Coach De Maria: «Vi dico quanto vale il nuovo Piganzoli»

08.10.2024
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Il terzo posto al Giro dell’Emilia non se l’aspettava nemmeno Piganzoli. Però nella sua squadra qualcuno era pronto a scommettere in un piazzamento nei dieci. E’ Giuseppe De Maria, tre anni da professionista e dal 2022 allenatore del valtellinese, che Ivan Basso ha fatto di tutto per trattenere anche nel 2025, quando scadrà il suo contratto con il Team Polti-Kometa. Ed è lecito immaginare che la prossima stagione lo vedrà salire un altro gradino, come è successo quest’anno prima, durante e dopo il Giro d’Italia.

«Pensavo che sarebbe potuto arrivare nei dieci – conferma il varesino, classe 1984 – ma non il podio. “Piga” non è un corridore esplosivo per quei finali, ma bisogna considerare che il San Luca arrivava dopo una corsa estremamente dura e lunga. Quindi in realtà non è stata tanto un’azione esplosiva, quanto aver mantenuto un’ottima performance sull’ultima scalata. In più c’era prima una salita più lunga, la giornata era fredda e pioveva, per cui i corridori di endurance sono stati avvantaggiati».

Giuseppe De Maria, a sinistra, assieme a Carlos Barredo, coordinatore degli allenatori Polti (foto Borserini)
Giuseppe De Maria, a sinistra, assieme a Carlos Barredo, coordinatore degli allenatori Polti (foto Borserini)
E da qui partiamo: la sensazione è che nel 2024 Piganzoli abbia salito diversi gradini.

Sì, è la realtà, è un dato di fatto che continui a migliorare. Io lo alleno, analizzo quotidianamente i suoi parametri. E ogni volta che facciamo un blocco di lavoro, un ciclo di carico, lui va più forte di prima. Succede sempre, dal 2022 quando ho iniziato a lavorare con lui. Tendenzialmente questa è una caratteristica dei corridori più talentuosi e che hanno il motore. Tu li stimoli e loro migliorano, mentre altri magari a un certo punto non ce la fanno più. Davide continua a migliorare e dopo il Giro d’Italia, ha fatto un salto in avanti incredibile.

Uno step evidente?

Sappiamo quanto possa essere utile la corsa di tre settimane a quelli che hanno motore. Piganzoli è rientrato praticamente a Burgos, perché dopo il Giro è andato allo Slovenia, ma aveva un problema al ginocchio e si è fermato. E a Burgos è arrivato undicesimo, con un livello di corridori incredibile. Ha fatto la crono migliore della sua vita fino a quel momento (27° a 1’04” da Jay Vine, ndr). Poi in Lussemburgo è andato incredibilmente forte su un percorso di salitelle brevi. E anche lì ha fatto un’altra ottima crono (15° a 43″ da Ayuso, ndr), fino ad arrivare all’Emilia. Nei giorni precedenti vedevo che era a un livello superiore. E quel podio alla fine vale sia per la prestazione, sia per la personalità.

Ha vinto ad Antalya prima del Giro e prima del Giro è andato per la prima volta sul Teide: come è andata?

Ha risposto benissimo. In altura avevamo già preparato i due Tour de l’Avenir con la nazionale a Sestriere e aveva risposto sempre in maniera clamorosa. Ricordo benissimo che dopo ogni blocco di altura, veniva giù e aveva qualcosa più di prima. In ogni caso ha iniziato il 2024 a un buon livello e ha vinto ad Antalya. Poi ha corso la Tirreno e da lì è andato in altura. Quindi ha corso il Tour of the Alps, dove è arrivato decimo, migliorando il 18° posto della Tirreno. Poi c’è stato il Giro, che ha segnato un altro step in avanti. Infatti non aveva mai dimostrato di poter reggere oltre la settimana di gara. Ricordo benissimo l’ultima scalata del Monte Grappa. Forse in televisione non si è visto perché era dietro il gruppettino dei migliori, però è arrivato fra i primi (16°, ndr) nell’ultima tappa di montagna dopo tre settimane del primo Giro d’Italia. Questo è estremamente significativo e dopo il Giro ha cambiato cilindrata, questo è certo.

La 17ª tappa del Giro, quella del Brocon, è stata la più dura per Piganzoli, che è riuscito a salvarsi
La 17ª tappa del Giro, quella del Brocon, è stata la più dura per Piganzoli, che è riuscito a salvarsi
Al Giro ha voluto tenere duro per mettersi alla prova. E’ sempre stato costante?

E’ stato estremamente continuo, tranne una tappa dell’ultima settimana dove è andato in difficoltà. Si arrivava sul Brocon, si è staccato lontano dall’arrivo, ha inseguito fra le ammiraglie per due ore, poi è rientrato sul gruppo dei primi all’inizio dell’ultima salita. E a quel punto ha concluso nei primi venti, salvando la classifica. E’ sempre stato regolare tranne quel giorno in cui poteva compromettere tutto, invece si è salvato con una notevole forza mentale. Al Giro ha tenuto duro un po’ per provarsi e un po’ perché non gli entra in testa di staccarsi e mollare. E’ impossibile. Nessuno riesce a convincerlo. Però quando tiene duro, non lo fa a metà, tiene duro sino alla fine.

E’ quantificabile lo step che ha fatto dopo il Giro?

Abbiamo fatto dei test, ovviamente. Lo step in avanti non è quantitativamente così elevato, il salto di qualità nella performance non è eccessivo. Quello che sicuramente ha ricevuto dal Giro è il discorso della durabilità. Riesce a esprimere un determinato livello con più facilità, più a lungo e di conseguenza anche i finali cambiano. In più, ora che sta prendendo consapevolezza e sicurezza nei suoi mezzi, corre in maniera diversa e quindi funziona tutto meglio. E’ sempre una questione multifattoriale.

Piganzoli ha compiuto 22 anni a luglio, è giovane. C’è da immaginare un inverno più sostanzioso per salire un altro gradino l’anno prossimo?

In realtà continueremo allo stesso modo, ma con più volume. Dopo il Giro, come dicevo prima, ha dimostrato di avere un livello tale per cui si deve allenare di più. E’ chiaro che sul piano mentale questo non sarà facile, però lo deve fare. Se per l’anno prossimo vogliamo immaginare un Giro un po’ migliore di quest’anno, il discorso passa per l’allenamento.

Il podio al GIro dell’Emilia è stato un exploit imprevedibile, anche se la condizione era ottima
Il podio al GIro dell’Emilia è stato un exploit imprevedibile, anche se la condizione era ottima
La sensazione è che fisicamente sia ancora acerbo e possa ancora svilupparsi…

Sono molto d’accordo. All’Avenir del 2022, era sui 62,5 chili e andava ugualmente fortissimo. Al primo anno da pro’ è sceso sui 61 chili, ora resta facilmente intorno ai 60. Però sicuramente ha ancora dei margini, perché avendo fatto tutta la trafila con la Fundacion Contador, ha lavorato in maniera equilibrata. Non bisogna vincere tutto a 19 anni, di conseguenza ci sono degli step ai quali continua a rispondere egregiamente.

Si prevede che dovrà lavorare parecchio anche in palestra quest’inverno?

La palestra è fondamentale per l’aspetto neuromuscolare del movimento e per migliorare l’efficienza del gesto, non prettamente per la forza. E’ già un po’ di tempo che facciamo dei lavori specifici di forza in bici, in rapporto a un corridore con le sue caratteristiche da scalatore.

