Shimano avvia un programma d’ispezione e sostituzione

23.09.2023
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Shimano ha annunciato l’avvio di un programma volontario d’ispezione e di sostituzione valido per alcune guarniture strada “Hollowtech II” ad 11 velocità. Questo avviso di ispezione e di sostituzione volontaria riguarda un lotto di guarniture strada “Hollowtech II” a 11 velocità prodotte tra il 1° giugno 2012 e il 30 giugno 2019 compreso. Guarniture che potrebbero presentare delle criticità in relazione ad una delaminazione dei materiali. 

Per porre rimedio a questa situazione, Shimano farà ispezionare dalla propria rete di rivenditori autorizzati le guarniture prodotte prima di luglio 2019 sostituendo tutte quelle che non supereranno il processo di ispezione. Non sarà dunque necessaria la sostituzione delle guarniture che invece supereranno il processo di ispezione. 

Questi sono i gruppi interessati dall’operazione di ispezione e sostituzione da parte di Shimano
Questi sono i gruppi interessati dall’operazione di ispezione e sostituzione da parte di Shimano

Sicurezza prima di tutto

Non tutte le guarniture strada “Hollowtech II” a 11 velocità saranno però oggetto di ispezione. Questo processo riguarderà invece le sole guarniture prodotte tra il 1 giugno 2012 e il 30 giugno 2019 compreso. Tutti i consumatori interessati dovranno seguire un agevole processo di identificazione e di ispezione della guarnitura, oppure visitare il sito.

Il passo principale sarà identificare se la guarnitura necessita di essere ispezionata. Successivamente occorrerà identificare il numero di modello della guarnitura. I prodotti interessati riguardano le guarniture di serie DURA-ACE e ULTEGRA con i seguenti numeri di identificazione: ULTEGRA FC-6800, FC-R8000 e DURA-ACE FC-9000, FC-R9100 e FC-R9100-P. I numeri di serie sono stampati all’interno della pedivella, vicino alla parte inferiore del braccio. Se il numero di serie impresso sulla pedivella non corrisponde a quelli sopra indicati la guarnitura non sarà interessata, non sono necessarie ulteriori azioni. Se invece lo fosse, bisognerà identificare il codice di produzione stampato sulla pedivella: un codice riportato all’interno della stessa, vicino alla parte inferiore del braccio.

I modelli coinvolti sono quelli realizzati prima di luglio 2019 e hanno i seguenti codici di produzione di due lettere. KF, KG, KH, KI, KJ, KK, KL, LA, LB, LC, LD, LE, LF, LG, LH, LI , LJ, LK, LL, MA, MB, MC, MD, ME, MF, MG, MH, MI, MJ, MK, ML, NA, NB, NC, ND, NE, NF, NG, NH, NI, NJ , NK, NL, OA, OB, OC, OD, OE, OF, OG, OH, OI, OJ, OK, OL, PA, PB, PC, PD, PE, PF, PG, PH, PI, PJ, PK , PL, QA, QB, QC, QD, QE, QF, QG, QH, QI, QJ, QK, QL, RA, RB, RC, RD, RE e RF. 

Tutti i clienti che avessero una pedivella corrispondente ad uno dei codici di produzione a due lettere appena indicati dovranno contattare un rivenditore Shimano autorizzato per programmare l’ispezione gratuita della guarnitura. Se non si fosse sicuri di come controllare il codice di produzione, Shimano invita a contattare il proprio rivenditore autorizzato per ricevere assistenza. 

I dati da comunicare in caso di danni sono quelli evidenziati qui in foto
I dati da comunicare in caso di danni sono quelli evidenziati qui in foto

Sostituzione gratuita

Tutte le ispezioni saranno possibili a partire dal prossimo 1 ottobre. Ciascun rivenditore autorizzato Shimano ispezionerà la guarnitura per individuare eventuali segni di rottura o di delaminazione dei materiali. A tutti i consumatori le cui guarniture mostrassero segni di rottura o delaminazione dei materiali verrà fornita una guarnitura Shimano sostitutiva e a titolo gratuito che il rivenditore installerà personalmente.

Se la guarnitura necessiterà di essere sostituita dopo l’ispezione, la stessa non dovrà essere più utilizzata… Se la guarnitura sostitutiva dovesse invece essere temporaneamente non disponibile, Shimano provvederà ad avvisare il cliente per il tramite del proprio rivenditore quando la sostituzione sarà effettivamente disponibile. 

https://www.youtube.com/watch?v=mKMKsbts3t8

Importante: la guarnitura Shimano offerta in sostituzione sarà una versione speciale che potrà presentare un aspetto estetico diverso da quella originale, pur mantenendo lo stesso livello di prestazioni di quella sostituita. 

Shimano

Il nuovo Roglic? Più calcolatore e meno spavaldo

28.05.2023
7 min
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L’occhio dell’ex corridore in gruppo. Massimo Ghirotto ci porta nel cuore della corsa rosa che ieri ha incoronato Primoz Roglic. Il veneto, da oltre dieci anni commenta il Giro d’Italia per Rai Radio 1 Sport, e ha un posto da privilegiato in corsa. 

Con lui abbiamo fatto il punto su quanto accaduto in questo Giro e più precisamente in gruppo. Tattiche, corridori, squadre… e i grandi temi che ha proposto questa edizione, la numero 106 della corsa.

