan, Moreno Moser, un giovane Ackermann, infine Almeida l’anno scorso che si è consacrato qui con le sue prime vittorie nel WorldTour. Ma ce ne sono stati tanti altri».
1ª tappa: occasione per i velocisti nonostante i tanti mangia-e-bevi
2ª tappa, rivincita per gli sprinter
3ª tappa, la più lunga: finale sui muri per uomini da classiche
4ª tappa, seconda giornata impegnativa per chi punta alla vittoria finale
5ª tappa, più di 3000 metri di dislivello, potrebbe essere la frazione decisiva
6ª tappa, cronoscalata adatta per passisti-scalatori potenti
7ª tappa, sulla carta ultima opportunità per i velocisti ma attenzione ad attaccanti e fughe
Al Tour de Pologne spesso si vedono modi originali per seguire il passaggio della corsa
1ª tappa: occasione per i velocisti nonostante i tanti mangia-e-bevi
2ª tappa, rivincita per gli sprinter
3ª tappa, la più lunga: finale sui muri per uomini da classiche
4ª tappa, seconda giornata impegnativa per chi punta alla vittoria finale
5ª tappa, più di 3000 metri di dislivello, potrebbe essere la frazione decisiva
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7ª tappa, sulla carta ultima opportunità per i velocisti ma attenzione ad attaccanti e fughe
Al Tour de Pologne spesso si vedono modi originali per seguire il passaggio della corsa
Che tipo di gara è il Tour de Pologne?
E’ aperto a tanti corridori, per la generale e per le tappe. In molti vogliono mettersi in mostra. Un po’ chi vuole raddrizzare una stagione così così. Un po’ chi invece è in scadenza di contratto e vuole guadagnarsi un nuovo ingaggio o il rinnovo.
Quest’anno che corsa sarà?
Prime due tappe per velocisti. Terza con arrivo ancora a Przemysl dopo quella del 2021. Sarà la più lunga con un finale da classica con strappi al 16%. La quarta e la quinta saranno le più dure, con dislivelli importanti e probabilmente decisive per la generale. Saranno belle da vedere ma anche da correre perché i contesti sono suggestivi. Erano quelli in cui mi allenavo per l’Olimpiade del 1980, mentre stava per nascere Agata e quindi ci sono affezionato. La sesta è una cronoscalata non lunga ma impegnativa, specie negli ultimi tre chilometri, adatta a passisti scalatori potenti. L’ultima tappa sarà ancora per velocisti, a meno che non scappi e arrivi al traguardo una fuga.
Favoriti?
Difficile da dire, credo si scopriranno da metà in avanti. Però abbiamo una bella starting list. Kwiatkowski, Carapaz, De Gendt, Wellens, Arensman, Ackermann, Cavendish e Demare solo per citarne alcuni.
Tour de Pologne junior 2021, riservato a esordienti e allievi maschi e femmine
Il Tour de Pologne usa le innovative transenne Boplan dal 2021
Al Polonia il miglior giovane vince il trofeo intitolato a Bjorg Lambrecht
La nuova maglia gialla del Tour de Pologne avrà inserti rossi, colore del marchio Energa-Orlen
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Eravate famosi per arrivare sempre al tramonto. Quest’anno invece no. Perché?
Abbiamo cambiato gli orari di partenza per andare incontro alle esigenze di corridori e team. Tra massaggi e trasferimenti, arrivavano in hotel tardi e così abbiamo voluto favorirli. In questa modifica abbiamo avuto il supporto delle nostre due reti nazionali, TVP Sport, che è come la vostra Rai, e Polsat Sport, che ci hanno garantito ugualmente cinque ore di diretta televisiva andando in oltre cento Paesi del mondo.
Altre novità?
Sì, la maglia gialla del leader della generale avrà un nuovo sponsor. Sarà Energa, marchio del gruppo Orlen. Per il resto avremo sempre le barriere Boplan, la premiazione in memoria di Bjorg Lambrecht per il miglior giovane e il Tour de Pologne junior.Un’altra novità, per il futuro però, sarà riproporre il Tour de Pologne Women. Nel 2016 abbiamo fatto l’ultima edizione e forse eravamo troppo in anticipo sui tempi ma stiamo vedendo che il movimento femminile ora è in grande crescita. Ci stiamo pensando e vogliamo dare un nostro contributo.
Abbiamo chiesto a Matej Mohoric di raccontarci la sua settimana da San Sebastian al via del Giro di Polonia. Un viaggio molto interessante nel recupero
Mathias Vacek “ha la colpa” di essere un corridore della della Gazprom-RusVelo. Il ragazzo della Repubblica Ceca non può correre. Qualche giorno fa, abbiamo pubblicato la richiesta di appello degli atleti di questo team affinché si sbloccasse la situazione di stallo che si è creata. Come saprete: la squadra russa non può correre. Depennata, fatta sparire, in un lampo dall’UCI.
Più passa il tempo e più il silenzio da parte dell’UCI stessa diventa assordante. Non resta però in silenzio Karel Vacek fratello maggiore di Mathias. Lui corre al Tirol Ktm Cycling Team, unica squadra continental presente al Tour of the Alps.
Karel Vacek (classe 2000) al Tour of the AlpsKarel Vacek (classe 2000) al Tour of the Alps
Mathias deluso
Con sguardo concentrato e grande umiltà, Karel ci racconta della disavventura che suo fratello sta vivendo da un mese e mezzo ormai.
«Lui sta soffrendo – dice l’ex corridore della Colpack Ballan – non è una situazione molto buona per Mathias. Okay, ha un contratto con una WorldTour per i prossimi due anni, ma intanto è a piedi. E’ fermo. E’ a casa che pedala da solo. Ed è dura mentalmente. Adesso ci alleniamo molto insieme, proprio perché anche lui non deve andare alle gare, però non è come correre. E spesso poi manco io. E vi dirò che indirettamente è un momento difficile anche per me.
