Modello San Juan, sport e turismo: parla il Governatore

01.02.2023
5 min
Salva

Non sarà forse il tema più attuale nel ciclismo che ci aspetta, ma ci sembrava interessante rileggere la Vuelta a San Juan attraverso le parole del Governatore Sergio Uñac, la cui visione sta trasformando la provincia in una meta per grandi eventi sportivi. La costruzione del velodromo. Lo stadio attiguo. La città dello sport. La corsa ciclistica. I campionati del mondo di hockey a rotelle. I campionati panamericani di giugno. I mondiali di ciclismo su pista del 2025. E prima la candidatura di San Juan a Capitale Americana dello Sport 2024. Tutto quello che accade attorno ha messo in moto un meccanismo che sarà forse presto definire virtuoso, ma che nel giro di pochi anni ha cambiato l’economia della provincia.

Resta da capire se basti lo sport per portare prosperità in un territorio afflitto, come il resto del Paese, da una svalutazione spaventosa. La gente interrogata per le strade è in linea con il lavoro di Unac. I detrattori ci sono, ma in più di un’occasione hanno ammesso che anche le riforme sociali hanno portato a dei miglioramenti.

Incuriositi da un politico che mette lo sport al centro del sistema, abbiamo così rivolto un po’ di domande al Governatore Uñac.

Durante al visita ai giornalisti al nuovo velodromo si è potuto approfondire il rapporto fra San Juan e sport
Durante al visita ai giornalisti al nuovo velodromo si è potuto approfondire il rapporto fra San Juan e sport
Ha detto che lo sport non è un cammino per lo sviluppo, bensì il cammino. Qui lo hanno capito tutti?

All’inizio è stato difficile. San Juan ha sempre avuto un’importante base di sviluppo sportivo, più legato al sociale però che all’alto rendimento. Quando abbiamo deciso di aggiungere questa nuova strategia, c’è stata una discussione sociale sul fatto che avremmo investito denaro per impianti sportivi. Ma col tempo, credo che questa fase di perplessità sia stata superata con assoluta calma e normalità. La società sta valorizzando ciò che stiamo facendo. Le persone stanno vivendo meglio, perché stiamo incorporando nuove attività economiche in relazione con lo sport.

Le persone vivono bene a San Juan?

Abbiamo un tasso di disoccupazione pari al 3 per cento. Ma la svalutazione è un fatto e così per aiutare le famiglie che non hanno entrate sufficienti, abbiamo varato una serie di misure di supporto sul fronte della nutrizione e dell’educazione. Ad esempio, a sostegno delle giovani mamme, il Governo della provincia integra le forniture di alimenti sulla base delle prescrizioni dei pediatri. Vogliamo dare a tutti i bambini della provincia lo stesso punto di partenza, affinché poi si possa andare avanti con la meritocrazia.

Ci sono risultati tangibili?

Non è possibile avere risultati rapidi in questo ambito, ma quando ci arriveremo, tutti avranno le stesse possibilità.

La Scuola dello Sport di Punta Negra avvia agli sport acquatici tutti i bambini della provincia
La Scuola dello Sport di Punta Negra avvia agli sport acquatici tutti i bambini della provincia
La costruzione del velodromo è iniziata poco prima della pandemia. Come l’avete vissuta a San Juan?

E’ stato duro, come dovunque. Però credo che abbiamo trovato il giusto equilibrio. Ovviamente il settore sanitario e i settori della polizia hanno cercato di ordinare le normali attività dei sanjuaninos (gli abitanti di San Juan, ndr). L’economia ne ha risentito, ma ne siamo usciti bene. Penso che oggi si possa dire che a livello mondiale la pandemia sia finita. San Juan ha avuto una rapida crescita. Inoltre le attività che abbiamo organizzato sul fronte dello sport, come ad esempio i campionati mondiali di hockey, ci hanno permesso di risalire.

I giornalisti già presenti alla Vuelta a San Juan 2020 hanno notato grandi differenze.

Abbiamo continuato a costruire gli hotel necessari. Ad esempio, nella provincia di San Juan fra due mesi ci sarà l’inaugurazione di un hotel a 5 stelle, mentre altri stanno sorgendo in più luoghi remoti, ma legati allo sviluppo del turismo termale.

