BH GravelX, l’elasticità funzionale quando si apre il gas

26.09.2023
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Il test della BH GravelX, una bici comoda e race al tempo stesso, dove si vede la mano progettuale che arriva dalla mtb, ma il design della categoria road non passa inosservato. La GravelX colpisce per trazione e stabilità. E' lecito aspettarsi una bicicletta morbida, la BH GravelX lo è fino ad un certo punto, perché una volta messa su strada e all'interno di un sentiero, compare un mezzo decisamente reattivo e molto sostenuto nella zona dell'avantreno. Peso di poco inferiore ai 9,2 chilogrammi (senza pedali), prezzo di listino di 4.399,90 euro.

Non ci sono sospensioni e ammortizzatori. BH GravelX, la bici che l’azienda basca ha progettato per competere nel gravel, per essere confortevole quando è necessario e che mostra un grip eccellente, una capacità di copiare il terreno accostabile a molte mtb full.

Il grip, soprattutto quello del retrotreno e la GravelX ne ha parecchio. Un aspetto tecnico talvolta dimenticato, che influisce in modo esponenziale sulla stabilità, sulla qualità della guida e anche sul risparmio di energie, fondamentali nel medio e lungo periodo. Abbiamo provato la versione 4.0.

SRS, uno dei cardini del progetto GravelX
SRS, uno dei cardini del progetto GravelX

Fra strada e mtb

E’ senza dubbio una delle bici gravel più interessanti del panorama. Ha un impatto estetico moderno, ma non eccessivo. Adotta delle soluzioni progettuali che fanno collimare la capacità di lavorazione del carbonio, ad aspetti funzionali alla performance. Non ci sono complicazioni eccessive, anche in fatto di estatica la bici è “piena e pulita” al tempo stesso, ma senza snaturare il DNA BH della nuova generazione di bici.

Davanti c’è la forcella tutta in carbonio sviluppata in ambito road, tanto apprezzata per leggerezza, stabilità e rigidità laterale, ma anche per quel design originale che non guasta. Dietro e al centro che c’è sopratutto il sistema SRS (non regolabile), che si integra alla perfezione eliminando l’uso di molle ed idraulica. E’ di fatto un perno che unisce i due obliqui al piantone, capace di generare un movimento al pari di un dissipatore. E poi quel fattore che non si vede, ovvero il layup del carbonio di derivazione off-road, un dettaglio tutt’altro che secondario.

La bicicletta in test

Una taglia MD, che significa anche un tubo dello sterzo da 140 millimetri, un angolo anteriore di 71° e quello del piantone da 73°. Non è da dimenticare un carro lungo poco meno di 430 millimetri (con le due aperture dei foderi che non sono posizionate a caso). Traducendo: il piantone non è troppo in piedi e questo permette di tenere il peso del corpo verso il retro, con dei vantaggi su trazione, grip e stabilità, ma ha un valore che permette di uscire di sella facilmente. Lo sterzo è aperto in avanti, con un valore ben proporzionato alla taglia, senza mai dare la sensazione di avere il busto completamente caricato sull’anteriore. La schiena ed il collo ringraziano, così come la possibilità di correggere le traiettorie anche all’ultimo istante.

C’è una trasmissione Shimano GRX Di2 a 11 rapporti (11-42), con la monocorona anteriore (40 denti). La guarnitura è però FSA in alluminio. Le ruote sono Vision ed in alluminio, della serie Team TC30, sono gommate Hutchinson Touareg da 40. La sella è Prologo. Il kit manubrio prevede piega e stem in alluminio BH, separati tra loro, mentre il reggisella è in carbonio (sempre BH e uguale a quello della Ultralight) e con una forma specifica per il progetto BH GravelX. Il valore alla bilancia rilevato è di poco inferiore ai 9,2 chilogrammi (senza pedali), mentre il prezzo di listino è di 4.399,90 euro.

Una geometria funzionale al gravel, ma anche corsaiola
Una geometria funzionale al gravel, ma anche corsaiola

Come va

E’ lecito aspettarsi una bicicletta morbida, la BH GravelX lo è fino ad un certo punto, perché una volta messa su strada e all’interno di un sentiero, compare un mezzo decisamente reattivo e molto sostenuto nella zona dell’avantreno. Dietro smorza e copia, non si siede e non flette. Quando si è su strada e ci si alza in piedi sui pedali, la zona SRS è impercettibile, il comfort arriva da tutto il comparto posteriore. Quando si passa in modalità off-road la zona bassa del triangolo dietro si attiva come una sorta di schermo. Non affonda e non blocca completamente le vibrazioni, ma segue la conformazione del terreno e sembra adeguarsi allo stile di pedalata. Gli obliqui non sono violenti nella fase di rientro verso il piantone. Il lavoro che eseguono si sente, è utile ed è pure facile da capire in tempi brevi.

Davanti è tanto precisa e non trasmette una rigidità fastidiosa quando si affronta lo sconnesso, ovviamente rimanendo nell’ambito gravel (anche tecnico), perché sconfinare nella mtb si può fare, ma con i limiti (normali) di un mezzo con vocazione gravel-race. Il vantaggio vero e proprio arriva da un buon sostegno della forcella, che collima in modo ottimale con un telaio che smorza bene le vibrazioni ed è sempre attaccato al terreno. Anche la geometria gioca un ruolo fondamentale. L’orizzontale è allungato, si sfrutta al meglio uno stem corto (a vantaggio anche di sterzate agili e rapide) e non si ha mai la sensazione di essere incassati con le spalle ed il busto.

In conclusione

La BH GravelX è una bici “molto” gravel. Volendo, con un allestimento adeguato può sconfinare in un ambito endurance/bikepacking, ma a nostro parere vale la pena sfruttare le sue potenzialità in un contesto più tecnico, dove è divertente mettersi alla prova e “misurarsi la febbre”. E’ agile e stabile, invita a spingere anche sulle rampe sterrate più dure, grazie ad una trazione complessiva che è eccellente. E’ facile da guidare, non stanca nel medio e lungo periodo e nelle diverse configurazioni non costa una barbarità, un fattore che non guasta mai. Inoltre mostra un buon margine (spazio) di montaggio degli pneumatici, un componente che fa sempre la differenza.

