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Rosola: «I corridori li abbiamo, i soldi no»

27.04.2023
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ROMA – Il tempo che Busatto spiegasse il modo in cui lavora alla Intermarché-Wanty-Gobert – con la stagione suddivisa in periodi di carico, corse e recupero – e il pensiero è andato a quello che avrebbe fatto nella General Store-Essegibì in cui ha corso nel 2022. Quando si è saputo che sarebbe andato via, Paolo Rosola non ha fatto salti di gioia. Il tecnico del team veneto, ben consapevole della forza di Francesco, lo avrebbe tenuto volentieri. Ed è proprio da lui che partiamo per capire come mai si vada cantando questo ritornello dei giovani italiani che non saprebbero fare sacrifici e di squadre non all’altezza delle rivali europee.

«Anche qui si programma – dice Rosola fra un giro e l’altro del Gran Premio Liberazione l’anno scorso Busatto stesso ha fatto un mese senza colore per andare ai mondiali, vi ricordate? Con Marino (Amadori, cittì della nazionale U23, ndr) impostammo il discorso. E quando ci chiese la disponibilità di portarlo in ritiro a Sestriere, d’accordo col suo preparatore lo lasciammo andare. Non è vero che non si programma. Solo che la Intermarché ha 18 corridori, noi ne abbiamo 13-14 e fra loro ci sono dei primi anni che fino a giugno pensano alla scuola. Quando loro sono fermi, non posso fermare gli altri. Sono terzi e quarti anni, si devono conquistare la… medaglia per emergere».

Paolo Rosola, 65 anni, è approdato alla General Store Essegibi a giugno 2022
Paolo Rosola, 65 anni, è approdato alla General Store Essegibi a giugno 2022
Così però salta la programmazione che allinea i team europei con le squadre pro’.

E’ vero. Però c’è chi magari è partito ad allenarsi più tardi e adesso ha bisogno di correre. La programmazione va fatta sempre con criterio e con gli elementi che hai.

Quando va bene, qui ci si ferma per andare a Livigno prima del Giro e poi si corre anche tre volte a settimana…

Vero. Sono nel dilettantismo da un anno e devo ancora capire bene. La cosa che secondo me in Italia manca sono i soldi. Noi dirigenti e direttori sportivi italiani non siamo stupidi. Parlo con tutti e abbiamo tutti la stessa linea. Il fatto è che non avendo il budget delle grandi squadre, dobbiamo limitare i ritiri, dobbiamo limitare le trasferte e determinate cose. Però non gli facciamo mancare niente, i ragazzi si devono ricordare anche di questo. Le corse all’estero? Mi sta bene che si vada, ma se non ho soldi, come faccio?

Se si corresse meno, puntando però alla qualità delle corse, si riuscirebbe a risparmiare per andare all’estero?

Probabilmente sì, ma anche quello è un discorso sempre più limitato. E’ raro che si venga a correre così lontano come qui a Roma, normalmente vado a fare le gare del Veneto. Forse è vero che si corre troppo, ma se non si corre non abbiamo la possibilità di farli allenare, perché non abbiamo un budget per tenerli 10-15 giorni negli appartamenti

Alle spalle del tedesco Koch che tira, Diego Ressi della General Store chiuderà il Liberazione all’8° posto
Alle spalle del tedesco Koch che tira, Diego Ressi della General Store chiuderà il Liberazione all’8° posto
Quando eri nei professionisti che idea ti eri fatto dei ragazzini italiani?

Io ho sempre dato un’occhiata al mondo giovanile, soprattutto agli juniores. Il problema è che i corridori hanno parlato fra loro e hanno deciso che per diventare grandi bisogna andare all’estero. Mi può anche stare bene, però all’estero bisogna andarci con criterio. Sono d’accordo che l’attività deve essere programmata, ma allo sponsor delle nostre squadre, quello che ci permette di vivere, devi far vedere qualcosa. Perché se salti una domenica e poi ne salti un’altra, lui viene a chiederti come mai i corridori delle altre squadre invece corrano. E poi c’è un’altra cosa…

Quale?

Sento dire che i corridori italiani non sono considerati dai talent scout che girano le corse per conto delle grandi squadre. Ma dove sono questi talent scout? Dove sono i procuratori che vengono a tutte le corse? E quanti direttori sportivi dei pro’ vedete in giro? Qui abbiamo begli atleti, ma vanno gestiti e per gestirli ci vogliono i soldi. Ho letto il post che ha scritto Rossella Di Leo su Facebook e non dice cose sbagliate. Il guaio è che c’è la caccia a prendere gli juniores per farli passare e questo secondo me è sbagliato. Però…

Però?

Paolo Rosola è anche un genitore e vi dico che ho un figlio allievo. Se vengono a chiedermi di farlo passare quando sarà junior, sbaglio a tenerlo o lo faccio passare? Questo mi mette in difficoltà, ma non capisco perché si spinga in questa maniera per farli passare così presto.

Stefano Leali in azione al Palio del Recioto: classe 2004, è uno degli elementi che secondo Rosola meritano di essere seguiti (photors.it)
Stefano Leali in azione al Recioto: classe 2004, è uno degli elementi che per Rosola meritano di essere seguiti (photors.it)
All’estero le squadre continental nascono al servizio del professionismo, per loro è normale prendere il diciottenne e farlo lavorare solo in ottica passaggio…

Noi abbiamo un’altra tradizione, ma è vero che ci sono squadre juniores, anche grandi, che se ne fregano dei corridori e della loro formazione. Gli interessa vincere e contare le vittorie. Guardiamo anche questo. E poi guardiamo i rapporti con gli organizzatori.

Sotto quale aspetto?

Si fa fatica a fermare i corridori migliori, perché se chiami l’organizzatore e gli dici che non li porti, quello si offende e l’anno dopo non ti invita più. E già adesso, nelle gare internazionali i nostri non vengono messi alla pari degli altri. A noi ormai non pagano neanche più le spese dalla corsa. Gli stranieri arrivano un giorno prima, gli pagano l’albergo e il ristorante. Noi dobbiamo svegliare i ragazzi alle 5 del mattino, fargli mangiare la pasta e poi viaggiare per andare a correre. Non si compete alla pari quando è così.

