Il primo Giro di Busatto, fra mal di gambe e la scoperta di sé

04.06.2025
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ROMA – Il primo Giro di Francesco Busatto, nel suo secondo anno di WorldTour, ha il buon sapore del quarto posto di Tirana nel giorno del debutto, accompagnato anche dal primo cartellino giallo. In quei giorni di inizio corsa è stato come se i giudici preposti alle ammonizioni abbiano voluto far capire chi comandasse e poi, una volta fatto passare il messaggio, si siano chetati. A 22 anni e con un trolley pieno di speranze, il vicentino è partito per la corsa rosa senza sapere più di tanto cosa aspettarsi, ma con la curiosità di scoprirlo.

Che cosa ti aspettavi dal primo Giro?

In realtà già finirlo era sarebbe stato buon obiettivo. Essendo il primo, sono arrivato in corsa con la prospettiva di uscirne meglio e secondo me è andato molto bene. Sono riuscito a fare un buon risultato nella prima tappa e poi mi sono messo un po’ in evidenza nell’ultima settimana. Mi sono anche un po’ sorpreso che comunque, essendo veramente stanco, avessi ancora le gambe per farlo. Ma alla fine è così per tutti, però personalmente non lo avevo mai provato.

Come descriveresti la fatica di svegliarsi ogni giorno, fare i conti col mal di gambe e cercare degli obiettivi?

Diventa quasi una routine. Sono le prime pedalate a inizio tappa quelle in cui si sente veramente un gran mal di gambe, però sei obbligato a seguire gli altri e poi, chilometro dopo chilometro, cominci a stare sempre meglio. Alla fine scopri che le gambe le hai, quindi è una fatica comune a tutti quanti ed è davvero una gran fatica (sorride, ndr).

Per un giorno in maglia bianca, ecco Busatto nella crono di Tirana, dopo il quarto posto della prima tappa
Per un giorno in maglia bianca, ecco Busatto nella crono di Tirana, dopo il quarto posto della prima tappa
C’è stato un momento in cui stavi per mollare?

No, però c’è stato un momento in cui ero parecchio in difficoltà dopo la seconda caduta. Non ho fatto tanta fatica a finire le tappe successive, diciamo quelle subito dopo. Però ho iniziato a dormire male, riposarsi bene è diventato parecchio impegnativo e lì lo sforzo è stato soprattutto mentale. Però sono riuscito a passare anche questo e qualora dovesse ricapitarmi una cosa di questo genere in futuro, saprei di dover tenere duro, perché un Grande Giro è lungo e può succedere di tutto.

Con i compagni si crea un rapporto speciali in questi 21 giorni?

Il Giro unisce. Siamo una squadra e siamo tutti nella stessa barca, la fatica è per tutti. Ci aiutiamo a vicenda e questo crea un bel clima di amicizia.

C’è stato un giorno in cui durante il Giro hai visto un bel Busatto?

Sicuramente nella prima tappa, in cui ho ritrovato un buon livello che nelle settimane precedenti facevo fatica ad avere. Insomma, dopo un inizio di stagione difficile, quel quarto posto mi ha dato molta motivazione e la consapevolezza che sono periodi che si attraversano continuamente. Per cui non bisogna cedere di testa, ma bisogna tenere duro perché prima o poi se ne esce.

Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Bassano. Piove, ma a Busatto arriva il calore di casa
Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Bassano. Piove, ma a Busatto arriva il calore di casa
Ad aprile non eri parso molto ottimista sul tuo futuro immediato, è bastato riallenarsi bene per riprendere il filo?

Penso che finalmente abbiamo trovato il giusto bilanciamento tra allenamento e riposo e questo mi ha dato tutta un’altra gamba. E poi ho fatto un bel periodo in altura a Sierra Nevada, dove non ho mai avuto alcun tipo di acciacco, nessuna influenza. E’ andato tutto liscio e questo mi ha permesso di trovare anche un’ottima condizione.

Quindi è vero che il Grande Giro fa crescere il motore?

Secondo me sì, sia per una questione fisica sia per una questione mentale. Ci si abitua a fare fatica ogni giorno.

Si dice che per tenere botta così a lungo serve evitare gli inutili sprechi di energia: è davvero così?

In realtà non penso di aver mai fatto niente di estremo. Alla fine si va sempre a tutta e ogni tappa sembra una corsa di un giorno, come se non ci fosse un domani. Per cui quello che fanno gli altri, lo fai anche tu perché sei obbligato. In questo modo inizi a prendere anche un certo modo di correre che non è proprio al risparmio, diciamo, però ti dà sicuramente un’altra condizione.

Cesano Maderno, Busatto 13°: si piazza secondo nello sprint del gruppo alle spalle di Denz che ha vinto
Cesano Maderno, Busatto 13°: si piazza secondo nello sprint del gruppo alle spalle di Denz che ha vinto

Il programma prevede ora due impegni a metà giugno: il Grosser Preis des Kantons Aargau il 13 giugno e il Giro dell’Appennino del 24, poi si vedrà quali saranno gli effetti del Giro sul giovane bassanese. La sensazione, incontrandolo alla fine del viaggio, è che sia già un po’ più grande. Forse fra qualche mese Francesco scoprirà che sono cambiate anche le gambe, ma intanto lo sguardo e l’essenzialità delle parole dicono che il ragazzo si sta facendo grande. E forse per tornare a ottenere i risultati di quando era un under 23 serviva proprio una fatica così grande.

Simone Gualdi, la Liegi U23 per fare come Busatto

19.04.2025
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Quando lo abbiamo raggiunto, Simone Gualdi stava ultimando l’ultima distanza in vista della Liegi U23, che si correrà proprio oggi fra Bastogne e Blegny. Era sulle sue salite, tra queste il Selvino: una delle scalate simbolo del Giro di Lombardia, ma soprattutto, almeno in questo caso, una delle sue salite test. Quelle che ti dicono come stai. E a quanto pare le risposte della montagna sono state positive.

Il giovanissimo atleta della Wanty – Nippo – ReUz, devo team della Intermarché, è pronto dunque per una sfida che piace ai ragazzi del team belga, visto che due anni fa a vivere questa corsa fu un suo connazionale e compagno, Francesco Busatto. Le assonanze tra i due non mancano. Speriamo che anche il risulto finale sia lo stesso.

Sin qui Gualdi ha disputato una buona stagione. Ha fatto qualche apparizione con i pro’. Ha sfiorato il successo al Le Tour des 100 Communes, battuto, pensate un po’, da quel Matthew Brennan che avrebbe poi vinto due tappe al Catalunya e si sarebbe messo in luce anche alla Parigi-Roubaix. Ma soprattutto ha mostrato la solidità per cui dal prossimo anno passerà nella prima squadra e quindi nel WorldTour.

La Cube di Gualdi in cima al Selvino: ultime pedalate prima di volare in Belgio
La Cube di Gualdi in cima al Selvino: ultime pedalate prima di volare in Belgio
Innanzitutto, Simone, come stai? Come sta andando la stagione?

