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Monaco racconta la Technipes #InEmiliaRomagna

09.03.2023
5 min
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I ragazzi del Team Technipes #InEmiliaRomagna si trovano in Croazia, pronti per prendere il via all’Istrian Spring Trophy (in apertura foto Instagram della squadra). Tra di loro c’è anche Alessandro Monaco, uno dei nuovi innesti nel team continental. Per il pugliese, si tratta della seconda gara stagionale, dopo l’esordio al Laigueglia, si tratta di un passaggio delicato dopo l’operazione all’arteria iliacaIl Team Technipes #InEmiliaRomagna si è arricchito di nuove figure all’interno del suo staff, tra cui quella di Leonardo Piepoli. Il preparatore ha lavorato tanti anni insieme a Monaco. 

Piepoli e Monaco si conoscono da molti anni, i due si sono ritrovati alla Technipes #InEmiliaRomagna (foto La Piazza Alberobello)
Piepoli e Monaco si conoscono da molti anni, i due si sono ritrovati alla Technipes #InEmiliaRomagna (foto La Piazza Alberobello)
Alessandro, tu e Piepoli vi trovate di nuovo insieme

Noi due – esordisce Monaco – lavoriamo l’uno accanto all’altro da sempre, lui mi segue da quando sono junior. Abitiamo vicinissimi, praticamente a nemmeno venti chilometri di distanza. Piepoli mi ha allenato in tutti questi anni di carriera. 

E’ una figura di riferimento per te?

Assolutamente. Con Leonardo ho praticamente un rapporto da fratelli, non dico padre e figlio perché lo farei sembrare troppo vecchio (dice con una risata, ndr). Con lui mi confronto su ogni tema, anche prima dell’operazione all’arteria iliaca abbiamo avuto un lungo confronto.

Cassani lo ha elogiato e presentato come un collaboratore, qual è il suo ruolo in squadra?

Fa il suo lavoro, quello del preparatore, sono due le persone che ricoprono questo ruolo: Malaguti e, appunto, Piepoli. Leonardo è un uomo di grandissima esperienza, lavorando anche a stretto contatto con la Movistar, è una figura di riferimento. Ma anche lo stesso Malaguti è un uomo di grande valore, loro due si confrontano con i diesse per decidere come gestire i corridori e per fare il punto sui vari stati di forma.

Lo staff e gli elementi tecnici della squadra sono di prim’ordine (foto Instagram Technipes #InEmiliaRomagna)
Lo staff e gli elementi tecnici della squadra sono di prim’ordine (foto Instagram Technipes #InEmiliaRomagna)
Uno staff di prim’ordine per una continental

Praticamente mi sembra di essere in una professional, sfido a trovare squadre con uno staff uguale o superiore al nostro. Basti pensare ai tre diesse: Coppolillo, Chiesa e Chicchi. Gente che nel ciclismo ha avuto sempre un ruolo di primo piano. Considerate che nello staff sono presenti anche due nutrizionisti, l’attenzione è massima in ogni aspetto.

Ti aspettavi un’organizzazione del genere?

Se devo essere sincero sì. Nei miei anni di esperienza ho conosciuto bene Cassani e so che non è una persona che si muove a caso. A fine 2022, ero indeciso se ripartire ancora da una continental, ma nel momento in cui Cassani mi ha contattato non ho esitato un secondo. Se mi avesse cercato una squadra qualunque non avrei mai affrontato tutto il calvario dell’operazione.

Anche a livello tecnico siete così all’avanguardia?

Vi basti pensare che ognuno di noi ha tre bici, compresa quella da cronometro. Come detto, l’organizzazione è davvero da squadra importante. Al di là di tutte le problematiche che ci sono in generale nel mondo del ciclismo a reperire sponsor e soldi, posso dire che questa squadra ha una grande solidità ed un ottimo progetto di crescita

In inverno il corridore pugliese ha messo nelle gambe tanti chilometri, importanti per il recupero post operazione
In inverno il corridore pugliese ha messo nelle gambe tanti chilometri, importanti per il recupero post operazione
Come sono andati questi primi mesi di lavoro insieme?

Bene, molto bene. La squadra ha fatto qualche ritiro e siamo partiti a correre dal Trofeo Laigueglia, un po’ presto per tirare le somme, ma il calendario è davvero interessante. 

Raccontacelo.

Noi elite, dopo l’Istrian Spring Trophy (iniziato oggi, ndr), correremo gran parte del calendario italiano: Settimana Internazionale Coppi e Bartali, Per Sempre Alfredo, Larciano e Giro di Sicilia. In più ci sono in progetto altrettante gare di livello. Anche i ragazzi under avranno la possibilità di fare corse di primo ordine, con il calendario internazionale in Italia e non solo. 

Sei il corridore più grande ed esperto in squadra, ti senti di ricoprire questo ruolo?

Sono entrato in punta di piedi, c’erano già dei ragazzi che hanno partecipato alla crescita della squadra prima di me, come Dapporto e Ansaloni. Ogni tanto però mi sento di dare qualche consiglio e mi assicuro che non manchi nulla a nessuno, ma in una squadra del genere è impossibile che possa succedere. 

L’esordio in corsa con la nuova squadra per Monaco è arrivato al Trofeo Laigueglia
L’esordio in corsa con la nuova squadra per Monaco è arrivato al Trofeo Laigueglia
Con i più giovani, invece?

Con loro mi sento più “chioccia”. Al Laigueglia, giusto per fare un esempio, ero uno dei pochi ad aver corso con i professionisti. Qualche consiglio mi è capitato di darlo, soprattutto sulla gestione della corsa e l’alimentazione. Quando si fanno gare con distanze così lunghe (200 km, ndr) cambia tutto. 

Il tuo recupero dopo l’operazione come va?

Procede regolarmente, a novembre e dicembre sono riuscito a mettere insieme tante ore di allenamento. Ho iniziato a recuperare anche tono muscolare, aumentando le sessioni di allenamento in palestra, con tanto lavoro di potenziamento e core stability. Dalla clinica in Olanda, quella dove mi sono operato, mi hanno dato una tabella da seguire. Per riprendermi completamente mi hanno detto che ci sarebbero voluti sette o otto mesi, non siamo lontani. Le prossime corse mi aiuteranno a capire di più, è normale che sia così, lo sforzo in gara è differente da quello in allenamento.

Technipes #inEmiliaRomagna, si respira aria nuova

20.02.2023
6 min
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Dodici atleti: 6 under 23 e 6 elite. Il nuovo progetto riparte da loro. Siamo stati alla presentazione del Team Technipes #inEmiliaRomagna a Santarcangelo di Romagna. La percezione è che oltre al nome, l’aria da queste parti sia cambiata. Non in modo negativo, l’organico dello staff è rimasto lo stesso, ma si è decisamente allargato sotto tutti i punti di vista. Il progetto nato nel 2019 dall’impegno di APT Servizi Emilia Romagna e Consorzio Terrabici diventa continental e lo fa seriamente, con ambizioni chiare e corridori promettenti. 