Inoltre ci piace molto la soluzione con il deragliatore che può essere rimosso. Questo aspetto permette alla GravelX di essere sfruttata a pieno con o senza doppia corona anteriore, un fattore che allarga (non poco) il range di utilizzo e gli apprezzamenti da parte di differenti fasce di utenza.

BH

Ruote Cadex AR35, spingersi oltre nel gravel

25.03.2023
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Le ruote Cadex fanno parte del portfolio Giant, dal quale si distaccano in modo importante ed il marchio assume una connotazione propria. I componenti Cadex puntano all’eccellenza in fatto di performances, tecnologie e materiali, il tutto con prezzi ragionevoli contestualizzati in una fascia altissima. In estate avevamo provato le nuove 50 Ultra Disc, quelle in dotazione alla Propel ed eravamo rimasti molto colpiti dalle prestazioni messe sul piatto.

Abbiamo provato le AR35, ovvero le top level in ambito gravel ed all-road. Hanno i raggi in carbonio ed è solo uno tra i tanti dettagli curati e ricercati.

Queste Cadex sono un prodotto da agonista
Queste Cadex sono un prodotto da agonista

Perché Cadex

Il brand, attraverso i suoi componenti, rappresenta la massima ricerca ed applicazione della materia composita in ambito ciclistico e non si vuole sovrapporre a tutto quello che già conosciamo di Giant. La famiglia di appartenenza è la medesima, questo è vero, ma Cadex guarda anche oltre le categorie delle bici del marchio taiwanese.

Carbonio, tanto carbonio e di quello che è sempre un passo avanti, per qualità, leggerezza ed estremizzazione, che tanto piace a pro ed agonisti di tutte le categorie.

Le AR35

AR è l’acronimo di all-road, ma qui di compromessi ne troviamo ben pochi. Si tratta di un pacchetto con un cerchio full carbon hookless (rinforzato ai lati), con un’altezza di 35 millimetri, un canale interno di 25, raggi in carbonio dal profilo differenziato e due mozzi in alluminio con delle flange che sono un’opera d’arte.

Non solo, perché ci sono i cuscinetti ceramici davanti e dietro, oltre ad un meccanismo d’ingaggio (proprietario Cadex) con il cricchetto che ha ben 60 punto d’ingaggio. Tantissimi. E poi il valore alla bilancia, ridotto a prescindere, ridottissimo se ragioniamo in ottica gravel e gravel race: 600 grammi per la ruota davanti, 725 per la posteriore. Questi numeri comprendono anche le valvole e la nastratura tubeless, per un peso complessivo davvero interessante e ben al di sotto della media. Leggere, anche nell’ottica di ruote road da montare con pneumatici da 28/30 millimetri (meglio i 30 che si adeguano alla perfezione con lo shape del cerchio).

La raggiatura differenziata

Differenziata in tutto, per il profilo dei profilati stessi e per il numero tra anteriore e posteriore. Sono completamente in carbonio, con la testa dritta da ambo le estremità. Dalla parte dei mozzi ci sono dei nipples dedicati che coprono, proteggono e si innestano nelle flange. Dal lato del cerchio i nipples sono filettati. Il cerchio è rinforzato in modo appropriato dove il nipple entra nella sua sede.

I raggi sono 21 per la ruota anteriore, radiali dove non c’è il disco e con incrocio in seconda dalla parte del freno. Sono 24 e tutti incrociati in seconda per la ruota del retrotreno.

Il nostro test

Le abbiamo usate principalmente con delle gomme gravel tubeless da 40 di sezione e con l’inserto interno (Tannus). Per noi è un punto fermo l’abbinamento tra cerchi hookless/pneumatici senza camera d’aria/inserto. Non è solo una questione di protezione del cerchio in caso di foratura, ma a nostro parere la stessa gomma lavora meglio ed è sempre ben ancorata alla parete del cerchio stesso. Il tallone dello pneumatico è compresso tra l’inserto ed il carbonio.

Sempre in ottica gravel, con queste Cadex AR si sfonda la porta del gravel race, il pacchetto fa la differenza e porta ad un piano superiore il carattere della bicicletta. Le AR sono rigide, soprattutto quella posteriore e mostrano una reattività che è degna di un prodotto full carbon dedicato esclusivamente alla categoria road. Cambiano direzione in un amen e quando si decide di accelerare il primo componente a rispondere è proprio la ruota. Questo insieme ci porta a considerare una corretta gestione degli pneumatici e delle loro pressioni. Meglio montare delle gomme pastose e morbide, elastiche e capaci di funzionare bene anche a pressioni basse? A nostro parere si.

Nonostante tutto le due ruote non danno mai la sensazione di essere instabili. Il cerchio con il suo canale maggiorato aiuta molto. Ma delle ruote così condizionano inevitabilmente lo stile di guida, che si spinge verso un ambiente agonistico dove il divertimento è stare costantemente sulla corda e ricercare il massimo anche dal mezzo meccanico.

Particolarmente reattive e pronte alle sollecitazioni
Particolarmente reattive e pronte alle sollecitazioni

In conclusione

Le Cadex AR35 non sono ruote concepite per fare le passeggiate ed andare a guadare i fossi. Sono uno strumento da gara che mostra una buona versatilità di utilizzo, ma con un occhio sempre rivolto al contesto agonistico. Ci vuole qualche ora di utilizzo per capire bene come sfruttarle, come adeguare gli pneumatici ed interpretare in maniera corretta come fanno cambiare le risposte della bici. Il cerchio dal profilo medio ha una struttura importante e proprio per questo motivo è in grado di vestire bene la bicicletta, gravel oppure da strada.