Vi sentite spesso? Che tipo di rapporto c’è fra voi? 

Un ottimo rapporto. Quando non si corre, mi piace lasciare tranquilli i corridori, perché è giusto che si godano la loro pace. Abbiamo iniziato a lavorare nel 2022 con la Fundacion Contador e da subito le cose sono andate benissimo. Non ricordo una corsa che abbiamo preparato e che sia andata diversamente da come la immaginavamo. Davide è estremamente intelligente, ha due marce in più rispetto a tanti proprio perché è intelligente e responsivo. Ci troviamo molto bene, lui si fida e spesso si esce a cena: lui con la sua fidanzata e io con la mia famiglia. Ho conosciuto i suoi genitori, c’è proprio in bel rapporto.

La crono del Giro del Lussemburgo è stata la migliore del 2024, chiusa a 43″ da Ayuso
La crono del Giro del Lussemburgo è stata la migliore del 2024, chiusa a 43″ da Ayuso
Piganzoli è sempre stato forte a crono: è qualcosa da inquadrare oppure è già al centro del mirino?

E’ già al centro del mirino. Mi sembra che da junior abbia fatto terzo nel campionato italiano della cronosquadre e sia salito sul podio anche nella crono individuale. Al secondo anno da U23, ha vinto il campionato italiano e quella volta c’ero io in macchina. E’ un bel ricordo perché il percorso non ci favoriva, era per gente più pesante. Però siccome c’erano tante curve, abbiamo fatto un grande studio sulle traiettorie, abbiamo studiato il percorso anche su GoogleMaps. E siccome lui guida molto bene la bici da crono, ha vinto con 7 secondi su Montefiori. Invece non è andata per niente bene la crono della Tirreno-Adriatico…

Come mai?

Aveva una posizione sbagliata. Aveva delle pedivelle non giuste. Una serie di cose che non ci convincevano. Così siamo andati dal biomeccanico che l’ha messo a posto e al Giro è andato già molto meglio. A Burgos altro passo avanti. Al Lussemburgo ancora meglio, per cui siamo sulla direzione giusta. Bisogna perfezionare la posizione e lavorare sui materiali, perché i materiali sono determinanti. Però confermo che la crono è al centro delle nostre attenzioni, anche perché lui ci tiene tantissimo. Se vuoi farlo arrabbiare, digli di non curare la crono. Piga va forte in salita e va forte contro il tempo, non vede l’ora che ci sia una crono, non è mai una cosa che gli pesi. Una cosa ce la possiamo dire: Davide Piganzoli è decisamente il prototipo di atleta per le gare a tappe.

EDITORIALE / Pogacar un gigante, ma non perdiamo lo stupore

07.10.2024
5 min
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Il giorno dopo la vittoria di Pogacar al Giro dell’Emilia, Van der Poel ha vinto un’altra Roubaix, anche se questa volta si chiamava mondiale gravel. Una corsa piatta, più corta dell’Inferno del Nord, in cui l’olandese ha fatto valere la sua capacità illimitata di andare forte in pianura. Visto il livello dei rivali e la comodità della bici da fuoristrada, si capisce che Mathieu abbia avuto vita (quasi) facile nel lasciarsi dietro Florian Vermeersch a 13 chilometri dall’arrivo, con Stuyven ed Hermans vicini alla soglia dei 4 minuti. Ben altra fatica è costata la vittoria a Marianne Vos, che il giorno prima ha dovuto vedersela in un arrivo allo sprint con Lotte Kopecky.

La solitudine

Nel ciclismo dei fenomeni, la solitudine è un luogo spensierato in cui far valere la propria superiorità. E’ così da qualche anno a questa parte. Ne abbiamo avuto la conferma nella Roubaix dell’olandese e la riprova ai mondiali di Zurigo e poi a Bologna, dove Pogacar ha polverizzato le velleità dei rivali, prima ancora di polverizzarne la resistenza. Un post di Adriano Malori su Instagram rende perfettamente lo stato d’animo dei rivali al via.

«Immaginate di essere Evenepoel, Roglic, Pidcock. Siete alla partenza del Giro dell’Emilia e guardando verso destra, sulla linea di partenza, vedete questo personaggio qui fresco reduce da un mondiale dominato dopo la doppia corona Giro-Tour. A quel punto le alternative sono due: sperare in una sua foratura a 500 m dall’arrivo (500 m non prima se no fa in tempo a rientrare e vincere). Mandare tutti a quel paese, imprecando perché lui sia anche qui, ed entrare nella classica osteriaccia bolognese e finire la stagione a tagliatelle col ragù e sangiovese. Qualsiasi decisione uno prenda…lui vincerà lo stesso!!».

Evenepoel, Roglic e in mezzo Pogacar: con quale spirito gli altri due erano al via dell’Emilia?
Evenepoel, Roglic e in mezzo Pogacar: con quale spirito gli altri due erano al via dell’Emilia?

Il solo fenomeno

Il giorno dopo la Strade Bianche prendemmo parole per il titolo di un altro editoriale: «Il fenomeno è solo uno, si chiama Pogacar». Lo sloveno era alla prima corsa 2024 e se la aggiudicò con 81 chilometri di fuga solitaria. Sette mesi dopo, avuta la conferma del teorema di partenza, ci troviamo alle prese con un’imbarazzante sensazione di troppo. Non perché sia troppo il vincere dello sloveno o troppo il gap rispetto agli avversari. I numeri ipotizzati giorni fa con Pino Toni, sia pure con criterio empirico che potrebbe essere ridimensionato dalla realtà dei dati, mostrano che contro uno così c’è davvero poco da fare. Contro lui e anche qualcun altro della sua squadra. «Siamo all’Agostoni per vincere – diceva ieri mattina Roberto Damiani – e per fortuna Pogacar non c’è. Il guaio però è che ci sono Hirschi e Christen».

Quando lo svizzero ha vinto la corsa, quelle parole sono risuonate profetiche. Hirschi il prossimo anno andrà via con destinazione Tudor Pro Cycling. Sarà interessante vedere se il cambio di ambiente e di allenatori lo rallenterà o se continuerà in questa meravigliosa scia di vittorie. Il UAE Team Emirates è più che mai la squadra numero uno al mondo ed è così evidentemente in ogni suo comparto.

Strade Bianche, 81 chilometri di fuga e vittoria: il portentoso 2024 di Pogacar era iniziato così
Strade Bianche, 81 chilometri di fuga e vittoria: il portentoso 2024 di Pogacar era iniziato così

Tadej come Binda

Il senso del troppo di cui parlavamo poc’anzi si è riverberato in un pensiero forse poco sportivo durante la cavalcata di Pogacar sul San Luca: lo abbiamo trovato noioso, come se ormai lo stupore si stia affievolendo. Ammettiamo che il suo non essere italiano potrebbe aver contribuito a quella sensazione. Se al suo posto ci fosse stato Piganzoli, saremmo stati per tutto il tempo a incitarlo. Ma forse dopo un anno intero di Piganzoli solo al comando, da amanti del ciclismo e non tifosi di qualcuno in particolare, avremmo avuto la stessa reazione (Piga, tu intanto provaci, poi con la noia facciamo i conti!). E allora c’è venuto in mente quanto accadde con Binda nel 1930.

