Guarda chi c’è! Stacchiotti di nuovo alla corte di Giuliani

22.08.2022
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Era un po’ che non sentivamo Riccardo Stacchiotti. Il bravo corridore marchigiano, complice lo stop della Vini Zabù era improvvisamente rimasto senza squadra. La ricerca, vana, poi eccolo di nuovo in pista vicino a Stefano Giuliani, il diesse che lo aveva diretto per tanti anni ai tempi della Nippo e poi nel 2018 e 2019 nella Giotti Victoria Palomar.

Riccardo aveva la divisa, ma non quella del corridore. Il saggio tecnico abruzzese lo ha inserito nello staff della Giotti Victoria Savini Due, la continental che dirige con passione. Con che ruolo? Scopriamolo insieme…

“Stacchio” con i ragazzi prima della corsa: consigli e qualche risata per ammorbidire la tensione
“Stacchio” con i ragazzi prima della corsa: consigli e qualche risata per ammorbidire la tensione
Riccardo, un piacere rivederti nella mischia! 

Con Stefano Giuliani ho un bellissimo rapporto, ci conosciamo da anni, sin da quando correvo con lui e c’è grande stima reciproca. Quando ha visto che ormai ero fuori dai giochi ha deciso di ributtarmi dentro. Io c’ero rimasto male.

Come è andata questa avventura con la Giotti?

Mi ha proposto di andare con loro in Romania per il Tour of Szeklerland, una piccola corsa a tappe. E ci sono andato senza avere un ruolo preciso. Non sono un direttore sportivo, non sono un massaggiatore, non guido il bus… ma mi ha detto: «Vieni, dai una mano ai ragazzi». E devo dire che mi sono trovato benissimo.

Che significa “dare una mano”?

Ho fatto il meccanico, aiutavo nei preparativi e sono stato vicino a Valerio Tebaldi, il direttore sportivo. Con lui ho studiato le tattiche. Alla fine io ho corso fino ad un anno fa. Ho vissuto il ciclismo moderno e qualche dritta giusta gliel’ho data!

La Giotti Victoria ha disputato un’ottima gara allo Szeklerland. Per Dalla Valle due successi di tappa
La Giotti Victoria ha disputato un’ottima gara allo Szeklerland. Per Dalla Valle due tappe
Beh, direi di sì: visto che avete vinto! E ben due tappe con Dalla Valle…

Due tappe, tre secondi posti, secondi nella generale e ci siamo portati a casa la maglia della classifica a punti e se non fosse stato per un piccolo inconveniente nella tappa “di salita” avremmo vinto anche la generale.

Che ambiente c’è in squadra?

Giuliani sta portando avanti questo progetto tra mille difficoltà, ci mette l’anima. Nonostante tutto sapevo che mi sarei trovato bene, che non mi sarebbe mancato nulla, così come nulla fa mancare ai corridori. Sappiamo come prenderci l’uno con l’altro e con i corridori.

Questa avventura che sbocchi potrà avere?

Vediamo. Per il momento Stefano mi ha chiesto di tornare con loro nella prossima gara: il Turul Romaniei, sempre in Romania a settembre. Ci andrò e avrò sempre lo stesso ruolo. Io ho la tessera da direttore sportivo di primo livello, ma in autunno prenderò il secondo e poi il terzo e così, magari, potrò fare il direttore sportivo a tutti gli effetti, cosa che mi piacerebbe. Nel frattempo porto avanti questa esperienza che mi dà soddisfazione. I ragazzi stessi sanno che sono stato corridore fino alla scorso anno e quindi riesco ad impersonificare le loro esigenze, so ciò di cui hanno bisogno.

Facci un esempio…

Per esempio, dopo l’arrivo so cosa vorrebbero. Magari questo integratore piuttosto che un altro. Ho fatto in modo di soddisfarli e loro mi hanno ringraziato.

Parlate la stessa lingua insomma… Quando una tua dritta si è rivelata esatta?

