Busatto cresce: un anno dopo, il rendez-vous con la Doyenne

19.04.2024
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RIEMST (Belgio) – Domenica scorsa, giorno del debutto all’Amstel Gold Race, era passato giusto un anno dalla vittoria di Francesco Busatto alla Liegi U23. Mercoledì il vicentino ha assaggiato la Freccia Vallone. E ieri mattina, all’indomani della gelata di Huy, con la sua squadra e tante altre, ha pedalato sugli ultimi 100 chilometri della Liegi. A un anno dalla vittoria fra i piccoli, domenica debutterà nella Doyenne dei grandi e lo capisci da come ne parla che nutre un rispetto esagerato. Sarebbe dovuto andare al Romandia, ma c’è stato uno scambio di programmi ed eccolo qua.

Lo incontriamo nel bar dell’Hotel Malpertuus della famiglia Molenars: quello di Piva, per chi mastica pane e ciclismo, che però stasera è con la Jayco-AlUla a progettare un’altra vigilia. Quest’anno qui a Riemst ci sono tre squadre: la Intermarché, la Bahrain e l’Astana. La cucina è come al solito indimenticabile, al punto che anche lo staff della Bora ha prenotato per cena. Mentre il vecchio Ivo Molenars porta i suoi 90 anni avanti e indietro con forza ed eleganza, Busatto ci raggiunge al pian terreno.

Ieri hai provato la vera Liegi in allenamento: che effetto ti ha fatto?

E’ dura anche in allenamento. Fai fatica perché sono strappi duri, non puoi andare su piano. Poi sentendo i compagni che ti ricordano il punto in cui si sono staccati o quello dove in gara si andrà più forte, immagini quello che potrai fare, a che punto potrai arrivare. Secondo me già arrivare alla Redoute con i primi vuol dire essere andati forte. Non è impossibile. Alla fine posso testarmi, vedere quanto riesco ad pescare le energie.

In cima alla Redoute con Colleoni. Nella Intermarché correrà anche Rota, il terzo italiano
In cima alla Redoute con Colleoni. Nella Intermarché correrà anche Rota, il terzo italiano
L’anno scorso con gli U23 eri tra i favoriti, oggi davvero no…

E’ come essere tornati under 23 di primo anno. Ricordo che c’era Ayuso che vinceva Piva e Belvedere e aveva la mia età. Adesso ovviamente c’è ancora Ayuso, però ci sono anche Evenepoel, Van der Poel, Van Aert, Pogacar e altri che vanno fortissimo. Devo resettare tutto e non è facile. Sei abituato agli under, che vinci e arrivi davanti anche se non stai benissimo. Qua invece, se anche hai un uno per cento in meno, è già tanto se arrivi alla fine. Per il morale non è facile, perché ti alleni e non sempre basta. Penso sia una questione di maturità.

E’ un passaggio che fa paura?

No, non paura. Penso di aver già fatto qualche buona corsa. L’unica cosa è che va bene avere ambizioni e aspettative alte, ma non troppo. Il WorldTour è il WorldTour, non si scherza più.

La Liegi, per come l’hai vista ieri, è ancora una corsa adatte a te?

Penso di sì, alla fine sono tutti sforzi brevi. Una delle salite più lunghe nel finale è la Rosier, che comunque sono tra i 9-10 minuti. Tutte le altre sono intorno ai 3-5 minuti, quindi sono sforzi brevi che mi si addicono. Anche l’Amstel potrebbe piacermi. Ci sono strappi addirittura da 1-2 minuti, forse ancora meglio per me, perché è uno scatto continuo e mi viene bene. Infatti domenica avevo anche buone sensazioni, il problema è stata la distanza. Invece alla Liegi non sarà solo la distanza, ma anche il ritmo alto da subito. Magari un po’ meno esplosivo, ma un passo più sostenuto.

La Strade Bianche 2024 è stata la prima corsa WorldTour di Busatto, che ha chiuso al 14° posto
La Strade Bianche 2024 è stata la prima corsa WorldTour di Busatto, che ha chiuso al 14° posto
Che effetto fa pensare di essere in gruppo con gente come Pogacar e Van der Poel?

Dal punto di vista del risultato, conviene non guardarli: almeno per adesso sono assolutamente su un altro livello. Per contro, vedere che qualche volta sono lì con loro, mi fa pensare che sono sulla buona strada. Magari essere in mezzo ai migliori negli ultimi 40 chilometri, sarebbe di buon auspicio. Mi motiva.

Quanto è cambiata la vita di Francesco Busatto da quando è approdato in Belgio?

Parecchio. L’anno scorso si vinceva spesso, ero sempre davanti. Oggi sono un altro corridore, sono molto più carico. E’ diverso. Forse la vita e gli allenamenti sono più intensi. Per quanto sia al primo anno, vedere altri come me che vanno tanto forte, mette addosso un po’ di pressione. Prima c’era l’obiettivo di vincere, adesso l’obiettivo è cercare di raccogliere il più possibile, fare esperienza e crescere anche a livello di prestazioni. Correre a questi livelli ti migliora, senza dubbio. E’ tutto un progredire, anche se personalmente mi sento sempre lo stesso.

In squadra hanno a cuore che questo avvenga anche cercando la vittoria e non solo lavorando?

L’anno scorso facevo le corse con i professionisti e poi puntavo a quelle con gli under 23. Adesso è un po’ lo stesso. Nel WorldTour è come se fosse una preparazione, anche se poi sono queste le corse che contano. Si lavora per migliorare e poi nelle prove minori posso cercare di dire la mia. Per questo ho fatto il Limburg, sono stato in Oman e anche Drome Ardeche. Insomma, corse in cui se sto bene bene posso anche puntare alla vittoria. Allo stesso modo, più avanti ce ne saranno altre e questo fa bene per il morale. Anche perché sono pure quelle occasioni per fare punti.

Alla fine di marzo, per Busatto un bel quarto posto nella Volta NXT Classic vinta da Kielich
Alla fine di marzo, per Busatto un bel quarto posto nella Volta NXT Classic vinta da Kielich
Nel frattempo hai cambiato preparatore: come ti trovi?

Vero, non lavoro più con Paolo Santello. Nelle WorldTour vogliono seguire tutto dall’interno, anche per avere ogni aspetto sotto controllo. Però non mi trovo male. E’ cambiato un po’ il modo di lavorare, però mi ascoltano e questo è importante, perché alla fine sei tu che devi andare forte. Quindi se il preparatore non è un dittatore, la collaborazione fa la differenza. Mi hanno sempre detto che sei tu il tuo miglior allenatore di te stesso e qua lo sanno. Danno priorità alle sensazioni del corridore e poi adattano il lavoro.

Come hai vissuto la Freccia Vallone sotto la neve e la grandine?

Sinceramente mi sento ancora un po’ strano. Prendere così tanto freddo bene non fa. Conta tanto anche come si era vestiti e io avevo solo la gabba. Altri corridori, come quelli della Uno X, erano vestiti dalla testa ai piedi sin dalla partenza, anche se non faceva tanto freddo. Infatti in salita si sudava e tanti si sono svestiti, poi è arrivata la neve e rivestirsi non era così semplice. Penso di essere anche andato oltre quello che dovevo fare. Quando senti che è così freddo e stai già soffrendo, sai che non ti puoi mettere i guanti, non ti puoi vestire perché non riesci… c’è poco da fare. Non serve andare avanti, insistere e poi magari ammalarsi seriamente. Dopo il terzo passaggio sul muro, mi sono fermato e sono andato al pullman.

E’ stato più un dire “chi me l’ha fatto fare”, oppure hai provato a tenere duro?