A causa della sua superiorità, il campione di Cittiglio fu pagato dagli organizzatori per non partecipare al Giro. Gli promisero 22.500 lire, una somma che copriva la vittoria finale più alcune tappe. Binda accettò e ottenne anche il permesso di partecipare ad alcuni circuiti contemporanei al Giro. Così con gli ingaggi raddoppiò la somma ottenuta per non partecipare. Poi andò al Tour, il primo per squadre nazionali, ma dopo una caduta e due tappe vinte, si ritirò. Quando gli fu chiesto il perché, disse che non aveva ancora ricevuto i soldi del Giro. Glieli diedero alla vigilia del mondiale di Liegi, che Binda ovviamente vinse.

Alfredo Binda, 5 Giri, 3 mondiali, 4 Lombardia, nel 1930 fu pagato per non correre il Giro (foto Wikipedia/Mondonico Collection)
Alfredo Binda, 5 Giri, 3 mondiali, 4 Lombardia, nel 1930 fu pagato per non correre il Giro (foto Wikipedia/Mondonico Collection)

La superiorità di Pogacar non ricorda quella di Merckx, cui tanti lo stanno accostando, quando piuttosto quella di Binda. Al giorno d’oggi pare che il Giro paghi i corridori perché vengano al Giro, non certo per lasciarli a casa. Pur continuando a pensare che il fenomeno sia solo lui, speriamo anche che i rivali, da Vingegaard a Evenepoel, passando per Van der Poel, Van Aert e Hirschi, trovino gli argomenti per avvicinarsi un po’. Altrimenti più che di strapotere, sentendoci come quelli cui non va mai bene niente, con una punta di bonaria invidia per gli amici sloveni, bisognerà iniziare a parlare di una simpatica dittatura.

Dietro l’arcobaleno di Pogacar, dalla nebbia sbuca Piganzoli

05.10.2024
7 min
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BOLOGNA – Ventiquattro come le vittorie stagionali. Ventiquattro come le ore che noi comuni mortali impieghiamo a realizzare le imprese che compie ad ogni gara. Ottantasette come le vittorie in carriera. Ottantasette come i chilometri di fuga solitaria totalizzati nelle ultime due corse disputate (a Zurigo sono stati 100 quelli dell’attacco, circa 50 quelli da solo). In mezzo alla nebbia e alla pioggia del Colle di San Luca si staglia l’arcobaleno di Tadej Pogacar che trionfa al Giro dell’Emilia col suo marchio di fabbrica.

La classica bolognese era di fatto la rivincita del mondiale di Zurigo, ad eccezione di qualche assenza, ma per il leader della UAE Team Emirates non è cambiato nulla a parte la sua fiammante maglia iridata. Tutti gli avversari più accreditati sulla carta – su tutti Evenepoel e Roglic, che sul San Luca ci aveva già vinto quattro volte compresa la crono del Giro del 2019 – sono letteralmente spariti in mezzo alle nuvole basse. O schiacciati dal caterpillar sloveno, se preferite. A tenere alta con onore la bandiera italiana ci ha pensato Davide Piganzoli, terzo al traguardo a ruota di Tom Pidcock. Una soddisfazione enorme per il valtellinese della Polti-Kometa essere sul podio assieme al campione del mondo e al campione olimpico della Mtb.

Super Piganzoli

Nella prima sfida dopo la gara iridata, Piganzoli ha risollevato con una grande prestazione sulle strade emiliane le sorti di un’Italia invisibile a Zurigo. Un risultato che col passare delle ore riuscirà a metabolizzare. Lo intercettiamo due volte a cavallo delle premiazioni e sebbene sia loquace il giusto, si vede che dentro ha un uragano di emozioni.

«Sicuramente in Svizzera abbiamo fatto fatica – attacca Davide – però oggi tanti giovani italiani erano davanti. Oltre a me, c’erano Pellizzari, Calzoni, Fortunato. Oggi il livello era molto alto e noi italiani abbiamo fatto molto bene. Certo, essere sul podio con Pogacar e Pidcock mi fa uno strano effetto e so che stasera me ne renderò conto meglio guardando le foto della corsa. Questo podio è un sogno che sta coronando tutto il lavoro che abbiamo fatto. Anzi ieri Ivan Basso mi aveva detto che avrebbe firmato subito per una top 10 tenendo conto del livello altissimo di partecipazione. Oggi lui era in ammiraglia e credo che sia rimasto contento. Spero che mi dica qualcosa di bello (ride, ndr)».

Uno show in maglia iridata. Pogacar attacca al primo dei 5 passaggi sul San Luca e non lo vedono più
Uno show in maglia iridata. Pogacar attacca al primo dei 5 passaggi sul San Luca e non lo vedono più

Salto di qualità

«Pogacar credo che sia il corridore più forte degli ultimi tempi – racconta Piganzoli riferendosi alla gara – e quando è partito non l’ho neanche visto, ve lo dico sinceramente. Personalmente sapevo di avere una buona condizione e mi sono gestito al meglio. Già al secondo passaggio sentivo di stare bene. Ho provato ad attaccare, ma ho capito che non si riusciva a fare la differenza, perché ci si ricompattava subito. Ho deciso di tenere le energie per il finale, volevo fare un bel risultato. Infatti sull’ultimo San Luca ho capito che mi stavo giocando qualcosa di importante. Quando sono partito mi sono detto che era l’occasione perfetta per far vedere quello che valgo e sono riuscito a dimostrarlo».

Rispetto all’anno scorso Piganzoli ha fatto un salto in avanti che forse nemmeno lui pensava di fare. Ci congeda dicendoci che nel suo finale di stagione ci sono ancora Tre Valli Varesine e Lombardia. Ha voglia di togliersi qualche altra soddisfazione. D’altronde, come ci conferma lui stesso, finire con una buona condizione è una bella iniezione di fiducia perché significa aver lavorato bene, sapendo staccare la spina nel momento giusto.

Gianetti non riesce più a trattenere lo stupore: con questo Pogacar è quasi impossibile restare delusi
Gianetti non riesce più a trattenere lo stupore: con questo Pogacar è quasi impossibile restare delusi

Pogacar show

Mancano poco più di cinque chilometri alla fine e Pogacar si è già involato tutto solo da un po’ verso l’ennesima impresa. Di fronte al megaschermo dopo il traguardo, c’è il general manager Mauro Gianetti che guarda il suo ragazzo sotto una fastidiosa pioggerella fine. Sfruttiamo quei minuti prima di poter essere travolti dal pubblico incontenibile.

«Qualsiasi maglia indossi – spiega Gianetti – Tadej va forte. Per lui è un momento magico. E’ andato in progressione da inizio stagione. E’ partito bene, poi al Giro ha alzato il livello e al Tour ha fatto un ulteriore passo in avanti. Dopo di che ha recuperato, si è messo sotto a lavorare con l’idea del campionato del mondo. Ed è riuscito a migliorare ancora qualcosina. Oggi non era in programma un attacco, ma le condizioni meteorologiche hanno fatto la loro parte. Ha seguito Evenepoel nel suo allungo, poi ha visto che erano tutti in difficoltà e che non riuscivano a mantenere il suo ritmo. Finirà con Tre Valli e Lombardia. Lui vuole sempre vincere, però è normale che non può fare il numero ogni volta. Le prossime sono gare diverse dall’Emilia, quindi vedremo come saranno. Oggi all’Emilia ci teneva molto perché negli ultimi due anni era arrivato secondo. E vincere con la maglia iridata è bellissimo anche per noi».