Wilier Rave SLR, il gravel race non è l’unica opzione

02.11.2022
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Il test della Wilier Rave SLR

La Wilier Rave SLR è un progetto pensato e sviluppato molto bene. In fatto d’impatto estetico è molto stradale, richiama l’iconico design Wilier delle piattaforme road ed ha un approccio race che non passa inosservato. Sulle strade sconnesse sorprende, lo fa non poco.

E’ una bicicletta che dà il meglio di sé nel contesto gravel race, considerando anche un allestimento adeguato. La nostra prova si è sviluppata in momenti diversi e include anche il mondiale gravel UCI che si è svolto in Veneto .

A Cittadella, al termine del mondiale, categorie amatoriali ovviamente (foto Sara Carena)
A Cittadella, al termine del mondiale, categorie amatoriali ovviamente (foto Sara Carena)

Rave SLR, test a tutto tondo

Il framekit è quello della Rave SLR, quindi un monoscocca in carbonio che vede l’inserimento di una particolare membrana viscoelastica che prende il nome di Liquid Crystal Polymer. Ovviamente ci sono delle differenze, legate principalmente al posizionamento delle pelli di carbonio, ma il procedimento di costruzione è lo stesso adottato per la produzione delle biciclette Zero e Filante. Da tenere ben presente però, che la Rave SLR è categorizzata come endurance, un suffisso che aiuta a contestualizzare il prodotto ed il suo animo di bicicletta non estremizzata.

L’abbiamo utilizzata con il cockpit Wilier Zero, ovvero il manubrio in carbonio molto road race oriented, con la trasmissione Shimano Ultegra Di2 a 12 rapporti e con il doppio plateau anteriore (50/34 davanti e 11/34 dietro). Il nostro test si è completato con l’impiego di tre differenti tipologie di ruote: le Deda Gera Carbon ( usante anche al mondiale e gommate Challenge, tubeless con sezione da 36), le ruote Wilier SLR42 (con gomme Vittoria da 35) e le Miche Graff Route (gommate Schwalbe, da 40).

La trasmissione stradale

Può essere un vantaggio sotto tanti punti di vista. Deve avere una combinazione di rapporto adeguata, non solo ai vari contesti ambientali, ma anche alla “gamba”, perché spingere il 50 su strada non è come spingerlo in offroad. Il range di utilizzo del cambio è davvero ampio e su una bicicletta del genere è un fattore da considerare, perché si può sfruttare bene su strada (anche con gomme radiali) al pari di una bici votata alle lunghe distanze e molto bene nell’ambito gravel race.

Inoltre, il design compatto e asciutto del deragliatore Ultegra di ultima generazione offre dei vantaggi per il passaggio delle gomme da 40 con tasselli laterali sporgenti, quello che non accadeva con il deragliatore delle vecchi cambi (trasmissioni Di2 ad 11 rapporti). Invece la luce tra la gomma anteriore e la forcella è ampio.

E poi ci sono i numeri che rappresentano le geometrie, valori facilmente accostabili ad una bici road di alto livello, ma che al pari della prestazione non sacrificano una certa comodità, stabilità e piacere di guida. Il carro posteriore è leggermente più lungo, se paragonato ad una bicicletta “solo” da strada, sinonimo di stabilità e trazione. L’angolo dello sterzo si sviluppa tra i 70° e 72°, in base alle taglie, aperto in avanti, ma non troppo e infatti la Wilier Rave si guida bene. Non è lenta nei cambi di direzione, anche sullo sterrato (soprattuto in off-road).

Il passo complessivo della bicicletta è in linea con le bici gravel race di ultimissima generazione, segno che la Rave SLR è stata sviluppata anticipando le tendenze.

Le ruote

Con le ruote Deda, dal profilo ridotto e usate in competizione con i tubeless da 36, la Wilier Rave diventa davvero agile, molto più sull’anteriore. Le Gera Carbon non sono ruote estremamente rigide e offrono un elevato potere ammortizzante anche sui sassi sporgenti. Un altro vantaggio di questa combinazione è un buon comfort dopo tante ore di sella tra asfalto, sterrato e concentrazione.

Con le Wilier SLR42, la Rave SLR assume i contorni di una vera bici road e all-road. Queste ruote diventano il simbolo della configurazione più versatile e veloce, ma anche esigente quando si affronta lo sterrato importante, quello veramente sconnesso. Perché versatile? Perché le ruote Wilier con questo profilo vestono alla perfezione la bicicletta e sono molto gratificanti da usare su strada anche gomme da 30 e 32 millimetri. Se usate fuoristrada, il manto non deve essere eccessivamente smosso, oppure è necessario prevedere ruote con una sezione almeno da 40 millimetri ed avere un po’ di manico.

Con le Graff Route di Miche abbiamo un pacchetto votato al gravel race nel senso stretto della considerazione. A nostro parere è l’abbinamento più corsaiolo e agonistico, che esprime anche una maggiore rigidità proprio nella parte bassa della bici. La scorrevolezza del mezzo è eccellente, lo è alle basse ed alte velocità, lo è nei cambi di ritmo anche sullo sterrato, nonostante una rigidità che non fa fatica ad emergere. E’ fondamentale adeguare gli pneumatici, in base alla natura del percorso e allo stile di guida.

In conclusione

Volendo sfruttare un accostamento motoristico, la Wilier Rave SLR è una sorta di supermotard. Non è “solamente” una bicicletta endurance se la portiamo sull’asfalto, perché ha un boost in più, decisamente superiore alla media della categoria. E’ veloce, agile e stabile, è bella da vedere e non è mai eccessiva e con le gomme larghe non sfigura, è certamente comoda, ma non è una bici da viaggio. Pensarla in ottica bikepacking è sprecata. Oppure, sì al viaggio e alle lunghe cavalcate, ma che prevedono lo spostamento separato dei bagagli per godere di qualche bella accelerata.

E’ una bicicletta gravel da competizione e a gas aperto è gratificante, offre un bel sostegno ovunque ed è divertente da guidare, oltre a configurarsi bene con svariati allestimenti.

