Dalla ex Germania Est arriva Wilksch. Sarà il nuovo Ullrich?

22.06.2023
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Facendo un po’ di pronostici alla vigilia del Giro Next Gen, era spuntato fuori il nome di Hannes Wilksch. Ventunenne della Germania, di quella parte che, quando ancora c’era il Muro, faceva faville a livello dilettantistico. Se lo cercate tra i plurivincitori il suo nome non c’è, eppure guardando le classifiche delle principali corse a tappe under 23 non fallisce un colpo e intanto cresce.

Alla Tudor avevano visto giusto a fine 2022, individuando in Wilksch un talento da far crescere con calma, prelevandolo dal Team DSM dove era già da tre anni per dargli più responsabilità. Il tedesco ha risposto da par suo, finendo sul podio sia all’Orlen Nations Cup che nella corsa italiana, affrontando tutti i migliori della categoria. E non è finita qui…

Wilksch ha costruito il suo podio con due Top 10 e soprattutto l’attacco a Pian del Cansiglio
Wilksch ha costruito il suo podio con due Top 10 e soprattutto l’attacco a Pian del Cansiglio

Per questo abbiamo voluto conoscerlo più da vicino, come uno dei migliori prospetti della categoria, soprattutto per le gare di più giorni, partendo proprio dal chiedere dove nasce questa sua particolare propensione.

«Non lo so. È una domanda difficile. E’ un po’ anche la mia natura, il fatto che in salita riesco a emergere, che la fatica non mi fa paura. Perché il nostro è un mestiere duro, che richiede grandi sacrifici sperando che il fisico risponda come ci si attende».

Il podio del Giro Next Gen, dove Wilksch ha chiuso terzo a 2’02” da Staune Mittet
Il podio del Giro Next Gen, dove Wilksch ha chiuso terzo a 2’02” da Staune Mittet
Quali pensi siano le doti principali per emergere nelle corse a tappe e pensi di averle tutte?

Innanzitutto penso che prima di tutto si tratti di avere doti di recupero. Per essere in buona forma ogni giorno e riuscire a evitare di avere una brutta giornata, che è poi quella che spesso decide tutto. Devi essere concentrato ogni giorno. Non importa se è il giorno dello sprint, della scalata, del cronometro, devi essere davvero concentrato ogni giorno perché altrimenti hai un incidente ed è tutto finito. E’ davvero una questione di testa, quanto e forse più del fisico. Io penso di avere queste doti, ma devo migliorare ancora.

Hai colto il 3° posto a Orlen e al Giro Next Gen: qual è stata la corsa più difficile da gestire?

Ogni gara è difficile a modo suo. In Polonia, per esempio, non c’erano salite così lunghe, solo un po’ più secche e gli strappi secchi mi mettono in difficoltà. Preferisco le lunghe salite. E’ difficile dire quale gara sia più difficile, sono solo diverse. Ma il livello in entrambe le gare è stato davvero alto. In Polonia c’erano anche professionisti come Piganzoli e si vede che hanno un’altra gamba…

Fondamentale è stato il supporto del team contro la corazzata Jumbo Visma (Foto Anouk Flesch)
Fondamentale è stato il supporto del team contro la corazzata Jumbo Visma (Foto Anouk Flesch)
Tu praticavi calcio e mtb, poi nelle scuole sportive di Francoforte e Cottbus ti sei appassionato al ciclismo su strada…

Ho iniziato con il calcio da bambino, a 6-7 anni. Ma l’ho fatto solo sei mesi, poi non mi divertivo più. Già da bambino andavo molto in mountain bike e con i miei genitori, con mio padre soprattutto solo nel fine settimana. Quello mi piaceva, così siamo andati in un piccolo club vicino a casa mia a Straussberg e lì sì che mi divertivo… Molto presto ho iniziato anche con le corse e me ne sono innamorato. Dicono che è meglio iscriversi a una scuola sportiva come quelle di Francoforte o Cottbus solo perché hai più supporto, hai un allenatore, puoi viaggiare per le gare, hai più tempo per la formazione accanto alla scuola. Quindi prima sono andato a Francoforte per tre anni, ho fatto la mia attività lì nella mia scuola, poi sono andato a Cottbus per altri quattro anni, ma è stata dura.

Perché?

Non vivevo più a casa. Dovevo stare lì in appartamento o come si dice “a pensione”: la mattina a scuola, pomeriggio ad allenarsi, nel fine settimana alle gare. Farlo a 10-11 anni, lontano dai genitori è davvero difficile. Pensandoci ora, credo che comunque sia stata una buona decisione da prendere, perché impari molto per la tua vita. Impari a lavarti i vestiti a dieci anni, non è poco…

Con il quartetto tedesco Wilksch ha conquistato l’oro ai mondiali juniores 2019
Con il quartetto tedesco Wilksch ha conquistato l’oro ai mondiali juniores 2019
Come mai non fai più attività su pista, dopo essere stato campione del mondo (nell’inseguimento a squadre da junior)?

A Cottbus e Francoforte c’è grande attenzione per la pista. Il ciclismo in realtà in tutta la Germania si concentra maggiormente sulla pista e devo dire che ero davvero bravo. Siamo stati campioni del mondo, abbiamo anche stabilito il record mondiale e anche nella madison ero giunto secondo, mi stavo divertendo ma non sono mai stato il migliore in pista. Ero campione del mondo ma non ero al massimo livello. Potevo farcela con molto duro lavoro, molto allenamento della forza in palestra accrescendo la massa muscolare, ma poi è arrivato il covid che ha fermato tutto. Mi sono allenato da solo e all’improvviso ho capito che dovevo investire sul ciclismo su strada.

Negli ultimi anni la Germania sta presentando molti corridori di valore, da Kamna a te ed Herzog. Secondo te da che cosa dipende, c’è più seguito per il ciclismo rispetto a 10 anni fa?

Questa è una bella domanda. E’ solo che forse in alcuni anni hai atleti più talentuosi, in altri anni un po’ meno. Tra l’altro non è neanche una questione geografica, perché io vengo dalla Germania Est ma Herzog dalla zona a ridosso dell’Austria. Ci alleniamo in maniera diversa, davvero non so perché questo periodo sia così prolifico. E’ il bello dello sport.

Qui al Tour de l’Ain 2022, dove ha vinto la classifica per gli scalatori
Qui al Tour de l’Ain 2022, dove ha vinto la classifica per gli scalatori
Chi è il tuo corridore preferito?

