Cosa c’è nella valigia del fisioterapista?

01.11.2020
4 min
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Spesso dietro le grandi prestazioni dei corridori ci sono anche loro: i fisioterapisti. Sì, fisio, non più “semplici” massaggiatori. Oggi questa figura svolge un ruolo molto più ampio. Il massaggiatore è osteopata, fisioterapista, chiropratico, psicologo… per questo la sua valigia è sempre più grande.

Ci siamo chiesti cosa metta un massaggiatore nella valigia, quando parte un per Giro, per una corsa, per una tournée in pista… Domanda alla quale ha risposto Federico “Fred” Morini, ex corridore ed ora fisioterapista della nazionale.

Strumenti “collaterali”…

«Effettivamente – dice Fred – la valigia è ricca di tante cose. Ci sono gli strumenti del tuo lavoro pensati in funzione di ciò che strettamente devi fare agli atleti e quello che devi portare per farli stare bene. Mi spiego. La stanza deve essere bella. Una buona musica e una cassa che si senta bene, una macchina del caffé non possono mancare… Quando il corridore entra nella stanza lo devi accogliere».

Il taping, metodo sempre più usato
Il taping, metodo sempre più usato

…e strumenti tecnici

«Da alcuni anni si usa molto la tecarterapia. Un macchinario che rilascia calore e che viene usato per sfiammare, per i dolori, per raggiungere l’interno di un muscolo molto stanco. Poi ci sono le fasce o bende, abbiamo i set come i coltelli del cuoco. Servono per lavorare sulle fasce muscolari, che sono poi gli “involucri” dei muscoli. Bisogna dare mobilità al muscolo, facilità d’azione e favorire la “comunicazione biologica”: liquidi, tossine, membrane, acido lattico… tutto deve scorrere meglio, per dirla in modo molto semplice».

Le creme

«Magari non saranno strumenti in senso stretto, ma le creme servono moltissimo. Un bravo massaggiatore è colui che va a ricercare quelle con determinate proprietà. Ce ne sono tante e non sempre è scontato trovarle. Quella che in gergo è definita la “passata e via”, con un po’ d’olio non si fa più. Se lo fa non è un massaggiatore aggiornato».

Un libro di anatomia

«Una cosa che secondo me non deve mancare mai e che almeno non manca nella mia valigia è un libro di anatomia. Questo ti può dare qualcosa in più e tu puoi dare qualcosa in più ai corridori. C’è sempre da imparare, capire, sperimentare. E massaggiare non è semplice in certi casi. Il problema maggiore è il tempo. Spesso ne hai poco e non riesci a completare il trattamento come andrebbe fatto. Tanto più che oggi il livello è alto e ad ogni tappa o ad ogni corsa ci sono almeno sei favoriti e tanti outsider».

Mani e ricerca

«L’80 per cento degli strumenti restano le mani, poi c’è tutto il resto. E in questo resto metto anche ricerca ed entusiamo. La voglia di scoprire, di dare e fare qualcosa di più. E per farlo serve entusiasmo. Con la nazionale per esempio abbiamo sviluppato il kinesiotaping, sapete quei nastri colorati che sempre più spesso si vedono sui muscoli dei ragazzi? Se avete notato non sono più solo lineari ma anche a “cerchi”. Migliorano il recupero, lo smaltimento dell’acido lattico, aiutano i recettori muscolari. E questo è stato frutto di laboratorio con la nazionale. E non ci fermiamo. Lo estenderemo anche a tutto il resto del corpo».

Morini (sullo sfondo) e Ganna ai mondiali su pista di Berlino
Morini e Ganna ai mondiali su pista di Berlino

Psicologo

«Oggi il massaggiatore non tratta solo i muscoli. Deve saper ascoltare (Fred ha anche una laurea in psicologia, ndr) perché i ragazzi si confidano e magari sentendoli parlare capisci meglio di cosa hanno bisogno. Prima della crono iridata, mentre eravamo già sul bus, Ganna mi ha chiesto un trattamento diaframmatico. Lui scherza è giovane, ma è un vero campione anche in questo. Stava bene, ma un po’ di tensione ce l’aveva, era pur sempre un mondiale. Aver richiesto un mio intervento in quel momento è un attestato di stima. Mi lascia qualcosa sia sul piano lavorativo che su quello emotivo. Pippo avrebbe vinto comunque, ma mi piace sapere che un piccolo aiuto l’ho dato. Con quei 20′ di manipolazione si è rilassato e ha aperto al massimo i polmoni».

Il fiosioterapista umbro è davvero inarrestabile. Il prossimo obiettivo sarà un corso di osteopatia negli Stati Uniti. Ha voglia di aggiornarsi e fare di più. Per ora lo troviamo solo con la maglia della nazionale. Ha un grande centro medico (in espansione) a casa e non vuole lasciarlo, ma neanche vuole uscire dal ciclismo e dal mondo dello sport. Chissà quale sarà il suo prossimo strumento.