Da oltre dieci anni Massimo Ghirotto segue il Giro d’Italia per Radio Rai1. Da ex corridore sapeva come muoversi in gruppo
Da oltre dieci anni Massimo Ghirotto segue il Giro d’Italia per Radio Rai1

Massimo, si è parlato spesso di noia, di pochi attacchi, almeno nella prima fase del Giro. Tu  hai vissuto un’epoca in cui tante volte si partiva piano e poi vi accendevate quando vedevate l’elicottero…

La corsa ai miei tempi cominciava quando sentivamo gli elicotteri, è vero. Te lo dicevano i direttori sportivi stessi alla riunione: «Ragazzi, state attenti, se c’è qualche fuga buttatevi dentro soprattutto quando c’è la telecamera». Tante volte capitava che si andava anche troppo piano e venivamo richiamati dagli organizzatori. Ci dicevano che saremmo andati fuori dalle dirette tv e in qualche modo ci obbligavano ad andare più veloci per stare nei tempi.

Quel modo di correre è paragonabile con le tappe meno combattute di quest’anno?

No, non si possono paragonare le due cose. Poi c’erano anche delle gerarchie. Ho corso con gente come Hinault, Moser, Saronni, Baronchelli… campioni che davvero comandavano. E se loro dicevano di stare fermi si stava fermi. Quindi escludo ogni similitudine. Adesso non dico che non ci siano certi leader, ma ci sono altri metodi, altre strategie, altri strumenti… Bisogna capire che questi ragazzi dal primo all’ultimo giorno della stagione vanno sempre a tutta: corse, allenamenti, ritiri.

Spesso il gruppo è avanzato lentamente, specie nelle prime tappe. La prima battaglia fra Roglic e gli altri c’è stata all’8ª tappa
Spesso il gruppo è avanzato lentamente, specie nelle prime tappe. La prima battaglia fra Roglic e gli altri c’è stata all’8ª tappa
Perché secondo te?

Perché il ciclismo è cambiato… e in bene dico io. Allenamenti, alimentazione, strumenti, materiali… Io resto meravigliato della continuità dell’aumento della tecnologia e di tutto lo studio che c’è a monte in ogni cosa. Mi sarebbe piaciuto correre in questo ciclismo.

Che movimenti hai visto in gruppo? Per esempio, Marco Frigo qualche giorno fa ci ha detto che già dalle prime tappe vedeva la Ienos-Grenadiers muoversi compatta…

Anche la mia Carrera era una squadra compatta… a parte il “caso Sappada”! Ma c’è una differenza. Noi correvamo e andavamo a casa quasi per riposare. Adesso, invece, gli atleti hanno i propri obiettivi: chi per le grandi corse, chi per le classiche e quando non corrono o sono in altura, o in ritiro… e la squadra diventa quasi una seconda famiglia. Poi nel caso specifico della Ineos-Grenadiers, mettiamoci che corrono compatti già quando erano Sky e hanno corso in modo perfetto questo Giro.

Ti piace Thomas?

Ha 11 anni in meno rispetto ad un Almeida vuol dire che non è una meteora. Ha vinto un Tour ed è un corridore che sta andando forte, lo ha dimostrato sul campo. L’unico dubbio che avevo su Thomas erano le pendenze, che sono più dure qui al Giro rispetto al Tour.

Jonathan Milan: per Ghirotto il friulano è uno dei più carismatici. Può, e potrà, essere un senatore del gruppo
Jonathan Milan: per Ghirotto il friulano è uno dei più carismatici. Può, e potrà, essere un senatore del gruppo
Con De Marchi parlavamo dei “senatori”, Thomas è un senatore, ma chi altri hai visto con una certa personalità in gruppo, pur non essendo un corridore più anziano?

Jonathan Milan. Nella sua gioventù, nella sua inesperienza, vedo che è molto seguito.  I corridori capiscono quando c’è un talento di questo taglio. Tra l’altro è anche campione olimpico su pista… Ma su strada è quasi “sconosciuto”. Tornando alla mia epoca, alla sua età quando vedevi i Moser o gli Hinault avevi quasi paura di avvicinarli. Invece Jonathan li avvicina e si fa avvicinare da tutti e ci parla.

Tecnicamente c’è qualcosa che ti ha colpito?

Mi hanno incuriosito i rapporti. Noi avevamo il 53-39 e dietro il 23, al massimo il 25 per le tappe più dure. Ora montano ogni tipo di rapporto, anche il 34 dietro. Anche i manubri mi hanno colpito. Sono diventati più stretti. A noi dicevano che il manubrio doveva essere largo quanto le spalle, perché dovevi tenere aperta la cassa toracica, ma mi pare di capire che così non era. Così come l’essere buttati tutti in avanti. Per noi era l’opposto. Ma non era buona la nostra posizione, questa è quella buona. Questa è scientifica. L’unica cosa che dico: queste bici super tecnologiche e con queste posizioni, poi bisogna saperle guidare.

Hai toccato un un discorso affatto banale. Oggi passano presto, spesso da juniores, ma forse poi gli manca qualche fondamentale… posto che le velocità sono più alte.

