La passione per la bici di Ilaria Sanguineti

17.05.2023
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CATTOLICA (RN), Ilaria Sanguineti non è solo un’atleta che molti team vorrebbero nel proprio organico, ma è anche un’appassionata di bici e della sua tecnica, competente e preparata, coinvolgente con la sua simpatia e disponibilità.

Con lei abbiamo fatto una chiacchierata in occasione della Granfondo Squali Trek di Cattolica, dove è stata ospite e ha pedalato con il gruppo sotto il diluvio.

La “home bike” di Sanguineti, la sua bici da allenamento
La “home bike” di Sanguineti, la sua bici da allenamento
Quale è la bici di Ilaria Sanguineti?

Principalmente la Madone, ma il team ci ha messo a disposizione anche la Emonda. Per le mie caratteristiche e per i compiti che devo svolgere, la Madone è più adatta, la sento più mia. Ad esempio alla Vuelta ho usato la Emonda in diverse tappe, visto la tanta salita che abbiamo affrontato.

Come è montata?

La trasmissione ed i freni sono Sram Red. Davanti uso sempre la combinazione 52-39 con il misuratore di potenza. La scelta dei pignoni invece dipende dai percorsi. Di solito chiedo la scala 10-28 oppure 10-33. Quest’ultima soluzione è quella che uso nella bici da allenamento che tengo a casa. Le ruote sono Bontrager e le più utilizzate sono quelle con il profilo da 51, ma onestamente le 62 sono quelle che preferisco. Bello vederle montate, sono un vestito perfetto per la Madone. I tubeless da 28 sono quelli più utilizzati, oppure i copertoncini sulla bici da allenamento.

Yaya Sanguineti è approdata quest’anno alla Trek-Segafredo, ritrovando Elisa Balsamo
Yaya Sanguineti è approdata quest’anno alla Trek-Segafredo, ritrovando Elisa Balsamo
La home bike, come la chiami tu, è uguale a quella da gara?

Il telaio è lo stesso, non cambia nulla. E’ diverso invece il manubrio. Su quella da gara uso la versione integrata, bellissima anche da vedere, invece su quella da allenamento l’attacco e la piega non sono un blocco unico, ma le misure restano ovviamente invariate.

Un confronto con la bici che usavi in precedenza, cosa è cambiato?

La reattività della Madone mi ha lasciato di stucco fin dalla prima volta che l’ho utilizzata. Sempre pronta a cambiare passo, rigida e agile al tempo stesso, molto veloce e gratificante da spingere al limite anche in discesa. A me piace andare forte in discesa. Ovviamente non è la bicicletta delle grandi e interminabili salite, ma è perfetta per buona parte delle situazioni che incontriamo in gara e per i compiti che devo assolvere.

52-39, le corone sempre utilizzate da Ilaria Sanguineti
52-39, le corone sempre utilizzate da Ilaria Sanguineti
Invece per quanto concerne i rapporti?

E’ cambiato molto anche in questo senso, ma onestamente, avendo sempre utilizzato le corone 53-39 davanti, per me il cambio non è stato così invasivo. La grossa differenza è il pignone da 10, che non viene quasi mai utilizzato, neppure durante gli sprint più veloci. Viene ingaggiato qualche volta nelle discese quando è fondamentale spingere a fuoco, magari per rientrare sul gruppo davanti, oppure per allungare e cercare di spezzare il gruppo.

Ti piace smanettare sulla bici?

Mi piace tantissimo, è una cosa che ho sempre fatto in passato. Ora in misura minore, ma è per vero che anche le biciclette sono cambiate molto. C’è tanta integrazione che rende più complicate le operazioni meccaniche fatte in casa e poi c’è l’elettronica. Adesso, con il telefonino è possibile regolare il cambio, solo per fare un esempio.

Con Rudy Pesenti di Trek Italia
Con Rudy Pesenti di Trek Italia
Torneresti ai freni normali?

Direi proprio di no, la differenza con le bici a disco è abissale. Riuserei una bici con i freni caliper solo per curiosità e ripercorrere un po’ il passato.

Invece per quanto riguarda le gomme tubeless, cosa sì e cosa no?

Cosa no, non saprei dire. Da quando utilizzo stabilmente i tubeless non ricordo di aver più forato, neppure sul pavé del Belgio.

Assieme a Gaia Realini: le due sono arrivate quest’anno alla Trek-Segafredo scoprendo le nuove dotazioni tecniche
Assieme a Gaia Realini: le due sono arrivate quest’anno alla Trek-Segafredo
Quanti chilometri fai in un anno e quale è la media dell’uscita quotidiana?