Quando ero piccolo ammiravo Fabian Cancellara e ora me lo ritrovo come capo della squadra e questo è davvero bellissimo. Ma anche corridori come Froome o Thomas. Mi piace molto guardarli e vederli correre.

Tu hai già corso il Tour de l’Avenir. Rispetto al Giro Next Gen pensi sia più adatto a te?

Come detto prima, ogni gara è diversa. L’anno scorso li ho fatto entrambi finendo sempre settimo. Al Giro secondo me i primi giorni sono più frenetici, più nervosi perché è un modo diverso di correre. In Francia, influiscono altri fattori come il vento, i ventagli, c’è sempre molto nervosismo anche in pianura e devi essere attento a non essere schiacciato dalla pressione. Ci sono poi giorni con due tappe, una cronoscalata al mattino e una tappa di montagna di pomeriggio, penso che molto si deciderà lì. Ma anche il Giro è durissimo: io ho attaccato nella settima tappa, ma non credevo fosse così dura. Correvano tutti come se fosse una classica belga. Senza giorno di riposo. Quindi questo lo rende davvero difficile. E’ anche per questo che entrambe sono le gare più importanti tra gli under 23, credo.

Triveneto in trasferta: 7 ragazzine al Tmp Jugend Tour

21.05.2023
6 min
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E’ già qualche anno che i comitati regionali delle regioni del Triveneto si mettono insieme per portare le proprie ragazze a gareggiare in Germania. Si dice spesso della necessità di far fare esperienze alle più giovani fuori dai confini nazionali, senza aspettare che “mamma Fci” provveda, mettendoci insomma del proprio. Al TMP Jugend Tour la presenza delle allieve italiane è ormai una tradizione e dietro la loro esperienza c’è una vecchia conoscenza del ciclismo italiano, Giovanna Troldi.

Per chi non la ricordasse, Giovanna è stata una protagonista del ciclismo femminile italiano a cavallo d’inizio secolo, rappresentando l’Italia ai mondiali di Zolder nel 2002 e chiudendo la carriera nel 2003 con all’attivo tre titoli italiani a cronometro. Poi è rimasta legata al ciclismo, anche se progressivamente sempre meno in sella e più a guidare gli altri.

«Ormai non riesco quasi più a salire in bici – racconta – il tempo manca sempre ma quando ho l’opportunità, qualche trasferta per una bella gran fondo non me la faccio mancare. E quando metto il numero sulla schiena, improvvisamente mi torna su lo spirito agonistico, evidentemente è insito in me».

Le ragazze al riscaldamento: Giovanna Troldi è davanti a loro, per gli ultimi consigli prima del via
Le ragazze al riscaldamento: Giovanna Troldi è davanti a loro, per gli ultimi consigli prima del via
Uno spirito che trasmetti alle più giovani…

Sì, sono da anni tecnico del comitato regionale veneto della Fci, occupandomi prevalentemente del settore femminile. Entrando in questo ambito, ho visto che c’era già una stretta amicizia con la Federazione tedesca, così è nata l’idea di formare una rappresentativa triveneta da portare a quella che per la Germania è una delle principali prove giovanili del calendario. Io mi occupo della parte strettamente tecnica, coadiuvata da Francesco Cecchin che cura soprattutto la parte logistica.

Com’è nata la selezione?

Da inizio stagione verifichiamo come vanno le ragazze, stiliamo una classifica a punti e le più meritevoli entrano nella rappresentativa, che comprende atlete venete, trentine, altoatesine e friulane. Erano tantissime che volevano entrare nella squadra, c’è stata una lotta serrata, alla fine abbiamo tirato le somme. Abbiamo a disposizione un’ammiraglia e un pullmino per portare su le ragazze, è una vera e propria avventura.

Proviamo allora a riviverla e raccontarla nei dettagli…

Due ragazze, Sommarini e Pegolo avevano già fatto questa esperienza lo scorso anno e hanno fatto un po’ da chiocce per le altre. Siamo partiti che era ancora notte, per affrontare un viaggio che si è rivelato lunghissimo, 14 ore abbondanti. Un po’ per il maltempo, un po’ per continui incidenti sulla strada, neanche tanto grandi, ma che rallentavano la nostra corsa. Siamo arrivati che le ragazze erano davvero stanche e il giorno dopo c’era già la prima gara.

Cena di gruppo nell’hotel del Triveneto, con telefoni messi da parte e tanta voglia di socializzare direttamente, come una volta…
A cena nell’hotel del Triveneto, con telefoni messi da parte e tanta voglia di socializzare
Chi partecipava alla corsa?

Non c’erano solo le atlete di casa. Intanto partecipava la nazionale tedesca, poi le rappresentative di Polonia, Lussemburgo e Austria, oltre a tanti club locali. Ne è venuta fuori una corsa molto qualificata, un confronto che alla fine si è rivelato molto costruttivo per le ragazze, ma più che sull’aspetto agonistico, c’è un altro aspetto che mi ha colpito.

Quale?

C’è stata una socializzazione fra le varie ragazze davvero eccezionale. Ho notato una grandissima voglia di conoscere, di scambiarsi esperienze fra italiane e straniere. Si scambiavano continuamente numeri di telefono, contatti sui social e anche quando la gara è finita, nel viaggio di ritorno erano lì a chattare e scriversi con le ragazze. Sono nate belle amicizie e questo mi sembra un aspetto importante, che va al di là del discorso sportivo.

Parlavi di telefoni e social. A questo proposito come vi regolavate fuori corsa, a cena, lasciavate libertà di utilizzo degli smartphone?

Non è nella mia natura imporre nulla, ma devo dire che erano le stesse ragazze a cercare di socializzare fra loro, tenendo il telefono da parte. La cosa che faceva ridere è che a cena si sentivano praticamente solo le nostre ragazze, le tedesche erano molto più timide e silenziose… Poi è chiaro che ci sono le più estroverse e quelle un po’ più timide, ma devo dire che si è creato un bel gruppo, sembrava che fossero amiche da sempre quando invece si erano appena conosciute.

Il bilancio delle ragazze del Triveneto è stato molto ricco, a dispetto di un’ultima giornata difficile
Il bilancio delle ragazze del Triveneto è stato molto ricco, a dispetto di un’ultima giornata difficile
Com’era strutturata la corsa e come l’avete affrontata?