Va sicuramente molto bene. Ho iniziato subito forte, anche con i professionisti. Ho avuto qualche occasione, ho raccolto qualche bel piazzamento e diciamo che per avere la ciliegina sulla torta manca la vittoria. Però non posso assolutamente lamentarmi o avere rammarichi. Anzi…

Parteciperai alla Liegi U23. Avete mai parlato di questa corsa con Francesco Busatto, che l’ha vinta due anni fa?

In realtà non troppo, alla fine non ci vediamo così spesso. Però sicuramente ci tengo a far bene. E’ una corsa anche adatta alle mie caratteristiche. So che sto bene e quindi ci terrei a replicare quello che ha fatto Francesco.

Hai già studiato il percorso? Come ti stai preparando?

Sì, ho bene in mente ciò che mi aspetta. La Liegi U23 l’ho fatta già l’anno scorso, quindi mi ricordo i punti chiave. E poi al giorno d’oggi con VeloViewer possiamo vedere un po’ tutti i dettagli della corsa. E posso dirvi che l’ho guardata e riguardata un bel po’ di volte e ho capito dove potrò provare a fare la differenza. Però poi vedremo in gara, in base a come si evolvono le situazioni.

Hai già individuato i rivali più pericolosi?

Sicuramente ci sarà Jarno Vidar, con cui ho corso questa settimana al Circuit des Ardennes e l’ho visto in gran forma. Penso anche che Lorenzo Finn sarà un avversario tosto. Poi vedremo… sono corse grandi, importanti e alla fine qualcuno di forte esce sempre. So che le mie qualità le ho, so che posso far bene…

Gualdi (classe 2005) è stato il miglior giovane all’ultimo Trofeo Laigueglia
Gualdi (classe 2005) è stato il miglior giovane all’ultimo Trofeo Laigueglia
A questa età si cresce molto rapidamente. Dove senti di essere migliorato rispetto al 2023?

Sicuramente ho accumulato tantissima esperienza che mi aiuta a capire meglio certe situazioni di corsa e a sprecare meno in momenti non determinanti. Prima buttavo via qualche energia di troppo che poi mi costava sul finale. Anche i miei numeri sono migliorati. So di essere più forte, non solo mentalmente e tatticamente, ma anche fisicamente.

E in cosa sei cresciuto dal punto di vista fisico?

Ho lavorato tanto sia sulla resistenza che sulle salite lunghe. Ho notato un grosso miglioramento proprio su quelle. Infatti quest’anno mi piacerebbe provare a fare bene in classifica generale nelle corse a tappe.

Ti riferisci anche il Giro Next Gen?

Esatto. Quello è il prossimo obiettivo dopo la Liegi U23. E’ una corsa a cui tengo molto. Ci ho lavorato.

Vieni da un corsa particolare, il Circuit des Ardennes, alla quale i francesi tengono molto ed è sempre molto combattuta? Che impressione hai avuto in queste cinque tappe?

Mi sono trovato bene. Non erano percorsi durissimi, nei quali poter fare una grossa differenza, ma quando c’era qualche salita sono riuscito a essere sempre con i migliori. Ci sono state un paio di occasioni con gli abbuoni in cima a delle cotes e ho anche acciuffato qualche secondo per la generale. Erano cinque tappe nervose (alcune anche del vento, ndr) e siamo sempre stati in gara. Ho ottenuto due top dieci.

Al Circuit des Ardennes il bergamasco è sempre stato nella mischia. Si è mosso bene anche tra i ventagli (foto FG Photos)
Al Circuit des Ardennes il bergamasco è sempre stato nella mischia. Si è mosso bene anche tra i ventagli (foto FG Photos)
Veniamo alla Liegi: anche tra gli U23 la cotes de la Redoute sarà decisiva?

Sì, sicuramente inizierà anche per noi da lì. Però è un po’ diverso rispetto ai professionisti. Secondo me ci sono anche altri punti chiave prima come Wanne o Haute Levée. Alla fine in quelle fasi devi avere le gambe: se hai le gambe sei davanti e il resto poi viene un po’ di conseguenza. Dopo c’è una scrematura.

Simone, per i giovani italiani all’estero spesso non è facile, anche dal punto di vista ambientale: senti la fiducia dei tuoi compagni di squadra?

Sì, parecchia fiducia. Sotto questo punto di vista sono tranquillo. Anche perché mi sono guadagnato il rispetto nella squadra. Quando quel giorno non è un’occasione per me, sono il primo ad aiutare i compagni. E penso che questa sia una delle chiavi per creare un bel gruppo: aiutare quando serve, ma anche essere aiutato quando arriva la tua occasione.

Insomma, Simone Gualdi è pronto: dal Selvino alla Liegi!

Sì, esatto. Mercoledì ho svolto un ultimo allenamento in vista di questa gara. Però è stata più che altro una rifinitura. Quello che bisognava fare era già stato fatto. Ora c’è solo la corsa da affrontare. Sono arrivato in Belgio un paio di giorni prima, così da fare tutto con calma. Abbiamo un hotel, un punto d’appoggio vicino al service course del team, e da lì ci spostiamo direttamente alla partenza della Liegi.

Busatto: piccoli falchi crescono. E il primo Giro si avvicina

24.03.2025
4 min
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Francesco Busatto si appresta ad entrare sempre più nel vivo della stagione. Lui è uno di quelli che ha iniziato a gennaio e a breve chiuderà il suo primo blocco di gare, prima di mettere il Giro d’Italia, il suo primo grande Giro, nel mirino. Debutto che non è isolato, infatti dopo l’Australia l’atleta della Intermarché-Wanty ha esordito anche alla Tirreno e alla Sanremo, segno di un calendario che prende sempre più corpo.

Busatto è una delle nostre speranze più concrete: 23 anni a novembre, un corridore che potremmo definire moderno: sa tenere in salita e dice la sua in arrivi ristretti. E non a caso ha vinto la Liegi U23. Per ora si gode la sua prima Sanremo: «Mi sentivo brillante fino all’attacco della Cipressa, poi a metà ho ceduto. Le gambe non erano al massimo, però tutto sommato non stavo male. E anche come squadra abbiamo corso bene. Purtroppo poi “Bini” (Biniam Girmay, ndr) è stato un po’ sfortunato. Dopo il Poggio ha avuto un salto di catena».

Francesco Busatto (classe 2002) è alla sua seconda stagione da professionista
Francesco Busatto (classe 2002) è alla sua seconda stagione da professionista

La condizione cresce

«Penso – ha detto Busatto – di arrivare bene a questo periodo. Ho passato due settimane a Gran Canaria ad allenarmi al caldo e mi sono allenato anche abbastanza e bene, quindi la gamba è quella giusta. Dopo essere sceso dall’altura, nelle corse francesi di Drome Classic non ero proprio brillantissimo, però dopo una settimana in recupero sono migliorato e la motivazione è quella giusta».