I 5 top e i 5 flop della corsa rosa

30.10.2020
6 min
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E prima di far calare definitivamente il sipario sul Giro d’Italia 2020, facciamo un riassunto in 10 punti su cosa è andato e cosa no. I cinque top e i cinque flop della corsa rosa che, nonostante tutto, ci ha regalato emozioni forti. Emozioni come il suo trofeo: Senza Fine.

I CINQUE TOP

Partiamo da chi torna a casa con il sorriso, con il bottino nel sacco, con la consapevolezza di essere cresciuto… Vediamo.

La Ineos fa festa sul podio di Milano: 6 tappe più maglia rosa e maglia bianca
La Ineos fa festa sul podio di Milano

1 – Ganna

Filippo Ganna è stato il bello del Giro, la freccia, il fulmine. Tre crono su tre, più la tappa di Camigliatello Silano. E dire che quel giorno aveva fatto il “mulo” per il compagno Salvatore Puccio. L’hanno definito “centrale idroelettrica”, “senza limiti” e tutti a chiedergli se e quando vincerà un grande Giro. Perché? Ora godiamocelo così: vince, diverte e può puntare a due ori alle prossime Olimpiadi (uno su pista e uno a crono). Forse, ma forse, gli si può chiedere del record dell’Ora, più vicino alle sue corde che un grande Giro.

2 – Ineos-Grenadiers

Sono riusciti nell’impresa non solo di vincere il Giro, ma anche di diventare simpatici. I corridori e il team fatto al computer. Freddi, glaciali e invece tra il faccione di Pippo, le fughe di Puccio e Castrovejo, le trenate di Swift, Dennis e Geoghegan Hart, Narvaez a Cesenatico… Sempre all’attacco. Alla fine il ritiro di Thomas li ha cambiati, forse anche scaricati di responsabilità. Loro si sono divertiti e hanno divertito e quando hanno fiutato la maglia rosa sono tornati dei falchi. Però con meno “impetuosità” del solito.

Jai Hindley sullo Stelvio: giovane protagonista della corsa rosa
Jai Hindley sullo Stelvio: giovane protagonista della corsa rosa

3 – Hindley

E questo da dove esce? Sì, agli esperti non era ignoto, ma forse neanche Jai si aspettava di fare tanto. Scalatore potente, elegante e composto. Ligio al dovere, sin troppo, tanto che se dovessimo giudicarlo sotto questo aspetto dovrebbe finire nei flop. Se proprio dovesse avere un rimpianto, quello è sullo Stelvio. Quel giorno era il più forte chiaramente e poteva (doveva?) andarsene in barba agli ordini di scuderia. Se non si perderà si potrà aggiungere alla schiera dei Pogacar e Bernal.

4 – Rcs e il Giro

Contro ogni pronostico e ipotetica sfida con il Tour de France, Mauro Vegni e il suo staff sono riusciti a portare a casa il Giro. Alla faccia del Covid! Col senno del poi, il direttore del Giro poteva ricorrere al braccio duro con i corridori nel giorno dello “sciopero”. Ma con i casi Covid che avanzavano a dismisura e la bolla che era continuamente messa in discussione ha usato la saggezza. E va bene così. Ma solo per stavolta. Il Giro è il Giro e non deve piegarsi… ai capricci.

Per la Deceuninck-Quick Step (e Almeida) una grande corsa rosa
Per la Deceuninck-Quick Step (e Almeida) una grande corsa rosa

5- Deceuninck-Quick Step

Discorso simile a quello della Ineos. Perdono prima di partire Mattia Cattaneo, Remco Evenepoel e Fabio Jakosben. Bramati riempie il team di ragazzi giovani, ma con due… attributi così. Si ritrova un Joao Almeida in rosa per due settimane. A Palermo era un “ragazzino” adesso è un corridore. Ballerini? Mostruoso. Knox? Infinito. Honorè? Promesso sposo. Tutti sono stati bravi e hanno dato lezioni di ciclismo, parola degli altri corridori del gruppo. Parliamo di fondamentali e cura dei particolari: ventagli, come scortare il capitano, proteggerlo in discesa, attaccare, difendersi…

E I CINQUE FLOP

E adesso tocca a chi se l’è passata meno bene nella lunga corsa da Palermo a Milano.

Nibali, ha chiuso la corsa rosa in settima posizione a 8’15”
Nibali, ha chiuso in settima posizione a 8’15”

1 – Nibali

Caro Vincenzo, sei qui tra i flop solo perché sei tu. Un altro corridore che chiude nei 10 al Giro andrebbe osannato. Ci hai provato, ma come hai detto tu stesso bisogna essere consapevoli della realtà. E la realtà ha detto che altri corridori vanno più forte di te. Però non dirci ancora che i tuoi valori sono tra i migliori di sempre o giù di lì. In una stagione così balorda, ci sta che un… vecchietto la paghi di più. Non hai avuto il miglior avvicinamento: lo sappiamo tutti, perché non dirlo? Noi continuiamo a credere in te. Forza Squalo!