L’allestimento con le ruote Wilier e la trasmissione Ultegra è disponibile a catalogo, ha un costo (listino) di 9.000 euro. Non è poco e sconfiniamo in una fascia di biciclette di elite, per la spesa e anche per la qualità complessiva del prodotto. Però è pur vero che si argomenta una bicicletta che non cede il passo, a prescindere dall’ambiente dove è inserita.

BMC Kaius, gravel race nell’anima

28.10.2022
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Abbiamo provato la BMC Kaius per un lungo periodo, testando differenti setting e portando questa bici all’interno di diversi contesti ambientali e gare.

La Kaius si conferma un proiettile ovunque. E’ una bicicletta tanto tirata, a tratti estrema, quanto agile, leggera e fluida nella guida, che esprime una stabilità inaspettata anche sui tratti particolarmente smossi e rocciosi.

La Prevot al riscaldamento pre-mondiale
La Prevot al riscaldamento pre-mondiale

La versione One 01

E’ la top che propone il catalogo. Per intenderci è la bicicletta che veste il primo iride gravel della storia, grazie a Pauline Ferrand Prevot. La pluricampionessa francese non è stata l’unica ad utilizzare la nuova Kaius al mondiale gravel: anche Van Avaermat si è presentato al via con questa bicicletta.

Dal punto di vista dell’utilizzo, la BMC Kaius nasce in modo specifico per le competizioni gravel. A tratti sembra una bicicletta road race, di quelle super performanti e con le gomme un po’ più grandi. Talvolta una bicicletta gravel che esprime delle performances elevate è accostabile ad una road endurance, in questo caso lo step è addirittura superiore.

Velocità, reattività e agilità

La Velocità non è espressa e contestualizzata “solo” nello spingere forte sui pedali ed andare veloce. Nella Kaius emerge da subito, fin dalle prime pedalate, quando la bicicletta sembra scappare via da sotto la sella. E’ piuttosto rigida, ma non è estrema e non “picchia” eccessivamente nella zona del sopra-sella. Non è una spacca polsi. E’ semplicemente facile da lanciare, anche quando la velocità è bassa, oppure è necessario cambiare ritmo in modo repentino. Merito di un pacchetto ben congeniato e di una geometria azzeccata al 1000%.

L’avantreno è un ottimo supporto alle azioni in fuori-sella e quando si sposta il corpo in avanti. Lo sterzo ha un angolo aperto al pari di una mtb marathon e offre stabilità, così come il rake avanzato della forcella che completa il concetto appena espresso. Nell’insieme diventano un riferimento anche alle alte velocità in discesa e quando è necessario portare la bicicletta alla corda nei cambi di direzione. Il tutto si riflette anche su una agilità degna di nota che coinvolge anche il retrotreno.

La BMC Kaius è reattiva, reattività ampiamente sfruttabile anche restando seduti in sella. Non è solo per via di un allestimento super performante, di un valore alla bilancia ridotto (abbiamo rilevato un peso ben al di sotto degli 8 chilogrammi) e di un prodotto che non lascia nulla al caso anche in fatto di design funzionale alla performance.

La Kaius ha tanta trazione e copia il terreno. Certo, è fondamentale agire in modo corretto sui tubeless, ma il vantaggio di una bicicletta race oriented che mantiene la traiettoria e al tempo stesso permette qualche correzione senza scomporsi è un fattore da considerare tra i primi posti della scala valori.

Una gran bici anche in discesa e stabile alle alte velocità (foto Jérémie Reuiller- BMC)
Una gran bici anche in discesa e stabile alle alte velocità (foto Jérémie Reuiller- BMC)

Quel manubrio tanto stretto

Al primo impatto mette quasi paura, un po’ di timore, soprattutto se facciamo degli accostamenti con la categoria off-road mtb. Eppure prendere confidenza con questo cockpit full carbon è semplice (per chi è abituato all’agonismo), molto più di quanto ci si aspetta. Sopra, dove ci sono i manettini del cambio è largo 38, a metà della piega 40 centimetri e termina a 42. E’ un manubrio da gara.

Sopra obbliga a chiudere le spalle e invita a rannicchiarsi guadagnando velocità. Se si è ben impostati sulla bici non è sacrificante e la cassa toracica non si comprime, ma è necessario avere uno svettamento sella/manubrio adeguato, in modo da lasciare aperto il muscolo del diaframma. Ci siamo trovati particolarmente a nostro agio e abbiamo sfruttato una posizione che ci ha aiutato a scaricare in modo ottimale il peso su glutei e sulle gambe.

Il flare della piega è di 12°, senza angoli vivi. Significa che le mani scivolano verso il basso con facilità e in modo rapido, anche in discesa sullo sterrato. Significa che le braccia cambiano posizione senza sovraccaricare i polsi. L’apertura del manubrio è buona e le mani non si accartocciano al suo interno, come capita con alcuni manubrio gravel che costringono a portare le mani troppo distanti dalle leve. Ne guadagnano sicurezza, prontezza e comfort e facilità di cambio delle posizioni.

L’abbiamo anche portata in gara
L’abbiamo anche portata in gara

Bikepacking, no grazie

Lo avevamo scritto già in occasione del suo lancio ufficiale e le tante ore di test lo confermano. La BMC Kaius, a prescindere dall’allestimento non è una bici da viaggio, non è una bicicletta adatta al bikepacking. Questo non significa che è scomoda, ma il suo DNA race lo si vede, lo si percepisce e lei lo mette in mostra senza se e senza ma.

E poi non ci sono neppure le asole per il montaggio delle borse, solo le due viti sull’orizzontale per il piccolo bag, soluzione mutuata dalla URS.