Partiamo dal presupposto che comunque si trattava di una corsa facile: su cinque tappe c’erano quattro volate, almeno su carta. In queste situazioni gli abbuoni diventano importanti. La seconda tappa però è uscita un po’ più impegnativa del previsto e davanti anziché Dalla Valle che era leader, in quanto aveva vinto la prima frazione, c’era Dima. A quel punto visto il finale piatto ma nervoso e sapendo le sue caratteristiche ho suggerito di provarci ai meno tre chilometri.

E come è andata?

Ha fatto secondo e oltre all’abbuono ha guadagnato 5” che è poco, ma in una corsa facile come quella lo hanno proiettato nelle prime posizioni. Poi purtroppo nel giorno dell’arrivo in salita ci è sfuggito un corridore altrimenti avremmo vinto la generale grazie a quell’azione. Certo, so bene che si trattava di una corsa piccola, già al Romaniei il livello sarà diverso: ci saranno molte professional e anche un paio di WorldTour.

L’ultima corsa di Stacchiotti da pro’ è stata la Veneto Classic lo scorso ottobre
L’ultima corsa di Stacchiotti da pro’ è stata la Veneto Classic lo scorso ottobre
Riccardo, parli con passione, hai corso fino a poco tempo fa, purtroppo non hai smesso per una tua decisione e hai solo 30 anni: ci pensi mai?

Il pallino resta, come chiunque abbia corso. E soprattutto, per come ho dovuto smettere, la voglia di correre rimane. I primi due o tre mesi sono stati molto duri, poi piano piano ci si abitua. Quando ero in Romania e vedevo gli arrivi o uno dei nostri ragazzi che vinceva quella volata era come se la facessi io. In tante occasioni pensi e ripensi a quel che poteva essere.

Se dovessi avere l’occasione rientreresti?

Nel ciclismo di oggi se perdi un anno non è così facile riprendere. Io comunque continuo ad allenarmi o meglio a pedalare. Con il fatto che seguo una squadra di allievi a Recanati e una ragazza più grande, alla fine esco cinque volte a settimana. Nulla di che, faccio un paio d’ore…

Però sei magro da quel che vediamo dai social…

Quello sì! E infatti più di qualcuno mi dice: Riccardo sei più magro adesso che quando correvi!

Tamponi ancora più salati se la squadra è piccola

16.11.2021
4 min
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Il Covid non molla ancora del tutto la sua presa, anzi… e in qualche modo non intralcia solo la vita dei normali cittadini, ma anche quella delle squadre. A cominciare dalla gestione delle trasferte, del personale e dei tamponi soprattutto.

E più la squadra è piccola e più tutto ciò incide, specie sui costi, non solo sulla logistica. Lo sa bene Stefano Giuliani direttore sportivo e team manager della Giotti Victoria- Savini Due, squadra continental composta da nove atleti e (mediamente) cinque persone dello staff. Mediamente perché il numero variava a seconda delle corse. Se si schieravano sei o sette atleti cambiava il numero di diesse e staff al seguito.

Stefano Giuliani, è manager e diesse della Giotti Victoria – Savini Due
Stefano Giuliani, è manager e diesse della Giotti Victoria – Savini Due

Tamponi salati…

Se per alcune WorldTour, che però hanno uno staff molto grande, si sono superati importi a sei cifre, per la Giotti la spesa, seppur inferiore, è anche più salata.

«In effetti – dice Giuliani – per noi è già una fatica andare avanti in situazioni normali, visto il budget ridotto, figuriamoci con i tamponi da fare. Questa è stata una spesa che ha inciso moltissimo. Parliamo di quasi 40.000 euro e oltre un migliaio di tamponi effettuati nel corso della stagione. Per molte gare di fatto servivano tre tamponi ad atleta: quello fatto 72 ore prima di arrivare alla gara o per il viaggio, quello a ridosso del via e quello per rientrare.

