Zambanini si prepara per due mesi di grande ciclismo

03.05.2023
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CAVALESE – Zambanini è stato uno dei corridori più richiesti allo scorso Tour of the Alps, il ragazzo della Bahrain-Victorious vede avvicinarsi sempre più il suo secondo Grande Giro da professionista. Il Giro d’Italia, che partirà sabato da Fossacesia, sarà un altro gradino nella crescita del corridore trentino. Dopo la Vuelta dello scorso anno e le parole incoraggianti di Pellizotti, è giunto il momento di crescere ancora. 

Zambanini (il secondo da sinistra) mentre si scalda con i compagni prima dell’ultima tappa del Tour of the Alps
Zambanini (il secondo da sinistra) mentre si scalda con i compagni prima dell’ultima tappa del Tour of the Alps

Un piccolo intoppo

Zambanini è andato in fuga nell’ultima tappa del Tour of the Alps e successivamente si è presentato al Gp Francoforte. La gamba c’è, anche se prima della Tirreno-Adriatico c’è stato qualche ostacolo lungo il cammino. 

«Dopo il Giro dei Paesi Baschi ho fatto un po’ di riposo – racconta – e poi sono andato al Tour of the Alps. Purtroppo prima della Tirreno-Adriatico ho avuto una bronchite che mi ha fermato per una settimana ed ho saltato Strade Bianche e la Corsa dei Due Mari. Avevo in programma di fare un ritiro in altura, ma i programmi sono cambiati. Così insieme alla squadra abbiamo deciso di andare a correre il Giro dei Paesi Baschi (foto in apertura). Avevo ancora pochi giorni di gara e mi serviva mettere fatica alle spalle prima del Giro d’Italia. Nel periodo tra la fine del Tour of the Alps e l’inizio della Corsa Rosa mi sono riposato un po’ ed ho fatto qualche lavoro per mantenere la condizione». 

Niente altura per lui, una bronchite a marzo gli ha fatto cambiare i programmi di avvicinamento al Giro
Niente altura per lui, una bronchite a marzo gli ha fatto cambiare i programmi di avvicinamento al Giro

Passo in più

L’esperienza della Vuelta ha lasciato in Zambanini un sorriso che ancora si accende quando ci ripensa. Una prima volta che lo ha portato molto vicino al successo di tappa a Les Praeres, ora però serve una nuova spinta. 

«L’occasione avuta lo scorso anno è stata bellissima – continua – la squadra è andata bene quasi tutti i giorni ed è importante. E’ arrivato anche il terzo posto nella nona tappa, nonostante arrivassi da un periodo non troppo positivo visto che avevo preso il Covid a metà stagione. La convocazione per la Spagna era arrivata quasi all’ultimo ed ero partito senza preparare la corsa al meglio. Da un lato sono stato contento perché non ho avuto il tempo di farmi tante paranoie. Quest’anno la preparazione è andata meglio, c’è stata più programmazione. Cerco di non pensarci troppo, sono uno molto riflessivo ma devo cercare di distrarmi un pochino».

Dopo la Vuelta del 2022 il trentino ha sentito un’ottima crescita nella sua condizione
Dopo la Vuelta del 2022 il trentino ha sentito un’ottima crescita nella sua condizione

Giro in casa e non solo

Il percorso del Giro d’Italia è duro, le difficoltà non mancheranno e saranno presenti fin dalle prime tappe. Non ci sono grandi possibilità di nascondersi o di sbagliare troppo. 

«E’ duro – ammette con un leggero sospiro – tutte le tappe saranno toste e poi l’intensità sarà sempre alta. Qualche tappa o fuga vorrei provare a centrarla, però bisogna anche coordinarsi con la squadra e le esigenze dei capitani. Abbiamo molte punte a nostra disposizione: Caruso, Haig, Buitrago e Mader. Il primo compito sarà quello di dare supporto, dopo vedremo, ma qualche occasione mi piacerebbe coglierla. C’è la tappa di casa in Trentino che è la più difficile in assoluto, vedremo che cosa riuscirò a fare. Il Giro lo senti nel cuore, fai più fatica a prepararlo mentalmente, in più correre in casa non è mai semplice. Rispetto allo scorso anno cerchiamo di fare il salto, ho aumentato il carico degli allenamenti.  Dopo un Grande Giro si ha uno step di crescita e devo dire che ho sentito dei miglioramenti nel preparare questa stagione.

«Finita la corsa rosa – conclude – tirerò fino ai campionati italiani, che saranno ugualmente in casa (si correrà a Comano Terme, Trento, ndr). E’ un percorso che ho già provato molte volte e risulta estremamente difficile. Insomma, tra maggio e giugno le occasioni non mancheranno».

Bettini e gli altri, compagni di ieri e diesse di oggi

28.03.2023
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Per tanti anni compagni di avventura lungo le strade di tutto il mondo e non importava se vestissero la sua stessa maglia a o quella di qualche strada rivale. Poi referenti durante la sua avventura alla guida della nazionale, per capire condizioni e stati d’animo dei corridori da convocare. La lunga parabola di Paolo Bettini nel mondo delle due ruote ha sempre avuto a che fare con gente come Gasparotto, Pellizotti, Bramati, Tosatto. Rivali? Qualche volta. Amici? Sempre.

Oggi l’olimpionico toscano li guarda dall’esterno, protagonisti sulle loro ammiraglie del WorldTour, impegnati senza sosta in un calendario frenetico e rivede in tanti loro comportamenti i compagni di mille corse, quelle che hanno insegnato loro il mestiere. Perché in fin dei conti non sono mai cambiati.

Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…
Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…

Gasparotto, schivo ma serissimo

Gasparotto oggi è una colonna portante della Bora Hansgrohe, una delle squadre che più sono progredite nel corso delle ultimissime stagioni e il due volte vincitore dell’Amstel ci ha messo del suo: «Con Enrico mi lega una lunga amicizia. Non abbiamo mai corso nella stessa squadra, ma quando finivamo la stagione andavamo in vacanza insieme. Di lui posso dire che è sempre stato un professionista a 360 gradi. Apparentemente, quando correva, poteva sembrare poco uomo squadra, uno che se ne stava sulle sue ma era carattere, perché quando serviva lui c’era, sempre».

Quell’amicizia non è venuta mai meno: «Ci siamo visti prima dell’ultima Sanremo e l’ho trovato divertito. E’ un lavoro stressante il suo, lo so bene, ma anche appagante soprattutto per come è fatto lui, per come lo interpreta cercando con tutto il cuore di trasmettere il suo sapere ai ragazzi, di invogliarli a vivere questo mestiere. Non posso dimenticare le sue lacrime al Giro dello scorso anno, il senso di appagamento che gli aveva dato vedere il risultato maturare nelle sue mani. Certamente gli serve ancora esperienza, ma sta davvero crescendo nel ruolo».

Conoscendo il suo carattere così schivo, si sarebbe aspettato un suo presente da diesse? «Sì, perché ha sempre avuto una visione di gara superiore e quando hai quella, puoi gestire tutto. In corsa aveva un occhio eccezionale, capiva nel gruppo chi poteva essere protagonista quel giorno, riusciva anche a prevedere come sarebbe andata la gara. Basta parlarci per sentire la passione che traspare in ogni suo gesto».

Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo
Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo

Pellizotti, il regista in corsa

«Con Pellizotti ci siamo incontrati spesso, una volta affittò anche un appartamento vicino casa per allenarci insieme. Avversari in corsa, ma sempre molto legati, una chiacchierata in gruppo ci scappava sempre. Rispetto a Gaspa era molto diverso: in gruppo si faceva sempre sentire. In certi tipi di corse era eccezionale, un vero riferimento, il classico “regista in corsa” che distribuiva i compiti in seno alla squadra. Si vedeva quale sarebbe stato il suo futuro».

Un conto però è gestire la squadra dall’interno, un altro è salire sull’ammiraglia… «Certo, il lavoro cambia tanto. E’ importante che poi quando sei in auto ti ricordi com’era. Faccio un esempio legato alla Liegi, che conosco bene: devi ricordarti i punti dove mangiare e bere perché la corsa non si muove, dove invece è il punto adatto a scattare, dove tenere gli occhi aperti e soprattutto tutto ciò devi trasmetterlo ai ragazzi, farglielo capire, E’ quello che sta facendo alla Bahrain Victorious».

Una volta hai detto che il campione difficilmente riesce a essere un buon diesse, il gregario sì. Perché? «Perché il lavoro del gregario non è solo fare il “lavoro sporco”, come ritirare le borracce o prendere le fughe. E’ un lavoro psicologico, vivere davvero la vita del gruppo, capire sempre la situazione, magari anche andare a parlare con tizio o caio dell’altra squadra e mettersi d’accordo per gestire la corsa finché non entreranno in scena i capitani. Acquisisci una sensibilità che sarà fondamentale».

Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie
Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie

Bramati, compagno di mille avventure

In questo Davide Bramati (in apertura è quello a sinistra, era il 2010) è sempre stato un campione: «Per questo è considerato uno dei diesse più carismatici. Ricordo ad esempio quando c’eravamo io e Valverde. Davide andava da quelli della Movistar e si metteva d’accordo per tirare il gruppo, prendere le fughe e poi toccava a me e Alejandro, ma eravamo stati tranquilli fino alle battute decisive. Si è intessuto una rete di rapporto importante, ora spesso fa lo stesso, solo che usa il telefono e chiama dall’ammiraglia all’altra ammiraglia, ma in soldoni il lavoro è simile».

Con Bramati il rapporto è sempre stato stretto: «Abbiamo corso anni insieme, eravamo compagni di camera, posso dire tranquillamente che certe vittorie come il mondiale di Salisburgo hanno molto di lui dentro, in corsa ma anche e anzi soprattutto fuori, nelle nostre chiacchierate, nella nostra ricerca di tranquillità e concentrazione. E’ sempre stato uno molto carismatico».

Oltretutto lavora nella Soudal QuickStep, fianco a fianco con un “padrone” difficile come Lefevere: «Non è semplice, ma è anche un stimolo. Io non potrò mai parlar male di Patrick per tutto quello che mi ha dato. Certo, è esigente, ma nessuno tiene vivo lo spirito del gruppo come lui. Senza stimoli un corridore si adagia e da lì a buttare via una stagione è un attimo. Porta a essere sempre sul pezzo, sempre un professionista. Io dico che per Davide è la dimensione ideale e i risultati sono lì a dimostrarlo».

Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997
Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997

Tosatto, vecchia scuola nell’ipertecnologia

«Quante cose ha risolto il Toso negli anni… – esclama Bettini a proposito di Matteo Tosatto, oggi diesse all’Ineos – Siamo passati insieme fra i pro’ nel ’97, ma mi ricordo un episodio al Giro da me vissuto da spettatore: caduta di gruppo, Contador è a terra. Tosatto prende la bici e comincia a correre sopra le bici degli altri, per dargli la sua e farlo ripartire subito. Chi avrebbe avuto quella prontezza di spirito così immediata? Quello è mestiere, significa avere sempre la lucidità e una visione completa della corsa».

Tosatto ha trasposto queste sue qualità in un team difficile come la Ineos Grenadiers: «Credo che per lui sia la soluzione migliore, perché ama lavorare con i più giovani e la Ineos è un team in transizione. E’ uno che sta imparando, nel mezzo di una strada che chissà dove lo porterà. Io penso che dia quel pizzico di esperienza in più in un team ipertecnologico: mi sembra di vederlo, nelle riunioni dove snocciolano dati come se piovesse, lui a un certo punto uscirsene con l’accento veneto “Ragazzi, qui c’è solo da menare…”. Tiene tutti con i piedi per terra, uno così è fondamentale».

Parlando di tanti colleghi, a Bettini non viene un po’ di nostalgia per tornare in ammiraglia? «Ributtarmi nella mischia? Dovrei pensarci bene, sulla base di un progetto ben definito e invogliante, perché dopo l’esperienza azzurra che, non posso negarlo, mi ha un po’ bruciato ho raggiunto il mio equilibrio tra famiglia e le mie attività. Vivo di ciclismo 80 giorni l’anno, salire in ammiraglia significa quanto meno triplicarli e la cosa mi fa un po’ paura».

Pellizotti si gode il giovane Zambanini, che cresce tanto e bene

01.03.2023
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Dal 2022 è uscito con delle prestazioni promettenti un giovane molto interessante: Edoardo Zambanini. Corridore della Bahrain Victorious, in cui è stato guidato, tra gli altri, da Franco Pellizotti. Passato professionista proprio l’anno scorso e già chiamato in causa nel suo primo Grande Giro: la Vuelta

Zambanini Zalf 2021
Pellizotti e Zambanini si sono incontrati per la prima volta nel 2021, quando il giovane trentino correva in Zalf
Zambanini Zalf 2021
Pellizotti e Zambanini si sono incontrati per la prima volta nel 2021, quando il giovane trentino correva in Zalf
Franco, che impressione hai avuto di lui?

L’ho conosciuto di persona nei primi mesi del 2021, quando era ancora alla Zalf e si preparava alla sua seconda stagione da under 23. Il nostro manager disse a me e Artuso di andare a conoscerlo, mi sorprese subito. 

In che senso?

Si presentò all’incontro da solo, insomma da un ragazzo giovane come lui non me lo aspettavo, è stata una bella sorpresa. Mi ha dato l’impressione di essere molto maturo, anche nel modo di porsi. 

La scorsa stagione non era iniziata nel migliore dei modi per Zambanini.

All’inizio ha avuto qualche problema fisico con un dolore al ginocchio che non lo ha fatto lavorare al meglio. Se si parte con qualche difficoltà, soprattutto ad inizio stagione, poi ci si trova sempre a rincorrere. 

Franco Pellizotti ha iniziato la sua terza stagione da diesse della Bahrain Victorious
Franco Pellizotti ha iniziato la sua terza stagione da diesse della Bahrain Victorious
Ha avuto il periodo più difficile ad aprile al Tour of the Alps e al Giro dei Paesi Baschi. 