Archiviato il trittico Strade Bianche, Tirreno e Sanremo, con le quali spera di aver rifinito al meglio la condizione, per Busatto c’è all’orizzonte un primo vero spiraglio da leader: la Tour Engineering e la Paris-Camembert, in Francia.
«Sono corse minori, ma dove ho più possibilità anche di arrivare davanti, di fare risultato».

Quanto è importante il risultato e l’abitudine alla sua ricerca? Ormai tolti quei soliti noti, molti team iniziano a rivedere piani e calendari sulla gestione delle corse e su quelle dove puntare. E per un giovane di grandi ambizioni come Busatto avere delle possibilità, possibilità da leader, è quantomai determinante.

Crescono distanze e numero di gare WorldTour per il veneto
Crescono distanze e numero di gare WorldTour per il veneto

Giro in vista

Il grande obiettivo di Busatto si chiama Giro d’Italia. Quando ce lo dice gli si illuminano gli occhi. Debuttare nella corsa “di casa” deve essere qualcosa di davvero importante. Il momento è quello giusto.

«Dopo le due prove in Francia – riprende Busatto – farò un periodo in altura a Sierra Nevada, cercando di prepararmi al meglio per il Giro. Il mio obiettivo nella corsa rosa sarà quello di mettere nel mirino le tappe, ovviamente. Ho visto il percorso e ho notato che ce ne sono parecchie quest’anno che possono andare bene per le mie caratteristiche. E’ importante divertirci e penso che le occasioni per farlo ci siano, basta arrivare lì in condizione e poi viene tutto da sé.

«Insomma, sono super motivato. Poi vedo anche che la squadra ci tiene e vuole farmi crescere nel modo giusto. Al tempo stesso non ho chissà quali pressioni e quindi sono tranquillissimo».

Alla Sanremo, Busatto è stato vicino a Girmay (foto Instagram/Intermarché)
Alla Sanremo, Busatto è stato vicino a Girmay (foto Instagram/Intermarché)

Leader in crescita

Busatto dice di non avere pressione, ma al tempo stesso inizierà ad essere leader in alcune corse, come quelle che dovrà fare a breve in Francia o come alla Strade Bianche, dove era il primo della lista della sua Intermarché-Wanty, visto che l’anno prima era stato il migliore del team belga. La squadra gli dà le responsabilità a piccole dosi.

«L’idea di essere leader mi piace sicuramente – analizza Busatto – riguardo alla pressione, che dire? La sento fino a un certo punto. Comunque, alla fine, se sento di essere in condizione sono pronto ad assumermi le responsabilità e direi che è anche giusto così, bisogna puntare anche a questo. A volte si aiutano i compagni, a volte si è leader. Serve tutto e serve anche a crescere».

Busatto parla davvero con maturità. Vero, sin qui qualcosa è mancato e forse lui stesso si aspettava qualcosina in più, ma sappiamo che non è facile.

«Rispetto a un anno fa come mi sento? L’anno scorso, per dire, la Strade Bianche era la prima corsa WorldTour che facevo, adesso ne ho fatte già un po’, quindi mi sembra tutto più normale. Non è più un mondo del tutto inesplorato, ma lo è parzialmente. Sicuramente mi sento più maturo. Sono corse di livello top e sono diverse: si tratta di farle e farle ancora…».

Caro Petilli: cosa ci racconti di questa Intermarché-Wanty?

15.01.2025
6 min
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In questo mese di gennaio i pedali girano in tutto il mondo, tra chi correrà al Santos Tour Down Under e chi, invece, vola in Spagna per preparare le corse europee di fine mese. Il gruppo così si divide tra chi già attacca il numero sulla schiena e chi deve ancora attendere un paio di settimane. La voglia di ciclismo però è alta, si respira e riempie i polmoni degli appassionati e dei corridori. Ognuno ha le sue motivazioni, c’è chi vuole riscattare un anno opaco, altri invece vogliono ripetere le imprese della passata stagione, ci sono anche i giovani, desiderosi di ritagliarsi un posto in questo mondo. E poi c’è Simone Petilli, che è arrivato al sesto anno con la maglia della Intermarché-Wanty, diventandone un faro per i giovani e una spalla sulla quale contare. 

«Noi che non correremo in Australia – dice allegro – partiremo per la Spagna a breve. I giorni tra i due ritiri (quello di dicembre e il prossimo, ndr) sono andati bene. Quest’anno ho rincominciato un pochino più tardi a causa di un intervento al piede che dovevo per forza fare. Per questo ho spostato in avanti la pausa di fine stagione e il conseguente inizio di preparazione. Nel 2025 sarò uno dei più vecchi in squadra, non anagraficamente ma faccio parte di uno zoccolo duro che è qui dal 2021 (primo anno in cui la formazione belga è diventata WorldTour, ndr)».

Simone Petilli è alle porte del sesto anno in maglia Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)
Simone Petilli è alle porte del sesto anno in maglia Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)

Crescita importante

Dal 2021 la Intermarché-Wanty è cresciuta molto, arrivando a conquistare grandi vittorie e tanti successi in gare di spessore. 

«Se pensiamo al cammino del team – continua Petilli – fa abbastanza impressione, in poco tempo siamo arrivati a vincere corse di grande calibro. Nel 2022 abbiamo vinto la Gent-Wevelgem con Girmay, e sempre con lui quest’anno abbiamo colto tre successi di tappa al Tour de France (e la maglia verde, ndr). E’ chiaro che dopo una stagione come quella passata sia doveroso cercare di ripetersi, ma nel ciclismo non c’è nulla di scontato. Ogni stagione il livello si alza e tutto diventa più difficile. L’ultimo obiettivo, per questo 2025, sarà mantenere la licenza WorldTour. Per farlo servirà non finire negli ultimi posti della classifica del triennio».

La sua ultima gara del 2024 è stata la Veneto Classic, il 20 ottobre
La sua ultima gara del 2024 è stata la Veneto Classic, il 20 ottobre
Siete comunque ben posizionati…

Mantenere la licenza era un obiettivo che avevamo fin dal primo anno in cui il triennio è ripartito, dal 2023. Abbiamo fatto due stagioni solide e quindi ora siamo abbastanza sereni. Sarà però importante partire bene e raccogliere il massimo fin dal Tour Down Under per toglierci il pensiero. 

Come hai visto i compagni che ora sono in Australia?

Bene, penso sia una corsa particolarmente adatta ad alcuni di loro. Uno tra i tanti che mi viene in mente è Busatto. Lo conosco da anni, fin da quando era nel devo team nel 2022. Siamo stati spesso compagni di stanza nei vari ritiri. Avevo il compito di insegnargli qualcosa, ma mi è parso fin da subito un ragazzo con una bella testa. 

Secondo Petilli uno dei giovani sul quale l’Intermarché può fare affidamento è Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Secondo Petilli uno dei giovani sul quale l’Intermarché può fare affidamento è Francesco Busatto (foto cycling media agency)
Un altro italiano chiamato a fare bene dopo due stagioni un po’ complicate è Rota…

Lui è uno di quelli che è qui dal primo anno che siamo nel WorldTour e penso sia uno dei corridori più forti che abbiamo in rosa. Magari in tanti non se ne accorgono, ma lui è uno di quelli sempre presenti negli ordini d’arrivo. Manca davvero poco affinché arrivi il grande risultato e spero per lui che prima o poi gli capiti la giusta occasione. 