«E questo ha inciso ancora di più in considerazione del fatto, lo ammetto, che uno sponsor per esempio proprio a causa del Covid ad inizio stagione si è tirato indietro».

Mediamente un tampone rapido costa (adesso) 15 euro, un Pcr anche 70 euro. E spesso ai team era richiesto quest’ultimo
Mediamente un tampone rapido costa (adesso) 15 euro, un Pcr anche 70 euro. E spesso ai team era richiesto quest’ultimo

La macchina Covid

Il tecnico pescarese ha sempre cercato, riuscendoci, di far correre la sua squadra nelle gare più importanti possibili e alla portata del suo team. Pertanto si è trovato spesso a viaggiare per l’Europa: Turchia, Slovenia, Bulgaria, Ungheria, Portogallo… Ma anche in Italia, chiaramente.

«Una cosa stressante per esempio è che si faceva il tampone (il molecolare, ndr) e ci si metteva in viaggio verso la località dove gareggiare, non conoscendo le risposte chiaramente, ma avendo delle tempistiche da rispettare. Tu quindi affrontavi delle spese, programmavi tutto, poi magari quando eri arrivato ecco che ti chiamavano per dirti che c’era un positivo.

«E questo è quel che è successo al Trofeo Laigueglia – spiega Giuliani – Dall’Abruzzo alla Liguria. Siamo arrivati, abbiamo preso possesso dell’hotel, i ragazzi hanno fatto la sgambata, io avevo fatto la punzonatura e alle 18 mi è arrivata la telefonata: un corridore era risultato positivo.

«A quel punto abbiamo fatto una “macchina Covid” e siamo tornati a casa… alle tre di notte. Due ragazzi sono rimasti per due settimane a casa mia: uno al piano di sopra e uno al piano di sotto in attesa di tornare negativi. E anche al Giro di Ungheria abbiamo avuto il nostro bel da fare. In quel caso fu Gergely Szarka a prendere il virus».

Emil Dima ha vinto la terza frazione del Sibiu Tour
Emil Dima ha vinto la terza frazione del Sibiu Tour

Compartimenti stagni

Giuliani parla di un’organizzazione spesso ideata a “compartimenti stagni” tra personale e atleti. Niente ritiri, allenamenti separati… in questo modo se ci fosse stato un positivo non avrebbero fermato tutta la squadra.

«Noi abbiamo un laboratorio di riferimento, ma spesso i ragazzi facevano i tamponi per conto proprio a casa loro, anche per esigenze di tempistiche da rispettare in base a gare, aerei… Bisogna pensarle tutte, anche perché quando siamo stati fermi è stata una bella botta morale».

«Però tutto sommato – conclude Giuliani – siamo riusciti a portare a casa una buona stagione: quattro vittorie e potevano essere il doppio con qualche piccola attenzione in più. Quattro vittorie che per un team come il nostro non sono poche. Siamo sessantesimi nella classifica Uci, se penso che ci sono 19 WorldTour e più di 20 professional che hanno budget decine e decine di volte superiore al nostro… non è neanche male».

La sfida di Giuliani: corridori alla riscossa

08.01.2021
4 min
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Stefano Giuliani è certamente un personaggio del ciclismo italiano. Ex corridore, direttore sportivo ed ora manager. Istrionico, simpatico, deciso, ma soprattutto competente. Lui il ciclismo lo mastica per davvero. Spesso è stato criticato per i suoi metodi “alternativi” o per avuto troppo feeling con i ragazzi. Ma chi lo conosce lo sa: Giuliani (foto in apertura) è così: pane al pane, vino al vino. 

L’abruzzese si è rimesso in gioco con la Giotti Victoria Savini Due, una Continental costruita con criteri quantomeno alternativi: non è la squadra dei giovani dilettanti e neanche quella dei “vecchi”, ma come dice Giuliani stesso: «E’ la squadra di chi ha ancora fame e voglia di riscattarsi».