A sinistra il Governatore, con Jorge Chica (sottosegretario allo sport) e Giovanni Lombardi incaricato dei rapporti con i team
A sinistra il Governatore, con Jorge Chica (sottosegretario allo sport) e Giovanni Lombardi incaricato dei rapporti con i team
Di quanto tempo c’è bisogno perché sia ultimata la città dello sport?

C’è abbastanza da fare, perché è un progetto molto ambizioso. Anche se abbiamo già lo stadio per il calcio e il velodromo, restano da costruire gli impianti d’acqua, quelli per lo sviluppo dell’hockey su prato e stiamo già iniziando la costruzione di uno stadio polivalente per i bambini con disabilità. C’è il forte impegno della Segreteria di Stato per lo Sport, che arriva anche qui. Credo che serviranno altri cinque anni. La nostra sfida è portare a termine i lavori e raccoglierne un’altra. Poiché tutto ciò è legato alle alte prestazioni, l’idea è che la società inizi a utilizzare gli spazi comuni che avrà nella Città dello sport. E’ necessario collegare queste grandi infrastrutture con la società.

In Italia abbiamo il problema che sport e scuola fanno fatica a comunicare. Come funzione qui?

Stiamo lavorando per creare una connessione fra le scuole e le società sportive. E siccome avevamo il dubbio che i governanti del futuro potessero interrompere questo processo, abbiamo fatto una legge che impone di proseguire. Scuola e sport vanno di pari passo. Abbiamo 270 mila ragazzi entro i 18 anni. Quando abbiamo cominciato solo l’11 per cento faceva sport. Grazie al nostro programma ora il 28 per cento si dedica allo sport federale, mentre oltre il 60 per cento dei ragazzi comunque pratica un’attività sportiva. Ma abbiamo un problema.

Quale?

I ragazzi non crescono più in strada con un pallone o una bici, hanno più spesso in mano un cellulare. Per questo abbiamo creato un programma perché gli sportivi di alto livello come il nostro Tivani vadano nelle scuole a spiegare il bello dello sport.

L’organizzazione di grandi eventi, spiega Uñac, porta lavoro e turismo. I risultati, parlando con la gente del posto, sono tangibili
L’organizzazione di grandi eventi, spiega Uñac, porta lavoro e turismo
Il Governatore pratica sport?

Sono un grande appassionato di ciclismo, vado quasi sempre nei fine settimana. Cioè quando non lavoro e non fa troppo caldo. Grazie a questa passione stiamo facendo crescere la Vuelta a San Juan. La organizziamo prendendo come spunto il Giro d’Italia, il Tour de France e la Vuelta a Espana. Ascoltiamo tutti i consigli. Giorni fa ad esempio, il fotografo Roberto Bettini e il suo motociclista Vito Mulazzani ci hanno spiegato il modo giusto perché gli addetti al percorso segnalino un pericolo. E’ tutto in divenire e noi ci crediamo davvero tanto.

Attilio Viviani alla Bingoal. E non vede l’ora di correre

23.03.2022
5 min
Salva

Lo dice un vecchio adagio. Non tutto il male viene per nuocere. Quando chiudi il 2021 senza squadra per l’anno successivo e nella nuova stagione sono già passati tre mesi senza che nessuno ti abbia cercato, non è facile sperare in qualcosa di positivo. Invece no, il lieto fine puoi trovarlo all’ultima curva prima del traguardo. Attilio Viviani lo sa bene, lui che proprio ieri ha firmato il contratto con la Bingoal Pauwels Sauces WB sino a fine 2022.

Che qualcosa si stesse muovendo per il veronese – classe ’96, reduce dagli ultimi due anni in Cofidis – lo avevamo intuito quando, contattandolo nelle settimane scorse, ci aveva risposto che non poteva dire nulla. Ordine del suo manager Giovanni Lombardi che nel frattempo stava concludendo la trattativa.

Al rientro dal suo primo allenamento con la divisa della nuova formazione – che è in corsa alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali in questi giorni – abbiamo voluto sentire subito l’umore di Attilio Viviani, apparso davvero felice.

Attilio Viviani mostra felice la sua nuova maglia. Nel team professional belga troverà l’altro italiano Marco Tizza
Attilio Viviani mostra felice la sua nuova maglia. Nel team professional belga troverà l’altro italiano Marco Tizza
Attilio come si è evoluta questa situazione?