Lo stesso focus  

La Regione Emilia Romagna rimane un polmone della squadra. Quest’anno sarà affiancata dall’azienda Technipes di Santarcangelo di Romagna. Il focus sarà lo stesso: far crescere i propri giovani grazie al confronto diretto con le grandi realtà del ciclismo italiano e internazionale.

«Il cicloturismo è uno dei settori maggiormente in crescita – ha detto Davide Cassani, Presidente APT Servizi Emilia-Romagna – eppure in Emilia-Romagna mancava una squadra di ambassador del territorio e che ne portassero in giro i colori con la propria attività. Così è nato il team U23 nel 2019, di cui sono stato l’ideatore, ma che vede un gruppo forte, con uno staff capace, che ha grande passione per questo sport e che lavora ogni giorno per rendere realtà questo progetto.

«Siamo partiti un passo alla volta – conclude l’ex cittì – ma il progetto e il team sono cresciuti man mano, vincendo in questi anni una tappa al Giro Giovani, indossando la maglia rosa, vestendo l’azzurro della nazionale U23 e portando un corridore, Tarozzi, al professionismo. Oggi, insieme a Technipes, a Bianchi e agli altri importanti partner, il progetto fa un ulteriore passo avanti».

Nuovi diesse e opportunità

Vi abbiamo già parlato dei nuovi diesse, Francesco Chicchi e Mario Chiesa. Due nomi con esperienza che si vanno ad aggiungere a quelli di Coppolillo, Calzoni e Contoli. Con loro il gruppo si rinforza anche di elementi del ciclismo dei professionisti, come il preparatore della Movistar Leonardo Piepoli, nel ruolo di consulente e collaboratore di Alessandro Malaguti.

Due fil rouge che accompagnano la squadra dalla sua nascita sono “Coppo” ed Emanuele Ansaloni. Il primo come timoniere, il secondo è il capitano non capitano, che ha vestito tutte le maglie di questa #inEmiliaRomagna.

«Oggi hai fatto bene – spiega Ansaloni – domani è un altro giorno. Coppolillo ti tiene sempre con i piedi per terra e motivato per il futuro. Il merito della squadra e della crescita è anche suo. E’ sempre stato un cuore pulsante del progetto fin dal 2019. Sul piatto ora abbiamo tutto quello che serve per andare nei professionisti. Certe squadre hanno meno e siamo noi che dobbiamo cercare di valorizzare questa opportunità. Lo stimolo in più quest’anno c’è perché correre con i pro’ ti fa capire com’è fatto il vero ciclismo. Poi si ha l’occasione di correre anche tra i dilettanti e cercare di fare la differenza per emergere. E questo è un po’ il “segreto” delle continental».

L’identikit della squadra

Un nome, una descrizione. Ansaloni apre la sua personalissima agenda..

Dapporto: «In un gruppo ristretto può dire la sua sempre. E’ stato in nazionale varie volte e sono sicuro che quest’anno può ambire alle vittorie che l’anno scorso sono mancate».

Collinelli: «Un passista giovane e molto veloce. Una garanzia per fare l’ultimo uomo, è bravo a farsi strada in gruppo, occhio da pistard. Una ruota veloce».

Montefiori: «Vice campione italiano a cronometro, non è più una sorpresa. I suoi obiettivi sono sicuramente internazionali».

Masoni: «E’ la definizione di uomo squadra ed è anche molto forte e attaccante». 

Umbri: «Veloce e molto potente, sono convinto che potrà fare bene. Un finisseur».

Nessler: «Ha fatto un finale di stagione importante. Il suo pane è la salita, in arrivi tortuosi ed esplosivi potrà dire la sua».

Petrelli: «Abbiamo corso insieme da juniores. Va sempre all’attacco e sa come muoversi per giocare le sue carte».

Sergiampietri: «Giovane, piccolo ma con un carattere deciso».

Innocenti: «E’ sempre stato una promessa. Un leone ferito e affamato per quello che gli è successo. Si vuole riscattare».

Monaco: «Ha avuto delle sfortune, va molto forte in salita e sarà la nostra chioccia con i pro’ avendo già esperienze. La sua missione principale sarà tornare in alto».

Forques: «E’ il nostro cavallo pazzo. Un ragazzo che fa squadra, solare e carismatico. Ha un bel motore, sarà una sorpresa per tutti perché viene dal triathlon e sarà la sua prima vera e propria stagione su strada». 

Qui Emanuele Ansaloni presente nella formazione di Faenza dal 2019
Qui Emanuele Ansaloni presente nella formazione di Faenza dal 2019

Le ambizioni di Ansaloni

Davide Cassani, durante la presentazione, lo ha interpellato per far capire che questa squadra ha un’anima e se c’è qualcuno che la rappresenta sotto il punto di vista di serietà, ambizioni e valori è proprio Ansaloni.

«Ansa è da troppo tempo con noi – dice Cassani – non perché non lo vogliamo. Un corridore come lui sarebbe prezioso in ogni squadra. Vogliamo che ci saluti perché vorrebbe dire essere diventato professionista».

«L’anno scorso – conclude Ansaloni – ho fatto quel terzo posto al campionato italiano su strada e non mi sono mai reso conto di aver sfiorato quella maglia. In primis, come è ovvio che sia, il mio obiettivo è quello di passare professionista. Voglio mettermi in evidenza nelle gare con i pro’ e proverò ad attaccare sempre per cercare di fare bene senza avere in mente il tutto o niente del risultato. Quando invece correrò tra i dilettanti, beh lì invece l’obiettivo è vincere».

Cassani chiama Chiesa, super spalla per “Coppo”

18.11.2022
5 min
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Con Coppolillo e Chicchi, di cui vi abbiamo raccontato di recente, sulla plancia della Technipes #InEmiliaRomagna salirà anche un direttore sportivo di grande esperienza come Mario Chiesa. Bresciano classe 1966 e professionista dal 1988 al 1997 con la Carrera e poi l’Asics-CGA, quando ha smesso di correre è stato direttore sportivo di grandi squadre, fra cui la Fassa Bortolo, la Liquigas e la Katusha. La sua ultima ammiraglia è stata quella della Iseo Rime-Carnovali, lasciata la scorsa stagione. Ultimamente era uno degli uomini RCS al Giro, fino alla chiamata di Cassani.

Al Giro d’Italia 1995 ha scortato Chiappucci, che chiuse al 4° posto
Al Giro d’Italia 1995 ha scortato Chiappucci, che chiuse al 4° posto

Lavorare per il futuro

Mario è un uomo di cuore. E quando la chiamata è arrivata dal collega di tante corse, l’istinto di rispondere allo scatto è stato superiore alle perplessità degli ultimi anni.