Sempre a ridosso dei 30.000 chilometri all’anno, poco più o poco meno. Ogni giorno sono almeno 3 ore di bicicletta, ma ci sono giornate dove starei in bici tutto il giorno, magari senza guardare il misuratore e senza fare tabelle. Sono le giornate in cui la bicicletta diventa un vero e proprio godimento.

Esiste un aspetto noioso del ciclismo?

Noioso è una parola che non mi appartiene e credo che se ami la bicicletta, il ciclismo in genere, la noia non sia un fattore da considerare. Neppure i ritiri sono noiosi, soprattutto quando c’è un bel gruppo.

Un aspetto che, al contrario, reputi particolarmente stimolante?

Mi piace diventare un riferimento quando siamo in gara e diventa palese il fatto che gli altri team stanno a guardare come ci muoviamo noi Trek-Segafredo. Adoro fornire il mio contributo alla vittoria del mio capitano, che in buona parte delle occasioni è Elisa Balsamo: vederla alzare le braccia mi fa stare bene. Così come lavorare a fondo anche per Longo Borghini. Alla Vuelta ho tirato tanto per Gaia Realini e il lavoro ha pagato. Mi piace fare fatica per gli altri.

L’incontro con Ilaria Sanguineti si è svolto alla Gran Fondo Squali-Trek
L’incontro con Ilaria Sanguineti si è svolto alla Gran Fondo Squali-Trek
Qual è l’atleta che ti ha colpito di più?

Ce ne sono due che mi hanno colpito e ogni volta, ancora adesso, mi trasmettono qualcosa. Marianne Vos senza dubbio, ma anche Lizzie Deignan. Marianne Vos era una leader da giovane, un’atleta completa sotto ogni aspetto, dalla guida della bici, fino ad arrivare al carisma ed è così anche oggi che non è più una ragazzina. Lizzie Deignan ha uno stile in bici che non ha nessun’altra, è forte e si percepisce la sua leadership dal solo sguardo. Quando sei sulla bici devi essere anche bella da guardare, non solo forte e lei ha fascino. Ha una personalità esagerata e coinvolgente, senza dimenticare che ha avuto due bambini: una grandissima.

Trek Emonda SLR7: grandiosa in salita, una spada in discesa

14.06.2022
6 min
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Il test della Trek Emonda SLR7 2022

Il kit telaio e una parte della componentistica rappresentano una conferma, come una conferma sono le performances di questa bicicletta. Si tratta della Trek Emonda SLR7, quella con il carbonio OCLV800 e con l’allestimento 2022 che prevede la trasmissione Shimano Ultegra Di2 a 12 velocità. Questa bicicletta ha una verniciatura appagante e gratificante, frutto di un’evoluzione della piattaforma custom ProjectOne. La nostra prova ha preso il via alla Granfondo Squali Trek.

Una parte del test durante la Granfondo Squali Trek (foto Sara Carena)
Una parte del test durante la Granfondo Squali Trek (foto Sara Carena)

Emonda SLR, due peculiarità

Prima di tutto è necessario precisare che è il pacchetto completo che fa la differenza. L’allestimento 7 non è il top del listino, anche se questa Emonda è molto più che una bicicletta race ready. Il carbonio e la geometria offrono degli spunti interessanti da argomentare (e da sfruttare una volta su strada). La fibra composita è quella più pregiata, sviluppata e lanciata proprio in occasione dell’ufficializzazione dell’ultima versione della Trek Emonda. Spessori ridottissimi e tubazioni che hanno un design marcatamente aerodinamico, ma al tempo stesso mai eccessivo negli ingombri.

L’impatto estetico nel suo complesso è un misto tra aggressività, eleganza ed efficienza. E poi la geometria H1.5 che, a nostro parere, è il primo fattore da considerare. E’ capace di combinare dei valori di reach e stack contenuti, che si traducono in una bicicletta compatta, ma che permette di sfruttare degli stem corti e non obbliga a coricarsi ed allungarsi sull’orizzontale schiacciandosi verso il basso. Taglia per taglia, anche il piantone adotta delle inclinazioni “giuste”, dando vita ad un compromesso ottimale tra la distribuzione dei pesi del corpo tra piantone e carro posteriore.