La Kaius della Prevot al Mondiale Gravel in Veneto
La Kaius della Prevot al Mondiale Gravel in Veneto

Tre gomme diverse

L’abbiamo provata con le 36, con le 40 e anche con le 45. Più che la sezione degli pneumatici è da considerare la qualità della gomma stessa e di come esprime la sua elasticità, fattore non secondario in ambito off-road. Pneumatici con una carcassa troppo dura e gonfiati in modo eccessivo limitano la sfruttabilità della bici, della sua trazione e della stabilità anteriore. Le 45 non tutte ci stanno (dietro), in particolare quelle che hanno ramponi laterali abbondanti.

L’ottima trazione/stabilità che esprime la bicicletta permette di sfruttare molto bene anche gli pneumatici “semi-tassellati” che si trovano in commercio.

Facile adottare una posizione al pari di una bici stradale di alto livello (foto Jérémie Reuiller- BMC)
Facile adottare una posizione al pari di una bici stradale di alto livello (foto Jérémie Reuiller- BMC)

In conclusione

Che piaccia oppure no, la BMC Kaius è una bici da gara e non lo nasconde. Mantiene fede ad un design e ad un impatto estetico che è parte integrante dell’azienda svizzera e BMC è da categorizzare come race brand. La Kaius non ha fronzoli, non ha mezze misure e concettualmente non è paragonabile alla URS. Anzi, a nostro parere la BMC in questione è più vicina ad una bici da strada.

Ci piace la soluzione, non presente sulla URS, di poter montare la doppia corona anteriore (il deragliatore si può alloggiare nella sua sede), a nostro parere un vantaggio e un dettaglio che può fornire tanti vantaggi nei termini di sfruttabilità per un delta di pubblico molto ampio. Anche per chi vuole usare questa bicicletta con le gomme un po’ più strette sull’asfalto.

Il prezzo è di quelli molto importanti, non accessibile a tutti, ma è pur vero che l’allestimento del test non richiede aggiunte e/o modifiche, se non un power meter. Focalizzandoci sulla spesa e sul rapporto qualità/prezzo/performamances è davvero interessante la versione BMC Kaius 01 Two, quella con lo Sram Force eTap 12v.

Challenge Gravel Grinder, la gomma veloce

03.10.2022
4 min
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Challenge Gravel Grinder TLR è un’altra novità che entra nel portfolio Challenge, un tubeless fatto a mano perfettamente compatibile anche con i cerchi hookless.

Il suo design è mutuato in parte dal modello road Paris-Roubaix, in parte dallo pneumatico cx Limus, specifico per le condizioni fangose. Lo abbiamo provato.

Pneumatico pieghevole e con un’elasticità pronunciata
Pneumatico pieghevole e con un’elasticità pronunciata

Gravel Grinder, come è fatto

La costruzione è la classica Challenge, ovvero quella con il battistrada applicato e vulcanizzato sulla carcassa (SmartPlus con mescola specifica per il gravel). Questa ha un doppio strato con 260Tpi (fili per pollice quadrato). La carcassa prevede anche degli inserti con fili di aramide. L’interno dello pneumatico ha uno “velo”, una sorta di applicazione impermeabilizzante, particolarmente efficace ed utile alla longevità dello stesso pneumatico.

C’è un inserto protettivo PPSGanzo in multicomponente tra battistrada e carcassa, leggero e flessibile, che ha il compito di irrobustire e non influisce in maniera negativa sulla forma della gomma.

Ovviamente il Gravel Grinder fa parte della categoria TLR, è tubeless. La sottile fascia di colore nero, posizionata sul cerchietto è ruvida al tatto e ha il compito di rendere ermetico l’abbinamento tra cerchio e gomma.

Ha una forma arrotondata con una battuta a terra non eccessiva nella sezione centrale. Qui il battistrada ha una sorta di disegno diamantato, con tanti piccoli tasselli ravvicinati. Questa sezione è separata dai lati che prevedono dei ramponi più alti e abbondantemente separati tra loro. Proprio ai lati il richiamo al Limus da ciclocross è reale.

Alcuni dettagli

Lo abbiamo provato nella sezione 700×40, ma il Challenge Gravel Grinder è disponibile anche con larghezze da 33 e 36 millimetri. Abbiamo rilevato un valore alla bilancia di 461 grammi, molto leggero se consideriamo la categoria ed ha un prezzo di listino di 77,90 euro.

Il nostro test

Una gomma velocissima, adatta ai terreni duri e compatti, polverosi ed erbosi, ma anche in quei tratti dove il manto risulta inconsistente e la parte sottostante è dura. Per completezza d’informazione, abbiamo usato il Gravel Grinder con un range di pressioni comprese tra 1,8 e 2,2 atmosfere. Il nostro peso è di 66 chilogrammi.

Per uno pneumatico come il Challenge Gravel Grinder è fondamentale gestire le pressioni di esercizio. Perché scriviamo questo? Perché il Gravel Grinder non ha un potere ammortizzante accentuato, complice il battistrada risicato nella parte centrale. Questo fattore obbliga a sfruttare a pieno le peculiarità elastiche della carcassa e anche lo scivolamento della gomma nelle fasi di curva, proprio come accade in ambito ciclocross. Quei tasselli esterni mutuati dal Limus offrono un grip inaspettato sulle contropendenze, con terreno asciutto e anche sull’erba umida da rugiada mattutina.

La combinazione perfetta

Il Challenge Gravel Grinder è una gomma abbastanza specifica e le sue potenzialità vengono sfruttate a pieno da un’utenza esperta e con un po’ di braccio nei tratti tecnici. Montata sulla ruota dietro offre delle performances eccellenti, su quella davanti è esigente e richiede una alta concentrazione durante i cambi di direzione repentini (e le discese smosse).

La combinazione con il Getaway (montata sull’anteriore) offre degli spunti particolarmente interessanti, grazie a velocità, leggerezza e il giusto mix che considera anche lo sfruttamento degli appoggi in curva.