Sì, i problemi si sono accentuati ad aprile, poi ha fatto un periodo di pausa ed ha ripreso al Giro di Ungheria. Dove ha portato a casa un bel quinto posto in una tappa e la quarta posizione in classifica generale. 

Nella seconda parte di stagione si è visto poi con l’esordio alla Vuelta, era in programma da inizio stagione?

In programma c’era l’idea di fargli fare un Grande Giro, e la Vuelta ci è sembrata la corsa migliore. Il Giro d’Italia, da corridore italiano, ha troppe pressioni a livello emotivo. La corsa spagnola era perfetta, anche per la sua collocazione a fine stagione, gli è servita molto a livello fisico ed emotivo. Disputare una corsa di tre settimane cambia il motore. 

Zambanini si è fatto notare, cosa non scontata.

Si è rivelato molto costante, caratteristica che da un corridore così giovane non ti aspetti. Non dico che ci siamo sorpresi, ma quasi. A livello mentale e fisico ha risposto molto bene.

Il miglior risultato per Zambanini è arrivato alla nona tappa della Vuelta, terzo sull’arrivo di Les Praeres
Il miglior risultato per Zambanini è arrivato alla nona tappa della Vuelta, terzo sull’arrivo di Les Praeres
Nella tappa di Les Praeres si è anche andato piazzato al terzo posto…

Oltre a quel risultato, che ovviamente ha fatto piacere, ci sono stati degli atteggiamenti molto propositivi

Quali?

Si è messo sempre a disposizione della squadra, ascoltando ed eseguendo quello che gli veniva chiesto. Ha fatto parte di due fughe, una delle quali ha portato al terzo posto che dicevamo poco fa. Vi faccio un altro esempio. 

Prego…

Alla 19ª tappa avevamo in programma di fare la volata con Fred Wright, era un arrivo che si sarebbe risolto a ranghi ristretti. Zambanini aveva il compito di guidare il suo compagno nella volata, era una giornata molto calda. Negli ultimi 15 chilometri gli sono venuti i crampi e nel momento in cui con l’ammiraglia gli siamo andati sotto era in lacrime perché non poteva aiutare il suo compagno. E’ un bel segno, dimostra quanto ci tiene alla squadra.

In uscita dalla Vuelta Zambanini ha dimostrato di avere una buona gamba, con un quarto posto al Gran Piemonte
In uscita dalla Vuelta Zambanini ha dimostrato di avere una buona gamba, con un quarto posto al Gran Piemonte
Avete sempre avuto l’idea di portarlo, nonostante l’inizio di stagione un po’ difficoltoso?

Sinceramente sì, era stato inserito nella lista più lunga, ma dalla seconda parte di stagione in poi abbiamo avuto solamente risposte positive. A partire dal Tour de Pologne, dove cresceva di condizione giorno dopo giorno. 

Quel terzo posto di tappa che sensazioni vi ha lasciato?

Di due tipi: la prima è una grande soddisfazione, perché alla prima Vuelta si tratta di un bellissimo risultato. 

E la seconda?

Che ha davvero ampi margini di crescita, com’è giusto che sia. Quel giorno ha lavorato tanto, forse troppo, così nel finale era un po’ spento. Tatticamente deve migliorare, ma solo correndo può crescere. E’ un ragazzo sul quale si può e si deve investire. 

Pellizotti ha trovato uno Zambanini diverso questo inverno, con maggior massa muscolare (foto Federico Bartoli)
Pellizotti ha trovato uno Zambanini diverso questo inverno, con maggior massa muscolare (foto Federico Bartoli)
L’hai visto diverso in questo inverno rispetto al 2022?

Si è inserito bene nel team e quest’anno conosce già i compagni ed è un bene. In più lo vedo più definito fisicamente, ha più muscolo, segno che crescerà ancora. 

La crescita passerà da altre esperienze importanti?

E’ inserito nella lista del Giro, se lo è meritato dopo la Vuelta dell’anno scorso. Ovviamente il percorso di avvicinamento è lungo e tortuoso, ma per il momento è parte della lista.

Pellizotti, un ex pro’ alle prese con la figlia ciclista

15.01.2023
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Nella famiglia Pellizotti il ciclismo è qualcosa che ogni componente ha nel sangue ed è curioso pensare come tutto sia nato direttamente con Franco, ex pro’ di lungo corso che nella sua attività via via ha coinvolto tutti, fino a sua figlia Giorgia che abbiamo visto essere una delle più giovani portacolori della Ss Sanfiorese

Per seguire le gesta della figlia (quando è libero dai suoi impegni di diesse alla Bahrain Victorious) Pellizotti ha anche affittato un camper con cui ha girato nei weekend insieme alla famiglia: «Dico la verità, non ho mai amato i camper quando correvo, ma devo ammettere che sono una comodità: Giorgia può farsi la doccia appena conclusa la gara, ha tutti in comfort anche nel ritorno verso casa. Credo che ne acquisteremo uno…».

Pellizotti con Mosca, il tecnico della Bahrain-Victorious è al quinto anno nel team WorldTour
Pellizotti con Mosca, il tecnico della Bahrain-Victorious è al secondo anno nel team WorldTour
Com’è il suo rapporto con la bici?

Si diverte come una matta, è uno spettacolo. Io la seguo quasi sempre, durante le gare invernali, se sono fuori per lavoro vanno mia moglie e mio figlio. Cerco però di essere presente il più possibile perché ogni sua gara è per me una grande emozione.

Lei ha vissuto la tua attività professionistica?

Gli ultimi 2-3 anni era abbastanza grande, si ricorda bene le trasferte con mia moglie per venirmi a vedere. La portava sempre, è venuta anche all’ultimo Tour de France che ho disputato. Giorgia è una ragazza molto sportiva, le piacciono tutte le attività, segue molto, mi fa piacere chiaramente che segua un po’ le mie gesta, ma la bici è stata la sua passione sin da quando era piccola.

Giorgia in gara a Ovindoli (Giro d’Italia) dove ha chiuso quarta fra le allieve (foto Paletti)
Giorgia in gara a Ovindoli (Giro d’Italia) dove ha chiuso quarta fra le allieve (foto Paletti)
Tu come vivi la sua attività?

Sono contento, penso che per lei sia importante. A me il ciclismo ha dato tanto, non solo come soddisfazioni sportive. Ha contribuito enormemente alla mia crescita e spero che per lei sia lo stesso. Ammetto che in passato pensavo che il ciclismo non fosse uno sport prettamente femminile, ma mi sono ricreduto. Lo vedo importante nella sua crescita.

In che termini?

Lo sport insegna che nella vita ci sono regole da seguire e rispettare, che se vuoi ottenere un obiettivo devi essere pronto a sacrificarti, senza se e senza ma. Ci tenevo molto che Giorgia facesse sport, che non finisse come tanti della sua età davanti alla Tv oppure ai videogiochi. La cosa importante è che, nell’età in cui è, continui a vedere questa attività come un divertimento, poi se vorrà insistere avrà tutto il nostro supporto ma le cose si faranno più serie.