L’allestimento

Il frame-kit prevede il telaio e la forcella in carbonio OCLV800, il manubrio integrato e full carbon Bontrager. La zona dello sterzo è un esempio di aerodinamica applicata alle bici leggere e da scalatore, con il limite del blocco laterale, dovuto al passaggio interno delle guaine (il manubrio non ruota completamente, anche se non crea nessuna difficoltà nelle fasi di guida).

E poi il “tradizionale” reggisella RideTuned di Trek. Quest’ultimo adotta una soluzione sempre interessante che ha l’obiettivo di far collimare l’efficacia dell’integrato ad un’infinità di personalizzazioni in altezza. Il piantone è prolungato verso l’alto e c’è una sorta di cover che funge da seat-post (sopra c’è il sistema di blocco per la sella, che è corta ed è una Bontrager Aeolus P2 Elite con rail in acciaio e larghezza da 145 millimetri).

Anche le ruote sono firmate Bontrager, sono della serie Pro37 (tubeless ready) e della famiglia Aeolus. Ci sono le gomme clincher R3, sempre Bontrager e con sezione da 28 millimetri. La trasmissione è Ultegra Di2 a 12 rapporti, con la combinazione 52-36 e 11-30. Davvero bello il colore amethyst della bicicletta test, disponibile a catalogo e che fa parte della piattaforma di customizzazione ProjectOne. Il prezzo di listino è di 8.599 euro.

Le nostre impressioni

Non c’è allestimento che sia in grado di far scendere le quotazioni di questo progetto, che si conferma una bicicletta davvero azzeccata. Anzi, sotto alcuni punti di vista, proprio questo allestimento 7 è il compromesso perfetto, perché il pacchetto è race e con un buon comfort. Parte del merito è da attribuire alle ruote, che non sono rigide, ma sono reattive, sono moderne e permettono di sfruttare differenti configurazioni in fatto di pneumatici.

Ecco che il comfort è il risultato di più fattori che si sovrappongono: la geometria non troppo spinta e che influisce in maniera positiva sulla guidabilità della bicicletta, un peso contenuto (abbiamo rilevato un valore alla bilancia di 7,35 chilogrammi), una bicicletta fluida, scorrevole, facile e veloce.

La sella Bontrager Elite e la zona “tipica” del nodo sella
La sella Bontrager Elite e la zona “tipica” del nodo sella

In discesa è una lama

In salita è con tutta probabilità la migliore di sempre e la nostra considerazione non si riferisce solo a questo allestimento, ma al progetto Trek Emonda. E’ molto sostenuta nella sezione dell’avantreno, aiuta nelle azioni di fuori-sella. Al tempo stesso la parte centrale e il retrotreno non si scompongono, anche quando si cambia ritmo in modo repentino. Quando si pedala da seduto, magari di forza e con lunghi rapporti, il carro posteriore non flette ed è sempre in spinta (ma anche in trazione).

In discesa è uno strumento di precisione, composta, affidabile e stabile (le ruote non sono per nulla nervose ed aiutano). E’ efficiente e permette di “rilassarsi” senza ancorarsi al manubrio. In questa situazione gioca un ruolo molto importante anche il manubrio, con delle quote sfruttabili di profondità e ampiezza.

Linee decise e al tempo stesso armoniche (foto Sara Carena)
Linee decise e al tempo stesso armoniche (foto Sara Carena)

In conclusione

Questa versione della Emonda raggiunge l’apice di un progetto che si è evoluto, modificato ed è stato plasmato nel corso degli anni. In ogni suo step la Trek Emonda è stata capace di proporre qualcosa di funzionale, mai banale e in più occasioni ha anticipato delle soluzioni tecniche che hanno fatto scuola. Ma non è tutto, perché su questa bicicletta sono state mutuate anche delle soluzioni provenienti da altre bici (vedi per esempio l’aerodinamica “quasi” comune alla Madone), adattate al progetto Emonda per essere funzionali e non semplicemente incollate.

Quello che colpisce di più è il fatto che per avere una Emonda super performante non è necessario prendere il modello con l’allestimento migliore: un fattore tutt’altro che secondario, in una categoria di sport e passione dove i prodotti non sono a buon mercato.

Letizia Paternoster, aria di nuovo inizio

31.05.2022
3 min
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L’abbiamo incontrata a Cattolica in occasione della Granfondo Squali Trek, Letizia Paternoster è madrina dell’evento. Bellissima e solare come sempre, una parola e un sorriso per tutti, ma con quella determinazione che fa parte del DNA dei campioni. I problemi legati alla mononucleosi sembrano alle spalle e come ha detto il cittì Sangalli, è ora di ricominciare.