«Con Davide – racconta – ci eravamo sentiti l’anno scorso per la squadra che stava allestendo. Poi le cose non sono andate nel verso giusto, ma lui mi ha detto che avrebbe avuto piacere che gli dessi una mano nel fare qualcosa per il futuro con la continental. Ho accettato, senza voler essere di troppo. Sono tanti anni che c’è Coppolillo e hanno preso Chicchi. Magari posso dargli una mano con l’esperienza e le conoscenze per qualche corsa all’estero. Oppure magari una mano per la logistica, anche se la Roberta che se ne occupa è molto preparata…».

La Technipes #InEmiliaRomagna è la squadra di Coppolillo, qui con Cantoni in rosa al Giro U23 del 2021
La Technipes #InEmiliaRomagna è la squadra di Coppolillo, qui con Cantoni in rosa al Giro U23 del 2021

Il cuore latino

Un passo indietro. La grande educazione. La capacità di osservare. Chiesa è prima di tutto una persona seria e si capisce che Cassani abbia pensato anche a lui nell’allestire la grande squadra per ora riposta in cassetto non ancora chiuso. 

«Io sono sempre abbastanza disponibile a mettermi in gioco in cose nuove – dice Chiesa – anche al di fuori del professionismo. Negli ultimi anni ho visto che non è più il mio ciclismo. E’ cambiato troppo e troppo velocemente. Forse mi penalizza anche il discorso della lingua, ma io sono latino. Ho cuore latino e ho sempre corso in squadre come famiglie. Questo era normale fino a 10 anni fa, ormai è impossibile in squadre di 70-80 persone. Le continental come la Technipes #InEmiliaRomagna sono squadre in cui c’è ancora un rapporto umano e familiare. Sono tutte persone della zona, si conoscono da lunga data con un grosso affiatamento». 

Nel 2016, Chiesa guidava la IAM Cycling, qui al Giro d’Italia. L’anno dopo passò al neonato Team Bahrain-Merida
Nel 2016, Chiesa guidava la IAM Cycling, qui al Giro d’Italia. L’anno dopo passò al neonato Team Bahrain-Merida

Il ruolo del direttore

Il Chiesa direttore sull’ammiraglia, in alcune occasioni e soprattutto nelle squadre più grandi, ha lasciato il posto al Chiesa dietro le quinte.

«Ho sempre fatto il lavoro… sporco – ammette – quello che fa andare bene o in malora una squadra. Il grande Giancarlo Ferretti mi ha indirizzato verso questo ruolo. La logistica e lo staff sono il cuore della squadra. Puoi avere anche il campione del mondo, ma se dietro non ci sono affiatamento e organizzazione, non vai lontano. Mi piace fare il direttore sportivo, ma oggi qual è il ruolo del direttore? E’ concentrato sulla corsa, su tutti i minimi particolari. Cose che servono, ma dal mio punto di vista serve di più l’affiatamento col corridore. Se vai a una corsa e sei l’estraneo di turno, perché arrivi e devi dirgli cosa deve fare senza conoscere la sua psicologia, certo che dopo si prendono i mental coach per far ragionare i corridori. Io penso che la figura principale sia quella del direttore sportivo, invece la stanno mettendo da parte».

Dal 2019, Chiesa ha affiancato Daniele Calosso alla Iseo Rime Carnovali
Dal 2019, Chiesa ha affiancato Daniele Calosso alla Iseo Rime Carnovali

Due anni fra gli U23

Ha lasciato la Iseo Rime non trovando più grandi sintonie, riparte da un’altra continental con gli stessi temi da affrontare. Giovani che passano presto, corridori che smettono a 22 anni.

«Qui tocchiamo un tasto dolente – dice – perché difendo la posizione della Federazione. Per me è giusto l’obbligo al dilettantismo almeno per i primi due anni, per far crescere al meglio i corridori. Evenepoel, Pogacar e Ayuso sono eccezioni. Non è giusto che manchi un regolamento internazionale. L’Italia è l’unica che propone questa norma, ma sbandierano il diritto al lavoro e li fanno passare da juniores. Tanti corridori vengono bruciati per questo, altri in compenso – faccio i primi nomi che mi vengono: Luca Coati e Matteo Zurlo – meriterebbero di passare e invece sono lì sgomitare e rischiano di smettere. Hanno una certa esperienza, li abbiamo visti e hanno il diritto di fare almeno due anni. Quanto ci ha messo ad arrivare Sonny Colbrelli? Io credo ancora che sei debba salire un gradino per volta, come per ogni cosa della vita». 

Giro d’Italia Under 23, la Colpack di Ayuso e Baroncini teneva banco anche a livello internazionale
Giro d’Italia Under 23, la Colpack di Ayuso e Baroncini teneva banco anche a livello internazionale

Il calendario giusto

Altro tema, altro giro di giostra: l’attività delle squadre italiane e le prospettive dei nostri corridori, dato che tornerà presto a far parte del loro ambiente.

«Mancano le corse a tappe – dice – forse ne inseriscono una nuova in Emilia e saliamo a quattro. La differenza è che tanti stranieri fanno il calendario del loro Paese e poi vengono in Italia. Il Val d’Aosta aveva 35 squadre e solo 4 italiane. Le nostre non vanno fuori. Un po’ non le invitano, un po’ per una questione di costi. Per andare all’estero, diciamo al Tour de Normandie, devi pagarti l’hotel e la trasferta, devi avere più staff per muovere i mezzi e ti trovi una spesa di minimo 8.000 euro, dipende da dove vai. Ci sono squadre che se lo possono permettere, altre che preferiscono correre il sabato e la domenica in Italia. Intendiamoci, abbiamo un buon calendario, ma non basta.

«Cresci se vai a correre con gente che ha due o tre anni più di te. Non è obbligatorio andare tra i professionisti, noi abbiamo fatto le richieste per corse di un certo livello. Vediamo se ci accettano. Corse dove incontri squadre che hanno corridori importanti. Guardate l’organico della FDJ, con i francesi, ma anche neozelandesi e inglesi. Come la Colpack di Ayuso, Baroncini e Verre. Quando hai atleti così, è normale che tutta la squadra vada super forte ed è competitiva anche all’estero. Purtroppo non tutti gli anni c’è un Baroncini».

Francesco Chicchi: parola d’ordine direttore sportivo

02.11.2022
5 min
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Francesco Chicchi torna in ammiraglia e al tempo stesso si affaccia anche dalle fettucce del ciclocross. Il caldo autunno 2023 ha portato grosse novità per l’ex velocista toscano. La parola d’ordine per Francesco infatti è direttore sportivo. Diesse della #inEmiliaRomagna e dei giovani ragazzi della Michele Bartoli Academy nel ciclocross.

E proprio in questo contesto abbiamo incontrato Francesco. A Follonica, in occasione della quarta tappa del Giro d’Italia Ciclocross, il toscano faceva la spola fra il loro stand e le fettucce del campo di gara.

