Tour de France 2025, Parigi, podio Campi Elisi, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar

Vingegaard fra la voglia di Giro e la prigione del Tour

07.11.2025
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Quello che ci ha raccontato Marta Cavalli l’ha confermato Jonas Vingegaard. La sua visione del ciclismo è certamente estrema: il solo modo per partecipare è poter vincere. Ma il danese, che ha vinto la Vuelta dopo essere arrivato secondo al Tour, ha ben spiegato a L’Equipe perché sia stato importante vincere in Spagna. Non tanto per la vittoria di un Grande Giro in sé, quanto per la sensazione di aver ripreso la traiettoria spezzata dall’incidente al Giro dei Paesi Baschi 2024. E anche in questo caso, non tanto per la gravità dell’infortunio, quanto per ciò che ha significato essersi dovuto fermare per dei mesi.

«Ritrovare la condizione ha richiesto tempo – ha spiegato il leader della Visma-Lease a Bike – rimettermi in sella, ma soprattutto tornare al livello a cui ero prima della caduta. Credo di averlo ritrovato. Da quello che vedo nei miei dati, sono in grado di generare la stessa potenza di prima. Ma anche il ciclismo si evolve, quindi in un certo senso per tornare ai livelli di prima c’è voluto un anno e mezzo, in cui invece avrei potuto lavorare per progredire. Prima della caduta ero in forte crescita, stavo progredendo molto velocemente, quindi spero di essere tornato su quella traiettoria. Bisognerà vedere se migliorerò ancora e farò assolutamente tutto il possibile perché ciò accada».

Il ciclismo dei primi è un treno che va veloce, un gruppo costantemente in fuga. Essere costretto a scenderne significa aspettare il gruppo successivo, che va più piano. E per rientrare su quelli di testa c’è da fare una fatica non comune. Chi ci riesce torna a brillare, gli altri devono rassegnarsi. Per una semplice frattura dello scafoide, nel 2023 Pogacar perse il Tour de France. Non sono scuse, sono le regole del ciclismo che non aspetta.

Tour de France 2023, Morzine, Jonas Vingegaard, TAdej Pogacar
Il Tour de France 2023 vide Pogacar soccombere agli attacchi di Vingegaard, in salita e anche a crono
Il Tour de France 2023 vide Pogacar soccombere agli attacchi di Vingegaard, in salita e anche a crono

Il sogno del Giro

Che cosa ci sarà nel 2026 di Vingegaard? Il Tour resta lo snodo centrale e decisivo. Al contempo la vittoria della Vuelta ha fatto capire al danese e alla sua squadra che sia saggio monetizzare il lavoro portando a casa quel che Pogacar non ha in animo di raggiungere. Forse non è stato per caso che ai campionati europei Vingegaard abbia ammesso che gli piacerebbe cimentarsi nelle classiche e ha messo per la prima volta sul tavolo l’ipotesi del Giro d’Italia.

«Il 2025 – ha spiegato – è stato un’annata piuttosto buona. Non la migliore che abbia mai avuto, penso che il 2023 sia stato di gran lunga migliore. Ma arrivare secondo al Tour de France e vincere la Vuelta non è una brutta stagione. Il mio obiettivo era vincere in Francia, quindi da quel punto di vista non è andata bene. Alla fine potrei darmi un sette in pagella, forse un otto. Il ciclismo esiste anche oltre il Tour de France, anche se resta la gara più importante. Mi sono divertito anche nelle corse di una settimana (Vingegaard ha vinto la Volta ao Algarve ed è arrivato secondo al Delfinato, ndr). Ma non posso dimenticare di essere caduto alla Parigi-Nizza e quella commozione cerebrale mi ha messo fuori gioco e ha condizionato il seguito della primavera. Non abbiamo ancora definito il piano con la squadra, certo ho le mie idee e i miei desideri. Il Tour è così importante che sicuramente farà parte del calendario, vedremo se anche il Giro potrà essere incluso. Sarebbe fantastico. Vincere tutti e tre i Grandi Giri è il sogno di ogni ciclista. Quindi è qualcosa di molto importante, sarei molto felice di andare al Giro».

Vuelta Espana 2025, Bola del MUndo, Jonas Vingegaard, Matteo Jorgenson
Il successo alla Bola del Mondo ha incorniciato la Vuelta di Vingegaard: a Madrid l’inomani non si sarebbe corso
Vuelta Espana 2025, Bola del Mundo, Jonas Vingegaard, Matteo Jorgenson
Il successo alla Bola del Mundo ha incorniciato la Vuelta di Vingegaard: a Madrid l’inomani non si sarebbe corso

Il Tour non si molla

Il Tour non si molla: impossibile immaginare che il danese decida di saltarlo finché sarà uno dei pochi pretendenti credibili. Perché dovrebbe farlo? Con Pogacar è il solo a poter scavare un baratro rispetto alla concorrenza e non è detto che lo sloveno sia sempre inattaccabile. Un’intervista di Wellens pochi giorni fa ha rivelato che il campione del mondo abbia corso l’ultima Grande Boucle con forti dolori a un ginocchio e in squadra si sia anche temuto che potesse ritirarsi. Vingegaard era lì e sarebbe ancora lì per approfittare di ogni cedimento, indotto grazie ai suoi attacchi o dettato dalle circostanze.

«Salterei il Tour – ha spiegato – solo se capissi di non poter lottare per la vittoria. Penso che il Tour sia così importante che le squadre che abbiano un pretendente alla vittoria vogliono portarlo. Questo vale per me e immagino anche per Tadej. Anche se non volessimo andarci, penso che dovremmo comunque accettarlo. Questo non significa che non mi piaccia, intendiamoci, perché il Tour è qualcosa di immenso che ha il suo fascino. E’ molto più grande della Vuelta, non posso parlare del Giro. In Francia, arrivi sul podio per firmare e ci sono trenta giornalisti che vogliono chiederti qualcosa. Alla Vuelta, scendevo dal palco e pensavo: “Ce ne sono solo due, così mi piace”. E’ questo che rende il Tour così faticoso. I media, il protocollo, i trasferimenti, ma è anche ciò che lo rende speciale. Lo capisci solo quando ci sei dentro».

Campionati europei Drome et Ardeche, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar
Non capita spesso di vedere Vingegaard e Pogacar contrapposti fuori dal Tour: qui sono agli europei
Campionati europei Drome et Ardeche, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar
Non capita spesso di vedere Vingegaard e Pogacar contrapposti fuori dal Tour: qui sono agli europei

In questo incastro maniacale di ritiri e corse, Vingegaard ammette che farebbe fatica a programmare la Liegi, che pure gli piace, perché in quel periodo solitamente si trova in altura. Allo stesso modo, pur ammettendo il fascino del mondiale di Montreal, dice che se dovesse fare la Vuelta troverebbe difficile prevedere il viaggio in Canada. Una visione a scomparti ben divisi. C’è davvero posto per il Giro d’Italia nel suo calendario?

Giro d'Italia, Banca Ifis

La corsa che vale miliardi: l’impatto del Giro d’Italia per Banca Ifis

16.10.2025
3 min
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Il Giro d’Italia è molto più di una competizione ciclistica. È l’evento sportivo italiano più apprezzato a livello internazionale. Genera un impatto positivo per l’Italia che va oltre la semplice dimensione agonistica. Questa la conclusione di un’analisi condotta da Banca Ifis, nell’ambito delle iniziative Ifis Sport. Lo studio sul Giro d’Italia 2025 è stato presentato di recente a Trento, durante l’ottava edizione de “Il Festival dello Sport”.

L’edizione 2025 del Giro d’Italia ha raggiunto risultati straordinari. L’analisi di Banca Ifis ha stimato il valore complessivo della manifestazione in 2,1 miliardi di euro. Parallelamente, è stato calcolato un impatto sociale pari a 79 milioni di euro, misurato attraverso un modello sviluppato dalla stessa Banca Ifis.