E’ difficile rispondere a questa domanda. Una cosa è certa: quando esasperi qualcosa, vai sempre più al limite e aumentano i rischi. Questi nuovi materiali, queste nuove bici hanno gomme più larghe, pressioni più basse… Noi quando facevamo una discesa lunga a forza di frenare scaldavamo il cerchio e il tubolare scoppiava. Quindi avevamo anche questo pensiero, per dire. Oggi non hanno limiti. La domanda è: dove potremmo arrivare? Questa maggior efficienza, queste maggiori velocità non dico che ti mettono in difficoltà ma ti obbligano ad essere più bravo a guidare.

Bici sempre più veloci ed efficienti, ma i corridori sono al passo con la guida? Qui il gruppo giù dal Giau
Bici sempre più veloci ed efficienti, ma i corridori sono al passo con la guida?
Sembra lontanissimo, ma in gruppo hai visto anche Evenepoel: cosa ci dici di lui?

Indubbiamente è un corridore di grande carisma e di grande classe, perché uno non vince una Vuelta, un mondiale e due Liegi per caso. Quando resta da solo, poi non lo prendono più… Allora facciamoci questa domanda: possibile che gli altri che sono dietro siano così carenti? No, è lui che è un fenomeno. Quello che mi ha colpito di Remco è che abbia già vinto una Vuelta. Non credevo fosse già pronto per un grande Giro.

E dietro, tra le ammiraglie, hai visto qualche movimento particolare?

A volte avvicino i diesse e gli faccio qualche domanda e noto che le loro auto sono delle centrali. Televisore, radio per parlare con i corridoi, radio per parlare con lo staff, i Gps, radiocorsa, i frigo, le ruote di scorta… Alla mia epoca avevi l’elenco dei partenti sul manubrio e quando dovevi parlare con il tuo diesse alzavi la mano, ti sfilavi, ti infilavi tra le auto – con il rischio di rimanere al vento – per poi rientrare e dire al tuo capitano cosa bisognava fare. In termini tattici e di sicurezza oggi non c’è paragone.

Però non sempre è tutto rosa e fiori, anche Sagan ha detto che a volte ci sono troppe informazioni, che quasi si perde la concentrazione…

In effetti a volte sono un po’ troppo guidati. L’altro giorno ero in un albergo e c’era un direttore che stava preparando la tappa del giorno successivo: ho notato slide, video, registrazioni… In corsa li vedo sempre con la radio alla bocca. Gimondi, parlando delle radioline, mi disse: “Io una radio fissa nelle orecchie con un direttore sportivo che mi parla continuamente non l’avrei mai voluta”.

Infine un giudizio sui tre mattatori del Giro e padroni del podio: Roglic, Almeida e Thomas…
Infine un giudizio sui tre mattatori del Giro e padroni del podio: Roglic, Almeida e Thomas…
Un giudizio telegrafico sui tre ragazzi saliti sul podio di questo Giro… Partiamo da Thomas.

Non era la prima volta che Thomas veniva in Italia, ma per un verso o per l’altro era sempre andato a casa. Si è preparato bene. E’ andato in crescendo… fino a ieri. Nulla da dire: a 37 anni ha lottato come un gladiatore ma è arrivato secondo dietro un grande Roglic. Credo che non si possa far altro che ammirare un corridore di questa generosità.

Almeida…

E’ un Joao Almeida nuovo. L’averlo visto all’attacco sul Bondone in salita, che non è il suo terreno, mi ha un po’ sorpreso. In positivo ovviamente. Ripeto, abbiamo conosciuto un Almeida nuovo. Sicuramente ha qualità, ha dalla sua parte l’età e ne sentiremo parlare in futuro.

E poi c’è Roglic.

Ha vissuto un Giro senza pressione. Non ha mai fatto un protocollo di cerimonia, non si è mai dovuto dilungare in interviste varie ed ha sempre recuperato più energie degli altri arrivando prima in hotel. Che dire: Roglic non è più il corridore spavaldo che abbiamo conosciuto fino all’anno scorso. E’ diventato un calcolatore. Programma gli eventi e li vince tutti… esattamente come ha fatto in questo Giro. Ha sprecato il meno possibile puntando tutto su quella che era la tappa veramente a lui più congeniale, quella di ieri sul Lussari chiaramente.

Zana, il cambio di programma e le gerarchie del gruppo

29.03.2022
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Filippo Zana, accento vicentino e voce sfinita, sta tirando il fiato dopo un avvio di stagione piuttosto intenso. Per i suoi 23 anni, questi primi 23 giorni di corsa, fra cui Oman, Gran Camino e Coppi e Bartali, sono un bello zaino da portare. Il tempo di rifiatare, però, e già da sabato sarà sul Teide in vista dell’Amstel. Andrà da solo, dice, poiché lassù troverà il suo preparatore Paolo Artuso.

«Abita a due chilometri da casa mia – racconta e sorride – ma non lo conoscevo. Ci ha presentato Moreno Nicoletti, il mio procuratore e adesso lavoriamo insieme. Mi ha trovato un posto lassù. Mentre forse un altro periodo di altura lo farò dopo il Tour of the Alps, ma sul Pordoi, prima del Giro».