La chiamata di Bartoli

Un velocista nel ciclocross è una cosa strana. «Mi ha chiamato Michele – racconta Chicchi – e non potevo dire di no. Ho un rapporto particolare con la famiglia Bartoli, anche con Mauro e con lo stesso con Roberto Cecchi. C’era la voglia di tornare a lavorare con i ragazzi.

«Non siamo qui per vincere a tutti i costi, ma per dare una linea di comportamento. Nella riunione di poco fa (erano tutti a raccolti e i toni erano seri, ndr) li stavamo riprendendo. Riprendendo sull’impegno e la serietà.

«Per esempio, la volta scorsa c’era chi aveva dimenticato il casco sul furgone, chi si era presentato con la maglia lunga… Non va bene. E’ giusto che imparino a gestire queste cose. Se ci sono degli sponsor che forniscono materiali nuovi, questi vanno rispettati».

La #inEmiliaRomagna è nata nel 2018, dalla prossima stagione sarà una continental (foto di Massimo Fulgenzi)
La #inEmiliaRomagna è nata nel 2018, dalla prossima stagione sarà una continental (foto di Massimo Fulgenzi)

E la chiamata di Coppolillo

E questo modus operandi Chicchi è pronto ad esportarlo anche con i più maturi ragazzi della #inEmiliaRomagna. Si tratta di un avventura grossa, importante, tantopiù che la squadra ha un progetto a lungo termine. E’ diventata continental e il processo di crescita potrebbe nel tempo non fermasi lì. In ballo ci sono sponsor tecnici importanti e una spinta che ha nome e cognome: Davide Cassani

«La prima chiamata me la fece Michele Coppolillo, per sondare il terreno – racconta Chicchi – poi è arrivata la telefonata di Davide. E quando chiama lui… Davide mi ha spiegato che avevano l’esigenza di un altro direttore sportivo. Che volevano crescere facendo un passo per volta, ma nel modo giusto».

Ma da quel che abbiamo captato, avevano bisogno soprattutto di un direttore sportivo più giovane, di un ragazzo che non avesse smesso di correre da troppo tempo. Un direttore sportivo che in qualche modo avesse saggiato gli ultimi scampoli del gruppo moderno e del ciclismo attuale. Che sapesse destreggiarsi bene anche all’estero. Modi di correre, allenamenti, utilizzo dei nuovi strumenti.

«In effetti i ragazzi della #InEmiliaRomagna – dice Chicchi – mi vedono ancora come un ex corridore. Uscire con loro in bici è importante. E’ un altro parlare. Si aprono, quando fanno fatica ti raccontano tutto. Vorrei riuscire a trasmettere loro certe dinamiche di corsa, la serietà, la cattiveria agonistica».

Passato pro’ nella Fassa Bortolo nel 2003, Chicchi ha corso fino al 2016 con l’Androni. Vanta oltre 40 vittorie
Passato pro’ nella Fassa Bortolo nel 2003, Chicchi ha corso fino al 2016 con l’Androni. Vanta oltre 40 vittorie

Esperienze personali

E su questo ultimo punto Chicchi racconta un aneddoto che la dice lunga di come si possa imparare dai propri errori. E trasmetterlo agli altri.

«Io andavo forte – racconta Chicchi – ma spesso anche quando facevo secondo o terzo in volata ero contento lo stesso, non ero arrabbiato o famelico. Cipollini me lo diceva sempre: “Devi essere più cattivo in certe situazioni”».

Ed è da questi patrimoni tecnici ed etici che Chicchi potrà trovare il grimaldello per entrare nella testa dei ragazzi.

Francesco non vede l’ora d’iniziare. Intanto si gode i “bimbi” del cross. Anche questo serve. Ed è già entrato nella parte. Saranno le influenze di Mauro Bartoli che segue correndo i suoi giovani atleti e gli infonde una grinta senza pari, che anche Chicchi è attaccato alle fettucce.

Con la #inEmiliaRomagna non sarà alle fettucce ma in ammiraglia. Ammiraglia che condividerà con Coppolillo. Anche se l’attività principale sarà unica.

«Avremmo una dozzina di ragazzi – dice Chicchi – e sì, l’idea è di fare un’attività sola, ma fatta bene. In questo modo i ragazzi potranno programmare la loro stagione e i loro impegni e non correre tutte le domeniche. Chiaro che quando andremo a fare la Coppi e Bartali della situazione, magari nel weekend i più giovani faranno altre corse più piccole.  Ma posso garantire che faremo un ottimo calendario, anche internazionale. Abbiamo uno sponsor spagnolo e saremo spesso presenti in Spagna.

«E poi vedo che si lavora con serietà. C’è un bravo preparatore come Alessandro Malaguti. Lui insiste anche sul discorso della crono. Montefiori per esempio ha fatto dei test sulla posizione».

Il toscano (classe 1980) è già stato diesse dalla Dimension Data, poi è passato a Rcs
Il toscano (classe 1980) è già stato diesse dalla Dimension Data, poi è passato a Rcs

Entusiasmo e serietà

«Con i più piccoli del cross – racconta con entusiasmo – ci si trova una volta a settimana per l’allenamento tecnico. Io non ho grande esperienza in questa disciplina, ma sto imparando e un direttore sportivo esterno era quel che serviva per dare un po’ di ordine. La tecnica è importante e non è facile curarla perché vengono da diverse parti d’Italia, ma tutti hanno la loro tabellina di allenamento».

Chicchi però sa bene che con i grandi della #inEmiliaRomagna sarà tutt’altra storia… E per questo non vede l’ora di cominciare anche di là.

«Per ora ci siamo già visti una volta – conclude l’iridato U23 del 2002 – e inizieremo a lavorare bene in inverno. Intanto sono qui finché ci sarà il cross. In ogni caso tornare in ammiraglia su strada è un impegno serio e per questo credo proprio che non continuerò con Rcs. Forse seguirò il primo evento all’UAE Tour, ma vedremo. I ragazzi prima di tutto. E’ un bel progetto, ci crediamo molto».

Chicchi: 20 anni fa a Zolder il mondiale al quarto anno da U23

22.09.2022
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Vent’anni fa, sulle strade di Zolder, che incoronarono campione del mondo Mario Cipollini, si mise in luce un altro velocista: Francesco Chicchi. Sullo stesso rettilineo il toscano di Camaiore si aggiudicò la maglia iridata della categoria under 23. Una volata di potenza pura a testa bassa sul manubrio, un successo forse insperato ma che gli ha aperto le porte del ciclismo dei grandi

Francesco Chicchi
Chicchi ha smesso di correre nel 2016 dopo 14 anni di carriera nel mondo del professionismo
Francesco Chicchi
Chicchi ha smesso di correre nel 2016 dopo 14 anni di carriera nel mondo del professionismo
Francesco, cosa ricordi di quei giorni?

Ormai i ricordi sono rimasti veramente pochi – ride – si parla di 20 anni fa. Ricordo però che il percorso mi piacque molto, era sostanzialmente tutta pianura ad eccezione di due strappetti. 

Che corsa fu?

