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Paola Pezzo: ecco come preparai le Olimpiadi in Australia

17.09.2022
5 min
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La trasferta in Australia crea sempre disagi e difficoltà, anche se ai nostri tempi tutto è mitigato, basti guardare a come ci si regola in tema di alimentazione. Vent’anni fa però la situazione era ben diversa: nel 2000 si tornò agli antipodi per le Olimpiadi, a 44 anni di distanza dall’edizione di Melbourne e quella di Sydney fu una rassegna olimpica che rappresentò, dal punto di vista tecnico, uno spartiacque per molti argomenti.

Sydney fu la seconda edizione per i Giochi con la mountain bike inserita nel programma olimpico. Il ciclismo fuoristrada si stava affermando in ogni continente, ma era ancora uno sport giovane e per certi versi sconosciuto. Si sperimentava. In Australia si era già gareggiato, sia in Coppa del Mondo che ai mondiali, ma i Giochi sono ben altra cosa, è la classica manifestazione che non puoi sbagliare in alcun modo.

L’arrivo vittorioso della Pezzo a Sydney. L’azzurra batté Blatter (SUI) e Fullana (ESP) che l’avevano preceduta ai mondiali
L’arrivo vittorioso della Pezzo a Sydney. L’azzurra batté Blatter (SUI) e Fullana (ESP) che l’avevano preceduta ai mondiali

Un oro da difendere

Paola Pezzo arrivava alla rassegna a cinque cerchi con l’onere di difendere l’oro di Atlanta ’96, ma i mesi precedenti l’avevano sì vista protagonista, ma non era accreditata dei favori del pronostico. Rispetto alle gare del calendario classico, però, Sydney aveva al suo interno le incognite legate alla trasferta e su quelle la veneta giocò le sue carte: «Sapevo che la trasferta era difficile – afferma aprendo l’album dei ricordi – io poi ho sempre sofferto i viaggi negli altri continenti, dovevo quindi pensare a una soluzione per ammortizzare il più possibile i disagi. Fu così che io e Paolo (Rosola, suo allenatore e compagno di vita, ndr) c’inventammo l’idea di anticipare il cambio di fuso orario nelle settimane precedenti il viaggio».

Come avvenne e in che cosa consisteva questa scelta?

Dissi a Paolo che dovevo abituarmi il più possibile alle condizioni di gara di Sydney, esattamente come avevamo fatto per Atlanta, quando invece di andare in altura mi allenai nella bassa Mantovana, in condizioni di grande caldo e umidità come quello che avremmo trovato in Georgia. La differenza oraria con l’Australia è di 8 ore e il recupero del jet lag avviene un’ora al giorno, ma noi ci saremmo trasferiti a Sydney molto più tardi, quindi il recupero sarebbe stato difficoltoso. Una quindicina di giorni prima di partire iniziammo così a trasformare lentamente il nostro ritmo vitale da quello europeo a quello australiano.

La veneta in gara in Australia. Gli allenamenti al fuso di lì si rivelarono fondamentali
La veneta in gara in Australia. Gli allenamenti al fuso di lì si rivelarono fondamentali
Come?

Iniziai ad allenarmi alle 6 del mattino e ogni giorno anticipavo di 15 minuti fino ad arrivare a uscire alle 3 di notte, che era, trasposto, l’orario di partenza della gara australiana. Tutto il resto era di conseguenza: i pasti, il sonno (andavo a dormire alle 11 del mattino…) in modo da ridurre anche i disagi del volo, che per me sono sempre stati pesanti. A tal proposito ricordo che il Coni aveva fissato per noi il volo in seconda classe, io pagai la differenza e viaggiai in prima, per stare un po’ più comoda e ridurre il disagio, che comunque ci fu. Al ritorno, con la medaglia d’oro, mi fecero viaggiare direttamente in prima…

Che cosa facevi in quegli allenamenti di notte?

Non granché dal punto di vista specifico, ma il grosso era già stato fatto. Quel che contava era abituare il fisico a essere pronto a quell’ora, il metabolismo a mettersi in moto all’orario che serviva per la gara. Paolo stava con la macchina dietro con i fari a illuminare, per farmi vedere il percorso. Non furono giorni semplici, ma il risultato ripagò di tutto.

