Nasce la Polti-Kometa: una botta di orgoglio italiano

10.01.2024
6 min
Salva

MILANO – Hotel Principe di Savoia in piazza della Repubblica, nei salottini della hall ci sono procuratori di calciatori e direttori sportivi. Ariedo Braida (che in serata si intratterrà a lungo con Francesco Moser) e Oscar Damiani sono appena usciti, noi andiamo avanti a parlare con Alberto Contador. Fuori l’inverno si fa sentire, il cielo è grigio, ma per il ciclismo è una bella giornata. Si presenta il Team Polti-Kometa. Ne abbiamo viste le maglie. Abbiamo letto vari comunicati e apprezzato le immagini della Aurum Magma con cui correrà la squadra. Ma adesso Francesca Polti e Giacomo Pedranzini spiegano il perché abbiano scelto di sponsorizzare la squadra di Basso e Contador, presenti allo stesso tavolo. Il sorriso è coinvolgente, gli argomenti attaccano.

Francesca Polti ha parlato raccontando il suo entusiasmo e la sua visione
Francesca Polti ha parlato raccontando il suo entusiasmo e la sua visione

Le ragioni per partire

L’aspetto sportivo ci sta a cuore, ma quel che più ci piace sottolineare è il fatto che due grandi aziende italiane abbiano scelto di impegnarsi nel ciclismo. Fino a qualche tempo fa non sarebbe stato niente di strano (complici forse anche disinvolte abitudini fiscali), oggi è un’eccezione.

«Sono abituata a parlare in pubblico – dice Francesca Polti – ma è la prima volta che parlo della mia squadra e sono molto emozionata. La nostra squadra, la sento davvero mia. Quando si è trattato di scegliere se aderire o meno al progetto, ho riunito il mio staff ristretto e piuttosto che chiederci perché farlo, ci siamo chiesti se ci fosse un motivo per non farlo e non ne abbiamo trovati. Abbiamo visto solo opportunità e così siamo partiti.

«Ho trovato analogie di valori. Anche la squadra, come la nostra azienda, si fonda su rispetto, innovazione e sostenibilità. Abbiamo trovato nel ciclismo un bel veicolo di comunicazione, perché vogliamo che Polti si espanda nei Paesi in cui la squadra andrà a correre. Vogliamo tornare vicini al nostro pubblico, per fare vedere chi siamo e non solo per mostrare i nostri prodotti. Vogliamo far conoscere la nostra vivacità, anche se è una sfida in salita, al culmine della quale ci potrà essere grande soddisfazione. Quando ci siamo riuniti con le famiglie prima di Natale, mio padre si è avvicinato a me e Ivan (Basso, ndr) e ci ha chiesto se qualcuno ci avesse già dato dei pazzi. Noi abbiamo risposto di sì e lui ha sorriso, dicendo che allora questo progetto avrà successo. Perché anche a lui dissero che era pazzo per aver inventato la Vaporella e aver puntato quella prima volta sul ciclismo».

Il Team Polti-Kometa correrà con la Magma di Aurum, di proprietà di Basso e Contador
Il Team Polti-Kometa correrà con la Magma di Aurum, di proprietà di Basso e Contador

Il doping è una scusa

E quando le diciamo che è insolito vedere una grande azienda italiana fare ritorno al ciclismo e che tanti, in passato, hanno rifiutato la possibilità opponendo i casi di doping e il rischio per l’immagine, Francesca Polti si irrigidisce e sorride.

«Credo che i ragazzi siano tutti controllati – dice – e che la squadra sia la prima ad accorgersi se qualcosa non va. Ma se anche fosse il caso e trovassero un corridore positivo, il nostro compito non sarebbe quello di mettere in discussione il sistema, ma di stargli accanto per aiutarlo. Perché se ti dopi, hai un problema. E noi negli anni siamo stati accanto a donne maltrattate e persone con altri problemi. Perché abbandonare un corridore? Nel calcio i ragazzi con problemi di scommesse non li hanno abbandonati…».

Giacomo Pedranzini è arrivato dall’Ungheria, dove vive dal 1994.
Giacomo Pedranzini è arrivato dall’Ungheria, dove vive dal 1994.

Sport, cibo e salute

Lo stesso argomento fu utilizzato anni fa da Giacomo Pedranzini, cui al momento di entrare accanto alla Fundacion Contador fu posta la stessa obiezione. Il valtellinese di Ungheria lo abbiamo già sentito qualche settimana fa, ma il suo slancio conquista la platea.