E’ nato tutto un po’ per caso con un primo contatto qualche tempo fa ma senza alcun esito. Tutti pensavano che avrei trovato subito posto in quanto fratello di Elia invece non è stato così. Il mio procuratore Lombardi è amico di Christophe Brandt, il general manager della Bingoal, perché si conoscono bene dai tempi in cui erano pro’ e avversari negli anni 2000. Giovanni mi ha proposto a loro e loro hanno iniziato a pensarci su seriamente fino ad arrivare a questi ultimi giorni.

Come hai vissuto questa trattativa?

Mi è pesata poco perché hanno pensato a tutto Giovanni ed Elia. Il primo chiaramente ha curato la parte contrattuale in ogni dettaglio mentre mio fratello ha fatto… il fratello maggiore tenendomi su di morale e motivandomi in ogni momento. Non sono mancati i momenti difficili. Se magari Giovanni riceveva la notizia di un possibile intoppo, Elia aveva il compito di indorarmi la pillola e farmi capire la situazione, guardando il bicchiere mezzo pieno. E’ come se mi avesse fatto da mental coach. In pratica io ho solo pensato ad allenarmi. E non posso che ringraziare davvero di cuore entrambi.

Appunto, con gli allenamenti come hai fatto?

Ho sempre seguito dei programmi di lavoro col mio preparatore, pur sapendo che il tempo delle gare non sarebbe stato vicino. Lo stesso Elia mi diceva di allenarmi bene ma di vivere alla giornata. Ho anche simulato una settimana tipo con tanti chilometri tutti i giorni, come se fossi ad un piccolo giro a tappe. Poi facevo qualche giorno di recupero pieno. Diciamo che l’obiettivo di chilometri e ore totali mensili di allenamenti l’ho sempre realizzato. Comunque a gennaio avevo capito che non si sarebbe risolta in poco tempo questa situazione.

Elia Attilio Viviani
Dopo aver corso insieme alla Cofidis, Elia ha sostenuto Attilio durante le trattative
Elia Attilio Viviani
Dopo aver corso insieme alla Cofidis, Elia ha sostenuto Attilio durante le trattative
Dal punto di vista psicologico hai mai temuto che non si concretizzasse l’ingaggio?

Qualche volta sì. Anzi, ho passato più di una notte insonne, tant’è che il giorno dopo uscivo in bici senza seguire la mia tabella di allenamento. Pensavo a tante cose. Se avrei trovato squadra o meno. Se, una volta trovata, quando avrei trovato il ritmo giusto. Insomma pensieri normali quando vivi circostanze del genere.

Hai trovato alcune di queste risposte? O meglio, quando potresti esordire?

Ad una primissima bozza di calendario avrei dovuto debuttare al Tour de Normandie, che si sta disputando in questi giorni, ma per alcuni aspetti burocratici non avevo ancora l’ok dell’UCI. Molto più facile che possa esordire alla Volta Limburg Classic il 2 aprile o direttamente al Circuite Cycliste Sarthe (dal 5 all’8 aprile, ndr). Sono stato inserito anche nella lista del Giro di Turchia (dal 10 al 17 aprile, ndr), vedremo meglio nei prossimi giorni.

E quando potresti entrare in forma?

Non lo so onestamente. I test che ho fatto dicono che sto bene e sinceramente non me lo aspettavo proprio. La mia paura più grande sarà la mancanza di ritmo e vedere come sarò dopo 4 ore di gara. Sì, ho fatto allenamenti anche da 6 ore ma lo sapete anche voi che in gara è tutta un’altra cosa. In ogni caso la squadra mi ha detto subito che mi aspetterà e per me è un buon aspetto.

Attilio Viviani Cofidis
Attilio Viviani nel biennio 2020-21 ha corso per la Cofidis,con cui è passato pro’
Attilio Viviani Cofidis
Attilio Viviani nel biennio 2020-21 ha corso per la Cofidis,con cui è passato pro’
Ti sei dato qualche obiettivo?

Ho voglia di correre e di riscatto. Quando inizierò a stare bene in gara cercherò di stare e arrivare davanti. Mi manca il risultato ma farò di tutto per ritrovarlo, soprattutto seguendo un calendario adatto a me. Gli ultimi anni al servizio della squadra e di mio fratello mi sono serviti. Ho capito che facevano parte del mio processo di crescita psico-fisica da corridore. Credo di aver fatto un salto di qualità e ora ho molta più consapevolezza dei miei mezzi.

