Come agisce un gilet di ghiaccio? Risponde il dottor Magni

29.08.2023
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Qualcuno, come in Astana-Qazaqstan, li ha utilizzati anche prima del via della cronosquadre di Barcellona alla Vuelta: parliamo dei gilet del freddo, o “iceveste” o ancora “coolingvest” per dirla con uno dei nomignoli inglesi (in apertura foto Instagram @gettysport).

Questo strumento, chiamarlo capo di abbigliamento è riduttivo, ormai è sempre più utilizzato sia perché il clima sta cambiando e si va verso periodi più roventi, sia perché di pari passo si evolve la ricerca e il fronte, anche sanitario, che c’è dietro la performance.

E battendo proprio questo aspetto, e col fatto che in Astana qualcuno come detto ha utilizzato il gilet del freddo anche durante un momento non così caldo alla Vuelta, abbiamo coinvolto il dottor Emilio Magni, che del team kazako è il medico sociale.

Alcuni team ormai se li fanno fare personalizzati. Vengono usati nel riscaldamento della crono, ma anche prima delle tappe in linea
Solitamente i gilet vengono usati nel riscaldamento della crono, ma non solo
Dottor Magni, questi gilet termici del freddo, perché si utilizzano? Tra l’altro si utilizzano non solo nei classici riscaldamenti della crono, ma anche prima del via delle tappe in linea…

La considerazione principale, se non unica, è che la contrazione muscolare è un procedimento complesso e passa attraverso diversi sistemi. Tra questi quello forse più importante è quello enzimatico. Gli enzimi sono sostanze proteiche, in questo caso actina e miosina, che contribuiscono alle reazioni biochimiche le quali danno il meglio quando la temperatura esterna del corpo va da 36 a 37 gradi. Quando questi enzimi lavorano in un ambiente più caldo la contrazione muscolare avviene, ma con un’efficacia ridotta. Ed ecco perché lo scopo di un atleta è quello di restare il più fresco possibile. O di tenere la temperatura il più vicino possibile a quella normale.

Perché, quanto si alza quando siamo sotto sforzo?

Dipende, già quella interna da sola è più alta di circa 0,5 centigradi, quando siamo sotto sforzo si arriva anche a 39°. È come avere la febbre, ma non è febbre! L’acqua in testa, il ghiaccio, la maglia aperta… sono tutti metodi per raffreddare il motore e farlo lavorare al meglio possibile onde evitare un calo della prestazione.

Arctic Heat è stato tra i primi a proporre questo tipo di gilet. Tra i pionieri del suo utilizzo c’è il biker Nino Schurter
Arctic Heat è stato tra i primi a proporre questo tipo di gilet. Tra i pionieri del suo utilizzo c’è il biker Nino Schurter
E allora dottore viene da chiedersi: ma perché fanno riscaldamento se poi si devono raffreddare?

Per attivare il muscolo allo sforzo e metterlo in una condizione circolatoria affinché possa ricevere più sangue possibile. Se poi questo riscaldamento delle gambe arriva con la temperatura corporea standard… allora è il top. Si riesce a sfruttare la massima efficienza enzimatica.

Ma il riscaldamento e questi gilet incidono anche sull’apparato cardiovascolare, respiratorio? Per esempio si vede metterli spesso anche sulle caviglie, punto importante per la pressione sanguigna.

A mio avviso no. Fanno sì che il riscaldamento sia un po’ più specifico e distrettuale, in questo caso il “distretto” delle gambe, degli arti inferiori che sono i più interessati per il ciclista. E anche le braccia restano fuori. E infatti dei gambali refrigeranti sarebbero controproducenti, andrebbero a contrastare il riscaldamento muscolare degli arti inferiori.

Domanda banale apparentemente, ma quando si indossa? In che momento?

Chiaramente quando fa caldo, alla Parigi-Nizza è molto improbabile che venga utilizzato, ma al Giro o al Tour è ormai la norma. Semmai è interessante sapere le differenze di quando lo si indossa.

Il ghiaccio sulle caviglie o dietro al collo, sono altri metodi che si utilizzano (anche in corsa), per lo stesso scopo: limitare l’accrescimento della temperatura corporea
Il ghiaccio sulle caviglie o dietro al collo, sono altri metodi che si utilizzano per lo stesso scopo: limitare l’accrescimento della temperatura corporea
Cioè?

Alcuni ragazzi preferiscono scenderci già dal bus, altri indossarlo qualche minuto dopo, anche 10′, aver iniziato il riscaldamento per sentire quella “botta” di freddo, quello shock termico che dà piacevoli sensazioni e che risveglia anche un po’.

Quando dura l’effetto di un gilet del freddo?

Dipende dai modelli e dagli usi che se ne fanno. Solitamente i nostri durano un’ora, un’ora e mezza. Ma nelle ultramaratone c’è ormai chi ci corre e durano tante ore. L’atleta così non si surriscalda. 

Come funzionano?

C’è una polvere secca che dal freezer si mette nel singolo box del gilet. Ha una temperatura prossima allo zero. E’ importante metterla sul torace perché in questo modo si riesce a coprire un buon 40 per cento dell’intero corpo: restano fuori arti e testa.

