Bastianelli, ultimo anno (forse) e tanti buoni propositi

29.12.2021
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Marta era sul passo di smettere. Aveva pensato di essersi tolta le sue soddisfazioni e la partecipazione alle Olimpiadi sembrava la ciliegina sulla torta. L’ultima volta l’avevamo incontrata in ottobre a Ca’ del Poggio, nel corso di un evento delle Fiamme Azzurre, e la bilancia pendeva decisamente verso il ritiro. Poi le cose hanno avuto un’improvvisa accelerazione. Il UAE Team Emirates ha assorbito la Alè-BTC-Ljubljana in cui la Bastianelli ha corso nelle ultime due stagioni e la novità del progetto, che ha preso il nome di UAE Team Adq, l’ha incuriosita e convinta a restare.

«C’era questo progetto nell’aria – racconta – per cui ho deciso che un altro anno lo farò. Poi molto probabilmente smetterò. Ho firmato il contratto a novembre, eravamo all’oscuro di tutto. Non sono una che si prende impegni senza dare il massimo, per cui la volontà è di fare la stagione con la stessa serietà di sempre».

Ecco la maglia UAE Team Adq con cui correranno le ragazze dell’ex team Alè-BTC-Ljubljana
Ecco la maglia UAE Team Adq con cui correranno le ragazze dell’ex team Alè
A ottobre mettesti sul piatto la famiglia…

A Clarissa dispiacerebbe se smettessi, facciamo tutti fatica a immaginare come andrà quando sarò sempre a casa. Le piace che parta e che poi al ritorno le racconti le cose che ho fatto e i posti che ho visto. Ma non posso andare avanti per sempre. Per gli uomini è diverso, loro hanno a casa la moglie che li aspetta. Io ho santo Roberto (in apertura la famiglia al completo, ndr), ma lo vedo che anche lui accusa… la distanza.

Si sussurra che con il nuovo sponsor siano arrivati anche dei soldi in più.

Non particolarmente. Quel che è cambiato è il livello minimo, soprattutto per le giovani che prima prendevano davvero poco. I soldi del minimo attuale non li guadagnavo neppure quando ho vinto il mondiale. Però il fatto che gli Emirati abbiano investito sul ciclismo è importante. Per la loro storia, si tratta di una vetrina importante. Ed è una bella cosa anche per il futuro del ciclismo femminile, dato che il progetto è a lungo termine. Ne trarranno giovamento quelle che stanno debuttando ora.

Come è stata vissuta l’acquisizione all’interno della squadra?

Il gruppo di lavoro è lo stesso, quindi siamo alla finestra e lavoriamo per capire bene tutti i dettagli. Quello che si può dire è che si sta facendo tutto nel segno della grande professionalità. Invece Alessia Piccolo, che la squadra l’ha costruita, è molto dispiaciuta. Ci ha mandato un messaggio di saluto, era il suo progetto. La capisco. Ma è anche vero che con l’avvento del WorldTour non ci possiamo più permettere squadre a conduzione familiare. Dobbiamo tutti ringraziarla per quello che ha fatto. E chissà che in futuro non metta mano a un altro progetto…

Ultimo anno pieno di occasioni: il Tour de France, il mondiale…

Il mondiale è duro, sebbene si dica che sia per velocisti. Il Tour invece è una bella vetrina e ci auguriamo tutte che anche il Giro possa avere un’organizzazione di pari livello. Per quanto mi riguarda, non mi sento di fissarmi obiettivi particolari, ma non mi tiro indietro. Sono sempre la stessa Bastianelli che riprese a correre con la bimba di sei mesi e appena mille chilometri nelle gambe, le sfide non mi fanno paura.

Prima la Roubaix e nel 2022 anche il Tour de France: il ciclismo delle donne cresce
Prima la Roubaix e nel 2022 anche il Tour de France: il ciclismo delle donne cresce
Quindi?

Quindi non lancio proclami, ma lavorerò per essere pronta nelle corse del Nord in cui ho già fatto bene e magari per il Tour. Con l’idea della prima maglia gialla, dato che la tappa iniziale arriverà in volata. Ma è anche vero che ci sono in giro delle velociste fortissime…

Quando hai ripreso?

A fine ottobre, lavorando sul fondo. Adesso sono 3-4 settimane che ho iniziato con i lavori specifici, ma aspettiamo i primi raduni in Spagna, con la squadra e con la nazionale, per trovare la brillantezza. In ogni caso, ho lavorato bene, perché qui in Abruzzo il clima è stato buono e non fa mai freddissimo.

Hai cambiato qualcosa nella preparazione?

Alcuni dettagli, con alcune novità introdotte con Pino Toni, per dare stimoli diversi. Abbiamo introdotto palestra e lavori specifici su misura. A 34 anni non si possono fare grandi cambiamenti.