Il disegno differenziato del battistrada
Il disegno differenziato del battistrada

In conclusione

Il Challenge Gravel Grinder è uno pneumatico per gente esperta, che ama andare veloce anche sullo sterrato ed è capace di sfruttare lo scivolamento della stessa gomma. Non è un prodotto versatile. Anzi, è specifico per condizioni di secco e duro, un fattore che fa entrare in gioco la capacità del rider nella configurazione e personalizzazione del mezzo.

E’ uno pneumatico da gara e anche per questo motivo giustifichiamo un prezzo di listino elevato, tenendo ben presente che è un prodotto dalla qualità elevatissima, difficilmente riscontrabile su altre gomme di questa categoria che non prevedono la vulcanizzazione del battistrada.

Challenge

Il test della Trek Checkpoint SLR 9 eTap

29.09.2022
5 min
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Il test della Trek Checkpoint SLR 9 eTap

La Trek Checkpoint SLR si spinge verso il gravel race, ma non dimentica il cuore del progetto Checkpoint che vuole un mezzo meccanico che va bene ovunque.

E’ veloce e scorrevole, con tanta trazione anche sui terreni più complicati. L’IsoSpeed ha uno sviluppo differente dalla versione SL.

SLR con carbonio OCLV700
SLR con carbonio OCLV700

Trek Checkpoint SLR, un’anima diversa

Rispetto alla versione SL ha un carbonio e un IsoSpeed differenti. Il tessuto composito è l’OCLV700, con un peso specifico più basso, rispetto all’OCLV500 e un disaccoppiatore che si allunga all’interno della tubazione orizzontale. L’IsoSpeed non è un ammortizzatore e non è una sospensione.

La SLR 9 eTap, versione racing

Il design è quello che accomuna tutta la piattaforma Checkpoint in carbonio, dove coincidono l’aerodinamica e una geometria con l’orizzontale allungato, ma anche la possibilità di montare tanti borsoni e bag per il bikepacking. Come per la versione SL c’è il vano portaoggetti nel profilato obliquo dove di base è contenuto un minitool e alcuni attrezzi per un intervento di fortuna.

La SLR però strizza l’occhio alla competizione e all’agonismo, lo fa senza mezzi termini grazie ad un ridotto valore alla bilancia e ad un allestimento da paura.

L’allestimento

C’è la trasmissione Sram Red eTap AXS a 12 rapporti e con la monocorona anteriore da 40 denti che integra il power meter Quarq (i pignoni sono XPLR 10/44).

Le ruote sono le Bontrager RSL 37V, quelle con il cerchio full carbon e tubeless ready. Sono gommate con gli pneumatici Bontrager GR1. La sezione è da 40.

Interessante il cockpit, che non è integrato perché la piega e lo stem sono separati. Sono full carbon RSL e sono leggerissimi.

Trek Checkpoint SLR 9 eTap in taglia 54: abbiamo rilevato un valore alla bilancia di 8,5 chilogrammi, che diventano 8,26 estraendo gli attrezzi del vano. Il prezzo di listino è di 12.499 euro.

In azione alla Monsterrato Gravel
In azione alla Monsterrato Gravel

Test alla Monsterrato Gravel

Ci vuol poco a prendere il giusto feeling con la Checkpoint e si capisce subito che è diversa dalla sorella SL. Il modello SLR è più brioso e questa sfaccettatura del suo carattere emerge fin dalle prime pedalate. E’ più scattante ed è particolarmente scorrevole. Con le dovute proporzioni, non si discosta molto dalla endurance Domane. E alla La Monsterrato abbiamo goduto nell’avere una bicicletta gravel, tanto veloce quanto stabile e confidente.

Sulle strade bianche e sulle ghiaiate sembra galleggiare, anche se è necessario tarare bene la pressione delle gomme, perché le ruote full carbon dal profilo medio sono più esigenti rispetto a quelle basse in alluminio.

Quando si affrontano dei tratti smossi e con della roccia la Checkpoint è come un carro armato, non ha paura di nulla e passa ovunque. Anche in questo caso la geometria e l’IsoSpeed vengono in aiuto. La prima permette di sfruttare a pieno lo stem corto e una posizione raccolta il giusto. I vantaggi si riflettono anche sulla distribuzione dei pesi.

L’IsoSpeed in dotazione alla SLR lavora in modo differente, se paragonato a quello della SL. È maggiormente progressivo e ha una performance lineare lungo tutto il suo percorso. E’ impercettibile quando su asfalto ci si alza in piedi sui pedali e si spinge in modo perentorio.

Al termine della La Monsterrato, anche la bici ha sofferto
Al termine della La Monsterrato, anche la bici ha sofferto

Una belva in discesa

Se è vero che in salita ci vuole gamba, è altrettanto vero che la geometria e la ciclistica possono fare la differenza, specialmente se le pendenze superano il 20%. Il retrotreno spinge ed è attaccato al terreno, l’anteriore non beccheggia e la ruota non si alza da terra. Quando ci si alza in piedi sui pedali non c’è l’effetto schiacciamento del carro. Il comfort e la concentrazione ne guadagnano.

In discesa è una macchina da guerra, che oltre ad essere stabile è anche rapida nei cambi di direzione fatti all’ultimo istante.

Fizik Vento Ferox Carbon, spingere forte senza compromessi

17.09.2022
3 min
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Fizik Vento Ferox Carbon è l’ultima nata del marchio veneto e sviluppata con gli atleti dell’xc. E’ una scarpa che sconfina nel gravel race, perché è leggera, performante e dedicata a chi vuole una suola rigida che minimizza le dispersioni.

Il rotore singolo Boa Li2 collima con un velcro largo e abbondante nella presa, una soluzione sviluppata non a caso. Vediamo il perché e le sue caratteristiche principali.

Forma asciutta, ma non troppo
Forma asciutta, ma non troppo

Stile e funzionalità

Al di là delle combinazioni cromatiche disponibili, che sono tre, lo stile delle calzature Fizik è unico e inconfondibile. Eppure non è un insieme di vezzi del design, perché proprio le soluzioni adottate, sono tanto uniche quanto funzionali alla performance.