Partiamo dal venerdì, che comprendeva un criterium al tardo pomeriggio che consisteva nel giro di un breve circuito. Noi al mattino abbiamo previsto una sgambata sul percorso delle gare del sabato, in modo da far imparare alle ragazze il tracciato da affrontare che era più impegnativo di quello del criterium. Tra l’altro il tracciato del sabato coincideva per larghissima parte con quello della domenica. Al sabato era in programma una cronometro al mattino, poi ho portato le ragazze in hotel per mangiare un breve riposo prima di tornare sul luogo di gara per la prova in linea del pomeriggio. Domenica stesso programma e alla fine premiazioni e poi di nuovo sulla strada.

Dal punto di vista tecnico, la corsa che cosa ti ha detto?

Che il nostro livello è più avanzato rispetto alle avversarie, ma alla fine abbiamo raccolto meno di quanto si poteva. Alla domenica le ragazze, soprattutto per stanchezza, non sono riuscite a mettere in pratica quanto avevamo stabilito e così ci sono sfuggite sia la vittoria di tappa che la classifica generale e quella a punti, che erano tutte alla nostra portata, ma abbiamo conquistato comunque la classifica a squadre. E’ stato comunque importante anche aver perso: nel pullman al ritorno abbiamo analizzato quel che era successo, le ragazze hanno detto la loro, hanno imparato. Queste esperienze servono anche per questo.

Sanarini e Pegolo, vincitrici di una tappa ciascuna e con una maglia di leader. Per il Triveneto, una tappa vinta anche dalla Rossignoli
Sanarini e Pegolo, vincitrici di una tappa ciascuna e con una maglia di leader. Una tappa vinta anche dalla Rossignoli
Il bilancio finale qual è?

Abbiamo vinto 3 tappe, Matilde Rossignoli ha chiuso terza in classifica generale e prima fra le giovani; Chantal Pegolo, settima in classifica, ha portato a casa la maglia di migliore nei Gpm. Quarta invece Linda Sanarini. Vorrei ricordare anche le altre del gruppo: Matilde Cenci, Clarissa Laghi, Linda Rapporti e Silvia Pirrone.

Ripeterete l’esperienza?

Sicuramente, ma non solo il prossimo anno. Contiamo infatti di ricevere l’invito per un’analoga prova che si svolge a fine agosto parallelamente al Giro di Germania per professionisti, nelle ultime tre giornate affrontando i tratti finali delle tappe. Sarà a ridosso del Mare del Nord, una trasferta ancora più lunga, ma le ragazze non vedono l’ora e vogliono tutte essere selezionate. Staremo a vedere, devo dire che anch’io non vedo l’ora che arrivi agosto…

Herzog, il talento che i tedeschi attendono da vent’anni

24.07.2022
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Nove vittorie internazionali in stagione condite da altre 11 Top 10. Successi di peso come la Corsa della Pace o l’Ain Bugey Valromey Tour, ma anche il titolo nazionale su strada che fa curiosamente il paio con quello nella mountain bike e come ciliegina sulla torta il bronzo europeo in una rassegna, quella di Anadia, che nel complesso non è andata come voleva. Il soggetto del discorso è Emil Herzog, che molti ritengono il miglior junior attualmente sulla piazza, in una generazione che ha dimostrato a più riprese di essere ricchissima di talenti.

Emil Herzog, maggiore età ancora da raggiungere, è il capitano dell’Auto Eder, la formazione tedesca U19 propaggine della Bora Hansgrohe fra i più giovani. I “capi” lo guardano già con grande attenzione e molti nel team vorrebbero farlo passare subito pro’, saltando la categoria under 23, facendogli fare anni di apprendistato come sta avvenendo con un altro talento tedesco, Marco Brenner. Ma Emil non è favorevole.

«Almeno un anno nella nuova categoria vorrei farlo – dice – per crescere con più calma e a livelli consoni. La Bora è una grande squadra, l’aspirazione per ogni ciclista tedesco. Oltretutto la sede non è neanche lontana da dove vivo, ma mi sembra troppo presto».

Herzog Mtb
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)
Herzog Mtb
Campione nazionale mtb, l’obiettivo del tedesco è centrare il titolo mondiale in 3 specialità (foto Instagram)

Il suo idolo? Maximilian Schachmann

Probabilmente Herzog verrà parcheggiato alla Hagens Berman Axeon. Lì verificheranno se anche nella categoria superiore può essere un fattore come lo è stato fra gli juniores. Già dal primo anno si era capito che nel tedesco c’è del talento, evidente soprattutto nelle corse a tappe, con la seconda piazza nella Corsa della Pace dietro il norvegese Hagenes, che si sarebbe poi laureato campione del mondo, ma davanti a Uijtdebroeks e Gregoire, tutta gente che sta facendo mirabilie nelle categorie superiori.

Gli addetti ai lavori tedeschi hanno già iniziato a paragonarlo a grandi nomi del passato: per la sua propensione alle prove a cronometro, sono stati tirati in ballo personaggi come Thurau e Ullrich, ma Herzog ha un preciso riferimento: «Ammiro molto Maximilian Schachmann, è un grande corridore, fortissimo in salita, spero di poterci correre presto insieme».

Herzog Primavera 2022
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)
Herzog Primavera 2022
Anche nelle classiche in linea Herzog sa inventare: qui vittoria in solitudine al Trofeo di Primavera (foto Fotobolgan)

Il vero corridore completo

Herzog però ha caratteristiche un po’ diverse, che possono portarlo ben più in alto di quanto già non sia il due volte vincitore della Parigi-Nizza.

«Credo di essere un corridore completo, veloce – spiega – che va molto forte sul passo e in pianura e anche in salita. Rispetto agli scalatori puri io ho più peso da portar su (è alto 1,83 e pesa 74 chili), ma questo non significa che parto battuto, devo solo soffrire e sacrificarmi di più…».

E’ proprio questa sua completezza che lo sta facendo emergere nelle gare a tappe. La squadra, che pure vanta tante “bocche da fuoco”, lo considera la punta di diamante.