Durante tutta la gara ebbi la fortuna di rimanere a ruota, avevamo la nazionale con quattro ragazzi che avevano il compito di entrare in fuga. Fusi, il cittì dell’epoca, aveva concordato che se non si fosse creato un gruppetto, la strategia era tirare per me ed arrivare in volata. 

Francesco Chicchi
Dopo aver smesso di correre Chicchi è stato diesse della Dimension Data Continental nel 2019
Francesco Chicchi
Dopo aver smesso di correre Chicchi è stato diesse della Dimension Data Continental nel 2019
Dalle immagini si vede che un tuo compagno, Bucciero, è stato ripreso ai 300 metri dall’arrivo…

Nell’ultimo giro ognuno dei miei compagni cercò di tirare acqua al proprio mulino, Antonio (Bucciero, ndr) scattò sull’ultimo strappo per anticipare tutti. Io ebbi la fortuna di rimanere a ruota, battezzai le ruote di Dekkers e Baumann, i due più rapidi. Nella curva a “esse” vidi lo spazio per inserirmi più avanti, ci fu una caduta dove loro due furono coinvolti. Rimasi in piedi quasi per il rotto della cuffia e lanciai lo sprint venendo fuori da dietro a tutta.

Una volata in solitaria.

Sì, ma non posso certo recriminare ai miei compagni di non avermi dato una mano, i piani saltarono ma è comprensibile. Al mondiale under 23 ti giochi il passaggio nel professionismo ed una buona fetta di carriera. 

Tu l’anno dopo passasti in Fassa Bortolo.

A Zolder arrivavo al quarto anno da dilettante, l’anno della maturazione: o passavo oppure avrei smesso. Si trattava di un mondiale facile nella stagione dove ero sbocciato e quella vittoria mi ha proiettato nel professionismo. 

Peccato non aver potuto indossare quella maglia…

E’ un po’ un paradosso, ma è così. Vinci il mondiale e se ti va bene metti la maglia due o tre volte. E’ un peccato non vedere l’arcobaleno nelle gare, però è anche vero che la vera ricompensa è passare nel ciclismo dei grandi.

Quando si vince il mondiale under 23 è difficile godersi la maglia iridata, il salto nei professionisti arriva di conseguenza
Quando si vince il mondiale under 23 è difficile godersi la maglia iridata, il salto nei professionisti arriva di conseguenza
Come andò in Fassa Bortolo?

C’era tanta aspettativa nei miei confronti, tutti si aspettavano questo Chicchi super veloce ed esplosivo pensando fossi già pronto per competere con i migliori. Arrivare quell’anno in Fassa Bortolo era l’equivalente di giocare nel Barcellona. C’erano i migliori corridori al mondo: Bartoli, Cancellara, Pozzato, Petacchi, non dico che fu un errore passare in quella squadra perché è impossibile rifiutare una proposta del genere. Però fu difficile per me ritagliarmi un posto e con quei super campioni soffrii il passaggio.

Tu hai trovato queste difficoltà al quarto anno da dilettante, ora l’età si è abbassata ancora di più.

Qui mi sembra che l’età del passaggio al professionismo sia una cosa che si abbassa ogni anno. Ci sono juniores che già firmano contratti da pro’, se mi si chiede se sia giusto rispondo “ni”. Ci sono dei casi in cui è normale ed è quasi giusto, se si pensa ad Evenepoel, ma in altri è giusto che il corridore faccia il suo percorso di crescita tra i dilettanti. E’ normale che poi ci siano atleti che fanno l’ascensore tra pro’ e dilettanti, basta mezza stagione storta e torni giù, è tutto molto estremizzato

Questo trend però vale in tutti gli sport…

Chiediamo troppo ai giovani ed insegnamo poco. Talvolta mi trovo a parlare con juniores ed allievi che vogliono il procuratore, a 20 anni pensano di essere arrivati, ma non è così. Manca la base di apprendimento. In Italia i tecnici bravi ci sono e bisogna dare il tempo di formare i ragazzi e lavorare.

Il coltello del Tour nella piaga, ma Battistella ha già svoltato

09.07.2022
4 min
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Quando nella tappa di Longwy, due giorni fa, ha capito che Pogacar avrebbe messo il suo timbro, Samuele Battistella ha preso il cane ed è andato a farsi una passeggiata. La tappa era una di quelle che il veneto aveva cerchiato di rosso nei giorni di vigilia a Copenhagen, prima che il medico gli desse la brutta notizia.

«Ero partito dall’Italia avendo fatto il tampone – racconta Samuele (in apertura nella foto Astana/Getty) – ed ero a posto. Lassù ci hanno fatto prima i controlli del sangue, poi il tampone molecolare. Ero in camera a guardare il libro di corsa, quando il medico mi ha chiesto di scendere. Sono andato in paranoia. Ho pensato che non potessi essere positivo, perché ero stato attentissimo. Non avevo neanche visto gli amici. Invece la notizia era proprio quella. In più avevo un indice di positività molto alto e non se la sono sentita di farmi partire per tre settimane di corsa a quel modo. Il contrario di Jungels, che evidentemente era meno positivo e comunque corre per una squadra francese. Per cui sono tornato sopra. Ho richiuso la valigia e sono tornato a casa».

Nelle locandine dell’Astana, Battistella era parte del team. La squadra è andata alla presentazione con un uomo in meno
Nelle locandine dell’Astana, Battistella era parte del team. La squadra è andata alla presentazione con un uomo in meno

La mazzata tricolore

All’aeroporto lo ha accompagnato il massaggiatore Ballerini con il furgone Volkswagen a 9 posti dell’Astana Qazaqstan Team. Lui davanti con la mascherina Fpp2 e Samuele in fondo con mascherina identica. Finestrini tutti aperti e alta velocità per non rischiare niente. Il racconto fa sorridere, ma a tratti si mischia con il ricordo delle attese sul Tour durante i giorni di ritiro sul Pordoi, quando tutto sembrava possibile. Quando raccontava che sarebbe sceso pochi giorni prima dei campionati italiani in Puglia, per giocarsi anche quella carta.

«Invece – sorride amaramente – c’è scappata un’altra mazzata. Sono arrivato terzo, ma ho sbagliato tutto il finale. Dovevo attaccare in salita, perché sentivo di stare bene. Nei discorsi che si fanno dopo l’arrivo, ho capito che gli altri erano tutti giusti. Io sentivo la gamba, ma invece di attaccare come faccio di solito, ho aspettato e buttato un’occasione che non sarà facile da ricreare. Credevo che avrei sofferto di più il passaggio dal Pordoi alla Puglia. In realtà ho sofferto il caldo, ma i watt e i battiti erano quelli giusti. E’ stata una… cappellata tutta mia. E non è che la botta del Tour l’abbia cancellata, si è sommata. Nei primi giorni che non potevo uscire e dovevo restare chiuso in camera (sorride, ndr), credo di aver avuto un po’ di depressione».