«In bicicletta – dice – la salita non finisce mai. Noi siamo agricoltori di montagna, produciamo cibo e lo portiamo sul tavolo dei consumatori. Il nostro obiettivo è fare meglio di quanto fatto negli ultimi sette anni, ma soprattutto la squadra sarà al centro di un progetto di comunicazione. Kometa è la terza azienda alimentare in Ungheria e in Italia siamo presenti in tutte le più grandi catene di supermercati, da Conad a Coop, come Esselunga, Tigros ed Eurospin, però la gente non ci conosce. Questo è un limite che vogliamo superare.

«Crediamo che una vita sana e una sana alimentazione possano cambiare la vita degli italiani e costare meno al sistema sanitario nazionale. La scintilla è scattata quando Ivan Basso ci ha parlato di “ciclismo sociale” e di “cibo onesto”. L’Italia ha bisogno di gente che ci creda. Abbiamo pochi impianti sportivi rispetto alla media europea, siamo il fanalino di coda e questo si traduce anche in una inferiore pratica sportiva, che investe anche il ciclismo. Ho letto un articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera. Diceva che nel 1992, il reddito annuale pro capite di un italiano era il 19 per cento in meno rispetto a un cittadino degli Stati Uniti. Nel 2022, trent’anni dopo, l’italiano guadagna la metà. Se le famiglie perdono così potere di acquisto, tutto il resto va dietro, anche lo sport».

I tre fondatori del team, Alberto e Fran Contador e Ivan Basso
I tre fondatori del team, Alberto e Fran Contador e Ivan Basso

Una grande squadra

Basso annuisce. Sono stati presentati i corridori, i pochi che sono stati portati e che domani raggiungeranno il ritiro della squadra in Spagna. Maestri, definito il nuovo capitano dopo il ritiro di Gavazzi. I fratelli Bais. Matteo Fabbro. L’ungherese Fetter. E la speranza Piganzoli. Basso spiega.

«Ci riteniamo una grande squadra – dice – il comunicato che diffondemmo durante il Giro e che avevamo condiviso derivava dal fatto che credevamo di meritare più attenzione di quella che avevamo. Quello che vediamo qui oggi nasce dalla credibilità costruita negli ultimi anni. L’obiettivo è sempre stato mantenere quel che avevamo e rinforzarci per avvicinarci al livello delle grandi professional europee.

«Sono cambiati gli sponsor – prosegue – ma la società continuerà a lavorare allo stesso modo. Siamo nati nel periodo del COVID. La squadra si è resa simpatica al mondo del ciclismo ed è credibile perché unisce la Fundación Alberto Contador, la reputazione dei due ciclisti che l’hanno creata e la storia di un marchio come Polti. E’ un progetto unico che unisce più generazioni. Quando si parla di ciclismo-impresa, questa è una squadra che produce le sue biciclette. Ci sentiamo in dovere di essere attori del cambiamento, con Alberto ne parliamo spesso, restituendo quello che il ciclismo ci ha dato. Abbiamo grandi ambizioni e un calendario importante. Il Giro d’Italia? Bisognerà aspettare gli inviti».

La sensazione è che quel biglietto sia stato già staccato. Il ritiro della Lotto Dstny, le due vittorie di tappa degli ultimi due anni e le tre giornate del Giro in Valtellina fanno pensare che le possibilità siano buone. Domani il gruppo si riunirà in Spagna e le bici torneranno a recitare da protagoniste. Qui si va verso il galà di stasera, fra occhi che luccicano e il senso della nuova avventura che sta per cominciare.

La squadra, il Giro, l’economia, la Valtellina: parla il signor Kometa

07.12.2023
7 min
Salva

Fra Roma e il lago Balaton, nella cui zona sorge lo stabilimento Kometa in Ungheria, ci sono mille chilometri abbondanti, ma la voce di Giacomo Pedranzini arriva squillante come dalla stanza accanto. L’Amministratore Delegato della società di famiglia sta facendo rientro in Italia, in uno dei tanti viaggi che gli permettono di riconnettersi con la Valtellina e la sua famiglia.

«L’azienda ha sede in Ungheria – spiega – ma è di proprietà della mia famiglia, la famiglia Pedranzini Ernesto, che era nostro padre e ha trascorso la sua vita a Bormio. Siamo agricoltori e allevatori di montagna, così siamo nati e cresciuti e continuiamo ancora oggi questa attività, grazie ai miei fratelli più giovani, a cui sono sempre grato. Continuiamo a fare agricoltura di montagna nell’alpeggio sulla Malga dei Forni, sopra Santa Caterina Valfurva. Il mio collegamento con la Valtellina nasce da lì. Le nostre origini e le nostre attività sono ancora in Valtellina».