2 – Astana

Si presentano con forse la squadra migliore delle 22. Vlasov, Lopez e Fuglsang. Dopo 45 chilometri ne perdono due. Lopez non arriva neanche a Palermo. O meglio, ci arriva ma si schianta prima del traguardo e Vlasov si ferma dopo 30 chilometri il giorno dopo. Di fatto la corsa dell’Astana e di Fuglsang è finita già in Sicilia. Inoltre il danese non ha lanciato bei messaggi agli italiani. E sembrava più impegnato ad arrivare davanti a Nibali piuttosto che a vincere il Giro. 

Kruijswijk era all’ottavo Giro. Si è ritirato come tutto il suo team dopo 9 tappe
Kruijswijk si è ritirato come tutto il suo team dopo 9 tappe

3 – Jumbo, Ef, Mitchelton

Ma che cosa siete venuti a fare? Capiamo che per alcuni team WorldTour, soprattutto quest’anno, il Giro possa non essere stata la vetrina ideale, ma insomma: è pur sempre il Giro. La Jumbo-Visma se ne va senza presentarsi al foglio firma come un invitato offeso. Da cosa, però, non si sa…

La EF fa una richiesta talmente imbarazzante, fermare il Giro, che il giorno dopo il suo manager è costretto a ritrattarla.

L’Ag2R… c’era? A parte Andrea Vendrame, boh.

E Mitchelton-Scott che approfitta della positività al Covid di un suo atleta per smontare le tende? Ci spiace ma così non va bene.

4 – Logistica di Morbegno

Prima abbiamo elogiato Rcs Sport, adesso le tiriamo le orecchie. In effetti la logistica della tappa Morbegno-Asti era pressoché suicida. Si è scesi molto tardi dai Laghi di Cancano (una sola via per venire a valle). Alcuni hotel erano a Bormio altri molto più giù. Fatto sta che o si faceva colazione nel bus la mattina dopo o si cenava a mezzanotte. E la mattina successiva c’era da fare la tappa più lunga e si partiva presto. La pioggia è stata una scusa perfetta per i corridori e una sfortuna totale per gli organizzatori. Si poteva studiare meglio. Che serva da lezione.

Kelderman in rosa, uno dei promotori dello “sciopero” di Morbegno
Kelderman in rosa, uno dei promotori dello “sciopero” di Morbegno

5 – Sciopero di Morbegno

Se c’era un possibile appiglio di scusa riguardo alla logistica, quello che hanno fatto i corridori è stato qualcosa di orrendo, che ha poco a che fare con il ciclismo. La scusa del freddo non regge. Quella della pioggia neanche. Le tempistiche della rivolta viste le chat che giravano dalla sera precedente (e forse ancora prima) sanno di complotto. I corridori hanno messo a nudo il loro potere e le loro fragilità. Hanno mostrato vigliaccheria non parlando neanche con i loro team in modo aperto. E non hanno fatto scudo di fronte al loro portavoce Adam Hansen, che si è preso pure i fischi e (sembra) sia andato addirittura contro i suoi voleri pur di tenere fede all’impegno di portavoce Cpa in gruppo. Diciamoci la verità: non volevano fare quella tappa lunga ed erano stanchi. Hanno creato la tempesta perfetta: e ci sono riusciti.

Ancora qualcosa da sapere sulla Bolide dorata

27.10.2020
3 min
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Ma torniamo ancora sulla Pinarello Bolide di Filippo Ganna. In Ineos-Grenadiers più che in altre squadre tutto è studiato al “decimo di millimetro”. Per questo oltre al discorso delle ruote ci sono altri aspetti che meritano di essere approfonditi.

Affidabilità Shimano

Vediamo dunque il resto di questa Bolide. La componentistica è Shimano. La catena è quella normale Dura Ace, ma trattata da Muc-Off (il loro fornitore di lubrificanti). La trasmissione Shimano Dura Ace Di2 è una garanzia. Qualche tempo fa avevano provato altre catene, ma poi c’è chi ne utilizzava un tipo e chi altre. Avevano persino rivisto i perni delle maglie, ma alla fine quelli Shimano restavano i più affidabili.

«I tecnici Shimano non erano contenti della scelta di montare il 58 (o il 60 come a Palermo) con il 39 – dice Matteo Cornacchione, meccanico Ineos – c’era uno sbalzo di denti troppo elevato. Loro non garantivano. Così ci siamo presi i nostri rischi. Sullo strappo di Monreale con i sampietrini e quegli sbalzi sudavamo freddo. Se fosse successo qualcosa eravamo fregati. Ma per vincere bisogna rischiare. Inoltre Pippo sa come cambiare, ha una certa sensibilità».

Ganna sullo strappo di sampietrini di Monreale
Ganna sullo strappo di sampietrini di Monreale
Ganna sullo strappo di sampietrini di Monreale
Ganna sullo strappo di sampietrini di Monreale

Manubrio o fantascienza?

Il manubrio è l’ormi famoso Most 3D in titanio. Ma Cornacchione ci dice qualcosa ancora. Per questo sembra più fantascientifico. Merito soprattutto del lavoro e della passione del costruttore trevigiano.