Che cosa ti ha detto Elia quando ha saputo del tuo contratto con la Bingoal?

Era più contento di me (ride, ndr). Lui era convinto che tutto sarebbe andato per il meglio molto più di quanto non lo fossi io. Lui ha un carattere buono in generale ma con me è stato davvero il fratello maggiore che tutti vorrebbero. Le sue parole mi hanno sempre fatto tanto effetto. Adesso sono pronto per correre.

Moscon ritrova la fiducia, il sorriso e… l’italiano

05.12.2021
5 min
Salva

C’era anche Moscon ieri sul volo di rientro dal Kazakhstan alla Spagna e nella valigia, oltre allo stupore per gli scenari mai visti prima, Gianni portava un carico di entusiasmo tutto nuovo, fresco, leggero. Dopo il 2021 delle vittorie di primavera, del Giro corso in grande supporto di Bernal e la Roubaix sfuggita di mano per sfortuna e forse per qualche errore tecnico, il trentino ha voltato pagina. Te ne accorgi da tante spie. Dal tono di voce. Dalla rapidità con cui risponde ai messaggi. Dal fatto di essere uscito da un cono di luce non suo. Si riparte e non da zero. E ha ragione Velasco quando dice che gli sembra di trovarsi nella Zalf in cui corsero assieme.

«Sei anni nel gruppo Ineos sono tanta roba – dice Moscon –  ma non ho nessuna nostalgia. Si chiude un ciclo. Resto in contatto con gli amici, non è un addio. L’ambiente è sempre quello del ciclismo. Ma nella nuova squadra respiro tante sensazioni positive. Sembra davvero lo spirito di quando eravamo dilettanti, l’entusiasmo di quando ogni cosa ti sembra nuova. Credo che l’Astana sia più a misura mia, un ambiente familiare. La forte componente italiana fa la differenza. E vedo in tutti la voglia di tornare a essere una grande squadra».

Moscon ha ritrovato l’equilibrio in una squadra a misura d’uomo e nella sua campagna (foto Instagram)
Moscon ha ritrovato la serenità in una squadra a misura d’uomo (foto Instagram)

Un viaggio impegnativo

Il viaggio è stato impegnativo, come ha raccontato Velasco. Sei ore di volo da Francoforte e cinque ore di fuso guadagnate. Sono sbarcati alle quattro del mattino, la seconda notte sono andati a dormire tardi e il volo di rientro era all’alba. Hanno dormito a dire tanto per due ore, recuperando semmai in aereo. Alle tre del pomeriggio di ieri sono arrivati in Spagna e sono usciti a fare un giretto in bici, per resistere alla tentazione di addormentarsi.

Che effetto ti fa essere in una squadra in cui si parla italiano?

Molto bello, è un valore aggiunto che ti fa sentire a casa. E’ quello che cercavo.

Si poteva cambiare prima?

E’ stato giusto fare sei anni, che per vari motivi sono stati proficui. Ma era arrivato il momento di cambiare, di rimettersi in gioco in una squadra che ha voglia di riscatto. Mi volevano da sempre, avevamo già parlato altre volte. Quando però si sono fatti sotto quest’anno, erano davvero determinati e mi hanno proposto un bel progetto. Trovo un ambiente in cui credono in me al 100 per cento ed è motivante rispetto a quando questa fiducia non era più al massimo.

Le cadute di Roubaix hanno fatto più male al morale o al fisico?

Al morale, al fisico non mi sono fatto niente (ride, ndr). Esco comunque da una stagione positiva. Con tre vittorie, sono tornato ai miei livelli dopo due anni difficilissimi. Il 2020 è stato un buco nero. Peccato per lo scafoide rotto a Kuurne a marzo, sarebbe stata una stagione anche migliore. Era importante fare un buon anno e mi ha dato tanta fiducia.

Quando hai deciso per Astana?

Sarà stato metà agosto, ma non mi ha distratto né mi ha dato motivazioni diverse. Corro innanzitutto per me stesso, per dare il massimo, a prescindere dalla maglia che indosso. E comunque la Ineos è sempre stata corretta nei miei confronti, era giusto dare il massimo sino alla fine.

Come si è svolta la trattativa?