«Come posso aiutarlo? Standogli vicino – continua – ma anche facendo bene nelle corse. Quando io faccio delle buone gare, so che lui è contento. Così come sono contento io quando è lui ad andare forte».
E, aggiungiamo, anche perché se Karel centrasse un buon risultato forse, di riflesso, si creerebbe un po’ di attenzione mediatica sul fratello. Sarebbe una “scusa” per tornare a parlare di certi argomenti. Per ironia della sorte, la vittoria di Mathias all’UAE Tour arrivò proprio quando stava scoppiando la Guerra in Ucraina. E sì intuì subito un certo pericolo.
Mathias Vacek ha vinto l’ultima tappa del UAE TourMathias Vacek ha vinto l’ultima tappa del UAE Tour
Tante parole, pochi fatti
Momenti del genere possono segnare una carriera. Okay, Mathias Vacek è giovanissimo (è un classe 2002), però non correre è rischioso ugualmente. I treni passano veloci, specialmente di questi tempi. E magari ci si può anche disinnamorare, tanto più a questa età. L’esempio di Trainini è emblematico.
«Vero, è molto difficile – riprende Karel – io al suo posto sarei molto deluso. Deluso soprattutto da parte dell’UCI. Perché possono fermare una squadra in pochi minuti, ma non possono trovare una soluzione in tempi altrettanto ristretti? Perché ci servono mesi e mesi? Perché non dà risposte? Così si fa solo del male.
«Se l’UCI è davvero al fianco dei corridori, dovrebbe non solo avere la bocca grande, ma fare anche i fatti». La cosa più sconcertante è che atleti russi tesserati per altri team stanno correndo (giustamente).
Karel (a sinistra) e Mathias in una foto pubblicata su Instagram qualche tempo faKarel (a sinistra) e Mathias in una foto pubblicata su Instagram qualche tempo fa
Gioventù ed ottimismo
Karel però è ottimista, sia per Mathias che per se stesso. Sa bene che il fratello non naviga in ottime acque, ma anche per questo si allenano insieme più del solito. Gli sta vicino. E tutto sommato sapere che il prossimo anno passerà in una WorldTour è un gran bell’appiglio morale.
«Posso dirvi – dice Karel – che Mathias sta andando molto forte. E anche io non sto male. Vorrei fare di più, vorrei trovare un contratto perché la Tirol è solo under 23 e a fine anno devo cambiare (Karel è un classe 2000). Per questo voglio fare molto bene al Giro Under 23 e al Valle d’Aosta e trovare una buona squadra».
Ed anche per questo nelle ultime settimane aver avuto un compagno di allenamento come Mathias gli è stato utile. Si può dire che i due fratelli si sono aiutati a vicenda. Mathias faceva i forcing per Karel e lui ne approfittava per lavorare agli alti ritmi.
Come si dice in questi casi, una mano lava l’altra. In questo modo, aiutando il fratello, anche Mathias ha avuto dei piccoli obiettivi, degli stimoli. E soprattutto si è tenuto in forma.
Liegi, giovedì sera, ieri. Gli hotel che ospitano le squadre formano un insolito villaggio sparpagliato fra colline e paesi, in cui si fanno progetti e si coltivano obiettivi. I corridori alla vigilia di una corsa sono sospesi tra le forze e i loro sogni, tutto ciò che possa dare un senso alla fatica di ogni giorno.
E mentre usciamo da uno di questi hotel – il Post Hotel di Herstal che accoglie Bora, Movistar e Bahrain – whatsapp illumina il display con una chiamata di gruppo. Il chiamante è Malucelli, con lui spuntano le facce di Carboni, Canola, Fedeli, Conci e Scaroni. I sei italiani della Gazprom nello stesso schermo. Per loro non c’è vigilia. E finite le corse con la maglia azzurra, chissà quando ce ne sarà un’altra.
Marco Canola, qui all’Oman, aveva in mente una grande stagione
Fedeli secondo di tappa ad Antalya e anche a Larciano
Per Malucelli due vittorie nel 2022, ad Antalya e in Sicilia
Conci avrebbe già una sistemazione, ma il tetto di 31 corridori lo blocca
Carboni in cerca di rilancio, eccolo alla Valenciana
Scaroni non è mai uscito dai 15 nelle due corse con la nazionale. Ha 24 anni
Marco Canola, qui all’Oman, aveva in mente una grande stagione
Fedeli secondo di tappa ad Antalya e anche a Larciano
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Conci avrebbe già una sistemazione, ma il tetto di 31 corridori lo blocca
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Scaroni non è mai uscito dai 15 nelle due corse con la nazionale. Ha 24 anni
Due mesi fa
Martedì saranno due mesi da quando la squadra è stata cancellata dall’UCIe ne è passato circa uno da quando gli atleti hanno chiesto un incontro con il presidente Lappartient senza ottenere risposte. Forse si tratta di una tattica: se non rispondi, presto smetteranno di parlarne. In questa società che va così veloce funziona spesso così. Anche la guerra in Ucraina, che prima era sulla bocca di tutti, adesso sta diventando una notizia di sfondo. Ci si abitua a tutto, purché tocchi agli altri. E poco importa che di mezzo ci siano persone che non c’entrano nulla.
«Ti svegli la mattina – dice Malucelli, vincitore di una tappa al Giro di Sicilia – aspettando che squilli il telefono e qualcuno dica che il TAS ha dato la sentenza e l’UCI ha preso una decisione. Ma non è facile andare avanti a questo modo, facendo vita da atleta senza prospettive e senza stipendio».