C’è un singolo rotore Boa Li2, è quello di ultima generazione e ha il compito di adeguare il volume frontale della scarpa al piede. L’intreccio del cavo, in combinazione con la tomaia aiuta a distribuire le pressioni ai lati.

C’è il velcro, richiesto dagli atleti per evitare scalzamenti della scarpa in caso di rottura del secondo rotore superiore, offre al tempo stesso un’immagine diversa della calzatura. Una volta in tensione, il velcro con una superficie così ampia agisce in modo davvero importante nella ritenzione della scarpa, trattiene il piede e distribuisce la pressione da sinistra verso destra e viceversa. Ecco perché la zona dell’arco plantare ha un rinforzo e si mostra molto compatta.

Come è fatta

Questa Fizik ha una tomaia sottile e resistente, traspirante e rinforzata nei punti giusti. Adotta una sorta di laminazione e diversi strati, tra il tessuto mesh e gli inserti in PU. Anche la linguetta ha uno spessore contenuto, con tanti fori per la traspirazione. Il supporto al tallone è integrato e nascosto sotto la tomaia.

La suola X1 presenta dei ramponi morbidi per aumentare il grip una volta scesi di sella. I tasselli sono abbondantemente spaziati tra loro, per evitare accumuli di detriti e fango. La parte centrale è in carbonio e non presenta lo strato di flatting lucido. La soluzione è voluta e ricercata, perché limita lo scivolamento della tacchetta e mostra una longevità aumentata. E’ compatibile SPD e ha un’indice di rigidità pari a 10 nella scala Fizik.

E’ disponibile nelle misure da 36 a 48. Il suo prezzo di listino è di 299 euro.

fizik

Nuova BMC Kaius, gravel race senza mezzi termini

06.09.2022
7 min
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I primi feedback fanno accostare questa bicicletta a una road da gara di alto livello. Kaius non è la gravel adatta a tutti, non è la bicicletta per le scampagnate e per le passeggiate, ma è una bici spinta nelle soluzioni e che invita ad aprire il gas. Non è una bicicletta per il bike packing. E' una bici da gara...

BMC Kaius è la bicicletta sviluppata e dedicata alle competizioni gravel. Non è una rivisitazione ed un compromesso. E’ un progetto tutto nuovo.

Il layup del carbonio è tutto nuovo e di fatto apre il nuovo corso legato all’applicazione della fibra composita nel contesto off-road racing. Ci sono diversi elementi che collimano tra loro e ognuno di questi è votato a massimizzare la performance. La geometria, la rigidità e il peso ridotto, ma anche l’integrazione e l’aerodinamica. Entriamo nel dettaglio della BMC Kaius.

L’agonismo è il suo ambiente ideale (foto BMC/Jérémie Reuiller)
L’agonismo è il suo ambiente ideale (foto BMC/Jérémie Reuiller)

Gravel Performance Series

E’ la nuova categoria dell’azienda svizzera e la Kaius è la prima bicicletta a farne parte. La bicicletta nasce per essere veloce, ma senza sacrificare la stabilità e la trazione sui terreni sconnessi.

L’applicazione della fibra è stata sviluppata in modo specifico, facendo collimare diverse tipologie di tessuto composito Premium ad alto modulo. Il risultato è una frame-kit molto leggero (910 grammi dichiarati nella taglia 54, molto ridotto se contestualizzato nel segmento gravel) che si posiziona nella fascia media della tecnologia TCC (acronimo di Race Tuned Concept). Il livello superiore è rappresentato dalla stradale Teammachine SLR.

C’è una forcella da 400 grammi con un rake di 68 millimetri, un seat-post con D-Shape design da 160 e un cockpit aero da 315. La somma? 1785 grammi per il kit telaio.

I punti chiave del progetto

BMC Kaius si sviluppa attorno al nuovo layup del tessuto composito, ma ci sono anche una geometria dedicata, l’integrazione, l’aerodinamica e la versatilità.

La geometria prevede un reach allungato che, combinato con il rake della forcella, permette di spostare la ruota in avanti. Tradotto, stabilità e facilità di guida, ma anche la possibilità di sfruttare degli stem corti, in modo da mantenere la bicicletta agile anche negli spazi stretti. C’è un carro di 42 centimetri di lunghezza (valore comune a tutte le taglie), garantendo una trazione ottimale.

L’integrazione assume una forma rinnovata grazie al cockpit integrato full carbon (di serie sulla 01 One), alla forcella e al seat-post. Il cockpit Aero Carbon ha un flare (svasatura) particolare di 12,5° e che si sviluppa su tre misure. La parte dove ci sono le leve è larga 360 millimetri e ha una superficie piatta. La sezione centrale della curva è larga 400 millimetri, mentre la parte terminale della curva è di 420. Lo stem ha un’inclinazione negativa di 15°.

Anche lo stem ammortizzato

Le sedi della serie sterzo e lo stelo della forcella rendono la bicicletta compatibile con gli stem (attacchi manubrio) della famiglia ICS di BMC. Infatti, per gli allestimenti Two e Three sono previsti gli attacchi manubrio ICS2. Entra a fare parte di questa categoria anche uno stem con capacità ammortizzante, ovvero l’attacco manubrio MTT con elastomero interno.

Lo stelo della forcella non è tondo, per facilitare il passaggio delle guaine e senza limitare il raggio di apertura dello sterzo. Al suo interno è inserita una schiuma di rinforzo, proprio come per la Teamachine SLR.

Il concetto di integrazione ed aerodinamica si completa con i due portaborraccia (Aerocore design), che fanno parte del frame e dal reggisella full carbon con profilo posteriore tronco.

Gli altri dettagli

La BMC Kaius supporta le trasmissioni con con corona singola e/o doppia corona; il supporto del deragliatore può essere rimosso a piacere.

E’ possibile montare un dropper-post con diametro da 27,2 millimetri, ma è necessario utilizzare l’apposito adattatore per il reggisella D-Shape.