Il tedesco, come molti ciclisti delle nuove generazioni, ha nella multidisciplina un credo irrinunciabile. Anzi ci è praticamente nato: inizialmente si è dedicato allo sci alpino e al pattinaggio (è stato campione nazionale di categoria non più tardi di due anni fa). Praticava il ciclismo come alternativa estiva per tenersi in forma. Più la mountain bike che il ciclismo su strada, dove ha iniziato a competere solamente alla soglia dei 15 anni. Rispetto ad allora la mtb l’ha un po’ messa da parte. Ma neanche tanto, se si pensa che il suo sogno per la seconda parte di stagione è vincere ben 3 titoli mondiali: in linea e a cronometro a Woollongong ma prima ancora nella rassegna offroad…

Herzog La Thuile 2022
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)
Herzog La Thuile 2022
In Italia lo abbiamo visto vincere anche nella tappa degli Internazionali d’Italia Mtb a La Thuile (foto organizzazione)

Obiettivo migliorare in salita

«Soffrire non mi fa paura – ha raccontato Herzog in occasione della sua ultima vittoria all’Ain Bugey Valromey Tour – sono anche andato in crisi, ma sapevo che dovevo gestirmi in salita per recuperare in discesa che è il mio forte, dove posso sfruttare la capacità di guida appresa in mtb. Questa non è una gara come le altre, è un piccolo Tour de France, non ci sono altre gare così lunghe nella categoria. La salita pesa, ma la mia ambizione è vincere pure lì. Vorrei essere uno di quei corridori capaci di vincere allo sprint, a cronometro e in salita».

Non per niente le gare alle quali tiene di più sono proprio quelle dove quest’anno non ha vinto, la Parigi-Roubaix di categoria dove comunque è arrivato quinto e la Classique des Alpes dove si è ritirato: «La Roubaix mi ha davvero impressionato. Per vincere devi andare oltre i tuoi limiti, spingere al massimo».

Herzog Europei
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)
Herzog Europei
Pur non al meglio, ha vinto il bronzo agli europei di Anadia nella crono, a 35″ da Kockelmann (LUX)

Soffrire sì, mai arrendersi

Era particolarmente atteso agli Europei, invece si è dovuto accontentare del bronzo a cronometro: «Era troppo caldo – spiega – ho sofferto tantissimo. Ho fatto quel che potevo con le gambe che avevo. Poi il percorso non era ideale, con tante buche, bisognava fare tanta attenzione e era difficile rilanciare dopo le curve. Aver preso una medaglia in quelle condizioni significa molto. Anche al Tour du Pays de Vaud ero andato male in due tappe, ma la crono l’avevo vinta. Ho capito che non bisogna mai darsi per vinti, anche quando le gambe non girano e la forma non è quella che vorrei. Bisogna provarci comunque, perché io non mi arrendo mai».

Incontro per caso ad Antalya: Greipel, pronto per correre

13.02.2022
5 min
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A volte pensi che non si accorgano di te, perciò quando Andrè Greipel fa un cenno di saluto e dice che finalmente ci si vede senza fretta, il primo istinto è di voltarsi per vedere se stia parlando con qualcun altro. Il tedesco invece si avvicina e si siede accanto per fare due chiacchiere, al sole del meraviglioso teatro romano di Aspendos. Quello conservato meglio di Turchia e probabilmente al mondo.

Tappa di ieri del Tour of Antalya, 110 chilometri con arrivo in salita a Termessos, città antichissima costruita a mille metri sul monte Solimo. Greipel lo avevamo avvistato il primo giorno, vicino alla macchina della nazionale tedesca, guidata da un altro ex di lusso come Ralph Grabsch. E Sergio Barbero, oggi meccanico della Drone Hopper-Androni accanto al quale ci trovavamo in quel momento, se ne era uscito con l’osservazione che si è sempre fatta davanti al tedesco: «Aveva due polpacci pazzeschi!».

I polpacci di Greipel

I celebri polpacci di Greipel, tedesco di Rostock che, quando nacque nel 1982, era ancora Germania dell’Est. Professionista dal 2005 al 2021, con un palmares di 156 vittorie, fra cui sette tappe al Giro, undici al Tour e quattro alla Vuelta. Modello di educazione e garbo anche nelle situazioni più tese, ragione per cui il suo addio, al pari di quello di Tony Martin, lo scorso anno è stato salutato con una bella punta di nostalgia.

Cosa fai qui in Antalya?

Prima di tutto sono stato invitato da Aydin (vecchio organizzatore del Presidential Tour of Turkey, ndr), lo conosco da tanto tempo e quando mi ha chiesto se volessi raggiungere la corsa, l’ho fatto. E poi aiuto una piccola squadra delle mie parti, la Saris Rouvy, in cui cerco di guidare un po’ i ragazzi.

La terza tappa del Tour of Antalya è partita dal teatro romano di Aspendos: un gioiello
La terza tappa del Tour of Antalya è partita dal teatro romano di Aspendos: un gioiello
Ti mancano le corse? In fondo hai smesso da 4 mesi…

Vado in bici ogni giorno. Non qui, ma a casa. Non mi mancano le corse, smettere è stata una mia decisione e non ho rimpianti per averla presa. Adesso guardo questo mondo dall’altro lato, spero un qualche modo di stare nel ciclismo riuscirò a trovarlo. Ma se ripenso a quell’ultima corsa, mi si strozza ancora la gola.

E quando ti ritrovi a guardare una volata come negli ultimi due giorni?

Cerco di dargli consigli (sorride, ndr), ma vederla da fuori non ti dà proprio l’idea di come sia dentro. Forse per questo, ora che lo vivo da un’altra prospettiva, quando ho tempo libero non guardo quasi mai le corse. Qui è capitato di farlo. E ammetto che è dura vederli correre e combattere per le posizioni. Ho ancora cuore di corridore.

Che effetto fa vedere che il tuo vecchio compagno di squadra Cavendish è ancora lì che lotta e vince?

Sono contento per lui (allarga le braccia, ndr). E’ stato uno dei migliori dell’ultimo secolo di ciclismo. Quando lavori duro e hai la testa per continuare a fare ciclismo, devi farlo.

Vai in bici tutti i giorni?

Non tutti i giorni, ora posso scegliere. Corro, nuoto e vado in bici. Guardo il tempo e decido, quando non piove cerco di uscire. Quello che voglio è restare attivo e almeno nell’aspetto sembrare in forma (in realtà è ancora tiratissimo, ndr).

Sei diventato un ciclista tranquillo?

Mi alleno tanto con Nils Politt e Rik Zabel (sorride, ndr) e loro sono pro’, per cui devo essere in grado di stare con loro. Diciamocelo, è difficile passare dalla testa del corridore agonista a una modalità normale, guardo ancora i dati. Penso che se mi attaccassi un numero oggi, potrei stare nel gruppo senza problemi, perché ho una buona forma. Ma non è più necessario.