Dopo averlo atteso sotto la pioggia del San Luca, il pubblico si assiepa sotto al podio per Pogacar
Dopo averlo atteso sotto la pioggia del San Luca, il pubblico si assiepa sotto al podio per Pogacar

Il bagno di folla

Statisticamente Pogacar è il primo campione del mondo a trionfare in vetta al santuario bolognese perché nel 1992 quando vinse Bugno si arrivava ai Giardini Margherita ed anche questo fa parte del suo show. Tadej in conferenza stampa è rilassato, come sempre. Non tanto per le sue dichiarazioni che hanno riguardato la corsa di oggi – il difficile confronto tra il San Luca dell’Emilia e quello affrontato all’ultimo Tour – quanto più per saper gestire il seguito di gente che riesce ad attirare ogni volta che vince. Perché si sapeva che avrebbe vinto e come, ma i tifosi, principalmente ragazzini, impazziscono per lui. Siamo certi che le stesse scene si ripeteranno in Lombardia la settimana prossima.

Poker Longo

Se tra gli uomini il pronostico era scontato, anche nella gara femminile si può dire altrettanto. Elisa Longo Borghini sbaraglia la concorrenza centrando l’ottavo successo stagionale e il quarto in cima a San Luca.

«Oggi è stata una corsa bella – ci dice in mixed zone – rovinata purtroppo da un po’ di pioggia. Dopo Zurigo avrei voluto il sole, però è sempre bello correre in Italia con la maglia tricolore. Ci tenevo a vincere perché sapevo che Luca (Guercilena, il general manager, ndr) era qui e ha chiesto esplicitamente a tutta la squadra non di divertirci, ma di vincere. E ho eseguito l’ordine (sorride, ndr).

«Mi sono sentita bene in corsa, anche se ammetto di avvertire la stanchezza di tutta una stagione molto lunga iniziata a febbraio che terminerà fra circa una settimana. Il conto alla rovescia verso le vacanze è iniziato, però sono pronta a dare il mio supporto alla squadra anche nelle prossime corse, cercando di fare buoni risultati. Ho annunciato il mio cambio di formazione, ma fino al 13 ottobre correrò con la maglia della Lidl-Trek e sono molto felice di farlo. E fino al 31 dicembre sono sotto contratto con loro.

«Sicuramente – conclude – la prima vittoria qua al Giro dell’Emilia è stata bella perché era una della poche corse che vincevo all’anno e arrivavo dal quarto posto ai mondiali di Richmond. Questa è stata la più diversa perché di solito si risolveva sempre sull’ultimo muro verso San Luca, mentre stavolta sono riuscita ad allungare in discesa, cogliendo un’occasione. Come dicevo prima, ci tenevo a fare bene anche perché era l’ultima corsa con Ina Yoko Teutenberg. Spero di aver accontentato tutti».

Baroncini e la prima vittoria da pro’: dentro al cambiamento

05.10.2024
4 min
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Il UAE Team Emirates ha chiamato Filippo Baroncini in extremis per correre al Giro dell’Emilia. Così lui si è trovato a dover rispondere all’appello della squadra e si è precipitato all’hotel dove alloggiano gli emiratini. 

«Ero una delle riserve – spiega dopo il pomeriggio movimentato dalla convocazione dell’ultimo minuto – ma Ayuso non sta molto bene quindi tocca a me. Sarei dovuto partire oggi per andare alla Coppa Agostoni e poi alla Bernocchi, invece mi trovo qui all’Emilia, ma va bene comunque. Dopo la vittoria sto alla grande, il morale è davvero alto, diciamo che mi è venuta fame e ho voglia di provare a trovare un altro successo da qui a fine anno. Le corse alle quali guardare sono La Bernocchi e il Gran Piemonte, quindi avanti tutta».

Baroncini usciva molto bene dalla Vuelta, il suo primo grande Giro della carriera
Baroncini usciva molto bene dalla Vuelta, il suo primo grande Giro della carriera

Tre anni dopo

Il 21 settembre il corridore di Massa Lombarda ha vinto la sua prima gara da professionista: la Super 8 Classic, in Belgio. Erano passati tre anni dalla sua ultima vittoria, ottenuta sempre in Belgio ma a Leuven. Un successo che gli era valso il titolo iridato tra gli under 23. Da quel momento in poi la carriera di Baroncini non è stata in discesa come ci si sarebbe aspettati, ma costellata di infortuni. Gli ci sono voluti poco più di 10.000 chilometri per arrivare a cogliere il primo successo in maglia UAE Emirates

«Il grosso passo quest’anno – dice Baroncini – è stato l’essere seguito in maniera super professionale da un team valido di preparatori e nutrizionisti. In generale il team mi segue con grande attenzione e con la cura di una famiglia. Il cambio sostanziale penso sia arrivato grazie a Gorka, il nutrizionista della squadra. Ci manda delle tabelle settimanali tarate in base agli allenamenti e al consumo calorico. Alla fine questa è una parte fondamentale, in quanto ci fornisce l’energia per essere sempre in forza e mantenere il peso costante. Per quanto riguarda i chilometri fatti in corsa ero consapevole di averne accumulati tanti ma non 10.000. Ho chiesto io al team di farmi gareggiare parecchio, sono uno che ne ha bisogno per trovare la condizione».

Al Pantani è stato protagonista di un’azione di 70 chilometri, ripresa solo nel finale
Al Pantani è stato protagonista di un’azione di 70 chilometri, ripresa solo nel finale
A inizio anno qual era il focus della stagione?

Ritrovarmi e ritrovare il risultato. Ne sentivo la necessità e il fatto di aver messo alle spalle il mio primo Grande Giro mi ha dato una grossa mano. Dalla Vuelta sono uscito molto bene, me ne sono accorto nella cronometro finale e nei giorni successivi. 

Sei migliorato tanto alla corsa spagnola?

Ho sentito di aver fatto un grande step, ma non mi sarei aspettato potesse essere così grande. Negli anni scorsi, complici gli infortuni, non mi sono mai sentito più in forma rispetto a quando ero under 23 e avevo una condizione super. Diciamo che la vittoria in Belgio me l’aspettavo, dalla Vuelta ma anche dal Pantani.

Dopo tre anni sul traguardo l’urlo a sfogare la rabbia
Dopo tre anni sul traguardo l’urlo a sfogare la rabbia
Ci eri andato tanto vicino, come ci sei rimasto?

Mi hanno ripreso solamente negli ultimi 500 metri. La sensazione maggiore però è stata sempre la consapevolezza di star bene. Alla fine non puoi essere triste quando ti riprendono negli ultimi metri dopo una fuga di 70 chilometri. Chiaro, mi è dispiaciuto. Ma il morale è rimasto alto. 

Pochi giorni dopo in Belgio finalmente la vittoria.

Una liberazione grandissima, mi sono passati in testa tutti i momenti brutti e sono andati via. Sono un atleta che corre sempre per vincere. Negli ultimi 4 chilometri mi ricordo di aver realizzato cosa stava per accadere e me la sono goduta tutta. Ho versato qualche lacrima dopo il traguardo, per la gioia, per la rabbia degli ultimi anni. Per tutta la giornata ho provato ad attaccare, ad andare via da solo ma non riuscivo. Mi rendevo conto di avere una grande rabbia agonistica. 

Dopo la vittoria si fa largo un sorriso largo come tutto il volto
Dopo la vittoria si fa largo un sorriso largo come tutto il volto
Cosa hai capito?

Che posso far soffrire anche i professionisti e che mi posso divertire. 

Un successo che servirà tanto per trovare la fiducia giusta e la motivazione per fare un bell’inverno. 