Il ricorso al TAS
Questi ragazzi sono in un momento di crisi profonda. Gli appelli via social stanno perdendo risonanza, la gente mette un like e pensa di aver fatto la sua parte. Il CPA, sindacato mondiale dei corridori guidato da Bugno, ha seguito le vie legali e si è fermato davanti al fatto che l’UCI starebbe aspettando il pronunciamento del TAS, cui si è rivolto Renat Khamiduline (team manager della Gazprom) ritenendo illegittima la cancellazione della squadra. Fra i suoi argomenti, il fatto che la direttiva del CIO sulla sospensione delle squadre russe avrebbe comunque permesso di far correre la Gazprom senza le scritte dello sponsor.
Renat Kamidhuline ha lottato fino alla fine, poi ha dovuto alzare bandiera biancaRenat Kamidhuline ha lottato fino alla fine, poi ha dovuto alzare bandiera bianca
Grandi e piccini
La cosa è indubbiamente strana. I contratti della Gazprom sono stati firmati dall’agenzia svizzera ProVelo AG di Khamiduline, che a sua volta aveva un contratto di sponsorizzazione con Gazprom. La sede legale della squadra era pertanto in Svizzera, mentre la base operativa era in Italia.
«Se si fossero informati dall’inizio – dice Canola – anziché agire d’impeto, forse avrebbero valutato una strada migliore per tutti. Invece hanno ammazzato noi, mentre altri russi continuano a fare attività».
Nessuna risposta
I corridori con quel ricorso non c’entrano, questo è bene ribadirlo. Loro sono senza lavoro e senza squadra e per questo hanno inviato all’UCI due richieste piuttosto semplici.
«Quello che chiediamo – dice Canola – sono risposte dal presidente dell’ente per cui siamo tesserati. Abbiamo fatto delle domande, meritiamo delle risposte. Oserei dire che è suo dovere farlo. Vogliamo un faccia a faccia. Non trovo accettabile che per parlarci dobbiamo passare tramite il sindacato che a sua volta riceve un intermediario dell’UCI».
Gianni Bugno è il presidente del CPA. L’associazione sta tentando una mediazione fra UCI e corridoriGianni Bugno è il presidente del CPA. L’associazione sta tentando una mediazione fra UCI e corridori
Le due richieste
Le richieste sono due.
La prima: al fine di facilitare il passaggio degli atleti ad altri gruppi sportivi, innalzare il numero massimo di atleti per squadra da 31 a 32. Questo permetterebbe di trovare posto ad alcuni di loro.
La seconda: per i restanti corridori, la possibilità di correre con una maglia neutra, in una squadra composta a questo punto da un numero inferiore di atleti e sostenuta da sponsor minori.
A cose normali queste trattative si svolgono a porte chiuse, come si fa quando si ha a cuore l’immagine del movimento. Solo che a tenere le porte chiuse s’è ottenuto il contrario. Che la gente ad esempio non sa che questi sei ragazzi hanno sollecitato più e più volte una risposta di David Lappartient, che è perfettamente al corrente delle loro richieste. Perché il presidente dell’UCI non risponde?
Nessuna data certa
Le due richieste, decisamente semplici e di facile attuazione, sono state appoggiate dallo staff della Gazprom, dai manager degli atleti, dal CPA e dall’AIGCP, l’associazione dei gruppi sportivi. Invece per una volta che così tante componenti si sono trovate d’accordo, l’UCI che dovrebbe avere a cuore la sopravvivenza in attività di un così ampio numero di professionisti (oltre ai 6 italiani, ci sono altri 14 corridori nella stessa situazione), non risponde.
«La causa – ribadisce Canola – non riguarda noi. Non ci è stato detto in maniera diretta nemmeno il fatto che si starebbe aspettando il TAS. Non c’è una data per questa sentenza. E non c’è neanche una data entro la quale, in ogni caso, sarà presa una decisione».
Ciascuno dei corridori ha scritto le sue richieste e le ha inviate all’UCI tramite il CPA, per stare nelle regole. Pare infatti che Lappartient si sia indignato perché Khamidulin abbia scritto direttamente a lui e al suo board.
David Lappartient, presidente dell’UCI: finora muto alle richieste dei corridoriDavid Lappartient, presidente dell’UCI: finora muto alle richieste dei corridori
Diritto alla dignità
Il silenzio uccide. L’indifferenza porta via la dignità. Alcuni di questi ragazzi avrebbero già un altro contratto pronto, ma non possono firmarlo perché la nuova squadra ha già 31 corridori. I più fortunati saranno parcheggiati nelle relative continental e per il primo anno non potranno fare corse WorldTour, gli altri sono al palo.
«Se Lappartient non vuole aiutarci – dice Fedeli – che almeno lo dica, ma noi vogliamo una risposta. Oppure forse si nasconde per paura delle sue responsabilità?».
«Ho fatto 11 anni da professionista – fa eco Canola – facendomi portavoce di correttezza e non mi sta bene essere trattato così».
Le due domande
L’ultima voce che gira nel gruppo è che l’UCI abbia indetto per il 25 aprile una riunione online con tutti i professionisti, uomini e donne, e nella mailing list non siano stati inclusi gli atleti della Gazprom. Si tratterà pure di una svista, ma a un certo livello le sviste non sono consentite.
Perciò adesso le due domande le ripetiamo noi.
La prima: è possibile innalzare a 32 il limite massimo dei corridori per squadra per dar modo a chi volesse di ingaggiare uno di questi corridori?
La seconda: è possibile che gli altri corrano con una divisa neutra per non buttare una stagione e farsi semmai notare da qualcuno?