Problemi ce ne sono, ma ci stiamo allontanando dal tema.

La programmazione è quella che fanno i professionisti e anche noi dobbiamo adattarci. Se ci sono i soldi, lo puoi fare. Se non ci sono i soldi, non lo puoi fare. Se ci sono in giro gli sponsor che vogliono vincere la corsa del paese, dobbiamo farci i conti. Io sono in una società che mi viene dietro e possiamo programmare. Solo che dobbiamo trovare i corridori giusti da far crescere. E mentre crescono e beccano qualche legnata, devo sostenerli e dirgli di non preoccuparsi, che ci sarà tempo.

Al Giro di Sicilia, Bergagna in salita accanto a Belleri: entrambi corridori continental. Rosola rivendica il calendario del suo team
Al Giro di Sicilia, Bergagna in salita accanto a Belleri: entrambi corridori continental
Busatto non aveva mai vinto, neanche da giovanissimo…

Ma aveva un obiettivo, lo ha sempre avuto. Alla fine ha capito quale fosse la via migliore e la scelta è stata giusta. Non ce l’ho con lui, ci mancherebbe, ma se fosse stato qui, anche noi avremmo potuto prenderci qualche soddisfazione.

Però magari non avrebbe fatto la Liegi…

Di certo non l’avrebbe fatta perché non ci avrebbero invitato, ma sicuramente avrebbe vinto altre corse. Abbiamo un bel calendario, anche abbastanza impegnativo. Siamo andati alla Coppi e Bartali e poi in Sicilia. Dovevamo andare in Serbia, ma abbiamo rinunciato perché non abbiamo corridori che stiano bene. Avremo altre due corse a tappe fra agosto e settembre, ma servono corridori giusti.

C’era il rischio che avendo Busatto, lo avreste spremuto puntando solo su di lui?

Non credo che lo avremmo spremuto e sono certo che si sarebbe preso delle soddisfazioni. Forse grazie a lui avremmo avuto la possibilità di trovare degli altri sponsor. In Italia l’andazzo è questo. C’è da lavorare su questi ragazzi e con la società, lavorare su tutto il mondo, però non vengano a dirmi mai più che i nostri ragazzi non fanno sacrifici.

Silvia Persico, la convinzione cresce e i risultati arrivano

29.04.2022
5 min
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E’ una stakanovista del pedale. Il suo livello prestazionale lo ha forgiato nel fango del ciclocross e poi lo ha confermato su strada. Silvia Persico ha raggiunto una nuova dimensione. Se sei mesi fa qualcuno poteva pensare ad una sorpresa, ora si può tranquillamente parlare di lei come di una certezza. E l’atleta della Valcar Travel&Service lo ha dimostrato anche il 25 aprile a Roma nel Gran Premio Liberazione Women dopo quattro top ten centrate nelle classiche italiane e belghe.

La 24enne di Cene sul traguardo di Viale delle Terme di Caracalla ha vinto la sua sesta gara su strada, la prima internazionale (le altre cinque erano “open”), figlia dell’ottimo inverno in cui nel ciclocross aveva conquistato Trofeo Guerciotti, campionato italiano e medaglia di bronzo ai mondiali.

Sul podio, Chiara Consonni, Silvia Persico e Maria Giulia Confalonieri (foto Bit&Led)
Sul podio, Chiara Consonni, Silvia Persico e Maria Giulia Confalonieri (foto Bit&Led)

La corsa romana è stata l’occasione per avvicinare la Persico – che poi è rimasta a fare il tifo per suo fratello Davide nella gara degli U23, anche se è rimasto coinvolto in una caduta senza conseguenze – e fare un mini bilancio con uno sguardo sul futuro.

Silvia come sta andando questa stagione tra ciclocross e strada?

E’ stata una stagione molto positiva già dal ciclocross. Ho capito che avevo quel qualcosa in più. Dovevo solo credere di più nei miei mezzi. Gli altri anni ero condizionata dal fatto che dovevo lavorare per le altre. Quest’anno ho un po’ più di libertà. In Belgio, anche nelle gare più importanti, me la sono potuta giocare. Sono molto soddisfatta della mia prima parte di stagione, ho ottenuto risultati molto positivi e spero di continuare così.

Qual è stata la svolta per passare da donna squadra ad essere una delle punte?

Se ne sono andate Elisa e Vittoria (rispettivamente Balsamo e Guazzini, ndr) e così ci stiamo dividendo i compiti con Chiara ed Eleonora (Consonni e Gasparrini, ndr). Al momento ce la stiamo gestendo bene. Non so cosa sia cambiato nella mia testa, ma mi sento molto più sicura di me stessa. So che ho delle buone capacità e me le voglio giocare al meglio.

Le tue vere caratteristiche quali sono?

Nell’ultimo anno sono migliorata in salita ed ora tengo di più su quelle medio-corte. Grazie al ciclocross guido bene la bici. Sono piuttosto veloce e in un gruppo ristretto posso dire la mia anche se mi manca ancora qualcosa per essere più competitiva. Per fortuna però che in squadra siamo ben coperte negli sprint, perché se fosse per me non vinceremmo nemmeno una volata (ride, ndr).

Che effetto ti ha fatto vincere il Liberazione?

Sento di aver fatto un ulteriore upgrade negli ultimi 3-4 mesi. Il successo di Roma dimostra che ci sono, spero che continui così la stagione perché finora è andato tutto bene.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi e programmi?

Sicuramente vorrei vincere una gara internazionale su strada fuori dall’Italia (nel 2017 ne vinse una open in Olanda, ndr). Poi vorrei centrare qualche risultato al Ceratizit Festival Elsy Jacobs in Lussemburgo (gara a tappe dal 29 aprile all’1 maggio, ndr), al Gp Eco-Struct in Belgio il 7 maggio e alla Vuelta a Burgos dal 19 al 21 maggio. Farò un periodo di pausa ai primi di giugno, poi dovrei fare un po’ di altura per preparare il Tour de France Femmes dove punterò a qualche tappa. Quindi niente Giro Donne.