Per te il 2024 che anno è stato?

Uno dei peggiori, non sono contento delle prestazioni fatte. Ho avuto parecchi alti e bassi senza essere mai a un livello ottimo. Il mio ruolo è di dare supporto alla squadra, fare il regista in corsa

Petilli riconosce il valore di Rota, e spera che nella prossima stagione possa trovare l’occasione per affermarsi
Petilli riconosce il valore di Rota, e spera che nella prossima stagione possa trovare l’occasione per affermarsi
Qual è stata la parte più amara della scorsa stagione?

In alcune corse, in particolare in quelle dove avrei potuto fare qualcosa a livello personale. Non sono mai riuscito arrivare pronto al 100 per cento. Era andato tutto liscio fino ad aprile, poi una caduta mi ha messo fuorigioco e ho dovuto saltare il Giro. Da lì mi sono trovato a rincorrere la condizione. Sono andato alla Vuelta, ma non ero al massimo delle mie possibilità. 

Nel 2025 che obiettivi hai?

Mi piacerebbe tornare al Giro e fare buona parte del calendario italiano. In primavera dovrei fare il Trofeo Laigueglia e la Strade Bianche. Mentre a fine stagione dovrei chiudere con le solite corse che ci sono a settembre e ottobre da noi. Da un lato spero di fare due grandi corse a tappe: Giro e Vuelta.

La crescita dell’Intermarché negli ultimi anni è stata costante, nel 2024 è arrivata la maglia verde al Tour con Girmay
La crescita dell’Intermarché negli ultimi anni è stata costante, nel 2024 è arrivata la maglia verde al Tour con Girmay
Non avete una squadra di scalatori, quindi nelle corse a tappe avete più libertà…

In particolare in quelle di tre settimane. Anche se, quando c’è Girmay, la squadra è costruita intorno a lui. Però sì, non curando la classifica generale siamo sempre abbastanza liberi. Alla fine si è visto che fare classifica è un rischio. Da un lato correre contro Pogacar e Vingegaard non è facile. In più basta un inconveniente per veder sfumare tutto il lavoro fatto. Lo abbiamo visto con Meintjes al Tour dello scorso anno e alla Vuelta del 2021. In entrambi i casi una caduta lo ha costretto al ritiro quando era nella top 10. 

Forse cambia qualcosa nelle corse di una settimana?

In realtà no. Ormai il livello è così alto che ci si gioca ogni secondo, anche quelli dei traguardi volanti. Meglio andare per le singole tappe oppure per corse di un giorno. Poi ci sono corridori come Girmay, i quali si sostengono sempre, perché possono vincere ovunque. 

Petilli vorrebbe tornare al Giro, l’ultima volta che lo corse per intero era il 2021 (foto cycling media agency)
Petilli vorrebbe tornare al Giro, l’ultima volta che lo corse per intero era il 2021 (foto cycling media agency)
Quando scoprirai i tuoi impegni?

Nel prossimo ritiro, tra pochi giorni. A dicembre avevamo accennato qualcosa. Vorrei riscattare la stagione, soprattutto nelle gare in cui posso avere maggiore libertà.

Non resta che augurarti buona fortuna, aspettando di incontrarci sulle strade…

Grazie, a presto!

Verso l’esordio in Australia: la settimana tipo di Busatto

07.01.2025
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Mancano due settimane esatte all’inizio della stagione, come ogni anno il gruppo partirà ufficialmente dall’Australia, con il Santos Tour Down Under. La prima prova WorldTour del 2025 porta con sé parecchi pensieri. Innanzitutto si deve riallacciare il filo dopo la pausa invernale, inoltre il parterre sarà subito agguerrito. Una delle difficoltà maggiori, come abbiamo visto anche negli ultimi anni, è il caldo estivo che i corridori troveranno nella terra dei canguri. Temperature che vanno dai 28 ai 32 gradi centigradi, nettamente superiori alle medie che troviamo in Europa. 

Francesco Busatto è pronto a iniziare il suo secondo anno nel WT con la Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)
Francesco Busatto è pronto a iniziare il suo secondo anno nel WT con la Intermarché-Wanty (foto cycling media agency)

Il peso? Non è un’ossessione

I corridori che faranno il loro esordio in Australia saranno quindi chiamati a fare uno sforzo ulteriore, ovvero quello di acclimatarsi al caldo soffocante. Ma come si arriva pronti a questo appuntamento? Ne parliamo con Francesco Busatto, che ci descrive la sua settimana tipo prima di partire per un lungo viaggio, che lo porterà ad Adelaide. Pronto per iniziare la sua stagione (in apertura foto cycling media agency). Partiamo dal peso, che in questo periodo dell’anno non deve essere un’ossessione.

«In questo inverno – racconta Busatto appena uscito dalla palestra – sono riuscito a prendere quei tre chili che avevo perso in estate a causa di un malanno. Anzi, a essere onesto, ne ho presi cinque. Ma va benissimo. Peso 65 chili e sto bene, ho visto che rendo al massimo quando peso 60 chili. Di questi cinque chili che ho preso ce ne sono tre di muscolo, uno e mezzo di grasso e mezzo di liquidi. Durante la stagione perdo peso abbastanza facilmente, ma vorrei restare intorno ai 62 chili. Vedremo, tanto dipende dal rapporto peso/potenza che riuscirò ad avere».

Durante la scorsa stagione Busatto aveva perso tre chili a causa di un malanno, li ha recuperati durante l’inverno
Durante la scorsa stagione Busatto aveva perso tre chili a causa di un malanno, li ha recuperati durante l’inverno
Partiamo con il descrivere la tua settimana tipo di allenamento in vista del Tour Down Under…

Allora parliamo dei giorni dal 30 dicembre al 5 gennaio, che è stata l’ultima settimana piena di allenamento. Anche perché partiremo il 9 gennaio per l’Australia. 

Allora vai, ti ascoltiamo.

Il lunedì ho fatto un’ora e mezza di scarico perché la domenica arrivavo da un lungo. Quando faccio scarico in bici non guardo mai i watt, vado a spasso. In questi giorni che ero a casa dei miei per le feste ho fatto un giro che conosco bene: su per la Valsugana e poi verso Bassano del Grappa. Se sono solo non mi fermo al bar, invece se ho compagnia un coffee break non manca mai. 

Il veneto ha iniziato ad allenarsi ad alti ritmi fin da subito in vista del debutto al Santos Tour Down Under (foto cycling media agency)
Il veneto ha iniziato ad allenarsi ad alti ritmi fin da subito in vista del debutto al Santos Tour Down Under (foto cycling media agency)
I lavori iniziano il martedì?

