La storia di Filippo Baroncini, anche se è da poco iniziata, ha già bei capitoli alle sue spalle. Il racconto dei suoi inizi per certi versi può essere sorprendente, un po’ fuori dagli schemi ma lascia anche abbastanza presagire quello che potrà essere il suo futuro, sempre che nel mondo dei professionisti gli vengano date le giuste chance e il romagnolo sappia coglierle, ma quest’incertezza è la stessa essenza non solo del ciclismo, ma di tutto lo sport.
L’avventura di Filippo inizia a Massa Lombarda, piccolo centro della provincia di Ravenna. Inizia con… un pullmino, quello della Ciclistica Massese che si ferma continuamente davanti a casa sua. Inizialmente Filippo non ci fa tanto caso: quel pullmino riaccompagna Giuseppe Graziani, suo vicino e amico di giochi. Poi pian piano è sempre più incuriosito. Un giorno Gian Franco Brusa, che allena i giovanissimi della società, nota quel ragazzino e gli chiede se vuol provare. «Perché no?».
Filippo al tempo si dedica al calcio, non sembra avere questa grande passione per le due ruote, ma la prima cosa che Gian Franco nota è che non ha il minimo bisogno di aiuto, come spesso succede per i ragazzini che non hanno avuto ancora grandi esperienze sui pedali. Lo porta su un pistino vicino casa, a forma ovale: Filippo gira, gira, gira e non si ferma mai, ma soprattutto non si stanca mai…
Gli inizi… senza una vittoria
A 10 anni inizia così la storia di Filippo Baroncini alla Ciclistica Massese, che durerà 7 anni: «Il bello è che gli inizi non furono così idilliaci – racconta Brusa – spesso si sentono storie di campioni che appena saliti in bici hanno vinto subito. Per lui non è stato così: in 3 anni ha vinto solo una gara. Ricordo ancora la sua prima: doveva partecipare a una corsa proprio a Massa Lombarda, ma il momento del via si avvicinava e di lui non c’era traccia. Provai a chiamarlo al telefono e in tutta tranquillità mi rispose che non veniva, perché la bici non era a posto e non si sentiva allenato abbastanza… Già allora era così, attentissimo, serio, quasi pignolo».
Agli inizi Baroncini deve ancora conciliare il calcio con il ciclismo, ma la bilancia prima pendente a favore del pallone presto cambia i suoi equilibri: «Si vedeva subito che aveva grandi qualità, solo che era troppo generoso. C’era un suo amico moldavo con il quale condivideva tutto, in gara andavano sempre all’attacco, facevano il ritmo e puntualmente alla fine gli altri li saltavano».
Il campione inizia a emergere: qui vince a Lesignana il 26 maggio 2013 Un’altra volata vincente, il 29 giugno 2014 a San Marino Uno sprint dominato, quasi in solitudine: Savignano 25 aprile 2015
Spietato in gara, amico fuori
La svolta arriva proprio con quella prima, unica vittoria: «E’ come se quel giorno fosse scattato qualcosa in lui, probabilmente ha capito quel che poteva fare. Gli piovvero addosso gli stimoli giusti per continuare e fare il salto fra gli esordienti». Infatti da allora la scelta era improcrastinabile: basta calcio, Filippo Baroncini sarebbe diventato un ciclista.
Nei 4 anni successivi, sotto la guida di Andrea Randi, Baroncini ha continuato a correre e soprattutto a imparare: «Sin dal primo giorno l’ha presa molto seriamente – riprende Brusa – E’ un ragazzo estremamente serio, non tanto giocherellone, che ama il ciclismo a 360°. Tanti ad esempio finita la gara lasciano la bici e se ne vanno: lui se la curava, la puliva personalmente, si vedeva che dentro c’era un feeling particolare, soprattutto una gran voglia di vincere. A quei tempi, ad esempio, c’era un altro ragazzo che spesso lo batteva: in gara era una lotta spietata, fuori andavano ad allenarsi insieme. Filippo è fatto così».
L’importanza della famiglia
Quello stesso ragazzo, poche settimane fa ha conquistato il titolo mondiale Under 23. Tanti hanno gioito per lui, ma per Gian Franco Brusa quelle immagini della TV sono state un’emozione immensa: «Quello scatto è stata una cosa da… professionisti. Quando l’ho visto volete sapere la prima cosa che ho pensato? Finalmente ha imparato a scegliere il momento giusto… Infatti ero sicuro che arrivava».
La forza di Baroncini è anche nella sua famiglia: «Non gli ha mai fatto alcuna pressione, né soprattutto l’ha fatta verso alcuno di noi. Tanti genitori hanno una presenza ossessiva, magari inconsapevole, loro invece ci hanno sempre lasciato fare il nostro lavoro in assoluta libertà. Ma lo stesso va detto a proposito dei suoi direttori sportivi e tecnici. Diciamo che in questo Filippo ha potuto fare la giusta gavetta, crescendo con le tappe necessarie».
Il prossimo anno… ricomincia la storia
Sette anni in tutto è durata la permanenza di Filippo Baroncini nel sodalizio massese: «Non smetteremo mai di ringraziarlo abbastanza – interviene la presidente Loretta Cortecchia – e di lodarlo per i suoi risultati e la dedizione che ci ha messo dentro, perché è un esempio per i bambini di oggi e magari campioni di domani. Tante sirene si sono avvicinate nel corso di quegli anni, ma Filippo non le ha mai ascoltate, credeva in noi come noi in lui ed è rimasto nelle fila di casa».
Il prossimo anno, da campione del mondo, Baroncini entrerà a far parte della Trek Segafredo e quindi del mondo professionistico. Gian Franco Brusa è sicuro che ha le qualità per rimanerci: «E’ un mondo difficile, lo sanno tutti, ma so che Filippo ha la testa e il motore per poterci stare. Poi sarà il tempo a dire che cosa potrà fare, però… Vi racconto un aneddoto: un giorno portai i ragazzini a vedere l’arrivo del Giro d’Italia a Ravenna. A fine tappa andarono a incontrare i ciclisti e Filippo a tutti chiedeva la borraccia, voleva collezionarle per rivenderle. Io gli dissi che un giorno sarebbe stato lui a dare le borracce ai ragazzi che gliele avrebbero chieste perché sarebbe stato lui il campione. Il tempo mi sta dando ragione…».