All’Oman con Canaveral e Zoccarato, per Zana 7° posto nella classifica dei giovani
All’Oman con Zoccarato, per Zana 7° posto nella classifica dei giovani

Cambio di programma

Zana, che già nel 2019 aveva vinto il Gp Capodarco in maglia Sangemini, è salito agli onori della cronaca lo scorso anno con il terzo posto al Tour de l’Avenir. Nella Bardiani-CSF-Faizané che punta sui giovani e ha perso Visconti, il suo è uno dei nomi più spendibili. Il programma iniziale prevedeva, nell’ottica di una crescita progressiva, che a questo punto salisse sull’Etna e da lì andasse a giocarsi qualche carta al Giro di Sicilia. Un buon risultato (possibile) sulla strada del Giro d’Italia, sarebbe stato certamente un buon viatico e avrebbe accresciuto in lui la fiducia. Il cambio di programma lo porterà al Tour of the Alps, dove probabilmente le occasioni per mettersi in luce saranno minori.

«Il Tour de l’Avenir – dice – mi ha dato più consapevolezza nei miei mezzi. La squadra punta su di me e non è facile ripagarli, ma io do il massimo in ogni corsa e speriamo di andare forte. Il cambio di programma c’è stato e non nego che al Sicilia avrei trovato tappe e avversari più alla mia portata. Per contro, il Tour of the Alps potrebbe darmi un ottimo stato di forma in vista del Giro. Mi manca non correre per il risultato, ma del resto andare contro le WorldTour è dura, sempre di più. Noi facciamo quel che si può, sperando di stare con i migliori».

Prepotenza WorldTour

Torna un tema messo sul tavolo da Giovanni Visconti al momento di salutare il gruppo: la convivenza con gli squadroni non è per niente facile. Non solo per il notevole divario atletico, ma anche per lo scarso rispetto che viene riservato ai corridori delle professional.

«Far vedere la maglia per noi è importante – ammette – ma se ti metti davanti, vengono e ti tirano via. Si può resistere, ma si tratterebbe di lottare tutto il giorno, sprecando energie che è meglio utilizzare per andar forte. E’ chiaro che correndo davanti soffri di meno, penso soltanto ai rilanci dopo una curva. Sono tutte energie che risparmi e che ti trovi nel finale. Certo, dà fastidio, ma ugualmente ci proviamo a stare davanti. E magari capita anche la volta che ci riusciamo».

Non è facile correre fra le WorldTour: viene sempre qualcuno a reclamare il suo posto
Non è facile correre fra le WorldTour: viene sempre qualcuno a reclamare il suo posto

Una tappa al Giro

Dopo tre anni con Reverberi, anche Filippo dovrebbe approdare in una WorldTour dal prossimo anno: non quella in cui lavora il suo preparatore. Preferisce non fare nomi, tuttavia perché non si pensi che il suo impegno verrà meno.

«Cerco sempre di dare il massimo – precisa – non voglio sedermi. Il posto al Giro d’Italia voglio meritarmelo. Anche quella sarà una bella sfida. Cercheremo di tenere duro, magari non di fare classifica ma di andare in fuga e vincere una tappa. Per la squadra sarebbe il massimo, per me sarebbe un sogno. Ci potrebbe essere l’obiettivo della maglia bianca, provare a vestirla, non so se sarei in grado di portarla a Verona. Ho tante persone che mi seguono, che mi scrivono. Spero di dare qualche soddisfazione anche a loro».

Sarà curioso, quando anche lui correrà fra i grandi, vedere in che modo si muoverà nel gruppo. La strafottenza di spostare un avversario perché corre in una squadra più piccola devi averla in qualche modo dentro. Filippo Zana e il suo accento vicentino trasudano simpatia e umiltà. Forse nel suo caso sarà diverso.

Shimano 1 / Dura Ace, una rivoluzione. La velocità nel Dna

31.08.2021
7 min
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Finalmente è arrivato. Ci ha messo un po’, ma eccolo eccome il nuovo gruppo Shimano Dura-Ace (serie 9200). Il Covid, il mercato in tilt, le catene di distribuzione nel caos, l’improvvisa difficoltà nel reperire le materie prime… il brand giapponese ha fatto attendere gli appassionati, ma di questa attesa, possiamo anticiparlo, è valsa la pena.

Ci si aspettava di vederlo almeno al Tour de France, ma nulla da fare. Lo hanno segretamente utilizzato per alcune tappe alcuni corridori della Dsm, ma giusto per dare gli ultimissimi feedback alla casa del Sol Levante prima del lancio, tra l’altro avvenuto nell’anno del centenario della sua fondazione.

Nato con la velocità dentro

Il nuovo Dura Ace è rivoluzionario: ha 12 velocità (l’anticipazione più “spoilerata” e bramata), c’è sia nella versione freno a disco che caliper, è wireless ed è esclusivamente elettronico, cioè con la tecnologia Di2 dell’azienda di Sakai (Osaka, a Sud del Giappone).

In Shimano si è parlato di “scienza della velocità”. Velocità in tutto: aerodinamica, di “pensiero della cambiata” (più veloce, affidabile e intuitiva), della trasmissione… Scopriamolo meglio.