Questo valore si traduce in un moltiplicatore di 2,8: ogni euro investito nell’evento ne ha generati quasi tre in termini di beneficio sociale. Raffaele Zingone, Condirettore Generale e Chief Commercial Officer di Banca Ifis, ha sottolineato come lo sport generi valore, non solo economico, ma anche sociale e culturale. La storia ultracentenaria del Giro, infatti, valorizza in ogni edizione le bellezze e le eccellenze produttive del Paese.

Banca Ifis, Ifis Sport
Ifis sport, progetto di Banca Ifis, è la prima divisione sportiva in Italia interamente dedicata al sostegno finanziario del mondo sportivo
Banca Ifis, Ifis Sport
Ifis sport, progetto di Banca Ifis, è la prima divisione sportiva in Italia interamente dedicata al sostegno finanziario del mondo sportivo

Benessere e promozione dell’attività fisica

Il Giro d’Italia esercita effetti positivi anche sul benessere personale degli spettatori. Contribuisce attivamente alla promozione dell’attività fisica e al miglioramento della qualità della vita. Il valore monetario di questo impatto è stato calcolato tenendo conto del benessere percepito da oltre 1,6 milioni di spettatori e del potenziale risparmio per il sistema sanitario. Tale risparmio è dovuto alla riduzione della sedentarietà tra il pubblico.

L’edizione 2025 ha visto una crescita costante del pubblico. Gli spettatori dal vivo sono stati 2,3 milioni, con un aumento del 4,5% rispetto all’anno precedente.

L’”effetto Rosa” si traduce in un concreto miglioramento della percezione internazionale dell’Italia. Il Giro d’Italia si conferma un ambasciatore culturale e commerciale del sistema Italia nel mondo. La manifestazione mette in luce i valori del design, dell’innovazione e della qualità produttiva riconosciuti al Made in Italy a livello globale. È un potente strumento di soft power.

La partenza dall’Albania, a Tirana, ha riscosso un grande successo. Il 90% degli spettatori ha espresso un giudizio positivo sulla scelta. Inoltre, l’84% ha riportato un’esperienza molto positiva a livello di benessere.

Il fascino della Corsa Rosa non si limita al pubblico in presenza. Stimola il desiderio di visitare l’Italia anche in chi segue l’evento da remoto. Tra gli appassionati sportivi internazionali, l’89% ha dichiarato di aver acquistato prodotti italiani. Il 45% ha migliorato la propria opinione sull’Italia dopo aver seguito l’evento. Addirittura l’81% degli stranieri è già stato nel nostro Paese, spesso proprio grazie alla passione per il ciclismo.

Giro d'Italia
Lo studio sul Giro d’Italia 2025 è stato presentato di recente a Trento, durante l’ottava edizione de “Il Festival dello Sport”
Giro d'Italia
Lo studio sul Giro d’Italia 2025 è stato presentato di recente a Trento, durante l’ottava edizione de “Il Festival dello Sport”

Ifis Sport: sostegno e inclusione

La misurazione del valore del Giro è l’ultimo impegno di Banca Ifis per la promozione dello sport come motore di inclusione sociale e crescita economica. Con il progetto Kaleidos, il Social Impact Lab, Banca Ifis sostiene l’ecosistema sportivo italiano, concentrandosi sui giovani e sull’inclusione. Ifis sport, lanciata a maggio 2025, è la prima divisione sportiva in Italia interamente dedicata al sostegno finanziario del mondo sportivo, offrendo soluzioni finanziarie su misura per le società.

Banca Ifis

Vi ricordate Prodhomme? Dopo il Giro non smette di vincere…

24.09.2025
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Molti l’hanno scoperto a Champoluc, quando ha messo in fila anche i grandi protagonisti del Giro d’Italia Del Toro e Carapaz (l’ammazzasette Yates era ancora di là da venire…) ma Nicolas Prodhomme è molto di più. Vincitore per ben sei volte quest’anno ha dato un corposo numero di punti alla Decathlon AG2R, al punto che molti addetti ai lavori transalpini si sono sorpresi della sua mancata convocazione per i mondiali. Percorso ruandese a lui poco incline, ma la maglia transalpina per gli europei del 5 ottobre è già stata recapitata a casa…

Il corridore di L’Aigle è alla Decathlon AG2R dal 2021 ed è già confermato per il prossimo anno
Il corridore di L’Aigle è alla Decathlon AG2R dal 2021 ed è già confermato per il prossimo anno

E’ il caso di andare più a fondo nella conoscenza di una delle rivelazioni di quest’anno del movimentato ciclismo francese, ancora alla ricerca del fenomeno ma popolato di molti corridori vincenti e in fin dei conti anche quelli fanno la differenza come abbiamo imparato bene negli ultimi anni. Reduce dal Giro del Lussemburgo senza particolari squilli ma comunque con un’altra Top 10 portata a casa, il ventottenne di L’Aigle si è presta volentieri a una chiacchierata tra presente e futuro.

Quest’anno hai vinto 6 volte: che cosa è cambiato rispetto al passato?

Beh, il cambiamento ha riguardato molto la fiducia in se stessi. Vincere la prima gara, la tappa finale del Tour of the Alps con Seixas ad accompagnarmi nella fuga ha significato molto. Poi chiaramente c’è stato il tappone del Giro con 5.000 metri di dislivello. Una frazione di vera montagna, vincendo lì ho capito di aver raggiunto un’altra dimensione.

Prodhomme insieme a Seixas, autori della fuga vincente nella tappa finale del Tour of the Alps
Prodhomme insieme a Seixas, autori della fuga vincente nella tappa finale del Tour of the Alps
Pensi che sia stata la vittoria più importante della tua carriera?

Senza alcun dubbio. E’ l’unica del World Tour, l’unica in un grande giro, ma soprattutto è quella in cui ho trascorso più tempo da solo in testa. E’ stata la più dura e per questo la più bella, intrisa di emozioni lungo tutta quella interminabile giornata.

Sei arrivato a questi risultati a 28 anni: in questo ciclismo che premia i giovanissimi, i team danno ancora il tempo di maturare ai corridori?

Sì, io ne sono la dimostrazione. E devo dire grazie al team, alla sua gestione. E’ vero che molti giovani hanno molte più opportunità di chi ha più esperienza, non è come quando ho iniziato. Ma io ho colto la mia occasione ogni volta e non me la sono lasciata sfuggire, quindi è questo che mi permette di cambiare il mio status. E’ vero che spesso sono i giovani a raggiungere questo status più facilmente, ma alla fine quel che contano sono i risultati, più vinci e più cresci nella considerazione generale. Ci ho messo un po’, ma posso dire di avercela fatta…

Il giorno più bello nella sua carriera: la lunga fuga al Giro d’Italia culminata con il trionfo di Champoluc
Il giorno più bello nella sua carriera: la lunga fuga al Giro d’Italia culminata con il trionfo di Champoluc
Hai portato tantissimi punti alla Decathlon: qual è l’atmosfera in squadra, siete soddisfatti di come sta andando quest’anno o si poteva fare di più?

E’ vero che l’anno scorso abbiamo fatto una stagione con 30 vittorie, ora siamo a 24, ma siamo in tanti ad aver contribuito. Dopo la stagione scorsa, molti pensavano che non saremmo riusciti a ripeterci. Invece stiamo ottenendo quasi lo stesso numero di vittorie del 2024, che è stato eccezionale. Quindi l’atmosfera è ottima e lo slancio è ancora buono, perché non ci sentiamo appagati, tutt’altro.

La vostra squadra vuole proteggere i nuovi nomi come Bisiaux e Seixas per farli crescere con calma: com’è il tuo rapporto con loro e dove pensi che potranno arrivare?

Abbiamo una grande differenza d’età con questi ragazzi – riconosce Prodhomme – ma Léo e Paul sono già molto maturi e professionali nel loro approccio al nostro mondo. Alla fine il rapporto con loro è stato naturale e buono, e quindi non sentiamo particolarmente questa differenza d’età. Questo è fantastico, aiuta noi e loro, ci permette di essere in sintonia fuori dalle gare e conseguentemente anche in corsa.