Nel finale del tricolore sentiva di stare bene, ma non ha attaccato per troppi dubbi
Nel finale del tricolore sentiva di stare bene, ma non ha attaccato per troppi dubbi
Più che altro dispiacerebbe buttare la condizione trovata…

Ho faticato tanto per andare al Tour. La forma c’è ancora, magari è un po’ calata. Diciamo che ho riposato e ora va ritirata fuori la gamba. Sto cercando di mantenere la forma con uscite blande di tre ore e un po’ di palestra in attesa di avere il via libera per riprendere sul serio.

Hai già un obiettivo su cui concentrarti?

Stiamo definendo un programma. Non so bene quale sarà la gara del rientro, è ancora tutto da definire, ma potrei fare tutte le corse spagnole fino alla Vuelta. Se ho un obiettivo, riesco a seguire bene tutti i lavori.

Hai letto nei giorni scorsi le parole di Chicchi su di te?

Certo che ho letto. Francesco è stato per me un grande direttore sportivo, perché ha occhio ed esperienza. Uno che ha vinto così tanto da professionista è un ottimo riferimento per dei corridori giovani e credo che l’anno con lui sia stato il migliore negli U23. Eravamo quattro amici, con Sobrero, Konychev e Mozzato.

Sul podio di Alberobello, la smorfia di Battistella la dice lunga sulla sua delusione
Sul podio di Alberobello, la smorfia di Battistella la dice lunga sulla sua delusione
Ti aspettavi che proprio Mozzato andasse così bene al Tour?

Ho sempre creduto in Luca, perché ha capacità di correre che altri non hanno. Se guardiamo i miei watt e i suoi alla fine di una corsa del Nord, lui spenderà sempre meno. Ha una capacità di limare davvero speciale. Quando deve essere davanti, sui muri o sul pavé, Mozzato c’è.

Stati sentendo i compagni in Francia?

Sento a volte i compagni. Ho sentito Lutsenko per sapere se stesse bene dopo la tappa del pavé, ma non li chiamo ogni giorno. Il Tour è già stressante per dover rispondere anche a me.

Da martedì in bici?

Lo spero, mi sento bene. Ho avuto un po’ di raffreddore, ma in bici mi sento già bene. Comunque sia è andata, voglio pensare ai prossimi obiettivi. Quello che mi scoccia è non aver ancora vinto, speriamo di cancellare subito almeno questo.

Dal Mozzato del Tour, risalendo fino a Chicchi…

07.07.2022
5 min
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Cosa hanno in comune Luca Mozzato, Samuele Battistella, e Alexander Konychev? Lo stessa squadra da under 23, la Dimension Data, diretta all’epoca da Francesco Chicchi, grande ex velocista.

In teoria ci sarebbe anche un quarto ragazzo, Matteo Sobrero (che probabilmente ha scattato la foto in apertura, per descrivere il loro legame), ma Matteo ha compiuto un percorso più “importante” anche tra i pro’… se così possiamo dire.

Francesco questi ragazzi li ha visti crescere in una fase molto delicata nella carriera di un corridore. I 20 anni o giù di lì, rappresentano infatti il definitivo passaggio dall’adolescenza alla maturità sportiva.

Francesco Chicchi (classe 1980) è stato pro’ fino al 2016. Poi è stato diesse. Adesso fa parte della carovana di Rcs (foto Instagram)
Francesco Chicchi (classe 1980) è stato pro’ fino al 2016. Poi è stato diesse. Adesso fa parte della carovana di Rcs (foto Instagram)

Da Lucca al mondo

«Tre ragazzi molto bravi e che possono fare tanto – dice Chicchi – ma credo che alla fine tutti e tre siano passati al momento giusto».

«Di strada ne hanno fatta. Una volta li avevo sempre sottocchio. Vivevano insieme nella casa a Lucca, c’era un clima più familiare. Poi si sono ritrovati al gennaio successivo con il biglietto aereo per presentarsi alle corse. Un bel salto. Con loro ho un bel rapporto. Li sento spesso, ma è anche giusto che compiano la loro strada con i loro tecnici».

Per Chicchi, grazie alla sua potenza Konychev può avere un grande futuro nella classiche delle pietre
Per Chicchi, grazie alla sua potenza Konychev può avere un grande futuro nella classiche delle pietre

Konychev: quanta forza

«Konychev è stato l’unico dei tre a passare al terzo anno da under 23. Era chiaro che un anno in più lo avrebbe fatto alla stragrande con la sua forza e la sua testa. Avrebbe vinto moltissimo, ma si è presentata l’occasione di una WorldTour (la BikeExchange, ndr) e trattenerlo non sarebbe stato semplice.

«Quando dico la forza e la testa di Konychev – spiega Chicchi – intendo che Alex per andare forte doveva avere la consapevolezza di essere forte, appunto. E probabilmente vincendo sarebbe stato deciso anche dal punto di vista mentale. Mentre fisicamente è una vera potenza. 

«Era forte, nonostante molte volte non avesse il peso giusto. Quando Sobrero ha vinto Mercatale, per esempio, ha fatto quasi tutto lui. Ha tirato sempre. Per dire che anche lui aveva un potenziale enorme. 

«Alex ha sempre fatto, come dire, il minimo indispensabile per essere competitivo».

 

«In futuro può essere un uomo per le classiche del Nord: Fiandre, Roubaix… Ripeto: ha davvero tanta forza».

«Mi rendo conto che stia facendo un po’ fatica, perché in quella squadra con 24-26 corridori di quel calibro non è facile trovare spazio, ma sta crescendo piano piano… L’importante è che in questo “piano, piano” si faccia trovare pronto quando toccherà a lui. Ha tre anni di professionismo alle spalle, il prossimo sarà molto importante e dovrà iniziare a concentrarsi sulle corse che contano».

Mozzato Danilith 2021
Mozzato è alla seconda stagione con la B&B Hotels. Per il veneto già dieci top ten in corse anche importanti come il Tour
Mozzato Danilith 2021
Mozzato è alla seconda stagione con la B&B Hotels. Per il veneto già dieci top ten in corse anche importanti come il Tour

Mozzato: zitto, zitto…

E poi c’è Mozzato. Luca sembrava quello più in sordina, quello che ha trovato più difficoltà a passare tanto da dover emigrare in Francia alla B&B Hotels e ora eccolo piazzarsi addirittura al Tour.

«Il problema di Luca è che è troppo buono! – dice Chicchi – Per essere un velocista gli manca un po’ di cattiveria. Può andare bene per qualche corsa più piccola forse, ma per Giro, Tour e Vuelta ti serve il coltello fra i denti, tanto più con i velocisti di oggi».

«Mozzato non è mai stato un super vincente, come detto gli mancava la cattiveria. Una volta al Circuito del Porto gli dissi: “Oggi la volata la gestisci da solo”. Lui si sentì responsabilizzato. Organizzò il treno nel finale, fece bene quel che doveva fare e vinse in volata con dieci bici di vantaggio».