Un pool guidato da un ingegnere Pinarello scansiona il corridore sulla bici con le mani sulle protesi. La base di partenza è quella della posizione in pista, ma un po’ più larga. Sul parquet lo sforzo dura meno, su strada il corridore deve essere “comodo”. Inoltre deve anche attutire qualche buca o imperfezione dell’asfalto. Una base d’appoggio più ampia pertanto è necessaria.

«Quando questo manubrio – riprende il meccanico – è arrivato per la prima volta ci siamo messi le mani nei capelli. In realtà ogni vite entrava alla perfezione, non è stata data una limata e anche la verniciatura era okay. Tanto che all’italiano ho fatto i complimenti a Fausto (Pinarello, ndr), che scherzando mi ha risposto: e certo che è perfetto, l’ho verniciato io! Lui è davvero iper appassionato e ha un feeling particolare con il team e con Pippo. Campione italiano su bici italiana è un bel vedere. 

«E’ stato fatto molto lavoro sui comandi. Per mettere quei bottoncini in carbonio abbiamo smontato il classico comando Shimano per bici da crono e lo abbiamo inserito all’interno delle protesi. Sembrava impossibile, ma siamo riusciti poi ad inserire i pezzettini di carbonio e ad azionare il comando normalmente».

Il manubrio Most 3D
Il manubrio Most 3D
Il manubrio Most 3D
Il manubrio Most 3D

La dorata va in pensione

Matteo Cornacchione interviene anche sui freni: «Molte bici da cronometro che non hanno i dischi, credetemi, frenano davvero male. Ne ho viste di storie. Sulla Bolide il freno, anch’esso fatto da Pinarello, è molto efficiente. Risulta potente quasi come fosse a disco. Merito di un perno rigido e di una bacchetta che tende il filo. La forza così arriva bene sulla pista frenante».

Infine il peso. «Ci credete – conclude Cornacchione – se vi dico che non abbiamo mai pesato la bici di Pippo? Perché non è quello il suo scopo. Deve essere veloce. L’unica bici da crono che avevamo pesato era la Bolide di Egan Bernal. Era stata preparata per la crono finale del Tour che arrivava in salita. Su quella siamo arrivati a 7,2 chili. Ma per le crono del Giro che erano veloci, non era importante il peso. Poi quella dorata che avete visto avrà su almeno due etti di vernice, come minimo. Quella livrea è stata un’idea di Fausto, in collaborazione con Ganna. A Valdobbiadene avrà perso almeno 1,5” in salita! Pensate che quella Bolide d’oro dopo Milano va in pensione…».

A 66 all’ora verso Milano. Poker Ganna

25.10.2020
3 min
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Tutto facile. Filippo Ganna come da pronostico si è portato a casa anche la terza cronometro in programma, facendo poker al Giro d’Italia. Il piemontese anche oggi ha impressionato. E lo ha fatto soprattutto nei chilometri finali, quando per assurdo si è anche “scomposto” (le virgolette sono d’obbligo).

Manubrio prezioso

E’ partito come al solito: stabile, deciso, con il 58×11 in canna. Ha tagliato le rotatorie in modo impressionante, sfiorandole come fa un pilota di Formula1 con i muretti di Montercarlo. Merito anche del tanto lavoro che c’è dietro, su posizione e bici.

«Quest’inverno – rivela un raggiante Fausto Pinarello – Cioni mi ha detto: facciamo il manubrio 3D anche a Pippo». Un manubrio che costa circa 14.000 euro. «Ma se i risultati sono questi, non costa nulla», riprende Fausto.

Negli ultimi 4.000 metri, guarda caso la stessa distanza dell’inseguimento su pista, ha aperto del tutto il gas. Al diavolo i 490 watt del programma di viaggio. La velocità è passata da 60 a 66 chilometri orari.

Filippo Ganna ha appena terminato la crono di Milano. Il suo manubrio costa 14.000 euro.
Ganna in Piazza Duomo. Completa un grande Giro.
Filippo Ganna ha appena terminato la crono di Milano. Il suo manubrio costa 14.000 euro.
Ganna in Piazza Duomo. Completa un grande Giro.

Tranquillità apparente

Ganna termina la sua prova. Balza in testa e si siede sull’ormai hotseat del primo in classifica. E da lì inizia a godersi la crono un po’ come tutti dal “divano”. Solo che lui è in piazza Duomo.

«In realtà dopo aver terminato la mia fatica ero più teso per quello che avrebbe fatto Geoghegan Hart che per me – racconta Filippo – Avremmo portato la settima vittoria alla squadra e soprattutto avremmo conquistato il Giro. Un Giro che per me è stato bellissimo non solo per le mie vittorie, ma perché ho potuto lavorare con il team. E le fatiche fatte sono state di un gruppo di amici».

Ormai fa più notizia se il campione del mondo perde una crono piuttosto che se la vince. A questo appunto Pippo scatta: «A Valdobbiadene c’erano mio papà e il mio procuratore, Giovanni Lombardi, che dopo l’arrivo mi hanno detto: una cosa però non va bene, eravamo troppo tranquilli. Può sembrare così ma ogni anno è differente, magari la prossima stagione prendo delle bastonate. Da parte mia continuerò a lavorare restando umile. Inoltre quando indossi questa maglia resti sempre concentrato, sei portato a dare il massimo».