Il gruppo in gara a Geelong 2010. La trasferta oceanica venne programmata per tempo
Il gruppo in gara a Geelong 2010. La trasferta oceanica venne programmata per tempo
Quanto tempo ti allenavi?

Dovevamo ripetere l’orario di gara, allora i cross country duravano almeno 1h50’ quindi mi allenavo per almeno 90 minuti. Ricordo che, il giorno della partenza per l’Australia, avevamo il volo al mattino ma io mi misi in moto dall’inizio della notte. All’autogrill mi fermava la gente per chiedermi che ci facevo lì a quell’ora e io rispondevo «Sto andando alle Olimpiadi»

Pensi che questa scelta personale abbia influito sulla gara?

Sì, perché le avversarie che avevano scelto un avvicinamento più tradizionale partirono a tutta, io infatti persi terreno nelle prime fasi, ma poi pagarono, io invece rimanevo fresca. Dopo in molti vennero a chiederci lumi sulla nostra preparazione, anche perché i giornalisti ne parlarono come di qualcosa di assolutamente innovativo e devo dire che molti hanno seguito quella strada. Telser ad esempio ha fatto allenare le ragazze svizzere della mtb, in vista dei Giochi di Tokyo, al caldo umido invece che in altura e anche nel suo caso la scelta è stata indovinata.

I ragazzi diplomati in mtb alla Scuola Sacra Famiglia. Con la Pezzo anche Paolo Savoldelli come insegnante
I ragazzi diplomati in mtb alla Scuola Sacra Famiglia. Con la Pezzo anche Paolo Savoldelli come insegnante
Molti corridori, o meglio le loro squadre WorldTour, hanno deciso di rinunciare alla trasferta iridata temendo le ripercussioni sul fisico al ritorno. Tu le subisti?

Parzialmente, ma per me non era un problema, avevo centrato l’obiettivo e non mi aspettavano impegni fondamentali al ritorno, tanto è vero che io e Paolo ci prendemmo due settimane di vacanza da trascorrere proprio in Australia. Al ritorno si fatica, ma meno di quando si ritorna dall’America, a noi europei la trasferta verso est è più favorevole al ritorno. Se però devo correre subito è comunque dura, capisco quindi alcune scelte.

Un’ultima domanda: che cosa fa Paola Pezzo oggi?

Continuo a dedicarmi alla mountain bike ma in veste diversa. Insegno in un liceo a Castelletto di Brenzone, sul Lago di Garda, con specializzazione in mtb. I ragazzi fanno quattro anni di corso e alla fine acquisiscono con il diploma di maturità anche il brevetto di guide di mtb, praticamente hanno già un lavoro in tasca. E’ il primo in Italia e ne vado orgogliosa come di un’altra grande vittoria.

Parigi Tour 2021

Già si parla di Parigi 2024. Ganna, parte tutto da te…

26.04.2022
5 min
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Lo spostamento delle Olimpiadi di Tokyo di un anno ha accelerato a dismisura tutto il metabolismo sportivo. Quello che stiamo vivendo, che doveva essere l’anno postolimpico, per molti un necessario passaggio “soft”, una stagione da prendere in maniera rilassata, è invece già un pezzo importante nella costruzione della prossima avventura a cinque cerchi, Parigi 2024. Basti pensare alla Coppa del mondo di ciclismo su pista che ha costretto molti big, Ganna in testa, a lasciare in fretta e furia le gare su strada per “qualificarsi” per i mondiali che daranno punti importanti per il ranking olimpico.

Si lavora anche dal punto di vista organizzativo. Di Parigi 2024 si sa già molto per quel che riguarderà la porzione ciclistica della grande manifestazione. Nei giorni scorsi è stato ufficializzato il calendario generale, sul quale poi ogni singolo sport dovrà lavorare per la costruzione del proprio programma. Parlando di ciclismo su strada, già ci sono novità importanti.