Mozzato è il classico esempio del bravo atleta che fa fatica a passare. Proprio perché “poco” vincente e se vogliamo neanche uno sprinter purissimo.

«Io – riprende Chicchi – ho anche provato a dargli una mano. Parlai con alcune squadre italiane, ma un po’ per le sue caratteristiche e un po’ perché team italiani non ce ne sono tanti, alla fine mi sono rivolto all’estero».

«Andai da Jerome Pinot (general manager della B&B, ndr) e gli dissi che un corridore così per il calendario francese sarebbe stato ideale. Tante gare di Coppa di Francia sono veloci, ma hanno pur sempre 1.000-1.500 metri di dislivello: uno come Luca gli avrebbe garantito parecchi piazzamenti. E di conseguenza parecchi punti, che per le squadre francesi sono importanti per l’accesso al Tour. E così è andata».

Per Chicchi, Battistella è un corridore completo. Unico limite il peso per le lunghe salite, ma ha un “motore” gigantesco
Per Chicchi, Battistella è un corridore completo. Unico limite il peso per le lunghe salite, ma ha un “motore” gigantesco

Battistella, la classe

Infine ecco Battistella. Ora all’Astana Qazaqstan, Samuele è stato anche iridato U23 nel 2020. E infatti Chicchi non ha dubbi.

«Lui è stato il corridore più forte sia fisicamente che mentalmente – commenta il toscano – mi sarebbe molto piaciuto vederlo al Tour, ma con il Covid non è stato possibile. Ma statene certi, lo vedremo a breve».

«Battistella è un corridore completo. Magari rispetto agli scalatori puri paga qualcosa in termini di peso, ma gli ho visto fare dei numeri alla Bassano-Monte Grappa che dicono quanto sia forte anche in salita.

«Se dovessi paragonarlo a qualche campione del passato direi Ivan Basso o Indurain… Ma più Basso».

«Samuele è forte di testa e sa sempre dov’è. Se prima del via ti dice: “Oggi mi vedi davanti”, stai pur certo di trovarlo lì. Così come se ti dice che è in giornata no, ci sta che si stacchi in pianura».

Tre campioni con Vittoria sul cambio ruote del Polonia

18.08.2021
5 min
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In ogni gara c’è sempre una squadra in più di quelle regolarmente iscritte: è quella del cambio ruote. L’assistenza neutra al Tour de Pologne era affidata a Vittoria, presente con un team di nove persone distribuito su tre auto e due moto: al volante ci sono gli ex professionisti Francesco Chicchi, Danilo Napolitano e Mario Manzoni assieme agli altri meccanici Fabio Alberti, Massimo Cisotto, Edoardo Fedre, Davide Tombini, Marino Vallarino e la ventitreenne Gloria Manzoni (più volte medagliata su pista da junior), responsabile della logistica.

La loro missione è quella di essere pronti alla necessità che richiede la corsa, anzi a quella del corridore in caso di emergenza. Foratura, guasto meccanico, caduta: loro devono esserci quando l’ammiraglia non può raggiungere un proprio atleta.

Le carriere di Chicchi, Napolitano e Manzoni – che assieme vantano più di 80 vittorie totali tra i professionisti – le conosciamo bene, però come se la cavano con l’assistenza ai loro ex colleghi? Abbiamo provato ad approfondire l’argomento con tutta la squadra, già schierata sul viale dello stadio del Gornik Zabrze per la partenza della settima ed ultima tappa del Polonia.

Ecco la squadra (quasi) completa di Vittoria al Tour de Pologne
Ecco la squadra (quasi) completa di Vittoria al Tour de Pologne
Da quanto tempo siete al cambio-ruote?

Chicchi: «Per me questa è la quarta stagione».

Napolitano: «Io ho iniziato nel 2018, l’anno dopo che ho smesso di correre. Anch’io quindi sono al quarto anno».

Manzoni: «Per me invece è il primo».

Voi che siete stati professionisti per tanti anni pensate di avere un colpo d’occhio migliore rispetto al meccanico tradizionale nel svolgere le mansioni in gara?

Napolitano: «Un po’ di intuito ce l’hai perché ci sei stato dentro e penso che il colpo d’occhio di dove metterti al momento giusto sicuramente ci sia».

Chicchi: «Sono d’accordo con Danilo, indubbiamente essere stati in gruppo fino a poco tempo fa aiuta. Riesci a prevedere se uno si sfila, alza la mano perché ha bisogno e quindi dici al tuo meccanico di stare in campana perché magari c’è bisogno di intervenire».

Manzoni: «Va detto poi che essendo con più mezzi ci dividiamo i compiti. Seguiamo alcuni settori di corsa e può capitare a volte che fai numero, altre che diventi essenziale».  

Fate riunioni pre e post gara fra di voi?

Manzoni: «Sì, lo decidiamo sempre la sera prima chi segue la corsa davanti con la prima e seconda ammiraglia, insieme alle moto, mentre la terza sta dietro a coprire il gruppo. Sappiamo quali sono i nostri ruoli».

Durante questi briefing vi date dei consigli?

Manzoni: «In gara via radio lo facciamo costantemente e ci sistemiamo. Naturalmente servono sempre i confronti costruttivi».

Chicchi: «In realtà no, perché ognuno di noi sa cosa deve fare. Ma è chiaro che se dovesse esserci un problema, la sera ci confrontiamo».

E’ capitato che qualcuno, tra corridori, direttori sportivi o organizzatori, si lamentasse per qualcosa?

Napolitano: «Fortunatamente no in questi miei quattro anni. Quando ti trovi con delle persone che lo fanno o l’hanno fatto di mestiere e sei in giro per settimane, penso che le lamentele vengano meno di quello che uno può pensare».

Chicchi: «Anch’io non ho mai ricevuto lamentele».

Manzoni: «Per evitare queste situazioni è importante avere un meccanico veloce ed un autista altrettanto svelto che sappia già dove mettersi».

Ora siete dall’altra parte della barricata, come cambia il vostro punto di vista sul cambio ruote rispetto a quando eravate corridori?

Napolitano: «A me tante volte capitava che mi desse una mano. Essendo velocista in certe gare, soprattutto quelle di un giorno, avevamo solo una ammiraglia della squadra e quindi l’assistenza mi aiutava con le borracce. Inveito contro un cambio ruote lento quando correvo? No, sono sempre stato buono, sono gli altri che mi vedono cattivo (ride, ndr)».

Chicchi: «Quando correvo non avevo particolare velocità per ripartire, anche se ci metteva 30 secondi in più non era un problema (ride anche lui, ndr). Battute a parte, per quello che mi riguarda ora vedo da vicino anche gli scalatori, che da pro’ non mi era mai successo. Poi ci può stare ogni tanto che quando il meccanico scende, visto che abbiamo set di ruote differenti, possa metterci quei dieci secondi in più del normale».