Marta Bastianelli e sua figlia Clarissa. E tanti auguri a tutti…
Marta Bastianelli e sua figlia Clarissa. E tanti auguri a tutti…
Continui a farti seguire da Erica Lombardi per l’alimentazione?

Lei è entrata a far parte della squadra. Non con la stessa assiduità con cui segue l’Astana, ma ci darà dei buoni consigli. E visto che già collaboravo con lei, continuerò a fare quel che già si faceva e che stava dando ottimi frutti. Però, a parte Marta e i suoi progetti, mi piacerebbe aggiungere una cosa cui tengo molto…

Che cosa?

Siamo rimaste tutte molto colpite dall’incidente di Amy Pieters, compagna di squadra di Elena Cecchini alla Sd Worx, che a Calpe è stata investita in allenamento e ora è in coma. Le siamo tutti vicini. Nonostante siamo di maglie e Nazioni diverse, in questi casi si va oltre. Mi piacerebbe che idealmente ci stringessimo tutti alla famiglia e alla squadra, perché possano superare questo momento così duro. Ci auguriamo che torni presto in gruppo per sfidarci di nuovo…

Nel castello di Marta, fra il Gran Sasso e il mare

12.01.2021
7 min
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Marta è un’atleta, una moglie e una mamma. Marta è una macchina da guerra. Oppure più semplicemente basterebbe dire che Marta è una donna, di quelle che mandano avanti famiglie e lavoro senza fare un fiato. Solo che nel mondo dello sport, in un contesto di ragazze ventenni, la cosa è piuttosto insolita. Nel regno di Marta ci sono sorrisi, ordine e rispetto. Questo sì, nel mondo che viviamo, potrebbe essere una cosa insolita.

Guardia Vomano è un borghetto di poche case. Alle spalle il Gran Sasso ti investe con la sua potenza di roccia e ghiaccio, dalla parte opposta l’Adriatico brilla al timido sole che oggi per la prima volta fa capolino dopo parecchio tempo. La casa è antica, con i muri in pietra e un bel tepore che invita a entrare.

Ti ricordi quando avevi vent’anni?

L’inizio della mia carriera. Ho vissuto i miei vent’anni in modo particolare. Ero fissata, attentissima al lavoro. Oggi è tutto diverso. Ci sono i social, alle ragazze piace vivere ed è giusto che sia così. Intanto stanno crescendo molto.

E’ cambiato anche il ciclismo?

Molto, ma non abbastanza. Ci sono in giro ancora tante persone di allora e questo significa che non si è fatto tutto il salto. Comunque la mia squadra è la prima WorldTour in Italia e finora anche l’unica. Abbiamo gli stessi diritti e doveri di un uomo. Anche se a livello di sponsor siamo lontane, la svolta permette alle più giovani di sostenersi senza dover fare un lavoretto pomeridiano. Noi abbiamo alle spalle il gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre che ci sostiene in tutto e per tutto, ma oggi è possibile fare soltanto l’atleta. Nel 2020 sono nate 8 squadre. E’ stato un grosso sforzo, come varare una nave piena di carburante e non farla navigare. Spero che altre seguano l’esempio.

Nella taverna della sua casa, Marta custodisce la bicicletta del mondiale di Stoccarda
Nella taverna, la bicicletta del mondiale di Stoccarda
La nazionale è l’apice dell’attività?

La differenza la fa l’importanza delle vittorie, a prescindere dalla maglia. Quella azzurra me la sono sempre sudata. Non lo dico con rancore, perché ogni convocazione mi ha reso orgogliosa. La nazionale è il coronamento, il posto in cui si focalizza tutto. Però mi piace vincere anche durante l’anno, mese dopo mese. Non ho una vita facile, non posso permettermi di perdere tempo. Per cui dal primo giorno che aggancio il pedale, io voglio vincere.

Che effetto ti fa essere presa a modello?

Tanto, molto più di essere ricordata per le vittorie, che dopo un po’ passano.

Hai solo 33 anni, ma un vissuto intenso. Il mondiale a 20. La squalifica. Il matrimonio e la bimba. Il ritorno ad alto livello. Credi che senza la squalifica saresti ancora qui a fare l’atleta?

Questa è una domanda che nessuno mi aveva mai fatto. Credo che la squalifica sia stata il punto di fine di un periodo eccessivo, in cui c’era solo la bici. Da quel momento capii che c’è anche altro: la vita. La squalifica mi ha insegnato a voltare pagina, pur restando una cicatrice che non andrà mai via.

Ti secca che ti venga chiesto?

No, mi va che se ne parli. Molti mi giudicano per quello che leggono su Wikipedia e lì non c’è scritto che fu una negligenza. E’ sempre utile dire le cose come sono davvero.

Come funziona la tua giornata?

