Richeze prende per mano Gaviria verso Sanremo

13.03.2021
4 min
Salva

Gaviria, Richeze e la Sanremo… ormai sembra quasi una soap opera questo “terzetto”. Fernando da anni rincorre la Classicissima e lo fa con l’aiuto di Max già dai tempi della Deceuninck-Quick Step, ma per un motivo o per l’altro non riesce ad alzare le braccia al cielo.

Dopo scivolate in gara, incidenti a ridosso della corsa, gambe non eccellenti… l’anno scorso sembrava l’occasione giusta. I due della UAE avevano lavorato benissimo. Il colombiano aveva vinto diverse corse, era più forte che mai e anche l’apripista argentino era in forma. Poi il Covid colpì proprio Gaviria e, a seguire, tutto il ciclismo.

Maximiliano Richeze, 38 anni, è campione argentino in carica
Maximiliano Richeze, 38 anni, è campione argentino in carica

Tanto lavoro

A distanza di un anno anche i conti con la sorte sembrano essere regolati.

«Speriamo di arrivare bene alla Sanremo quest’anno – dice Richeze – Abbiamo fatto un bel blocco di lavoro con Fernando e siamo qui alla Tirreno per rifinire la condizione. Credo siamo sulla strada giusta e speriamo di fare una bella Sanremo».

Stavolta però più che mai non c’è da fare i conti solo con se stessi, con la condizione o con gli altri velocisti. Il grande rebus riguarda i tre mostri sacri che stanno dominando le ultime gare: Van Aert, Alaphilippe e Van der Poel. E Richeze lo sa bene…

«Eh quei tre sono un bel problema, sono corridori molto esplosivi. E la Sanremo negli ultimi anni è cambiata un bel po’ proprio grazie a loro. Quando attaccano per noi velocisti è impossibile seguirli, hanno un ritmo insostenibile».

Per Gaviria (a sinistra) il miglior risultato alla Sanremo resta il 5° posto del 2017
Per Gaviria (a sinistra) il miglior risultato alla Sanremo resta il 5° posto del 2017

La strategia vincente 

Ma allora come si può fare? La sorte della corsa è già decisa? Di certo Gaviria e Richeze non partono battuti e pensano ad un piano per mettere i bastoni tra le ruote ai tre fenomeni.

«Vediamo cosa si può fare – riprende Richeze – La nostra carta è quella di prendere molto davanti la Cipressa e il Poggio cercando di bloccarli un po’, nel limite del possibile, controllarli. Più aspettano – ride – e più abbiamo possibilità di scollinare con loro».

Attaccare le salite in testa resta l’unica possibilità per poterli contenere.

«Di certo noi non possiamo prenderle dietro – continua Richeze – Abbiamo questa sola opportunità. Poi bisogna vedere come si muovono. Sappiamo che se anche loro le prendono in testa per noi si complicano le cose. Però come si sa è difficilissimo essere in prima posizione all’attacco di Cipressa e Poggio: è più stressante che fare una volata. Tutto il mondo vuol prenderle davanti».

Il problema è che con quei tre, o almeno con due di loro, Van Aert e Van der Poel, restare attaccati in salita potrebbe non bastare. I due nord europei infatti sono velocissimi. 

«Sappiamo che Van Aert è un vero campione e cerchiamo un po’ i suoi punti deboli, anche se sinceramente non ce ne sono tanti! Noi non possiamo che fare la nostra gara, cercando di dare il meglio. Sapendo che non sempre vince il più forte».

La doppia arma di quei tre

Da Milano a Sanremo i chilometri sono 300, come è noto. E per attuare certe tattiche serve una grande squadra, cosa di cui la UAE dispone, ma è anche vero che un uomo come Richeze va tutelato al massimo. Gli altri dovranno proteggerne due, non solo Gaviria. L’Argentino deve restare coperto. Potenzialmente potrebbe intervenire tre volte: all’attacco della Cipressa, del Poggio e nella volata finale. E infatti tutto ciò rientra nel piano “anti fenomeni”. Non si può lasciare il lavoro di attacco alle salite ad un altro visto che sono momenti paragonabili ad uno sprint, come Richeze stesso ha detto.

«Vero – continua l’argentino – io sarò coperto fino alla fine. Mi muoverò un po’ prima della Cipressa, con Fernando attaccato dietro di me. Lui deve stare in perfetta posizione. Nel caso dovessimo essere un po’ indietro mi dovrò sacrificare, ne sono consapevole. E’ lui che deve stare davanti».