Kometa è sin dall’inizio uno dei nomi più fedeli di Basso e Contador. Negli anni il rapporto si è evoluto e dalla continental dei primi tempi, si è arrivati alla collaborazione con Eolo e a breve con Polti. Giacomo Pedranzini è il responsabile dell’azienda, che si dedica all’allevamento e alla trasformazione di carni suine. E data l’attenzione per l’alimentazione sana, l’abbinamento con lo sport e in particolare il ciclismo è stato quasi una conseguenza naturale. Ora che il Giro torna a Livigno e vi rimarrà per tre giorni (arrivo sul Mottolino, giorno di riposo e la ripartenza), farsi raccontare il suo ciclismo e la sua Valtellina ci è parso molto interessante.

Giacomo Pedranzini ha 58 anni ed è l’Amministratore Delegato di Kometa, che dal 1994 opera in Ungheria
Giacomo Pedranzini ha 58 anni ed è l’Amministratore Delegato di Kometa, che dal 1994 opera in Ungheria
Perché il ciclismo?

Perché ha delle sintonie con i valori dell’azienda. E’ una scuola di vita che riteniamo possa essere utile anche per le nuove generazioni. Il contatto con Ivan Basso risale ormai a otto anni fa. Aveva smesso di correre da uno o due anni ed era consapevole che non sarebbe stato facile mettere in piedi una squadra di vertice. Così mi presentò un progetto in cui parlava anche di sport rivolto anche al sociale, soprattutto ai giovani. E a me piacque l’idea di formare giovani uomini oltre che giovani atleti.

La squadra nel frattempo è cresciuta…

Migliora ogni anno. Partecipiamo stabilmente al Giro d’Italia e ad altre competizioni di RCS, quindi gli obiettivi rimangono sempre gli stessi. Però chiaramente ci aspettiamo che oltre alla squadra cresca anche la nostra capacità di comunicare col pubblico. Abbiamo esitato prima di unirci a questo progetto. Quello che ha fatto scoccare la scintilla è stata l’idea di poter trasmettere i valori di Kometa, che sono anche alla base dell’ideale di Honest Food di cui siamo promotori e che oggi è rappresentato da un’Associazione senza scopo di lucro, nata lo scorso settembre a Milano.

Di cosa si occupa?

Riteniamo che il comparto alimentare necessiti di un ripensamento in tutte le sue componenti. E’ necessario ritrovare prima di tutto equilibrio e buon senso all’interno della filiera, per produrre cibo buono e salubre ad un prezzo ragionevole. Sono i tre cardini che si possono raggiungere attraverso la giusta distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare. Oggi soffriamo dell’abbandono delle aree svantaggiate, per esempio nell’agricoltura. E tutto questo ha portato ad alcune distorsioni nei prezzi. Per troppi anni ci siamo focalizzati sulla crescita dei volumi a prezzi sempre più bassi, invece di concentrarci sulla qualità. Questa certamente ha un costo, però il cibo non può essere un lusso.

La partenza del Giro d’Italia da Budapest nel 2022 è stato per Kometa un’operazione molto importante (foto Rcs Sport)
La partenza del Giro d’Italia da Budapest nel 2022 è stato per Kometa un’operazione molto importante (foto Rcs Sport)
La presenza di Basso e Contador è funzionale al messaggio?

La possibilità di comunicare attraverso l’immagine di due grandi campioni come loro è stata il fattore che ci ha fatto prendere la decisione. La grande partenza del Giro dall’Ungheria, con il nostro nome e un atleta ungherese in squadra, è stata una delle azioni che ha dato più risonanza. Siamo presenti alle corse. Facciamo promozione nei nostri punti vendita, in cui il consumatore trova l’oggettistica della squadra. In più per il 2024 ci siamo legati a una nuova agenzia, Luca Vitale e Associati, con cui inizieremo varie azioni di comunicazione.

Che rapporto c’è tra Giacomo Pedranzini e il ciclismo?

Per estrema onestà, devo dire che in famiglia non siamo mai stati dei grandissimi sportivi. Il nostro sport era aiutare il papà e la mamma nell’azienda agricola, il nostro trekking era camminare dietro alle mucche. Però gli sport di fatica ci sono sempre piaciuti, perché richiedono grande persistenza e grande resistenza, anche mentale. 

Crede che il ciclismo sia un valido veicolo promozionale per la sua azienda?

Questa domanda è importante, ma prima di rispondere ne faccio io un’altra. Come mai Lidl, una delle più grandi catene della distribuzione a livello mondiale, è subentrata a Segafredo? Non vogliamo paragonarci a loro né avere la presunzione di tenere in piedi le sorti del ciclismo, però continuiamo perché ci dispiacerebbe che uno sport che ha fatto parte della storia e della cultura del nostro Paese, diventasse l’ultima ruota del carro. Quando mio padre voleva richiamarci all’ordine, diceva sempre un proverbio: «Le parole volano, l’esempio trascina». E allora noi proviamo, in questo caso con Polti, a dare un piccolo esempio di perseveranza e determinazione. Sperando poi che aziende più importanti e più grandi di noi vengano a darci man forte per riportare il ciclismo italiano sul gradino che gli compete nel palcoscenico internazionale.