Esatto. Sono stato in bici due ore e mezza con dei lavori di SFR e qualche volata. Le SFR erano tre ripetute da dodici minuti così divise: due minuti in Z4 a 55 rpm e un minuto in Z2 a 100 rpm. Tra una ripetuta e l’altra avevo 10 minuti di pausa in Z2. Le volate, invece, erano cinque alla massima potenza. Una volta tornato a casa ho fatto un’ora di heat training sui rulli.

In cosa consiste?

E’ un modo per adattarsi al caldo. Pedalare al chiuso per alzare la temperatura corporea e abituarsi alle temperature australiane. Per farlo una volta mi sono messo con i rulli davanti alla stufa. Un po’ estremo forse, ma rispetto ai 35 gradi che troverò là non penso sia esagerato. Di solito non faccio lavori particolari, mi metto a far girare le gambe e basta. 

Per Busatto il martedì una serie di lavori a bassa frequenza di pedalata
Per Busatto il martedì una serie di lavori a bassa frequenza di pedalata
Mercoledì?

Avevo riposo, che settimana scorsa corrispondeva all’1 gennaio. Così ho deciso, insieme al mio preparatore, di fare riposo totale, anche per godermi l’ultimo dell’anno senza stress. 

Allora passiamo direttamente a giovedì.

Al mattino ho fatto tre ore su strada con lavori fuorisoglia. Quattro serie da nove minuti: 30 secondi in Z6 per simulare un attacco, poi due minuti in Z5 e 30 secondi di recupero. Così per tre volte, in modo da arrivare a nove minuti. Tra una serie e l’altra avevo 10 minuti di pausa in Z1. Tornato a casa ancora un’ora di heat training sui rulli. 

Per adattarsi al caldo che troverà in Australia Busatto ha fatto sessioni sui rulli a casa
Per adattarsi al caldo che troverà in Australia Busatto ha fatto sessioni sui rulli a casa
Il giorno dopo?

Venerdì avrei avuto quattro ore in bici ma pioveva, così mi sono allenato a casa: due ore e un quarto sui rulli. In questi casi però i lavori si adattano al fatto che pedalo sui rulli, quindi ho abbassato il tutto di 15 watt. 

Che allenamento hai fatto? 

Simile al giovedì ma con qualche variazione. Sempre quattro serie con: 30 secondi in Z6, sempre a simulare un attacco. Invece che fare una ripetuta in Z5 per due minuti l’ho fatta in Z4 per sei minuti e mezzo. Per concludere una sparata da 20 secondi a 700/800 watt. Il recupero tra le varie serie era di cinque minuti. Infine, la sera, sono andato in palestra per un’ora per fare degli allenamenti sull’esplosività: stacchi, squat, pressa e lavori a corpo libero. Ho fatto meno ripetute ma con carichi più pesanti, apposta per andare a migliorare l’esplosività. 

Gli ultimi due giorni?

Sabato un lungo da cinque ore senza lavori. Mentre domenica scarico di un’ora e mezza. Prima di partire (oggi, ndr) ho messo nelle gambe ancora un lungo di cinque ore. Anche perché tra una cosa e l’altra tornerò in bici l’11 gennaio, quando sarò in Australia. E prima di fare ancora lavori intensi avremo da smaltire il jet lag e il caldo. 

Per quanto riguarda l’alimentazione hai fatto qualcosa di specifico, considerando che in questo periodo c’erano anche le feste?

Proprio perché mi sto allenando abbastanza in vista dell’esordio al Down Under sto mangiando tanto. In particolare tanti carboidrati per mantenere alta la qualità degli allenamenti. L’obiettivo è non perdere muscolo. Tra Natale e Capodanno non ho fatto cenoni ma ho mangiato tutto, chiaramente in quantità limitate. 

Il biomeccanico esterno ai team: a tu per tu con Angelo Furlan

24.11.2024
5 min
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Ieri abbiamo parlato della visita biomeccanica di Francesco Busatto presso il centro di Angelo Furlan (Angelo Furlan 360 a Crezzo, Vicenza). Si parlava davvero di millimetri, di dettagli… ma sono quelli, oggi più che mai, che fanno la differenza nel ciclismo professionistico.

Il fatto, però, che un atleta WorldTour ricorra ad un biomeccanico esterno ci ha fatto riflettere. E’ curioso capire come una figura esterna possa interagire con team sempre più strutturati. Furlan ha parlato esplicitamente di una triangolazione. Di questo, ma anche di biomeccanica più in generale, abbiamo parlato direttamente con l’ex sprinter di Alessio, Credit Agricole e Lampre.

Furlan al lavora con Busatto, i due si conoscono da anni. Avere i feedback dell’atleta è centrale per Angelo
Furlan al lavora con Busatto, i due si conoscono da anni. Avere i feedback dell’atleta è centrale per Angelo
Angelo, hai corso per molti anni e da tempo lavori come biomeccanico anche con atleti di alto livello come Francesco Busatto. Quando un professionista ti porta le misure della squadra come ti poni con quei dati?

È una questione di equilibrio. Essere stati ciclisti professionisti mi aiuta a immedesimarmi nell’atleta e a capire il contesto in cui opera. Spesso i team hanno equilibri interni delicati, e quando un ciclista si rivolgeva a un tecnico esterno, specialmente in passato, era guardato con sospetto se non otteneva subito risultati. La prima cosa che faccio è accertarmi che il team sia d’accordo con la collaborazione esterna. Poi analizzo il lavoro fatto dal biomeccanico della squadra, senza criticarlo, ma cercando di comprendere il perché di determinate scelte. Ogni tecnico ha il proprio approccio, quindi il mio obiettivo è mediare, rispettare il lavoro altrui e proporre modifiche in modo graduale, triangolando le esigenze del ciclista con i dati a disposizione.

Ti capita mai di entrare in contatto diretto con il team o con i loro tecnici?

Più spesso mi interfaccio con i meccanici per verificare dettagli tecnici, come le misure prese o eventuali regolazioni, perché tante volte una misura varia in base al modo in cui è presa. Con le squadre straniere, c’è generalmente un approccio più aperto: hanno un biomeccanico di riferimento, ma lasciano libertà al corridore di consultare tecnici di fiducia.

Non solo team italiani. Abbiamo visto con i nostri occhi un atleta di un grande team WorldTour nascosto tra i van della carovana pubblicitaria a “smanettare” con la brugola…

Tuttavia, ci sono realtà che impongono il proprio esperto, e questo può creare situazioni particolari. Le squadre vogliono avere tutto sotto controllo. Ma poi il più delle volte va a finire che l’atleta si sistemi come vuole.

Posizionare le tacchette al millimetro è uno dei passaggi più delicati
Posizionare le tacchette al millimetro è uno dei passaggi più delicati
Quanto contano ancora le sensazioni dell’atleta nel tuo lavoro?

Tantissimo. Le sensazioni sono un elemento centrale, soprattutto per un professionista. Il nostro compito è combinare queste con gli studi accademici e la nostra esperienza. Seguire solo i dati, ignorando ciò che l’atleta percepisce, spesso porta a più problemi che soluzioni. Un esempio è quello di Francesco: ci sono stati commenti sulla sua posizione in bici per quel video, come il ginocchio in extrarotazione o il movimento del bacino. Sì, accademicamente ci sarebbero margini di correzione, ma intervenire in modo eccessivo potrebbe causare più danni che benefici. È una questione di equilibrio tra biomeccanica e funzionalità specifica del corridore.