La forcella e il retrotreno hanno una luce che permette il passaggio di pneumatici fino a 44 millimetri di larghezza. La larghezza effettiva dello pneumatico è soggetta a tante variabili, una su tutte l’ampiezza del canale interno del cerchio, ecco perché viene fornito il dato relativo alla larghezza della gomma.

Gli spacers della serie sterzo sono specifici per il design ICS, ma si possono montare anche degli attacchi manubrio standard.

BMC Kaius non è una bicicletta che nasce e viene mutuata da una piattaforma bikepacking. Non prevede dei supporti per parafanghi e borse. L’unica borsa prevista è quella sulla tubazione orizzontale.

L’altezza da terra del movimento centrale è di 80 millimetri. E’ molto se consideriamo la media della categoria ed è una soluzione voluta per facilitare il passaggio su sassi, drop e terreni particolarmente difficili da approcciare. Questa altezza aumentata è parallela al fatto che il fodero lato drive non è ribassato.

Allestimenti e taglie

Gli allestimenti sono tre (One, Two e Three) e si sviluppano sul medesimo modulo di telaio e forcella, BMC Kaius 01. Le taglie sono sei: 47, 51 e 54, 56, 58 e 61.

One è il top di gamma con il frame-kit BMC al completo (quella con la livrea a base bianca), ruote Zipp 303 Firecrest gommate Pirelli (Cinturato Gravel H da 40) e trasmissione Sram Red eTap AXS 1×12. Il prezzo di listino è di 11.499 euro, per una bicicletta che ha un peso dichiarato di 7,4 chilogrammi (taglia 54).

Two, è meno costosa rispetto alla precedente e porta in dote il doppio plateau della trasmissione. Ha le ruote Zipp 303S, con i medesimi pneumatici della One, ma ha la trasmissione Sram Force eTap AXS 2×12. Il suo prezzo di listino è di 8.499 euro, con un valore alla bilancia dichiarato di 8,2 chilogrammi.

BMC Kaius 01 Three, non è una entry level, non lo è per il prezzo e non lo è per l’allestimento. Ha la trasmissione Sram Rival eTap AXS 2×12 e le ruote CRD40 gommate Pirelli. Il prezzo di listino è di 8.499 euro, con un peso dichiarato di 8,9 chilogrammi.

Abbiamo provato la versione 01 One (foto BMC/Jérémie Reuiller)
Abbiamo provato la versione 01 One (foto BMC/Jérémie Reuiller)

Le prime impressioni

Partendo dal presupposto che dedicheremo uno spazio (in seguito) al test approfondito della Kaius, i primi feedback ci fanno accostare questa bicicletta ad una bici road da gara di alto livello.

Kaius non è la bicicletta adatta a tutti quelli che vogliono fare gravel, non è la bicicletta per le scampagnate e per le passeggiate, ma è una bici spinta nelle soluzioni e che invita ad aprire il gas. Non è una bicicletta per il bikepacking.

Uno dei suoi vantaggi più grandi è la geometria, che invita a distribuire il peso del corpo in maniera ottimale e quasi naturale, fin dalle prime pedalate, fattore che collima alla perfezione con una grande sfruttabilità del mezzo e delle sue potenzialità. La posizione in sella fa la differenza. E’ una bici velocissima sui terreni compatti, sull’asfalto e permette di cambiare ritmo in un amen.

C’è una tubazione dello sterzo corta e raccolta, un manubrio rigido. La bicicletta però, non è un cavallo impazzito e non lo diventa neppure in quelle sezioni al limite del singletrack da xc. Ci vuole un po’ di manico. Si sente che ha il DNA da competizione, eppure è divertente in modo quasi inaspettato.

Pirelli Cinturato Gravel RC, quello per le gare

17.08.2022
3 min
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Chi pensava che l’agonismo e le competizioni non sarebbero approdate nel gravel si deve ricredere. Proprio le gare gravel crescono di numero, cresce l’interesse nei loro confronti e anche le aziende investono nella tecnica, nella ricerca e sviluppo.

Pirelli Cinturato Gravel RC è lo pneumatico tubeless con un battistrada aggressivo di derivazione mtb, veloce e resistente alle forature. Dopo averlo presentato ad inizio Luglio, lo abbiamo visto e toccato ad Eurobike e vediamo le sue peculiarità.

I tasselli centrali e mediani
I tasselli centrali e mediani

Forte richiamo alla mtb

Il disegno del battistrada arriva in modo diretto dalla gamma Scorpion XC RC ed è destinato alle competizioni. E’ caratterizzato da tasselli laterali pronunciati, spaziati, quasi squadrati e votati ad arpionare il terreno, creando grip e tenuta nelle fasi di cornering anche ad alta velocità. Questi tasselli non sono eccessivamente duri, quasi pastosi e proprio per questo lasciano anche spazio ad una versatilità ottimale.

La parte centrale invece ha dei ramponi più bassi, sono numerosi e fitti. Sembrano divisi in due zone, quella centrale dove la forma che assumono ricorda una freccia, quella mediana dove sono sfalsati. Vogliono creare scorrevolezza, grip e stabilità, ma al tempo stesso vogliono proteggere. Non limitano la scorrevolezza, ne sullo sterrato compatto, ne sull’asfalto. Pirelli Cinturato Gravel RC è una gomma veloce da gara e da smanettoni corsaioli.

Come è costruito

Ha una carcassa in nylon da 60Tpi (60 fili per pollice quadrato) che avvolge completamente i cerchietti flessibili e presenta una bandella protettiva TechWall. Questa avvolge tutta la struttura, da tallone a tallone. La mescola è SpeedGrip e a prescindere dalla tassellatura si adatta al meglio anche quando il terreno è umido e l’ambiente esterno varia di temperatura.

Pirelli Cinturato Gravel RC è disponibile in tre larghezze, 35-40 e 45×622, rispettivamente con un valore alla bilancia dichiarato di: 510, 540 e 590 grammi.

Pirelli