E con la nazionale?

Indossare la maglia azzurra è sempre una grande emozione. L’ho già fatto col ciclocross, ma non sono mai stata convocata su strada e mi piacerebbe farlo. Credo di meritarlo però comunque continuerò a dimostrarlo. Sinceramente non conosco bene i percorsi delle varie competizioni internazionali, ma magari ai Giochi del Mediterraneo potrei esserci.

Persico ha chiuso 7a alla Freccia del Brabante e 9a alla Gand-Wevelgem
Persico ha chiuso settima alla Freccia del Brabante e 9a alla Gand-Wevelgem
A livello mentale come gestisci la doppia attività ciclocross-strada?

Praticamente è un ciclo continuo (sorride, ndr) ma per adesso bene. A febbraio ho fatto dieci giorni di stop che mi hanno aiutato tantissimo. Mi hanno rigenerato, l’ho sentito subito quando ho ricominciato. Ora però ogni tanto avverto che mi serve un po’ di recupero psicofisico. Credo sia fondamentale.

Se a fine stagione arrivasse una chiamata di una WorldTour…

Sicuramente questo è un anno importante. Il ciclismo femminile si sta sempre più evolvendo ma non saprei rispondere adesso. Ci penserò quando sarà il momento. Senz’altro non smetterò mai di ringraziare la Valcar se sono arrivata fino a qua.

La Palazzago di Tiralongo, bandiera del Sud e dei giovani

27.04.2022
5 min
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Ai piedi del palco del Gran Premio Liberazione di Roma, qualche minuto prima che la corsa partisse, Paolo Tiralongo si aggirava incuriosito in sella a una bicicletta bianca. Qualche minuto prima avevamo incrociato anche Leonardo Giordani, suo compagno nei dilettanti e poi alla Fassa Bortolo, che incontrando Olivano Locatelli, suo diesse dei primi tempi, gli aveva chiesto come mai non lo avesse mai portato alla corsa romana. Essendo lui di Roma. E Locatelli gli aveva risposto di non aver mai voluto rischiare che rimanesse coinvolto in qualche caduta. Stessa cosa per lo scalatore siciliano, che infatti ammetteva di essere sulle porte di un insolito debutto.

Il debutto 2022 è avvenuto come da tradizione alla Coppa San Geo (foto Facebook)
Il debutto 2022 è avvenuto come da tradizione alla Coppa San Geo (foto Facebook)

Palazzago di giovani

Classe 1977, professionista dal 2000 al 2017, tre tappe vinte al Giro e poi preparatore e diesse di Aru fino al 2020, dallo scorso anno Paolo guida il Team Palazzago in cui crebbe da under 23 prima di spiccare il volo. Erano certamente altri tempi, la squadra aveva altre ambizioni, mentre oggi è ripartita da un gruppo molto giovane.

«Ragazzi giovani – precisa Tiralongo – tutti o buona parte del Sud Italia. Primi e secondi anni, abbiamo soltanto un quarto anno e un elite. Un quarto anno che è un ragazzo marocchino: vive in una comunità e ha fatto un cammino un po’ particolare. Mi ha ispirato fiducia, l’ho preso e ha fatto solo poche corse, perché adesso è fermo con la broncopolmonite.

Il Team Palazzago al foglio firma della Milano-Busseto. Da sinistra D’Aniello, Tebaldi, Carrer, Manenti e Aliano (foto Facebook)
Palazzago alla Milano-Busseto. Da sinistra D’Aniello, Tebaldi, Carrer, Manenti e Aliano (foto Facebook)
Come mai questa scelta di ripartire da ragazzi del Sud?

Perché in tanti mi chiamano. Principalmente primi anni cui non danno la possibilità di andare avanti e magari tra questi, chissà, potrebbe esserci un nuovo Nibali o un buon corridore. Non è giusto che tutti questi ragazzi vengano portati alla categoria juniores e poi lasciati senza un futuro. Bisogna dargli la possibilità di provarci davvero.

Per una squadra così fortemente bergamasca è una scelta nuova.

Io penso che quando parliamo di ciclismo, non si debba pensare al bergamasco o al siciliano. Siamo tutti uguali e se si vanno a prendere i corridori stranieri, nel 2022 bisogna ancora farsi problemi a prendere ragazzi del Sud?

Il 20 febbraio, durante il ritiro di Sorrento, la visita graditissima di Fabio Aru (foto Facebook)
Il 20 febbraio, durante il ritiro di Sorrento, la visita graditissima di Fabio Aru (foto Facebook)
Secondo Scinto, i corridori giovani sono gli unici ormai ad ascoltare il direttore sportivo.

Un direttore sportivo dovrebbe avere qualcosa da insegnare e i ragazzi hanno certamente qualcosa da imparare. Devono anche imparare ad ascoltare. Non sempre si possono indovinare le cose, ma l’esperienza non manca e chi ascolta va avanti. Quelli che fanno di testa loro, non imparano dagli sbagli e alla fine si perdono per strada.

Abbiamo visto una foto di Aru in ritiro con voi.

A Fabio mi lega per prima cosa una grandissima amicizia, che c’è stata dall’inizio alla fine. Lui ha seguito il suo cammino, ognuno di noi ha deciso e fatto la sua carriera, ma l’amicizia è superiore a tutto questo.

Il direttore sportivo insegna, i ragazzi devono imparare ad ascoltare. Qui Tiralongo alla Milano-Busseto (foto Facebook)
Il direttore sportivo insegna, i ragazzi devono imparare ad ascoltare (foto Facebook)
E Tiralongo a che punto è della sua carriera?

Per me è una passione che cerco di trasmettere ai ragazzi più giovani, perché mi piace lavorare con loro. E magari chissà, in un futuro troverò un campioncino. Però bisogna pazientare e metterci sempre la passione.

Pazienza, la parola magica…

Non ce l’hanno in molti. Si passa troppo presto, ma io ci sono stato tanti anni di là, ormai è difficile anche stare in gruppo. Penso a Romano. E’ passato a 21 anni (alla Bardiani, ndr) e Dio sa quante volte gli abbiamo suggerito di aspettare. Non è andato bene ed è tornato con noi. Ha vinto quattro corse, s’è piazzato per 16 volte nei dieci, ma non lo hanno più voluto e alla fine ha smesso. Ne è valsa la pena?