Per la giovanissima figlia d’arte un futuro fra ciclocross e mtb. Per ora niente strada
Per la giovanissima figlia d’arte un futuro fra ciclocross e mtb. Per ora niente strada
Il fatto che faccia ciclismo è anche fonte di preoccupazione, visti i tanti incidenti sulle strade?

Il pensiero c’è, non posso negarlo e il fatto che si dedichi al ciclocross, quindi in un’area delimitata e in piena sicurezza mi rende davvero molto felice. Devo dire che il team, quando i ragazzi si allenano su strada, li segue con grandissima attenzione, ma il patema d’animo resta. Giorgia mi ha detto che dopo il ciclocross vuole fare mtb e questo mi consola, sa che su strada i pericoli sono dietro l’angolo e per ora non se la sente. Lei comunque deve seguire le sue sensazioni, fare quello che si sente, costringerla non sarebbe giusto. Quando esce per allenarsi da sola mi preoccupo, anche se fa sempre strade secondarie con poco traffico e quando posso la seguo.

Quanto è cambiato il modo di approcciarsi al ciclismo rispetto a quando avevi la sua età?

Tantissimo. Io ad esempio non avevo nessuno che mi portava alle gare o che seguiva le corse con me in Tv. Ora invece siamo una famiglia unita che va a seguire le gare. Tante volte Giorgia viene con me, sale sul bus della squadra, conosce tutti i ragazzi, si confronta con loro. Questo le serve anche per capire qual è il mio lavoro e per socializzare, anche approfondire la sua conoscenza delle lingue. Un concetto che le ho sempre espresso è che il ciclismo mi ha consentito di conoscere persone di ogni parte del mondo, di apprendere culture diverse, di allargare i miei orizzonti.

Giorgia insieme a Marco Paludetti, l’ex azzurro oggi responsabile CX per la Sanfiorese
Giorgia insieme a Marco Paludetti, l’ex azzurro oggi responsabile CX per la Sanfiorese
Ora che la stagione su strada inizia avrai meno tempo per seguirla…

E’ vero, ma con il team abbiamo approntato un programma che consente anche a noi diesse di avere tempo per essere a casa e mantenere un certo equilibrio.

Hai detto che per ora resta un gioco: hai l’impressione che andrà avanti su questa strada?

Conoscendo la sua caparbietà sì. Già oggi è attentissima a tutto quel che concerne la sua attività, dallo stretching fino all’alimentazione, quando viene con la squadra controlla tutto quello che si fa, chiede incuriosita. Poi è chiaro che è in un’età dive le cose cambiano dall’oggi al domani, arrivano i primi amori e perde interesse. Io comunque la lascio fare, mi fido molto della sua società e di come è seguita e guardo da fuori con l’amore di un genitore, senza dare consigli. Tanto sa che se serve ci sono…

EDITORIALE / Buratti, il coraggio delle scelte intelligenti

07.11.2022
4 min
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Nicolò Buratti non passa professionista. Quando la notizia si è sparsa grazie all‘intervista con Franco Pellizotti pubblicata giovedì scorso su bici.PRO, lo stupore ha iniziato a circolare fra messaggi, telefonate e vari social.

Buratti, per chi non lo sapesse, è probabilmente l’under 23 italiano più forte del 2022, con 9 vittorie di peso fra cui Poggiana, Capodarco, il GP Colli Rovescalesi e il Del Rosso. Ed è anche quello che senza una serie di problemi meccanici da mani nei capelli, avrebbe lottato per la maglia iridata di categoria.

La notizia non è da lasciar correre e ci spinge a una riflessione più approfondita, distaccandoci per un momento dall’automatismo vittorie = passaggio, che negli ultimi anni ha condannato alla disoccupazione parecchi atleti che non erano pronti per il salto.

Una foratura e poi la ruota storta e il mondiale di Buratti è sfumato mestamente
Una foratura e poi la ruota storta e il mondiale di Buratti è sfumato mestamente

L’approccio frettoloso

Il primo impatto è stato lo stesso di coloro che hanno puntato il dito: se non passa Buratti, allora chi? Il ragazzo ha 21 anni e corre nel Cycling Team Friuli che da quest’anno è vivaio del Team Bahrain Victorious. Quale messaggio arriva ai corridori che volessero approdare nella squadra di Bressan e Boscolo, se persino i più forti non vengono fatti passare?

Parrebbe che il mancato debutto di Buratti fra i grandi dipenda dal fatto che il team WorldTour avesse già chiuso il budget 2023 ad agosto, poco prima che Buratti mettesse la quarta e iniziasse a volare. Miholjevic avrebbe cercato le risorse per tirarlo dentro, ma alla fine si sarebbe arreso.

Il tema è delicato e soltanto i dirigenti della squadra del Bahrain conoscono la situazione. Se infatti bastassero i conti della serva, si potrebbe pensare che grazie al risparmio di cinque mesi di stipendio di Dylan Teuns (passato alla Israel) ce ne sarebbe stato in abbondanza per il giovane italiano. Ma noi non siamo serve e ci concediamo una riflessione meno frettolosa.

Buratti rimarrà per un altro anno con il CT Friuli, con cui ha vinto il tricolore cronosquadre, con Olivo, Debiasi e Milan
Buratti rimarrà per un altro anno con il CT Friuli, con cui ha vinto il tricolore cronosquadre, con Olivo, Debiasi e Milan

L’approccio ragionato

Buratti ha bisogno di crescere ancora. Dov’era l’anno scorso di questi tempi? Aveva finito il secondo anno da U23 con il secondo posto al Trofeo Chianti Sensi di Lamporecchio (corsa di 134 chilometri) come miglior risultato. L’anno precedente, al debutto nella categoria, aveva portato a casa una vittoria con la maglia del Pedale Scaligero, dopo due anni fra gli juniores con una vittoria e due podi. Bastano le vittorie del 2022 per dire che Buratti sia pronto per il professionismo? Forse sì, ma forse anche no.

Il messaggio che dovrebbe passare, quindi, dovrebbe essere legato a un ragionamento tecnico tutto volto al suo interesse. E all’interesse di tutti i corridori che saltano subito sul treno, costi quel che costi.

Buratti potrebbe non essere pronto, come tanti alla sua età: deve confermare agli altri e soprattutto a se stesso che l’oro del 2022 non è stato per caso. Un team WorldTour non è il posto migliore per farlo, andate a leggere cosa ha detto su questo Matteo Trentin.

Avrebbe potuto puntare su una professional, tuttavia rinunciando alle occasioni che una squadra superiore potrà dargli quando sarà pronto. Parrebbe infatti che per lui si stia scrivendo un biennale 2024-2025 proprio con il team Bahrain.