Jovanotti e Pinarello: insieme, uniti, in una bellissima iniziativa. Il cantautore toscano, ciclista Pinarello, in collaborazione con il brand trevigiano, ha organizzato un’asta di beneficenza a supporto di UNICEF per l’emergenza in Ucraina.
A partire da venerdì scorso, 15 aprile, è stata attivata un’asta online sulla piattaforma Ebay. L’asta ha anche fissata una chiusura: alle 22 di domenica 24 aprile. Questa iniziativa permette di aggiudicarsi una bicicletta davvero unica, ovvero quella assolutamente personale pedalata da Jovanotti per due intere stagioni… Questa “specialissima”, chiamata “Pantera Rosa”, è un vero e proprio pezzo unico, realizzata in un solo esemplare dalla Cicli Pinarello, a Treviso, e disegnata personalmente da Jovanotti e da Fausto Pinarello. Una bicicletta che ha accompagnato il cantante per 15.000 chilometri percorsi nel contesto di tantissimi viaggi ed avventure in giro per il mondo.
Prezioso il supporto dell’UNICEF
La guerra in Ucraina ci sta purtroppo facendo vivere un vero e proprio incubo. Un incubo che principalmente tocca le popolazioni coinvolte nell’assurdo conflitto. Alla luce di questa situazione, l’asta su su Ebay sosterrà l’opera di UNICEF Italia.
UNICEF supporta l’iniziativa e tutti i fondi raccolti saranno destinati per l’emergenza in Ucraina per aiutare tutti i bambini e gli adolescenti che vivono la crisi umanitaria in corso. Grazie al contributo del donatore sarà possibile fornire alimenti, acqua, medicinali, servizi igienici e protezione ai bambini ucrainie alle loro famiglie. I fondi raccolti saranno immediatamente trasferiti a UNICEF, mentre la bicicletta prenderà… la strada dell’indirizzo fornito dall’acquirente.
Dettaglio della Dogma F12 di Jovanotti, soprannominata dal cantante “Pantera Rosa” Dettaglio della Dogma F12 di Jovanotti, soprannominata dal cantante “Pantera Rosa”
Si parte da 10.000 euro
Il prezzo di base dell’asta è di 10.000 euro. Una cifra molto vicina al valore commerciale della bicicletta stessa, con l’auspicio però di riuscire a raccogliere molto di più da un generoso appassionato. Questa Dogma F12 speciale (la taglia è una 59, montata Sram Red Etap AXS 2×11 ed equipaggiata con una coppia di ruote Zipp 303 in fibra di carbonio) saràconsegnata in perfetto stato di manutenzione a colui che si aggiudicherà l’asta. Non da ultimo, tutte le parti usurate saranno sostituite per poterla rendere perfettamente e da subito utilizzabile.
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Torniamo alla crono di Milano e alla ruota bucata di Ganna. Il racconto del meccanico Matteo Cornacchione svela quanto lavoro ci sia dietro un cambio bici
Un post su Facebook il 3 aprile, quasi a mezzanotte, mentre eravamo ancora ebbri del Fiandre. Scrive Daniele Callegarin, ex corridore e da sei anni autista del pullman Vittoria, presenza fissa in nazionale e capace spesso di parole magiche.
«Il bene si fa ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca. Non scriverò quindi dei circa tremilatrecento chilometri percorsi in tre giorni, dei trecentotrentanove pacchi contenenti aiuti umanitari, medicinali, farmaci consegnati in terra di guerra, delle tre donne con i relativi figli accompagnate in strutture in Italia. Ma scriverò del weekend in cui ci sarebbe dovuto esser stato il compleanno di Alyce & Gracee che invece il regalo lo hanno fatto loro a me. Permettere tutto questo».
Il carico è completo. Il viaggio è nato coinvolgendo varie associazioni. Callegarin è il quinto da sinistraIl carico è completo, si può partire. Callegarin è il quinto da sinistra
Una telefonata all’improvviso
Like e commenti, poi la sensazione che servisse altro. Un racconto, ecco cosa. Perché certe storie ti si attaccano addosso e per fortuna non riesci a soffiarle via. E forse perché l’immagine del pullman Vittoria sulla strada per Leopoli dà un’altra concretezza a quel continuo viaggiare. “Calle” risponde e a distanza di giorni ha la voce che ancora trema.
«Ero alla Tre Valli di mountain bike sabato mattina – dice – quando mi ha chiamato Diega Tosatto, del marketing Vittoria. L’azienda voleva fare di più rispetto alla raccolta fondi e ha lanciato la sfida di usare i mezzi del Servizio Corse. Appena ho ricevuto la sua chiamata, ingenuamente o forse egoisticamente, ho subito detto di sì. Senza neppure chiedere a mia moglie Jasmine. L’ho vissuto come la possibilità di fare qualcosa di concreto».
Alla spedizione hanno partecipato anche Andrea Valesini dell’Eco di Bergamo, Diega Tosatto e Marina, interprete ucrainaC’erano anche Andrea Valesini dell’Eco di Bergamo, Diega Tosatto e Marina, interprete ucraina
L’operazione Leopoli
In sintesi. Vittoria si è mobilitata per l’Ucraina, cambiando anche i colori del logo. Ma non basta. L’amministratore delegato Stijn Vriends vuole fare di più ed è così che la sfida viene raccolta. Elena Novikova, ultracyclist che è stata ambassador dell’azienda, ha raccolto 30 scatole di farmaci da far arrivare al velodromo di Kiev. Si contattano varie associazioni: l’obiettivo è raggiungere Leopoli, facendolo in sicurezza e senza peccare di presunzione. Poi anche garantire un futuro alle persone che arriveranno in Italia.
Si va con il pullman. Quello che ha fatto mondiali ed europei con la nazionale e che alla Coppi e Bartali è stato dato in uso al Team DSM. Quel «cazzo di pullman», come lo chiamano in azienda, perché è vecchio, grosso, consuma tanto e sta sempre in mezzo.