Quando ho visto che eravamo rimasti subito in 50, ho detto che se fossi rimasto, avrei fatto un buon risultato. Anche una top 20. Non dico che sarebbe stato facile, ma la questione era resistere al freddo, non al ritmo. In realtà non si andava neanche tanto forte, perché con quelle temperature fai fatica anche a contrarre i muscoli. Però a un certo punto non è stato più possibile, penso che stessi andando in ipotermia. Venivamo dal caldo dei giorni precedenti, credo che pochi fossero preparati per delle condizioni del genere.

Dopo la LIegi vinta nel 2023, in Belgio per Busatto è nato un fan club. Accanto a lui suo fratello e Florio Santin, italo-belga e fondatore
Dopo la LIegi vinta nel 2023, in Belgio per Busatto è nato un fan club. Accanto a lui suo fratello e Florio Santin, italo-belga e fondatore
Lo scorso anno hai vinto la Liegi degli under 23, per cosa saresti contento domenica sera dopo la prima fra i pro’?

Sarò contento se avrò fatto una buona gara, senza mollare prima. So che mi stacco, ma vorrei tenere duro e cercare di ottenere il miglior risultato possibile. Anche solo finire la corsa, che per carità non è impossibile se il tempo ci assiste. Se dovessi arrivare nei primi 20-30 sarebbe un bel risultato. Ma so anche che abbiamo Rota e Zimmermann che normalmente andranno molto più di quello che potrei fare io, per cui se servirà sarò a loro disposizione. Per il tipo di squadra che siamo, non credo che ci sarà da tirare tutto il giorno come UAE e Visma, per cui aiuterò, ma sarò contento anche se verrà un risultato anche per me. Resto abbastanza con i piedi per terra.

E’ interessante il tuo modo di ragionare perché Nibali alla prima Liegi arrivò ultimo.

Se dovessi arrivare ultimo e poi fare una carriera come Nibali, ci metterei subito la firma!

Francesco Busatto, debutto tra i giganti senza paura

04.03.2024
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SIENA – Sotto al fango si nasconde un sorriso profondo sul volto di Francesco Busatto. Il ragazzino della Intermarché-Wanty all’improvviso si è ritrovato tra i giganti. In una corsa storica già di suo ed esaltata dall’impresa di Tadej Pogacar, c’è anche lui… al debutto nel WorldTour.

Il campione italiano under 23 e re della Liegi 2023, firma autografi e racconta non senza stupore. «Era già tanto stare lì, ritrovarmi con i più forti poi… Non pensavo neanche io ad un debutto così. Sono contento. La Strade Bianche è la mia gara preferita. Ero felicissimo di essere  davanti, poi quando ero lì la motivazione è aumentata».

Francesco Busatto (classe 2002) firma autografi in Piazza del Campo. La Strade Bianche è stata la sua prima gara WT
Francesco Busatto (classe 2002) firma autografi in Piazza del Campo. La Strade Bianche è stata la sua prima gara WT

La sua corsa

Regna stupore dunque in Busatto. Ed è normale. Ha tagliato il traguardo tra Healy e Wellens. Madouas e Bardet. Il veneto è passato quest’anno nelle file della prima squadra. Prima faceva parte della devo belga. Ha affrontato un buon inverno. «Un inverno con più chilometri, più intensità perché con certe corse non si scherza. E la differenza l’ho avvertita. Ma anche prima delle corse perché un anno in più si è fatto sentire».

E infatti la sua stagione è iniziata benone. Il quinto posto alla Muscat Classic diceva di un ragazzo che aveva lavorato bene. E che sa correre. Anche lo scorso anno, quando Francesco ci ha raccontato del tricolore, aveva ragionato con grande lucidità, nonostante l’acido lattico che offusca i pensieri. Anche questa è una delle doti di un campione.

«Ho cercato di stare davanti – spiega Busatto in Piazza del Campo – per risparmiare più energie possibili, evitare buchi e cadute. Non ero in grado di seguire gli uomini migliori, ma di tenere duro e cercare di portare il miglior risultato possibile. Però sono fiducioso, per le prossime corse e per i prossimi anni.

«Sul Monte Sante Marie quando ho visto che ero rimasto davanti con 20-25 corridori mi sono detto: Cavolo, qui si può far bene veramente. Mentre ho sofferto parecchio sul Colle Pinzuto. Lì, mi sono staccato dai primi dieci. A quel punto ho continuato a cercare di fare del mio meglio. Ma negli ultimo 30 chilometri è stata una lotta con i crampi».

Non solo, Busatto racconta di un “piccolo” rimpianto. Nel settore prima di Sante Marie ha forato. «In pratica sono rimasto dietro. Eravamo rimasti uno per uno. Mi sono ritrovato con Bardet, Huiguita… per rientrare. Devo ringraziare Colleoni che mi ha dato un bella mano. Solo che per tornare in gruppo ci ho messo 20 chilometri e ho speso davvero tanto. Magari si poteva entrare nei primi dieci».

La corsa del veneto ha avuto qualche intoppo (foratura delle ruota posteriore) ma Francesco non si è fatto intimorire
La corsa del veneto ha avuto qualche intoppo (foratura delle ruota posteriore) ma Francesco non si è fatto intimorire

Testa da campione

All’arrivo la classifica dice : 14° a 6’26” da Pogacar: lui, Lenny Martinez e Romain Gregoire sono stati i più giovani a concludere la Strade Bianche. Certo, quel gap può fare spavento, ma se poi vedi gli altri ti puoi consolare. Tuttavia chi mira a vincere però guarda la testa della corsa.

«Almeno per il momento – dice Busatto – Pogacar è irraggiungibile. Io cerco di lavorare il meglio possibile e vedremo di ridurre questo gap. Cosa mi insegna la Strade Bianche? Che devi crederci sempre, fino alla fine. La questione è tutta lì. Tutti alla fine siamo cotti e diventa solo una questione di testa. Chi ci crede di più porta a casa il risultato migliore. E poi mi dà un po’ di maturazione in più».

Tra l’altro mentre parla sembra recuperare meglio di tanti altri intorno. C’è chi si accascia sulla bici. Chi addirittura si getta a terra e ha bisogno di assistenza, come Healy. Sarà la felicità, ma Busatto è palesemente il più fresco di coloro che ci sono attorno.

Busatto in azione. A prima vista una grande facilità di pedalata e di scioltezza sugli sterrati (foto Lisa Paletti)
Busatto in azione. A prima vista una grande facilità di pedalata e di scioltezza sugli sterrati (foto Lisa Paletti)

Sopralluogo in solitudine 

Prima Francesco ha parlato della Strade Bianche come la sua corsa preferita. Ci teneva molto a questo suo debutto nel WT. Sentite cosa ha combinato.

«Due settimane fa – prosegue Francesco – sono venuto qui da solo. Ho provato gli ultimi 120 chilometri proprio perché ci tenevo molto. Devo dire che in allenamento con velocità più basse gli strappi mi sembravano più duri. Per assurdo in corsa è stata più facile! La squadra me l’aveva messa in calendario. Ma se non lo avesse fatto, avrei alzato la mano e credo non ci sarebbero stati problemi perché sono flessibili e credono molto in me.

«Avere vicino due corridori come Rota e Petilli è stato un bell’aiuto, mi hanno dato consigli. Petilli è un gran limatore. Non si tratta solo di prendere i settori davanti, ma di fare le linee giuste, stare riparati e comunque navigare nelle prime posizioni. Certe volte meglio spendere un po’ prima ma stare davanti, che poi spendere dopo per recuperare.