Bomba di emozioni

Grandi Giri, record dell’Ora, in tanti chiamano Ganna a grandi obiettivi. Lui continua a rispondere che può solo lavorare. E che semmai tenterà il Record lo farà su una pista al livello del mare. 

Per ora si gode questo Giro e questa vittoria. Si è portato a casa anche il Trofeo Bonacossa, riservato al “girino” che fa l’impresa più bella. Lo ha conquistato con il trionfo di Camigliatello Silano (che non era una crono), eppure Pippo punta il dito su Milano.

«A Valdobbiadene è stato bello perché era una crono durissima e io lo sono stato di più, ma questa di oggi la metto in testa: è stata la vittoria più bella. Venivamo dal grande lavoro di ieri, c’era la gente che urlava il mio nome dal primo all’ultimo chilometro, Tao che ha vinto il Giro. Insomma oggi è stata una vera bomba di emozioni».

Rapporti: scelta complicata a Valdobbiadene

18.10.2020
3 min
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I mille volti di una cronometro, non solo gambe ma anche rapporti. Per la stragrande maggioranza dei “girini”, la tappa contro il tempo rappresenta quasi un giorno di “riposo” (le virgolette sono d’obbligo). Per specialisti e uomini di classifica è un giorno cruciale, tra i più faticosi e stressanti. 

Per questo si notano differenze enormi anche nelle scelte tecniche. Ieri Filippo Ganna (e non solo lui) ha vinto spingendo una corona da 58 denti. Mentre gli uomini della Vinzi Zabù-Ktm avevano una corona da 50 denti. 

Alla Vini Zabù- Brado Ktm hanno utilizzato guarniture Sram 50-37
Guarniture (Sram) 50-37 per la Vini Zabù-Ktm

Corone da 50 a 60 denti

I ragazzi di Luca Scinto non erano interessati alla tappa. O almeno sapevano di non poter competere per la vittoria e non avevano grosse necessità di modificare i loro assetti tradizionali. Dovevano portare la bici all’arrivo e risparmiare energie preziose magari per la tappa di oggi, adattissima alle fughe.

E lo stesso hanno fatto molti loro colleghi, che non hanno toccato l’usuale 52 o 53 che forniscono loro i costruttori. Sram infatti mette a disposizione il 50 o il 52. Volendo anche il 54, ma sono in pochi ad utilizzarlo nella tappe normali, tra questi c’è Jacopo Mosca della Trek-Segafredo.

Più ampia invece è stata la scelta per coloro che si appoggiavano al colosso giapponese, Shimano. Per questi atleti si poteva optare per una gamma di corone che andava dalla 50 alla 60. Come Campagnolo più o meno. Il brand italiano forniva dentature fino alla 58. E anche gli EF Procycling potevano far leva con FSA su corone dalle dentature più importanti.

In casa EF Procyling si è optato per corone FSA
Corone FSA per la EF Procycling

Ricognizione delicata

Il percorso di ieri però, con il muro di Ca’ del Poggio, i tratti vallonati ed altri molto molto scorrevoli non era facile da interpretare. Tanto che persino uno specialista come Alex Dowsett è rimasto “spiazzato”. L’inglese della Israel StartUp Nation infatti ha scelto una corna da 56, ma per sua stessa ammissione ha detto che gli avrebbe fatto parecchio comodo un 58 se non addirittura un 60. Avrebbe spinto in modo più composto e magari avrebbe guadagnato qualcosa in velocità. In poche parole non sarebbe andato oltre cadenza (110 rpm e più).

Poi molto dipende anche dalla scala posteriore. Chi ha Sram dispone anche dal 10. E il 56×10 sviluppa qualche centimetro in più del 58×11, pertanto alla fine la scelta spetta alla sensibilità dell’atleta. E in tal senso la ricognizione del mattino è cruciale. Lì il corridore avverte, intuisce, le sensazioni delle sue gambe. Sensazioni a poche ore dal via. Ma proprio per stress e percorso complicato anche in quel frangente non è facile azzeccare tutto al millimetro. 

Ghirotto, dieci Giri in moto Rai

07.10.2020
6 min
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Nella carovana del Giro d’Italia, Massimo Ghirotto rappresenta ormai una colonna portante. Vive ogni tappa da dieci anni, in sella alla moto di Radio Rai. Ex corridore, dopo diverse esperienze come commentatore radio a cavallo del 2000, un giorno Antonello Orlando, Giovanni Scaramuzzino e il caporedattore Riccardo Cucchi gli fanno la proposta: «Massimo te la senti di salire in moto?». «Perché no, risposi io», racconta il padovano. «Il ciclismo lo conosco e qualche esperienza col microfono l’ho fatta. Mi butto».