Il ventottenne, pur lavorando molto per il team, ha colto ben 6 vittorie quest’anno, ultima alla Polynormande
Il ventottenne, pur lavorando molto per il team, ha colto ben 6 vittorie quest’anno, ultima alla Polynormande
Ma rispetto alla tua esperienza, quanto pensi che possano vincere in futuro?

Difficile dirlo, certamente anche loro hanno bisogno di crescere. Quando sono alla partenza delle gare con loro, cerco di guidarli al meglio delle mie possibilità. Ad esempio al Tour of the Alps dove c’era Paul insieme a me, eravamo entrambi in fuga: tendeva a essere troppo generoso, non dovevamo dimostrare di essere i più forti. Credo sia positivo avere un ragazzo esperto in squadra che possa dirlo direttamente e non avere il diesse che arriva in ritardo con la TV o altro. Penso che l’esperienza diretta, il colloquio sia sempre preferibile, anche se hai le cuffie e tutto il resto. In bici, è positivo avere sempre qualcuno che faccia da capitano.

Che tipo di corridore pensi di essere?

Beh, sono più uno scalatore, non uno scalatore puro. Non mi reputo un leader, ma uno a cui piace ancora fare delle fughe. Magari mi spremo all’inverosimile per una Top 20, ma sto anche aiutando i ragazzi quando necessario e questo l’abbiamo già visto diverse volte in gara. Non mi tiro indietro quando devo aiutare a lanciare sprint in piccoli gruppi o in altre situazioni. Io dico sempre che mi piace giocare per vincere, che sia io, la squadra o un amico.

Quest’anno Prodhomme ha colto 6 vittorie e 10 Top 10, emergendo anche nelle corse a tappe (15° al Giro)
Quest’anno Prodhomme ha colto 6 vittorie e 10 Top 10, emergendo anche nelle corse a tappe (15° al Giro)
L’anno prossimo, avrete Félix Gall e il nuovo arrivato Matthew Riccitello nella vostra squadra. Cambia con questo la fisionomia della squadra, si punterà maggiormente alla classifica dei grandi giri?

Per ora è difficile dirlo, il ciclomercato è ancora in corso e vedo che a fronte dell’arrivo dell’americano ci sono scalatori che lasciano il team. Bisognerà capire se avremo più scalatori che tuttofare rispetto a quest’anno, ma ogni corridore si sta concentrando un po’ di più sul proprio ambito. Per me, è sempre una squadra orientata anche allo sprint, che punterà a far bene nelle corse a tappe ma senza costruire un roster che si dedica solo a quelle.

L’ultima domanda: dopo i tuoi progressi, c’è una gara in particolare che sogni di vincere?

Mai fare questa domanda a un francese, la risposta è sempre la stessa: il Tour de France, ovviamente…

Vuelta Espana 2025, vittoria Alto de El Morredero, Giulio Pellizzari

Quanto spinge Pellizzari? Lo chiediamo a coach Lorang

19.09.2025
7 min
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«Pellizzari si allena sempre al 100 per cento. Però è un corridore, vuole gareggiare ed è questa la sua grande passione. Vincere gare, avere successo. E sta facendo tutto il necessario per riuscirci, che si tratti di alimentazione, allenamento, recupero e così via. E’ già molto professionale nonostante la giovane età».

Parla Dan Lorang, head coach della Red Bull-Bora-Hansgrohe. Al ciclismo c’è arrivato su chiamata di Ralf Denk, dopo aver allenato Jan Frodeno e Anne Haug, colossali star del triathlon, vincitori di Olimpiadi e mondiali. L’intervista serve per entrare più a fondo nei due sesti posti di Pellizzari al Giro e alla Vuelta. Piazzamenti identici, ma con genesi e logiche diverse. Al Giro l’hanno portato per la grande condizione palesata al Catalunya e senza una pianificazione partita da lontano, la Vuelta invece faceva parte dei piani sin dall’inizio.

Ritiro invernale Red Bull Bora Hansgrohe, Dan Lorang, head coach
Dan Lorang ha studiato all’Università di Monaco di Baviera ed è il capo dei preparatori alla Red Bull-Bora-Hansgrohe
Ritiro invernale Red Bull Bora Hansgrohe, Dan Lorang, head coach
Dan Lorang ha studiato all’Università di Monaco di Baviera ed è il capo dei preparatori alla Red Bull-Bora-Hansgrohe
Due avvicinamenti diversi…

Soprattutto diversi tempi di preparazione. Al Giro siamo arrivati con poche settimane di lavoro, invece durante il Tour c’è stato un lungo periodo in cui la nostra squadra non ha gareggiato e abbiamo dato ai corridori il tempo di prepararsi per la seconda parte della stagione. Così è stato anche per Giulio. Per un corridore così giovane, partecipare a due Grandi Giri in un anno è impegnativo. D’altra parte però, sapevamo che sarebbe stato possibile a patto che avesse abbastanza tempo per recuperare.

Un tempo che a ben vedere c’è stato, dato che da fine Giro – fatti salvi i tricolori – ci sono state nove settimane fino alla Vuelta Burgos…

Esatto, un intervallo molto lungo. Abbiamo lavorato bene in quota e se anche si fosse ammalato o avesse avuto qualche piccolo problema, ci sarebbe stato tutto il tempo per compensare. Questo è stato il nostro approccio per rispettare la sua età e i tempi della preparazione. Se guardiamo anche a quello che ha fatto in passato, si è visto subito che è un corridore in grado di sostenere carichi elevati, ma bisognava comunque stare attenti.

Proprio per questo, si è mai pensato di non correre la Vuelta, avendo fatto il Giro?

L’opzione di andare anche alla Vuelta è sempre stata nella nostra testa. Prima di tutto si trattava però di vedere come sarebbe uscito dal Giro. Perciò prima di iniziare la preparazione, abbiamo fatto delle analisi del sangue e di tutti i parametri per vedere come si fosse ripreso e se avesse davvero senso andare avanti col piano. Conosciamo i grandi benefici di fare due Grandi Giri e non si limitano alla prestazione immediata, ma anche alla costruzione della carriera per gli anni che verranno.

Pellizzari è uscito bene dal Giro, con il trofeo di miglior giovane italiano
Pellizzari è uscito bene dal Giro, con il trofeo di miglior giovane italiano
E che cosa hanno detto le analisi?

Che era fresco. Si era ripreso mentalmente ed era anche a un buon livello atletico. Bisogna riconoscere che è un corridore cui piace molto quello che fa e questo rende tutto più facile. A volte i ragazzi più giovani hanno difficoltà, ma Giulio è sempre stato al 100 per cento e a quel punto non abbiamo avuto dubbi nel mandarlo alla Vuelta.

Che tipo di risposta ottiene dal lavoro in quota?

Molto buona. Gli piace l’ambiente e la possibilità di concentrarsi solo sul lavoro, ma anche la fisiologia risponde. Il miglioramento delle prestazioni è davvero ottimo. Siamo stati in quota per preparare il Giro e poi la Vuelta e in entrambi i casi si è trattato di un’esperienza davvero positiva. Non è mai successo che fosse troppo stanco oppure che, tornato giù, abbia avuto bisogno di più tempo per adattarsi.

Giulio ha detto più volte di essersi sentito più forte al Giro che alla Vuelta. Ci sono dati che lo confermano?

Possiamo considerare la cosa in due modi. Se guardiamo solo ai numeri puri sul carico totale, sono stati due Pellizzari abbastanza simili. Invece i numeri di picco erano più alti alla Vuelta, cosa che abbiamo riscontrato anche con altri corridori. Cioè il fatto che nella seconda parte della stagione, stando ai watt il livello di prestazione era ancora più alto. Ma di sicuro, al Giro era più fresco e lo sentiva. Si sentiva pieno di energia. Per cui anche se alla Vuelta spingeva più forte ed era capace di prestazioni migliori, non si è mai sentito fresco come in primavera. Penso che sia fondamentalmente questo ciò che ha provato. Ma in termini di numeri, alla Vuelta ha fatto un passo avanti.