«E anche aver potuto vedere da dentro Rui Costa l’anno scorso (l’ex iridato fu quarto, ndr) mi ha consentito di imparare molto. Vedevo come correva. Tutti loro per me sono stati fondamentali. In più d’inverno esco spesso in mtb e forse sullo sterrato mi sono trovato bene anche per quello. Mi diverte guidarci».

Ancora una volta Francesco colpisce per la sua lucidità. La sua voglia d’imparare. Guardate che non è banale quella frase su Rui Costa. Dice di un ragazzo attento, che studia, incamera, riflette.

A ruota di Pidcock. Chissà che adrenalina per Francesco… (foto Simona Bernardini)
A ruota di Pidcock. Chissà che adrenalina per Francesco… (foto Simona Bernardini)

Sognando il Fiandre

Da domani lo vedremo alla Tirreno-Adriatico. Poi dovrebbe tirare un po’ il fiato. Niente Giro d’Italia dunque, dove è inserito come riserva. Ma un talento così, consentiteci di dire, va gettato nella mischia. Anche perché i tempi sono quelli che sono e i giovani li vediamo cosa combinano. E Busatto ci sembra più pronto di tanti altri.

«Mi piacerebbe fare il Giro – saluta – c’è anche una tappa vicino casa, quella del Monte Grappa e avrei tanto tifo. Comunque ci sono tante corse belle. Penso al Giro di Svizzera, che potrebbe essere adatto alle mie caratteristiche. Un sogno è quello di correre da qui a breve il Giro delle Fiandre».

Busatto e Gualdi: in corsa insieme tra Francia e Italia

29.02.2024
5 min
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Il viaggio di ritorno dal Trofeo Laigueglia, vinto da Lenny Martinez, porta verso strade diverse. Alcuni corridori viaggiano verso Siena e la Strade Bianche, mentre altri tornano a casa. Uno di quelli diretti in Toscana è Francesco Busatto, che si appresta a correre la prima gara WorldTour della stagione. Il corridore della Intermarché-Wanty ha però messo insieme due corse importanti, prima di andare alla Strade Bianche: Faun Drome Classic e Trofeo Laigueglia. 

«Ieri la gamba non era male, ma non era neppure la migliore – ci dice – domenica scorsa alla Faun Drome stavo molto bene. Evidentemente non ho riposato abbastanza tra le due corse e per questo non sono andato come speravo. Poco male, mi sto ancora conoscendo e si impara anche da queste cose. In vista della Strade Bianche, oggi farò la ricognizione ma solamente un’ora, il più piano possibile. Poi riposo completo e sabato sarà battaglia».

La Faun Ardeche Classic è stata la prima gara di Gualdi insieme a Busatto
La Faun Ardeche Classic è stata la prima gara di Gualdi insieme a Busatto

Due gare con Gualdi

Tra i compagni di squadra che hanno accompagnato Busatto in queste due gare c’era Simone Gualdi. Il bergamasco, appena passato alla formazione development, ha già messo insieme due esperienze importanti. L’occasione di correre tra i pro’ non si riserva a tutti, men che meno a un corridore appena passato under 23. Però l’Intermarché Gualdi lo ha portato e lo ha fatto correre, questo vuol dire che si sta comportando bene. Abbiamo chiesto a Busatto di fornirci uno sguardo d’insieme e raccontarci come si muove in gruppo il giovane Gualdi (i due sono in primo piano nella foto di apertura). 

«Sinceramente mi ha impressionato – racconta Busatto – va molto forte, si vede che ha motore. Già finire due corse come Drome e Laigueglia non è facile, riuscirci come ha fatto lui è tanta roba. Significa che sta lavorando bene. Dalla mia esperienza nel devo team posso dire che fare gare come queste ti dà una marcia in più tra gli under 23. Sono sicuro sarà così anche per lui, quindi deve vivere certe esperienze con tranquillità. E’ ancora lontano dalle gare importanti, come Ardenne e Giro Next Gen, quindi impressiona il fatto che vada forte».

Il 28 febbraio Gualdi ha corso il Laigueglia, la prima gara sopra i 200 chilometri
Il 28 febbraio Gualdi ha corso il Laigueglia, la prima gara sopra i 200 chilometri

Livello alto

Gualdi ha portato a termine entrambi gli impegni, entrando nei primi quaranta dell’ordine di arrivo. Non dei risultati eccellenti, ma che accendono una spia di interesse, se si proporziona il tutto al fatto che è appena arrivato dagli juniores. 

«L’ho visto molto bene- spiega Busatto – nonostante arrivi dagli juniores si è messo in mostra. Di solito le corse in quella categoria sono caotiche e difficili, invece ho visto Gualdi già messo bene tatticamente. E’ stato spesso davanti, senza sprecare, anche nelle fasi di corsa importanti. Questo vuol dire che sa limare bene. Ha superato due corse dure e lunghe (Faun Drome era 192 chilometri e il Laigueglia 202, ndr). E’ anche arrivato insieme ai primi, non primissimi, però si è difeso molto bene. Per me tutto questo vuol dire che negli juniores si va forte e il livello è alto. Vero che parliamo del campione italiano di categoria nel 2023, però va già forte, mi ha impressionato».

Gualdi nel 2023 si è laureato campione italiano juniores
Gualdi nel 2023 si è laureato campione italiano juniores

Sicurezza e tranquillità 

Gualdi e Busatto si sono già incrociati prima di Faun Drome e Laigueglia, ai ritiri del team. Si sono incontrati e un po’ hanno parlato, confrontandosi, così come hanno fatto in questi ultimi giorni. 

«Ci siamo incontrati la prima volta al team building – continua Busatto – ci siamo presentati. E’ un ragazzo molto umile e curioso, mi chiedeva già dei consigli. Io ho cercato di rispondere in base alle mie esperienze, che sono poche. Qualcosa ho imparato nel devo team ma ho ancora molto da vedere e da capire».

«Il percorso è lungo – spiega – e anche Gualdi lo sa. Alla fine i risultati che contano sono altri e lui ha la tranquillità di non doverne fare per forza. Ha già il contratto con il team WorldTour (dal 2026, ndr) quindi non ha pressioni. L’Intermarché e la Circurs-ReUz sono le squadre giuste per crescere e maturare».

Per Gualdi gli appuntamenti importanti saranno quelli in Belgio, dove vedrà un modo di correre completamente nuovo
Gli appuntamenti importanti saranno quelli in Belgio, dove ci sarà un modo di correre diverso

Profili simili

Nel parlare Busatto ha fatto capire come Gualdi abbia un profilo molto simile al suo. Per il bergamasco avere davanti l’esempio di un corridore capace di raggiungere il WorldTour passando proprio dal devo team può essere un grande stimolo.

«Sono sicuro che la squadra ha già notato le sue qualità – racconta Busatto – altrimenti non avrebbe fatto queste corse. Mescolare esperienze con i professionisti e gare under 23 è importante: da un lato cresci e dall’altro puoi già raccogliere risultati. Io stesso l’anno scorso, prima di vincere la Liegi U23, avevo fatto tante gare con i pro’.

«Secondo me – conclude – Rota, Gualdi e io abbiamo profili molto simili. In questa squadra ci sono molte corse adatte a noi. Simone (Gualdi, ndr) deve ancora correre in Belgio, la Faun Ardeche assomigliava molto a una gara belga. Per quelle corse, specialmente le U23 nelle Ardenne, serve tanta pazienza. Se non c’è una squadra che controlla si rischia l’anarchia, gli ho detto che non deve seguire tutti gli attacchi, ma correre davanti, controllare. La corsa si decide nel finale, deve muoversi il meno possibile. Il fatto di saper limare e stare nelle prime posizioni gli tornerà utile, sicuramente».