Se ne è occupato Lombardi, che mi aggiornava passo dopo passo. Quando poi abbiamo preso la decisione, mi sono sentito con Vinokourov e Martinelli e a fine settembre ho firmato il contratto.

Settimo ma protagonista alla Coppa Sabatini: con lui c’è Valgren, che vincerà
Settimo ma protagonista alla Coppa Sabatini: con lui c’è Valgren, che vincerà
Che cosa potrà darti Martinelli?

Sicurezza, esperienza e fiducia, che è importantissima perché il corridore dia il massimo. Sto notando una cosa molto positiva e cioè che ci seguono passo dopo passo anche negli allenamenti. Se c’è da correggere qualcosa, te lo fanno notare in tempo reale ed è il segreto del successo. Se invece ti viene dato un programma e devi seguirlo da solo, può capitare che ti allontani dalla linea e arrivi in corsa che non vai come dovresti.

Cosa ti pare del gruppo dei corridori?

Giovani ed esperti, un bel mix, con Vincenzo (Nibali, ndr) che è un riferimento per tutti. Con lui ho un bel rapporto, ci conosciamo da diversi anni. Un’amicizia nata nel ciclismo, ho sempre avuto molta stima nei suoi confronti. Allenarsi con lui, per me che sono cresciuto guardando le sue gesta, non ha prezzo

Attento a come parli, potrebbe pensare che tu gli stia dicendo che è vecchio…

Non è quello (ride, ndr), il fatto è che ha sempre vinto tanto. Quando io ero junior, lui aveva già vinto la Vuelta. Al mio primo anno da under 23, ha vinto il Giro. E’ sempre stato un riferimento.

Con Nibali sempre un buon rapporto: qui al Giro dell’Appennino, nel 2018 leader insieme a Innsbruck
Con Nibali sempre un buon rapporto: qui al Giro dell’Appennino, nel 2018 leader insieme a Innsbruck
Con chi dividi la camera in ritiro?

Con Leonardo Basso, che è un altro valore aggiunto per la squadra. Sa fare il suo lavoro ed è un amico giù dalla bici.

Hai già un’idea di programma o delle corse che vorresti fare?

Ne ragioneremo qui in Spagna. In assoluto direi le classiche e poi uno o due Giri in supporto del leader e pensando alle tappe. Ma è tutto in fase di lancio. Ho iniziato da un paio di settimane a pedalare sulla nuova bici e qui ne approfitteremo per sistemare le misure. Si deve assettare tutto, per essere pronti a correre all’inizio dell’anno.

Procuratori nel ciclismo, utili o necessari?

01.03.2021
4 min
Salva

In questo periodo si parla molto della figura dei procuratori nel ciclismo, anche un tecnico storico come Beppe Martinelli li ha chiamati in causa come componente che fa parte di questo mondo ma deve dare di più e non essere legata solamente al contratto di questo o quel corridore. Quando si parla di procuratori è facile andare con la mente al calcio, dove ognuno ha il suo e anzi se non ce l’hai, una squadra non la trovi più. Nel ciclismo il loro approdo è molto più recente.

Parla Quinziato

«Io ho iniziato a correre fra i professionisti nel 2002 – racconta Manuel Quinziato, noto non solo per le sue grandi qualità di cronoman, ma anche per riuscire a conciliare la professione sportiva con gli studi e la conseguente laurea in legge – ma di procuratori si parlava già da una decina d’anni. Una cosa che ritengo sia alla base della mia professione è che l’impegno non si esaurisce con il mettere sotto contratto un atleta e trovargli una squadra, il rapporto deve continuare tutto l’anno, consolidarsi e per questo credo che sia bene avere un numero limitato di corridori nella propria agenda».

Sagan vince la Roubaix del 2018, l’abbraccio con Lombardi parla di condivisione
Sagan vince la Roubaix del 2018, l’abbraccio con Lombardi parla di condivisione

Scuola Lombardi

Nell’intraprendere questa strada, Quinziato ha avuto un maestro d’eccezione in Giovanni Lombardi, l’olimpionico di Barcellona ’92 oggi considerato, in una recente classifica pubblicata da Forbes, tra i 50 personaggi più influenti nel mondo del ciclismo.

«Abbiamo corso insieme – dice – e mi ha instillato questa passione come modo per poter restituire al ciclismo un po’ di quel tanto che mi ha dato, aiutando i ragazzi a districarsi in questo mondo».

