Cavalli e Martinelli, come vi trovate con Training Peaks?

04.11.2021
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La globalizzazione del ciclismo passa anche dal perfezionismo e dalla cura di tanti aspetti. Cosa c’è dietro alle prestazioni dei corridori? Allenamento, certo, ma come viene sviluppato dall’atleta ed elaborato dai coach? La preparazione migliora grazie a certe applicazioni oppure queste ultime nascono perché lo richiede la preparazione stessa? Sembrano dubbi amletici, di sicuro alla base ci sono dei test, dei valori e tanta voglia di impegnarsi e fare fatica. Ed è così da una chiacchierata con Marta Cavalli e Davide Martinelli – incontrati a Cremona durante il Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti di ciclocross – il discorso vira su Training Peaks. Ovvero una piattaforma utilizzata rispettivamente sia dalla 23enne della Fdj Nouvelle Aquitaine Futuroscope, dal 28enne della Astana-Premiertech e tanti altri corridori sia dai preparatori per impostare al meglio gli allenamenti in funzione delle gare.

Innanzitutto, da quanto tempo usate questa applicazione?

CAVALLI: «Ho iniziato quest’anno, da quando sono andata in Francia a correre. La mia squadra la utilizzava già da un paio di annate. Onestamente prima non la conoscevo anche se ne avevo già sentito parlare». 

MARTINELLI: «Dal 2016, da quando sono passato professionista nella Quick Step. Ed anche in Astana lo usiamo. La metà delle formazioni ce l’ha».

L’interfaccia di Training Peaks viaggi anche su mobile: ecco la situazione di riposo di Davide proprio oggi
L’interfaccia di Training Peaks viaggi anche su mobile: ecco la situazione di riposo di Davide proprio oggi
Ce ne parlate? Come funziona?

CAVALLI: «E’ una piattaforma in cui vengono caricati, come base, tutti i nostri dati e i valori espressi dai test. Successivamente ci carichiamo dentro tutti i dati degli allenamenti. Dopo di che, in base a tutti questi elementi, viene fatta la tabella di allenamento. Ma attenzione, non è mica un programma che elabora tutto magicamente. Manca la componente più importante».

MARTINELLI: «Su Training Peaks si possono caricare anche tutti gli allenamenti salvati in passato anche se, ad esempio, un corridore non lo utlizzava. Si può veramente creare un database, trovare tutto quanto. Si può vedere e capire, prendendo un periodo a caso, se in quel momento il corridore era in forma o meno. E’ eccezionale».

Marta, dicevi che manca una componente. Quella umana, giusto?

CAVALLI: «Esatto, quella del preparatore atletico per essere precisi. E’ lui che, incrociando i dati e considerando il calendario delle gare, compone le tabelle di allenamento. Ovviamente ci vuole un coach che conosca bene la piattaforma, però vedo che ormai tutti la sanno usare». 

MARTINELLI: «Concordo con Marta. Il ruolo del preparatore è chiaramente fondamentale per fare tutto. Ad esempio lavoro da tempo con Mazzoleni (il coach della Astana, ndr), c’è fiducia reciproca e talvolta modifico leggermente io la mia tabella in base a certe situazioni. Questo forse succede con corridori un po’ più esperti e che hanno un rapporto più profondo con i propri allenatori».

In sostanza cosa produce Training Peaks?

CAVALLI: «E’ uno strumento che ottimizza gli allenamenti e i vari periodi di lavoro. Da quelli di carico a quelli di scarico e recupero. Oppure ti evita l’overtraining. C’è un range entro il quale restare per sapere di essere in condizione. Più ci sono bilanciamento ed equilibrio, più sei vicino al picco di forma. Addirittura è possibile avere una stima di come andrai o come starai il giorno della gara. Però bisogna assolutamente dire che non è una piattaforma infallibile».

MARTINELLI: «In pratica lì dentro abbiamo tutte le nostre tabelle. Nel periodo di fondo, in preparazione alle corse, abbiamo il programma di lavoro dei prossimi 15/20 giorni. Mentre durante il periodo delle gare è limitato al massimo alla settimana perché subentrano altre variabile di cui tenere conto. Anche se molto precisa, qualcosa non viene sempre calcolato».

Sulla piattaforma vengono caricate le prestazioni in allenamento per impostare meglio la gara. Qui Cavalli al Giro d’Italia Donne
Sulla piattaforma vengono caricate le prestazioni in allenamento per impostare meglio la gara. Qui Cavalli al Giro d’Italia Donne
Perchè dite che non è infallibile?

CAVALLI: «Beh, non tiene conto delle sensazioni che abbiamo in gara o in allenamento. I dati di Training Peaks sono un ottimo riferimento su cui basare il proprio lavoro, ma alla fine i valori devono essere associati alle nostre sensazioni. Ad esempio quando i miei dati indicano che potrei essere stanca, io solitamente in gara vado bene e poi ancora meglio in quella successiva, specie se ravvicinata. E’ come se avessi bisogno di sbloccare il mio motore, in Francia lo chiamamo “déblocage”. Dobbiamo sì tenere sotto controllo i valori, ma anche ascoltare noi stessi».