Busatto sale fra i grandi: sa cosa vuole, ma non si scopre…

02.01.2024
5 min
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Il 2024 di Francesco Busatto inizia con gli stessi colori dell’anno appena messo alle spalle. Il veneto però il cambio non lo ha fatto nell’apparenza, ma nella sostanza. E’ passato dal team di sviluppo della Intermarché-Circus-Wanty (la Circus-ReUz) alla formazione WorldTour. Il salto nel professionismo è grande, ma avere alle spalle una solida rete di sicurezza fa sì che molte paure rimangano a terra, mentre Busatto è pronto a spiccare il volo (in apertura durante il ritiro di dicembre in Spagna, foto Intermarché-Circus-Wanty). 

Prima gara con i professionisti nel 2023 e subito un quarto posto alla Muscat Classic per Busatto (foto Tour of Oman)
Prima gara con i professionisti nel 2023 e subito un quarto posto alla Muscat Classic per Busatto (foto Tour of Oman)

Inizio “anticipato”

Francesco quando lo chiamiamo è in macchina, direzione fisioterapista. La strada è lunga e dritta e ci permette di rallentare i pensieri e lasciarsi andare a qualche parola in più. 

«Rispetto allo scorso anno – ci dice – ho cambiato preparatore. Quando ero nel Devo Team mi affidavo ad una persona esterna: Paolo Santello. Ma da quest’anno la squadra ha voluto tenerci con il preparatore interno al team. Mi spiace lasciare Santello, ma ho piena fiducia nella squadra e penso che questa possa essere la scelta giusta.

«Rispetto allo scorso inverno – prosegue – faccio molta più qualità nei lavori. Sto già spingendo abbastanza, cosa che in passato non ho mai fatto in questo periodo. Ho fatto molti lavori fuori soglia, questo perché la squadra vuole che sia già pronto per le gare di Mallorca».

L’appoggio di corridori che hanno già esperienza nel WT sarà fondamentale (foto Intermarché-Circus-Wanty)
L’appoggio di corridori che hanno già esperienza nel WT sarà fondamentale (foto Intermarché-Circus-Wanty)
Quindi esordio a fine gennaio…

Il 24 per la precisione, al Trofeo Calvia. Da una parte questo è uno stimolo, sono sempre stato abituato a iniziare a metà febbraio. Invece se ci penso manca poco all’esordio e questa cosa mi motiva tanto mentalmente, diciamo che rende più divertenti gli allenamenti. 

Come affronti questo mese che ti separa dalla prima gara?

Andrò ancora in ritiro con la squadra, l’8 gennaio. Faremo un periodo di allenamenti e rifinitura. Poi volerò a Mallorca ed inizia la stagione, ufficialmente. La squadra si aspetta che possa dare il giusto supporto a Gossens che nel 2023 ha vinto due gare della Challenge Mallorca. Poi avrò anche le mie occasioni, fin da subito. 

Anticipare l’esordio vuol dire allungare la stagione. Come gestirai tutti i mesi di corsa?

La squadra ha un piano ben preciso, quindi allungare la stagione da fine gennaio a metà ottobre non sarà un problema. Durante l’anno avrò due o tre occasioni per tirare il fiato e staccare. Periodi di 15 giorni o un mese dove mi allenerò per gli obiettivi più importanti. 

In questo inverno Busatto ha già messo in fila tanti lavori fuori soglia (foto Intermarché-Circus-Wanty)
In questo inverno Busatto ha già messo in fila tanti lavori fuori soglia (foto Intermarché-Circus-Wanty)
Quali saranno questi obiettivi?

Dovrei andare a correre le Ardenne, in appoggio ai miei compagni, chiaramente. Poi potrei andare al Giro di Romandia e Giro di Svizzera, lì potrei pensare a qualche tappa, ma mi atterrò a quello che dicono in squadra. Infine c’è il calendario italiano di settembre e ottobre: Gran Piemonte, Bernocchi e Tre Valli. 

Facciamo un passo indietro, hai partecipato al primo ritiro stagionale, com’è andato?

Sono arrivato in ritiro che già pedalavo da un mese, quindi in discreta condizione. Durante i giorni in Spagna abbiamo fatto tanto volume e intensità. E’ stato un periodo utile anche per incrementare il rapporto con i nuovi compagni di squadra. Siamo un bel gruppo, mi sono divertito molto ed ho anche avuto modo di conoscere Colleoni

Tu hai messo insieme tante esperienze con i professionisti già nel 2023…

Ero andato in ritiro con la squadra WorldTour a gennaio dello scorso anno e pochi giorni dopo avevo fatto l’esordio tra i pro’ in Oman. Ho corso abbastanza in questo ambiente, mi sento a mio agio e incluso. Non ho ancora pensato che sono un corridore del team WorldTour, semplicemente non me ne sono reso ancora conto. 

Le ambizioni ci sono, ma rimangono nella testa, lontane dalle pressioni (foto Intermarché-Circus-Wanty)
Le ambizioni ci sono, ma rimangono nella testa, lontane dalle pressioni (foto Intermarché-Circus-Wanty)
Che consigli ti hanno dato i tuoi compagni per l’esordio nel WorldTour?

Mi han detto che sono gare diverse da quelle. Pro o classe 1 dovrò prendere le misure. Già una corsa a tappe di una settimana come il Romandia o lo Svizzera è molto impegnativa e serve tempo per recuperare una volta finita. Mi hanno dato qualche consiglio, ma il grosso lo scoprirò strada facendo. Ho tante cose ancora da imparare. 

Sogni, ambizioni per questo 2024 che è appena iniziato?

La squadra mi dà un grande appoggio a livello morale. Credono in me e lo vedo. Esternamente non sono troppo ambizioso, non mi piace spargere voce ai quattro venti. Dentro di me, invece, so cosa voglio e a cosa punto. Voglio iniziare ad andare forte, ma andrò con i piedi di piombo. Una delle cose più difficili sarà ambientarmi nel calendario WorldTour.

EDITORIALE / I Devo Team non sono l’unica soluzione

13.11.2023
5 min
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Un paio di concetti espressi qualche giorno fa da Dino Salvoldi hanno continuato a risuonarci nelle orecchie. Si parlava della tendenza dei nostri juniores di passare under 23 nei Devo Team europei (in apertura foto Jumbo-Visma Development) e il tecnico azzurro ha fatto un utile esercizio di lucidità.

«Bisogna lavorare – ha detto – per mettere queste generazioni nella condizione di avere una prospettiva. Se le loro scelte siano giuste o sbagliate lo scopriremo nel futuro. Le loro prospettive in questo momento di carriera, di ambizioni e di sogni passano per l’attività nei Devo Team, che in Italia non ci sono. Poi si entra chiaramente nelle valutazioni personali. Vanno solo per il nome oppure c’è sostanza?».

I nostri juniores sono risorse preziose anche e soprattutto grazie all’attività svolta con la nazionale (Le Photographer)
I nostri juniores sono risorse preziose anche e soprattutto grazie all’attività svolta con la nazionale (Le Photographer)

Lavorare nel modo giusto

Lavorare. Nulla avviene da sé e tantomeno per caso e assistere passivamente all’asfissia del movimento under 23 italiano è frustrante. Inizialmente si è puntato il dito verso i procuratori, dediti alla vendita di assistiti sempre più giovani, ma oggi non è più così e Salvoldi lo ha colto molto bene.