Anche Polti (nella foto Franco e sua figlia Francesca) è un’azienda di famiglia, con grande esperienza nel ciclismo
Anche Polti (nella foto Franco e sua figlia Francesca) è un’azienda di famiglia, con grande esperienza nel ciclismo
Francesca Polti ci ha raccontato di aver trovato subito delle sintonie aziendali con voi, lo conferma?

Certamente, perché anche Polti è un’azienda di famiglia. Hanno una bella storia. L’affinità è prima di tutto umana e di storia imprenditoriale. Loro sapranno apportare la loro grande esperienza nel mondo del ciclismo. Hanno vinto il Giro d’Italia, sono certo che papà Polti ci darà dei consigli molto preziosi.

Quante volte all’anno torna in Valtellina?

Almeno una al mese, diciamo così. Poi durante l’estate la mia famiglia, che per tutto l’anno è con me in Ungheria, si trasferisce molto volentieri in Italia.

Si ha la sensazione, ascoltandola, di avere davanti un ambasciatore del territorio.

Il collegamento con la Valtellina c’è sempre. Stiamo sperimentando con successo la collaborazione tra pubblico e privato. Il coinvolgimento del territorio, la presenza del Giro d’Italia e tutte le azioni in materia di cicloturismo sono legate al contributo della Provincia di Sondrio. Bisogna riconoscere a Pierluigi Negri la grande abilità di coordinare il privato con i consorzi turistici che rappresenta in Valtellina. L’amministrazione provinciale si muove sempre guardando a tutti gli aspetti. Quindi va bene sostenere lo sport, ma va guardato anche l’interesse economico del territorio. E oggi i dati dicono che le presenze estive hanno pareggiato l’indotto di quelle invernali e questo è un dato veramente importante. Penso che sia sufficiente per capire che grande importanza rivesta la promozione del ciclismo per la Valtellina.

Quanto sarebbe importante essere al via del prossimo Giro, viste le tappe in Valtellina?

Essendo una professional, ci dovremo sudare l’invito. Però siamo molto fiduciosi che quello che abbiamo fatto sui campi di gara, vincendo una tappa anche nell’ultima edizione con Davide Bais a Campo Imperatore, parli per noi. E come è successo in Ungheria, avere al via del Giro un valtellinese come Davide Piganzoli sarebbe motivo di orgoglio.

Piganzoli, valtellinese doc, sarebbe una presenza importante al prossimo Giro d’Italia (foto Instagram)
Piganzoli, valtellinese doc, sarebbe una presenza importante al prossimo Giro d’Italia (foto Instagram)

Parola al Presidente

Al riguardo chiudiamo con poche parole, ma molto chiare di Davide Menegola, Presidente della Provincia di Sondrio con delega al Turismo e Sindaco di Talamona, cui abbiamo chiesto di parlarci della collaborazione fra pubblico e privato.

«Il progetto legato al ciclismo – dice – sta portando grandi frutti a tutti gli operatori della provincia di Sondrio. Proprio il mese scorso abbiamo fatto un incontro che ha coinvolto la Provincia, il Consorzio BIM Adda, le Comunità Montane e il Parco Nazionale dello Stelvio, dove tutti hanno dato via libera al tavolo di lavoro sul cicloturismo. Tuttavia, mentre in precedenza si era ritenuto di approvarlo di anno in anno, questa volta abbiamo ritenuto di allungare il periodo e di sostenerlo per i prossimi tre anni, in modo che tutti possano lavorare con la prospettiva migliore per gli obiettivi che ci siamo prefissati».

Come dire che quando si fa sistema, il ciclismo diventa un potentissimo mezzo di comunicazione. In Valtellina l’hanno capito bene, basta andare a farsi un giro su quelle strade quando la neve si sarà sciolta. Il 10 gennaio il Team Polti-Kometa verrà presentato a Milano, per il ciclismo italiano si tratta di un’ottima notizia.