Ghirotto arriva da noi con l’attrezzatura da moto ancora in mano. Ci sediamo su un muretto a bordo strada ad Agrigento. Alle nostre spalle gli operatori della logistica smontano le transenne e di fronte invece il sole tramonta sul Mediterraneo. Questo non è un luogo casuale. Qui, nel 1994 Massimo rischiò di diventare campione del mondo, dopo una lunga fuga.

Giro d’Italia 2020, Massimo Ghirotto dopo la tappa arrivata ad Agrigento
Massimo Ghirotto dopo la tappa di Agrigento
Massimo, salire in moto significa tornare ogni giorno in gruppo?

Eh sì, vivi delle immagini e delle situazioni da così pochi metri che mi rivedo corridore. Anch’io vedevo queste moto che ci giravano intorno.

Cosa ricordi delle prime volte?

L’inizio non fu facile. La radio è bella, ma micidiale perché ha i tempi. E se non riesci a rispettarli e a fare tutto bene in quello spazio è un problema. Ho trovato giornalisti come Emanuele Dotto che mi hanno aiutato, che sono stati maestri. Professionisti gentili e molto aperti. Perché, credetemi, ci vuole molto poco ad andare in difficoltà

Spiegaci meglio…

Solitamente hai tra i 30 e i 50 secondi per il tuo intervento. E in quel lasso di tempo devi sviluppare il tuo concetto in modo chiaro e corretto. A volte appena chiudi il microfono ti rendi conto di qualche errore: un nome sbagliato, una frase che non scorreva bene. Inoltre se c’è un tema tecnico devi essere bravo a spiegarlo in poco tempo.

Ricordi un momento particolarmente difficile?

Ah sì! Fu proprio al primo Giro. Eravamo in Romagna, nella tappa che arrivava a Cesenatico e che vinse Manuel Belletti. All’epoca ero sulla moto 2, quindi dietro al gruppo. Mi chiama la regia e mi dice: Massimo vai avanti che la moto di Scaramuzzino si è rotta. Così piombammo sulla fuga, ma andai nel panico perché non avevo le informazioni dei fuggitivi. Cercai di arrangiarmi come potevo. Ad un certo punto nel fuorionda chiamai la regia e dissi loro di coinvolgermi il meno possibile. Capirono la situazione e mi diedero sostegno. Da lì però ho capito tante cose e mi sono organizzato meglio.

Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto dietro ai comunicati stampa che emette la macchina d’informazione
Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto
E adesso come gestisci il tuo lavoro?

Con questi (ed indica lo smartphone ciondolandolo tra pollice ed indice, ndr) tutto è più facile. A metà tappa vado nella macchina di radio informazioni e prendo i fogli dei comunicati. Inizio a leggerli e poi nel retro scrivo i miei appunti. Con lo smartphone ricostruisco la corsa e studio i corridori. Sapete, mi sono preparato un foglio Excell con tutti i partecipanti del Giro. Su ognuno posso cliccare e finisco sulla loro pagina di Wikipedia.

Quindi non segui tutta la corsa?

No. Noi entriamo in diretta solitamente alle 15, magari in altre tappe possono cambiare gli orari. Ma in base all’inizio della diretta prendo la tabella oraria del Garibaldi (il librone del Giro su cui c’è TUTTO, ndr) e con il motociclista arriviamo un po’ prima nel punto dove passerà la corsa e nell’orario stabilito. Mi cambio ed entro in gara.

Rispetto ai tuoi tempi cosa è cambiato nel gruppo?

Poco. Una strada, una bici e un corridore: l’essenza del ciclismo è ancora questa. Sono cambiati i materiali, ci sono le radioline, nuove tecnologie… ma alla fine resta l’atleta che fatica. Forse i corridori si conoscono un po’ meno rispetto a noi. Il ciclismo era meno globalizzato e noi eravamo sempre gli stessi. Quindi sapevamo quello che sarebbe caduto in quel tratto di strada, quello che sarebbe andato in fuga, quello che avrebbe fatto lo sprint.

Giro 2016, Guillestre – Sant’Anna di Vinadio. Nibali completa la rimonta su Kruijswijk e va in rosa
Giro 2016, Nibali verso la rimonta su Kruijswijk
Da quando sei sulla moto Rai chi è il corridore che più ti ha colpito?

Facile, Nibali. Vincere il secondo Giro come ha fatto lui non è stata cosa da poco. Anche noi tecnici lo davamo per spacciato. Vincenzo invece in due tappe ha ribaltato la situazione. E mi piace questa sua capacità di non sottovalutarsi mai. Evidentemente si conosce così bene che sa quando non deve mollare. In quel Giro fu l’unico a restare lì con le gambe e con la testa. E alla fine ci è riuscì. Anche come ha vinto la Sanremo senza essere al top. Stiamo parlando di un ragazzo che ha vinto i tre grandi Giri e questo dovrebbe bastare. Andiamo a vedere i nomi di chi ci è riuscito. Devi tirare giù Merckx, Anquetil, Gimondi, Hinault, Contador… E poi è sempre coi piedi per terra, modesto. Dà una bella immagine di sé

Ci sono dei momenti intensi coi corridori, in cui li inciti, vi guardate?