Emil Dima è stato tra i più attivi. Ha preso parte anche agli europei
Emil Dima è stato tra i più attivi. Ha preso parte anche agli europei

Una vita nel ciclismo

Da corridore Giuliani era un attaccante nato. Ci provava sempre. «Mi emozionavo ad emozionare – racconta con passione – non esisteva una corsa non adatta a me e forse per questo avrei potuto vincere di più. Mi sono rimesso in discussione con la Mtb e con il ciclocross. E quando stavo per smettere mi richiamò persino Tony Rominger, ma io ormai ero felice così e non ritornai».

Questo carattere mai domo Giuliani lo vuol passare ai suoi corridori. Negli anni ne ha tirati e ritirati su in tanti: Ivan Quaranta, Ongarato, Nocentini e più recentemente Stacchiotti, Filosi. Gli ultimi della lista sono Guardini e Simion.

«Ma è successo anche con Grosu o Bole. Grosu non lo volevano, ma lui è un leader, un corridore vero. Bole è ritornato addirittura nel WorldTour. Io cerco di capire chi ha ancora voglia, chi ha fame, e soprattutto carattere. Cerco di conoscere i ragazzi prima di prenderli. E li responsabilizzo. Vuoi la pizza? Okay, basta che poi vai forte. Se ti serve per la testa è giusto che la mangi, che problema c’è?».

Guardini ha vinto due tappe all’ultimo Turul Romaniel
Guardini ha vinto due tappe all’ultimo Turul Romaniel

Ultimo stadio? Anche no

Giuliani è parte attiva poi del Trofeo Matteotti, è motore dell’organizzazione. In tal senso è un vulcano. Il primo bike park in Italia fu lui a crearlo e le idee non gli sono mai mancate. E la sfida con la Giotti è solo l’ultima in ordine cronologico delle tante della sua vita.

«Non nego – riprende Giuliani – che si faccia molta fatica ad andare avanti. I budget sono ridotti e ai miei ragazzi ho parlato chiaro. Sanno bene cosa posso e non posso dare loro. Non vado a prendere i giovani o i dilettanti, altrimenti mi faccio ridere dietro. Se è bravo me lo portano via in un attimo e farei poi fatica ad andare avanti. E se non va, mi dicono che è… un bravo ragazzo. Ma neanche voglio corridori all’ultimo stadio, come si pensa. Se così fosse avrei una squadra numerosa. Non immaginate quanti corridori, anche di livello, mi abbiano cercato».

Non c’è l’ufficialità ma il Laigueglia, Larciano e la Coppi e Bartali dovrebbero farle e chiaramente saranno presenti al Matteotti.

«Abbiamo un settore medico che ci segue per quel riguarda il passaporto biologico, così da poter prendere parte alle Pro-Series (le corse in cui partecipano anche le Professional, ndr) e per questo abbiamo fatto richiesta all’Uci.

Un giovane Simion impegnato in pista
Un giovane Simion impegnato in pista

Guardini e Simion: le punte

La Giotti Victoria-Savini Due conta otto corridori, le cui stelle sono Andrea Guardini e Paolo Simion, c’è anche un altro italiano: Adriano Brogi. 

«Guardini e Simion stanno riflettendo anche sugli errori fatti in passato. Guardini è fin troppo professionale. Lui è quello che quando siamo fuori dice: dobbiamo andare a dormire che è tardi! Con lui già in passato c’era stato feeling. Vinse con me le sua prima corsa da pro’, tra l’altro la prima in assoluto. Raccolse molte vittorie in Asia. Cercava una professional. Io gli ho detto: guardati anche intorno. Ma in tutto l’anno scorso ha fatto sei volate ed è un peccato perché Andrea ha parecchio bisogno di correre per entrare in condizione.