Pedranzini: la Valtellina e i pro’ come motore del turismo

20.07.2023
4 min
Salva

BORMIO – La cornice all’evento di presentazione del team Eolo-Kometa è stata la piazza Kuerc di Bormio. I corridori del team professional, guidato da Ivan Basso e dal suo staff, si sono goduti l’abbraccio della comunità di Bormio. Tra le varie autorità e appassionati presenti, c’era anche Giacomo Pedranzini, proprietario dell’azienda Kometa (nella foto di apertura davanti all’azienda di famiglia insieme ai corridore della Eolo-Kometa). Sponsor che dà il secondo nome alla professional

«Il progetto della Eolo-Kometa – ci dice in prima battuta – che a me piace chiamare “la squadra di Basso e Contador”, è nato sette anni fa. Aveva un obiettivo chiaro, per me e la mia famiglia, che ha deciso di aderire a questa iniziativa. Ovvero quello di consumare del cibo sano, promuovendo attraverso lo sport l’assunzione di uno stile di vita attivo». 

Terra eroica

La scelta di allenarsi in questo contesto non è casuale, la Valtellina è da anni teatro di grandi sfide a colpi di pedale. Da Bormio parte la salita al Passo dello Stelvio, il valico automobilistico più alto d’Italia ed il secondo in Europa. Non lontano da qui si nascondono le pendenze del Passo Gavia e del Mortirolo. Insomma, in Valtellina il ciclismo è di casa. 

«La Valtellina è, prima di tutto – continua Pedranzini – terra di agricoltura eroica e poi di ciclismo altrettanto eroico. I vigneti che si affacciano sulla strada che attraversa la valle sono la testimonianza della fatica e della passione che gli agricoltori hanno verso questo territorio. Negli ultimi 20 anni il turismo legato al ciclismo è cresciuto a dismisura, arrivando ad eguagliare quello dello sci. Questo fatto, per la Valtellina, è un risultato eccezionale, offrire un turismo sano e rispettoso dell’ambiente e delle attività economiche della valle è un grande traguardo».

Il motore del professionismo

Una grande spinta è arrivata dallo sport agonistico, le battaglie che hanno caratterizzato queste salite hanno portato tanti appassionati su queste strade. Una volta ammirate le bellezze naturalistiche gli appassionati non hanno potuto far altro che ripercorrere a loro volta queste strade. 

«Siamo partiti da una squadra continental – riprende – poi fortunatamente siamo arrivati al modello professional, partecipando agli ultimi tre Giri d’Italia. Alla corsa rosa abbiamo anche collezionato due splendide vittorie in tappe iconiche. Speriamo di contribuire ad un ulteriore rilancio del ciclismo in Italia. La bicicletta era la cultura del nostro Paese, che dominava nel ciclismo internazionale. Portare una squadra professionistica su queste strade in ritiro vuol dire farle vivere anche al di fuori del contesto agonistico, che dura solo un giorno. La cultura e la passione per lo sport devono abbracciare questa terra tutto l’anno».

L’esempio Ungheria

Il Giro d’Italia nel 2022 è partito dall’Ungheria, una terra ed una popolazione che hanno calorosamente abbracciato il ciclismo e la corsa rosa. L’azienda della famiglia Pedranzini, Kometa appunto, nasce in questa valle ed ha anche uno stabilimento in Ungheria. Giacomo Pedranzini vive quel territorio, cosa ha lasciato il ciclismo da quelle parti un anno dopo?

 «Ha lasciato – conclude – un Giro di Ungheria con strade affollate e con tanto entusiasmo di contorno. Il risultato più bello, che ha dato il maggior riscontro, è che gli ungheresi sono stati contentissimi dell’evento. La stessa organizzazione ha detto che quella è stata una delle migliori partenze dall’estero del Giro. Questo deve fare il ciclismo professionistico, essere un motore di crescita per lo sport a tutti i livelli».

Pedranzini e la sua Kometa nel ciclismo: questione di valori

15.05.2022
5 min
Salva

Spesso abbiamo parlato della squadra di Contador e Basso, della Eolo-Kometa. Per tutti la Eolo, ma c’è quel Kometa che è il secondo sponsor sulla maglia che cela contenuti enormi. Contenuti che emergono in poche frasi scambiate con Giacomo Pedranzini, amministratore delegato proprio di Kometa.

Contenuti fatti di valori, di storia, di passione e che ben si legano alla crescita di una squadra giovane come quella celeste. Che ben si legano a quell’entusiasmo e se ne fa promotore a sua volta.

Kometa produce prodotti alimentari, carni principalmente: salumi, prosciutti, fese… ma anche formaggi e yogurt. E’ un’azienda ungherese, ma la sua storia è lunga ed ha origini italiane, Valtellinesi per la precisione.

Giacomo Padranzini, amministratore delegato di Kometa, incontrato a Budapest
Giacomo Padranzini, amministratore delegato di Kometa, incontrato a Budapest

Tutto parte dai monti

Come si legge anche sul loro sito, la storia di Kometa è “la storia di un’impresa di famiglia”. Una di quelle famiglie numerose del dopoguerra in cui lavorare i campi era quasi scontato e una necessità al tempo stesso.

