Gaviria, Richeze e la Sanremo… ormai sembra quasi una soap opera questo “terzetto”. Fernando da anni rincorre la Classicissima e lo fa con l’aiuto di Max già dai tempi della Deceuninck-Quick Step, ma per un motivo o per l’altro non riesce ad alzare le braccia al cielo.
Dopo scivolate in gara, incidenti a ridosso della corsa, gambe non eccellenti… l’anno scorso sembrava l’occasione giusta. I due della UAE avevano lavorato benissimo. Il colombiano aveva vinto diverse corse, era più forte che mai e anche l’apripista argentino era in forma. Poi il Covid colpì proprio Gaviria e, a seguire, tutto il ciclismo.
Tanto lavoro
A distanza di un anno anche i conti con la sorte sembrano essere regolati.
«Speriamo di arrivare bene alla Sanremo quest’anno – dice Richeze – Abbiamo fatto un bel blocco di lavoro con Fernando e siamo qui alla Tirreno per rifinire la condizione. Credo siamo sulla strada giusta e speriamo di fare una bella Sanremo».
Stavolta però più che mai non c’è da fare i conti solo con se stessi, con la condizione o con gli altri velocisti. Il grande rebus riguarda i tre mostri sacri che stanno dominando le ultime gare: Van Aert, Alaphilippe e Van der Poel. E Richeze lo sa bene…
«Eh quei tre sono un bel problema, sono corridori molto esplosivi. E la Sanremo negli ultimi anni è cambiata un bel po’ proprio grazie a loro. Quando attaccano per noi velocisti è impossibile seguirli, hanno un ritmo insostenibile».
La strategia vincente
Ma allora come si può fare? La sorte della corsa è già decisa? Di certo Gaviria e Richeze non partono battuti e pensano ad un piano per mettere i bastoni tra le ruote ai tre fenomeni.
«Vediamo cosa si può fare – riprende Richeze – La nostra carta è quella di prendere molto davanti la Cipressa e il Poggio cercando di bloccarli un po’, nel limite del possibile, controllarli. Più aspettano – ride – e più abbiamo possibilità di scollinare con loro».
Attaccare le salite in testa resta l’unica possibilità per poterli contenere.
«Di certo noi non possiamo prenderle dietro – continua Richeze – Abbiamo questa sola opportunità. Poi bisogna vedere come si muovono. Sappiamo che se anche loro le prendono in testa per noi si complicano le cose. Però come si sa è difficilissimo essere in prima posizione all’attacco di Cipressa e Poggio: è più stressante che fare una volata. Tutto il mondo vuol prenderle davanti».
Il problema è che con quei tre, o almeno con due di loro, Van Aert e Van der Poel, restare attaccati in salita potrebbe non bastare. I due nord europei infatti sono velocissimi.
«Sappiamo che Van Aert è un vero campione e cerchiamo un po’ i suoi punti deboli, anche se sinceramente non ce ne sono tanti! Noi non possiamo che fare la nostra gara, cercando di dare il meglio. Sapendo che non sempre vince il più forte».
La doppia arma di quei tre
Da Milano a Sanremo i chilometri sono 300, come è noto. E per attuare certe tattiche serve una grande squadra, cosa di cui la UAE dispone, ma è anche vero che un uomo come Richeze va tutelato al massimo. Gli altri dovranno proteggerne due, non solo Gaviria. L’Argentino deve restare coperto. Potenzialmente potrebbe intervenire tre volte: all’attacco della Cipressa, del Poggio e nella volata finale. E infatti tutto ciò rientra nel piano “anti fenomeni”. Non si può lasciare il lavoro di attacco alle salite ad un altro visto che sono momenti paragonabili ad uno sprint, come Richeze stesso ha detto.
«Vero – continua l’argentino – io sarò coperto fino alla fine. Mi muoverò un po’ prima della Cipressa, con Fernando attaccato dietro di me. Lui deve stare in perfetta posizione. Nel caso dovessimo essere un po’ indietro mi dovrò sacrificare, ne sono consapevole. E’ lui che deve stare davanti».
L’occhio sui rivali
Richeze in questa Tirreno sta studiando gli avversari. Li vede come pedalano e quando gli chiediamo, pensando anche a chi sta correndo alla Parigi-Nizza, chi è il più pericoloso lui non ci pensa due volte e nomina proprio quei tre, scartando ogni altra ipotesi.
«Non ce n’è uno solo, tutti e tre possono scattare sul Poggio e fare tanta differenza. E a quel punto sarebbe impossibile rientrare, anche perché si è tutti stanchi e immagino senza squadre.
«Possono fare la volata anche se dovessero essere ripresi? Bella domanda, in teoria dopo 300 chilometri e uno sforzo così grande si dovrebbe pagare dazio allo sprint, ma questi sono veri campioni e da loro mi aspetto di tutto».