Vuelta Espana 2025, La Farrapona, Giulio Pellizzari tira per Jai Hindley
Al Giro per Roglic, alla Vuelta per Hindley: Pellizzari in Spagna ha espresso valori ancora migliori
Vuelta Espana 2025, La Farrapona, Giulio Pellizzari tira per Jai Hindley
Al Giro per Roglic, alla Vuelta per Hindley: Pellizzari in Spagna ha espresso valori ancora migliori
Però ha anche avuto qualche giorno di difficoltà, come mai?

Stavo per dirlo. Al Giro è stato più costante, mentre alla Vuelta c’è stata più oscillazione nelle sue prestazioni, il che è normale per un giovane corridore. Ecco perché anno dopo anno si lavora per raggiungere questa costanza. Al Giro, non ha mai avuto una giornata davvero brutta come quella che ha avuto alla Bola del Mundo, ma come ho detto non ci ha stupito.

Dopo due Grandi Giri nello stesso anno, hai scoperto qualcosa di più su Giulio Pellizzari?

Penso che il suo talento nelle corse a tappe non sia più una grande sorpresa. Anche se è molto giovane, in quelle di una settimana ma anche di tre, ha dimostrato di poter già fare bene. E’ stato bello anche vedere che sa vincere. Ci sono corridori da classifica, che possono arrivare tra i primi cinque, ma probabilmente non hanno mai vinto una gara né ci sono andati vicini. Finché sono giovani, vogliamo che i corridori mantengano l’attitudine per la vittoria. Vogliamo dargli l’opportunità di vincere anche le tappe o probabilmente anche una corsa più piccola per mantenere questa attitudine. Perché Giulio ha le capacità, ha una certa esplosività che gli permette di farlo. Quindi è sulla buona strada per crescere come corridore da classifica generale.

Questo voler tenere le porte aperte è il motivo per cui prima del Giro ha corso la Liegi?

Veniva dall’altura e, quando sei lassù, non puoi sempre fare delle sessioni davvero impegnative. Così abbiamo usato la Liegi per avere l’alta intensità e anche per fargli provare una grande classica. Con lui non ci limiteremo a programmare solo corse a tappe, è troppo giovane per questo. Partecipare a corse a tappe e corse di un giorno è utile per il suo sviluppo. Pogacar e Vingegaard sanno vincere anche le tappe e c’è bisogno di questa capacità.

Il giorno nero alla Bola del Mundo è costato a Pellizzari la maglia bianca, ma il calo non ha stupito i tecnici
Il giorno nero alla Bola del Mundo è costato a Pellizzari la maglia bianca, ma il calo non ha stupito i tecnici
Due settimane dopo la Vuelta, ormai fra nove giorni, Pellizzari correrà i mondiali. Come sta lavorando per arrivarci?

E’ un mix. Normalmente diresti che devi solo recuperare in qualche modo e poi essere sulla linea di partenza. Ma se avessimo fatto così, ci sarebbe stato anche un grande rischio di ammalarsi, perché lo stress va giù e poi il corpo si ammala. Per cui, finita la Vuelta, da un lato c’è stato un mix fra dare degli stimoli, quindi un po’ di intensità e prepararsi per il viaggio. Dall’altro lato, si tratta di lavorare per essere freschi sulla linea di partenza.

Pensate che possa fare bene?

Come squadra, non ci aspettiamo grandi risultati. Indossare la maglia azzurra è un suo desiderio e noi lo vediamo come uno sviluppo per la sua futura carriera. Quest’anno ha già fatto parecchio, quindi dovrebbe godersi l’esperienza e tutto quello che verrà in più sarà un bonus.

Giulio è uno scalatore, ma lo vediamo sempre in sella, anche sulle salite più ripide. Dovrebbe lavorare di più sulle azioni fuorisella?

Non credo, perché a pensarci bene, Pogacar si gestisce esattamente allo stesso modo. E’ passato dall’uscire spesso dalla sella, al rimanerci sempre di più. So che non è così facile (sorride, ndr), ma cerchiamo di far crescere i corridori offrendo loro un’ampia gamma di possibilità, in modo che possano alzarsi dalla sella e anche salire da seduti con cadenze diverse. E’ qualcosa che possiamo implementare nell’allenamento, ma al momento non è un fattore limitante. Anzi, riuscire a produrre quella potenza rimanendo seduti in sella è piuttosto un punto di forza. Perché puoi risparmiare un po’ più di energia. Quindi non lo vedo come un problema.

Appena arrivato in squadra, Pellizzari è diventato uno dei beniamini del team per il suo carattere solare
Appena arrivato in squadra, Pellizzari è diventato uno dei beniamini del team per il suo carattere solare
Ultima domanda: che cosa ti pare del nostro Pellizzari in mezzo ai suoi compagni di squadra?

Fin dal primo contatto, è parso davvero un ragazzo intelligente ben integrato nella squadra, ma capace anche di dire la sua. E’ un vero ciclista, porta con sé la tradizione e gli piace questo sport. Ha già la sua personalità. Accetta o assorbe l’esperienza che riceve dai più grandi, come Roglic o Hindley. Si guarda intorno e cerca di imparare da tutti. E penso sia quello che fanno i campioni quando sono giovani. Cercano di ottenere il più possibile dagli altri. E non si fa problemi se deve aiutare un compagno, agisce sempre a favore della squadra. Se gli assegnate un ruolo, lo svolgerà al meglio. Ecco perché ha già un’ottima reputazione in squadra. Ed ecco perché è una grande aggiunta per nostra squadra.

Pinarello si riaffaccia ai vertici, prima di andare all’estero

19.09.2025
5 min
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Si torna a parlare di Alessandro Pinarello. Appena 22 anni, eppure nel giro del ciclismo che conta già da un quadriennio che nel mondo delle due ruote, soprattutto di questi tempi frenetici, è tantissimo. Il corridore di Conegliano ha chiuso quarto all’ultimo Giro di Toscana, in un contesto importante, finendo a 18” dal nuovo “vincitutto” Del Toro.

Un piazzamento che rappresenta una sorta di rilancio per il corridore veneto, arrivato al professionismo molto presto e sul quale si ripongo molte speranze, soprattutto dopo le difficoltà vissute in stagione: «E’ stato un primo riscontro dopo tanta fatica – dice – a dispetto di tutto non ho mollato. Adesso sono in una buona condizione, quindi spero di andare avanti in questo modo».

Pinarello al centro, vince la volata per il 4° posto al Giro della Toscana
Pinarello a sinistra, vince la volata per il 4° posto al Giro della Toscana
Quanto è pesato l’infortunio al Giro d’Italia?

Sinceramente tanto, soprattutto all’inizio quando sono stato operato e vedevo le tappe del Giro in tv, coloro che solo pochi giorni prima erano miei compagni ed avversari lì sul piccolo schermo. Invece io ero a casa, è stato davvero pesante. Poi comunque mi sono allenato tanto sui rulli perché avevo il tutore al polso e non potevo andare in bici. E’ stata una ripresa lunga, le prime settimane sono state pesanti.

Come era stato l’infortunio?

Alquanto stupido a dire il vero. E’ stata una semplice frenata di gruppo, un’inchiodata e alla fine mi sono trovato per terra. Ho messo giù male la mano e ho spaccato lo scafoide sinistro, l’osso era ridotto male. Sono stato operato e mi hanno messo due chiodi. Ho un polso nuovo questo è vero…

Quattro anni per il veneto alla VF Group Bardiani: tanti punti portati e la vittoria al Recioto 2024
Quattro anni per il veneto alla VF Group Bardiani: tanti punti portati e la vittoria al Recioto 2024
Un infortuno complicato, visto che sei rimasto più di tre mesi fuori dalle gare…

Sì e significa perdere gran parte della stagione. Il primo mese avevo un tutore che bloccava il polso, potevo solo fare rulli. Non impiegare minimamente il polso mi ha fatto perdere tutta la forza sul braccio sinistro. Quando sono tornato su strada, all’inizio era molto faticoso perché comunque non riuscivo a fare più di 2-3 ore e quindi bisognava concentrare quelle poche ore di allenamento per fare il più possibile. A questo accompagnavo spesso anche sessioni di palestra all’inizio, quindi facendo doppi allenamenti, quindi mattina e pomeriggio, alternando bici e rulli. Spezzavo l’allenamento per fare un po’ più ore. Sono tornato su strada a metà luglio.