Ma torniamo da Callegarin, cercando di non commuoverci quando la sua voce inciamperà nelle parole. La sensazione, poi confermata dai fatti, è che capiterà spesso…
I pacchi vengono caricati sul pullman Vittoria in tre punti prestabiliti
A Milano, il primo carico di 349 scatoloni di aiuti umanitari
Nella pancia del pullman, dove di solito viaggiano ruote e bici, ora viaggia la speranza
I pacchi vengono caricati sul pullman Vittoria in tre punti prestabiliti
A Milano, il primo carico di 349 scatoloni di aiuti umanitari
Nella pancia del pullman, dove di solito viaggiano ruote e bici, ora viaggia la speranza
Hai detto subito di sì, perché?
Mi portavo addosso da anni un carico emotivo notevole e questa forse è la prima volta che posso esprimerlo. Quando sono nate Alyce e Grace, c’è stata una persona che ha fatto la scelta di salvare Grace e ha cercato di rianimarla nonostante non avesse il battito e fosse clinicamente morta. E’ rimasta per 20 minuti senza ossigeno e battito, eppure quel medico scelse di provarci e oggi Grace sta benissimo. Non è attaccata a macchinari, gioca, salta e ci insegna a vivere e sorridere (la voce si strozza, ndr). Per questo mi sono sentito di restituire in maniera concreta quell’aiuto. Io so solo guidare un pullman, non sono un dottore, ma quello che abbiamo fatto mi ha reso contento.
Ugualmente un bel rischio…
Sono state le azioni di persone responsabili, senza che nulla sia stato improvvisato. Stavamo andando in territorio di guerra a scoprire che le cose che vediamo ogni giorno nei telegiornali ci sono davvero. Sapevamo del rischio, ma eravamo tutti felici di poter salvare anche solo una vita. Alla fine abbiamo riportato indietro tre donne e cinque bambini. Una bambina si è fermata a Padova dove riceverà le cure per la sua malattia. La madre ha detto una frase toccante: «La guerra si è trasformata in qualcosa di stupendo». Se fosse rimasta là, non avrebbe ricevuto le cure necessarie. E’ stata una frase forte e inaspettata.
L’adesivo dice che il pullman trasporta aiuti umanitari: per passare la frontiera è necessarioL’adesivo dice che il pullman trasporta aiuti umanitari: per passare la frontiera è necessario
Perciò, sabato la telefonata e poi?
Siamo partiti il mercoledì, facendo raccolta di materiali in tre punti diversi. A Milano abbiamo preso 349 pacchi di aiuti umanitari. Poi i 30 pacchi di medicinali raccolti dalla Novikova per Kiev. Infine a Montebelluna abbiamo preso 3.000 euro in aiuti raccolti da un’altra associazione vicina a Diega. Un viaggio complicato, perché usavamo un mezzo aziendale, perché l’Ucraina ha leggi diverse che in periodo di guerra sono più stringenti. E perché con il pullman cambiano le regole doganali. Complicato e pericoloso. Il primo ritrovo a Gorizia, da cui saremmo partiti la mattina dopo.
C’eravate solo voi con il vostro pullman?
Siamo andati con la carovana organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Abbiamo viaggiato tutto il venerdì fino al confine tra Polonia e Ucraina e la mattina dopo, alle 4 eravamo già in dogana, ma siamo passati alle 9, dopo cinque ore.
Foto della partenza verso l’Ucraina. Il momento merita una foto. In qualche modo si fa la storiaFoto della partenza verso l’Ucraina. Il momento merita una foto. In qualche modo si fa la storia
Che scenari hai trovato?
Gelidi. Già il meteo lassù è duro. Siamo stati per un’ora giù dal pullman per i controlli e ci tremavano le gambe dal freddo. Addirittura in certi momenti nevicava. Si percepiva la tensione, sembrava davvero di essere in un film. E poi c’erano i checkpoint, fatti dalla gente comune con ogni mezzo possibile. Mitragliatori e cavalli di frisia. Alla dogana avevano il kalashnikov, non come in aeroporto che al massimo hanno una pistola o la trasmittente. Emotivamente è stato davvero tosto. Pensi: allora i kalashnikov esistono davvero! Siamo entrati alle 9 del mattino e ne siamo usciti all’una di notte. Non volevamo prendere nessun rischio più del dovuto.
Avete scaricato tutto?
Elena Novikova ha fatto arrivare una persona di fiducia, che ha caricato i farmaci ed è partita verso Kiev: 600 chilometri. I pacchi di Montebelluna li abbiamo affidati a un autotrasportatore. Il resto l’abbiamo scaricato a Leopoli.
Con Callegarin, Diega Tosatto e l’interprete c’è anche Francesco Villa: missione compiuta, si può ripartireCon Callegarin, Diega Tosatto e l’interprete c’è anche Francesco Villa: missione compiuta, si può ripartire
Che esperienza è stata?
Non mi ha tolto niente, ma in compenso mi ha dato tanto. Il più ricco alla fine sono stato io. Questo non vuol dire che tutti adesso debbano andare, ma mi rendo conto che è come il principio di Archimede. Più fai e più ti tornaindietro. Più spingi verso il basso e più ti torna fuori. Non voglio sembrare un eroe, ma ho avuto questa opportunità e l’ho colta.
Hai davvero accettato senza dire nulla a tua moglie?
Mi rendo conto di aver sposato una donna eccezionale. Abbiamo un grado di comprensione e vicinanza che mi permette di prendere queste decisioni. Parliamo la stessa lingua, quella del ciclismo. Altrimenti già il lavoro che faccio sarebbe difficile da sopportare. Torno a casa sempre stanco e pronto per un’altra valigia. A tutti noi piace viaggiare, ma quando rientriamo siamo sfiniti e mai presenti totalmente (si ferma, sta piangendo, ndr).