Ma se c’è passione e inventiva , anche in situazioni di partenza difficili, come poteva essere la vita di montagna, gli orizzonti possono essere sconfinati. E così dai pascoli al salumificio, dai prodotti caseari agli insaccati industriali il passo è stato relativamente breve. Tanto da arrivare oltre confine, in Ungheria appunto, nel 1994.

Uno scorcio della Valtellina da dove trae origine negli anni ’60 la storia della famiglia Pedranzini (foto Kometa)
Uno scorcio della Valtellina da dove trae origine negli anni ’60 la storia della famiglia Pedranzini (foto Kometa)

Ed ecco che un’azienda di famiglia, diventa definitivamente una realtà imprenditoriale internazionale. Nel 1994 acquisiscono un complesso industriale dedicato alla macellazione delle carni a Kaposvár, nel sud ovest dell’Ungheria e da dove è partita la terza tappa del Giro. Il tutto senza però dimenticare i saperi della tradizione italiana e genuina. E senza neanche stracciare le tipicità locali, come il salume ungherese. Il mix è esplosivo. Kometa cresce si espande e si affaccia anche ad altri mondi.

Kometa e il ciclismo

Oggi Kometa annovera qualcosa come 850 dipendenti tra Italia e Ungheria, esporta al di fuori di queste Nazioni il 40% dei suoi prodotti e ha già obiettivi di crescita fissati per il 2025. 

E quando c’è programmazione, significa che c’è salute. Il bello è che in questa programmazione rientra a pieno titolo anche il ciclismo. Per Giacomo Pedranzini, ciclismo e Kometa, hanno (e sono) valori condivisi. Tenacia, salute, rispetto… anche dell’ambiente.

Il marchio Kometa sulle strade del Giro d’Italia, partito proprio dall’Ungheria
Il marchio Kometa sulle strade del Giro d’Italia, partito proprio dall’Ungheria
Signor Pedranzini, un industriale nel ciclismo e il Giro d’Italia a Budapest, in Ungheria…

Direi più un’azienda che produce cibo che si affaccia nel ciclismo. Mettiamo le cose un po’ per terra – dice Pedranzini con onestà ed umiltà –  un’azienda che produce cibo in Ungheria e che vende in diversi paesi europei. Abbiamo creduto in questo sport, abbiamo creduto nelle persone che vi lavorano e che nel nostro caso gestiscono il progetto Eolo-Kometa, per promuovere quelli che sono anche i valori della nostra azienda e dei nostri prodotti.

Valori, pensando alla vostra storia, che non possono che essere forti…

Veniamo da una terra che, per quanto riguarda l’agricoltura, è definita eroica. Pensiamo solo a quel che bisogna fare per coltivare i vigneti sui pendii, ai terrazzamenti, alle pendenze delle nostre vallate. Ed è stata una terra eroica anche per i ciclisti. Pensiamo a quando devono scalare lo Stelvio piuttosto che il Mortirolo o il Gavia. Io credo che il ciclismo abbia molto in comune con queste nostre attività. Attività che richiedono sacrifici. Anche per i ciclisti vale il discorso che per poter eccellere serve una grandissima dedizione, serve spirito di sacrificio. E allora abbiamo proprio trovato in questa comunanza di valori e di impegno, la motivazione per supportare questa squadra. E questa terra.

E sempre parlando di terra (territorio), ma anche di Kometa e Valtellina, avete qualche progetto legato al turismo visto quanto accaduto con il team e Visit Malta?

La cosa bella, molto bella, di questo progetto del team è quello di essere sempre stato appoggiato anche dalla provincia di Sondrio, proprio perché il cicloturismo è un pezzo importante della nostra valle. Si dice che ormai il turismo della bicicletta eguagli quasi quello dello sci. Pensate che importanza poter avere due stagioni che sostengono l’economia di un’annata intera… Credo comunque che lo spazio di miglioramento sia ancora tanto. Non dobbiamo limitarci a promuovere solo l’uso della bicicletta dal punto di vista turistico, ma anche l’uso nella vita quotidiana. Lasciamo un po’ le macchine in garage e usiamo un po’ di più le biciclette.

HonestFood, approccio etico e sostenibile di Kometa, fortemente voluto da Pedranzini, tanto per parlare di valori…
HonestFood, approccio etico e sostenibile di Kometa, fortemente voluto da Pedranzini, tanto per parlare di valori…
Torniamo al team. In questa squadra ambizione ed entusiasmo non mancano. La voglia di crescere sia da parte dei corridori, ma anche degli sponsor e di vi è intorno è palpabile. Al WorldTour, ci pensate?