I chiodi te li hanno già tolti?

Sono riassorbibili, nel giro di un anno se ne andranno da soli e questa nella disgrazia è una grande fortuna perché non mi dovrò rioperare e fermare di nuovo.

La cronometro iniziale del Giro d’Italia a Tirana. La sua corsa rosa è durata solo 5 tappe
La cronometro iniziale del Giro d’Italia a Tirana. La sua corsa rosa è durata solo 5 tappe
In Toscana sei entrato nella fuga decisiva…

E’ scollinato per primo Del Toro. Poi c’erano gli altri due, che erano Storer e un altro ragazzo, io ero con gli altri quattro. Non eravamo tanto distanti perché ce li avevamo là davanti, a fine discesa abbiamo ripreso Storer e l’altro il gruppetto si era ricompattato ma ormai il messicano era andato via. Poi Storer è ripartito insieme a Cras della TotalEnergies, ancora adesso che non ho ben capito come sono andati via, di forza. Noi ci siamo trovati un po’ al vento e anche il podio era andato.

Prima del Giro d’Italia, com’era stata questa annata?

E’ stata una stagione in sé positiva, la prima parte sicuramente. Ero partito dalle corse in Spagna a Maiorca e poi l’UAE Tour trovando anche un paio di Top 10  e lo stesso alla Tirreno-Adriatico, quindi nel contesto più qualificato. Poi alla Coppi & Bartali ero davanti, lo stesso al Laigueglia.

Europei juniores 2021, Pinarello insieme a Crescioli. Di lì a poco sarebbe saltato fra i pro’
Europei juniores 2021, Pinarello insieme a Crescioli. Di lì a poco sarebbe saltato fra i pro’
Tu hai 22 anni, però sei già al quarto anno con la VF Group Bardiani. Si era parlato tanto quando hai fatto questo salto che eri giovanissimo, forse troppo per passare. A distanza di tempo sei ancora convinto che sia stata la scelta giusta?

Sicuramente, per come mi hanno gestito il primo anno e secondo anno con la guida di Mirko Rossato. E’ stata una crescita molto graduale. Non mi posso lamentare, penso di aver imparato tanto in quel biennio, altrimenti mi sarebbe stato impossibile.

Rispetto ad allora, adesso a che punto sei, quanto pensi di dover crescere ancora?

Tantissimo, anche perché rispetto a quando sono passato mi sono sviluppato fisicamente, allora ero un po’ più piccolino, più magro. A livello di prestazioni penso ci sia ancora da migliorare, visto che comunque anche nelle ultime gare ho fatto dei buoni wattaggi anche essendo davanti, quindi c’è ancora da fare.

Il corridore di Conegliano è pronto a cambiare casacca, per la sua prima esperienza estera
Il corridore di Conegliano è pronto a cambiare casacca, per la sua prima esperienza estera
Qual è il tuo futuro?

Dopo quattro anni belli lascerò la Bardiani per fare la mia prima esperienza all’estero. Avendo già firmato sono più tranquillo, non devo affrontare le gare con l’angoscia di trovare la squadra. Sono comunque motivato, ma un po’ più tranquillo da quel punto di vista. Tra l’altro penso che sarà una buona esperienza di vita, confrontarmi con culture diverse, parlare un’altra lingua (diciamo che l’inglese lo parlo ancora poco, sarà un’occasione per migliorare).

Da qui alla fine dell’anno, quale gara hai messo come tuo obiettivo?

Il Giro dell’Emilia. Non ho mai fatto e vorrei di farlo bene. Poi il Lombardia dove vorrei andare più forte possibile per chiudere la mia esperienza alla VF Group Bardiani alla grande…

I progressi di Zambanini, che matura alla vecchia maniera

11.09.2025
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Il podio conquistato al Tour of Britain ha dato un’impronta diversa a questo periodo della stagione per Edoardo Zambanini. Un periodo molto intenso come spesso capita al corridore della Bahrain Victorious che sul finire dell’estate è chiamato in causa con grandi aspettative da parte del suo team. Lo avevamo lasciato al Giro d’Italia, protagonista di una bellissima tappa nella quale era mancato davvero poco per cogliere quella vittoria che da sola vale per tanti una carriera, ma col passare del tempo quella delusione ha lasciato il posto a belle sensazioni.

In stagione Zambanini ha colto 6 top 10, sfiorando al Giro quella vittoria che ancora insegue da pro’
In stagione Zambanini ha colto 6 top 10, sfiorando al Giro quella vittoria che ancora insegue da pro’

Destinazione Canada

Il corridore di Riva del Garda è già in Canada, pronto a gareggiare domani nella prima delle due classiche del WorldTour, attesissime perché segnano il ritorno in gara di Tadej Pogacar dopo il suo trionfo al Tour de France. Il trentino vuole sfruttare anche oltreoceano le belle sensazioni che si è portato dietro dalla Gran Bretagna.

«Diciamo che è stata una bella gara su percorsi che mi piacciono molto – ci ha detto – perché sono un po’ ondulati ed esplosivi, adatti alle mie caratteristiche. Anche l’anno scorso ho fatto bene in questo finale di stagione, perché comunque mi trovo bene nelle gare di questa durata. E’ stata una settimana positiva anche per la squadra. Nei primi due giorni abbiamo corso per il velocista che avevamo in squadra, nella quarta c’era un arrivo che mi piaceva molto e dovevamo un po’ giocare il finale. Nel gruppetto di testa eravamo io ed Eulalio, lui è rimasto chiuso, io invece mi sono trovato molto bene e le sensazioni erano buone durante tutta la tappa. Ma Gregoire ed Alaphilippe avevano preso qualche metro».

Gregoire si afferma su Alaphilippe nella terza tappa, Zambanini a 2″ precede il gruppo (foto Livesey/Getty Images)
Non ti sei fermato a quel podio, però…

Il giorno dopo era una tappa più dura, quindi si andava più per la classifica. Noi avevamo Bilbao come capitano con Eulalio che si è dimostrato un ottimo supporto e si è mosso molto bene. Anche lì io comunque avevo chiuso bene. Poi c’è stata l’ultima tappa, anche questa con un finale esplosivo, ho fatto la volata finendo quarto proprio dietro Wright che era stato in fuga ed è stato ripreso agli ultimi 50 metri.

Tra l’altro l’ultima tappa era a Cardiff nella città di Geraint Thomas che aveva deciso di chiudere lì la propria carriera…

Sì, l’ultima recita di Geraint è stata davvero speciale. Un tifo eccezionale, gli hanno riservato una grande accoglienza. Ma devo dire che di gente lungo il percorso ne abbiamo trovata sempre, nonostante il fatto che per tutta la settimana abbiamo preso pioggia. Ma la gente c’era e dava calore, si faceva sentire. L’ultimo giorno c’è stata la cerimonia per Thomas con le ruote che giravano, è stato molto sentito.

Il successo di Kooij nell’ultrima tappa. Zambanini è all’estrema destra, 4° all’arrivo (foto Livesey/Getty Images)
Il successo di Kooij nell’ultrima tappa. Zambanini è all’estrema destra, 4° all’arrivo (foto Livesey/Getty Images)
Ormai sono passati mesi, che cosa ti è rimasto di quel secondo posto di tappa al Giro d’Italia?