«I parametri di valutazione che adottano nei Devo Team – ha detto – sono le prestazioni correlate ai risultati nell’attività internazionale. Non esclusivamente il risultato e tantomeno le valutazioni funzionali, che trovo tanto limitative. Devo dire che già rispetto all’anno scorso, quest’anno nell’attività che abbiamo fatto alla Nations Cup, ho visto regolarmente gli osservatori di squadre del WorldTour. C’è uno scouting che in tutti gli altri sport è la normalità da 15 anni, cui noi stiamo arrivando in ritardo».

I team ricevono curriculum e risultati dei test, insomma, ma piuttosto che lasciarsi dettare il mercato dagli agenti dei corridori, mandano emissari sul campo.

Busatto non è approdato alla Circus ReUz (Devo Team della Intermarché) per lo stipendio, ma per le prospettive (foto Cyclingmedia Agency)
Busatto non è approdato alla Circus ReUz per lo stipendio, ma per il futuro che gli è stato offerto (foto Cyclingmedia Agency)

Il ruolo della FCI

In che modo governare lo svuotamento? Lavorando. E probabilmente l’unico attore che abbia in mano la possibilità di intervenire è la Federazione Ciclistica Italiana. Forse è il momento di prendere un foglio bianco e mettere in fila le priorità di spesa e lavorare per invertire la tendenza.

Se il bilancio federale è florido come viene detto, è urgente fare sistema, creando un tavolo di lavoro con le squadre juniores, le squadre U23, le continental, i procuratori e gli organizzatori. L’inverno è la stagione migliore.

Quanti sono gli italiani che vanno all’estero? Non pochi, di solito i migliori del giro azzurro, ma non sono la maggioranza. Che cosa trovano? Pianificazione, calendario, squadre in cui passare. Agli altri cosa resta?

Sulla nascita di squadre WorldTour non si può intervenire. Si può invece costruire un calendario che comprenda una corsa a tappe al mese? Sì, investendo su qualche organizzatore affinché nascano 2-3 gare da affiancare al Giro Next Gen, al Giro di Valle d’Aosta, al Giro del Friuli e al Giro del Veneto. Si potrebbero risuscitare il Giro delle Regioni e anche il Giro di Toscana, corse di un tempo quando l’attività in Italia era ben più florida.

Il ritornello è che la differenza la fanno i soldi: dato innegabile. Ma i soldi vanno spesi nel modo giusto. Sareste stupiti nello scoprire che nei Devo Team i corridori prendono appena dei rimborsi e ugualmente, pur di andarvi, rifiutano stipendi di 1.800 euro al mese in Italia? Chi è in grado di offrire tutti quei soldi a un solo atleta, perché non li investe sull’attività del proprio team? All’estero l’obiettivo è farli crescere, qui spesso si contano le vittorie per garantirsi il posto e gratificare lo sponsor. Le eccezioni ci sono, viene da pensare a Ct Friuli e Colpack, ma non basta.

Il Giro della Valle d’Aosta è un riferimento, spesso isolato. Urge intervenire sul calendario (foto A. Courthoud)
Il Giro della Valle d’Aosta è un riferimento, spesso isolato. Urge intervenire sul calendario (foto A. Courthoud)

Il treno è partito

Perché la svolta avvenga occorre avere visione d’insieme e chiarezza degli obiettivi. Contraddire le società è un rischio, perché sono loro a votare i vertici federali: forse per questo siamo fermi da decenni. Di quadriennio in quadriennio, ciascuno dei candidati alla presidenza ha pensato a catturarne le simpatie, piuttosto che contraddirle e costringerle a evolversi.

Scegliendo di rimanere dove siamo sempre stati, siamo usciti dal mercato. Il mondo è cambiato e quello anglosassone che domina il ciclismo è privo delle strutture di cui andiamo tanto fieri e rendono tutto più laborioso.

Anche l’accesso alle professioni è cambiato. I Maneskin sono re nel mercato discografico dopo l’esperienza di X-Factor. Jay Vine e Luca Vergallito sono nel WorldTour grazie a un concorso virtuale. Invece di lamentarsi per la novità, perché non si lavora per diventare più credibili?

Sinner a Torino: le ATP Finals sono un esempio di come potrebbe funzionare il WorldTour (immagini tv)
Sinner a Torino: le ATP Finals sono un esempio di come potrebbe funzionare il WorldTour (immagini tv)

Soldi e sicurezza

Mentre noi siamo qui a piangere per l’assenza di soldi, ieri l’inizio delle Nitto ATP Finals di tennis a Torino ha offerto un ulteriore spunto. Ciascuno di quegli 8 giocatori ha ricevuto un premio iniziale di 325.500 dollari, vincendo un incontro ne mettono in tasca altri 390.000. Battendo Tsitsipas, Sinner si è già messo in tasca i primi 715.500 dollari del torneo. Il montepremi complessivo è di 15 milioni di dollari, quello finale del Tour de France 2023 è stato di 2.300.000 euro.

Il modello di sviluppo del ciclismo di elite non funziona e quello di base ne paga le conseguenze. Il WorldTour sarebbe una grande idea, se fosse davvero un circuito chiuso. Tutto il resto del calendario andrebbe sfruttato diversamente: per far crescere i giovani e fornire materiale umano qualificato ai team più grandi. A cosa serve avere 50 squadre di under 23, se per l’assenza di un vero calendario, i loro sforzi restano invisibili?

Il ciclismo è sopravvissuto a ogni genere di traversia, ma non sarà così per sempre. Nel frattempo le strade sono diventate pericolose e si capisce bene come altri sport possano risultare più attrattivi per le famiglie, se vi girano più soldi e non sono esposti a rischi. Si vendono bici per andare a passeggio, non più per creare giovani atleti e questo rischia di spingere il ciclismo su un binario morto. Non c’è tempo da perdere. E pur comprendendo che il prossimo anno le risorse saranno rivolte alla preparazione olimpica, bisogna ragionare su come fare per rinsaldare il movimento. Non si può continuare a rimandare un intervento da cui dipende il futuro del nostro ciclismo giovanile.

Busatto: il 2023 ai raggi X e tanta voglia di WorldTour

13.10.2023
5 min
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Il volo che ha portato l’Intermarché-Circus-Wanty da Parigi a Tokyo è partito mercoledì alle 19. Su quell’aereo c’era anche Francesco Busatto, alla sua prima trasferta intercontinentale con il team belga. Durante lo scalo nella capitale francese, Busatto ha il tempo di parlare e tracciare una linea tra il 2023 ed il 2024, anno in cui passerà nella formazione WorldTour dopo l’esperienza alla Circus-REuz (team Devo della Intermarché). 

«Tredici ore di volo, dove mi sa che mi tocca dormire – racconta Busatto prima di imbarcarsi – le ore giuste secondo un calcolo che ho fatto dovrebbero essere 7 o 8. La Japan Cup sarà l’ultima gara dell’anno, poi vacanze e testa al 2024».

Che cosa ti aspetti di trovare in Giappone?

Sinceramente non saprei, la corsa è difficile e lunga, con un circuito di 10 chilometri da fare 16 volte, dove si sale e si scende da una salita lunga un paio di chilometri con pendenza media del 6 per cento. Se guardiamo alla classifica del 2022, si notano nomi importanti davanti, mi aspetto che sarà così anche quest’anno. 

Con quali aspettative personali vai?

Correre al meglio e provare a fare bene. La squadra che portiamo è forte, sarà anche l’ultima corsa dell’anno, ma fino a quando non taglieremo il traguardo bisogna spingere a tutta. 

Prima volta in Giappone?

