Nel guardare la classifica del Giro d’Albania abbiamo avuto un sussulto: che ci fa Gabriele De Fabritiis al secondo posto in classifica, con al fianco la bandiera del Paese ospitante? Siamo andati a guardare la starting list e la sorpresa è stata ancora più grande, perché i due terzi della squadra avevano nomi o provenienza chiaramente italiana.
Per saperne di più abbiamo chiamato direttamente il corridore sanremese, portacolori dallo scorso anno della Rime Drali e la risposta aggiunge pepe a una storia abbastanza originale anche nel ciclismo di oggi.
«E’ nato tutto quasi per scherzo. Io ho mia madre albanese, ma ho sempre avuto la nazionalità italiana tanto che nel 2022 ho anche corso in nazionale in una corsa a tappe in Ungheria. Un giorno però mi ha avvicinato un tecnico che poi ho scoperto essere Mejdin Malhani, ex professionista oggi cittì della nazionale albanese. Aveva saputo di mia madre e mi ha chiesto se fossi disponibile a vestire la casacca della nazionale. Mi ha detto che la federazione locale sta facendo grandi investimenti come si è visto con l’arrivo del Giro d’Italia. Ci ho pensato, ne ho parlato a casa, abbiamo fatto i documenti necessari ed eccomi qua….».
Perché hai fatto questa scelta?
Le prospettive mi hanno incuriosito, con la nazionale ho la possibilità di fare europei e mondiali, cosa che con l’Italia sarebbe stata molto più difficile. Approdando in nazionale ho poi trovato altri ragazzi che avevano fatto la mia trafila.
Effettivamente nella tua squadra abbiamo trovato Valentino Kamberaj e Flavio Venomi…
Valentino ha entrambi i genitori albanesi, Flavio con cui avevo già corso da junior ha anche lui le origini nel Paese. Adesso abbiamo tutti la doppia nazionalità. E’ stata un’esperienza abbastanza curiosa: io parlo poco albanese soprattutto perché non mi piace esprimermi male, ma lo capisco bene. Valentino e Flavio sono più padroni della lingua, comunque il cittì parlava italiano e nello staff anche attraverso l’inglese ci si capiva bene.
Che realtà hai trovato in Albania dal punto di vista ciclistico?
E’ un Paese in grande via di sviluppo. In Albania il calcio è lo sport nazionale, ha un primato innegabile ma si vedono sempre più spessi ragazzini andare in bici e voler gareggiare. Soprattutto nella capitale Tirana. Il Giro d’Italia poi ha smosso la curiosità, è stato un evento molto seguito. Una straordinaria forma di promozione.
Com’era invece il Giro d’Albania?
Sono rimasto sinceramente stupito. Credevo che sarebbe stata una corsa tranquilla, di livello non molto alto invece mi sono trovato in un consesso importante, con corridori da tutta Europa anche di un certo peso fra gli under 23. Ma soprattutto in una prova organizzata perfettamente, con percorsi dove non trovavi neanche un’auto, con un enorme rispetto per i ciclisti, ma anche con grande professionalità dal punto di vista logistico. Una gara che ha ben poco da invidiare ad altre corse a tappe europee.
Come percorsi?
Io ricordo che ci andavo da piccolo, poi non avevo più avuto occasione di venirci. I tracciati geograficamente sono abbastanza simili all’Italia, ti trovi a pedalare in pianura vicino al mare e a distanza di appena 30 chilometri sei in alta montagna, anche a 1.700 metri di altezza. E’ un bel territorio, so che c’è un forte incentivo a spingere sul turismo, d’altronde i prezzi sono enormemente ridotti rispetto all’Italia.
Dal punto di vista agonistico, quel secondo posto finale ha più il sapore della gioia o del rammarico?
Sicuramente è stato una soddisfazione, unita all’aver vinto la prima tappa. Sapevo che eravamo per la maggior parte in riva al mare e con il vento potevano aprirsi dei ventagli, e così è stato tanto è vero che con il gruppetto di 15 abbiamo guadagnato minuti sul resto del plotone. Alla fine siamo rimasti in 6 e ho avuto partita vinta attaccando nel finale e arrivando da solo. Poi sapevo che dovevo far fruttare quel bottino in salita e così ho fatto, perdendo parte del vantaggio nella tappa più dura. Davanti alla fine è arrivato l’olandese Jonkmans, che era nel gruppetto di testa e che in salita andava meglio.
Come era andata la stagione fino alla tua prova in nazionale?
Senza grandi squilli ma con tanta esperienza accumulata ad ogni uscita, dalla San Geo in poi. Vorrei ripagare il team della fiducia con un bel risultato anche con la maglia Rime Drali ma questi sono giorni complicati con gli esami scolastici alle porte. Spero comunque che nelle internazionali italiane arrivi qualche buon risultato, anche per convincere i selezionatori albanesi a darmi fiducia per l’europeo, sarebbe un’esperienza utile. Il mondiale? No, quello mi sa che è troppo duro…