Arrivati a Leopoli, si scaricano i medicinali di Elena Novikova, che ripartono per KievArrivati a Leopoli, si scaricano i medicinali di Elena Novikova, che ripartono per Kiev
Calle, piantala…
Eh, ma io sono così. Da fuori si conosce il “Calle”, ma sotto c’è anche Daniele. E in questo viaggio sono riuscito a tirarlo fuori. Jasmine aveva già organizzato la festa per il compleanno delle bambine e il fatto di lasciarmi andare l’ho visto come il loro regalo per me. Ma non è tutta farina del mio sacco, dietro c’è un’organizzazione che merita tanti più riconoscimenti. Non ero solo su quel pullman. C’era Francesco Villa, lo conoscete…
Altro storico autista di quel pullman.
Ce lo ha portato lui in Vittoria, era la migliore persona che potesse venire. Quando Diega ha chiesto che avessimo la seconda guida, ho subito pensato a lui e Cecco ha accettato subito. Poi c’era Diega, appunto, un redattore dell’Eco di Bergamo e Andrea, un Dottore del Sorriso che lavora con i bambini ed è stato utile lungo i 1.600 chilometri del rientro. Sono state 20 ore di viaggio. E quando la sera siamo rientrati in Vittoria, ci sono stati molti abbracci e molte lacrime. Ho accompagnato i campioni. Su quel pullman c’è stato Ganna quando ha vinto i suoi mondiali, abbiamo vinto cinque europei su sei che sono stati disputati. Ci sono stati tanti personaggi di spicco ed è bello quando si lavora tutti per un obiettivo e si vince. Ma fra tutte le trasferte che ho fatto, questa per me è stata la più bella. Mi riempie di orgoglio che lo abbiamo fatto con «quel cazzo di pullman».
Per il ritorno sul pullman Vittoria viaggiano anche tre mamme e i loro bambiniE per il ritorno sul pullman Vittoria viaggiano anche tre mamme e i loro bambini
Lo chiamano davvero così?
Praticamente tutti. Perché è ingombrante e fa fumo. Ma io a quel pullman devo tutto. Grazie a lui mi hanno assunto, ho potuto prendere un mutuo, comprare la casa e poi sono venute Alyce e Grace. Mi inorgoglisce che sia stato capace di fare quel viaggio, come il vecchio cavallo con la testa bassa accanto al suo cowboy. Ora è entrato in un’altra dimensione.
Una fortuna aver letto quel post, una fortuna che ci siano in giro persone così e aziende che nei momenti opportuni mostrino anche la giusta compassione. Un’altra valigia nel frattempo è già pronta, il prossimo impegno di Daniele sarà il Tour of the Alps, poi Tour de Romandie, la Coppa del mondo di Mtb in Germania poi quella in Repubblica Ceca e via andare. Ma siamo certi che questi ricordi gli resteranno per sempre cuciti nell’anima.
Alessandro Fedeli compie oggi 26 anni. Avrebbe festeggiato correndo a Laigueglia, invece la sospensione (prevedibile) della Gazprom-RusVelo lo ha gelato
Giovedì è arrivata la lettera di risoluzione del contratto. E a questo punto, senza troppi giri di parole, la vicenda Gazprom-RusVelo potrebbe essere arrivata al capolinea. I tentativi di agganciare un altro sponsor non legato alla Russia erano parsi disperati in partenza, ma adesso che 21 corridori sono rimasti senza squadra e il personale si sta lentamente disperdendo, Rosola si guarda intorno e trova più domande che risposte.
Il tecnico bresciano, che prima fu grande velocista e poi pioniere della mountain bike, negli ultimi anni era il braccio destro di Renat Khamidulin, manager della squadra russa. Ha vissuto al suo fianco ogni fase, dalla nascita del team alla sua crescita che lasciava intuire un passaggio nel WorldTour e adesso con malinconia l’ha vista crollare come effetto delle sanzioni internazionali contro la Russia.
Rosola (al centro con la mascherina) insegna ciclismo al Liceo Scientifico Sportivo di Castelletto di BrenzoneRosola (al centro con la mascherina) insegna ciclismo al Liceo Scientifico Sportivo di Castelletto di Brenzone
Professor Paolo
Ieri quando ci abbiamo parlato, Paolo era di rientro dal Liceo Scientifico Sportivo Sacra Famiglia di Castelletto di Brenzone, dove assieme a Paola Pezzo insegna ciclismo.
«Lo facciamo da cinque anni – dice – insegnando teoria e pratica. Seguiamo il protocollo della Federazione per la formazione dei direttori sportivi. Al quarto anno prendono il primo livello e al quinto escono con il brevetto di Guida Cicloturistica, pronti ad esercitare il mestiere. Siamo sul lago di Garda, c’è grande richiesta di questo tipo di figure. Ne abbiamo 25 per classe, dalla prima alla quinta. Faccio queste 50 ore e poi ho ricominciato a seguire la scuola di mountain bike, dove abbiamo 130 bambini, ma non nascondo che fino a poche settimane fa, la mia attività principale era la squadra dei pro’…».
Conci era appena arrivato alla Gazprom. E’ parso brillante in queste corse con la nazionaleConci era appena arrivato alla Gazprom. E’ parso brillante in queste corse con la nazionale
Avete alzato bandiera bianca?