E’ stata sicuramente una giornata che mi ricorderò sempre, perché mi ha dato molto morale, provare a battere Pedersen non è comunque una cosa che ti riesce tutti i giorni. Lo vediamo anche alla Vuelta di chi stiamo parlando… Il livello che c’era al Giro era altissimo. Possiamo anche dire che quella tappa me la sono giocata male, ho speso molto nel tirare gli ultimi chilometri fino all’ultimo strappo di Matera. Non ero io deputato a puntare alla vittoria, ma avevo tenuto mettendoci tutto quel che avevo e trovandomi all’ultimo chilometro ho pensato di provarci. Però sono partito talmente indietro che non è stato abbastanza, servivano altri 20 metri per recuperare ancora. Alla fine va bene così.

Se ti guardi indietro, rispetto allo scorso anno, quanto sei migliorato?

Nel 2024 ho fatto bene la seconda parte di stagione, seguendo lo stesso calendario di quest’anno: Polonia, Gran Bretagna, Canada. Chiudendo spesso nella top 10, quindi sono stato a un buon livello. Quel miglioramento generale quest’anno ho cercato di tenerlo, dimostrare che non era stato casuale anche perché trovare il risultato è anche difficile. Non dimentichiamo che ci sono sempre 180 corridori che vogliono vincere e ne vince sempre solo uno… La squadra è stata molto contenta di come ho lavorato, poi quest’anno ho fatto parecchia altura, tre cicli fra inizio stagione, prima del Giro e prima di questa parte di annata. Prima facevo periodo d’altura, andavo alle gare, magari mi mancava un po’ di ritmo e tornavo in altura. Ora c’è più ordine.

Zambanini è tornato in gara a San Sebastian, poi tra Polonia e Germania ha ritrovato la condizione giusta
Zambanini è tornato in gara a San Sebastian, poi tra Polonia e Germania ha ritrovato la condizione giusta
La sensazione che si ha, visto che tu hai già il contratto per il prossimo anno con la Bahrain e sarà il quinto, è che la Bahrain con te stia facendo un ragionamento come si faceva in passato, seguendo un corridore e facendolo maturare piano piano, non avendo troppa fretta neanche nei risultati…

E’ verissimo, io sono stato uno dei ragazzi passato molto giovane, avevo quindi bisogno di un po’ di esperienza e quindi di pazienza. E piano piano sto arrivando, ma questo atteggiamento e sostegno del team vuol dire tanto, saper leggere la gara e sapere dove risparmiare qualcosina, dove invece farsi vedere. Sono piccole cose che impari col tempo, d’altronde non tutti sono talenti così precoci che vincono appena passano. Adesso la squadra che ha sempre creduto tanto in me, mi dà sempre più responsabilità, che io vedo come stimolo a dimostrare di poter fare qualche risultato. Io mi sto fidando al 100 per cento, ho già il contratto anche per il 2027 e vedo che anche i risultati stanno arrivando.

Cominci a identificarti più come un cacciatore di tappe o anche come uno che può emergere nelle classifiche almeno delle gare medio-brevi?

Adesso mi sto trovando molto bene nelle gare di un giorno o di una settimana. Ho ritrovato un po’ di esplosività e tengo in salita. Sono le caratteristiche di un cacciatore di tappe o di una classica. Poi nella classifica generale di quelle corse posso difendermi.

Confermato anche per il 2026, il trentino ha trovato alla Bahrain il team giusto per crescere senza fretta
Confermato anche per il 2026, il trentino ha trovato alla Bahrain il team giusto per crescere senza fretta
In Canada tu l’anno scorso hai fatto una doppia top 10

Sì, giocandomela anche un po’ male in Quebec. C’era stato un fraintendimento con Bilbao perché ci siamo trovati Pogacar nel mezzo, lui pensava di avere me e così abbiamo iniziato la volata quasi da fermi. A Montreal invece eravamo lì nel finale, ci dividevamo gli scatti, abbiamo lavorato bene e lui è finito secondo. Quest’anno vediamo, dobbiamo ancora parlarne, io vorrei far bene proprio in Quebec perché è un percorso che mi piace molto. Hanno cambiato un po’ il percorso, quindi sarà uno sforzo diverso. Montreal invece rimane la stessa, dura come sempre. Comunque la gamba c’è, la condizione pure, vediamo di avere anche un pizzico di fortuna…

Lidl-Trek, l’anno dei punti. Con Bennati fra Giro, Tour e Vuelta

03.09.2025
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Pedersen al Giro, poi Milan al Tour e ora di nuovo Pedersen, che guida la classifica a punti della Vuelta con 9 lunghezze di vantaggio su Vernon (in apertura Mads con la sua maglia verde, accanto a Vingegaard in rosso). Per la Lidl-Trek non sarà ancora la stagione dei record, ma la prospettiva di portare a casa le tre maglie è certo interessante. E allora ci siamo chiesti quali differenze ci siano nella lotta per la classifica punti fra Giro, Tour e Vuelta. E ci è venuto in mente di chiederlo a Daniele Bennati, che ha vinto la maglia verde spagnola nel 2007, la ciclamino del Giro nel 2008. Era invece terzo nella classifica a punti al Tour del 2006, dietro McEwen e Freire, quando una caduta lo rispedì a casa a cinque tappe dalla fine. In aggiunta, Bennati fu uno dei primi corridori nel 2011 a firmare per l’allora Leopard Trek di Luca Guercilena, restandoci per due stagioni con 7 vittorie, che anni dopo sarebbe diventata l’attuale Lidl-Trek.

«Senza dubbio la maglia verde al Tour – dice il toscano – è quella più difficile da conquistare. Devo essere sincero, nel 2006 ero abbastanza vicino a McEwen. Probabilmente non l’avrei vinta, però me la sarei giocata. Caddi nella discesa del Telegraphe dopo aver scalato il Galibier e dovetti tornare a casa prima. In termini di difficoltà la maglia verde al Tour è molto più complicata rispetto al Giro e alla Vuelta, ma è inevitabile che per vincerle bisogna andare super forte in tutti e tre».

Bennati ha vinto la maglia a punti di Giro e Vuelta. Nel 2006, secondo dietro Boonen in giallo, indossò la verde per un giorno
Bennati ha vinto la maglia a punti di Giro e Vuelta. Nel 2006, secondo dietro Boonen in giallo, indossò la verde per un giorno
A parte la caduta del 2006, nel 2007 hai vinto due tappe al Tour, ma arrivasti sesto nella classifica a punti. Come mai la verde era così ostica per te?

Ero una vera frana nei traguardi volanti, penso di non averne mai vinto uno in vita mia e di aver perso anche contro corridori che sulla carta erano molto meno veloci di me. Questo mi ha penalizzato molto al Tour, perché gli sprint intermedi sono sempre molto importanti per conquistare la maglia verde, oltre al vincere le tappe e fare tanti piazzamenti. Io vinsi due tappe e poi feci un sesto e un quarto posto. Petacchi ad esempio conquistò la maglia nel 2010, vinse due tappe, ma per cinque volte entrò nei primi tre. Quando va così, sei avvantaggiato, perché un po’ puoi disinteressarti dei traguardi volanti.

Puoi tornare sul tuo essere una frana negli sprint intermedi?

Non avevo la capacità di fare la volata a metà tappa. Forse un problema di motivazione, ma non riuscivo a dare tutto me stesso nei traguardi volanti. Per vincere la maglia verde al Tour devi avere anche la capacità di sprintare dopo 20 chilometri oppure dopo 80 e questo sicuramente Milan ce l’ha nelle sue corde. Ne ha vinti diversi e questo è sicuramente un valore aggiunto, forse perché, essendo un pistard, ha la capacità di andare fuori giri anche dopo pochi chilometri.

Al primo Tour, dopo due ciclamino al Giro, Milan ha vinto due tappe e la maglia verde
Al primo Tour, dopo due ciclamino al Giro, Milan ha vinto due tappe e la maglia verde
C’è differenza nella lotta per la classifica a punti fra i percorsi dei tre Grandi Giri?