Nel 2021 Romano, tornato alla Palazzago ha vinto 4 corse (qui una tappa al Giro di Romagna), ma non è riuscito a passare di nuovo
Nel 2021 Romano, tornato alla Palazzago ha vinto 4 corse, ma non è riuscito a passare di nuovo
Di cosa hanno bisogno i ragazzi del Sud rispetto al Tiralongo dei primi tempi?

Sicuramente di assistenza e gare, perché al Sud di gare non se ne fanno. Hanno bisogno di ritiri. Hanno bisogno delle montagne, perché in Puglia montagne vere non ci sono e io ho dei pugliesi che per allenarsi vanno a Matera o sul Gargano. E hanno bisogno di persone che creino un movimento anche al Sud, perché giù si possono fare tutte le gare che vogliamo. Si va a correre in Olanda, in Belgio, in Germania e in Francia e non si viene a correre al Sud?

Li tieni in ritiro a Bergamo?

Li tengo in ritiro. Ho anche l’appoggio di un grandissimo amico a Sorrento e andiamo spesso al suo Hotel Residence Le Terrazze, così ho modo di raggrupparli tutti. E poi abbiamo un ritiro fisso a Bergamo, grazie al presidente Ezio Tironi, colonna portante del Team Palazzago, che ci sostiene da sempre.

Pietro Aliano in azione alla Milano-Busseto (foto Facebook)
Pietro Aliano in azione alla Milano-Busseto (foto Facebook)
Ragazzi giovani significa che vanno ancora a scuola?

Esatto. E io sono uno che dà priorità alla scuola, perché è giusto che maturino bene. Adesso è obbligatoria fino a 16 anni, ai miei tempi era diverso. Perciò prima la scuola e poi da giugno fino a ottobre, se hai la testa puoi fare il corridore al 100 per cento. E se hai i mezzi puoi venire fuori.

Il Liberazione in testa, Persico punta forte sul professionismo

09.04.2022
4 min
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In questi giorni di corse al Nord nella neve per il Team Colpack-Ballan, Davide Persico sta a casa e segue i suoi compagni tramite i social, benedicendo la fortuna di fare il programma italiano. Per il bergamasco classe 2001 di Cene in Val Seriana, la stagione si è aperta con una vittoria (in apertura l’arrivo alla Milano-Busseto, foto Scanferla) e un paio di podi interessanti. L’obiettivo del 2022 è abbastanza chiaro da poterlo scolpire sulla pietra: passare professionista, le alternative saranno considerate semmai dopo.

«E’ l’anno decisivo – conferma ridendo – passo o passo. Potrei fare la quarta stagione da U23, ma a questo punto la motivazione è giocarmi le mie carte al meglio. Sono arrivato terzo alla San Geo e alla Youngster Coast Challenge in Belgio. Peccato perché alla Gand non c’è stato nessuno per tirarmi la volata e sono rimasto incastrato nel gruppo. Però la condizione c’è, visto che poi ho vinto la Milano-Busseto. Perciò ora Vicenza-Bionde e via andare…».

Il 2022 per Davide Persico è il terzo anno al Team Colpack-Ballan
Il 2022 per Davide Persico è il terzo anno al Team Colpack-Ballan
Dove ti giocherai le tue chance di passare?

Non c’è chiaramente una sola corsa, ma sicuramente lo scorso anno mi è piaciuto molto il Gran Premio Liberazione. A Roma voglio fare bene dopo aver aiutato a vincere Gazzoli. Ho fatto un inverno di allenamenti più incisivi seguito da Fusi, Mazzoleni e anche Giovine che è arrivato quest’anno.

Procuratore o fai da te?

Procuratore, sono con Fabio Perego. Ma va anche detto che la squadra ha dei buoni rapporti con alcuni team dei pro’, vediamo come va la stagione. E dopo il Liberazione, la vetrina maggiore sarà il Giro d’Italia U23.

Anche tua sorella Silvia è partita forte, andate d’accordo oppure vi tirate il collo ogni volta che potete?

Siamo bravi (ride, ndr). Le poche volte che ci incrociamo a casa, lei mi dà i suoi consigli, ma ci vediamo davvero poco. D’inverno è stata fuori con il cross e adesso è a correre su strada fra Belgio e Olanda.

Ecco i cinque fratelli Persico: a un certo punto correvano tutti in bicicletta
Ecco i cinque fratelli Persico: a un certo punto correvano tutti in bicicletta
Sono passati Baroncini e Gazzoli, Martinelli e Verre: adesso tocca a te portare il peso della squadra?

Già l’anno scorso ho avuto i miei spazi, ma è chiaro che essendo andati via i vecchi, quest’anno facciano maggiore affidamento su di me e Nicolas Gomez. Lo schema della squadra è sempre lo stesso e funziona: provare a farci passare dopo il terzo anno. Per cui nel 2022 tocca a me.

Tre preparatori e altrettanti direttori sportivi, come ti trovi?

Lavoro bene con tutti, perché si capisce che sono una famiglia e in effetti lo sono davvero. Con Valoti sono più a contatto, perché ci segue di più anche in allenamento. Mentre per la preparazione Fusi è un ottimo appoggio. Non si tira indietro se c’è da fare dietro moto e si capisce che ne sa tanto. Mazzoleni fa le tabelle, lui è più operativo. E quando ogni tanto tira fuori qualche storia di quando era cittì degli U23 e poi dei professionisti, è bello starlo ad ascoltare. E’ davvero una persona molto valida.

Persico è molto veloce, vince le volate di gruppo, ma non è affatto pesante (foto AT Photography)
Persico è molto veloce, vince le volate di gruppo, ma non è affatto pesante (foto AT Photography)
Parliamo di preparazione allora: cambiato qualcosa?