E’ arrivata la raccomandata, Renat deve tutelarsi. Abbiamo cercato da tutte le parti, aspettavamo una risposta per oggi (ieri, ndr), ma sarà stata negativa. Abbiamo continuato a sentirci tutti i giorni, solo che a un certo punto ci ritrovavamo a dire e fare sempre le stesse cose. Sollecitare chi ci aveva dato mezza parola, ma niente. Il personale russo è tornato a casa. La politica è scappata tutta…
Perché?
Ci sta che il CIO abbia dato una direttiva, ma non c’è stato il minimo dialogo. Facevamo parte della stessa famiglia, eravamo in regola su tutto. Se pure ricevi l’ordine di fermarci, puoi anche cercare il dialogo e trovare un modo di farlo che non sia necessariamente un colpo mortale. Potevano gestirla diversamente. Perché semplicemente ci hanno privato del titolo sportivo senza volerci neppure parlare? Stavamo lavorando male? E perché gli altri corridori russi corrono, quando il CIO ha detto di non invitarli? Ce l’avevano a prescindere con noi? Sapete, alla fine quando non hai risposte, continui a farti domande…
Sarà anche difficile tornare il giorno in cui la guerra finirà?
Non sarà facile, perché perdi fiducia nelle istituzioni in cui avevi sempre creduto.
Fedeli è arrivato secondo a Larciano, finora è parso uno dei più determinati
Scaroni non è mai uscito dai 15 nelle due corse con la nazionale. Ha 24 anni
Fedeli è arrivato secondo a Larciano, finora è parso uno dei più determinati
Scaroni non è mai uscito dai 15 nelle due corse con la nazionale. Ha 24 anni
In effetti sembra quasi che non importi a nessuno.
E’ strano. C’è stata un’intervista in cui Silvio Martinello ha dichiarato che è stata presa la decisione giusta. Io mi chiedo cosa ci sia di giusto nei confronti dei nostri corridori. A Garda un signore si è messo a insultarmi dicendo che avevamo anche noi colpa in quella guerra. Ho cominciato a spiegargli e alla fine quasi mi chiedeva scusa. Ma io ci rimango male. Cosa c’entriamo noi con la guerra? Perché questi ragazzi devono pagare al pari dei civili che vi sono stati coinvolti senza avere alcuna responsabilità? Dicono che lo sport unisca, ma in che modo lo ha fatto con noi?
Hai detto che la politica non vi ha dato risposte.
Forse perché non sanno cosa dire. Ho chiamato Bugno, il presidente del sindacato dei corridori. Gli ho detto che quando in una fabbrica si pensa a dei licenziamenti, il sindacato va a trattare con la proprietà per cercare di salvare il salvabile o almeno trovare una tutela per chi perderà il lavoro. Mi ha risposto chiedendomi che cosa dovrebbero fare. Ma io dico: possibile che non si potesse pensare di ritardare di un minuto la partenza di una corsa per far notare che 21 corridori, fra cui sette italiani, erano di colpo disoccupati? Ma anche loro, a parte un incontro con l’UCI, non hanno fatto niente.
Al Tour of Antalya, da Malucelli era arrivata la prima vittoria 2022 per la Gazprom
Canola ha 33 anni, alla Gazprom dal 2020 come uomo squadra. Dal 2022 cercava di nuovo la vittoria
Al Tour of Antalya, da Malucelli era arrivata la prima vittoria 2022 per la Gazprom
Canola ha 33 anni, alla Gazprom dal 2020 come uomo squadra. Dal 2022 cercava di nuovo la vittoria
In tutto questo, la squadra ha continuato a seguire i ragazzi con la preparazione, ad esempio?
La struttura ha funzionato, i corridori non sono stati abbandonati. Ma sono professionisti e a un certo punto con i loro procuratori hanno cominciato a guardarsi intorno. Io continuo a sentirli, soprattutto i nostri. Canola e Scaroni, per esempio. Sento soprattutto quelli che hanno difficoltà a trovare squadra e non credo che la nazionale possa andare avanti a oltranza per dargli una possibilità.
Per ora ha funzionato…
Ho parlato con Bennati, mi rendo anche conto che lui ha il suo lavoro con i corridori che deve valutare per i vari impegni che verranno. Non si può pretendere che la nazionale faccia attività solo per noi, a meno che non facciano una squadra B per continuare a supportarli. Io comunque sarei disponibile a dare una mano. Fino a ieri non si poteva parlare, nell’attesa dell’ennesima risposta. Le abbiamo provate tutte, anche la via politica. Ma alla fine, se posso dire, sembra proprio che di noi non freghi niente a nessuno.
24 febbraio. La Gran Camino prende il via quel giorno. Nell’hotel dell’EF Pro Cycling i corridori scendono per la colazione. Lachlan Morton sta parlando con Mark Padun, le solite chiacchiere di prima mattina, tra qualche battuta e buoni propositi. Arrivati nella sala, Lachlan continua distrattamente a parlare con il suo compagno, ma non ottiene risposta. Si volta, lo guarda e vede il suo volto impietrito, rivolto verso la Tv. Non serve parlare spagnolo, le immagini trasmesse non lasciano spazio a interpretazioni diverse da quelle del terrore. In Ucraina, nella patria del suo collega, è scoppiata la guerra, i carri armati russi sono entrati. Le sirene delle varie città emettono quel suono che si sperava ormai dimenticato, rimasto solo nella memoria dei più anziani.
La corsa non è più la stessa. Lachlan, che interpreta queste gare a tappe più per dare una mano ai compagni e preparare le sue avventure solitarie, non guarda mai al cronometro e spesso finisce ultimo. Questa volta ancora di più: quattro giorni dopo il suo distacco finale sarà superiore all’ora e un quarto, ma c’è una ragione. La sua mente non riesce a scacciare quelle immagini, a cui se ne aggiungono altre, ogni sera, ogni volta che si pone davanti alla Tv o meglio, ogni volta che guarda il suo smartphone, perché la sua quotidianità, la nostra è cambiata.