Letizia Paternoster ha 22 anni, corre con la Trek-Segafredo (foto Sara Carena)
Letizia Paternoster ha 22 anni, corre con la Trek-Segafredo (foto Sara Carena)
Dopo l’euforia del 2021 l’anno in corso stenta a partire, cosa è successo?

Un piccolo imprevisto, una cosa che può capitare nella carriera di uno sportivo. Diciamo che fa parte del gioco, cosciente del fatto che ci si deve confrontare con mille imprevisti. Ho avuto la mononucleosi e non me ne sono accorta subito, chiedendo uno sforzo ulteriore al mio fisico. Ho già metabolizzato la cosa e rispetto ad altre occasioni sono riuscita ad affrontare questo passaggio con serenità, cercando di rimanere il più possibile tranquilla, ma senza perdere la grinta.

Riesci a vedere anche il lato positivo in tutto questo?

Per me è comunque un’esperienza e ho imparato qualcosa anche in queste settimane di difficoltà.

Madrina della Granfondo Squali Trek (foto Sara Carena)
Madrina della Granfondo Squali Trek (foto Sara Carena)
Hai voglia di riscatto in questo momento?

Ho tanta voglia di riscatto e sto pensando a quello che arriverà dopo. Ho voglia di fare e di togliermi delle soddisfazioni.

I successi ottenuti nel 2021 e tutto il lavoro fatto negli anni scorsi sono fattori che ti hanno aiutato?

Certamente e soprattutto nel 2021 sono arrivate tante risposte. Mi piace pensare che la vita è come un’onda, che scende e sale in continuazione. L’importante è crederci ed essere determinati anche quando si è nel punto più basso, lavorare ed allenarsi con determinazione, perché i risultati prima o poi arrivano. In un certo senso è anche la mia filosofia di vita. Il 2021 è stata la conferma di tutto quello che è stato fatto negli anni precedenti.

La Paternoster con Filippo Magnani, organizzatore della manifestazione (foto Sara Carena)
La Paternoster con Filippo Magnani, organizzatore della manifestazione (foto Sara Carena)
Hai già ripreso a pedalare?

Si, sono in sella da qualche giorno ed è una sensazione bellissima.

Hai già degli obiettivi per la stagione 2022?

Sto pensando agli europei e ai mondiali su pista, questi sono i due punti fermi. E poi mi piacerebbe ottenere un buon risultato su strada. La voglia di ricominciare, di mettermi in gioco e alla prova è tanta.

Una parentesi divertente con la preparazione della polenta (foto Sara Carena)
Una parentesi divertente con la preparazione della polenta (foto Sara Carena)
Magari una vittoria su strada?

Perché no, è comunque un mio obiettivo.

Il 2022 e il 2023, sono due anni di transizione in vista delle Olimpiadi di Parigi?

Non posso e non voglio nasconderlo, anche le Olimpiadi del 2024 sono un obiettivo e sono cerchiate con un rosso intenso. Ci credo tantissimo.

Nalini e Limar (complice ACSI): che sinergia alla Squali!

26.05.2022
4 min
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In occasione della recente, settima edizione della Gran Fondo Squali Trek, andata in scena domenica 15 maggio lungo le strade attorno a Cattolica e a Gabicce Mare, il brand italiano produttore di caschi per il ciclismo Limar ha presentato ben quattro linee specifiche di caschi. Tutte abbinate ad un rispettivo abbigliamento tecnico, ispirate ai colori e ai gusti degli anni ’60,’70,’80 e ’90. I capi di abbigliamento delle quattro collezioni “limited edition” sono stati firmati da Nalini, e lo stesso evento Gran Fondo ha rappresentato il palcoscenico ideale per annunciare – sotto l’attenta regia di ACSI Ciclismo – la bella partnership fra questi due marchi, entrambi poi presenti al villaggio expo denominato “Shark Arena”.

La regola? Fare squadra…

«Il ciclismo – ha dichiarato Paola Forzina, la responsabile commerciale Italia per Nalini – è uno sport sì individuale, ma credo che le emozioni più belle sia in grado di regalarle quando si fa squadra. E proprio come nello sport, e nel ciclismo in modo particolare, anche nel lavoro occorre fare squadra e creare sinergie… E proprio con questo spirito è nata la bella collaborazione tra noi, ACSI Ciclismo e Limar. Una partnership per condividere non solo comuni obiettivi professionali, ma anche la passione per il proprio lavoro, per questo straordinario sport e per vedere che i risultati che possiamo ottenere facendo squadra sono più appaganti e più incisivi… proprio come avviene sulle due ruote».