«Simion, invece, me lo ha proposto proprio Guardini. E a me questo ragazzo è piaciuto subito. L’anno scorso si è buttato nella sfida della squadra cinese, non si è arreso, ha fatto quel viaggio sull’Everest: mi piacciono questi caratteri talentuosi che amano rimettersi in gioco. Vorrei avere più tempo per conoscerlo. E poi mi piace il fatto della pista. Condivido la multidisciplinarietà. Proprio ieri mi ha scritto che aveva ricevuto ulteriori convocazioni e che per questo non sarebbe potuto essere con noi. Gli ho risposto che era una cosa bellissima».

Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012

Guardini, Chiappa, parole chiare e un’idea su Parigi

03.01.2021
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«Se domani mi dicessero che c’è la possibilità di qualificarsi nella velocità per le Olimpiadi di Parigi – dice Guardini – ci proverei subito e mi viene già la pelle d’oca. Avrei 35 anni, non c’è competizione più importante e per la pista ho sempre un vero amore. Ho letto l’intervista a Roberto Chiappa, sono anni che penso questa cosa…».

Prima domenica del 2021, Guardini è a casa. La chiamata dopo aver parlato con Chiappa è nata spontanea. A proposito dei velocisti passati su strada, l’umbro è stato chiaro.

«Oggi per fare le volate – ha detto – devi andare bene in salita e se vieni dalla pista, resti sempre un velocista. Viviani fa le volate, ma non viene dal settore veloce. Guardini era un Chiappa, ma ha vissuto gli anni in cui si investiva poco. Con il suo oro europeo nel keirin, avrebbe potuto continuare e fare le Olimpiadi».

Andrea Guardini
Andrea Guardini, classe 1989, è passato professionista nel 2011 con la Farnese Vini
Andrea Guardini
Andrea Guardini, classe 1989, pro’ dal 2011

Un siluro allo sprint

Torna alla memoria lo sguardo inferocito di Cavendish a Vedelago nel 2012 (foto di apertura), battuto in volata dal giovane velocissimo, ma probabilmente troppo vicino all’ammiraglia di Scinto sull’unica salita. Tornano alla memoria le battute sarcastiche di alcuni direttori sportivi sul fatto che il veronese non si allenasse abbastanza e ne fosse riprova il fatto che in salita si staccava sempre. E’ un po’ come se si prendesse Usain Bolt e lo si accusasse di essere poco professionale perché dopo una maratona piena di salite, nei 100 metri non è il più veloce o magari in pista nemmeno ci arriva. Guarda caso, la situazione è andata peggiorando mano a mano che i percorsi venivano induriti e la tappa con arrivo in volata ha perso le connotazioni veloci di un tempo.

La colpa è dei corridori…

Sempre del corridore, che non fa la vita. Non del fatto che ti danno una bici con cui perdi 10 secondi a chilometro, oppure che una volta le tappe per i velocisti avevano al massimo 1.500 metri di dislivello, mentre adesso non sono mai sotto i 2.000. Nel 2011 facevo molte più volate di adesso.

E’ vero che qualche settimana fa avevi pensato di smettere?

Non lo nascondo. Ho finito il 2020 vincendo e speravo di trovare una squadra di livello superiore. Anche Giuliani mi diceva di guardarmi intorno. E proprio quando avevo gettato la spugna, ho fatto un esame di coscienza e mi sono detto che se devo smettere io, altri dovrebbero farlo prima. Non per puntare il dito, ma per darmi una scossa. E allora ho ripreso, perché credo di poter dare ancora molto. Mi concedo un’altra possibilità, sperando in una stagione normale. Anche se normale probabilmente non sarà. Dovevamo andare a fare un bel blocco di lavoro in Turchia, ma il Tour of Antalya è saltato.

Dicevi di aver letto l’intervista di Chiappa.