Quando ho vinto la maglia a punti della Vuelta, fino all’ultima tappa non l’avevo ancora indosso. Negli anni il regolamento è cambiato. In quel 2007, le tappe di montagna e quelle di pianura davano lo stesso punteggio. Per noi velocisti diventava ancora più complicato. Io avevo vinto tre tappe, però mi ricordo che in quella finale di Madrid la maglia verde ce l’aveva Samuel Sanchez. Anche lui aveva vinto tre tappe, quindi era più avanti di me. Riuscii a conquistare la maglia a punti battendo Petacchi su quell’ultimo arrivo.

Invece al Giro?

Nel 2008 davano gli stessi punti per le tappe pianeggianti rispetto a quelle di montagna. Ricordo che Emanuele Sella aveva vinto anche lui tre tappe e un giorno venne a dirmi: «Stai attento, Benna, perché ti rubo la maglia ciclamino!». Infatti arrivò secondo nella cronoscalata di Plan de Corones e ci ritrovammo molto vicini nella classifica a punti (51 punti, ndr). Per fortuna nelle ultime tappe feci anche qualche altro piazzamento in tappe intermedie e mi salvai. Ma il fatto di avere per tutte le tappe lo stesso punteggio faceva sì che dovessimo lottare contro quelli di classifica e chi vinceva le tappe di montagna. Magari dalla mia c’era il fatto che essendo più veloce rispetto a quelli di classifica, qualche traguardo volante andando in fuga potevo vincerlo e comunque portare a casa un po’ di punti.

Dopo la maglia a punti alla Vuelta del 2022, Pedersen ha conquistato la ciclamino all’ultimo Giro
Dopo la maglia a punti alla Vuelta del 2022, Pedersen ha conquistato la ciclamino all’ultimo Giro
Quindi, che si tratti del Giro, del Tour o della Vuelta, la maglia a punti non viene per caso, ma c’è da studiare il modo per conquistarla?

Esatto. Dosando il lavoro dei compagni in rapporto al percorso della tappa. Giusto la UAE Emirates fa eccezione, ma solo perché hanno Pogacar e quando c’è lui, non portano il velocista. Anche perché Tadej volendo potrebbe vincere anche la maglia a punti. Per il resto si studiano i percorsi e si mette a punto la miglior strategia per portare a casa la maglia a punti. 

La Lidl-Trek al Tour aveva soltanto Milan, data la caduta di Skjelmose. Al Giro e alla Vuelta ha Pedersen e Ciccone, dovendo aiutarli entrambi. Un super lavoro?

Se in squadra c’è l’uomo di classifica, il velocista deve accontentarsi di un paio di compagni. Ormai le squadre sono attrezzate e possono reggere insieme l’uomo di classifica e il velocista. Poi, come per Pogacar, dipende anche dal livello dell’uomo di classifica. Quando a fine carriera ho corso per Contador, non c’era maglia a punti che reggesse: si tirava per lui e basta.

Torino, la “fiesta roja” sta per cominciare

19.08.2025
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Torino capitale del ciclismo. Nessuna città prima d’ora aveva ospitato in appena 476 giorni tutti i tre Grandi Giri. E la Gran Salida della oramai imminente Vuelta di Spagna segnerà un record difficile da battere. La tappa inaugurale del Giro d’Italia 2024, terminata di fronte alla Gran Madre e vinta da Narvaez, poteva sembrare abituale visto il legame tra Rcs Sport e il capoluogo piemontese. Mentre la storica vittoria di Biniam Girmay nella terza frazione del Tour de France di poco più di un mese dopo ha regalato un’istantanea difficile da ripetere.

Nel 2024, Girmay ha vinto la terza tappa del Tour a Torino e poi altre due
Nel 2024, Girmay ha vinto la terza tappa del Tour a Torino e poi altre due

Si inizia giovedì

Dall’amore infinito rosa alla marea gialla, fino ad arrivare alla passione rossa che sta cominciando a travolgere Torino nei giorni delle ferie d’agosto. I richiami alla Vuelta cominciano a far capolino soprattutto in centro, dove sono comparse diverse biciclette rosse con la scritta Torino. Così come i lanci sui social network per la grande festa che comincerà giovedì sera con la presentazione delle squadre nella cornice di Piazzetta Reale. Se per la sfilata di Vingegaard, Almeida, Ciccone e le altre stelle al via bisognerà aspettare le 19,30, lo spettacolo si aprirà alle 17. Prima con una lezione di spinning collettiva, seguita dal dj set (17,45) che farà crescere l’aspettativa per l’uscita delle 22 squadre insieme all’esibizione del cantante spagnolo Antonio Orozco.

«Il fatto che Torino abbia fatto questa scelta – commenta l’assessore allo Sport e ai Grandi Eventi, Mimmo Carretta – insieme a Regione Piemonte e a tutte le istituzioni come la Camera di Commercio e il Governo, fa parte di una strategia che vede la bicicletta al centro. Non si tratta soltanto di un appuntamento dal punto di vista sportivo. Attraverso i grandi eventi sportivi vogliamo favorire un certo tipo di mobilità, sottolineato anche dallo sforzo che si sta facendo per ampliare le piste ciclabili e le campagne che stiamo facendo su Torino. Dietro questi tre Grandi Giri nella nostra città, c’è uno sforzo organizzativo enorme. Tra l’altro la Vuelta arriva in un periodo anomalo, ma che regalerà tanto sport. A fine mese sono in programma anche i Mondiali di twirling e il torneo internazionale di volley maschile in un palazzetto di solito abituato alle manifestazioni del ghiaccio come il Palavela».

L’anno scorso sul traguardo di Torino, Narvaez ha battuto Pogacar
L’anno scorso sul traguardo di Torino, Narvaez ha battuto Pogacar

Sabato da Venaria Reale

Tornando in sella, sabato 24 agosto tutti gli occhi saranno puntati sulla Reggia di Venaria Reale. Essa fu già teatro dello start del Giro dello scorso anno, così come della cronosquadre del 2011 vinta dalla Htc-Hirghroad di Pinotti che si vestì di rosa nel cuore di Torino. Stavolta si arriverà a Novara (183 km), ma il percorso iniziale celebrerà il capoluogo piemontese, con il km 0 posto di fronte al monumento celebrativo di Fausto Coppi, dinnanzi al Motovelodromo intitolato al Campionissimo.

«Si taglierà in lungo e largo Torino – aggiunge Carretta – partendo da Venaria. La scelta di collocare il km 0 al Motovelodromo, ovvero un luogo di rinascita e rigenerazione urbana sociale e sportiva, vuole segnare la prima tappa in modo forte e iconico. L’appetito vien mangiando e vedremo cosa ha in serbo il futuro».

Davanti al Motovelodromo di Torino campeggia il monumento a Fausto Coppi
Davanti al Motovelodromo di Torino campeggia il monumento a Fausto Coppi

Libri, musica e gara di biglie

Programma fittissimo nella rinnovatissima ultracentenaria casa del ciclismo torinese di corso Casale, con la possibilità di fermarsi a seguire la tappa sul maxi schermo allestito per l’occasione. Il sabato si aprirà con la presentazione del nuovo libro di Beppe Conti “C’era una Vuelta” e si chiuderà alle 21 con il concerto dei Cane Vecchio Sa-Und, la pazza band creata dai telecronisti di Eurosport Luca Gregorio e Riccardo Magrini.

Sarà un continuo di eventi dal raduno della tribù di appassionati di Fantacycling (con tanto di gara di biglie) ad ospiti speciali come il “padrone di casa” Fabio Felline. Il vincitore della classifica della maglia verde nel 2016 e di recente tornato in gruppo, aveva annunciato il ritiro proprio al Motovelodromo nel dicembre dello scorso anno.

Lo scorso anno Felline annunciò nel Motovelodromo di Torino il ritiro, che poi è… rientrato
Lo scorso anno Felline annunciò nel Motovelodromo di Torino il ritiro, che poi è… rientrato

Una spesa di 4,5 milioni

Non solo Torino però, la festa per tutto il Piemonte durerà fino al 26 agosto. Domenica 24, infatti, la corsa spagnola proseguirà con una tappa che potrebbe già smuovere la classifica, visti gli insidiosi 157 km che da Alba portano a Limone Piemonte. Poi ancora le frazioni di lunedì 25 con la partenza da San Maurizio Canavese e il traguardo posto a Ceres (139 km). E martedì 26 con il via da Susa prima dello sconfinamento in Francia verso Voiron (192 km).