Andiamo sempre avanti, ma un passo alla volta. Intanto cerchiamo di far bene il prossimo passo. Siamo nel pieno di una stagione importante, siamo ad un Giro, che tra l’altro è partito dall’Ungheria, e che dobbiamo onorare al massimo. Poi i sogni sì, ci sono e sono grandi. Però in questo caso la barca la guidano Ivan, Fran e Alberto (rispettivamente Basso e i fratelli Contador, ndr). Lascio a loro indicare dove dovremo arrivare. impegnandoci al massimo. E sono certo che finiremo bene.

Come mai Kometa ha scelto il ciclismo?

Devo dire la verità: non che è io sia il primo appassionato di ciclismo. Piuttosto ho una passione per gli sport di fatica e per questo mi piace il ciclismo, così come mi piace lo sci nordico. Mi piacciono gli sport nei quali gli uomini devono dimostrare veramente la loro capacità di resistere, di performare come si dice oggi, usando tutte le loro energie.

E Basso (orgoglioso) ci guida a Casa Eolo

27.02.2021
6 min
Salva

A Besozzo c’è il sole e Casa Eolo si stacca contro l’azzurro, risultando anche più imponente. Quando il cancello finisce di scorrere, il saluto di Ivan Basso è pieno di orgoglio e buon umore. Siamo nella sede del Team Eolo-Kometa che lui per primo e poi Luca Spada hanno voluto, proprio nel luogo da cui è iniziata la fortuna di Eolo. C’è del simbolismo positivo anche in questo, assieme alla sensazione di un progetto che sta mettendo solide radici. Conosciamo Ivan sin dagli juniores, l’ambizione non è mai stata un problema. Gli anni e le esperienze hanno portato anche un’interessante visione da manager.

Il cartello campeggia accanto alla porta d’entrata di Casa Eolo
Il cartello accanto alla porta di Casa Eolo

Siamo i primi, ammette mentre fa gli onori di casa, a varcare questa porta. Il colpo d’occhio è intrigante. Si vedono le postazioni per i computer, dove l’addetto stampa Francesco Caielli è già al lavoro assieme a Carmine Magliaro che segue la logistica delle prime corse. La cucina. Alcune stanze con il nome sulla porta. La sala interviste: Eolo on Air. La sala riunioni: Cuvignone. L’ufficio di Ivan: Zoncolan. La sala più grande, per i meeting con il team: Stelvio. E mentre Basso spiega, si ha la sensazione che l’obiettivo sia aggiungere altri pezzi. Un deposito per i mezzi, ad esempio, come pure una foresteria per gli atleti.

Ne parlavi da anni, ce l’hai fatta…

Ce l’ho in testa da sempre (sorride, ndr) perché la casa dà un senso di appartenenza. Nel tempo le squadre si sono evolute. Qui nei dintorni ci sono le basi degli australiani e della Uae, con centri molto belli. La nostra idea sin dall’inizio era quella di creare un posto dove l’allenatore, l’addetto alle pubbliche relazioni, gli sponsor e i manager possano lavorare insieme, perché così nascono le idee. Vogliamo che Casa Eolo diventi un riferimento per la nostra regione. Io sono di Varese, ho cominciato qui e qui ci sono i miei tifosi. Eolo è nata proprio in queste stanze e Spada abita qualche chilometro più in là. C’è l’orgoglio varesino e questa casa era il primo tassello, poi sono venuti i materiali, le bici e tutto il resto. La prima cosa è il progetto, poi vengono gli uomini.

Che cosa intendi?

Si è discusso anche del valore tecnico del team, ma si è fatto il mercato alla fine. La priorità era fare una squadra italiana, c’erano 14 corridori liberi e ne abbiamo presi 10. La parte importante è essere partiti da un’idea e nell’idea c’era di trovare dei direttori sportivi come Stefano Zanatta e Sean Yates con cui si può costruire qualcosa di importante, aiutando Jesus Hernandez a maturare. Per migliorare questa squadra serve gente esperta. Prima il progetto, appunto, poi gli uomini.

Basso con l’addetto stampa Francesco Caielli
Basso con l’addetto stampa Francesco Caielli
Come stanno i ragazzi?

Ho visto un costante miglioramento, sin dal primo ritiro. Abbiamo lavorato cercando di curare ogni area. Era un gruppo da amalgamare, anche se molti si conoscevano. Si dice che sia una squadra nuova, ma in realtà ha già tre anni di vita come continental, già strutturata come una professional e con un budget consistente. Tanti nostri corridori sono nel WorldTour. Moschetti, Oldani e Ries. Ma credo di aver preso ragazzi che riusciranno a rilanciarsi. Albanese può tornare al livello di quando all’Hopplà i più forti erano lui e Ballerini. Anche Ravasi ha ancora tanto da dire. Tiriamo tutti nella stessa direzione.