Vincenzo Nibali, insieme al team Astana, indossa caschi Limar
Vincenzo Nibali, insieme al team Astana, indossa caschi Limar

«Siamo molto contenti di essere, per il biennio 2022/2023, sponsor tecnico di ACSI Ciclismo e di entrare a far parte di questa fantastica comunità di appassionati – ha commentato Tiziana Santoni, Product and Marketing Manager di Limar – e a tal proposito desidero ringraziare sia la stessa ACSI Ciclismo di Emiliano Borgna quanto la Nalini, che ci hanno accolto come ospiti a questa Gran Fondo offrendoci la possibilità di presentare la nostra nuova collezione Break-ing the Usual. Approfittando di una lunga storia di amicizia, conoscendo la qualità dei loro prodotti ed essendo entrambi sponsor tecnici ACSI Ciclismo, abbiamo chiesto a Nalini di supportarci per la realizzazione delle maglie coordinate ai caschi della nuova collezione: ed il risultato ottenuto è stato davvero speciale».

La regia è di ACSI Ciclismo

Emiliano Borgna, vicepresidente ACSI nazionale e coordinatore di ACSI Ciclismo, è stato personalmente l’artefice di questo fruttuoso incontro tra le due eccellenze produttive italiane Limar e Nalini, entrambe storiche partner di team WorldTour.

«Siamo molto soddisfatti – ha dichiarato Borgna – del risultato ottenuto da questa iniziativa. Mettere insieme e far collaborare due realtà così importanti come Limar e Nalini, in un contesto come quello di Cattolica e Gabicce Mare alla Gran Fondo Squali Trek, è motivo di grande soddisfazione ed orgoglio. Certamente un’operazione da ripetere».

Giovanni Caporali con in mano il casco Limar dedicato agli anni ’90
Giovanni Caporali con in mano il casco Limar dedicato agli anni ’90

La nuova collezione “Break-ing the Usual” di Limar ha poi contato sulla partecipazione diretta di alcuni degli “ambassador” del brand che si sono prestati al via, la domenica in griglia, indossando i nuovi caschi in abbinamento alle maglie fornite da Nalini… così come fatto da Vincenzo Nibali al Giro d’Italia, considerando che il team Astana è proprio fornito dalla stessa azienda lombarda.

Limar

Nalini

ACSI

Michele Pirro, la bicicletta non solo per l’allenamento

18.05.2022
5 min
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Michele Pirro è un pilota della Ducati, collaudatore dal 2013 e uno degli artefici dei successi della rossa. Un collaudatore del suo calibro ha tante responsabilità, coinvolto in tutti quei processi di ricerca e sviluppo delle moto da competizione, che sono il biglietto da visita di un’azienda racing.

Michele Pirro è anche un grande appassionato di bici, qualcosa che va ben oltre il vivere la bicicletta come uno strumento propedeutico al training. Ci siamo fermati con lui allo stand Trek, prima della Granfondo Squali 2022. Per la cronaca: Pirro si è classificato 51° assoluto sul percorso lungo e parteciperà anche alla Nove Colli di Cesenatico.

Assieme a Cassani, alla partenza della Granfondo Squali (foto organizzazione)
Assieme a Cassani, alla partenza della Granfondo Squali (foto organizzazione)
Tanti piloti vanno in bicicletta. Da dove parte la voglia di andare in bici e la passione per i pedali?

Tutto parte da quelle forme e dalle due ruote, un aspetto tecnico da non sottovalutare che in qualche modo avvicina le moto alla bicicletta. In fatto di ergonomia e di equilibrio, la bicicletta può essere paragonata alla moto.

Perché i piloti di motociclismo usano la bicicletta per allenarsi?

Prima di tutto perché non si vanno a stressare le articolazioni, ma è chiaro che poi entrano in gioco tante dinamiche diverse tra loro. Un pilota di motociclismo è soggetto a rotture e fratture, o comunque mette in preventivo che può capitare un incidente. La bicicletta è un allenamento eccellente e un’attività propedeutica ottima, perché ti mette alla prova e non influisce in maniera negativa proprio su articolazioni e apparato schelettrico. Io sono anche appassionato e riesco ad unire l’allenamento al piacere di pedalare, un mix perfetto. Per i piloti è una disciplina cardio molto, molto buona.