Invitato dall’organizzazione, è stato accanto ai ragazzi del team tedesco Saris Rouvy
Invitato dall’organizzazione, è stato accanto ai ragazzi del team tedesco Saris Rouvy
Hai smesso tu, ha smesso Tony Martin, quale futuro per il ciclismo tedesco?

E’ sempre più dura. Di sicuro abbiamo dei talenti, ma credo che in ogni Paese sia molto difficile trovarne che durino. Le generazioni sono tanto cambiate, questo modo di impostare tutto sui ragazzini non è lo stesso di vent’anni fa. Forse per questo non rimpiango il fatto di aver smesso.

Adesso sfila la felpa e si appoggia dietro sui gomiti. La giornata sarebbe da prendere il sole a oltranza, ma fra mezz’ora parte la tappa: l’unica con l’arrivo in salita. Lo lasciamo a contemplare la meraviglia del posto, noi andiamo a mischiarci fra i corridori.

Dopo Arianna, anche Martina se ne va. Le Fidanza all’estero

09.12.2021
6 min
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Nell’era del ciclismo digitale – dove si possono reperire risultati, valori, informazioni, foto e video di un corridore – c’è chi ancora ama il vecchio metodo, quello di spedire il proprio curriculum vitae per trovare una nuova squadra. Un’email inviata (certo, la posta ordinaria sarebbe stata troppo lenta) in attesa di una risposta. Questa è parte della storia che ci ha raccontato Martina Fidanza, fresca di contratto con la Ceratizit WNT Pro Cycling per i prossimi due anni. Con l’ingaggio dell’iridata dello scratch 2021, la squadra tedesca aggiunge così contemporaneamente al suo roster sia un altro tassello italiano (ci sarà Camilla Alessio oltre alle riconfermate Lara Vieceli e Maria Giulia Confalonieri) sia una pistard con titoli internazionali (le altre sono le campionesse olimpiche, mondiali ed europee Brennauer e Archibald).

«Sarà una esperienza nuovissima per me – spiega la 22enne bergamasca – la prima in una formazione nuova. E’ da quando ho sette anni che corro in una squadra di mio padre (Giovanni, ex pro’ dall’88 al ’97 con una vittoria di tappa al Giro e al Tour, ndr). Sarò in un ambiente diverso e straniero. Mi porterà tantissime novità, anche nel calendario delle gare».

Martina come e quando è nato il contatto con la Ceratizit?

Questa estate, nel periodo del Giro d’Italia Donne, anche se io non l’ho disputato. Avevo già intenzione di cercare una nuova squadra per il 2022 e così ho spedito il mio curriculum a loro. Dirk Baldinger, il loro diesse, ha corso con mio padre (nel Team Polti nel ’94 e ’95, ndr) e ne hanno parlato assieme, con la volontà di inserirmi nella nuova squadra.

Singolare di questi tempi sentire un corridore che spedisce un curriculum…

E’ così imbarazzante? (ride, ndr). Funziona così nel mondo del lavoro. Non mi vergogno a dirlo, li ho cercati io, non il contrario. Mi sono detta che nella peggiore delle ipotesi non lo avrebbero letto. Diciamo che noi ragazze su certe cose siamo un po’ indietro. Solo dopo il mondiale di Roubaix ho firmato con un procuratore (Lorenzo Carera, figlio di Johnny dell’agenzia A&J All Sports, ndr), ma prima di allora non avevo mai avuto nessun tipo di supporto

Dovrai trasferirti da loro?

No, farò base a casa, mi sposterò solo per i ritiri o collegiali. Mi daranno totale libertà sul programma della pista, che per me rimane molto importante ed il mio obiettivo principale. Avere questa tranquillità in un team così ben organizzato su strada è un sogno.

Campionessa europa su pista, a settembre Martina ha vinto il Trofeo Città di Alba
Campionessa europa su pista, a settembre Martina ha vinto il Trofeo Città di Alba
Troverai anche tue connazionali. Avete già fatto un raduno?

Ci siamo trovati a Castagneto Carducci per foto e meeting. Ho conosciuto tutto il team. Ci saranno anche due meccanici italiani e questa cosa mi aiuterà. Sarà un bell’ambiente, ho avuto una bella impressione, di tanta professionalità.

Hai già parlato con loro per il tuo programma agonistico?

Dobbiamo ancora delineare il programma. Ho dato una bozza delle corse che mi piacerebbe fare ma dovremo chiaramente accordarci in base a come andrà la stagione. Vorrei iniziare con alcune gare in Belgio, magari di seconda fascia, per fare esperienza. Ad aprile e maggio vorrei concentrarmi con le prove di Coppa del mondo in pista. In estate mi piacerebbe fare una gara a tappe, anche di quelle brevi come il Baloise Ladies. Se devo però scegliere, ci terrei a correre il Giro, che ho già corso nel 2018 (nel 2020 arrivò fuori tempo massimo alla seconda e durissima tappa di Arcidosso, ndr), anche se so che il percorso solitamente è molto duro. 

Meritatamente e un po’ a sorpresa, sei iridata dello scratch. Forse non te lo aspettavi neanche tu…

No, assolutamente. E’ sempre stato il mio sogno vincere un mondiale tra le elite, ma non pensavo di riuscire a raggiungerlo con lo scratch di quest’anno. E’ arrivato inatteso per come si è svolto e per il finale. Mi sarei aspettata di fare una bella volata, se tutto fosse andato bene. 

Praticamente lo hai vinto per distacco. Cosa che non ti è mai successa nemmeno su strada…

Esatto (ride, ndr). Tutti i miei successi sono arrivati allo sprint.

Dal 2022 cosa ti aspetti a livello personale? 

Sarà l’anno della crescita. Atleticamente, perché fare un calendario di buon livello mi aiuterà a cambiare le mie caratteristiche e colmare le parti che mi mancano. Umanamente, perché approcciarmi con una squadra straniera e lavorare in un ambiente totalmente diverso mi servirà tanto. Sono una persona che si adatta abbastanza bene.

Hai chiesto consiglio a tua sorella Arianna che corre all’estero da un paio di stagioni?

Non sono spaventata, ma andrò in un ambiente totalmente nuovo dove non avrò quella zona di comfort che ho avuto finora. Durante i primi giorni di ritiro mia sorella mi ha aiutata scrivendomi e cercando di tranquillizzarmi. 

La tua compagna di nazionale Zanardi durante la Uci Champions League ha fatto una battuta dicendo che lo scratch è noioso. Vista la vostra amicizia, vuoi risponderle?