Integrazione, affidabilità e tanto altro

Partiamo dal cambio, il fulcro di questo nuovo progetto Shimano. La casa giapponese ha completamente rivisto la sua piattaforma Di2. L’obiettivo era migliorarne la velocità di cambiata pur con un comando wireless, cosa non così scontata. Il tutto senza compromettere la proverbiale affidabilità “made in Shimano”.

Come si è potuto realizzare tutto ciò? A prescindere dalle particolari frequenze che inviano gli impulsi dai comandi alle periferiche (i due deragliatori, anteriore e posteriore), si è agito sul motore dei deragliatori stessi. Questi riducono la velocità di elaborazione, ovvero il tempo di movimento tra il motore e i meccanismi degli ingranaggi. Di quanto? Le cambiate sono più rapide del 58% al posteriore e del 45% all’anteriore.

Per fare tutto ciò una grande importanza l’hanno avuta anche i cavi dell’alimentazione. I nuovi fili SD-300 hanno un diametro più piccolo dei precedenti e collegano la batteria ai due deragliatori. Prima si è accennato a “frequenze” e connessioni: queste sono affidate ad un circuito di microchip ad alta sicurezza completamente realizzato da Shimano. Tali chip garantiscono un’elaborazione veloce e a basso consumo energetico, che riduce significativamente la possibilità di interferenze da dispositivi esterni. Piccola curiosità: sembra che alla base di questa lunga attesa ci sia la carenza di questi particolari chip. Anche altre multinazionali, vedi Toyota, Mercedes, Dyson… hanno avuto le loro belle difficoltà in tal senso.

Il cervello nel cambio

Il vero gioiello del nuovo Dura Ace è il deragliatore posteriore. Questo componente è anche il cervello dell’intero gruppo. E’ da qui che si ricarica il gruppo (c’è una porta Usb nascosta), fornisce la connessione ai comandi, la connessione ANT+ ad altri dispositivi (anche di terze parti) e va a sostituire l’elemento Junction-A che prima era posizionato nel manubrio o nel telaio. Rivisto anche il deragliatore anteriore: ha un’area frontale più piccola del 33% rispetto al modello precedente, un peso inferiore di 5 grammi e un range d’azione più ampio (per corone da 50 a 55 denti).

Ergonomia sviluppata coi pro’

Shimano ha lavorato in collaborazione con molti professionisti per ottimizzare i comandi e la loro ergonomia in base alle nuove posizioni e alle nuove esigenze di guida (dettate soprattutto dal freno a disco). Per la salita (vedi il comando da remoto al manubrio), per lo sprint o per le prove a cronometro…

Guarnitura disponibile in tre diverse dentature, con o senza potenziometro
Guarnitura disponibile in tre diverse dentature, con o senza potenziometro

Le nuove leve sono dotate di una parte della testa rialzata con una leggera curva verso l’interno e offrono una maggiore distanza tra i comandi stessi, riducendo il margine d’errore nel loro azionamento, pensando magari a quando si è a tutta: in volata, in salita… Si possono avere infatti anche i comandi da remoto sulla piega: sulla curva e sul manubrio (vicino all’attacco).

Trasmissione: i nuovi rapporti

Non solo elettronica, anche la meccanica è stata rivista. Una delle novità maggiori del Dura Ace è la 12ª velocità. Non è “solo” stato aggiunto un pignone ma è stata rifatta l’intera cassetta, la Dura-Ace Hyperglide. E’ stata rivista la scala con un passaggio molto più graduale nei pignoni centrali, pur partendo sempre dall’11. Questa revisione delle dentature consente di cambiare anche con la catena in pieno sforzo, senza “mollare” neanche un po’. Le cassette proposte sono due: 11-30 e 11-34 e la bella notizia è che sono installabili sui “vecchi” corpetti dell’11 velocità.

E cambiano anche le guarniture, decisamente al passo con le tendenze dei pro’ e con le velocità medie crescenti. La soluzione che spicca è il 54-40, tra l’altro un ingranaggio dal diametro maggiore fluidifica molto la cambiata. Le altre dentature disponibili sono 50-34 e 52-36. La lunghezza delle pedivelle va da 160 a 177,5 millimetri. Le stesse guarniture sono disponibili sia con il potenziometro integrato che senza.

Freni potenti e affidabili

Si è parlato di velocità, ma questa senza controllo è inutile, pertanto in Shimano hanno lavorato anche sul fronte della frenata. Grazie alla tecnologia Servo Wave, ripresa dai sistemi frenanti Shimano per Mtb e gravel, la corsa della leva diminuisce, pur senza perdere la sua modulabilità, caratteristica sempre più richiesta dai pro’. E anche più necessaria vista la potenza di tali freni.

I nuovi freni Dura-Ace sono anche più silenziosi grazie ad uno spazio maggiorato di circa il 10% tra l’alloggiamento della pastiglia e il rotore e grazie ai nuovi dischi (serie RT-MT900) i quali prevedono una lavorazione diversa, che tra l’altro dissipa meglio il calore riducendo il rischio di surriscaldamento.

Il nuovo impianto frenante strizza l’occhio anche ai meccanici. Ora, infatti, è possibile eseguire lo spurgo senza rimuovere la pinza dal telaio. Tutto ciò è possibile grazie a una bocca di spurgo e a una vite della valvola separata.