Alla ricerca del freddo. Ghiaccio ovunque per i corridori

24.07.2022
5 min
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Caldo estremo e corridori sempre più alla ricerca del freddo. Del ghiaccio in particolare. Okay, fa caldo e si va a cercare acqua fresca e ghiaccio, appunto, per rinfrescarsi un po’. Sembra una cosa banale e magari lo è anche, ma cosa succede al nostro organismo? Perché il ghiaccio addosso?

Ne parliamo con Nino Daniele, medico della Trek–Segafredo. Da anni nel settore, Daniele ha esperienza anche in questo campo e ci illustra le pratiche più usate dai pro’ che hanno a che fare con il ghiaccio.

Gaetano “Nino” Daniele è il medico della Trek-Segafredo. Eccolo con Lopez al Giro 2022 (foto Instagram)
Gaetano “Nino” Daniele è il medico della Trek-Segafredo. Eccolo con Lopez al Giro 2022 (foto Instagram)
Dottor Daniele, fa caldo e si mette il ghiaccio, ma cosa succede al corpo umano?

Il ghiaccio serve ad abbassare la temperatura del corpo. Questa si alza con l’esercizio fisico e con le alte temperature, come quelle che stiamo vivendo. La temperatura eccessiva del corpo umano crea delle microlesioni a livello muscolare e per questo si usa il ghiaccio.

Obiettivo quindi abbassare la temperatura…

E’ scientificamente dimostrato che la crioterapia riduce questa risposta infiammatoria del muscolo, riduce anche il dolore e il muscolo stesso è più rilassato. E tutto ciò accelera il recupero. Ci sono studi che evidenziano come si “ricarichino” i mitocondri, che sono un po’ la “centralina del muscolo” nell’erogare l’energia. Ma qui entriamo nel delicato settore della biochimica della contrazione muscolare.

Quando si ricorre al ghiaccio?

Noi vi ricorriamo quando la temperatura supera i 25°C-27°C. Per esempio già al Giro, dove ha fatto molto caldo, ma non così tanto, siamo ricorsi 4-5 volte alle “ice bath”, le vasche di ghiaccio.

Thomas, dopo la tappa un po’ di defaticamento e vasca pronta: obiettivo recupero (foto Twitter)
Thomas, dopo la tappa un po’ di defaticamento e vasca pronta: obiettivo recupero (foto Twitter)
Anche al Tour abbiamo visto che la Quick Step-Alpha Vinyl per esempio aveva un mezzo apposito…

Sì, possono esserci dei mezzi appositi, questo dipende anche dai budget o se si hanno degli sponsor, ma di base basta una piscina gonfiabile con acqua fredda e ghiaccio. Moltissimi team le usano. Noi al Giro per esempio avevamo un normale furgone da ghiaccio per trasporto alimentare con queste “piscinette” all’interno. Se ben ricordo siamo partiti con 400 chili di ghiaccio e altri 300 ne abbiamo ripresi a Pescara. Non ho i dati, ma sono quasi certo che al Tour ne abbiano usati molti di più. Vanno considerati anche i chili che consumano i massaggiatori, per le borracce, i pacchetti che si mettono dietro al collo…

Ci parli di queste vasche…

Ci si sta solo con le gambe per 10 o al massimo 15 minuti. La temperatura poi non è così bassa come si può pensare, è intorno a 16°C. E poi spesso si fa in più di una persona e diventa anche un momento di svago. Sarebbe bene farle il prima possibile dopo lo sforzo, ma tante volte con il trasferimento non si può e allora magari si usano delle apposite calze con del ghiaccio intorno. Sono fatte di un materiale particolare, tipo silicone.

Ecco, hai parlato dei pacchetti dietro al collo. Si usano molto prima del via, ma anche in corsa e non solo per il recupero. E anche i gilet appositi con gli spazi per il ghiaccio…

E’ il pre-cooling e rientra sempre nello stesso discorso del recupero e dell’abbassamento della temperatura, chiaramente. Una volta questa pratica si usava prettamente per le cronometro durante il riscaldamento, adesso viste le alte temperature che ci sono, si usano anche prima delle tappe in linea.

Che poi sembra un controsenso, ci si scalda sui rulli, ma si cerca il freddo…

Ragazzi, con la febbre si sta male. E l’aumento della temperatura come detto non fa bene. Sui rulli si scaldano i muscoli, ma al tempo stesso con i gilet e i ventilatori si cerca di tenere bassa la temperatura corporea. Si cerca uno stato di benessere generale.

La pratica delle vasche di ghiaccio è valida anche in atletica, ecco Farah (campione di mezzofondo)
La pratica delle vasche di ghiaccio è valida anche in atletica, ecco Farah (campione di mezzofondo)
Si quanto si abbassa la temperatura con il ghiaccio dietro al collo e i gilet specifici?

Difficile da valutare, ma credo due, forse tre gradi. Più che altro i corridori lo gradiscono e hanno una sensazione di benessere, come accennavo, di fresco. Lo vediamo anche con l’acqua. Oggi i corridori se la schizzano dappertutto molto più che in passato. 

Ci sono dei corridori che gradiscono particolarmente queste vasche di ghiaccio?

Diciamo che i corridori del Nord Europa sono molto più propensi di quelli mediterranei.

E quelle “bare di freddo”? Quelle con temperature anche di -110°, -130°?

Sono molto costose e meno pratiche da usare. In più nel ciclismo non si usano anche perché serve soprattutto per le gambe e non per tutto il corpo. E comunque anche il metodo più artigianale delle vasche di ghiaccio non è meno efficiente.