Visto sui pedali, Michele Pirro è un agonista vero e proprio (foto Sara Carena)
Visto sui pedali, Michele Pirro è un agonista vero e proprio (foto Sara Carena)
La fatica che ti piace fare sulla bicicletta, ti serve per la moto?

A volte esagero e potrei anche evitare di fare tutta questa fatica sulla bicicletta, però mi piace e mi fa stare bene. Anche in moto si fa fatica, ma è diversa e come tutti gli sport ti porta ad affrontare e confrontarti con il tuo limite. La grossa differenza tra le due discipline è la tempistica nella quale viene gestito lo sforzo. Una competizione di moto ha una durata di 45 minuti, un’ora al massimo. Sono processi diversi che possono convivere.

Tante combinazioni e tante attività, bicicletta, fitness e palestra, per dare il meglio sulla moto. Ti consideri un atleta vero?

Anche nel motociclismo è cambiato molto, anzi, quasi tutto, proprio come accade nella maggior parte degli sport. I piloti di oggi sono dei veri e propri atleti. Non esiste più il pilota che va solo in moto. Il 90% del lavoro si fa a casa e tocca i vari aspetti del training e dell’alimentazione. Si punta molto sull’attività cardio e nel mio caso trova la massima espressione proprio grazie alla bicicletta.

La passione per il mondo dello sport è trasversale (foto Michele Pirro)
La passione per il mondo dello sport è trasversale (foto Michele Pirro)
Quanto tempo dedichi alla bicicletta?

Ho il mio target, cerco di rimanere sui 500/600 chilometri al mese. Quello che riesco a fare in più mi permette di gestire meglio lo sforzo e di recuperare meglio. Comunque c’è molta variabilità, anche in base agli impegni.

L’agonismo e la competizione li metti anche nella bicicletta?

La mentalità competitiva è quella e ti dice che non devi mollare mai, a prescindere dalle cose che fai. Ti fai prendere dall’adrenalina. Poi devi gestire lo sforzo e quella è tutta un’altra storia. Per fare un esempio: l’anno scorso alla Nove Colli, al passaggio sul Barbotto ero nelle prime trenta posizioni, poi sono saltato per aria e ho fatto 100 chilometri con i crampi.

Michele Pirro ci racconta la sua passione per la bici (foto Sara Carena)
Michele Pirro ci racconta la sua passione per la bici (foto Sara Carena)
Ti fai coinvolgere dalla tecnica della bicicletta?

Sì, mi piace e mi stimola. Arrivare dal professionismo in generale ti obbliga ad essere attento ai particolari. Ma sono anche un appassionato e la prima cosa è il gusto estetico. Mi piacciono le forme e le biciclette belle, mi piace il mezzo tecnico e sono cosciente che è la gamba a fare la differenza.

Bicicletta con i dischi, oppure con i freni tradizionali?

La bici fa parte di quei processi di evoluzione che io considero normali. La tecnologia va avanti e a mio parere la frenata con i dischi è un passo avanti soprattutto nei termini della sicurezza. Considero le performances dei freni a disco per la bicicletta maggiormente integrali ed omogenee, un fattore che va ben oltre il marketing. La frenata con i dischi si gestisce meglio, minimizzi le variabili e c’è una minore dispersione dell’effetto frenante. Facendo un parallelo con le moto, più l’impianto e l’azione sono vicini al mozzo, meglio è.

Gran pedalatore, potente e bravo nella guida, il suo gruppo alla granfondo (foto Sara Carena)
Gran pedalatore, potente e bravo nella guida, il suo gruppo alla granfondo (foto Sara Carena)
Sei più da bici aero, oppure tradizionale?

Non riesco a valutare a 360° quale sia la soluzione migliore, servirebbero dei test e degli approfondimenti per valutare l’efficacia. Uso entrambe le versioni, Trek Madone e anche l’Emonda. Posso dire che la Madone mi dà molta sicurezza, soprattutto in discesa.

Con il numero 51 sul casco, il suo numero di battaglia (foto Sara Carena)
Con il numero 51 sul casco, il suo numero di battaglia (foto Sara Carena)
La velocità della moto ti aiuta quando sei sulla bicicletta?

Di sicuro avere confidenza con la velocità è un vantaggio che si riflette in modo positivo anche sulla bicicletta, ma c’è un però. Quando pedalo non mi accorgo della velocità, mi frena il fatto che sono nudo, senza protezioni. Guardo il Garmin e vedo la velocità, non di rado chiudo il gas e rallento.