Ruote più leggere e più rigide

Shimano ha rivisto anche le ruote. Avendo la velocità come scopo e nel Dna, per il nuovo Dura Ace si è investito molto anche sulle ruote, a cominciare dall’aerodinamica, ma senza dimenticare rigidità e leggerezza. La gamma è stata ridisegnato bilanciando tre fattori: riduzione della resistenza all’avanzamento, rigidità della forza motrice e leggerezza. In particolare per la rigidità si è intervenuti sul mozzo, ora ad “ingaggio diretto” (due facce ad incastro anziché un sistema di nottolino e cricchetto).

Sono tre i profili di altezza del cerchio: C36 (profilo da 36 millimetri) pensate per la salita e le più leggere in gamma. Le C50 (profilo da 50 millimetri) sono le più versatili per peso, aerodinamica e guidabilità. Infine ci sono le C60 (profilo da 60 millimetri), il set più aero e anche più rigido.

Pesi a confronto fra il precedente Dura-Ace (9100) e il nuovo (9200). Le foto sono di
Keizer/Dobslaff – Shimano
Pesi a confronto fra il precedente Dura-Ace (9100) e il nuovo (9200). Le foto sono di
Keizer/Dobslaff – Shimano

Particolare la raggiatura per raggiungere questi livelli di rigidità. Le anteriori di C36 e C50 hanno una raggiatura standard 1:1 con raggi a spessore variabile più stretti al centro (2,0-1,5-2,0 millimetri), mentre al posteriore la raggiatura è 2:1 ed è la Optbal. Le C60 High Rigidity hanno la raggiatura 2:1 sia all’anteriore che al posteriore con raggi più spessi (2,0-1,8-2,0 millimetri). La riduzione della resistenza aerodinamica ha rappresentato un grande obiettivo nella realizzazione della nuova gamma di ruote. Le nuove C50 consentono un guadagno di 5,1W rispetto alla “vecchia” parente Dura Ace C40, entrambe nella versione tubeless.

Ghirotto, dieci Giri in moto Rai

07.10.2020
6 min
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Nella carovana del Giro d’Italia, Massimo Ghirotto rappresenta ormai una colonna portante. Vive ogni tappa da dieci anni, in sella alla moto di Radio Rai. Ex corridore, dopo diverse esperienze come commentatore radio a cavallo del 2000, un giorno Antonello Orlando, Giovanni Scaramuzzino e il caporedattore Riccardo Cucchi gli fanno la proposta: «Massimo te la senti di salire in moto?». «Perché no, risposi io», racconta il padovano. «Il ciclismo lo conosco e qualche esperienza col microfono l’ho fatta. Mi butto».

Ghirotto arriva da noi con l’attrezzatura da moto ancora in mano. Ci sediamo su un muretto a bordo strada ad Agrigento. Alle nostre spalle gli operatori della logistica smontano le transenne e di fronte invece il sole tramonta sul Mediterraneo. Questo non è un luogo casuale. Qui, nel 1994 Massimo rischiò di diventare campione del mondo, dopo una lunga fuga.

Giro d’Italia 2020, Massimo Ghirotto dopo la tappa arrivata ad Agrigento
Massimo Ghirotto dopo la tappa di Agrigento
Massimo, salire in moto significa tornare ogni giorno in gruppo?

Eh sì, vivi delle immagini e delle situazioni da così pochi metri che mi rivedo corridore. Anch’io vedevo queste moto che ci giravano intorno.

Cosa ricordi delle prime volte?

L’inizio non fu facile. La radio è bella, ma micidiale perché ha i tempi. E se non riesci a rispettarli e a fare tutto bene in quello spazio è un problema. Ho trovato giornalisti come Emanuele Dotto che mi hanno aiutato, che sono stati maestri. Professionisti gentili e molto aperti. Perché, credetemi, ci vuole molto poco ad andare in difficoltà

Spiegaci meglio…

Solitamente hai tra i 30 e i 50 secondi per il tuo intervento. E in quel lasso di tempo devi sviluppare il tuo concetto in modo chiaro e corretto. A volte appena chiudi il microfono ti rendi conto di qualche errore: un nome sbagliato, una frase che non scorreva bene. Inoltre se c’è un tema tecnico devi essere bravo a spiegarlo in poco tempo.

Ricordi un momento particolarmente difficile?

Ah sì! Fu proprio al primo Giro. Eravamo in Romagna, nella tappa che arrivava a Cesenatico e che vinse Manuel Belletti. All’epoca ero sulla moto 2, quindi dietro al gruppo. Mi chiama la regia e mi dice: Massimo vai avanti che la moto di Scaramuzzino si è rotta. Così piombammo sulla fuga, ma andai nel panico perché non avevo le informazioni dei fuggitivi. Cercai di arrangiarmi come potevo. Ad un certo punto nel fuorionda chiamai la regia e dissi loro di coinvolgermi il meno possibile. Capirono la situazione e mi diedero sostegno. Da lì però ho capito tante cose e mi sono organizzato meglio.

Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto dietro ai comunicati stampa che emette la macchina d’informazione
Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto
E adesso come gestisci il tuo lavoro?