Presenza alle corse

Quinziato, che tra gli altri cura gli interessi fra gli altri di Matteo Trentin (nella foto di apertura, i due sono insieme alla Vuelta del 2018), Jonathan Milan, i fratelli Bagioli, tiene molto all’aspetto umano della sua figura.

«Non so se ricordate il film Jerry Maguire con Tom Cruise – spiega – che seguiva la carriera di un campione del football americano, accompagnandolo in quasi tutte le sue trasferte, facendo da confidente oltre che curatore dei suoi interessi. Il nostro lavoro deve per forza essere così. Io seguo tantissime corse, sono presente con i corridori, ma naturalmente anche con le loro squadre. E se ci sono problemi da affrontare, ad esempio infortuni e conseguenti controlli medici, mi impegno in prima persona. Quando poi si tratta di strategie e di allenamenti, è mio dovere fare un passo indietro, lì contano soprattutto la squadra, il corridore e il rapporto che c’è fra loro».

Lo scouting

A differenza di quanto avviene nel calcio, dove ormai ogni team sa che deve passare attraverso i procuratori e la loro presenza è costante e certe volte anche invadente, nel ciclismo il rapporto con i team è ancora in divenire. Molti direttori sportivi, soprattutto di vecchia guardia, mal sopportano la loro figura, intesa come un semplice intermediario che porta ostacoli e perdite di tempo.

Gianluigi Stanga, tecnico di lunga milizia e che tra l’altro è fra i pochi ad avere anche il patentino Uci di procuratore, a tal proposito ha le idee abbastanza chiare.

Stanga oggi si è defilato, dall’attività. L’ultimo grande team fu la Milram di Petacchi. Qui con Capello il cui figlio è procuratore
Stanga, qui con Capello, ha il patentino da procuratore

«La figura del procuratore nel ciclismo – dice – solo da poco è diventata così importante, perché si vanno a cercare i talenti già nelle categorie giovanili per metterli sotto contratto. Io dico che se questa professione è fatta in maniera corretta, è un bene per il movimento, ma non guardando al proprio tornaconto. Pensare solo a trovare ai corridori residenze all’estero in paradisi fiscali… Avere un procuratore per un corridore non è un obbligo, se sa trattare direttamente i suoi interessi: io presi Fignon e Moser, ad esempio e vi posso assicurare che i loro interessi sapevano curarli molto bene…».

Non da solo

Stanga punta molto sulla professionalità della figura: «Un procuratore non può far tutto, io mi fido più di quelli che hanno insieme a loro commercialisti e avvocati, fanno parte di agenzie ben strutturate in tal senso. L’importante però è che il procuratore abbia sempre a cuore il suo assistito non solo economicamente. Non basta curare i suoi contratti di assunzione e di sponsorizzazione, deve essere una presenza costante, dare un supporto anche alla squadra in questo senso, svolgendo il ruolo di referente, anche e anzi soprattutto quando le cose per l’atleta non vanno. Allora anche i più renitenti alla fine accetteranno di parlare con lui».

Daniela e Marco Ganna, genitori di Filippo, base aerea Rivolto, Giro d'Italia 2020

Pippo Ganna, orgoglio di mamma e papà

19.10.2020
4 min
Salva

I fiori di Valdobbiadene, Filippo li ha regalati a sua madre. Niente di strano. Chi lo ha ascoltato bene, da Imola a Palermo, lo ha sentito dedicare ogni vittoria alla famiglia. Quei fiori Daniela li ha ancora tra le braccia e li stringe come si fa con un bambino. La tappa di Piancavallo è partita da pochi minuti. I genitori di Ganna sono venuti al via per salutare il figlio e ora riprenderanno la via di casa, dove la figlia Carlotta si è fermata per studiare e badare ai cani di famiglia.

Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020
Filippo, detto Top Ganna, con un vero Top Gun: al Giro succede anche questo
Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020
Top Ganna e Top Gun: trovate le differenze…

Cento all’ora

Daniela sorride sotto la mascherina. Ci incontrammo per la prima volta da loro, a Vignone, dopo il primo mondiale dell’inseguimento e il ricordo del calore di casa è ancora vivo.