Sì. Sono curioso di vedere questo Paese così tanto diverso dal nostro. Il bello di queste gare è anche andare a vedere cosa c’è al di fuori, diciamo che tra tantissime virgolette possiamo definirla una prima “vacanza”. 

La prima vittoria 2023 è arrivata alla Liegi U23, un obiettivo fin da inizio stagione (foto Cyclingmedia Agency)
La prima vittoria 2023 è arrivata alla Liegi U23, un obiettivo fin da inizio stagione (foto Cyclingmedia Agency)
Come reputi il tuo 2023?

Penso sia stata una bella stagione dove ho raggiunto degli obiettivi e in alcuni casi sono andato anche oltre le mie aspettative. 

Quali sono questi obiettivi raggiunti e quali dove sei andato oltre?

Il primo è stata la Liegi U23, forse l’obiettivo più grande che mi ero prefissato e vincerla mi ha dato tanto in termini di fiducia e morale. Dove sono andato oltre le mie aspettative? Direi alla Freccia del Brabante, così come al Muscat Classic e al Giro dell’Appennino. Un po’ tutte le gare con i professionisti sono state una bella “sorpresa”.

Tanto che hai guadagnato la firma del contratto WorldTour già da metà anno. 

Ho realizzato quello che era il mio sogno fin da bambino. Di questo 2023 non cambierei nulla, è stato davvero una bella stagione. 

Al Giro Next Gen ha indossato la maglia di miglior italiano alla prima tappa, poco per le sue ambizioni
Al Giro Next Gen ha indossato la maglia di miglior italiano alla prima tappa, poco per le sue ambizioni
Ci sono momenti dove non sei andato come avresti voluto?

Non nascondo che mi sarebbe piaciuto vincere una tappa al Giro Next Gen, ci sono andato vicino più volte ma senza riuscirci. Così come mi sarebbe piaciuto fare un mondiale migliore, ma la sfortuna si è messa in mezzo. Peccato perché a Glasgow stavo bene, avrei potuto puntare ad un buon risultato. 

Tra i professionisti ti sei comportato bene, alla Tre Valli per esempio sei stato davanti fino a quando non sono arrivati i più forti, una bella soddisfazione…

Ho visto, durante la stagione, che con il passare del tempo sono maturato. Correre con i professionisti mi ha aiutato molto ed ora il loro passo non lo soffro più di tanto. Nelle corse di fine anno sono andato sempre meglio, questo vuol dire che posso ambire a qualcosa di più. Non c’è stata solo la Tre Valli, ma anche alla Coppa Sabatini e al Matteotti sono andato forte

Tante corse con i pro’ che ammortizzano il passaggio del prossimo anno?

Da un certo punto di vista il 2023 è stato un primo anno tra i professionisti, fare tante corse con loro mi farà sentire meno il salto di categoria. 

La crescita di Busatto è passata anche dalla nazionale, con cui ha vinto una tappa all’Orlean Nations Grand Prix (foto PT photos)
La crescita di Busatto è passata anche dalla nazionale, con cui ha vinto una tappa all’Orlean Nations Grand Prix (foto PT photos)
Dove pensi di dover migliorare?

In salita, il passo che hanno è importante, lo soffro soprattutto in quelle di media lunghezza come è stato al Gran Piemonte. Devo crescere molto in questo campo, così da avere più colpi a disposizione. 

I punti forti, invece?

Ho visto che spesso mi trovo davanti nei momenti giusti, magari mi mancano le gambe. Questo è un buon punto dove partire in vista del 2024, perché stare nelle prime posizioni mi permette di arrivare fresco nel finale, dove mantengo comunque un buono spunto veloce. 

Rispetto al 2022 hai corso molto, questo ha inciso sulle prestazioni di fine stagione? All’europeo eri sembrato meno “brillante”. 

In realtà no. L’europeo è stata una corsa particolare dove avevo una buona gamba. Semplicemente abbiamo sbagliato la gestione della corsa, sullo strappo finale ero in rimonta. E’ andata così, la fuga è arrivata perché in gruppo non siamo stati bravi ad organizzarci. 

Ora il ritmo dei professionisti non fa più paura e Busatto può guardare al 2024 con fiducia
Ora il ritmo dei professionisti non fa più paura e Busatto può guardare al 2024 con fiducia
Chiuderai la stagione con 60 giorni di corsa, numero giusto?

Ci siamo organizzati nella maniera migliore e la squadra mi ha dato un grande supporto. Abbiamo gestito alla perfezione i periodi di gara e di riposo, anche se ho fatto tante settimane di corsa ho sempre avuto modo di recuperare. 

Obiettivo del 2024?

Mi piacerebbe essere più più forte in salite più lunghe, quindi sopra i 3-4 chilometri, così da puntare a fare top 10 anche in corse impegnative. 

Però, dopo il Giappone, vacanze…

Andrò una settimana a Tenerife con gli amici a rilassarmi e poi per un paio di settimane starò a casa. Dopo una stagione a girare mi manca stare tranquillo insieme alla famiglia. Mi farò quasi un mese senza bici, serve pazienza e poi in inverno si lavorerà duramente.

Amadori tra l’europeo amaro e le prospettive per il 2024

27.09.2023
5 min
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L’europeo di Drenthe è ormai alle spalle, ma la rassegna continentale spostata a fine settembre ha dimostrato una volta di più come il calendario internazionale sia davvero lunghissimo, forse troppo. Un concetto che viene spesso ripetuto per le ragazze, ma se guardiamo a quanto avviene per i giovani, lo stridere è ancora più forte, basti pensare agli junior che abbinano l’attività su strada a quella su pista.

Il problema è emerso ad esempio guardando la prova degli under 23: era evidente nel finale come gli azzurri (ma anche altre squadre hanno evidenziato lo stesso problema) fossero con le energie ridotte al lumicino e anzi aver piazzato due elementi nei primi 10 (7° Busatto, 9° De Pretto) è già motivo per sorridere. Il cittì Amadori nel suo bilancio parte proprio da questa considerazione, fattagli presente da molti addetti ai lavori subito dopo la conclusione della gara olandese.

Per Marino Amadori una stagione positiva, con la perla della vittoria nella Nations Cup
Per Marino Amadori una stagione positiva, con la perla della vittoria nella Nations Cup

«Le corse sono tante – spiega Amadori – soprattutto abbinando il calendario nazionale a quello internazionale. I ragazzi assommano numeri di giornate di corsa che non hanno nulla da invidiare ai professionisti. La differenza la fa la programmazione: noi abbiamo cercato di lavorare in tal senso, senza così invadere il campo ai team. Nel complesso ha funzionato, poi non tutto può andare perfettamente».

Le gare internazionali dimostrano che c’è ormai un plurilivello nella categoria, con chi è nei team Devo che ha un motore diverso dagli altri.

Vero, ma secondo me la differenziazione è ancora maggiore, perché chi corre più spesso fra i professionisti è ancora più avvantaggiato. Noi come nazionale, con il fondamentale ausilio della Federazione, abbiamo cercato di colmare questo gap il più possibile, ma il nostro impegno non basta. Busatto, tanto per fare un esempio, prima dell’europeo ha fatto ben 6 gare in 8 giorni, tra Francia e Italia, è chiaro che alla lunga il serbatoio di energie si è svuotato.

Per Busatto, qui al Trofeo Matteotti, un surplus di gare che ha pesato sulla prova continentale
Per Busatto, qui al Trofeo Matteotti, un surplus di gare che ha pesato sulla prova continentale
Secondo te quindi c’è un diverso livello anche fra chi fa attività internazionale?