Ganna Tokyo 2021
Filippo Ganna nella crono di Tokyo, chiusa a 2″ dal podio su un percorso non suo
Ganna Tokyo 2021
Filippo Ganna nella crono di Tokyo, chiusa a 2″ dal podio su un percorso non suo

Si comincia con le crono

Rispetto a Tokyo, il programma è stato invertito e spalmato maggiormente. La gara in linea maschile, che da Atene 2004 era l’evento centrale della prima giornata di finali, lascia il campo alla cronometro maschile. Toccherà quindi a Filippo Ganna assumersi sulle spalle il peso dell’intera spedizione azzurra. Lanciare la rincorsa a quella “road to 50” com’è stata battezzato l’intero obiettivo generale dello sport italiano, dopo i fasti giapponesi. Il programma di gare di sabato 27 luglio vedrà dalle 14,30 in gara prima le donne e poi gli uomini, nello stesso giorno.

Il percorso di gara avrà la sua partenza a Invalides e l’arrivo a Ponte Alessandro III, per un tracciato tutto nel centro cittadino. Si tratterà di un percorso completamente pianeggiante, senza molte curve e saliscendi che quindi sarà più nelle corde del campione della Ineos Grenadiers rispetto a quello di Tokyo, con la possibilità di sviluppare al massimo i cavalli nel proprio motore.

Si allarga come detto la forbice fra le gare a cronometro e quelle in linea, che andranno in scena nel weekend successivo, il che significa che ci saranno quantomeno due settimane di spazio fra esse e la fine del Tour de France (tra l’altro con il suo termine sempre a Parigi, sempre che i preparativi olimpici non costringano l’ASO a una soluzione diversa). Sabato 3 agosto dovrebbe toccare alle donne, il giorno dopo agli uomini, ma su questo va ancora fatta una scelta da parte dell’Uci.

Un percorso da interpretare

Qui è importante il discorso relativo al tracciato di gara, ancora in costruzione. Una prima bozza è però al vaglio del CIO già dalla fine dello scorso anno e su alcuni aspetti è già stata presa una decisione. Innanzitutto l’epicentro della corsa sarà al Pont d’Iena, di fronte alla Tour Eiffel, uno spazio di 155 metri di lunghezza e 35 di larghezza dove verranno costruite apposite tribune per assistere a una serie di eventi sportivi: qui, oltre a partenza e arrivo delle gare su strada, si svolgeranno anche le gare di marcia di atletica.

Dopo la partenza, il tracciato di gara si svilupperà inizialmente nel centro città, su un raggio più ampio però rispetto a quello tradizionale del carosello conclusivo della Grande Boucle. Ci si dirigerà poi nel dipartimento d’Yvelines per tornare a Parigi e affrontare un circuito comprendente la salita del Trocadero. Chi ha visto le bozze parla di un percorso nel complesso filante, senza grandi difficoltà altimetriche. Proprio quest’ultimo strappo, soprattutto se ripetuto, potrebbe però far male.

Diminuiscono i contingenti?

Se si unisce questo al fatto che, come sempre avviene nel ciclismo olimpico, le squadre nazionali saranno composte da un numero inferiore di corridori rispetto alle normali prove, si capisce bene come tenere sotto controllo la gara e puntare tutto su una volata generale potrebbe essere un gravissimo errore. Oltretutto c’è un altro aspetto importante da considerare.

L’edizione parigina dei Giochi rappresenterà un ulteriore passo avanti nel progetto di equiparazione fra i sessi. Ciò comporta che un pari numero di atleti e atlete sarà qualificato per le gare di ciclismo su strada. Il contingente massimo per le formazioni maschili potrebbe quindi scendere da 5 a 4 corridori, rendendo di fatto quasi impossibile ogni gioco di squadra, a meno della costruzione di quegli accordi legati più all’appartenenza di club che a quella della nazionale.

Fin qui quello che si sa. C’è ancora molto da fare e va detto anche che due stagioni, nel mondo del ciclismo rappresentano un’eternità, uno spazio nel quale possono emergere nuovi talenti e sparirne altri. Intanto però è giusto fare i propri ragionamenti, anche, anzi soprattutto in chiave italiana considerando che tutte le discipline saranno chiamate a dare il proprio contributo nella ricerca del nuovo record di medaglie e della conferma nella Top 10 del medagliere, appannaggio italiano sin da Atlanta 1996.