Sono in linea con lo scorso anno, anche se abbiamo lavorato un po’ per la salita. Ormai le corse sono dure e le volate bisogna arrivare a farle. E’ anche vero però che bisogna starci attenti, perché è un attimo perdere troppo peso e anche l’esplosività che serve per sprintare.

Quando metterai il naso tra i pro’?

Probabilmente alla Adriatica Ionica Race, non al Giro di Sicilia perché quest’anno non siamo stati invitati. Correre con i pro’ dà una grande condizione se ci arrivi in crescendo. Se invece sei mezzo e mezzo, allora ti fai male. Perciò se riuscirò a correre senza tirarmi troppo il collo, potrei arrivare bene al Giro d’Italia. Ma è un’arma a doppio taglio…

Lo scorso anno alla Adriatica Ionica Race, dopo il 2° posto nella prima tappa, la maglia dei giovani (foto Scanferla)
Lo scorso anno alla Adriatica Ionica Race, dopo il 2° posto nella prima tappa, la maglia dei giovani (foto Scanferla)
In che senso?

Nel senso che sarebbe bello anche farsi vedere. Due anni fa alla Coppi e Bartali feci un quinto posto ed ero di primo anno. L’anno scorso feci un secondo alla Adriatica Ionica Race e so che alcune squadre si sono interessate. Io devo passare. E in un modo o nell’altro ci dovrò riuscire…

Belletta Liberazione 2021

Belletta, quel Liberazione rabbioso dedicato a Silvia

30.04.2021
4 min
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Se fosse una canzone, Dario Igor Belletta sarebbe la hit del momento. Il diciassettenne del GB Junior Team – che frequenta la quarta al liceo scientifico Donato Bramante a Magenta – ha iniziato la stagione suonando quattro sinfonie (in meno di un mese) nelle prime sette gare disputate: vittorie ad Ancarano il 28 marzo, alla Coppa Dondeo a Cremona per Pasquetta, nella Novara-Suno l’11 aprile e nel Gp Liberazione a Roma pochi giorni fa, quest’ultima con una dedica particolare. E a gioire di questi successi, oltre alla sua famiglia, è il suo team manager ed allenatore Gianluca Bortolami

«Lo abbiamo preso – spiega l’eroe del Fiandre 2001 – dalla S.C. Busto Garolfo e lo tenevamo un po’ sotto osservazione perché nel 2016 avevamo già avuto suo fratello Pier Elis, più vecchio di cinque anni e che ora corre tra gli U23 nella Named-Uptivo. Da allora siamo rimasti in contatto con la famiglia, che si fida di noi e così siamo riusciti ad assicurarcelo anche se aveva tante richieste da altre formazioni».

In ritiro con la nazionale di De Candido a metà aprile (foto Instagram)
In ritiro con la nazionale di De Candido a metà aprile (foto Instagram)

Se Bortolami si gode il ragazzo di Arluno, lo stesso Belletta sembra lusingato e sorpreso dalle parole del suo dirigente e dalle attenzioni che gli vengono rivolte dagli addetti ai lavori. A parlargli però sembra di avere di fronte una persona più grande.

Dario, eravamo rimasti in sospeso con quella esultanza del Liberazione: mani in alto ed indici puntati verso il cielo. Quel gesto era per Silvia Piccini (la diciassettenne morta investita in allenamento il 22 aprile scorso, ndr)?

Sì, la vittoria l’ho dedicata a lei, che era praticamente una mia coetanea e che è stata uccisa mentre faceva quello che più le piaceva. E’ stato doveroso dedicargliela perché un minuto di silenzio era troppo poco.

Immaginiamo che ti abbia molto scosso questa disgrazia.

Assolutamente, è stato un brutto colpo, una vera ingiustizia. E’ morta che stava facendo quello che amava di più. E’ toccato a lei ma poteva capitare ad ognuno di noi. E non possiamo andare avanti così.

Secondo te cosa bisognerebbe fare in più?

Non saprei cosa dovremmo fare di diverso. Va cambiata la cultura e la mentalità italiana del guidatore di un mezzo verso il ciclista, bisognerebbe guardare davvero al Nord Europa dove ci sono tante piste ciclabili e le biciclette hanno la precedenza sulle maggiori strade. Ecco, forse noi giovani potremmo impegnarci sui social facendo qualche post superficiale in meno e cercando di sensibilizzare di più la popolazione ad avere più rispetto per noi. Ma sappiamo che è molto difficile.

Dario cambiamo argomento cercando di riportarti un po’ il sorriso. A chi ti ispiri?

Attualmente, forse perché fisicamente somiglio a lui, adoro Van Aert perché quando si attacca il numero lo fa per essere competitivo su ogni terreno, anche quello meno adatto a lui senza aver paura di saltare o non fare risultato. Un corridore così fa tanto bene al ciclismo. E come lui apprezzo anche Van der Poel.

E’ vero che ti svegliavi all’alba e ti allenavi di nascosto?

Ma no (ride, ndr), non era di nascosto. Uscivo ad orari inconsueti quando sapevo che avrei avuto la giornata scolastica piena, però non mi è mai pesato e per me era normale. Credo che in tanti abbiano o avrebbero fatto come me.

L’argento allo European Youth Festival 2019, scrive su Intagram, è meglio della pasta dell’Azerbaijan
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Dato il tuo impegno com’è il rapporto a scuola con compagni e professori? Cosa ti hanno detto dopo queste quattro vittorie?

Tutti si sono complimentati con me e penso che la prossima vittoria la dovrò dedicare ai miei insegnanti, perché sono comprensivi e disponibili per aiutarmi e farmi recuperare le lezioni che perdo. Così come i miei compagni che sono i miei primi tifosi e talvolta si offrono di farmi i compiti. Li ringrazio ma declino sempre.

E invece com’è il rapporto con i tuoi compagni di squadra? Sei pronto a metterti al loro servizio?

Assolutamente sì, nel momento in cui mi dovessi accorgere che uno di loro sta meglio di me, mi metterei subito a lavorare per lui. E quest’anno è già capitato. Inoltre penso che non sia mai un bene che vinca sempre solo un corridore. L’unione fa la forza e se più corridori del GB Junior Team vincono, più timore può fare la squadra in ogni corsa cui partecipa.