Certo. Ora ci sono le gare di fine anno e voglio provare a replicare. Però la vittoria in Belgio mi darà una mano nel passare un inverno al 100 per cento focalizzato sull’essere un atleta e ripartire forte.

Davide Cassani e il Giro dell’Emilia, una storia d’amore

04.10.2024
4 min
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Archiviato il mondiale di Zurigo, il gotha del ciclismo mondiale si sposta in Italia dove domani, sabato 5 ottobre, si correrà la 107ª edizione del Giro dell’Emilia. L’ex CT Davide Cassani quella corsa l’ha vinta ben tre volte, con la doppietta 1990-1991 e poi nel 1995 (foto in apertura). Lo abbiamo raggiunto al telefono per farci raccontare qualche aneddoto sull’Emilia e sulla mitica salita del San Luca, che sabato i corridori affronteranno 5 volte.

Il Giro dell’Emilia partirà domattina alle 11,10 da Corso Mazzini a Vignola. Via ufficiale in località Due Ponti
Il Giro dell’Emilia partirà domattina alle 11,10 da Corso Mazzini a Vignola. Via ufficiale in località Due Ponti
Davide, domani si corre il Giro dell’Emilia, una corsa a cui tu sei particolarmente legato

Quella era proprio la mia corsa. L’ho vinta tre volte, poi un anno ho fatto secondo e un altro terzo. Vuoi per il percorso adatto a me, vuoi perché è vicino a casa, ma insomma ero sempre lì. Poi ai miei tempi non si arrivava in cima al San Luca, ma la salita si faceva lo stesso.

Parlavi delle tue vittorie, ce le racconti?

Quella del 1990 è stata certamente una delle più belle della mia vita. E’ stato un insieme meraviglioso di prime volte. Era la prima volta che mio figlio veniva a vedermi in gara, in più era il giorno del suo primo compleanno. E proprio quel giorno ho vinto per la prima volta la corsa di casa mia. Indimenticabile. L’anno dopo, nel ’91, ho battuto un giovanissimo Ivan Gotti. Allora si arrivava in via Indipendenza a Bologna, nel finale siamo rimasti solo io e lui e ho vinto in volata.

Mentre la terza?

Era il 1995 ed è stata molto particolare, perchè fu la mia ultima vittoria da corridore, pochi mesi prima di ritirarmi. Dovevo partire con la nazionale per i mondiali in Colombia, ma chiesi ad Alfredo Martini di poter spostare il mio volo di un giorno. Lui, con la sua saggezza, acconsentì. Quel giorno stavo talmente bene che dissi ai miei compagni di tenere la corsa fino ai 50 chilometri dall’arrivo, che poi ci avrei pensato io. E così è andata.

Il Giro dell’Emilia 2023 è stato di Roglic, che sul San Luca ha preceduto Pogacar e Simon Yates
Il Giro dell’Emilia 2023 è stato di Roglic, che sul San Luca ha preceduto Pogacar e Simon Yates
Veniamo ai giorni nostri. Come vedi la gara di sabato?

Sabato c’è un uomo da battere e sarà difficilissimo per tutti gli altri, viste le caratteristiche sue e del percorso. Penso proprio che possa vincere la sua prima corsa in maglia di campione del mondo.

Immagino che tu stia parlando di Pogacar. Quindi non vedi alternative?

Dopo quello a cui abbiamo assistito domenica a Zurigo la vedo dura, molto dura.

Però negli ultimi due anni non è mai sembrato al top in questa gara, ha perso da Mas e da Roglic. Quasi la prendesse come una rifinitura per il Lombardia. 

Ma tenete conto che non è mai stato così forte e solido come in questa stagione. Credo che possa divertirsi e farci divertire.

Va bene, allora facciamo un gioco. Cosa faresti se fossi il DS di uno dei suoi rivali? 

Bella domanda. Il problema è che può contare anche su una squadra fortissima a sua completa disposizione. Evenepoel o qualcun altro potrebbe anche cercare di anticipare, ma a quel punto lui potrebbe mettere i suoi a tirare e poi partire in contropiede in prima persona. Sempre che non decida di partire da lontano, o da lontanissimo, direttamente lui, magari a tre o quattro giri dalla fine. Con una corsa così di invenzioni se ne possono fare poche secondo me.

Nel 2022 è stato Enric Mas ad alzare le braccia, staccando Pogacar e un indomito Pozzovivo
Nel 2022 è stato Enric Mas ad alzare le braccia, staccando Pogacar e un indomito Pozzovivo
Sembri proprio escludere qualsiasi scenario che non sia la vittoria del neo campione del mondo.

Sai, poi ogni gara fa storia a sé. Per esempio bisogna vedere quanto ha speso al mondiale, se quello sforzo magari gli è rimasto nelle gambe. Gli altri dovranno essere bravi nel caso a cogliere il momento, se mai dovesse manifestare qualche segnale di difficoltà. Ma ripeto: per come la vedo io, in una corsa così, con un corridore del genere, gli spazi per la fantasia sono abbastanza limitati.

Allora torniamo a te. Qual è il più bel ricordo che hai del San Luca?

Forse il più bello è la prima volta che ci sono stato con mio padre, da bambino. Mi ricordo che mi emozionò vedere dall’alto lo stadio del Bologna che è proprio lì sotto e capii subito che era un luogo magico. Poi ho visto arrivare il Giro d’Italia e il Tour, momenti in cui il San Luca è diventato a sua volta uno stadio. Uno stadio verticale e bellissimo che ha accolto migliaia e migliaia di persone da tutto il mondo. Come succederà di nuovo, per l’ennesima volta, anche domani.

De Cassan l’esordio all’Emilia, la Eolo e il grazie al CTF

11.10.2023
4 min
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La Eolo-Kometa ha ufficializzato l’arrivo di Davide De Cassan nella prossima stagione. Il corridore classe 2002 ha già esordito con la squadra di Ivan Basso e Alberto Contador al Giro dell’Emilia. La sua prima gara da professionista è stata una festa, con tanta gente che è venuta a vederlo, tra cui la sua famiglia. Momenti che De Cassan non dimenticherà mai, soprattutto perché ha corso accanto ai campioni di oggi e domani. Sulle rampe di San Luca ha lottato gomito a gomito con Pogacar, Roglic, Mas e Simon Yates

«E’ stata una giornata pazzesca – dice ancora emozionato De Cassan – il livello della corsa era altissimo. Quando ho letto la startlist e ho realizzato con chi avrei corso non ci credevo, un conto è vederli in tv o leggerli su un foglio, un altro è correrci accanto. Nei momenti in cui ero lucido al di fuori della corsa pensavo “Wow!” Ma la gara è gara e quando è stato il momento di prendere la posizione non ci ho pensato».

La Eolo-Kometa con De Cassan al Giro dell’Emilia
La Eolo-Kometa con De Cassan al Giro dell’Emilia

La prima tra i pro’

Un esordio del genere, tra i professionisti e in una corsa di alto livello fa piacere, e lascia intendere l’idea che la Eolo si è fatta di De Cassan. Ma cosa hanno chiesto al giovane di Riva del Garda una volta in gara?

«Avevo il compito di portare Fortunato nelle prime posizioni una volta entrati nel circuito del San Luca – ci spiega – fin lì sono andato bene. Poi le gambe erano quello che erano, il Giro dell’Emilia è davvero duro: 204 chilometri e tanta salita, tra cui 5 volte la scalata del Santuario.