MARTINELLI: «Le sensazioni sono quello che devi riferire al tuo preparatore, perché la piattaforma non può capirle o calcolarle. E torniamo al discorso che facevo del rapporto di fiducia che si ha con lui».

E come vi trovate? Si può rischiare di diventarne troppo dipendenti?

CAVALLI: «Mi trovo bene. E’ semplice da usare e non è condizionante negli allenamenti. Anzi, so cosa mi dice il mio corpo e col passare del tempo prendo sempre più le misure a questo modo di allenarsi. Certo, va detto che il ciclismo adesso è sempre più performante, già dalle prime gare sono tutti in formissima e quindi queste metodologie sono all’ordine del giorno.

MARTINELLI: «Benissimo, è uno strumento utile per preparare le gare che hai già fatto in passato, andando a ripescare nel famoso database i valori che avevi in quel periodo. A quel punto puoi ripeterli o modificare in modo o l’altro. Vi dirò che ormai i preparatori preferiscono vedere una ventina di allenamenti caricati, piuttosto che fare il classico test alla soglia che si fa solitamente. Sono più veritieri».

Training Peaks non riesce a leggere nelle sensazioni: per quelle si parla con il preparatore (foto Instagram)
Training Peaks non leggere le sensazioni: per quelle si parla con il preparatore (foto Instagram)
Marta quest’anno sei cresciuta ancora e sei stata tra le più costanti in termini di risultati.  Visto che utilizzi Training Peaks da un anno, quanto e in cosa ti ha cambiato?

CAVALLI: «Mi ha cambiato tanto, soprattutto in termini di gestione dello sforzo o dei periodi di carico e recupero. Ora che so meglio come mi devo allenare, devo curare qualche dettaglio per completare il mio processo di crescita. Ad esempio nel 2022 mi aiuterà a ritrovare un po’ di esplosività».

Davide tu invece che usi Training Peaks da tanto tempo che differenze hai trovato dal primo anno ad oggi?

MARTINELLI: «Direi che negli ultimi anni guardo di più tre aspetti. Le ore settimanali di allenamento. Poi il TSS (training stress score, ndr), ovvero il carico e l’intensità delle ore di allenamento. Chiaramente un’ora tranquilla non è uguale ad un’ora a tutta. E infatti per questo c’è un ulteriore range, che va da 30 a 100, per parametrare l’intensità di queste ore di allenamento. Infine il terzo aspetto è legato alla critical power, che per me è la chiave di tutto. Ossia vedere che wattaggio puoi tenere su determinati periodi di tempo. Da quello puoi capire se sei performante o meno. Ormai il ciclismo viene calcolato tutto in minuti. Una salita non è più di tot chilometri ma di tot minuti. E su quel tempo devi calcolare la tua prestazione in base ai watt. Il watt non mente mai». 

Guerciotti: dopo la gara, il punto della situazione

03.11.2021
6 min
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«Pensate che quando correvo io, partivamo in settanta e solo in 3-4 avevano una bici Guerciotti. A Cremona nella gara junior ho contato 74 partenti e ben 34 avevano una nostra bici. Quasi il cinquanta percento. Ecco, questo per me è motivo di grande soddisfazione».

Parole e musica di Paolo Guerciotti al termine del cerimoniale del Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti di lunedì scorso, disputato per la prima volta al Parco del Po di Cremona. Già, quest’anno l’evento ha lasciato Milano e così l’area verde in riva al grande fiume è diventata la grande novità e contemporaneamente il quarto campo di gara della storia dopo il Parco Lambro, Parco Paini e l’Idroscalo.

Di Tano Mondiali
Vito Di Tano con la maglia iridata marcata Guerciotti. Il pugliese ha vinto il titolo mondiale nel 1979 e 1986
Di Tano Mondiali
Vito Di Tano con la maglia iridata marcata Guerciotti. Il pugliese ha vinto il mondiale nel 1979 e 1986

Parla il padre Paolo

Il tipico clima autunnale, condito da una pioggia divenuta sempre più battente, rende più suggestiva la giornata per chi del ciclocross fa la principale attività lavorativa ed organizzativa. Paolo Guerciotti, col figlio Alessandro poco, si trova a suo agio a parlare della propria gara sotto l’acquazzone, malgrado sia dovuto ricorrere a una protezione di fortuna per ripararsi meglio. 

Paolo fonda l’azienda di famiglia nel 1964 insieme al fratello Italo, partendo da un piccolo negozio di biciclette a Milano. Nel 1975 si allarga in una sede più adatta, incrementa la produzione di bici da corsa e da ciclocross. Due anni dopo nasce il Gs Guerciotti, la squadra ciclocrossistica.

Paolo nel frattempo riesce a partecipare in maglia azzurra al mondiale del 1979 a Saccolongo, nella pianura padovana, vinto da Vito Di Tano. Proprio colui che è stato il simbolo della formazione milanese per 13 stagioni e che l’anno prima aveva conquistato il primo Trofeo Guerciotti. Il resto è storia.

