ROMA – Il primo Giro di Francesco Busatto, nel suo secondo anno di WorldTour, ha il buon sapore del quarto posto di Tirana nel giorno del debutto, accompagnato anche dal primo cartellino giallo. In quei giorni di inizio corsa è stato come se i giudici preposti alle ammonizioni abbiano voluto far capire chi comandasse e poi, una volta fatto passare il messaggio, si siano chetati. A 22 anni e con un trolley pieno di speranze, il vicentino è partito per la corsa rosa senza sapere più di tanto cosa aspettarsi, ma con la curiosità di scoprirlo.
Che cosa ti aspettavi dal primo Giro?
In realtà già finirlo era sarebbe stato buon obiettivo. Essendo il primo, sono arrivato in corsa con la prospettiva di uscirne meglio e secondo me è andato molto bene. Sono riuscito a fare un buon risultato nella prima tappa e poi mi sono messo un po’ in evidenza nell’ultima settimana. Mi sono anche un po’ sorpreso che comunque, essendo veramente stanco, avessi ancora le gambe per farlo. Ma alla fine è così per tutti, però personalmente non lo avevo mai provato.
Come descriveresti la fatica di svegliarsi ogni giorno, fare i conti col mal di gambe e cercare degli obiettivi?
Diventa quasi una routine. Sono le prime pedalate a inizio tappa quelle in cui si sente veramente un gran mal di gambe, però sei obbligato a seguire gli altri e poi, chilometro dopo chilometro, cominci a stare sempre meglio. Alla fine scopri che le gambe le hai, quindi è una fatica comune a tutti quanti ed è davvero una gran fatica (sorride, ndr).
C’è stato un momento in cui stavi per mollare?
No, però c’è stato un momento in cui ero parecchio in difficoltà dopo la seconda caduta. Non ho fatto tanta fatica a finire le tappe successive, diciamo quelle subito dopo. Però ho iniziato a dormire male, riposarsi bene è diventato parecchio impegnativo e lì lo sforzo è stato soprattutto mentale. Però sono riuscito a passare anche questo e qualora dovesse ricapitarmi una cosa di questo genere in futuro, saprei di dover tenere duro, perché un Grande Giro è lungo e può succedere di tutto.
Con i compagni si crea un rapporto speciali in questi 21 giorni?
Il Giro unisce. Siamo una squadra e siamo tutti nella stessa barca, la fatica è per tutti. Ci aiutiamo a vicenda e questo crea un bel clima di amicizia.
C’è stato un giorno in cui durante il Giro hai visto un bel Busatto?
Sicuramente nella prima tappa, in cui ho ritrovato un buon livello che nelle settimane precedenti facevo fatica ad avere. Insomma, dopo un inizio di stagione difficile, quel quarto posto mi ha dato molta motivazione e la consapevolezza che sono periodi che si attraversano continuamente. Per cui non bisogna cedere di testa, ma bisogna tenere duro perché prima o poi se ne esce.
Ad aprile non eri parso molto ottimista sul tuo futuro immediato, è bastato riallenarsi bene per riprendere il filo?
Penso che finalmente abbiamo trovato il giusto bilanciamento tra allenamento e riposo e questo mi ha dato tutta un’altra gamba. E poi ho fatto un bel periodo in altura a Sierra Nevada, dove non ho mai avuto alcun tipo di acciacco, nessuna influenza. E’ andato tutto liscio e questo mi ha permesso di trovare anche un’ottima condizione.
Quindi è vero che il Grande Giro fa crescere il motore?
Secondo me sì, sia per una questione fisica sia per una questione mentale. Ci si abitua a fare fatica ogni giorno.
Si dice che per tenere botta così a lungo serve evitare gli inutili sprechi di energia: è davvero così?
In realtà non penso di aver mai fatto niente di estremo. Alla fine si va sempre a tutta e ogni tappa sembra una corsa di un giorno, come se non ci fosse un domani. Per cui quello che fanno gli altri, lo fai anche tu perché sei obbligato. In questo modo inizi a prendere anche un certo modo di correre che non è proprio al risparmio, diciamo, però ti dà sicuramente un’altra condizione.
Il programma prevede ora due impegni a metà giugno: il Grosser Preis des Kantons Aargau il 13 giugno e il Giro dell’Appennino del 24, poi si vedrà quali saranno gli effetti del Giro sul giovane bassanese. La sensazione, incontrandolo alla fine del viaggio, è che sia già un po’ più grande. Forse fra qualche mese Francesco scoprirà che sono cambiate anche le gambe, ma intanto lo sguardo e l’essenzialità delle parole dicono che il ragazzo si sta facendo grande. E forse per tornare a ottenere i risultati di quando era un under 23 serviva proprio una fatica così grande.