«Dopo essermi sfilato ho comunque voluto finire la gara. Lo volevo fare per me ed è stata una cosa pazzesca. Il pubblico a bordo strada era tantissimo e caldissimo, se ci penso ho ancora la pelle d’oca. La sera stessa ero provato, anche se l’adrenalina mi ha aiutato a smaltire la fatica». 

Per Davide De Cassan un esordio tosto all’Emilia
Per Davide De Cassan un esordio tosto all’Emilia
La tua famiglia era lì a bordo strada, com’è stato?

Bellissimo anche questo, la sera tornando a casa abbiamo realizzato insieme cosa era successo. Le altre volte parlavamo di dinamiche di corsa di gare under 23, mentre sabato scorso parlavamo di Pogacar, Roglic e Yates. Per loro forse è stato ancora più assurdo, perché lo hanno visto da fuori. 

Il prossimo inverno sarà con la maglia Eolo, dopo tre anni di CTF Friuli, che sensazioni hai?

Eh… Sarà strano. Da un lato mi dispiace ma è anche giusto così, devo metabolizzare. Sono contentissimo di passare pro’ e un po’ mi mancheranno. Al CTF devo tantissimo e li ringrazierò per sempre, perché sono stati una parte importante della mia vita. Tre anni non si dimenticano facilmente. Per me si è rivelato l’ambiente giusto per crescere e maturare. Infine devo tanto anche al mio manager Raimondo Scimone, senza di lui tutto questo sarebbe sicuramente più difficile.

Davide De Cassan lascia il CTF Friuli dopo tre anni d’intense emozioni (foto Instagram)
Davide De Cassan lascia il CTF Friuli dopo tre anni d’intense emozioni (foto Instagram)
Che regalo farai al CTF per salutarli?

Non so, forse una maglia della Eolo, mi sarebbe piaciuto regalargli una vittoria a San Daniele, ma ho perso il momento giusto. Quindi penserò bene a cosa regalare a Renzo (Boscolo, diesse della squadra, ndr) e al team. 

Il passaggio a metà anno alla Eolo com’è stato?

E’ stato graduale, con un approccio tranquillo e sereno così come il mio esordio in gara. Le Eolo e il CTF avevano deciso il calendario insieme fin dall’estate, per arrivare al meglio nel 2024. In questo modo il prossimo anno non sarà tutto nuovo. 

Gli allenamenti?

Non ci sono state grandi differenze, ma è giusto così. Non dovevo soffrire troppo il cambio, ci sarà tutto l’inverno prossimo per capire e adattarsi alla nuova categoria. 

L’ultima gara disputata in maglia CTF Friuli è stata la Coppa Città di San Daniele, chiusa in quinta posizione (photors.it)
L’ultima gara disputata in maglia CTF Friuli è stata la Coppa Città di San Daniele, chiusa in 5ª posizione (photors.it)
Più di 200 chilometri in corsa non li avevi mai fatti, com’è stato aggiungere quei 20-30 chilometri?

Pesano tanto, soprattutto quando non devi farli in altre gare. Alla Coppa San Daniele, corsa con il CTF che era di 160 chilometri, mi sentivo bene. Dopo 3 ore e 30 di gara le gambe rispondevano ed ero lucido. Aggiungere un’ora di sforzo a quei ritmi è difficile e il prossimo inverno sarà importante in vista del 2024. 

Ora che corse farai?

Ho fatto il Gran Piemonte giovedì scorso, ora le gare in Veneto: Giro del Veneto e Veneto Classic.  

Lucca, il primo anno da pro’ fra luci e qualche rimpianto

11.10.2023
4 min
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CARPI – Ogni ciclista sa che nel professionismo trova il primo step verso la propria realizzazione. Una volta fatto il salto tra i “grandi” bisogna riordinare le idee e fare i conti con un mondo che va a velocità folli, dove cane mangia cane. La storia di Riccardo Lucca che vi abbiamo già raccontato, dimostra che il passaggio tra i pro’ è un momento delicato da non sottovalutare anche se all’anagrafe hai 26 anni. 

Siamo a Carpi, a pochi minuti dalla partenza del Giro dell’Emilia e Riccardo scende dal bus della Green Project-Bardiani CSF Faizanè per fare un bilancio di questo suo primo anno da professionista. Disponibilità e gentilezza sono due caratteristiche che il giovane trentino non ha sicuramente perso. 

Per Lucca il 2023 si chiuderà con 70 giorni di corsa a dimostrazione si un ottima costanza
Per Lucca il 2023 si chiuderà con 70 giorni di corsa a dimostrazione si un ottima costanza
Come arrivi a questo finale di stagione?

In buona condizione, meglio di altri periodi anche rispetto agli scorsi anni. Anche se sono proprio due cose diverse. Facevo appuntamenti importanti e alcune gare coincidevano, ma non puoi paragonarle.

Com’è andato questo tuo anno da neo pro’?

Ho fatto fatica rispetto come mi aspettavo. E’ stato un avvio di stagione con un calendario super, perché ho iniziato con il UAE Tour, poi abbiamo fatto la Strade Bianche, la Tirreno e la Sanremo. Insomma, quando è arrivato il Giro non ero troppo pronto, quindi non sono stato selezionato.

E la seconda parte di stagione?

Siamo andati in Cina e abbiamo fatto un super lavoro vincendo la generale. Sento di aver trovato un buon ritmo.

A livello di preparazione senti di essere arrivato pronto a questo passaggio?

L’anno scorso ho corso tanto, senza aver mai un mese in cui stavo completamente fermo. Così anche quest’anno, perché lo finisco con 70 giorni di gara. C’è stato il periodo prima del Tour of the Alps, dove sono stato un mese senza correre, però comunque va a finire che vai in montagna e non si può dire che ti fermi.

Per Lucca il primo anno da professionista è stata l’occasione per aggiustare la preparazione
Per Lucca il primo anno da professionista è stata l’occasione per aggiustare la preparazione
Ti rimproveri qualcosa in questa stagione? Hai detto prima che non sei stato selezionato al Giro d’Italia…

Secondo me ho iniziato troppo piano, perché non ero nella condizione in cui sarei dovuto essere. Con il calendario che mi aspettava non ero prontissimo. Insomma, se già a inizio anno ti ritrovi un po’ a inseguire, questa cosa ti destabilizza, quindi ho imparato che il prossimo inverno devo lavorare molto di più.

Ti è mancato qualcosa a livello di preparazione o fisico?

Al livello di preparazione. A Maiorca abbiamo preso la neve e mi sono raffreddato. Quello un po’ mi ha destabilizzato la prima parte di stagione. Certe cose non le puoi prevedere. Però recrimino il fatto di non essere arrivato pronto come avrei dovuto

La partecipazione al Giro d’Italia 2024 sarà tuo obiettivo primario?

Assolutamente sì. Com’è giusto che sia, questo primo anno mi è servito anche per prendere le misure in vista delle corse importanti. 

Riccardo Lucca alla Strade Bianche 2023
Riccardo Lucca alla Strade Bianche 2023
Nella Green-Project hai trovato un ambiente che ti è piaciuto?

Un bel gruppo con tanti giovani. Certi fanno solo un calendario U23 quindi li vedi un po’ meno. Però siamo un team affiatato e questo è importante, perché stiamo tanto in giro e altrimenti ti peserebbe troppo. 

Hai legato con qualcuno in particolare?

Sì, un po’ più con quelli con cui ho fatto il ritiro, quindi Santaromita e Nieri, con cui mi sono trovato molto bene. Poi a fine anno le strade si dividono, come succede in ogni squadra del resto. 