Gp Liberazione in archivio e già Terenzi pensa al 2022

28.04.2021
5 min
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Claudio Terenzi sperava di tirare un po’ il fiato, invece già da lunedì si è ritrovato mani e piedi in un giardino da finire in tempi stretti. L’organizzatore del Gran Premio della Liberazione ha un’azienda di gardening che gli dà da mangiare, mentre per il resto del tempo manda avanti la sua squadra e organizza Gran Fondo. La corsa si è svolta appena tre giorni fa (in apertura il minuto di silenzio al via della prova juniores per ricordare Silvia Piccini: Terenzi con la giacca blu è accanto al presidente Fci Dagnoni) ed è già tempo di pensare al futuro. La telefonata di buon mattino interrompe il lavoro, ma durerà il tempo di tracciare un bilancio del 25 aprile appena trascorso e di proiettarci sul prossimo.

Il Giro 2020 è stato nella loro base, ora le Frecce Tricolori ricambiano la visita
Il Giro 2020 è stato nella loro base, ora le Frecce Tricolori ricambiano la visita

«Non mi aspettavo tanti riscontri positivi – dice – che fanno piacere. Significa che abbiamo lavorato bene e magari che in un momento di poche gare, organizzarne tre sia stato un bel segnale per il movimento. Ho avuto riscontri positivi dal presidente Dagnoni, da Roma Capitale, dalla Regione Lazio, dal Coni. Si dice che nessuno è profeta in patria, ma le realtà romane sono state generose di consigli. Se penso a come siamo partiti, dico che siamo stati bravi».

Ecco, appunto… Come siete partiti?

Fino al 6 gennaio, non c’era nessun Gran Premio della Liberazione. Invece proprio quel giorno si è sbloccata la trattativa con Andrea Novelli e la Primavera Ciclistica, ma era già tardi. Franco Costantino, che del Liberazione è stato per anni la mente e anche il braccio, mi disse di fare l’annuncio e pensare al 2022. Ma io ho il brutto difetto di voler fare le cose che annuncio e così siamo partiti.

Dario Acquaroli (Merida) e Vettorel (ex ct azzurro del cross) , tra ricordi di mondiali di Mtb e progetti futuri
Acquaroli (Merida) e Vettorel (ex ct del cross) , tra ricordi e progetti futuri
Dalle Gran Fondo a una classica su strada: c’è tanta differenza?

Era uno dei grossi punti interrogativi, ma devo dire che l’esperienza delle Gran Fondo è stata un’ottima palestra, che mi ha aiutato tanto. Dopo anni a trattare con i 10-11 Comuni attraversati da una Gran Fondo, doversi interfacciare con il solo Comune di Roma per il circuito del Liberazione è stato per certi versi più semplice, ammesso si possa definire semplice parlare con il Comune di Roma. La fortuna è stata avere con me persone validissime, alcune che conoscevo da tempo e altre che sono arrivate e sono state decisive proprio per i rapporti con le Autorità.

Gazzoli e il suo tecnico Di Leo, sul podio della gara U23
Gazzoli e il suo tecnico Di Leo, sul podio della gara U23
Come è andata invece nel rapporto con le squadre? Con loro certo avevi meno punti di contatto…

Ti confronti con realtà diverse e devo dire che un po’ di timore inizialmente c’era, perché parliamo di società che fanno attività di altissimo livello. Invece ho visto molta disponibilità ad ascoltarci, hanno dato consigli e soprattutto erano tutti contenti di ritrovare una realtà come il Gran Premio della Liberazione.

La sponsorizzazione di Merida arriva dalle organizzazioni precedenti?

Esatto e sono stato molto contento di avere Dario Acquaroli a Roma. Andrò presto da loro per approfondire qualche discorso e anche per parlare della squadra di ciclocross. Non escludo di avere il loro nome sulla maglia per il prossimo anno.

Fra gli juniores, vittoria di Belletta su Svrcek e Florian
Fra gli juniores, vittoria di Belletta su Svrcek e Florian
Quest’anno siete partiti il 7 gennaio, quando nascerà il Liberazione del 2022?

Domani. Non un giorno a caso, proprio domani, giovedì. Ho lasciato ai miei collaboratori tre giorni per riordinare le idee, ma domani faremo una verifica a caldo di quello che è andato e quello che non ha funzionato. In più il prossimo anno vorrei inserire qualche novità.

Di cosa si tratta?

Visto che il 25 aprile sarà di lunedì, mi piacerebbe ragionare di una tre giorni, anche in modo di non ingolfare il giorno del Liberazione. Voglio assolutamente riportare a casa la prova delle donne e d’accordo con Mario Valentini, mi piacerebbe avere una gara di handbike. L’idea è di allestire un villaggio all’interno dello stadio Nando Martellini in cui far svolgere la vita in quei tre giorni. Riprendere l’attività nelle scuole con un progetto solidale e premiazioni il 25 aprile. E aggiungere qualcosa che possa allargare l’orizzonte a chi non viene dal ciclismo e si chiede perché entrarci.

Fra gli allievi Simone Gualdi ha battuto Brunori e Bonino
Fra gli allievi Simone Gualdi ha battuto Brunori e Bonino
Sembra che sia uscito dal weekend con un buon sapore in bocca…

Ottimo, ci sono piccole sbavature da correggere, ma già mi mancano quei giorni in ufficio a fare programmi e progetti. Lasciatemi il tempo di finire questo giardino e poi si ricomincia.

Gazzoli vince il Liberazione e lo dedica a Silvia Piccini

25.04.2021
6 min
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«Sono entrato secondo in curva – racconta Gazzoli che ha appena vinto il Gran Premio della Liberazione – era una volata lunga. Mi sono messo a ruota di un corridore molto forte: Puppio. Per me è stata proprio l’entrata perfetta e sicuramente anche la pista mi ha dato una mano, perché mi ha dato la freddezza di far partire un altro corridore prima di me, in modo da accorciarmi la volata. L’ho preso come punto d’appoggio ed è stata la volata che sogni dalla sera prima. Sinceramente nei giri precedenti non ci ho pensato, per non fasciarmi troppo la testa. Non ho mai guardato neppure l’entrata in curva, anzi… l’ho sempre sbagliata! Il piano poteva essere che i compagni mi tirassero la volata, ma li devo ringraziare per tutta la fatica che hanno dovuto fare prima. Non è semplice fare un lavoro del genere negli under 23. Abbiamo un morale che è sopra alle stelle». 

