TAICHUNG (Taiwan) – Pedalare al fianco di Tom Dumoulin non è cosa di tutti i giorni. Lo abbiamo incontrato, prima alla presentazione ufficiale della nuova Giant TCR, nei giorni seguenti siamo stati in bici con lui, chiacchierando sulla vita, diversa, che si presenta dopo il professionismo.
Gli ultimi chilometri che portano alla foresta dei Ginger e ad uno dei templi che dominano Taichung, sono duri, costantemente sopra il 10 per cento di pendenza. Cerchi di parlare con Dumoulin, mostrandoti lucido e all’altezza, il Garmin segna 320/330 watt, costanti. Lui ti guarda, si alza sui pedali, sorride e dice: «Ehi italiano, dai andiamo». Da li capisci la differenza, perché dove una persona normale finisce, un campione di questo calibro inizia, anche se non è più un professionista!
Rimpiangi la vita da professionista?
Assolutamente no. Non mi manca, anche se non posso dire che fosse un brutto vivere. Tuttavia avere un focus costante, degli obiettivi costanti che si susseguivano, uno dietro l’altro, sempre, tutto l’anno, in ogni periodo della vita… Chi non ha provato una cosa del genere non può capire!
Anche la ricerca di un limite sempre maggiore?
Quello era un obiettivo e anche uno stimolo, ma la sofferenza per raggiungerlo e superarlo, per poi averne un altro e un altro ancora, era un’altra cosa.
C’è qualcosa che ti manca di quei periodi?
Viaggiare. Andare in posti diversi dall’Olanda e dall’Europa in genere è una cosa che ora mi manca. Nonostante lo stress e le giornate tutte schedulate, riuscivo costantemente a ritagliarmi dei piccoli spazi per vedere il mondo oltre il professionismo. Ho ripreso a fare qualche trasferta nell’ultimo periodo grazie all’attività di ambassador di Giant ed i prossimi 10 giorni saranno intensi.
Farai attività di promozione?
Si, della nuova TCR. Giappone, Korea, Cina e altre parti dell’Asia. Una presentazione e un altro viaggio, una presentazione e un altro viaggio e così via. Poco in sella, ma non è un problema, vedrò gente nuova e questo mi piace.
Una cosa che invece ti portava quel senso di malessere?
Stare lontano da casa per lunghi periodi e quasi isolato, magari quando c’era da preparare un grande Giro, oppure un obiettivo più importante di altri. E poi il cibo. Mangiare le solite cose, non poter sgarrare e prendersi una piccola soddisfazione per il palato. Quello mi faceva impazzire.
Sei un mangione?
Non lo sono, non amo le grandi quantità, mi piacciono il gusto, la gratificazione e la soddisfazione che arriva quando mangi un buon piatto italiano, magari con un bicchiere di vino.
Sei rimasto magro e tirato!
Dici? Forse perché sono alto e ho le gambe lunghe. Da quando ho smesso ho preso 8 chili.
Non si direbbe!
Potrei arrivare anche a 10 chili in più, rispetto a quando avevo il picco di forma, ma è una cosa che non mi preoccupa, l’importante è stare bene ed essere a posto con me stesso. Sono tranquillo, sono sempre in attività e quando esco in bici, anche 4 o 5 volte a settimana, per me l’importante è farlo divertendomi, senza imposizioni. Ho voglia di dare un po’ di gas, lo faccio. Ho voglia di andare a spasso e prendere la bici per andare a prendere un caffè? Lo faccio. Se non ho voglia di andare in bici, resto fermo oppure faccio altro.
In quegli 8 chili ci sono anche i peli delle gambe!
Quando sei professionista – ci ha risposto dopo una risata di qualche secondo – ci sono tre buoni motivi per rasarsi le gambe. Il primo è legato all’aerodinamica. Il secondo è limitare le infezioni quando si cade. Il terzo sono i massaggi, che mi mancano. Per il resto mi tengo i peli sulle gambe e mi faccio prendere in giro dagli amici.
Cosa hai provato a fare altro?
Ho ricominciato a correre a piedi. Lo scorso ottobre mi sono tolto lo sfizio di fare la mezza maratona di Amsterdam, un’esperienza che mi è piaciuta e tutto sommato sono andato anche bene.
Quanto hai impiegato?
Un’ora e 10 minuti. Non mi sono alzato dal letto per i due giorni successivi e per due settimane ogni volta che provavo a camminare mi faceva male ovunque, ma alla fine è stato divertente.
Hai mantenuto le vecchie amicizie?
I miei amici sono quelli con i quali ho condiviso sofferenze e momenti di felicità. Sono corridori che hanno smesso come me e quelli che sono ancora di attività. La mia vita è stata quella. E’ vero, ho voltato pagina, ma non voglio dimenticare nulla di quello che è stato e che ho fatto.
Cosa è successo quel giorno prima del Passo Umbrail?
Avevo mangiato troppo, ma non è stata solo la combinazione dei gel e degli zuccheri come spesso si racconta, credo un insieme di cose. La tensione e l’emozione della maglia rosa che diventava sempre più una realtà, ma creava anche stress. Mangiare qualcosa in più ai pasti con l’ottica di avere benzina nel motore, ovviamente anche tanti zuccheri dall’assimilazione veloce. Il mix è stato esplosivo.