E’ noiosa la sua corsa a punti (ride, ndr). Scherzi a parte, naturalmente ho un bellissimo rapporto con Silvia. Ammetto che lo scratch sia una disciplina strana, perché non è una gara che si risolve sempre nel modo in cui si pensa. Magari ci sono tre favorite e poi il podio finale è tutt’altro. Anche questo è il bello. 

Alessio riscopre la bici e va in Germania. L’obiettivo è crescere

12.11.2021
6 min
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«Vi sembrerà strano ma negli ultimi due anni ho scoperto la passione per le bici. Da corsa, mountain bike e anche Bmx. Non intese come sport agonistico, ma come attrezzo».

Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che a fare un’affermazione del genere un po’ a sorpresa è Camilla Alessio. Lei è ragazza di vent’anni che corre da quando è G4 e che nel suo palmares giovanile vanta già un mondiale dell’inseguimento a squadre, un secondo posto nella crono individuale e due podi tricolori da junior. E che sarà l’ennesima giovane italiana con la valigia pronta per l’estero. Nel 2022 correrà con la Ceratizit-WNT Pro Cycling, formazione tedesca.

Nel 2020, primo anno da elite, corre il tricolore crono a Bassano. Ha sempre avuto feeling con la bici da crono
Nel 2020, primo anno da elite, corre il tricolore crono a Bassano. Ha sempre avuto feeling con la bici da crono

Azzurra a Trento

Quindi, per la padovana di San Martino di Lupari – nata il 23 luglio 2001 a Cittadella e passata elite l’anno scorso con tante aspettative – che stagioni sono state le ultime due?

Certo, la vicenda del Covid le ha complicato la vita più del dovuto e probabilmente il vero risultato è stato proprio quello che diceva in apertura. Forse quel riscoprire la bicicletta sotto un altro punto di vista ha consentito alla Alessio in questa annata di centrare un bel quinto posto al campionato italiano in linea e di indossare ancora la maglia azzurra agli europei di Trento (conclusi al nono posto lavorando per la sua compagna Zanardi).

Camilla parlaci questi ultimi due anni alla BePink. Come li hai vissuti?

Il mio bilancio è positivo. Prima non facevo caso a certi dettagli. Sono stati importanti la nutrizionista Francesca Tonin e il fisioterapista Wais Baron, che continueranno a seguirmi. Sono cresciuta molto a livello tecnico. E anche dal punto di vista tattico grazie alla BePink, a Walter e Sigrid (rispettivamente Zini e Corneo, team manager e direttore sportivo, ndr) che mi hanno insegnato a “vedere” la gara.

Come hai gestito con loro il tuo passaggio alla Ceratizit-WNT?

Ero tra le confermate per il 2022, poi quando è arrivata questa nuova proposta verso fine stagione ne abbiamo parlato. Io ci vedevo una bella opportunità per crescere ancora e loro hanno accolto in modo favorevole le mie ragioni. Siamo rimasti in buoni rapporti. Credo proprio che siano contenti per la mia scelta e perché mi abbiano cercata dall’estero. In fondo è anche merito loro.

Come sei entrata nei radar della squadra tedesca?

Si sono interessati a me dopo il campionato italiano ed hanno continuato a seguirmi. Ma non lo sapevo, l’ho scoperto solo dopo la fine del Giro d’Italia Donne. Ed è stato meglio così, ho corso senza pressioni e tranquilla. Il contatto definitivo ce l’ho avuto tra fine agosto ed inizio settembre.

In azione al Trofeo Binda: le salite lunghe sono il suo pane e ammette di volerci lavorare
In azione al Trofeo Binda: le salite lunghe sono il suo pane e ammette di volerci lavorare
Con te verrà anche Martina Fidanza. Prosegue l’esodo delle giovani azzurre fuori dall’Italia, cosa ne pensi?

Come per tanti settori, lavorativi e non, l’estero non ha eccellenze ma le promuove. Noi facciamo parte di esse. Dobbiamo anche guardare il lato economico, serve un rientro per chi vuole fare questo di mestiere. Purtroppo in Italia non ci sono tante squadre che se lo possono permettere come quelle straniere, che in più hanno anche un calendario più definito. Poi sono aperta a nuove esperienze, anche di vita. 

Farai parte di una folta colonia italiana. Raggiungerai Magnaldi, Confalonieri e Vieceli. Cosa ti aspetti dalla nuova squadra?

Approdo in una società molto buona, con un budget importante e con corridori molto forti. Spero di trovare un ambiente dove possa regnare la stima reciproca e nel quale possa esprimermi con tranquillità. Senz’altro è un bel salto di qualità.

Ed invece cosa ti aspetti da te?

Ho tanti stimoli e molta voglia di cominciare a lavorare. Dall’anno prossimo cambierò il preparatore. Mi seguirà Paolo Artuso (coach della Bahrain Victorius, ndr) e ringrazio Enrico Licini per averlo fatto in questi anni. L’anno prossimo mi auguro di fare bene e avere risultati. Non tanto per me, quanto per la squadra. Ad esempio sapere che dovrò lavorare per un’atleta come la Brennauer o le altre di grosso calibro mi dà tanta carica e mi responsabilizza. 

Hai già un programma per il 2022? Raduni ed eventuale soggiorno in Germania?

Sì, abbiamo già un po’ di date. Ai primi di dicembre faremo due giorni di foto ufficiali e consegna dei materiali in Austria, poi ci sposteremo in Italia fino al 20, anche se ancora non so dove. A gennaio e febbraio faremo altri due ritiri lunghi a Calpe dove la squadra ha una casetta.

E il resto?

Non andrò a vivere in Germania, farò sempre avanti e indietro per le gare. Perché se è vero che amo le nuove esperienze, mi piace mantenere una piccola comfort zone a casa in cui posso curare gli altri interessi che ho al di fuori della bici. Come l’Università che proseguirò con corsi privati. Studio Lingue, Società e Scienze del Linguaggio. Mi piacerebbe diventare giornalista sportiva o insegnante.

Sei una scalatrice che va forte a crono, quantomeno nelle categorie giovanili. Del programma degli allenamenti ne hai già parlato con loro e col tuo preparatore?