Forte di vittorie come Capodarco, nel 2023 Buratti potrà alzare l’asticella e puntare al mondiale
Forte di vittorie come Capodarco, nel 2023 Buratti potrà alzare l’asticella e puntare al mondiale

Il ferro caldo

Una volta, quando i corridori facevano 4 anni al top fra gli under 23, si tiravano in ballo le motivazioni mancanti, ma probabilmente nel caso di Buratti c’è ancora tanto da scoprire e da costruire. Farà attività qualificata con la nazionale e con il suo team. E soprattutto, a causa di una situazione che non avrebbe sperato di vivere, avrà la possibilità di affrancarsi dalla ricerca spasmodica di nuovi fenomeni imberbi, come Evenepoel, Ayuso e Pogacar, che restano eccezioni.

Per cui ripartiamo dalla domanda d’esordio. Rimanere al CT Friuli potrebbe essere descritto come una scelta intelligente, anziché una disgrazia. E se non passa Buratti, forse non dovrebbero passare tanti altri meno solidi di lui, convinti in prima persona o da altre voci che il ferro vada battuto finché è caldo.

Stiano attenti. Il ferro caldo si plasma molto facilmente. Ma quando si raffredda e la forma non è quella che si sperava, poi raddrizzarlo è difficile. E niente sarà più come prima.

Pellizotti alla Vuelta: «Una grande esperienza, ma che fatica…»

04.11.2022
7 min
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«Non sono molti anni che ho smesso – riflette Pellizotti – anche se il tempo passa. Cerco sempre di portare la calma e la serenità. Noi direttori sportivi che siamo stati anche corridori sappiamo bene che i corridori sono fra l’incudine e il martello. Così, quando le cose non vanno bene e magari dall’alto vogliono i risultati, si cerca comunque di non trasmettere la pressione ai ragazzi. La cosa peggiore quando le cose non vanno bene è scaricare il peso sulla squadra».

Una buona annata

Franco Pellizotti è reduce dalla trasferta toscana in camper, per seguire sua figlia sui campi del ciclocross. Con il 2022 che sta finendo, anche lui si è fermato per tracciare un bilancio della sua stagione come direttore sportivo e quella dei corridori del Team Bahrain Victorious.

«Se lo scorso anno è stata una stagione ottima – dice – quest’anno è stata buona. Le aspettative erano alte, invece il Tour è andato male e la Vuelta così e così. Se andava male anche il finale di stagione, allora c’era un po’ da preoccuparsi. Invece abbiamo finito bene, quindi quel periodo di buco è stato solo un passaggio a vuoto che ci può stare».

Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious
Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious

Il direttore che cresce

Pellizotti cresce assieme ai suoi corridori. E se un paio di anni fa, era venuto fuori che fosse il loro preferito perché lo sentivano molto vicino, oggi è evidente che l’esperienza lo stia spingendo a salire un altro gradino.

«Ogni stagione imparo qualcosa – racconta – e anche quest’anno ho avuto delle bellissime soddisfazioni. Ho sofferto un sacco alla Vuelta e anche questo mi ha fatto crescere molto. Quando vai alle corse e le vinci, come per esempio con Mohoric alla Sanremo, sembra che non ci sia niente di impossibile. Il problema è quando parti con degli obiettivi e alla fine devi cambiarli. Questo mi ha fatto crescere molto. Quando sono tornato a casa dalla Vuelta, mi sono messo lì e ho fatto un ripasso. Dove potevo aver sbagliato, dove le cose sono andate bene e dove male».

Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018
Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018

Senza Colbrelli

La squadra ha dovuto rivedere alcuni obiettivi in corsa, come succede quando si incontrano sulla propria strada la sfortuna e quel gruppetto di giovani corridori capaci di ogni impresa. Ma non è un mistero che la primavera del Nord fosse uno dei momenti più attesi e invece l’indisponibilità di Colbrelli ha costretto tutti a rivedere le ambizioni.

«E vero, nella campagna del pavé non abbiamo vinto – prosegue Pellizotti – però abbiamo fatto dei buoni risultati. La mancanza di Sonny è pesata molto sulla squadra. Sostituirlo è difficile, perché Sonny è arrivato da noi quando ancora non era nessuno e doveva ancora esplodere. Poi è cresciuto e purtroppo è mancato adesso che doveva raccogliere i risultati migliori. Prendere un corridore già affermato vorrebbe dire puntare su qualcuno che guadagna un milione e mezzo di euro e che può ottenere i risultati che eravamo arrivati a raggiungere con Colbrelli. Non è possibile, perciò stiamo cercando di lavorare con i giovani, cercando di farli crescere e portarli al livello più alto come con Sonny».

Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord
Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord

Talento Milan

E forse l’uomo c’è e si chiama Jonathan Milan, che lascia intuire potenzialità clamorose ed è per tutti quelli che girano attorno alla squadra un foglio bianco ancora tutto da scrivere.

«Secondo me – ammette sorridendo Pellizotti – Milan è un fenomeno. Anche quest’anno è dovuto star fermo parecchio per problemi fisici, ma appena è rientrato, è andato subito forte. Fisicamente è un portento e deve crescere molto di testa, perché è ancora un ragazzino. Magari a differenza di altri della sua età, lui ha margini veramente pazzeschi. C’è da scoprire quale sia il suo limite, perché può vincere delle volate come Petacchi ed essere un corridore da Belgio. Tanti lo paragonano a Ganna, ma lui fa dei tempi veramente impressionanti per la sua età e in bici ci sa andare, perché nelle volate non ha paura e sa limare molto bene».

La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci
La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci

Mistero Teuns

Eppure la vittoria in Belgio è arrivata con Dylan Teuns, che si è imposto sul Muro d’Huy e poi però, forse anche misteriosamente, se ne è andato nel cuore dell’estate raggiungendo la Israel, che forse sperava con un colpo di mercato di raddrizzare la classifica e salvarsi dalla retrocessione.

«Teuns ha fatto il Tour – prova a spiegare Pellizotti, ma si capisce che l’operazione sia passata sopra alle loro teste – e dopo non avrebbe dovuto più fare grandi corse. E’ un corridore che a noi costava tanto, penso fosse il secondo più pagato della squadra. Ha fatto dei grandissimi risultati, ha vinto la Freccia Vallone e sicuramente la Israel avrà gli avrà fatto un’offerta che noi non potevamo pareggiare. E quindi c’è stata questa possibilità per lui e anche per noi. Il fatto che sia andato via ad agosto, ha fatto sì che si siano liberati anche cinque mesi del suo stipendio, da investire nei prossimi anni. Non so se pensassero che avrebbe portato in dote i suoi punti o che ne avrebbe fatti tanti dopo il cambio di squadra, ma se così fosse, hanno fatto male i conti…».

L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa
L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa

Rammarico Landa

Il rammarico, se rammarico deve esserci, è doppio ed è legato a Landa e a Fred Wright. Allo spagnolo per il Giro e per la Vuelta, finita di fatto al primo arrivo in salita. Quanto al britannico, se fosse riuscito a vincere la settima tappa della Vuelta dopo la fuga con Herrada, avrebbe salvato il bilancio del team in Spagna e ottenuto la benedetta vittoria che ancora gli manca.