Ricordiamo il caso forse più famoso, almeno in tempi recenti, quello di Peter Sagan…

Esatto, Sagan è un esempio perfetto. Con Peter ci ho anche corso ed era uno dei più “storti” in bici, con movimenti anomali del bacino e delle anche, ma questo non gli ha impedito di essere un campione. Quando hanno provato a raddrizzarlo, ha perso efficienza e non rendeva più. Lo stesso vale per altri atleti. Recentemente ho avuto tra le mani la bici di Pogacar. Chiaramente ho preso le misure, l’ho studiata… per curiosità se non altro. Tadej ha misure che ai miei tempi si sarebbero usate su pista, lui invece ci vince in salita! Questo dimostra che ogni atleta è unico, e il lavoro del biomeccanico è anche capire quando fermarsi e rispettare queste caratteristiche.

Anche per Furlan, Sagan è uno dei casi più emblematici in cui sensazioni e soggettività battono le imposizioni accademiche circa il posizionamento in sella
Anche per Furlan, Sagan è uno dei casi più emblematici in cui sensazioni e soggettività battono le imposizioni accademiche circa il posizionamento in sella
Tornando al video che tanto ha fatto discutere su Instagram, perché ritieni importante fare un test sotto sforzo per valutare la posizione?

Perché la posizione da fermo spesso non rivela i problemi che emergono quando l’atleta è sotto sforzo. Durante questi test analizziamo altezza e arretramento della sella, la distribuzione della spinta e l’omogeneità nei 360° della pedalata. Sotto sforzo il muscolo si accorcia e se un atleta tende ad andare troppo in punta di sella, possiamo adattare la posizione per assecondare questo comportamento senza penalizzare l’efficienza.

Quanto tempo serve per arrivare a una posizione ottimale?

Il primo bike fitting con Francesco durò circa due ore e mezza. Gli aggiustamenti successivi richiedono solitamente un’ora, ma dipende da cosa c’è da fare. Per piccoli interventi, come regolare i pedali o verificare una nuova scarpa, bastano anche 30 minuti. È un processo continuo, specialmente per un professionista che evolve nel tempo.

Spesso il biomeccanico esterno si confronta con i meccanici dei team: sapere come la misura viene presa è fondamentale
Spesso il biomeccanico esterno si confronta con i meccanici dei team: sapere come la misura viene presa è fondamentale
Quando un atleta cambia pedali, come nel caso di Francesco, su cosa si lavora? Non basta riportare le quote esatte?

Si parte misurando tutto con precisione, dalla scarpa agli spessori delle tacchette, usando strumenti come il calibro per verificare gli offset dichiarati dai produttori. Se l’atleta utilizza la stessa scarpa, il lavoro è più semplice. Poi si confrontano i dati precedenti con quelli nuovi per vedere se il cambio influenza angoli e dinamiche di pedalata. Anche piccole variazioni possono influire sull’efficienza, quindi è importante procedere con attenzione e, appunto, massima precisione.

Chiaro, quei microdettagli di cui dicevamo all’inizio…

Sicuramente il dialogo con l’atleta. Non è solo questione di numeri o tecnologie, ma anche di fiducia reciproca. Ogni ciclista è un mondo a sé, e trovare la posizione ideale richiede una comprensione profonda delle sue esigenze, sensazioni e caratteristiche fisiche. Il fatto di essere stato un corridore a mio avviso aiuta molto in tutto ciò. Quando da me viene un pro’ siamo alla pari, lo ascolto, è un dialogo “da tecnico a tecnico”. Quando viene un amatore è perché lui vuole essere sistemato e apprendere, altrimenti esce di testa e continua a cambiare posizione.

Lo sguardo di Bennati su 4 giovani azzurri: ricambio in vista?

18.10.2024
5 min
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Il 2024 ci ha regalato un gruppetto di ragazzi giovani e dal fare ambizioso, che sanno pedalare bene e forte. Lo hanno dimostrato quando erano under 23 e una volta passati professionisti hanno mantenuto questo trend. Stiamo parlando di Giulio Pellizzari, Davide Piganzoli, Francesco Busatto e Davide De Pretto. Quattro atleti che hanno rappresentato lo zoccolo duro della nazionale under 23 di Marino Amadori fino al mondiale di Zurigo. Una volta terminato questo cammino, vista anche la nuova regola UCI che impedisce loro di correre a mondiali ed europei nella categoria U23, è arrivato il momento di trattarli da grandi

Busatto, De Pretto e Pellizari hanno corso a Zurigo con la nazionale U23 di Amadori
Busatto, De Pretto e Pellizari hanno corso a Zurigo con la nazionale U23 di Amadori

Il futuro

Lo facciamo insieme al cittì della nazionale elite Daniele Bennati. Il tecnico aretino raccoglie il testimone passatogli dal collega Amadori e guarda al futuro insieme ai giovani che avanzano.

«Secondo me questi quattro – racconta Bennati – sono nomi che per il futuro della nostra nazionale saranno importanti. Sui quali io stesso dovrò fare affidamento. C’è bisogno di un ricambio generazionale e lo possiamo cominciare nel migliore dei modi. Non solo dal punto di vista fisico, ma anche come approccio alle gare e ai vari impegni sono ragazzi che hanno mostrato sfrontatezza. Una qualità della quale abbiamo davvero bisogno».

Tra i giovani azzurri Pellizzari è quello che si è messo in mostra di più nello scorso Giro d’Italia
Tra i giovani azzurri Pellizzari è quello che si è messo in mostra di più nello scorso Giro d’Italia

1) Pellizzari e il passo giusto

Vediamo questi profili uno per uno insieme a Bennati. Una sorta di presentazione o, per meglio dire, una specie di identikit che il cittì ha fatto nei confronti di questi neo professionisti. Partiamo con il parlare di Giulio Pellizzari, se non altro perché in ottica mondiale il suo nome era sul taccuino di entrambi i tecnici azzurri. 

«Lui e Piganzoli – analizza Bennati – sarebbero potuti rientrare nei piani della nazionale maggiore in vista di Zurigo. Poi nei giorni precedenti alle convocazioni, Amadori e io ci siamo confrontati, decidendo di non fare un passo troppo lungo. Pellizzari nel 2024 ha mostrato di poter essere il corridore da corse a tappe per l’Italia. L’ultima settimana del Giro ha fatto vedere grandi cose, ciò testimonia un ottimo recupero, qualità importante in quel genere di corse. Ha un profilo che rispecchia molto le caratteristiche dello scalatore e lo ha fatto notare anche al Lombardia, dal quale è uscito con una prova maiuscola.