Per il prossimo anno ti sei dato degli obiettivi?

Non al momento. Non avendo ancora un calendario definitivo preferisco chiudere questa stagione nel modo giusto. Non si sa ancora se faremo la trasferta in Argentina o da dove inizierò io. So solo che durante questo inverno dovrò lavorare di più per farmi trovare più pronto indipendentemente dalle gare. 

Un voto per il 2023 di Aleotti? «Non classificabile»

05.10.2023
5 min
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Gli abbiamo chiesto di dare un voto alla sua stagione. Giovanni Aleotti ci ha risposto con un “non classificabile”. Non per demeriti, ma per una serie di continui e singhiozzanti eventi sfortunati. Da inizio anno infatti, il classe ’99 emiliano ha dovuto fermarsi molteplici volte. Infortuni e intoppi sempre più o meno brevi, ma che hanno condizionato e obbligato a una rincorsa continua del risultato. 

Sabato è sfrecciato davanti ai nostri occhi sulle ripide pendenze del San Luca con convinzione e un ottimo colpo di pedale. Azione provata ai meno 20 chilometri dall’arrivo, neanche a dirlo neutralizzata da una foratura subita proprio sul punto più duro delle Orfanelle. Il suo triennale scade quest’anno, ma seppur non in maniera ufficiale Aleotti sa che potrà proseguire il suo cammino in Bora-Hansgrohe anche in futuro. Una squadra che lo sostiene e quando la condizione glielo permette dove riesce a trovare spazio per sfamare le proprie ambizioni.

Giovanni Aleotti quest’anno ha dovuto fare i conti con piccoli infortuni e Covid
Giovanni Aleotti quest’anno ha dovuto fare i conti con piccoli infortuni e Covid
Ti abbiamo visto sfrecciare prima nella discesa e poi nella salita del San Luca. Sembri aver trovato un buon colpo di pedale in questo finale di stagione?

Sto bene, la condizione è molto buona. Diciamo che manca il risultato che lo dimostra. Il Giro dell’Emilia per me è una corsa si può dire di casa. Conosco benissimo le strade, quindi mi sentivo bene e alla fine con un livello così alto la mia idea era quella di cercare di anticipare. All’entrata del pezzo più duro nelle due curve delle Orfanelle ho forato e ho cambiato la ruota, poi ho cambiato la bici nella discesa. Ho forato di nuovo sulla bici di scorta e sono anche caduto. Per fortuna senza farmi particolarmente male. 

Tripla sfortuna…

Sì, diciamo che questa corsa è stata l’emblema della stagione.

Che voto dai a questo tuo 2023?

E’ difficile dargli un voto. So di aver fatto tutto quello che potevo e più che altro ho passato tutto l’anno a combattere con la sfortuna. A partire da inizio stagione, da quando mi sono preso una bronchite in Oman a febbraio. Poi dovevo rientrare alla Coppi e Bartali e sono caduto in allenamento e mi sono aperto una mano e quindi sono stato fermo ancora. Sono tornato, ho fatto le Ardenne dove mi sono messo al servizio degli altri. Ho avuto un’infezione all’occhio. Poi sono andato al Giro, dopo cinque giorni ho preso il Covid. 

Aleotti ha dovuto abbandonare la Coppi e Bartali e cambiare i programmi per la ferita alla mano
Aleotti ha dovuto abbandonare la Coppi e Bartali e cambiare i programmi per la ferita alla mano
Il Covid ti ha lasciato un qualche strascico nella stagione?

In realtà non in modo particolare. Sono andato a casa che stavo malissimo. Sono partito nella tappa di Napoli che non lo avevo ancora, ma sentivo che c’era qualcosa che non andava. Ho sofferto tantissimo. Facevo fatica a stare attaccato al gruppetto, tanto che appena sono arrivato ancora prima di entrare sul bus mi sono isolato dalla squadra e il dottore mi ha fatto prendere precauzioni perché comunque erano sensazioni troppo brutte. La sera avevo la febbre a 40 ed ero distrutto, però nel giro di cinque o sei giorni mi sono ripreso.

Hai dovuto fare qualche riabilitazione, visita medica particolare prima di ripartire?

Noi abbiamo un protocollo interno della squadra, con lo staff medico che ci segue costantemente. Mi sono affidato a loro, mi hanno detto quali esami fare, dopo essere risultato negativo. Ho fatto quindi esami del sangue, visita medica, controlli al cuore e tutto quanto per ripartire con le precauzioni giuste.

Al Giro della Slovenia è riuscito a trovare una buona condizione chiudendo al quarto posto nella generale
Al Giro della Slovenia è riuscito a trovare una buona condizione chiudendo al quarto posto nella generale
Dopo il Giro sei riuscito a trovare un po’ di continuità?

Sì, sono andato allo Slovenia dove ho chiuso quarto in generale e ho centrato due top 10. In questo finale di stagione sto vedendo una buona forma. Anche in Canada comunque, specialmente a Montreal, sono riuscito sempre a stare davanti nonostante sia venuta fuori una corsa durissima. Mi manca sempre quella conferma del risultato che citavo prima.

Nonostante questi continui “stop and go” sei riuscito a non rimanere troppo indietro?

Sì e di questo sono contento. Non ho mai trovato difficoltà a ritornare in buona forma. L’aspetto più difficile è stato quello mentale. Fa male vedere tutti i sacrifici continuamente buttati non per colpa tua e non è facile ripartire ogni volta.

Ora però puoi dire la tua in questo finale di stagione…

Faccio ancora due corse qua in Italia, il Piemonte e il Lombardia. Dopodiché probabilmente andrò in Cina, quindi ancora qualche opportunità c’è.

Per il 2024 ci sono tutti i presupposti per vedere Aleotti in maglia Bora
Per il 2024 ci sono tutti i presupposti per vedere Aleotti in maglia Bora
Analizzando invece questo tuo terzo anno in Bora ti sei sempre sentito in fiducia?

Sì, specialmente nella prima parte di stagione, avendo avuto così tanti problemi. Ad esempio, sono andato per le corse nei Paesi Baschi con una condizione non all’altezza e chiaramente mi sono messo a disposizione della squadra. Così come alle Ardenne. Dallo Slovenia in avanti, passato il periodo del Tour de France dove non c’erano corse, ho sempre avuto il via libera per giocarmi le mie carte. Penso che alla fine ci siano anche delle dinamiche interne per le quali uno pian piano guadagna spazio quando inizia a dimostrare corsa, dopo corsa di stare bene. 

Le tue ambizioni per il futuro si sposano con quelle della Bora? 

E’ un momento in cui ci sono alcuni fenomeni che passano e sono competitivi subito a vent’anni. Però sì, io guardo me stesso e vedendo questi ultimi due mesi ho avuto la conferma di saper lavorare bene. Vedo una crescita nelle mie prestazioni e riesco ad essere consistente quando mi prefisso degli obiettivi. 

Per il 2024 il tuo cammino prosegue nella formazione tedesca?

Non è ufficiale, posso dire che io mi trovo bene e che da entrambi i lati c’è voglia di continuare insieme. 

Emilia, derby sloveno a Roglic. Che saluta la Jumbo…

01.10.2023
6 min
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SAN LUCA – Le terribili rampe che dall’Arco del Meloncello conducono alla Basilica di San Luca sono come quelle delle scale di casa sua per Primoz Roglic. Le conosce a memoria e non sbaglia mai, o quasi. Il capitano della Jumbo-Visma vince il Giro dell’Emilia per la terza volta (su quattro partecipazioni) ed anche il derby sloveno, anticipando Tadej Pogacar poco prima del traguardo, mentre terzo arriva Simon Yates.