Il Team Colpack, tirato da Gidas Umbri, ha controllato tutto il giorno
Il Team Colpack ha controllato tutto il giorno

Due presidenti

Alla fine del rettilineo di arrivo, Gazzoli parla accanto a Giuseppe Di Leo, direttore sportivo del Team Colpack-Ballan. Poi di colpo Michele si sposta e va verso il centro della strada, dove sono appena arrivati Persico e Boscaro.

«Questa è per voi, ragazzi – dice – la devo a voi ed è per voi. Grazie!».

Si abbracciano e si scambiano pacche che parlano di un viaggio finito bene e di un’intesa forte. Alla festa manca Gidas Umbri, che ha tirato come un martello per più di due giri, quando davanti c’era la fuga e bisognava tenerla a tiro.

Per Persico e Boscaro appena arrivati, l’abbraccio di Gazzoli
Per Persico e Boscaro appena arrivati, l’abbraccio di Gazzoli

Roma ha accolto la corsa con una giornata finalmente primaverile. Nella zona del traguardo, mentre i corridori si rincorrevano, si sono visti il neo presidente Dagnoni e poco distante anche l’ex Di Rocco. C’era De Candido, cittì degli juniores, venuto a seguire i più giovani. E c’era Fausto Scotti, tecnico del cross, che con la sua società sportiva ha organizzato il Liberazione degli allievi, ultima prova di giornata.

Tutti per uno

Il Liberazione è tornato dopo due anni di buco: il primo per l’impossibilità degli organizzatori di metterla in strada, il secondo per il Covid. La concomitanza sfortunata ha voluto che un bel numero di corridori fosse al Giro della Romagna di ExtraGiro: questo fornisca uno spunto a chi compone i calendari.

Per la Iseo Rime Carnovali il 12° posto con D’Amato
Per la Iseo Rime Carnovali il 12° posto con D’Amato

Fughe ci sono state, su tutte quella del giovane Vinokourov con la maglia del Principato di Monaco, ma prima la Israel Cycling Academy e poi il Team Colpack hanno messo i fuggitivi nel mirino e non c’è più stato spazio per nessuno. Volata doveva essere, volata è stata.

«E’ andata come volevamo – dice Di Leo, tecnico della Colpack – siamo partiti per Gazzoli, perché è quello che stava meglio. Si è assunto le sue responsabilità. Abbiamo dovuto lavorare tanto, chiudendo ovunque, però se la sono meritata ed è bello raccogliere quello che semini. La vittoria di Gazzoli è la ciliegina sopra alla torta. Lo abbiamo coperto, lo abbiamo protetto, ci abbiamo creduto. Toccava a lui, ma sono stati bravi tutti i ragazzi. Persico sapeva di dover lavorare per lui. Non è scritto nulla, nelle fughe dai la possibilità a tutti, però negli ultimi sei giri ci siamo messi davanti, andando regolari e tirando per Michele. Questo risultato lo sblocca. Non viene da un momento facile. Non è stato bene, ma ci ha sempre creduto. E’ un ragazzo che lavora tantissimo, sa di essere forte e di poter ottenere buoni risultati».

A Nicolas Vinokourov, figlio di Alexandre, un premio per i chilometri in fuga
A Nicolas Vinokourov, figlio di Alexandre, un premio per i chilometri in fuga

Un anno storto

Adesso Michele è in attesa di essere premiato e i minuti trascorsi gli permettono di mettere in ordine le idee.

«La squadra mi ha dato tutta la fiducia possibile – racconta – tutti i miei compagni. Devo ringraziarli tantissimo, perché hanno fatto un lavoro superbo. La fuga era segnata perché c’eravamo noi. Eravamo qua per fare gli ultimi 400 metri a tutta e siamo contenti, perché finora è stato un anno d’oro per la Colpack. E’ la 13ª vittoria in due mesi e quando si corre così si fa molta meno fatica e viene tutto semplice.

Per Gazzoli, incontro con Di Rocco e Gianni Bugno, vincitore del Liberazione 1985
Per Gazzoli, incontro con Di Rocco e Gianni Bugno, vincitore del Liberazione 1985

«Quanto a me… la vittoria mi sblocca tanto! Quest’anno è stato difficile. Il 4 gennaio ho preso il Covid. Me ne sono sbarazzato il 25, quindi sono stato fermo quasi un mese. Ho ricominciato per due giorni, ho avuto un problema a un ginocchio e sono stato fermo altri 20 giorni. Ho ripreso oltre metà di febbraio, sono andato in Croazia e il 13 marzo sono caduto e sono stato fermo per 8 giorni. Adesso è un mese che sono in bici. Provo sensazioni molto migliori dell’anno scorso, anche perché ho una fiducia in me stesso che sono riuscito a ritrovare l’anno scorso e questo mi dà molta gioia. Ho ritrovato il Michele di prima. Ho fatto due anni un po’ cupi, perché non riuscivo a trovare me stesso. Grazie alla mia ragazza Camilla che mi è stata vicino, sono riuscito a riprendermi e a ricredere a me stesso e così ora me la godo. E oggi però mi godo Roma, perché saremo qui fino a domani»

Sul podio il brindisi per Gazzoli, Pencedano e Quartucci
Sul podio il brindisi per Gazzoli, Pencedano e Quartucci

Dedicato a Silvia

Il passaggio finale però dà i brividi. Anche Michele cambia tono e per qualche istante la gioia della vittoria sparisce dai suoi occhi.