Manzoni: «Diciamo che fa parte anche del carattere di ognuno, ma se c’è da chiarirsi, si fa il giorno dopo, non durante la corsa. Mi sento di aggiungere, riprendendo quello che diceva Francesco, che una volta si cambiava la ruota e si andava, mentre adesso invece tra freni a disco e tradizionali le modalità sono totalmente diverse».

In effetti avete tanti tipi di bici sopra la vostra ammiraglia. Diversi i freni, diverse le pedivelle, diverse misure, diversi gruppi. Vi fate una lista di tutti i corridori che montano i vari materiali?

Manzoni: «Esatto, poi il meccanico in moto via radio trasmette i gruppi dei corridori in fuga».

Chicchi: «E a quel punto organizziamo le macchine che sono lì davanti, in modo che sappiano già in caso di necessità il materiale che serve».

La moto segnala alle auto la composizione della fuga e le dotazioni dei corridori
La moto segnala alle auto la composizione della fuga e le dotazioni dei corridori
Bisogna essere anche un po’ psicologi o motivatori quando un ragazzo fora, cade o ha un guasto e dovete farlo ripartire?

Napolitano: «Direi di no, tante volte il corridore stesso se cade cerca di rialzarsi e ripartire velocemente senza troppe storie, a meno che non si sia fatto male veramente».

Manzoni: «Non saprei, l’importante è non abbandonarlo perché in quei casi non è molto piacevole quando un corridore sente che dietro di sé non c’è l’ammiraglia o il cambio ruote».

C’è stato in questi anni un aneddoto particolare col cambio ruote?

Manzoni: «Ho iniziato da troppo poco tempo, per fortuna finora solo cose belle».

Napolitano: «Anch’io nulla di strano».

Chicchi: «Per quello che mi riguarda ho avuto una bruttissima esperienza agli europei di Glasgow nel 2018. Il meccanico che avevo allora andò nel panico e non riuscì a cambiare la ruota posteriore. C’era già il freno a disco, ma non c’era ancora l’avvitatore elettrico per il perno passante. Quindi non riusciva a trovare la chiave a brugola giusta e restammo fermi quasi 40 secondi. E’ stato l’episodio più brutto».

Francesco Chicchi

Ehi Chicchi, come si allena un velocista in salita?

28.11.2020
4 min
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Salita e velocista, dicotomia più che binomio. Da sempre le ruote veloci del gruppo fanno molta fatica quando la strada sale. La loro conformazione fisica non li aiuta di certo: più muscoli, più peso, più esplosività e meno resistenza e, se vogliamo, anche meno attitudine mentale a questo a sforzo. Uno dei velocisti che più incarna questo prospetto è (è stato) Francesco Chicchi, iridato U23 nel 2002 a Zolder e professionista per ben 14 stagioni, dalla Fassa Bortolo (2003) all’Androni Giocattoli (2016), oggi ds in forza al Team New Speedy Bike Casano.

Velocista puro addio

E il problema si va ad acuire. Oggi infatti anche nelle tappe altimetricamente più facili ci sono non meno di 1.500-2.000 metri di dislivello. Simone Consonni vinse un campionato italiano U23 che non era affatto facile. C’era una salita da ripetere molte volte. Non era lunga ma era dura. E infatti non si arrivò con una volata di gruppo. Eppure oggi Simone è considerato un velocista.

Consonni e Viviani a tutta sulle salite del Tour
Consonni a tutta sulle salite del Tour

«Vero – commenta Chicchi – basta pensare alla vittoria dell’italiano di Nizzolo quest’anno o a quella di Viviani qualche anno fa, quando arrivò in gruppo con Visconti e Pozzovivo. Pozzovivo, scalatore.

«Il velocista moderno deve essere in grado di scollinare con gruppi anche di 50-60 corridori, altrimenti rischia grosso o non arriva nel finale con la giusta forza. Oggi sprinter come me o Napolitano farebbero tanta, ma proprio tanta fatica. Credo che il velocista puro andrà a scomparire».

Salite a tutta

Ma cos’è che rende il velocista puro o meno? Contano anche gli allenamenti? Lavorare più in salita va a modificare le peculiarità dello sprinter?

«Un ragionamento che ci sta. Lavorare in salita fa perdere quel chilo o due, anche di muscolo, che ti fa fare lo sprint a 71 all’ora anziché a 72. Senza contare che lavorare per la salita ti fa perdere esplosività. La salita per il velocista è come l’aglio per i vampiri! Anche in allenamento…

«I lavori sono più o meno gli stessi per tutti: scalatori, passisti, sprinter. Si va dalle SFR ai 40”-20”, ma il velocista deve pensare che in salita è costretto ad andare sempre “a tutta”, perché il piano dello scalatore è il forte del velocista. Per questo se deve fare 10 ripetute ci sta che alla fine ne faccia 8, tanto è in acido lattico».

Velocisti-scalatori

«Credo che oggi sia cambiato il modo dei velocisti di lavorare in salita. Fanno più chilometri di salita in allenamento, anche perché le tappe davvero piatte non ci sono più. Io vinsi il Manservisi: 200 chilometri di pianura. Oggi anche la più piccola delle corse ha uno “zampellotto”. Non ho numeri certi, ma credo che oggi uno sprinter faccia almeno il 30 per cento di salita in più rispetto a 10 anni fa.

Francesco Chicchi
Chicchi vince a Crevalcore (Coppi e Bartali), una tappa completamente piatta
Francesco Chicchi
Vince a Crevalcore (Coppi e Bartali), una tappa piatta

«Come facevo io le salite? Con tanta pazienza! Avendo come maestro Petacchi ricalcavo un po’ il suo schema, quindi salite di 3 chilometri fatte così: 1° chilometro fuori soglia, 2° al medio, 3° a soglia. Era un esercizio che allenava la resistenza a stare a tutta. Però si faceva così tanto acido lattico che magari alla quarta salita dicevi: vabbè questa la faccio piano».

«Oggi gli sprinter fanno salite più regolari, impostando un passo di 2-3 chilometri orari più forte della soglia e si aiutano molto con il dietro motore. L’idea del velocista è quella di accorciare il tempo di fatica. Di velocizzare. Guadagnare 10” su una scalata per scollinare 30 posizioni più avanti».

Approccio mentale

E si tende ad andare più regolari. Ci si affida agli strumenti e l’approccio alla salita è diverso, anche mentalmente, se vogliamo.

«Il velocista (ma non solo lui) è anche più attento a tavola. A me è capitato di correre anche con 4 chili in più e di arrivare alla volata, oggi sarebbe impossibile. Guardate anche quest’anno come è andata. Non avevano corso eppure alle prime gare erano già tutti magrissimi.

«E sì, chiaramente cambia anche l’approccio mentale e credo siano seguiti da chi di dovere. Io le tappe mi spaventavo solo a vederle sulla cartina! Quando faticavo ero lì a pensare: ho mangiato troppo. Quella salita l’ho impostata male… Ci pensavo un po’ troppo insomma e sprecavo energie».