Sveglia alle 6,30, per portare Clarissa al pulmino per l’asilo che passa alle 7,30. Bici dalle 9,30 oppure le 10 se è freddo. Poi torno a casa e mi organizzo fino alle 16, quando il pulmino torna indietro e cominciamo a fare i compiti e tutte le altre attività fino all’ora di cena. Tutto quello che riguarda lo sport arriva fino alle 16, poi c’è la famiglia.

Ti aiuta avere un marito che ha corso in bici?

Sono molto fortunata. Roberto (Roberto De Patre, classe 1988, pro’ dal 2010 al 2014, ndr) è attentissimo a ogni cosa che mi riguarda. Se non ci fosse lui, tutto questo sarebbe molto complicato.

Al matrimonio dicesti ridendo che saresti rientrata per i tricolori pista…

C’era l’ex segretario delle Fiamme Azzurre, che mi propose quella data. Dissi di sì ridendo, non ci pensavo, invece partimmo alla volta di Montichiari con Roberto e con Clarissa, che aveva cinque mesi. Lui era sugli spalti che le dava le poppate e io fra una gara e l’altra salivo per vedere se le avesse cambiato il pannolino. Le altre mamme, che erano lì per le figlie che correvano, mi dicevano quanto fossi fortunata ad avere un marito così. Se devo dire la verità, il ritorno lo volle più la sua famiglia. Ho avuto un’ottima ripresa sul piano atletico, la gravidanza in questo aiuta. Ho superato bene i due infortuni. Per contro mi sono goduta mia figlia molto poco, ci sono passaggi che ho perso completamente.

Quali sono i momenti della carriera che ricordi?

Il mondiale mi ha lasciato qualcosa di indelebile. Poi l’europeo, contro le malelingue che dicevano non sarei più tornata. C’è sempre qualcuno che parla a vanvera, ma sul mio carro accolgo tutti. E poi il campionato italiano, che significa famiglia: organizzato qui per me. Lo vinsi nonostante avessi avuto problemi al ginocchio. Clarissa ricorderà quella vittoria perché c’era e l’ha vista.

Voglia di ripartire ogni anno…

E’ sempre più faticoso e mi chiedo perché io riesca a stressare ancora il mio corpo. Una sola cosa mi porta avanti. Una gara che mi manca, che non nominerei anche solo per scaramanzia: le Olimpiadi. Lo stimolo anno dopo anno viene dall’individuare un obiettivo importante. E’ la testa che ti fa compiere i passi importanti. Il traguardo sarà partecipare, ma voglio andarci solo se lo merito.

Il tuo allenatore è Pino Toni.

Abbiamo un rapporto di famiglia. Si è preso questa croce da quando gli dissi che volevo ripartire. Avrei potuto lavorare con mio cognato, Alessandro Proni, ma fu lui il primo a dirmi che avevo bisogno di uno meno morbido. Pino è una persona molto precisa, mi fido al 100 per cento.

Quali altri tecnici sono stati importanti?

Da piccola direi Slongo, poi Amadori e Salvoldi. Di sicuro Gabriella Pregnolato, la prima donna. E certamente Lacquaniti, il mio attuale direttore sportivo. Con il tecnico deve esserci la giusta distanza, di fatto è il tuo capo.

La bici è lavoro o piacere?

Prima lavoro e poi piacere. Vivendola come un lavoro sono certa che la rispetterò sempre. Clarissa sa che quando mamma esce in bici, va a lavorare. Mi ha sempre dato fastidio che a livello femminile il ciclismo non sia percepito come un mestiere.

A un certo punto arrivò Roberto e tu lasciasti casa.

Non mi sarei mai immaginata di andare via, anche se ci fu un sogno premonitore di mia madre. Venne da me una mattina e mi disse di avermi vista fuori dalla chiesa ad aspettare lo sposo, un bellissimo ragazzo, che arrivava su una bicicletta e però non aveva il nostro accento. Ci aveva preso in pieno e sono stata molto fortunata ad aver trovato la famiglia De Patre. Mia suocera si gestiva i turni di lavoro in base agli allenamenti per stare con Clarissa. 

Dopo Tokyo cosa succede?

Il contratto è in scadenza, vivo di anno in anno. Roberto mi dice sempre che ogni anno è l’ultimo e io ogni anno trovo un nuovo stimolo. Poi verrà il momento di smettere. Le strade si separeranno. Qualche amico resterà, ci saranno bei ricordi. Non mi fa paura.

Le ragazze dicono che nonostante il tuo palmares, resti sempre alla mano.

Mi danno fastidio gli atteggiamenti di superiorità, anche se hai vinto tutto. Pensate che in gruppo chiedo scusa se devo passare. Ma se devo fare un nome, la regina della perfezione e dell’educazione è Marianne Vos. E’ difficile vederla fare azioni maligne, molto più facile che si fermi per aiutare una compagna in difficoltà. Se non vieni ricordata perché sei una brava persona, a cosa sarà servito tanto vincere?