Già da diversi anni la Regione Piemonte ha puntato fortissimo sul ciclismo. Per portare questo bel pezzo di Vuelta in Italia ha investito 4,5 milioni di euro, forte del successo di pubblico del 2024, stimato in 300 mila persone per la Corsa Rosa e 75 mila per la Grande Boucle. Ricadute che, come ha dichiarato il presidente Cirio, hanno portato a un impatto economico di oltre 34 milioni (27,5 per il Giro e 6,88 per il Tour). Di fatto, sottraendo la spesa sostenuta dalle istituzioni, si è calcolato che ogni euro investito ne ha generati circa 8.

In meno di due anni, Torino ha ospitato il via del Giro, una tappa iniziale del Tour e da sabato la Vuelta
In meno di due anni, Torino ha ospitato il via del Giro, una tappa iniziale del Tour e da sabato la Vuelta

Sport, cultura e turismo

Lo scorso anno erano stati celebrati scorci come l’Alessandrino, il Monferrato o l’Astigiano. Questa volta la Regione ha voluto valorizzare terre come il Canavese, le Valli di Lanzo, il Novarese e la parte di “Provincia Granda” del Cuneese non coinvolta nel 2024.

«Ospitare la partenza ufficiale della Vuelta di Spagna 2025 – dichiara Cirio – rappresenta per il Piemonte un’occasione straordinaria di visibilità globale. E‘ anche un riconoscimento al nostro impegno nel promuovere lo sport e il territorio. Dopo il Giro e il Tour, con questa tappa completiamo un percorso che conferma la nostra regione come polo internazionale di eccellenza ciclistica. Sarà un evento che unirà sport, cultura e turismo. Capace di valorizzare le nostre bellezze naturali, storiche ed enogastronomiche. E offrendo a milioni di telespettatori nel mondo la possibilità di scoprire il Piemonte in tutta la sua unicità». La fiesta roja è appena cominciata.

Pidcock e la Q36.5: impatto positivo. Ora serve affinare il sistema

05.08.2025
5 min
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La prima stagione di Tom Pidcock con la Q36.5 Pro Cycling proseguirà con la sua seconda grande corsa a tappe: La Vuelta. Nel frattempo il britannico è tornato a correre e vincere anche in mountain bike. Q36.5 ha voluto anche celebrare questo esordio con un kit speciale dedicato al successo delle Olimpiadi di Parigi 2024. L’arrivo di un corridore del calibro di Pidcock in una formazione professional cattura l’attenzione e diventa anche un modo per confrontarsi, con pari diritto, nel ciclismo dei grandi. 

Alle spalle il deserto, è l’esordio di Pidcock in maglia Q36.5 Pro Cycling all’AlUla Tour, che ha portato due vittorie di tappa e la generale
Alle spalle il deserto, è l’esordio di Pidcock in maglia Q36.5 Pro Cycling all’AlUla Tour, che ha portato due vittorie di tappa e la generale

Partenza col botto

Il britannico ha esordito alla grande all’Alula Tour con due successi di tappa e la vittoria della generale. Il grande exploit è stato però sugli sterrati della Strade Bianche, dove Tom Pidcock ha conquistato uno spettacolare secondo posto alle spalle di Pogacar. E’ mancato forse lo squillo in una corsa importante, con tanti piazzamenti che hanno sicuramente reso orgoglioso il team, ma che non possono aver soddisfatto al 100 per cento un corridore del suo calibro. 

«L’impatto di Tom sul team è stato più che positivo – racconta Gabriele Missaglia, diesse che lo ha affiancato per gran parte della stagione – avevamo bisogno di un corridore del suo livello. Ci siamo messi al lavoro fin dal primo ritiro, a dicembre, e abbiamo capito di aver preso un campione. Fino al Giro le nostre strade sono andate di pari passo, poi ci siamo divisi vista anche la sua pausa dalle corse. Ci troveremo nuovamente insieme a Torino per ripartire con La Vuelta».

Sugli sterrati delle Strade Bianche Pidcock ha lottato contro Pogacar in un duello che ha emozionato i tifosi
Sugli sterrati delle Strade Bianche Pidcock ha lottato contro Pogacar in un duello che ha emozionato i tifosi
L’impatto positivo sul team si è visto già dalla prima gara in Arabia…

E’ partito fortissimo, con il dominio all’AlUla Tour e il bel successo di tappa alla Vuelta Andalucia. Dopo quei primi appuntamenti ci siamo concentrati sulle gare italiane con Strade Bianche, Sanremo e Tirreno-Adriatico. Il secondo posto a Siena dietro Pogacar è stato forse il momento migliore della stagione, mentre il grande rammarico è stata la Sanremo. 

Come mai?

Perché è caduto proprio all’imbocco della Cipressa, in un momento cruciale che era stato approcciato al meglio. Quel giorno era in grande forma ed era uno dei favoriti, la sfortuna esiste e fa parte del ciclismo, ma abbiamo visto che la Sanremo è una gara adattissima a lui

Le Classiche delle Ardenne sono le preferite da Pidcock, per sua stessa ammissione
Le Classiche delle Ardenne sono le preferite da Pidcock, per sua stessa ammissione
Poi avete fatto rotta sulle Classiche delle Ardenne.

C’è stato un periodo di pausa dalle gare per arrivare pronti anche al Nord. Ci siamo concentrati solamente sulle Ardenne, non correndo Fiandre e Roubaix. Anche in questo caso Pidcock ha raccolto ottimi risultati con un terzo posto alla Freccia Vallone e due top 10 a Amstel e Liegi. 

Ancora non si sapeva nulla sull’invito al Giro, che è arrivato poco dopo…

Una volta confermata la nostra presenza alla Corsa Rosa abbiamo deciso di tirare dritto. Credo che Tom abbia onorato la gara, come tutti noi, visto che non c’è stato modo di lavorare al meglio per arrivare pronti. Ha messo insieme diversi piazzamenti di spessore con il tentativo di curare la classifica generale, cosa che in passato non aveva mai fatto volentieri. 

Pidcock ha corso il Giro curando la classifica generale, anche se non è riuscito a prepararlo al meglio
Pidcock ha corso il Giro curando la classifica generale, anche se non è riuscito a prepararlo al meglio
Un sedicesimo posto finale senza grandi acuti, eravate soddisfatti?

Pidcock quando mette il numero sulla schiena parte per vincere, quindi direi che una vittoria di tappa sarebbe stata una buona moneta per ripagare quanto fatto. Però con gli inviti arrivati così tardi era difficile pensare di preparare il Giro al meglio. Se devo guardare a una tappa nella quale avremmo potuto raccogliere di più, dico quella di Siena. Pidcock sulle strade bianche si esalta e quel giorno ha fatto il diavolo a quattro, peccato per la doppia foratura. Avrebbe meritato qualcosa in più. 

Si può pensare di fare classifica nei Grandi Giri?

Forse siamo arrivati a capire che c’è una buona possibilità di fare bene. Al Giro, fino alla tappa di Bormio, Pidcock era vicino alla top 10. Poi nell’ultima settimana ha dovuto tirare fuori le ultime gocce di energia. Serve capire su quali gare concentrarsi, ma è anche vero che siamo una professional e il calendario non è mai una certezza. 

Difficile fare programmi anche con un campione in squadra come Pidcock?

Conta sempre il ranking, per noi sarà fondamentale rientrare tra le prime quattro professional. Ci sarà da vedere alla fine del triennio come saremo messi e quali squadre WorldTour rimarranno. 

Per la Vuelta quali ambizioni ci sono?

Innanzitutto vedremo Tom come tornerà in corsa all’Arctic Race, poi quando lo incontrerò alla Vuelta parleremo e inquadreremo gli obiettivi. Non dimentichiamo che il mondiale in Rwanda è adatto alle sue caratteristiche…