«Eravamo partiti per la Vuelta convinti di poter fare classifica – ricorda Pellizotti – invece sul primo arrivo in salita le abbiamo prese e abbiamo dovuto reinventarci la corsa. Ugualmente Mikel ha dimostrato di andare molto forte a fine stagione. Ha gli stessi valori di cinque anni fa, però è anche vero che nel frattempo sono cresciuti dei giovani molto forti, mentre il ciclismo moderno sta andando avanti a velocità pazzesche. E’ chiaro, col senno di poi, che un po’ di rammarico c’è soprattutto per il Giro, nel non averci provato fin dalla prima settimana. Abbiamo aspettato, mentre lui stava già molto bene e Hindley almeno all’inizio è parso sofferente, poi è andato in crescendo. Crediamo ancora in Landa, ma è chiaro che vincere una grande corsa a tappe è molto difficile, perché nel testa a testa contro certi corridori, a cose normali è difficile spuntarla».

Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande
Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande

«Wright secondo me è un altro ragazzo eccezionale – prosegue Pellizotti – l’unico suo problema è che ancora non è riuscito a vincere. Alla Vuelta aveva talmente voglia di alzare le braccia, che ha commesso degli errori. Nel giorno della caduta di Roglic non avrebbe vinto, perché comunque Pedersen era in uno stato di grazia incredibile e ha già fatto un grande numero a rimanere in quel gruppetto. Diciamo invece che la vittoria che si è mangiato è stata quella in cui è arrivata la fuga di cinque e ha vinto Herrada della Cofidis. Se Wright vinceva la tappa, la sua Vuelta sarebbe cambiata. Comunque è un ragazzo di cui si sentirà parlare molto».

Progetto Buratti

Le vacanze di Franco Pellizotti prevedono ora altri viaggi in giro per l’Italia, con il camper che ha comprato, fra le date del cross. Ammette di aver scoperto l’ambiente del fuoristrada solo da poco e di esserne rimasto colpito. L’ultima annotazione è sul giovane Buratti, che meriterebbe di passare professionista, per il quale si sta invece pianificando il passaggio nel 2024, dopo un altro anno da trascorrere al Cycling Team Friuli.

«So che non è facile aspettare quando sei convinto di aver meritato di passare – dice – immagino che fare un’altra stagione dopo quella che ha fatto non sia neanche semplice. Cercheremo di trovargli nuovi stimoli affinché quest’anno possa crescere ancora e far sì che quando arriverà tra noi, sia già pronto a correre tra i professionisti».

Pasqualon alla Bahrain-Victorious, l’uomo in più per Mohoric

24.08.2022
5 min
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«Abbiamo preso Andrea Pasqualon perché è un ottimo corridore che potrà mettere la sua esperienza al servizio del team. Esperienza che ha soprattutto per le corse del Nord. Di certo è e sarà più di un gregario». Inizia così il giudizio di Franco Pellizotti sull’acquisto del corridore trentino.

Con il direttore sportivo della Bahrain Victorious si parla appunto dell’acquisto di Pasqualon, il quale si unirà alla sua squadra a partire dalla prossima stagione. Un passaggio un po’ inaspettato. Dopo tanti anni nel team belga e con la fiducia dei suoi direttori sportivi non era così scontato che Pasqualon potesse lasciare la Intermarché Wanty Gobert.

Franco Pellizotti (43 anni) diesse della Bahrain Victorious, team per il quale Pasqualon ha firmato un biennale
Franco Pellizotti (43 anni) diesse della Bahrain Victorious, team per il quale Pasqualon ha firmato un biennale

Pellizotti lo aspetta

«Andrea – continua Pellizotti – è un ragazzo che ha tanta esperienza, è abituato a correre all’estero e per noi è importante visito che siamo un team molto internazionale, abbiamo atleti di molte nazioni.

«Da un punto di vista tecnico Pasqualon è più di un velocista. E’ un corridore duttile. Può fare bene in molte corse, anche nelle tappe non troppo veloci e soprattutto può fare bene in Belgio. Non che non abbiamo dei buoni corridori per quelle corse, ma non abbiamo neanche un leader da poter dire agli altri: tu fai il gregario di… Tu sei l’uomo di… Abbiamo Mohoric che è bravo e Pasqualon può essere ideale per stargli vicino. 

«E poi abbiamo anche tanti giovani e può essere un esempio per loro. Parlando di Belgio e giovani mi viene in mente anche Milan per esempio».

L’arrivo di Pasqualon fa riflettere e con Sonny Colbrelli fermo ai box da ormai una stagione intera e senza certezze sul suo rientro, che ci auguriamo possa avvenire e avvenire presto, è lecito chiedersi se Andrea non possa essere il suo sostituto naturale.

«Non abbiamo ingaggiato Andrea per sostituire Sonny. Hanno caratteristiche simili, ma Sonny è Sonny! Anzi, sono convinto che sarebbe stato dei nostri anche con lui e ne sarebbe stato un compagno ideale. E vi dirò anche che era un bel po’ che lo avevamo preso e non è stata una decisione presa così…».

Per Pellizotti, Pasqualon potrà mettere la sua esperienza del Nord a disposizione della Bahrain Victorious
Per Pellizotti, Pasqualon potrà mettere la sua esperienza del Nord a disposizione della Bahrain Victorious

Pasqualon e il Nord

Da Pellizotti a Pasqualon stesso. Andrea sta correndo in Belgio. Giusto ieri ha chiuso al settimo posto alla Egmont Cyclng Race.

«Se non fosse stato per un’incomprensione con la squadra – racconta Andrea – nel finale sarebbe potuta andare meglio. Ero convinto di avere un compagno, ma non c’è stato. Ai 500 metri si è aperto un buco e nulla… in quattro hanno preso una manciata di metri ed è finita lì. 

«Io però sono contento perché era la prima gara dopo l’altura. E si sa che ci vuole sempre un po’ per ritrovare il ritmo gara». 

Anche per queste qualità: velocità, costanza di rendimento Pasqualon vestirà i colori della Bahrain Victorious dal 2023.

«Sì, adesso è ufficiale – dice Andrea – sono contento perché la Bahrain è uno dei migliori team in assoluto. Non che la Intermarché non lo sia, soprattutto dopo una stagione come quella che abbiamo fatto. Ma la nuova squadra so che mi darà il 110% per diventare un corridore vero, di altissimo livello. Mancava qualcosina, quel qualcosa di più che sono convinto la Bahrain mi possa dare.

«In Bahrain potrò mettere a disposizione la mia esperienza per il Nord. Potrò stare vicino a corridori come Mohoric e Bauhaus i quali avevano bisogno di un uomo con le mie caratteristiche. Ma al tempo stesso avrò il mio spazio».

Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon (classe 1988) al Circuito di Vallonia a fine maggio
Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon (classe 1988) al Circuito di Vallonia a fine maggio

L’amico Mohoric 

Anche con Pasqualon tocchiamo il “tasto Colbrelli”. E già solo con questo paragone Andrea sembra lusingato. 

«Eh – sorride – non si sa mai. Negli ultimi anni sono cresciuto e magari fare come Colbrelli può essere il mio obiettivo. A me piace andare forte al Nord e Sonny è andato forte al Nord. La mia corsa dei sogni è la Roubaix e Colbrelli ha vinto la Roubaix… Magari ci riuscirò anche io!».