Sicuramente. Chi è arrivato secondo all’europeo di categoria, lo spagnolo Ivan Romeo è a tutti gli effetti un corridore della Movistar, che ha fatto tutta la stagione nelle gare professionistiche, dal Fiandre alla Roubaix, dal Romandia alla Clasica di San Sebastian. E come lui altri, non dimentichiamo poi che nella gara elite terzo e quarto (l’olandese Kooij e il belga De Lie, ndr) avrebbero potuto per età competere nella categoria inferiore.

Questo cosa significa?

Che i regolamenti dell’Uci hanno determinato degli scalini nella stessa categoria che fanno confusione e non ci dovrebbero essere. Una volta c’era un vincolo: se fai gare WorldTour non puoi competere nelle prove di categoria, titolate o meno. Ora questa differenza non c’è più e gli atleti scelgono dove partecipare, ma questo non è un bene.

Il gruppo azzurro a Hoogeveen. Il cittì azzurro ha rilevato qualche errore di strategia
Il gruppo azzurro a Hoogeveen. Il cittì azzurro ha rilevato qualche errore di strategia
Dopo l’europeo che bilancio trai dalla stagione?

C’è stato un innalzamento del nostro livello, questo è indubbio e il fatto di aver vinto la Nations Cup davanti alla Francia lo dimostra. Noi abbiamo fatto un’attenta programmazione per preparare gli eventi dell’estate, programmando tre settimane di altura, lavorando con molto profitto al Tour de l’Avenir con il podio di Piganzoli e Pellizzari, i mondiali del trionfo di Milesi nella cronometro e la sua bellissima prestazione anche in linea. L’amaro in bocca mi è rimasto solo per l’europeo.

Perché?

Direi che qualche errore nella condotta tattica della corsa c’è stato, ma anche quello è dettato proprio dalla stanchezza, fisica e forse ancor di più mentale. Ma un episodio ci può anche stare, non inficia una stagione che è stata davvero buona.

Un buon 9° posto finale per Davide De Pretto, anche lui ha pagato la lunghezza della stagione

Un buon 9° posto finale per Davide De Pretto, anche lui ha pagato la lunghezza della stagione
Come interpreti il fatto che sempre più ragazzi approdano nei team Devo?

Significa che in Italia si lavora ancora bene alla base, ma mancano passaggi fondamentali. Per i ragazzi, tanti che hanno fatto questo salto non solo ciclistico ma di vita e cultura, quello è il riferimento, la possibilità di correre al fianco dei professionisti, avere una preparazione come la loro, acquisire quella mentalità. Sono tutti strumenti decisivi per avere un futuro. Il livello si è alzato, resta solo quel problema di cui accennavo prima, un mischiume regolamentare del quale i ragazzi pagano poi il prezzo.

Molti ora faranno il salto, non solo in base all’età ma anche alle scelte approdando direttamente fra i “grandi”. Molti però arrivano anche dagli juniores…

Infatti in questi giorni sto continuando a girare, per assistere ad alcune classiche come Ruota d’Oro, Piccolo Lombardia, Trofeo San Daniele. Voglio parlare con le società e vedere i ragazzi più interessanti con i miei stessi occhi, in modo da fare una prima rosa di elementi sui quali contare per il prossimo anno, per inserirli in un contesto adeguato, considerando, come giustamente si diceva, che alcuni faranno già il salto fra i pro. L’importante è comunque avere un ampio spettro di corridori per programmare la stagione 2024 e continuare in questo cammino di crescita.

Il super Avenir dell’Italia visto con gli occhi di Amadori

31.08.2023
5 min
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La voce di Marino Amadori è carica di emozioni e felicità, il Tour de l’Avenir appena concluso ha dato tanti motivi per essere contenti. La vittoria dell’ultima tappa firmata da Giulio Pellizzari è stata solamente la ciliegina sulla torta di un trasferta in Francia di otto giorni. Tappe dure, dove gli azzurri sono stati sempre presenti e combattivi, tanto da vincere la classifica a squadre con un margine di 14 minuti sulla Colombia. 

Sul podio finale due italiani: Pellizzari secondo (a destra) e Piganzoli terzo (a sinistra, foto Tour de l’Avenir)
Sul podio finale due italiani: Pellizzari secondo (a destra) e Piganzoli terzo (a sinistra, foto Tour de l’Avenir)

Due su tre

Due gradini del podio occupati, il secondo e il terzo, rispettivamente da Pellizzari e Piganzoli. L’Italia partiva con grandi ambizioni e si è dovuta inchinare solamente davanti a Del Toro, ma quando chiediamo ad Amadori se si poteva fare qualcosa di più risponde senza troppi dubbi.

«Di meglio possiamo fare solo i complimenti a chi ha vinto – dice – Del Toro è stato impressionante. Gli ultimi quattro giorni aveva una condizione super, imbattibile. Noi ci abbiamo provato, ma il ragazzo ha risposto sempre bene agli attacchi. E giusto riconoscere il merito a chi è stato più forte, con la serenità di aver fatto il possibile e anche qualcosa oltre».

Alla prima tappa maglia gialla sfiorata per l’Italia, Villa si arreso solamente al compagno di team Foldager (foto Tour de l’Avenir)
Alla prima tappa maglia gialla sfiorata per l’Italia, Villa si arreso solamente al compagno di team Foldager (foto Tour de l’Avenir)

Preparati

Gli azzurri (in apertura alla presentazione delle squadre, foto Tour de l’Avenir) sono stati protagonisti in otto tappe su otto, dalla prima all’ultima. Una costanza che ha portato la firma di Busatto: il quale nelle prime cinque tappe non è mai uscito dai primi dieci.

«Busatto ha fatto vedere di cosa è capace – replica Amadori – purtroppo per un motivo o per l’altro non è riuscito a vincere, ma non è da tutti avere questa costanza. Non dobbiamo però dimenticare tutti gli altri, a partire da Villa che nella prima tappa ha sfiorato il successo, battuto solamente dal suo compagno di squadra Foldager. Peccato per Romele che ha avuto dei problemi fisici all’inizio ma poi è stato davvero importante. Anche Pinarello si è comportato molto bene, era il suo primo Tour de l’Avenir e una caduta gli ha complicato le prime tappe.

«Questo Tour de l’Avenir – continua – lo abbiamo preparato nella maniera migliore, e per questo dobbiamo ringraziare la Federazione. Siamo andati a visionare le tappe e curato tutto nei minimi dettagli. Ma il plauso più grande va fatto ai ragazzi, mentre un grazie importante è per le società. Senza il loro benestare non avremmo potuto lavorare così tanto e bene. I corridori, alla fine, sono di loro proprietà e privarsene per quasi due mesi non è facile. Noi come nazionale cerchiamo di dare quel qualcosa in più che serve ai ragazzi per crescere e l’Avenir è una di queste gare».

A ognuno la sua occasione

L’Italia ha conquistato la classifica a squadre, così come lo scorso anno. Non è un caso, Amadori ha portato sei corridori in grado di fare bene ovunque. Ragazzi forti e preparati, ai quali è stata concessa l’occasione di mettersi in mostra. 

«Vedo queste corse – ci racconta Amadori – come un modo per dimostrare che abbiamo tanti ragazzi forti e in gamba. Non si possono impostare questi appuntamenti come se fossimo una squadra WorldTour, non avrebbe senso. Sarebbe ingiusto chiedere ad un ragazzo di mettersi a completa disposizione di un compagno annullando le sue possibilità di fare bene. Chiaramente tutti sapevano che Pellizzari e Piganzoli sarebbero stati i due uomini di classifica, viste le loro caratteristiche, e per questo bisogna avere un occhio di riguardo. Ma poi ad ogni ragazzo veniva concessa l’occasione di fare il suo». 