Cerco di farli stare tranquilli e concentrati. Anche perché non posso avvicinarli troppo per regolamento. Semmai li affianco per studiare il volto e capire come stanno. Piuttosto mi muovo tra le ammiraglie, con i direttori sportivi, molti dei quali sono stati corridori con me e sento il loro pensiero.

Giro d’Italia 2014, da Ponte di Legno a Val Martello. Nairo Quintana prenderà la maglia rosa accumulando vantaggio nella discesa dallo Stelvio.
Giro 2014, Quintana prenderà la rosa in fondo allo Stelvio.
In dieci Giri ne hai viste di situazioni e di corridori. Ci racconti come andò il “caos” della discesa dello Stelvio nel Giro 2014, quello di Quintana?

Quel giorno ci fu un errore della giuria e dell’organizzazione. Nessuno capì davvero se il tempo era stato neutralizzato o no. Il regolatore delle moto (era Marco Velo, ndr) iniziò a fare cenno di andare piano con le braccia, ma non ci furono comunicazioni ufficiali. Nairo Quintana non fece un attacco vero,  andò giù regolare per i fatti suoi, mentre dietro c’era chi si fermava, chi si cambiava perché nevicava. Una volta a valle ci si rese conto della frittata.

Alberto Contador con la sua andatura ciondolante sulle strade del Giro 2015
Contador e la sua andatura ciondolante
Diamo un po’ di giudizi tecnici: chi ti è piaciuto di più?

Tra gli scalatori Alberto Contador. Il suo stile era unico. Era un ondeggiare sui pedali molto elegante. Quel modo di mulinare i pedali. In generale mi piace molto Elia Viviani: un ragazzo che si muove bene, si prende le sue responsabilità e ammette quando sbaglia. Mentre il vero funambolo era Robbie McEwen, un bel limatore. E Caleb Ewan è sulla sua strada.

Filippo Ganna nella cronometro di Monreale. Il piemontese ha stregato il “Ghiro”
Nella crono di Monreale Ganna ha stregato il “Ghiro”
E a cronometro?

Fino a questo Giro avrei detto Tom Dumoulin. Quando vedo un ragazzo che fa velocità, che è composto, mi esalto. Inoltre Tom aveva la maglia di campione del mondo. Ma poi è arrivato Filippo Ganna! Pippo mi ha davvero stregato. Bello, potente, composto, mulinava il 60×11. L’ho seguito e sono rimasto affascinato dalla sua posizione. Questo busto perfettamente allineato con l’asfalto. Io metto il computerino che uso in bici sulla moto così ho dei dati a me più familiari. E vedere che per più volte ha superato i 100 all’ora e lui è rimasto fermo sulla bici è stato unico. Non a caso nelle mie pagelle alla radio, la sera gli ho dato 10 e oro!

Pinotti, che vento nella crono di Monreale

03.10.2020
3 min
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La crono inaugurale del Giro d’Italia, da molti criticata, non era affatto banale: 15,1 chilometri da Monreale a Palermo. Un chilometro di salita e poi quasi tutta discesa. Questo ha reso le scelte tecniche e quelle tattiche molto incerte. Alla fine gli specialisti hanno fatto la differenza. Non solo, ma chi non lottava per la generale ha potuto rischiare qualcosa in più, come ci spiega anche Marco Pinotti, ex cronoman ed ora al servizio della CCC Sprandi.

Marco, una prova tutt’altro che banale…

Banale? Complicatissima direi. Una discesa con la bici da crono non è facile, inoltre c’era l’incognita vento. E i primi ne hanno preso moltissimo, anche a favore. Andava divisa per sezioni: il prima in salita, quella finale in pianura e quella centrale (la più lunga) in discesa. In particolare quella finale erano 6’30” da fare in apnea e già si avevano 10′ di sforzo. Non era facile da gestire.

Rafal Majka (ultimo a partire) ha incassato 2′ tondi, tondi da Ganna
Majka (ultimo a partire) ha incassato 2′ netti da Ganna
Inoltre c’era la parte centrale di Corso Calatafimi, che scendeva ed aveva molti avvallamenti. Basta guardare il ruzzolone di Miguel Angel Lopez…

Esatto, quella era la parte più delicata. Lì magari non si vinceva, ma era molto rischiosa. Prendere un avvallamento a 75 orari significa volare. Significa sbandare, tanto più col vento laterale che c’era. E’ un po’ come nelle discese libere nello sci alpino. Se non le ammortizzi ti sparano via.

Quindi serviva pelo sullo stomaco per mettere le mani sulle protesi in quelle condizioni?

Chiaro, ma è così che si vinceva ed è così che sono riusciti a fare gli specialisti. In molti hanno tolto le mani dalle protesi con quel vento. Ganna ed altri no. La prima staccata era difficilissima. Si passava dai 100 ai 30 orari. Chi ha dimestichezza col mezzo lo fa in poco tempo. E guadagna terreno.

Voi avete studiato il percorso prima di partire?