Pasqualon sa che dovrà essere soprattutto di supporto. E’ in sintonia con Pellizotti quando parla di esperienza e di giovani. Anche su Milan dice che potrebbero mettere su un grande team per le volate e che non vede l’ora di conoscerlo nei primi ritiri.

E su Mohoric: «Credo – spiega Pasqualon – che Matej, oltre che fortissimo, sia il corridore più intelligente in gruppo. E non lo dico solo io. Legge la corsa, è sempre informato, conosce i materiali… è sprecato per fare il ciclista! Io e lui siamo ottimi amici. In gruppo parliamo spesso e anzi, se arrivo in Bahrain è anche grazie a lui. 

«E’ lui che mi vuole al suo fianco. Gli serviva un corridore che sa limare, che sa creare lo spazio, che sa essere davanti al momento giusto in certe corse e dopo 12 anni di professionismo sono qualità che ho acquisito e che mi consentiranno, spero, di essere un’ottima pedina».

Pasqualon è stato azzurro nell’europeo vittorioso di Viviani nel 2019
Pasqualon è stato azzurro nell’europeo vittorioso di Viviani nel 2019

Sogni azzurri

Prima di congedarci con Pasqualon gettiamo anche un occhio su suo prossimo futuro: il mondiale di Wollongong. 

Il ragazzo di Bassano del Grappa non ha mai nascosto di volerci essere e anche stavolta ribadisce il discorso. Si è preparato bene. Ad Andorra ha una casa dove vive a 2.000 metri. La gamba sembra esserci. La prestazione di ieri in una corsa tanto veloce e nervosa non è qualcosa da sottovalutare.

«Sul mondiale – dice Andrea – ho messo la crocetta da tempo. Mi sto preparando per quell’evento. Voglio esserci perché è una corsa adatta alle mie caratteristiche e anche per dare una mano a gente come Bettiol o Trentin

«Correrò oggi a Overijse, poi altre gare come la Bretagne Classic, Plouay, la trasferta con le due gare canadesi e poi vedremo come evolverà la situazione. Io ci tengo tantissimo».

La stagione complicata della Bahrain. Il punto con Pellizotti

02.08.2022
5 min
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Bahrain Victorious: lo scorso anno vincevano sempre, quest’anno meno, molto meno. Come mai? La questione va analizzata a 360°, per dare un’interpretazione convincente e non limitarsi a considerazioni superficiali.

Proviamo a fare un’analisi tecnica, basata sui fatti, quelli sì reali, della stagione della Bahrain Victorious e lo facciamo con uno dei suoi direttori sportivi, Franco Pellizotti. Una disamina che parte dall’inizio della primavera… e guarda avanti.

Phil Bauhaus al colpo di reni precede Nizzolo e Groves nella volata finale della Tirreno
Phil Bauhaus al colpo di reni precede Nizzolo e Groves nella volata finale della Tirreno
Franco, cosa è successo alla Bahrain Victorious? Siete partiti forte con la vittoria della Sanremo, una tappa alla Tirreno. E poi vi siete fermati…

Secondo me, non ci siamo fermati. Se andiamo a guardare bene ciò che è mancato è stato il Tour. Come avete detto voi, l’inizio è stato buono. Alla Tirreno abbiamo vinto una tappa e siamo saliti sul podio con Mikel Landa. Al Giro la stessa cosa. Al Romandia abbiamo fatto secondi con Gino Mader. Al Giro di Svizzera abbiamo vinto la prima frazione, poi siamo dovuti andare a casa per il Covid, come altri team. Il Tour sì, quello in effetti è stato sottotono.

E come mai, secondo te?

Un po’ perché se paragonato all’anno scorso la differenza si nota ancora di più. E poi perché di base abbiamo visto due squadre, Jumbo-Visma e UAE Emirates, che hanno fatto man bassa. Io dico che nel complesso non siamo andati male. Siamo sempre lì. Sono mancate le vittorie. Faccio un esempio: nelle prime tre tappe del Polonia abbiamo fatto secondi, terzi, secondi. Se due di questi tre podi fossero state vittorie già sarebbe stato diverso. E’ mancata qualche vittoria.

Mohoric, uno degli uomini simbolo della Bahrain Victorious, al Tour non si è espresso sui suoi livelli
Mohoric, uno degli uomini simbolo della Bahrain Victorious, al Tour non si è espresso sui suoi livelli
L’assenza di un corridore importante come Colbrelli si sente…

Esatto. Sonny non lo abbiamo mai avuto e lui è un vincente. Jack Haig per un motivo o per un altro, tra salute e cadute, non è mai stato al 100%. Non è facile, ma se guardo a come andiamo non è male. E’ che lo scorso anno nella seconda metà della stagione vincevamo anche se giocavamo a freccette! E questo fa risaltare ancora di più la situazione attuale. Purtroppo o per fortuna, ci sono anche questi momenti e tutto sommato è il bello e il brutto del ciclismo. 

Uno dei corridori che più è mancato e proprio al Tour (oltre a Damiano Caruso ritiratosi per Covid) è stato Matej Mohoric: cosa è successo allo sloveno?

Vero, è mancato. E infatti anche con i medici stiamo cercando di capire. Quello del Tour non era il suo livello. Probabilmente ha contratto un virus. Al Giro di Slovenia andava forte, molto forte. Si giocava le tappe. In salita non era con quei due (Majka e Pogacar, ndr) che erano fuori categoria, ma stava bene. Aveva ottimi valori, era su quelli del 2021. Poi al Tour non andava. Abbiamo iniziato ad analizzare la cosa e siamo venuti a sapere che aveva avuto dei positivi a casa. Lui non è mai risultato positivo, ma magari aveva contratto il virus anche Matej.

Non solo non ha vinto, ma neanche in fuga è andato, non si è visto…

Sì, e non è da lui. Mohoric anche se non è al 100% la fuga la prende, lotta, poi magari si stacca ma c’è. In corsa lo vedi. Non solo, ha finito il Tour molto stanco e non è da lui.

Però la stagione non è finita e la Bahrain Victorious può guardare avanti. C’è la Vuelta in vista. Come ci arrivate?

I ragazzi si sono preparati bene e vediamo come va. Landa riprende oggi alla Vuelta Burgos, non è super però ha svolto un buon avvicinamento. E’ okay con il peso che è un po’ il suo tallone d’Achille e può crescere. Mader anche ha ripreso. Ecco, lui sta bene è molto motivato ed è euforico e di solito Gino non è così. E’ un ragazzo che si espone poco. Abbiamo Buitrago: lui ha fatto un ottimo Giro, ha vinto una tappa. Gli abbiamo lasciato parecchio tempo per recuperare. Sappiamo che non possiamo chiedergli molto, anche perché è un giovane ed è al suo secondo grande Giro stagionale.

Dopo 2 mesi e 3 giorni, Mikel Landa torna oggi a correre a Burgos. Non gareggiava dal Giro dove fu terzo
Dopo 2 mesi e 3 giorni, Mikel Landa torna oggi a correre a Burgos. Non gareggiava dal Giro dove fu terzo
Con che obiettivi concreti partite per la Spagna?