Sì, assolutamente. Mi trovo a mio agio in salite lunghe e cercherò di migliorare ulteriormente. Un’altra cosa bella è che tornerò a lavorare per la cronometro visto negli ultimi due anni le avevo un po’ trascurate. Per la squadra è una specialità importante, che vogliono curare a fondo. Sanno che mi piace e che andavo bene. Anzi a tal proposito vi posso dire che la Gaerne, appena ha saputo della mia firma alla Ceratizit WNT e del programma-crono, ha studiato proprio per me un prototipo di scarpe che al posto del tradizionale “boa” avrà una cerniera per essere ancora più comode e performanti. Mi arriveranno a breve.

E alla fine eravamo tutti commossi con Tony Martin

22.09.2021
5 min
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Ci sono stati due momenti ben precisi nella gioia di Tony Martin durante il pomeriggio di Bruges. Prima quella selvaggia quando le ragazze olandesi hanno tagliato il traguardo e la Germania ha urlato per la certezza dell’oro nella Mixed Team Relay. E uno più dolce, che gli ha inumidito gli occhi, quando sul palco il tedesco ha riconosciuto nuovamente le note dell’inno tedesco.

L’ultima volta era successo a Doha nel 2016, al termine del suo ciclo da dominatore delle crono. I quattro mondiali e le incontrastabili esibizioni contro il tempo non avevano ammesso a lungo alcuna replica. Ma ormai alle sue spalle spuntavano Dumoulin, Dennis e ora Ganna. E proprio voltandosi a sinistra e riconoscendo la sagoma del gigante azzurro, Martin ha sorriso di orgoglio.

La Germania degli uomini è andata forte, ma il capolavoro l’hanno fatto le ragazze
La Germania degli uomini è andata forte, ma il capolavoro l’hanno fatto le ragazze

Si corre per l’oro

Si era avvicinato ai mondiali chiedendo una medaglia qualsiasi nella crono individuale e l’oro nella staffetta mista. La prima gli è sfuggita per 34 secondi, ma oggi non ha sbagliato. E i compagni di nazionale hanno confermato di aver dato anche più di quel che avevano per esaudire il suo ultimo desiderio da corridore.

«Oggi l’obiettivo non era fare del nostro meglio – racconta – ma vincere l’oro. Avevamo una buona forma e anche se l’Italia era favorita, sapevamo che le nostre ragazze erano fortissime. Il mondiale è sempre stato l’high-light della mia stagione per la sua atmosfera, per questo ho deciso che volevo esserci. Soprattutto in Belgio, dove il tifo è straordinario. C’era una folla incredibile domenica nella crono e anche oggi mi sono goduto ogni momento. Anche i minuti in cui eravamo sotto la tenda ad aspettare il risultato. E quando è stato chiaro che avessimo vinto, tutti gli altri sono venuti da me a complimentarsi e augurarmi il meglio per il futuro. Non è stato un giorno triste, è stato semplicemente perfetto».

Quest’anno Martin ha centrato il 10° campionato nazionale
Quest’anno Martin ha centrato il 10° campionato nazionale

Stanco di rischiare

La notizia del ritiro l’ha ormai masticata e digerita, anche se questo è il momento in cui si rende conto che non ci saranno più per lui momenti come questi, se non altro nella veste di atleta.

«Negli ultimi mesi – spiega – ho pensato di più a cosa verrà dopo il ciclismo. Le brutte cadute di quest’anno mi hanno anche fatto dubitare di essere pronto per continuare ad affrontare i rischi che il nostro sport comporta. A causa dell’ultima devo ancora mangiare prevalentemente cibi liquidi e posso a malapena addentare un frutto di bosco. Il ciclismo ha smesso di sembrarmi divertente, soprattutto pensando che ho due figlie. Adesso mi servirà un po’ per capire cosa sta succedendo. Stasera voglio godermi le emozioni della vittoria e poi quando sarò solo a casa mia, avrò il tempo per pensare alla mia carriera. In casa non ho maglie né trofei, ma forse verrà anche il momento di esporli».

Grazie a Cancellara

Le domande si susseguono e lui intanto con lo sguardo scruta la vastità della sala stampa ricavata nel backstage dell’immenso auditorium della città.

«Ogni titolo – dice – è nella mia testa, ricordo ogni corsa come fosse ieri. Ricordo Cancellara e lo ringrazio per i nostri duelli che in certi giorni hanno reso le crono meno noiose. Ricordo anche Bradley Wiggins. Ma il ciclismo ultimamente è diventato uno sport diverso. E’ cambiato il modo di allenarsi. Le potenze sono più alte di dieci anni fa. Grazie alla scienza i corridori sono migliorati. E lo vedi dai giovani, che sono subito pronti per competere con i migliori. Anche per questo forse è maturo il tempo per dire addio ed essere onesti con la mia famiglia, con i miei compagni e i miei tifosi».

I compagni di nazionale hanno dato il massimo per l’ultima recita di Tony Martin
I compagni di nazionale hanno dato il massimo per l’ultima recita di Tony Martin

L’atmosfera perfetta

E così si conclude il viaggio nel ciclismo di Tony Martin, l’uomo dei quattro mondiali e delle infinite sfide contro il tempo e forse modo migliore per salutare non c’era.

«E’ stato sicuramente un anno difficile – dice – uno dei più difficili di sempre. E’ stato segnato da cadute, rimonte e combattimenti, non è stato sicuramente soddisfacente. Ma non è stato un anno di sofferenza per me. Mi sono divertito e sono stato in grado di lottare ancora. Oggi però è stato il giorno più emozionante della mia carriera. Nel 2016 vinsi il mondiale in Qatar e fu un grande ritorno che sapeva di orgoglio. Il 2011 fu l’oro della prima volta. Ma vincere oggi in combinazione con gli altri in questo mondiale è stato molto emozionante, l’atmosfera giusta per l’ultima volta».

E quando poi fa per andarsene, la sala stampa esplode in un applauso, il tributo a un atleta sempre corretto, capace di guardarti negli occhi per qualsiasi argomento e di riconoscere il merito ai rivali. L’emozione è di nuovo fortissima. Tony saluta, la camminata fino alla porta sembra durare una vita. Di sicuro nel suo petto gonfio d’orgoglio e malinconia porterà anche quest’ultimo battere di mani.

Tocsen, soccorso immediato grazie al rilevatore di urti

01.07.2021
3 min
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Per gli amanti del ciclismo, gli allenamenti su strada rappresentano sempre di più (e purtroppo) un rischio tangibile. Per questo la tedesca Tocsen, nata il 7 gennaio del 2019 a Friburgo, con spirito d’innovazione e di cura per il ciclismo, propone una vera e propria svolta per tutti gli sport in cui è richiesto l’uso del casco, quindi il ciclismo, ma anche l’equitazione, lo sci di fondo e il pattinaggio. Stiamo parlando del nuovo rivelatore di urti Tocsen. Ovvero un dispositivo elettronico che presenta un accellerometro a 3 assi estremamente preciso. Si applica direttamente al casco, risultando leggero e per niente ingombrante.