Prima tappa della Tirreno, Richeze porta Gaviria in buona posizione e lui termina terzo
Prima tappa della Tirreno, Richeze porta Gaviria in buona posizione e lui termina terzo

L’occhio sui rivali

Richeze in questa Tirreno sta studiando gli avversari. Li vede come pedalano e quando gli chiediamo, pensando anche a chi sta correndo alla Parigi-Nizza, chi è il più pericoloso lui non ci pensa due volte e nomina proprio quei tre, scartando ogni altra ipotesi.

«Non ce n’è uno solo, tutti e tre possono scattare sul Poggio e fare tanta differenza. E a quel punto sarebbe impossibile rientrare, anche perché si è tutti stanchi e immagino senza squadre.

«Possono fare la volata anche se dovessero essere ripresi? Bella domanda, in teoria dopo 300 chilometri e uno sforzo così grande si dovrebbe pagare dazio allo sprint, ma questi sono veri campioni e da loro mi aspetto di tutto».

Ulissi

Ulissi, ad Agrigento sprint perfetto

04.10.2020
3 min
Salva

L’arrivo di Agrigento ricorda vagamente quello di Fiuggi del 2015. Strada che sale nel finale, velocisti che saltano, corridori potenti che si sfidano e Diego Ulissi che partendo “agile” (aveva il 53×15) li beffa tutti.

Quello che ospitò anche i mondiali del 1994, sembrava l’arrivo perfetto per Peter Sagan e Michael Matthews. Ma alla fine grazie a freddezza tattica, un grande gregario come Valerio Conti e gambe ottime, Ulissi è riuscito a far fuori l’asso della Bora-Hansgrohe. Il toscano, settimo sigillo nella corsa rosa, si riprende così dopo un approccio non perfetto al Giro.

Delusione iridata, gioia rosa

«Avevo vinto al Lussemburgo e mi aspettavo grandi cose al mondiale», racconta Ulissi. «Invece ad Imola sono stato male nel finale. Ho vomitato nel momento clou. Forse alla vigilia avevamo mangiato troppo. Cosa? Le solite cose: pasta, carne bianca… Io poi avverto molto gli sbalzi di temperatura. Ad Imola siamo passati dal caldo al freddo all’improvviso. Arrivarci con quella condizione e raccogliere così poco mi ha dato davvero fastidio.

«Non solo, ma poi sono stato male anche nei giorni successivi e temevo per il Giro. Il covid? No, non ho mai pensato di poterlo avere. Primo perché facevamo continuamente i tamponi e poi perché non ho mai avuto la febbre».

Giro d’Italia, Alcamo-Agrigento. Ulissi abbraccia il compagno di squadra Valerio Conti
Ulissi abbraccia il compagno di squadra Conti

La stoccata perfetta 

Quel momento però è alle spalle. Questa vittoria lo fa sorridere, dà certezze e morale. In conferenza stampa Ulissi indossa la maglia ciclamino. Lui assicura che non la terrà. Piuttosto cercherà di passarla al compagno di squadra Gaviria. Sempre molto generoso.

Il gioco di squadra oggi è stato un meccanismo perfetto, così come la scelta del rapporto per lo sprint e le tempistiche per l’attacco.

«Gli ho detto di provare, ma Fernando ha lasciato spazio a me. Nelle tappe veloci lavorerò per lui. In frazioni con strappi così cercherò io di portare a casa il risultato. Sapevo che dopo quel buco ai 600 metri chiunque fosse rientrato avrebbe speso tanto. Io invece prima dell’ultima curva sono anche riuscito a recuperare un po’. E infatti Sagan non mi ha rimontato. Un grande merito è di Conti che ha fatto esattamente quello che gli ho detto». 

Consapevolezza e maturità

Spesso ad Ulissi è stato imputato il limite della distanza. Sopra certi chilometraggi Diego non sfrutta le sue qualità. Perde forza e spunto veloce. 

«Noi della Uae siamo qui al Giro per vincere più tappe possibili. Per quanto mi riguarda ho fatto gare belle anche nelle classiche. Ho raccolto un terzo posto alla Freccia Vallone lo scorso anno. Però sono realista, guardo i numeri e so che certi numeri non ce li ho. Certo che mi piacerebbe vincere una Liegi, la corsa dei miei sogni, o un Lombardia. E magari chissà, un giorno ce la farò. Ad oggi però i risultati dicono che non ho vinto quelle gare». 

Quest’ultima frase è una presa di coscienza molto importante. A nostro avviso non è un ridimensionamento ma un segno di maturità. Saper valorizzare quel che si ha e non piangere per le mancanze magari potrà dargli quella serenità e quella sicurezza per spingersi oltre.