«L’anno prossimo passerà nel WorldTour con la Red Bull-Bora hansgrohe e credo sia uno step importante per la sua carriera, fatto nella squadra giusta. La concorrenza interna non mi preoccupa affatto, perché Pellizzari è forte e sarà la strada a dimostrare cosa potrà fare. Alla Red Bull-Bora troverà tanti italiani nello staff e nel team, in più sarà guidato da Gasparotto. Ripeto: non credo ci fosse scelta migliore».

Davide Piganzoli ha disputato una corsa rosa più solida, con un tredicesimo posto finale
Davide Piganzoli ha disputato una corsa rosa più solida, con un tredicesimo posto finale

2) Piganzoli: carico di responsabilità

L’altro azzurro con la mentalità e il fisico ideale per le grandi corse a tappe è Davide Piganzoli. Al suo primo Giro d’Italia ha portato a casa un tredicesimo posto finale. Un risultato non indifferente, che ha mostrato quanto possa essere solido il valtellinese nell’arco di tre settimane. 

«Ha caratteristiche diverse rispetto a Pellizzari – spiega il cittì – ha una struttura fisica che gli permette di essere più esplosivo. Lui stesso dovrà capire che tipo di corridore potrà essere in futuro, se da grandi Giri, da brevi corse a tappe o da gare di un giorno. Penso però che nel 2025 possa ancora curare la classifica in una grande corsa a tappe, se lo meriterebbe e da lui mi aspetto questa conferma. Rimanere un altro anno alla Polti Kometa può dargli qualcosa in più in termini di responsabilità. Correrà in un team dove sarà il faro per gare come il Giro e questo lo farà maturare ancora di più dal punto di vista mentale».

Francesco Busatto, al primo anno nel WorldTour ha fatto un calendario di grande qualità
Francesco Busatto, al primo anno nel WorldTour ha fatto un calendario di grande qualità

3) Busatto: un cammino costante

Si passa poi ai corridori da corse di un giorno: ragazzi leggeri, ma con gambe pronte a spingere forte sui pedali. Francesco Busatto e Davide De Pretto. Rispetto ai primi due loro hanno già vissuto un anno nel WorldTour, con Busatto che è passato dal devo team alla formazione dei grandi

«Busatto – continua Bennati – è in una squadra che gli permette di crescere e mettersi alla prova. Ha delle caratteristiche atletiche importanti visto che è dotato di un ottimo spunto veloce, cosa che nel ciclismo moderno può dargli un qualcosa in più. Da under 23 ha vinto la Liegi di categoria e quest’anno ha visto com’è correre in quella dei professionisti. Sono esperienze che fanno bene a un ragazzo giovane, molti corridori hanno vinto monumento o corse importanti dopo anni di presenze e piazzamenti. Un anno nel WorldTour alza sicuramente l’asticella, facendoti fare un salto importante a livello fisico e psicologico».

Tra i quattro giovani azzurri De Pretto è stata la sorpresa del 2024
Tra i quattro giovani azzurri De Pretto è stata la sorpresa del 2024

4) De Pretto: “la” sorpresa

Infine c’è Davide De Pretto, il quale ha messo alle spalle il suo primo anno nel WorldTour con la Jayco AlUla. Il suo è stato un salto importante, il vicentino arrivato dalla Zalf Euromobil ha raccolto risultati importanti. Nel complesso termina la sua stagione con sedici top 10 nelle quali rientra anche la prima vittoria da professionista al Giro di Austria.

«Lui e Busatto – conclude Bennati – hanno caratteristiche simili: sanno tenere in salita e hanno buone doti in sprint ristretti. De Pretto mi è piaciuto parecchio, il suo era uno scalino non facile da fare, passare da una formazione continental a una WorldTour non è scontato. Eppure ha risposto bene, non dico che mi ha sorpreso, ma mi ha fatto parecchio piacere. E’ un ragazzo molto propositivo e che durante tutto il 2024 ha dimostrato di poter stare a certi livelli. Il suo profilo è quello di un corridore in grado di poter vincere nel ciclismo moderno e lo accompagna anche il giusto atteggiamento».

Under 23: una corsa tra pioggia e dolore, l’Italia ci prova

27.09.2024
6 min
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ZURIGO (Svizzera) – Il mondiale dell’Italia under 23 si spegne insieme alle ultime energie che Giulio Pellizzari ha in corpo. Sullo strappo iniziale del circuito di Zurigo l’azzurro non tiene il ritmo dei migliori, più freschi e riposati. Il corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha speso troppe energie nella rincorsa a Jan Christen. Per troppi chilometri si è trovato nel mezzo tra lui e il gruppetto dietro, guidato dal Belgio. 15 secondi, tanti ne sono mancati per scrivere una pagina diversa di questo campionato del mondo under 23. Ma le corse sono così, si vince e si perde per pochi metri, a volte anche meno.

«Che vogliamo dire – attacca subito Pellizzari mentre rimugina seduto sulle scalette del bus – è stato duro, anzi durissimo. Anche il tempo non è stato dei migliori, era previsto più sole ma succede. Fa parte del nostro sport». 

Tattica rispettata

Una gara con tanti protagonisti possibili, ma un unico vincitore. Dalla mischia e dalla selezione è uscito il nome del tedesco Niklas Behrens. Un omone di 195 centimetri forte e con due spalle larghe ben più del manubrio che ha battuto Martin Svrcek e Alec Segaert

«Sapevamo che i big si sarebbero mossi da lontano – continua Pellizzari – quindi noi abbiamo cercato di seguirli. Siamo stati bravi in pianura, abbiamo preso i rischi e abbiamo corso sempre davanti. Una volta entrati nel circuito finale dovevamo seguire i migliori, ci siamo messi di impegno ed è andata così. Non c’erano nomi da seguire, tanti erano i ragazzi forti in gara. Quando è partito Christen al penultimo passaggio ho provato a chiudere. Sulle pendenze di Bergstrasse ho faticato tanto, non era uno sforzo adatto alle mie caratteristiche. Serviva un corridore con un picco di potenza maggiore, ma poi sulla salita successiva mi sono avvicinato. Christen in discesa ha allungato e in pianura non riuscivo ad avvicinarmi. D’altronde ha fatto terzo al mondiale a cronometro. Non lo scopriamo oggi che in pianura ha un passo incredibile».

«Non pensavo – spiega infine Pellizzari – che dietro ci fossero così tanti belgi dietro a tirare. Nelle corse under è difficile trovare una squadra che tira quando sono solamente venti corridori. Speravo in un po’ di controllo e di prendere lo strappo davanti, poi magari mi avrebbero preso comunque ma più vicini all’arrivo».

De Pretto e Busatto sono stati spenti dal freddo e dalla pioggia, ma hanno dato comunque il loro apporto
De Pretto e Busatto sono stati spenti dal freddo e dalla pioggia, ma hanno dato comunque il loro apporto

Freddo pungente

Davide De Pretto e Francesco Busatto arrivano nello spiazzo del bus che ancora tremano dal freddo. Il primo in pantaloncini corti si ripara dietro qualche macchina e parla. 