Con Mikel alle corse si va per vincere. Non mi piace nascondermi e dire che puntiamo ad una top cinque o a un podio. Si punta molto in alto. Abbiamo strutturato un team forte intorno a lui e Mader. Poi il podio del Giro gli ha ridato fiducia.

Davvero? Credevamo che il non aver vinto la corsa rosa fosse stata più una “botta” per lui…

No, botta no! Vero, era partito per vincere però analizzandola a mente fredda erano diversi anni che non saliva sul podio di un grande Giro e il livello alla fine è stato alto. E poi la Vuelta è particolare rispetto al Giro e al Tour.

Definiamo particolare…

E’ il terzo Giro di stagione e bisogna vedere come ci si arriva. Ci sono i corridori del Tour che cercano riscatto, ma magari sono stanchi. E’ una corsa che può riservare sorprese. E può riservarle anche in virtù dei suoi percorsi. Il Giro e il Tour sono più regolari. Alla Vuelta ci sono tante salite, magari ripide ma molto meno lunghe. E’ una corsa per attaccanti.

Uno stage con la Bahrain, l’insolito premio al Trofeo Emozione

26.07.2022
5 min
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Chissà cosa passa nella mente di Alessandro Da Ros, della Sc Fontanafredda. Il giovane juniores sabato scorso conquistando il Trofeo Emozione, non ha solo vinto una corsa, ma si è anche guadagnato uno stage con la Bahrain Victorious. E questo, in prospettiva, potrebbe valere molto, molto di più.

Ma certo un trionfo è sempre un trionfo, tanto più se in salita. Tanto più se al termine di una corsa su un tracciato duro, come quello proposto dal Trofeo Emozione. Da Pordenone a Piancavallo con nel mezzo le salite di Clauzetto e Forcella Claupa, prima appunto dell’arrampicata finale dove vinse anche un certo Marco Pantani.

Il vincitore Alessandro Da Ros tra Sacchetto (a sinistra) e Favot, organizzatori del Trofeo Emozione (foto Bolgan)
Il vincitore Alessandro Da Ros tra Sacchetto (a sinistra) e Favot, organizzatori del Trofeo Emozione (foto Bolgan)

Idea tutta friulana

«L’idea – racconta Adolfo Sacchetto, presidente della società organizzatrice, Asd Emozione – è nata da me e dal mio socio, Andrea Favot. Io sono un educatore, lui è uno sportivo esperto di ciclismo e così abbiamo voluto unire l’utile al dilettevole. Volevamo offrire ai ragazzi non solo l’esperienza sportiva della gara, ma fargli vedere anche il mondo dei pro’».

Il gancio con la Bahrain Victorious non è stato immediato. Di mezzo ci sono stati altri due intermediari, uno dei quali è stato Alex Corazza, per quello che è un progetto tutto “made in Friuli”, come vedremo.

«Alex – riprende Sacchetto – è un bravissimo ragazzo che ha smesso di correre a causa della leucemia. E’ arrivato fino agli under 23. Lui conosceva bene Enrico Gasparotto. All’epoca Enrico non era ancora in Bora-Hansgrohe, ma con le sue conoscenze si è mosso presso diversi team e alla fine la Bahrain ha accolto questa nostra proposta.

«Dopo Artuso e Miholjevic, quest’anno è venuto Franco Pellizotti. Abbiamo chiuso il cerchio si può dire».

Il gruppo sulle colline friulane (foto Bolgan)
Il gruppo sulle colline friulane (foto Bolgan)

Fatica e vita

Sport come educazione, come insegnamento alla vita… questo conta moltissimo per Sacchetto nel suo Trofeo Emozione. La fatica insegna qualcosa, secondo lui, e anche se sul momento non la si capisce poi lascia qualcosa.

«Anche il percorso che proponiamo è duro non per caso – spiega Sacchetto – Questo perché la vita e lo sport sono complicati. E’ il legame che c’è tra loro. E noi vogliamo metterlo in risalto».

Secondo Sacchetto i ragazzi al via sono consapevoli di questa opportunità. E questo li aiuta a mettersi in gioco ancora di più.

Per il resto il Trofeo Emozione si propone di essere un po’ diverso dalle altre gare juniores, anche nell’organizzazione. L’accoglienza alla vigilia, i premi, i 200 volontari che per la maggior parte sono ragazzi anch’essi… Insomma si cerca di parlare un linguaggio differente.

Franco Pellizotti consegna a Da Ros il “voucher” per lo stage con la Bahrain Victorious (foto Bolgan)
Franco Pellizotti consegna a Da Ros il “voucher” per lo stage con la Bahrain Victorious (foto Bolgan)

Pellizotti in ammiraglia

E poi c’era appunto Pellizotti. Il “Delfino di Bibbione” ha preso la cosa sul serio e ha seguito la gara dall’ammiraglia, quella griffata Bahrain-Victorious chiaramente.

«Eh sì – racconta con piacere Pellizotti – ero in gruppo con la nostra auto. Andavo sulle fughe e nella salita finale ho seguito i primi quattro».

«Non so bene i dettagli di questo accordo, li ha curati tutti Miholjevic. E’ lui che si occupa di queste cose, però posso dire che per noi si tratta di un secondo colpo per quanto riguarda i giovani.

«Dopo l’accordo con il Cycling Team Friuli, che è la nostra continental, abbiamo stretto questo legame con il Trofeo Emozione che per noi è importante sul tema della ricerca dei giovani. Non abbiamo i budget di Jumbo-Visma, UAE Emirates o Ineos-Greandiers, però è un modo per dare un’occhio a qualche ragazzo, di farlo crescere con noi e soprattutto con la nostra mentalità. E’ un’opportunità per lui e per noi». 

Che possibilità!

Al via di una corsa così impegnativa chiaramente il numero dei partenti non era altissimo. Anche Pellizotti ci spiega che vista l’altimetria molte squadre non hanno portato i (tanti) corridori veloci che hanno in rosa. Però il livello era molto buono.

«Prima del via – racconta Pellizotti – sono andato a salutare un po’ di gente, qualche amico, e a parlare con qualche direttore sportivo… Ho ritrovato, per esempio, Eros Capecchi, che era con la rappresentativa dell’Umbria e mi ha fatto un sacco piacere, e fatalità, ho parlato anche con il diesse del ragazzo che ha vinto.

«Il suo tecnico mi ha detto che stava bene. Mi ha detto che non era un super vincente, ma che si piazzava spesso e stava attraversando un buon momento di forma».

E adesso? Adesso Alessandro Da Ros completerà la sua stagione e a gennaio volerà in ritro con la Bahrain-Victorious.

«E’ il secondo anno che un ragazzo verrà con noi in ritiro – dice Pellizotti – Questo non significa che sarà dei nostri, sia chiaro. Lo scorso anno, Raffaele Mosca, venne con la sua bici e la sua divisa, però appunto visse questa esperienza. Fu in camera con Mohoric, se ricordo bene».