Con questi (ed indica lo smartphone ciondolandolo tra pollice ed indice, ndr) tutto è più facile. A metà tappa vado nella macchina di radio informazioni e prendo i fogli dei comunicati. Inizio a leggerli e poi nel retro scrivo i miei appunti. Con lo smartphone ricostruisco la corsa e studio i corridori. Sapete, mi sono preparato un foglio Excell con tutti i partecipanti del Giro. Su ognuno posso cliccare e finisco sulla loro pagina di Wikipedia.

Quindi non segui tutta la corsa?

No. Noi entriamo in diretta solitamente alle 15, magari in altre tappe possono cambiare gli orari. Ma in base all’inizio della diretta prendo la tabella oraria del Garibaldi (il librone del Giro su cui c’è TUTTO, ndr) e con il motociclista arriviamo un po’ prima nel punto dove passerà la corsa e nell’orario stabilito. Mi cambio ed entro in gara.

Rispetto ai tuoi tempi cosa è cambiato nel gruppo?

Poco. Una strada, una bici e un corridore: l’essenza del ciclismo è ancora questa. Sono cambiati i materiali, ci sono le radioline, nuove tecnologie… ma alla fine resta l’atleta che fatica. Forse i corridori si conoscono un po’ meno rispetto a noi. Il ciclismo era meno globalizzato e noi eravamo sempre gli stessi. Quindi sapevamo quello che sarebbe caduto in quel tratto di strada, quello che sarebbe andato in fuga, quello che avrebbe fatto lo sprint.

Giro 2016, Guillestre – Sant’Anna di Vinadio. Nibali completa la rimonta su Kruijswijk e va in rosa
Giro 2016, Nibali verso la rimonta su Kruijswijk
Da quando sei sulla moto Rai chi è il corridore che più ti ha colpito?

Facile, Nibali. Vincere il secondo Giro come ha fatto lui non è stata cosa da poco. Anche noi tecnici lo davamo per spacciato. Vincenzo invece in due tappe ha ribaltato la situazione. E mi piace questa sua capacità di non sottovalutarsi mai. Evidentemente si conosce così bene che sa quando non deve mollare. In quel Giro fu l’unico a restare lì con le gambe e con la testa. E alla fine ci è riuscì. Anche come ha vinto la Sanremo senza essere al top. Stiamo parlando di un ragazzo che ha vinto i tre grandi Giri e questo dovrebbe bastare. Andiamo a vedere i nomi di chi ci è riuscito. Devi tirare giù Merckx, Anquetil, Gimondi, Hinault, Contador… E poi è sempre coi piedi per terra, modesto. Dà una bella immagine di sé

Ci sono dei momenti intensi coi corridori, in cui li inciti, vi guardate?

Cerco di farli stare tranquilli e concentrati. Anche perché non posso avvicinarli troppo per regolamento. Semmai li affianco per studiare il volto e capire come stanno. Piuttosto mi muovo tra le ammiraglie, con i direttori sportivi, molti dei quali sono stati corridori con me e sento il loro pensiero.

Giro d’Italia 2014, da Ponte di Legno a Val Martello. Nairo Quintana prenderà la maglia rosa accumulando vantaggio nella discesa dallo Stelvio.
Giro 2014, Quintana prenderà la rosa in fondo allo Stelvio.
In dieci Giri ne hai viste di situazioni e di corridori. Ci racconti come andò il “caos” della discesa dello Stelvio nel Giro 2014, quello di Quintana?

Quel giorno ci fu un errore della giuria e dell’organizzazione. Nessuno capì davvero se il tempo era stato neutralizzato o no. Il regolatore delle moto (era Marco Velo, ndr) iniziò a fare cenno di andare piano con le braccia, ma non ci furono comunicazioni ufficiali. Nairo Quintana non fece un attacco vero,  andò giù regolare per i fatti suoi, mentre dietro c’era chi si fermava, chi si cambiava perché nevicava. Una volta a valle ci si rese conto della frittata.

Alberto Contador con la sua andatura ciondolante sulle strade del Giro 2015
Contador e la sua andatura ciondolante
Diamo un po’ di giudizi tecnici: chi ti è piaciuto di più?

Tra gli scalatori Alberto Contador. Il suo stile era unico. Era un ondeggiare sui pedali molto elegante. Quel modo di mulinare i pedali. In generale mi piace molto Elia Viviani: un ragazzo che si muove bene, si prende le sue responsabilità e ammette quando sbaglia. Mentre il vero funambolo era Robbie McEwen, un bel limatore. E Caleb Ewan è sulla sua strada.

Filippo Ganna nella cronometro di Monreale. Il piemontese ha stregato il “Ghiro”
Nella crono di Monreale Ganna ha stregato il “Ghiro”
E a cronometro?

Fino a questo Giro avrei detto Tom Dumoulin. Quando vedo un ragazzo che fa velocità, che è composto, mi esalto. Inoltre Tom aveva la maglia di campione del mondo. Ma poi è arrivato Filippo Ganna! Pippo mi ha davvero stregato. Bello, potente, composto, mulinava il 60×11. L’ho seguito e sono rimasto affascinato dalla sua posizione. Questo busto perfettamente allineato con l’asfalto. Io metto il computerino che uso in bici sulla moto così ho dei dati a me più familiari. E vedere che per più volte ha superato i 100 all’ora e lui è rimasto fermo sulla bici è stato unico. Non a caso nelle mie pagelle alla radio, la sera gli ho dato 10 e oro!