Tutti?

Pedranzini, il signor Kometa, si sente il papà di tutti. Del resto se trovi un imprenditore che ha speso così tanto in una continental, visto il tipo di ritorno, è evidente che lo facesse soprattutto per passione. Poi è arrivato Spada, che ha messo il 53×11. E sì che dopo il Covid rischiavamo persino di non ripartire. Spada è arrivato e adesso quasi non riescono più a trattenerlo in ufficio. L’altro giorno era qui in Casa Eolo a montare i mobili…

Carmine Magliaro al lavoro per la logistica
Carmine Magliaro al lavoro per la logistica
Sembra che tu stia parlando di Paolo Zani ai tempi della Liquigas.

Me lo ricorda molto per la passione, nonostante fosse alla guida dell’azienda era sempre con noi. Spada è coinvolto al 100 per cento, chiede cosa facciano i ragazzi, vuole il calendario, chiama quando sente che c’è stata una caduta. Pedranzini è lo stesso e parliamo di uno che lavora dalle 4 del mattino fino alle 21. Le telefonate con lui si svolgono fra le 5,30 e le 6 del mattino. La famiglia viene dalla campagna, i fratelli sono in malga. Hanno disponibilità economica importanti e una vasta tipologia di aziende. Sono grandi lavoratori, ma vivono la squadra con un entusiasmo incredibile. E la cosa bella è che i due, Spada e Pedranzini, parlano spesso insieme.

La dimensione continental vi andava stretta…

Non aveva neanche tanto senso continuare in quel modo, per il tipo di impegno e di mezzi non ci sentivamo più troppo a nostro agio. Con Alberto e suo fratello Fran c’era condivisione anche su questo. Ma Spada non è arrivato dalla sera alla mattina, c’è dietro un lavoro di due anni e mezzo. Sono orgoglioso di aver cercato sponsor dove gli altri non sono andati. Non è vero che in Italia non ci sono i soldi, ma quanto tempo ho perso…

Alla Clasica de Almeria, la Eolo-Kometa guidata da Gavazzi e Belletti
Alla Clasica de Almeria, Eolo-Kometa guidata da Gavazzi e Belletti
A fare cosa?

A spiegare in senso generico ciò che il ciclismo potesse fare in generale, mentre ogni azienda ha i suoi valori. Ho imparato da ogni rifiuto. Un imprenditore non sei tu a convincerlo, deve convincersi da solo. Tu puoi fargli vedere che cosa il ciclismo può fare per la sua azienda, ma se ti metti a tirarlo per la manica, è certo che ti mostra la porta.

Ci sono stati giorni in cui parlavi dei tuoi progetti come un visionario…

Me lo dicono ancora (ride, ndr). Mi accorgo che ho tante idee, ma le vedo solo io e magari sono irrealizzabili. A volte le dico e mi prendono per matto. A volte mi sveglio nel cuore della notte e devo comunicarle a qualcuno. Mi piace ascoltare le storie dei grandi imprenditori, c’è tanto da imparare. Questa squadra si evolverà perché tutti vogliamo che accada. Spada vive la squadra. Pedranzini è il nostro riferimento in Valtellina, un approdo sicuro dopo il Giro d’Italia.

Sembri contento?

Sono felice, è vero. Non è stato semplice, ma la vera soddisfazione è vedere che tutti si sentono coinvolti e che tante volte nemmeno serve parlare. Io seguo tutto, ma non mi occupo di tutto. Ho scelto delle persone per come le ho viste lavorare e so che faranno bene quel che devono.

Un orgoglioso padrone di casa all’inizio della nuova stagione
Un orgoglioso padrone di casa
Che cosa vuol dire andare al Giro d’Italia?

E’ importantissimo, è il sogno di ogni ragazzino che comincia a correre. Ho detto ai corridori che per noi saranno 21 campionati del mondo. Ci saranno le solite 5-6 squadre che lo monopolizzeranno e noi dovremo essere fra le altre 15-16 che lotteranno per vincere una tappa. Dovranno avere il fuoco dentro. In più confido nei direttori sportivi che abbiamo, che hanno vinto Giri e Tour.

Quanto sei presente con i ragazzi?

Non amo intromettermi. Magari in ritiro faccio tardi la notte a parlare con Zanatta e Yates: abbiamo scelto loro, è giusto che siano loro ad avere il rapporto e la responsabilità. Io cerco di dire il mio nel modo giusto, quando serve. Lo stesso fa Alberto. C’è una suddivisione dei ruoli che funziona. A Laigueglia inizieremo questa avventura. E davvero non vedo l’ora…