Sono tanti anni che penso a queste cose. Vinsi l’europeo del derny alla prima partecipazione e feci 5° nel mondiale della velocità. Ero già al secondo anno da junior, non avevo esperienza. Forse facendo pista a quel livello dall’anno precedente, avrei potuto vincere anche il mondiale. Poi da under 23 mi portarono a fare una sola prova di Coppa del mondo e a quel punto, avendo già il contratto con la Farnese Vini, parlai con Marco Villa. E gli dissi che se non c’erano un progetto e un calendario, forse era meglio concentrarsi sulla strada.

Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
La salita non è nel suo dna. Al Tour of Oman 2015, ha vinto la 1ª tappa, nella 2ª paga pegno
Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
Tour of Oman 2015: vince la 1ª tappa e poi si stacca nella 2ª
Hai ricevuto una controproposta, come dice Chiappa, di borsa di studio e posto in un gruppo sportivo militare?

A parole qualcosa arrivò, niente di concreto. Come tecnico delle specialità veloci c’era Federico Paris, ma a fine anno uscì anche lui e il settore si sciolse. A differenza di Viviani e Nizzolo, io vengo da una specialità che non va tanto d’accordo con la strada. Siamo cresciuti insieme e nelle gare veloci li ho sempre battuti, perché i percorsi erano meno duri. Il mio fisico è fatto così. Fibre bianche per sprint ad altissima velocità, ma le corse ora sono sempre più impegnative e quelli come me fanno una gran fatica ad arrivare in volata.

Chiappa ha parlato anche di Mareczko…

E’ quello in cui più mi rivedo. E guardate che correre alla CCC e fare piazzamenti al Tour Down Under non è stato banale, perché si va forte e le tappe non sono piatte. Con certe caratteristiche muscolari, correre su strada è quasi snaturarsi. Per contro, nel 2014 partecipai al mio ultimo campionato italiano della velocità. E senza allenamenti specifici, feci secondo dietro Ceci. La predisposizione resta.

C’è rammarico per la scelta di aver lasciato la pista?

Adesso posso dire di sì, ma a suo tempo feci le mie scelte in base alle proposte ricevute e il settore velocità non c’era, come non c’è oggi. Chiappa ha ragione. Se non li trovi da piccoli, non li hai da grandi, ma oggi è tutto così esasperato che tanti smettono senza aver valorizzato le loro doti naturali. E’ un cane che si morde la coda. Se non investi, i risultati non arrivano. A meno che non trovi un Viviani…

Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Nello stesso anno, all’Abu Dhabi Tour 2015, batte Bennati e Boonen
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All’Abu Dhabi Tour 2015, batte Bennati e Boonen
Prego?

La pista italiana deve tanto a Elia, perché è stato lui che ha continuato a crederci avendo attorno il vuoto. Poi piano piano si è messo in moto un meccanismo, si sono fatti investimenti e ora i risultati li vedono tutti. Io potrei anche pensare di rimettermi in gioco, pur notando che il mondo è cambiato. Io facevo le volate con il 49×14 e il 51×14 nel keirin. Oggi è tutto più veloce e tanto incide il fatto che si gareggi sempre in pista chiusa.

Simion, tuo compagno alla Giotti Victoria, è tornato nel giro dell’inseguimento.

Con Paolo ho parlato tanto e non è ammissibile che un corridore come lui non sia stato confermato. Per carità, ognuno fa le sue scelte, ma qui parliamo di uno dei migliori nel lanciare le volate. Ripartiamo insieme. Voglio scommettere su me stesso, sapendo che sono ancora integro e che negli ultimi anni ho corso davvero poco: 24 giorni nel 2020, 56 nel 2019, 59 nel 2018…

Un anno per riscattarsi?

Ho anch’io il mutuo da pagare. Il lockdown mi ha permesso di veder crescere mia figlia e questo è stato molto positivo. D’altro lato però mordo il freno, vediamo che cosa riuscirò a fare. Mi farebbe un gran comodo che si tornasse a correre in Oriente. Là le tappe per velocisti sono tappe per velocisti. E poi c’è quest’idea di Parigi, che tutto sommato…