Piganzoli è stato il regista in corsa, la sua esperienza è risultata fondamentale per il podio finale (foto Tour de l’Avenir)
Piganzoli è stato il regista in corsa, la sua esperienza è risultata fondamentale per il podio finale (foto Tour de l’Avenir)

Duo Pellizzari-Piganzoli

Quando la strada ha iniziato ad impennarsi sotto le ruote dei corridori sono emersi Pellizzari e Piganzoli. I due scalatori giovani che tanto stanno crescendo e che hanno già fatto molto bene. Non si arriva secondo e terzo al Tour de l’Avenir senza una preparazione adeguata, vero, ma poi servono delle qualità innate per rimanere davanti ogni giorno e giocarsi la vittoria

«Piganzoli – spiega Amadori – è stato il regista in squadra, visto che in queste gare si corre senza radiolina. I ragazzi devono inventare delle strategie ed agire al volo, lui era al suo secondo Avenir e ha fatto delle belle esperienze. Ora è il momento di puntare a qualcosa di più, è giusto così. Piganzoli partiva con i gradi, tanto da aver programmato questo Avenir fin nei minimi dettagli. Ha curato la preparazione al cento per 100 ed è arrivato al meglio delle sue possibilità.

«D’altro canto – dice ancora – Pellizzari ha fatto vedere grandi qualità per essere alla sua prima esperienza. L’idea era quella di tenere due pedine da giocarci per la classifica finale, entrambi ci hanno provato ed entrambi hanno attaccato. Giulio non è mai uscito dai primi cinque nelle ultime tappe, quelle di montagna. E’ chiaro che con un corridore del genere si voglia puntare a fare meglio il prossimo anno, e meglio del secondo posto c’è solo la vittoria (conclude con una risata, ndr)».

Il “riposo della mente”: lo spiega Elisabetta Borgia

02.08.2023
5 min
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«Ho fatto una settimana di riposo completo dopo il campionato italiano, più per la testa che per il fisico». Così ci ha detto Busatto (foto Instagram di apertura) al ritiro di Sestriere con la nazionale U23. Da questa affermazione è nata una domanda che ci è rimasta nella testa per un po’ di tempo: quanto è importante riposare la mente?

La risposta arriva da Elisabetta Borgia, psicologa dello sport della Lidl-Trek. Rientrata lunedì dalla Francia, dove ha seguito le atlete al Tour Femmes, mentre oggi riparte verso Glasgow, direzione mondiali. Nell’attesa dell’imbarco, trova il tempo per rispondere alle nostre domande.

Skjelmose è arrivato giovanissimo nell’orbita Lidl-Trek: la sua crescita è stata gestita tenendo conto anche dei periodi di recupero
Skjelmose è arrivato giovanissimo nell’orbita Lidl-Trek: la sua crescita è stata gestita tenendo conto anche dei periodi di recupero
Partiamo dall’affermazione di Busatto…

La fatica non è sempre e solo fisica, ma anche psicologica. Il livello delle competizioni si alza sempre di più e per rimanere al top serve tanta concentrazione e dedizione. Ogni dettaglio conta, e nel curare i particolari fin nei minimi termini si consumano tante energie. 

Da qui il riposo della mente?

Il nostro serbatoio non è illimitato, anzi. Il problema è che quando la spia si accende è già tardi, bisogna intervenire prima. 

E come si fa?

Si pianifica la stagione, non solo per i picchi di forma fisica, ma anche mentale. E’ difficile per gli atleti staccare nei momenti di riposo, ma bisogna accettare che anche il riposo è importante, anzi, fondamentale. Altrimenti si rischia il “burnout”.

Un riposo fruttuoso, il corridore della Circus-ReUz era uno dei più attivi nel ritiro della nazionale al Sestriere
Un riposo fruttuoso, il corridore della Circus-ReUz era uno dei più attivi nel ritiro della nazionale al Sestriere
Cos’è?

Si tratta di una sindrome psicofisica che ci porta a ritrovarci senza energie, svuotati. Ed una volta arrivati al burnout è già troppo tardi.

Parlaci di questi picchi di forma mentale.

Un corridore, insieme alla squadra, ad inizio anno decide il calendario delle gare e da lì pianifica la stagione e gli allenamenti. Preparare un grande appuntamento stressa, l’atleta è super concentrato e focalizzato sull’obiettivo. Ma questo deve essere un crescendo, non si può pensare di andare a manetta da dicembre a ottobre. 

Quindi come si lavora?

Per obiettivi: pian piano vai a “stringere” mentalmente. Un esempio: se punti a far bene al Giro, che si corre a maggio, a dicembre potrai essere più tranquillo. Magari ti fai un’uscita con gli amici, una passeggiata con il cane, leggi un libro, passi un giorno in più con la fidanzata. Questo perché quando sarai chiamato a concentrarti al 100% sarai fresco e pronto per farlo. Se parti a fare la vita da atleta al massimo fin da inizio stagione rischi di essere finito ad aprile.

I grandi appuntamenti sfiniscono gli atleti, il riposo diventa fondamentale per ritornare competitivi
I grandi appuntamenti sfiniscono gli atleti, il riposo diventa fondamentale per ritornare competitivi
Così all’avvicinarsi dell’appuntamento sarai pronto a fare il necessario per andare al top della condizione?

Esatto, quando il corridore si troverà in altura, sarà pronto ad essere focalizzato sull’obiettivo, avrà la volontà di fare quel qualcosa in più per arrivare al top all’appuntamento. 

Come si crea questo programma?

Personalmente faccio così: calendario alla mano, dividiamo i periodi in verde, giallo e rosso. Dove il verde è il recupero, il giallo è l’inizio della preparazione e il rosso è la gara ed i giorni precedenti. Quello che a volte non si capisce è che il periodo “verde” è importante tanto quello “rosso”. Se voglio essere al massimo devo fare in modo di riposare, perché solo in quel caso sarò pronto a fare i sacrifici necessari. 

Tornando a Busatto, lui dopo il campionato italiano si è fermato, per preparare il mondiale e Tour de l’Avenir, suoi principali obiettivi della stagione.

Probabilmente chi lavora con lui, o Busatto stesso, hanno capito che se avesse tirato dritto probabilmente sarebbe arrivato stanco a questi appuntamenti. 

Un corridore esperto è in grado di riconoscere quando ha bisogno dei periodi di riposo (foto Instagram Geraint Thomas)
Un corridore esperto è in grado di riconoscere quando ha bisogno dei periodi di riposo (foto Instagram Geraint Thomas)
Per i giovani i periodi e la programmazione dei picchi mentali sono ugualmente importanti?

Forse anche di più. L’età è un fattore fondamentale, quanto costa ad un ragazzo giovane questo tipo di vita? Tanto, se non ha modo di svagare con la mente e di pensare anche ad altro. Per questo dico spesso che non bisogna investire il proprio tempo solo su una cosa, ma cercare altro: passioni sane che una volta finito l’allenamento o il periodo di gare, li aiutino a riposare la mente. Sono professionisti ed il loro lavoro è questo, ma non sono macchine. Però c’è una fregatura…

Quale?

Che i giovani sono molto sul “fare”, è una cultura molto pericolosa che le passate generazioni non avevano. Ora i ragazzi crescono e diventano professionisti con tanti numeri da controllare e con i quali sono controllati. Un conto è un adulto che negli anni si è visto arrivare queste nuove informazioni, ma con la consapevolezza e la capacità di saperle leggere. Un altro è lo stimolo continuo, con il rischio di pensare solo alla bici.