Era un po’ che non sentivamo Riccardo Stacchiotti. Il bravo corridore marchigiano, complice lo stop della Vini Zabù era improvvisamente rimasto senza squadra. La ricerca, vana, poi eccolo di nuovo in pista vicino a Stefano Giuliani, il diesse che lo aveva diretto per tanti anni ai tempi della Nippo e poi nel 2018 e 2019 nella Giotti Victoria Palomar.
Riccardo aveva la divisa, ma non quella del corridore. Il saggio tecnico abruzzese lo ha inserito nello staff della Giotti Victoria Savini Due, la continental che dirige con passione. Con che ruolo? Scopriamolo insieme…
Riccardo, un piacere rivederti nella mischia!
Con Stefano Giuliani ho un bellissimo rapporto, ci conosciamo da anni, sin da quando correvo con lui e c’è grande stima reciproca. Quando ha visto che ormai ero fuori dai giochi ha deciso di ributtarmi dentro. Io c’ero rimasto male.
Come è andata questa avventura con la Giotti?
Mi ha proposto di andare con loro in Romania per il Tour of Szeklerland, una piccola corsa a tappe. E ci sono andato senza avere un ruolo preciso. Non sono un direttore sportivo, non sono un massaggiatore, non guido il bus… ma mi ha detto: «Vieni, dai una mano ai ragazzi». E devo dire che mi sono trovato benissimo.
Che significa “dare una mano”?
Ho fatto il meccanico, aiutavo nei preparativi e sono stato vicino a Valerio Tebaldi, il direttore sportivo. Con lui ho studiato le tattiche. Alla fine io ho corso fino ad un anno fa. Ho vissuto il ciclismo moderno e qualche dritta giusta gliel’ho data!
Beh, direi di sì: visto che avete vinto! E ben due tappe con Dalla Valle…
Due tappe, tre secondi posti, secondi nella generale e ci siamo portati a casa la maglia della classifica a punti e se non fosse stato per un piccolo inconveniente nella tappa “di salita” avremmo vinto anche la generale.
Che ambiente c’è in squadra?
Giuliani sta portando avanti questo progetto tra mille difficoltà, ci mette l’anima. Nonostante tutto sapevo che mi sarei trovato bene, che non mi sarebbe mancato nulla, così come nulla fa mancare ai corridori. Sappiamo come prenderci l’uno con l’altro e con i corridori.
Questa avventura che sbocchi potrà avere?
Vediamo. Per il momento Stefano mi ha chiesto di tornare con loro nella prossima gara: il Turul Romaniei, sempre in Romania a settembre. Ci andrò e avrò sempre lo stesso ruolo. Io ho la tessera da direttore sportivo di primo livello, ma in autunno prenderò il secondo e poi il terzo e così, magari, potrò fare il direttore sportivo a tutti gli effetti, cosa che mi piacerebbe. Nel frattempo porto avanti questa esperienza che mi dà soddisfazione. I ragazzi stessi sanno che sono stato corridore fino alla scorso anno e quindi riesco ad impersonificare le loro esigenze, so ciò di cui hanno bisogno.
Stefano Giuliani ha diretto Stacchiotti ai tempi della Nippo-Fantini e per due anni alla Giotti Victoria I percorsi erano abbastanza facili: azzeccare la tattica era ancora più difficile… (foto Tour of Szeklerland)
Facci un esempio…
Per esempio, dopo l’arrivo so cosa vorrebbero. Magari questo integratore piuttosto che un altro. Ho fatto in modo di soddisfarli e loro mi hanno ringraziato.
Parlate la stessa lingua insomma… Quando una tua dritta si è rivelata esatta?
Partiamo dal presupposto che comunque si trattava di una corsa facile: su cinque tappe c’erano quattro volate, almeno su carta. In queste situazioni gli abbuoni diventano importanti. La seconda tappa però è uscita un po’ più impegnativa del previsto e davanti anziché Dalla Valle che era leader, in quanto aveva vinto la prima frazione, c’era Dima. A quel punto visto il finale piatto ma nervoso e sapendo le sue caratteristiche ho suggerito di provarci ai meno tre chilometri.
E come è andata?
Ha fatto secondo e oltre all’abbuono ha guadagnato 5” che è poco, ma in una corsa facile come quella lo hanno proiettato nelle prime posizioni. Poi purtroppo nel giorno dell’arrivo in salita ci è sfuggito un corridore altrimenti avremmo vinto la generale grazie a quell’azione. Certo, so bene che si trattava di una corsa piccola, già al Romaniei il livello sarà diverso: ci saranno molte professional e anche un paio di WorldTour.
Riccardo, parli con passione, hai corso fino a poco tempo fa, purtroppo non hai smesso per una tua decisione e hai solo 30 anni: ci pensi mai?
Il pallino resta, come chiunque abbia corso. E soprattutto, per come ho dovuto smettere, la voglia di correre rimane. I primi due o tre mesi sono stati molto duri, poi piano piano ci si abitua. Quando ero in Romania e vedevo gli arrivi o uno dei nostri ragazzi che vinceva quella volata era come se la facessi io. In tante occasioni pensi e ripensi a quel che poteva essere.
Se dovessi avere l’occasione rientreresti?
Nel ciclismo di oggi se perdi un anno non è così facile riprendere. Io comunque continuo ad allenarmi o meglio a pedalare. Con il fatto che seguo una squadra di allievi a Recanati e una ragazza più grande, alla fine esco cinque volte a settimana. Nulla di che, faccio un paio d’ore…
Però sei magro da quel che vediamo dai social…
Quello sì! E infatti più di qualcuno mi dice: Riccardo sei più magro adesso che quando correvi!