Letizia Paternoster, europei Apeldoorn 2019

Paternoster? Non solo social. Parla la psicologa

28.09.2020
4 min
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Anche se Letizia Paternoster appare sempre sorridente, cosa passa nella testa di un’atleta infortunata che ha l’obiettivo delle Olimpiadi? La trentina si è fermata per un problema ad un ginocchio. Un problema rimediato durante il lockdown, sembra per colpa di esercizi eseguiti con carichi sbagliati. Ne abbiamo parlato con Elisabetta Borgia, psicologa dello sport, consulente della Trek-Segafredo, team della Paternoster.

Un passo indietro…

«Con Letizia, ma anche con le altre ragazze c’è un lavoro che parte dallo scorso inverno. Bisognava fare squadra, ma visto il livello delle atlete non ho scelto la formula tipo “giochi senza frontiere”. Ho preferito un lavoro più profondo sui valori e gli obiettivi di squadra, di conoscenza delle ragazze e dello staff. Un qualcosa che permettesse di conoscersi meglio, di confrontarsi e di aprirsi in maniera autentica. Abbiamo insistito molto sulle emozioni e sulle strategie migliori per gestirle. L’obiettivo era di creare empatia».

«Quando tutte, sedute in cerchio, hanno espresso il loro punto di vista rispetto ai punti di forza e alle aree da migliorare, sono emersi spunti importanti sui quali si è lavorato. Un esempio? Lo stesso stile comunicativo non è adatto a tutte le atlete. Non è detto che se mi inciti alzando la voce per radio mi dai carica, magari mi innervosisci o mi metti ansia. Un qualcosa di banale, ma che può fare la differenza nei momenti clou».

Elisabetta Borgia
Elisabetta Borgia (33 anni) psicologa dello sport
Elisabetta Borgia
Elisabetta Borgia (33 anni) psicologa dello sport, in passato ha corso nel cross e nella Mtb

Quella sana incoscienza

Partnoster adesso sta lavorando a pieno regime per il recupero. E’ anche rientrata in corsa. Il problema al ginocchio era serio, tuttavia con la determinazione che la contraddistingue sembra averlo superato.

«Dalla sua Letizia ha il fatto che è molto giovane. Ha un suo modo di vedere le cose. Probabilmente questa sua gioventù non le ha ancora permesso di capire l’importanza che ha all’interno del gruppo e della nazionale. Quanto investimento ci sia su di lei. Senza contare che le ruotano intorno molte persone a cui lei stessa fa comodo. Da questo punto di vista a mio avviso va tutelata e protetta.

«Questa sua inconsapevolezza per altri aspetti è un punto di forza, è ancora nella fase della carriera di forte crescita, tutto le viene semplice senza pensarci troppo e va bene così. Pensiamo a Van der Poel: arriva e vince. Dà spettacolo in Mtb, attacca su strada… Però, adesso che inizia a capire quanto sia importante fa più fatica».

Più l’immagine o l’atleta?

In tanti accusano Paternoster di esagerare nei social, spesso extraciclistici. Una distrazione per un’atleta di vertice.

«I social sono un problema reale, ma non solo per Letizia. Molte atlete iniziano a stancarsi dei post pubblicati perché devono. Sono vetrine che ad alcune piacciono e ad altre no. In generale obbligano ad esporsi e quindi per certi temperamenti sono una forzatura. A Letizia piacciono.

«Non dimentichiamo però che sui social puoi mostrare quello che vuoi. Tu puoi fare 6 ore di bici, farti un mazzo così e quando torni a casa mettere foto in cui mandi bacetti. Oppure puoi pubblicare delle stories delle salite affrontate in allenamento,o dei cereali che mangi. Hai fatto la stessa cosa ma il messaggio è totalmente diverso. Pertanto i social mi preoccupano fino a un certo punto. L’importante è che rimanga focalizzata e motivata su obiettivi sportivi e non si lasci ingolosire dal successo mediatico che porta lontano dalla massima prestazione».

Letizia Paternoster, mondiali Apeldoorn 2020
Letizia Paternoster ai campionati europei di Apeldoorn 2019
Letizia Paternoster, mondiali Apeldoorn 2020
Letizia Paternoster ai campionati europei di Apeldoorn 2019

Letizia motivata e grintosa

«Alle Olimpiadi ci crede. Letizia è un’agonista vera, ha la giusta cattiveria. E’ capace di far a spallate per entrare prima nel bagno. Ha il piglio dell’atleta. Bisogna però mantenere questo stile di vita anche quando non si è in pista. Le gare non si vincono il giorno della corsa. Detto ciò, lei è un vero fenomeno. Si allena seriamente e su questo ci metto la mano sul fuoco».

L’importanza delle veterane

Nella Trek Segafredo il livello delle ragazze è altissimo. Ci sono cicliste con palmares e personalità importanti. Come è accolto il personaggio, la bellezza e l’atleta Paternoster?

«Per lei quel team è terapeutico. Ci sono ragazze più esperte e titolate di lei. A volte sono proprio loro che la richiamano o che la “prendono in giro” e la riportano alla realtà. Una Longo Borghini o una Deignan che ti riprendono, magari scherzando, sono modelli perfetti per Letizia».