Con il successo numero 15 in quella che è già la sua migliore annata in termini di risultati, Roglic ha aperto il trittico di sfide al suo connazionale della UAE Emirates (rivincite martedì alla Tre Valli Varesine e sabato prossimo al Lombardia) e ha iniziato a chiudere i conti con la sua attuale formazione. Il vincitore del Giro di quest’anno, per sua stessa ammissione prima del via, lascerà la Jumbo-Visma dopo otto stagioni e vuole farlo nel migliore dei modi.

Terzo Emilia per Roglic dopo i trionfi del 2019 e 2021. Quindicesima vittoria stagionale, ottantesima in carriera
Terzo Emilia per Roglic dopo i trionfi del 2019 e 2021. Quindicesima vittoria stagionale, ottantesima in carriera

Testa a testa emiliano

La ristretta zona dietro al palco delle premiazioni è un porto di mare. Chiunque si infila oltre le transenne per strappare un autografo o un selfie con i primi classificati. C’è anche una ragazzina emiliana che nella notte ha fatto un cartellone in sloveno per il suo idolo Roglic. D’altronde con due campioni come lui e Pogacar diventa praticamente impossibile arginare questa ondata di persone con buona pace di massaggiatori, stampa e chaperon. Il botta e risposta a distanza lo inizia Pogacar che scende le scale del podio con in braccio la classica mega-mortadella ed un’espressione che tradisce delusione. L’impressione è che Tadej dal Tour in poi non riesca o non sappia come battere i Jumbo. Forse è più questo stato d’animo che lo affligge piuttosto che il secondo posto in sè.

«Ho provato ad attaccare – spiega Pogacar in mezzo alla folla – ma non è stato sufficiente. Avrei dovuto affrontare il pezzo più duro ad una velocità molto più alta, ma non sono ci sono riuscito. Alla fine eravamo tutti stanchi all’ultimo giro. Sapevo che si sarebbe deciso negli ultimi 400 metri perché eravamo in tanti. Però ci ho provato lo stesso e Roglic ci ha infilati nel finale. Sì, è stato un bell’uno-due sloveno ma preferivo a posizioni invertite».

Pogacar si avvia verso il podio-premiazioni con un pizzico di amarezza. Ma la gamba è migliore di quella dell’anno scorso
Pogacar si avvia verso il podio-premiazioni con un pizzico di amarezza. Ma la gamba è migliore di quella dell’anno scorso

«Vincere sul San Luca – racconta Roglic con un sorriso disteso mentre è anche lui circondato dalla gente – è sempre una sensazione incredibile. Amo tantissimo questa gara, credo che lo possiate capire. Questa salita è ricca di storia e rende la gara iconica, ecco perché mi piace. Il finale è stato comunque molto duro, San Luca è doloroso. Quindi se sei in grado di soffrire puoi vincere qua in cima. Quando ho sentito di stare bene, ho deciso di dare il massimo nell’ultimo chilometro. Se non ci provi non puoi mai saperlo. Così sono partito, ho visto che avevo preso margine ed ho tirato dritto. E poi sono felice di aver vinto anche per il tifo, che è sempre incredibile».

Rivincite lombarde

I due sloveni sanno che ci sono ancora il secondo e terzo atto del loro personale derby, e che non sono corse semplici. Se Roglic ha vinto tre volte l’Emilia e Pogacar ha raccolto solo due secondi posti, è anche vero che Tadej ha conquistato due Lombardia mentre Primoz non è mai andato a podio. Ecco perché anche quest’anno la classica delle foglie morte sarà la portata principale con la Tre Valli Varesine (vinta da Pogacar nel 2022) a fare da gustoso antipasto.

Il cartello con dedica di una ragazzina emiliana scritto appositamente in sloveno per il suo idolo Roglic
Il cartello con dedica di una ragazzina emiliana scritto appositamente in sloveno per il suo idolo Roglic

«Sicuramente partirò per le corse lombarde – aggiunge Roglic – con più serenità sapendo di aver vinto una bella gara come l’Emilia. Però non posso rilassarmi più di tanto perché al Lombardia non sono mai stato altrettanto bravo come qua o come volevo (miglior piazzamento un quarto posto nel 2021, ndr). Adesso ho una buona condizione e stavolta ci terrei a fare una grande gara».

«Ogni anno al Giro dell’Emilia miglioro sempre un po’ di più – analizza Pogacar – ma non abbastanza per vincere. Anche se non è arrivato il risultato pieno la squadra ha dimostrato di andare forte facendo un gran lavoro, quindi sarà importante fare la stessa cosa anche prossima settimana. Tuttavia vedremo come andrà ora il finale di stagione. Chi arriva in forma quassù significa che sarà davanti anche alle corse lombarde. L’anno scorso sono arrivato stanco al finale di stagione. Quest’anno mi sento un po’ meglio ma sarà tutto da vedere».

Adam Yates e la UAE hanno lavorato molto per Pogacar, ma lo sloveno non è riuscito a fare la differenza
Adam Yates e la UAE hanno lavorato molto per Pogacar, ma lo sloveno non è riuscito a fare la differenza

Toto-squadra per Primoz

Forse non è un caso che Roglic abbia scelto il Giro dell’Emilia per annunciare che nel 2024 correrà per un’altra squadra. E’ la gara di fine stagione che preferisce di più e svelando questa notizia probabilmente è come se si fosse liberato di un piccolo peso. Ovvero, attirare le attenzioni su di sé con questa novità per nascondere eventualmente un cattivo risultato. Ed invece il leader della Jumbo-Visma è stato ben nascosto in corsa lasciandone il peso alla UAE per poi colpire come sa fare lui. Mentre lo accompagnano all’antidoping, ne approfittiamo per le ultime considerazioni sul suo futuro. I rumors lo hanno avvicinato a Ineos Grenadiers, Lidl-Trek, Bahrain, Jayco e negli ultimi giorni anche a Movistar. Tutti lo vogliono – e ci mancherebbe pure – ma lui glissa divertito.

«Quante squadre – conclude il 33enne sloveno arrivato ad 80 vittorie in carriera – che sento dire! Al momento posso solo dirvi due cose. La prima è che era giunto il momento di cambiare squadra. Lo abbiamo deciso assieme con i manager. Sono pronto per nuove sfide. La seconda cosa invece è che comunque davanti a me ci sono ancora due obiettivi importanti come Tre Valli e Lombardia. Voglio provare a centrarli per onorare fino in fondo un team come la Jumbo-Visma in cui ho trascorso un periodo fantastico. Dopo di che la stagione sarà finita e penseremo al resto».

Roglic è scattato nel finale alla sua maniera dopo che ci avevano provato Vlasov, Pogacar e Carapaz.
Roglic è scattato nel finale alla sua maniera dopo che ci avevano provato Vlasov, Pogacar e Carapaz.

«Primoz sarà sempre nel mio cuore come un nostro re – ha dichiarato il general manager Richard Plugge – gli siamo molto grati per aver trovato insieme la strada verso il trionfo. A livello personale lo ammirerò sempre. Sappiamo tuttavia che arriva sempre un momento in cui è meglio separarsi. Lui recentemente aveva chiesto il trasferimento. Abbiamo capito la sua richiesta e siccome abbiamo troppo rispetto l’uno per l’altro per ostacolarci a vicenda, gli abbiamo dato il via libera».