Sì. L’ho fatto io da solo nei giorni precedenti e poi la mattina prima del via senza traffico con i ragazzi. In ricognizione, da solo, per fare 15 chilometri ci ho messo due ore. Mi sono fermato spesso a osservare il terreno per individuare le linee con meno avvallamenti, quelle più pulite. C’era un grande problema di trazione. Anche in partenza c’erano sampietrini e lastroni (non a caso a Monreale avevano stesso una sorta di materiale grippante in uscita dalle curve, ndr).

Il vento è stato determinante. Tu lo avevi studiato?

Era da una settimana che controllavo l’evoluzione del vento, ma il giorno della crono era decisamente maggiore della media dei sette giorni precedenti. Inoltre prima di andare in Sicilia mio padre mi aveva parlato del vento di Monreale. Lui, tanti anni fa, aveva fatto il militare nella caserma Scianna che si trova al quarto chilometro del percorso.

Chi è partito alla fine è stato penalizzato. Vediamo Nibali, Majka.. mentre gli Ineos più forti sono partiti un’ora prima. Come si delinea l’ordine di partenza?

Si sorteggiano le squadre e poi sono gli stessi team che decidono quando far i propri atleti. Dennis, Thomas e Ganna sono partiti uno dietro l’altro proprio per avere dei feedback. 

Che rapporti si utilizzavano?

Io dico che il 58×11 era l’ideale. In molti hanno usato il 60, ma sono pezzi che devi far fare perché non si trovano facilmente. Se Ganna avesse scelto il 62 come si vociferava sarebbe stato solo per girare il 12 e non l’11, almeno credo. Sono sensibilità dello specialista.

E per le gomme? In molti hanno gonfiato a 6,5 bar…

I “miei” ragazzi oscillavano tra le 7 e le 8,5 bar

C’è il quartetto olimpico nella testa di Milan

26.09.2020
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Jonathan Milan viaggia spedito verso le Olimpiadi di Tokyo 2021. Nella sua testa c’è prima di tutto il quartetto. Il gigante friulano però eccede anche in umiltà quando dice che prima deve guadagnarsi la convocazione.

«Dico così perché non si sa mai», spiega Milan. «Ti può capitare un malanno, di non essere in condizione per quel periodo. A quel punto devi lasciare il posto a qualcun altro, giustamente. E poi non vivo su quanto fatto agli ultimi mondiali».

Milan
Alla Vuelta a San Juan, in Argentina ad inizio stagione, Jonathan Milan ha corso in azzurro
Milan in azzurro alla Vuelta San Juan

A febbraio, infatti, Milan volava. Nella sfida iridata di Berlino aveva staccato un super tempo. Aveva fatto segnare 4’08” per coprire quei 4.000 metri nell’inseguimento. Un tempo anche migliore rispetto a quello di Filippo Ganna alla sua stessa età.

Un’estate a suon di titoli nazionali

La sua corsa verso Tokyo è ripartita con i campionati italiani (dove ha vinto l’inseguimento individuale) e con quelli europei U23. Oltre ai successi su ottenuti strada, come la cronometro tricolore. Insomma, Milan alternativa naturale a Ganna? E’ sempre più probabile.

Nell’inseguimento a squadre, agli europei under 23 di Fiorenzuola, il friulano ha coperto la quarta posizione, quella delle tirate più lunghe. Quando si ritroverà con gli elite le cose cambieranno, quello infatti è il regno di Ganna.

«Dovrei essere il secondo e mi piace. E’ una posizione che richiede responsabilità. Il primo porta il team nella velocità stabilita. Il secondo deve mantenerla e se possibile aumentare, ma senza strappare. Serve sensibilità. Ai mondiali la formazione era nell’ordine: Francesco Lamon, io, Simone Consonni e Filippo Ganna. Però dobbiamo ancora parlarne con Marco Villa. Va stabilita la velocità del primo e quanto devono accelerare gli altri. Ci sono molte cose da inquadrare».

Milan (al centro) con il bronzo conquistato nel quartetto ai mondiali di Berlino
Milan (al centro) con il bronzo di Berlino

A questo punto sarà interessante vedere come andranno gli europei in Bulgaria (dall’11 al 15 novembre), uno dei banchi di prova più importanti in vista dei Giochi. Villa cercherà farà delle prove, visto che il discorso qualificazione è praticamente chiuso.

Nel 2021 sarà in una World Tour

La questione più delicata semmai riguarda il fatto che il ragazzo di Buja lascerà la categoria U23. Approderà tra i professionisti, in una squadra WorldTour. Al Cycling Team Friuli, la sua attuale società, sarebbe piaciuto molto trattenerlo ancora un anno. Jonathan non avrebbe rovinato quell’equilibrio che lo ha fatto crescere.

«Voglio passare e fare il grande salto», conclude Milan. Dalla squadra con cui andrò ho avuto garanzie che potrò lavorare per la pista. Le Olimpiadi prima di tutto. Per questo cercherò di allenarmi il più possibile in velodromo, chiaramente senza trascurare la strada».