Paolo Guerciotti, come è andata la manifestazione?

Il bilancio è positivo. Aver spostato il Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti a Cremona è stata una prova che abbiamo voluto fare e siamo molto soddisfatti. A Cremona abbiamo trovato gente disponibile in persone come Fulvio Feraboli e Marco Baccin (del Velo Club Cremonese, ndr) che hanno dei bei collaboratori. Per fare tutto questo lavoro hanno iniziato presto, pensate che Vito Di Tano ed un suo collega erano qui già da una settimana per tracciare e fettucciare il percorso. Tutte cose che per un evento come il nostro richiedono esperienza. C’è una bella area parcheggio per camper, perché ormai tutti i corridori si spostano così. Quando correvo io, cinquant’anni fa, mettevamo le bici sopra le auto, mentre ora non le usa quasi più nessuno. Sono organizzati diversamente, quindi giusto pensare anche a questo aspetto della logistica. 

E dal punto di vista della vostra squadra?

Abbiamo fatto un terzo posto con Gaia Realini nella prova femminile e poi la doppietta Dorigoni-Bertolini nella gara più importante (in apertura padre e figlio sono con Dorigoni, ndr). Questo primo e secondo ci volevano perché il giorno prima a Brugherio c’è stata un po’ di confusione a giochi quasi fatti, però sono cose che capitano. Due scivolate ai 200 metri ed è andata come sappiamo tutti. 

Quindi per la gara, appuntamento e testa già al 2022?

Dopo quarantadue gran premi, guardando l’albo d’oro, ho pensato: “Come sono vecchio!”. In realtà sono ben contento e anche mio figlio Alessandro è appassionato, sta facendo un gran lavoro in azienda. Per cui è una soddisfazione personale vedere il nome Guerciotti che va avanti nel tempo, sia con le bici sia con le organizzazioni delle gare. 

Risponde il figlio Alessandro

Alessandro Guerciotti, che dal 2000 è entrato in azienda proprio quando il marchio è sbarcato nuovamente tra i professionisti, completa il bilancio e spiega che a Milano mancava uno staff che potesse aiutarli ad organizzare, cosa che invece hanno trovato a Cremona. Così hanno cambiato scenari…

Un po’ colore e un po’ banda di amici, nel 2016 li guidano Arzuffi e Dorigoni
Un po’ colore e un po’ banda di amici, nel 2016 li guidano Arzuffi e Dorigoni
Per questo vi siete spostati?

Per organizzare gare di alto livello come le nostre serve sempre più avere un pool di sponsor e un gruppo di lavoro importante e imponente, specie attualmente con le normative anticovid che sono molto difficili. Sicuramente abbiamo trovato una location spettacolare. Il percorso è migliore rispetto all’Idroscalo, è più tecnico e in tanti lo hanno paragonato ad alcune corse del Belgio. Il clima tipicamente nordico ha reso tutto più impegnativo.

Tornerete nei prossimi anni?

L’obiettivo è rimanere. Abbiamo trovato un partner ottimo nel Velo Club Cremonese. Poi abbiamo avuto l’appoggio da parte dell’assessorato dello sport del Comune di Cremona che è stato fondamentale per organizzare una corsa di questo livello. Quello di quest’anno è stato un po’ un evento zero, vista la nuova location. Ma abbiamo già ricevuto dei complimenti da parte chi ha provato e corso su questo circuito. In futuro qui potremmo anche organizzare nuovamente un campionato italiano (già successo nel 1998, 2010 e 2019, ndr).

Sei il team manager anche della Selle Italia Guerciotti…

Abbiamo una squadra, la più storica del ciclocross italiano, con elementi importanti come Dorigoni, Bertolini e Realini, che saranno senz’altro protagonisti della stagione sia nazionale che internazionale.

Gaia Realini è la punta di diamante del team per questa stagione
Gaia Realini è la punta di diamante del team per questa stagione
Torniamo un attimo sulla questione Baroni. Vuoi aggiungere qualcosa?

Noi non recriminiamo nulla. Abbiamo fatto le nostre scelte, abbiamo Realini che è la giovane di maggior talento, che potrà portarci grandi risultati, anche internazionali. Francesca ha cambiato squadra. La ringraziamo per quello che ha fatto con noi vincendo due titoli italiani, ma guardiamo avanti.

Visto ciò che è successo, ti senti di dare un messaggio per evitare che in futuro possano verificarsi ancora casi del genere?

Dipende dagli accordi che ci sono tra le squadre. Con il Covid si sono allungate le stagioni su strada, creando quell’accavallamento che in passato non c’era. Noi di problemi non ne abbiamo mai avuti. E’ ovvio che ci debba essere una giusta comunicazione tra le squadra di cross, strada e mountain bike. Con le formazioni dei nostri atleti abbiamo ottime partnership, senza alcun problema. Tuttavia credo che le squadre su strada debbano capire che il ciclocross è importante e propedeutico. Oggi gli esempi di Van Aert, Pidcock e Van der Poel dimostrano che se uno ha talento può vincere da una parte e dall’altra. E che il dialogo è alla base di tutto.