«Siamo molto legati come famiglia – conferma – quindi a me emoziona molto questa cosa. Vedere come lui vuole bene a sua sorella, il rapporto che hanno loro due… Dico che abbiamo lavorato bene noi genitori».

Ma le mamme si preoccupano. E se abbiamo tremato noi vedendo Pippo scendere da Monreale a velocità folle sulla bici da crono, figurarsi lei. Che lo sottolinea con una risata argentina.

«Ho maledetto il cronista che diceva che stava andando a cento all’ora. Mi dicevo: non pensate alle mamme preoccupate per i loro figlioli? Ogni gara la vivo un po’ in ansia. Penso che per ogni mamma il ciclismo sia un bellissimo sport, con i suoi rischi, però non mi sono ancora abituata all’ansia e alla paura. Cerco di conviverci. Vedo Filippo sereno, convinto ed entusiasta di quello che fa e automaticamente anche io lo divento».

Il sogno Sky

Lo disse Filippo per primo: la squadra dei suoi sogni sarebbe stata la Sky. Poi passò alla Uae, ma il momento in cui Lombardi gli procurò un posto con Brailsford viene ancora festeggiato.

«E’ cresciuto tantissimo – ora è suo padre che parla – soprattutto da quando ha cambiato squadra. Lui ha bisogno di tranquillità. Con Villa è arrivato ai vertici della pista e qua con Cioni, che gli permette di lavorare senza pressione, è diventato grande. Ha inciso tantissimo anche la crono al mondiale dell’anno scorso, perché ha preso molta consapevolezza dei suoi mezzi. Quest’anno ha sempre lavorato bene e i risultati si vedono».

Peter Sagan, Filippo Ganna
Con Sagan nella tappa di Tortoreto Lido, vinta dallo Slovacco
Peter Sagan, Filippo Ganna
Con Sagan nella tappa di Tortoreto

Fiducia al top

Marco Ganna è andato alle Olimpiadi di Los Angeles con la canoa. E’ lui che spesso segue il figlio negli allenamenti e lo ha visto crescere.

«Prima del mondiale era tranquillo – dice – anche se arrivava da una crono favolosa come quella della Tirreno, dopo sei giorni a tirare per Thomas. Questo vuol dire che è cresciuto di testa. Sentirgli dedicare le vittorie alla famiglia è stato un’emozione e un orgoglio. Ci conosci, siamo molto uniti. Quando è partito per il Giro mai avremmo pensato, essendo la prima volta, che vincesse tre tappe. Per ora. Anche quando è partito per il mondiale… Io che lo seguo in allenamento lo vedevo che era migliorato nei suoi tempi, sulle nostre salite e sui nostri strappi, ma fra migliorare e vincere un mondiale ce ne passa».

L’arrivo in salita

E poi c’è il giorno Camigliatello Silano. Quello in cui il gigante vince in salita, aprendo la porta sul seguito di una carriera che potrebbe essere ancor più inatteso.

«Tutti dicevano che in quella fuga lavorava per Puccio – dice – e ho pensato: sì, perfetto, va bene. Poi quando c’è stato lo strappo più duro e mancavano ancora un po’ di chilometri, ho detto: fa una gara come quando era allievo o juniores, non guarda in faccia nessuno. E dopo i due scatti di Carrettero, gli hanno fatto girare le scatole. Ha messo la testa bassa e ha cominciato a menare. A quel punto ho pensato che sarebbe arrivato. L’hanno inquadrato in faccia, l’ho visto che stava bene, aveva una bella faccia».

Dire se avrà un futuro nelle corse a tappe è qualcosa che forse non vale neppure la pena indagare.

«Se lui cresce – dice – nessuno sa dove potrà arrivare. Se anche non diventerà uno da grandi Giri, si toglierà delle grosse soddisfazioni tra cronometro e classiche. Ricordiamoci che quest’anno sulla Cipressa, dopo quasi 300 chilometri, ha scollinato per secondo.

Filippo Ganna, Geraint Thomas
Con Thomas risalendo a fatica l’Etna

Ora i Ganna ripartono. Il viaggio fino a Vignone è lungo, ma l’ultima battuta è per la mamma.

«Già da un po’ vive ad Ascona – dice – che però è vicina. Se vogliamo vederlo, prendiamo la macchina e andiamo. Di una cosa potete essere certi: non si libererà molto facilmente della sua famiglia».