«Quando siamo in bici – dice – noi abbiamo sempre paura. Questa settimana abbiamo perso Silvia Piccini, un’altra ragazza giovanissima. Dedico a lei questa vittoria. E’ la conferma di quanto sia pericoloso per noi andare sulle strade, quindi questo vuole essere un appello a tutti a prestare più attenzione sulle strade. Non abbiamo la corazza, abbiamo il nostro corpo e per quanto possiamo sembrare grandi, restiamo fragili. Mando un grande abbraccio ai suoi genitori. Volevo sensibilizzare sull’argomento della sicurezza stradale. A casa abbiamo tutti una famiglia che ci attende, quindi deve esserci rispetto reciproco».

Dopo la vittoria, serata e lunedì a Roma per Gazzoli e Camilla
Dopo la vittoria, serata e lunedì a Roma per Gazzoli e Camilla

Il minuto di raccoglimento prima del via ha riportato l’argomento al centro della strada, guai abbassare la guardia. Questo è il momento per sorridere, mantenere la concentrazione sul tema sicurezza è dovere di tutti noi.

Liberazione, torna il “Mondiale di primavera”

19.02.2021
4 min
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Torna il Gran Premio Liberazione e questa è già una notizia. Assente dal calendario dal 2018 (vittoria di Fedeli, foto di apertura), la classica romana riservata agli under 23 ritrova il suo posto in calendario grazie al Team Bike Terenzi, che ha raccolto l’eredità della Primavera Ciclistica del mitico Eugenio Bomboni. Nell’immediato dopoguerra, lo storico giornalista de L’Unità costruì un evento ciclistico per dilettanti nel centro di Roma, divenuto presto l’appuntamento principe della stagione per la categoria, mondiali o Olimpiadi a parte. Attraverso le sue strade e soprattutto il suo circuito disegnato intorno alle Terme di Caracalla sono passati tantissimi campioni del pedale. Alcuni hanno vinto, altri hanno incassato le prime delusioni, altri ancora si sono approcciati con quello che sarebbe diventato il loro mondo.

A riportare in vita il Gran Premio è Claudio Terenzi, 51enne titolare di una delle società ciclistiche più grandi e più attive della Capitale, con un’esperienza organizzativa mutuata soprattutto dalle Gran Fondo non solo in regione. La gara romana sarà il primo approccio con il ciclismo su strada di vertice ed è frutto soprattutto dei ricordi dello stesso Terenzi.

Claudio Terenzi, il nuovo organizzatore del Gp Liberazione, con Nibali
Claudio Terenzi, organizzatore del Gp Liberazione, con Nibali

«Due in particolare – racconta – il primo risale al 1977, l’edizione vinta dal britannico Alex Downs e io ero un bambino completamente affascinato dai diversi colori e le diverse lingue di corridori che arrivavano da ogni parte del mondo. Il secondo è datato 1985, quando il Liberazione lo corsi in aiuto a Luigi Orlandi, che venne battuto di pochissimo da un certo Gianni Bugno, con il quale nel tempo siamo diventati grandi amici, tanto che sarà il testimonial dell’edizione della rinascita. Quando gliel’ho proposto mi ha detto: “Che onore!”. Era davvero contento e per uno che ha vinto due mondiali “veri” è la dimostrazione di quanto quella gara conti davvero nella vita di un ciclista».

Ripartire in un anno così organizzativamente difficile segna un po’ una controtendenza…

Effettivamente l’impegno è grande e ci costringe a tenere sotto controllo ogni aspetto, ma siamo fiduciosi, tanto che abbiamo pensato di abbinare anche un appuntamento per allievi e junior, in modo da dare incentivo anche ai più giovani a partecipare prima della prova più importante, restando poi ad assistere alle gesta dei più grandi. Chiaramente dovremo commisurare il tutto alla situazione sanitaria esistente al momento.

Il percorso di Caracalla per quest’anno rimane, con il giro di boa alla Piramide Cestia
Il percorso di Caracalla con il giro di boa alla Piramide Cestia
Sarà un evento in linea con la tradizione del Liberazione, che portava sulle strade romane sia le società italiane che le nazionali estere?

L’obiettivo è quello, riportare il Gran Premio ai fasti che lo avevano contraddistinto, non per niente era chiamato il “Mondiale di primavera”. Il problema è legato agli spostamenti e ai collegamenti fra le varie Nazioni. Abbiamo finora ricevuto richieste di partecipazione da parte di società straniere e forse per quest’anno manterremo la formula di partecipazione legata ai club, ma appena la situazione sarà più tranquilla, torneremo alla tradizione.

Che ricordi ha di Bomboni?

L’ho conosciuto nei suoi ultimi anni di attività, aveva ancora uno spirito battagliero a dispetto degli anni. Bomboni ha avuto il merito di alimentare nel tempo un appuntamento che non smetteva mai di crescere, divenendo un appuntamento irrinunciabile per Roma. Sicuramente era un personaggio molto originale che viveva di ciclismo.

Eugenio Bomboni è stato l’ideatore e l’anima della corsa
Eugenio Bomboni è stato l’ideatore e l’anima della corsa
E’ difficile organizzare un evento come il Liberazione?

Tutti mi dicono di sì, ci stiamo già accorgendo che una simile macchina organizzativa richiede un impegno quasi quotidiano a due mesi dalla sua organizzazione, che va crescendo in maniera esponenziale. Devo dire però che la nostra esperienza mutuata dalle Gran Fondo ci aiuta. Faccio un esempio per spiegarmi: nel 2018 abbiamo allestito a Peschiera del Garda la Gran Fondo Zenato. Passavamo per 18 Comuni e 2 Province, dovevamo coordinarci quindi con una marea di Enti Locali e di responsabili per la gestione del percorso. Qui dobbiamo gestire un circuito di 6 chilometri, sempre lo stesso, e abbiamo a che fare con pochi referenti che sanno già di che cosa si tratta.

Il percorso quindi resta uguale al passato?

Sì, in quest’occasione e considerando che solo da gennaio abbiamo iniziato a metter mano all’organizzazione. Ma per il futuro abbiamo molte idee e pensiamo a un allargamento, considerando dove ci troviamo, per valorizzare ancora di più il contesto scenografico, il più bello al mondo.

Quanto tempo ci vorrà per riportare il Gran Premio Liberazione a essere il Mondiale di primavera?

Io conto di farlo in 3 anni.