Rilevazione d’urto nella schermata principale dell’applicazione
Rilevazione d’urto nella schermata principale dell’applicazione

Soccorso e community

Lo scopo di questo sistema è duplice. Il primo è inviare con tempestività ai soccorritori un segnale e l’esatta posizione GPS in cui è avvenuto il sinistro, tramite l’applicazione gratuita Tocsen (disponibile nei digital store iOS e Android), qualora l’atleta coinvolto non riesca a chiamarli. L’importanza di questa innovazione si manifesta soprattutto in luoghi tendenzialmente isolati, più frequentati dai ciclisti proprio per l’assenza di traffico e al contempo meno raggiungibili dai mezzi di soccorso.

Il secondo scopo è quello di creare una community fra gli utenti e ne costituisce il punto di forza. Scaricando l’app, anche senza avere il dispositivo, puoi metterti a disposizione dei ciclisti e diventare un soccorritore. Se qualcuno dovesse avere un incidente e il dispositivo invia il messaggio di aiuto, lo manda ai contatti di emergenza e a tutti coloro che si sono messi a disposizione e sono nelle vicinanze. La probabilità di essere ritrovati e soccorsi diventa così enormemente più alta.

Ricordiamo che i dati inseriti all’interno dell’App, saranno conservati sui server Tocsen, nel pieno rispetto della privacy.

Posizione precisa nella mappa GPS dell’app
Posizione precisa nella mappa GPS dell’app

Lunga durata

Il rivelatore svolge un ruolo importante e delicato. La caratteristica fondamentale che deve garantire è la resistenza, che in questo va considerata su due fronti distinti: la durata della batteria che in base a un uso medio ha un autonomia di circa 3 mesi, e la solidità del materiale, robusto e affidabile in ottemperanza agli standard IP67 (ovvero la completa protezione da polvere e liquidi). Non a caso il rivelatore può essere immerso in acqua senza che si corra alcun rischio.

Dispositivo Tocsen integrato nel casco
Dispositivo Tocsen integrato nel casco

Integrato nei caschi

La missione dei tre pionieri Tocsen, Alexander Schumacher, Malte Buttjer e Andreas Botsch come abbiamo visto finora, è quella di aumentare l’attenzione per il soccorso dell’atleta, che non può essere lasciata al caso. Un altro particolare interessante da segnalare invece è il crescente interesse da parte di noti produttori di caschi da ciclismo che intendono integrare il dispositivo Tocsen all’interno dei loro prodotti. Non a caso è nata una proficua collaborazione con brand specializzati nel settore come Uvex e Alpina. Il rilevatore di urti Tocsen è disponibile in due colorazioni: nero e rosa. Il prezzo consigliato al pubblico è di 79,90 euro.

tocsen.com

Sigma svela un nuovo (bellissimo!) logo

31.03.2021
3 min
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La tedesca Sigma, una delle realtà più importanti al mondo nel settore dei componenti elettronici per biciclette, ha recentemente presentato un nuovo e bellissimo logo, identificativo per caratterizzare la produzione e al tempo stesso rafforzare il marchio.

Concentrati sulla bicicletta

La nuova “brand identity” dell’azienda di Neustadt brilla dunque di nuova luce. Un logo dal design fresco che migliora nettamente sia l’immagine quanto il “feeling” con i prodotti.
«Il nostro nuovo logo rappresenta un ulteriore sviluppo del marchio Sigma – ha spiegato l’Amministratore Delegato dell’azienda Thomas Seifert – ed arriva proprio in un periodo in cui stiamo trasformando il brand per concentrarci più che mai sulla bicicletta. Ci consideriamo i pionieri del computer digitale per le biciclette. E proprio la bicicletta sarà sempre più il vero focus del marchio. La componente più importante del Dna Sigma, e ciò su cui stiamo concentrando tutto il nostro lavoro».

Rox 12.0
Uno degli ultimi prodotti del marchio tedesco: il Rox 12.0
Rox 12.0
Uno degli ultimi bike computer del marchio tedesco: il Rox 12.0

Clientela giovane e internazionale

Con questa rinnovata immagine Sigma intende rivolgersi ad un pubblico più giovane e internazionale. Il lancio del nuovo logo rappresenta sotto questo aspetto un perfetto punto di partenza. Ora inizieranno le attività volte a rendere l’azienda ancora più attrezzata per rispondere alle esigenze del mercato, supportando attivamente e assecondando al meglio il crescente tema della mobilità sostenibile.

Sigma nuovo logo
Ecco il nuovo logo Sigma su sfondo bianco: la strada, la montagna
Sigma nuovo logo
Ecco il nuovo logo Sigma su sfondo bianco: la strada, la montagna

40 anni di passione per lo sport

Sul nuovo logo, la cima stilizzata di una montagna, e il percorso per raggiungerne la vetta, simboleggiano due degli obiettivi più classici che tutti i ciclisti vorrebbero centrare. I colori nero e rosso sono stati mantenuti rispetto al precedente logo, avendo simboleggiato quasi 40 anni di passione per lo sport e per la tecnologia. Il colore verde invece rappresenta l’amore per la natura. I tre colori combinati tra loro significano ed evidenziano la libertà di ciascuno di noi.

Thomas Seifert, Amministratore Delegato di Sigma
Thomas Seifert, Amministratore Delegato di Sigma
Thomas Seifert, Amministratore Delegato di Sigma
Thomas Seifert, Amministratore Delegato di Sigma

La bici è libertà

«La bicicletta ci dà la libertà di vivere la nostra vita nel modo in cui vogliamo – ha dichiarato Jennifer Leinenbach, la responsabile del marketing di Sigma – e questo sia nei frenetici meandri di una città oppure immersi nella natura. Noi di Sigma aiutiamo le persone a godersi le loro piccole avventure e la loro passione sportiva nel modo più intenso. Come amiamo ripeterci, Sigma è un compagno affidabile che fa sentire i ciclisti sempre al sicuro ovunque la strada li porti»

La gamma di prodotti Sigma è distribuita in Italia ed in esclusiva dalla realtà commerciale Beltrami TSA.

beltramitsa.it