Nel corso della Gran Camino la mente è lontana e matura l’idea di una nuova avventuraNel corso della Gran Camino la mente è lontana e matura l’idea di una nuova avventura
Pedalare per dare una mano
«Non posso stare a guardare – pensa il trentenne australiano – sento che devo fare qualcosa». Ne parla con i suoi dirigenti e col passare dei giorni, con la timeline della guerra che diventa sempre più un bollettino di stermini, di fuga della gente dalle proprie case, di esodo biblico verso l’occidente viene l’idea: raggiungere quei luoghi in bici, fare di una nuova avventura qualcosa che possa non solo essere un simbolo, ma anche qualcosa di utile, una raccolta fondi per aiutare la popolazione in fuga.
Nei giorni successivi, Lachlan si prepara come mai aveva fatto, con una dedizione, una concentrazione straordinaria. D’altronde sa che quello che sta per affrontare è anche diverso da quel che ha sempre fatto: la sua idea è partire da Monaco di Baviera e viaggiare, viaggiare, viaggiare fino a raggiungere il confine fra la Polonia e l’Ucraina, esattamente quella porta che per tanti significa salvezza, fuga dalle bombe e dalla devastazione.
Nella solitudine della Germania, verso un traguardo lontano, per raccogliere fondi per i rifugiati ucrainiNella solitudine della Germania, verso un traguardo lontano, per raccogliere fondi per i rifugiati ucraini
19 marzo. 23 giorni dopo l’invasione. La guerra va avanti: le truppe russe nonostante le uccisioni e le distruzioni non sono riusciti a realizzare quella “guerra lampo” che era stata preventivata. L’Ucraina resiste, incassa. Zelenski, il presidente ex comico che ora ha dipinta sul volto la tragedia del suo popolo, appare in videoconferenza davanti a tutti i parlamenti, in tutte le occasioni possibili per chiedere aiuto. Sono le 5 di mattina. Lachlan attacca gli scarpini, controlla la bici e ripensa ad alcune di quelle parole: «Io non sono un politico, non sono un esperto, non so come andrà a finire. Posso solo fare quel che so fare per aiutare la gente e questo mi darà la benzina per arrivare».
Fa freddo lungo la strada. Lachlan è figlio dei nostri tempi, comunica via social e la sua idea si diffonde presto. Il passa parola funziona e man mano, in ogni città attraversata, trova sostegno, gente che lo incita, chi sale in bici e lo accompagna. Non ha tanto cibo con sé e ogni tanto qualche anima pia gli fornisce qualcosa di caldo. Trova anche chi gli offre l’opportunità di fare una doccia calda: «Stai facendo una cosa bella, ma anche difficile”. “Questo? Non è difficile. Non è niente in confronto a persone che hanno perso tutto, la cui vita è racchiusa in una piccola borsa con quel poco che hanno potuto portare via. Spero che il nostro mondo, chi condivide i valori del ciclismo possa dare una mano».
In tanti hanno accompagnato Morton: su Instagram li ha immortalati, anche con simboli fortiIn tanti hanno accompagnato Morton: su Instagram li ha immortalati, anche con simboli forti
Un fondo in aiuto dei rifugiati
Pedalando, Lachlan controlla continuamente il flusso di denaro che affluisce sul fondo a sostegno della sua impresa e che andrà a favore dei rifugiati. L’obiettivo era raggiungere i 50 mila dollari, ma con i like che aumentano a dismisura, aumenta anche l’ammontare del denaro raccolto, quasi che ogni pedalata porti monete. E allora forza, di notte e di giorno, ora dopo ora, senza fermarsi.
Lachlan lascia la Germania, attraversa quasi d’un soffio la Repubblica Ceka, entra in Polonia e dopo 43 ore senza un minuto di sonno, stanco e infreddolito, arriva a Korczova-Krakovets. E’ notte fonda, alla frontiera però non si ferma il flusso di gente che entra dalla vicina Ucraina. Chi con mezzi di fortuna, chi a piedi, spingendo carrozzine, donne che hanno lasciato i loro uomini a casa a combattere. Lachlan si ferma: è difficile ricacciare indietro le lacrime, soffocare quel dolore fitto che sente nel cuore ormai da troppi giorni.
Il mattino dopo l’arrivo, avvicinato da tanti curiosi, pensando a quel che avviene oltreconfineIl mattino dopo l’arrivo, avvicinato da tanti curiosi, pensando a quel che avviene oltreconfine
«La guerra ci riguarda tutti»
I giornalisti si avvicinano, qualcuno ha saputo della sua impresa. «La mia idea è far capire che la guerra non è un problema lontano per nessuno – afferma – I conflitti sono sempre a portata di bicicletta, in tutto il mondo. Ho parlato con tanta gente in questi due giorni, pedalando abbiamo confrontato le nostre idee. Non ci sono ragioni, idee, giustificazioni per esseri umani che vanno contro altri esseri umani e se con la mia impresa sarò riuscito a farlo capire a qualcuno, avrò già ottenuto qualcosa».
E qualcosa Lachlan Morton lo ha davvero ottenuto: il suo fondo ha superato i 200 mila dollari, ai quali la sua squadra, insieme alla Cannondale e alla Rapha hanno aggiunto altri 100 mila dollari e il fondo è ancora aperto e, a giorni di distanza, continua a funzionare e raccogliere aiuti (chi vuole contribuire può farlo qui). La guerra non si è fermata, la corsa di Lachlan ha raggiunto il suo traguardo, il primo, perché difficilmente, finché la follia continuerà ad aleggiare sulle nostre teste, l’australiano si arrenderà. Proprio come chi difende la sua casa, i suoi valori, la sua vita.
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