«Si sapeva sarebbe stata una gara difficile da controllare – dice – abbiamo anche corso bene, rimanendo sempre davanti. Poi siamo entrati nel circuito e sapevamo che si sarebbe fatta la differenza fin da subito. In tanti hanno provato ad alzare il ritmo fin dal primo passaggio. Stavo anche bene, ho seguito Morgado in un allungo, poi in discesa ho preso freddo e mi si sono congelato. Se guardiamo comunque i primi sono tutti ragazzi pesanti, magari hanno sofferto meno il freddo rispetto a molti altri».

Busatto ha ancora il volto scavato dai chili persi in estate, in inverno dovrà recuperarli
Busatto ha ancora il volto scavato dai chili persi in estate, in inverno dovrà recuperarli

Ruoli giusti

Busatto arriva direttamente dalla corsa, appoggia la bici e sale a cambiarsi. La sensazione è che oltre al freddo gli sia rimasta indigesta la giornata “no” in un appuntamento così importante. Un malanno in estate gli ha fatto perdere tre chilogrammi, che non ha ancora ripreso. A guardarlo si vede che è molto magro, un fattore che oggi ha influenzato la sua prestazione. 

«Non ho potuto farci tanto – spiega – non ci aspettavamo un clima così freddo. I corridori come me, più leggeri, hanno patito. A due giri dalla fine, quando prima ero sempre lì pronto e attivo, mi sono trovato in coda senza gambe. Il piano alla partenza era di essere presenti nei tentativi di creare situazioni buone per la squadra. Dove ho visto opportunità mi sono buttato, alla fine il mondiale è imprevedibile. 

«Ci siamo supportati bene a vicenda. De Pretto e io siamo stati presenti sullo strappo più duro, mentre Pellizzari andava a chiudere sulla salita. Mattio, invece, ha fatto un grande lavoro nella parte iniziale, in pianura. Comunque c’eravamo sempre, fino al punto in cui siamo stati messi fuori gioco dal freddo. Credo che indubbiamente siamo stati una delle squadre più forti. Peccato, se fossimo riusciti ad arrivare in due o tre nel finale avremmo potuto giocarci le nostre chance. In questi casi vanno fatti i complimenti al vincitore e basta».

Amadori, qui a colloquio con Kajamini, si è detto rammaricato ma soddisfatto della prova dei suoi under
Amadori, qui a colloquio con Kajamini, si è detto rammaricato ma soddisfatto della prova dei suoi under

Il punto di Amadori 

Alla fine chi deve prendere in mano tutto, analizzare e parlarne poi con i ragazzi è il cittì Marino Amadori

«Come sempre – ammette – ho fatto la gara senza le radioline. E’ sempre il solito discorso, in certi frangenti servono ma non possiamo farci nulla. Il momento in cui mi sarebbe servita di più? Quando Pellizzari era a metà tra Christen e il gruppetto dietro. Gli avrei detto di rialzarsi e non spendere troppo. Abbiamo provato a forzare la giuria ma non ci ha fatto passare e purtroppo Pellizzari è rimasto nel mezzo. Si è praticamente finito lì, ci siamo giocati tutto. Mi dispiace perché andava forte, aveva una bella gamba.

Se avesse agganciato Christen avremmo visto un finale diverso, ma non si vive di ipotesi. Peccato per De Pretto e Busatto, con loro a pieno regime avremmo avuto delle alternative diverse per il finale, purtroppo non ce l’abbiamo fatta».

Durante le premiazioni il ricordo per la scomparsa della giovane svizzera Muriel Furrer
Durante le premiazioni il ricordo per la scomparsa della giovane svizzera Muriel Furrer

Tutto nel silenzio

Nel giorno della tragica morte di Muriel Furrer, la giovane junior svizzera venuta a mancare nel pomeriggio dopo la caduta nella prova femminile di ieri, il cielo non ha risparmiato acqua e freddo. L’UCI ha organizzato una conferenza stampa alle 17, in concomitanza con l’arrivo della prova under 23. Le gare devono andare avanti, ma la chiusura della mixed zone non ha permesso di raccontare la vittoria del tedesco. I ragazzi hanno corso senza sapere della notizia, il lutto della nazionale elvetica e della famiglia andava rispettato, vero, così come la fatica fatta dai ragazzi.

Amadori: «A Zurigo con una rosa competitiva e varia»

20.09.2024
5 min
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La lista degli otto corridori scelti da Marino Amadori per il mondiale under 23 è stata resa pubblica martedì insieme a tutte le altre dei vari cittì. I cinque nomi selezionati per la prova in linea di Zurigo sono: Giulio Pellizzari, Francesco Busatto, Davide De Pretto, Pietro Mattio e Florian Kajamini (in apertura, De Pretto e Pellizzari). A questi si aggiungono le tre riserve: Simone Gualdi, Federico Savino e Ludovico Crescioli. 

Il solito “problema”

Tre dei cinque nomi scelti da Amadori sono già nel mondo dei professionisti, un dato che però unisce tutte le selezioni nazionali di rilievo. Chi vuole provare a vincere ha portato i migliori atleti under 23, professionisti o meno. Da quando l’UCI ha aperto queste competizioni anche ai corridori che hanno messo nelle gambe corse WorldTour le scelte diventano obbligate. 

«La prima premessa che voglio fare – commenta Amadori – è che ci sono dei regolamenti e bisogna agire di conseguenza. Noi come Italia ci organizziamo per fare il massimo nella gara che assegna la maglia iridata. In una gara che vede 40 ragazzi che provengono da squadre professionistiche, noi dobbiamo agire di conseguenza per provare a essere competitivi. Con i ragazzi scelti mi auguro di esserlo, ma non sarà facile, non è che con questi andremo sicuramente a podio oppure a medaglia. Vi basti sapere che ci saranno Del Toro e Morgado, giusto per dire due nomi. Il primo ha fatto la stagione che ha fatto, mentre il secondo, al primo anno tra i professionisti, si è piazzato quinto al Fiandre. All’europeo abbiamo subito alla grande, al mondiale voglio portare una squadra che può essere protagonista».

Crescere e imparare

Ne abbiamo parlato anche con Pellizzari nell’ultima intervista. Per vincere serve imparare a farlo e abituarsi a vivere determinate situazioni. Il corridore della Vf Group-Bardiani ha detto di essersi pentito per non aver corso l’Avenir. La corsa a tappe francese, che racchiude il meglio del movimento under 23, sarebbe stata un punto importante per la sua crescita. 

«Il punto che mi va di sottolineare – riprende il cittì – è che noi come Italia facciamo fatica nel mondo dei professionisti. Portare ragazzi come Pellizzari, Busatto e De Pretto al mondiale under 23 può essere una bella occasione per migliorare e vivere queste gare da protagonisti. Sono corridori che tra uno o due anni magari  saranno protagonisti con la nazionale maggiore e lo saranno anche grazie a questo passaggio. E’ chiaro che mi spiace lasciare fuori i vari Zamperini, Crescioli, Gualdi, Savino e gli altri che erano nella mia lista. Però la maglia azzurra va onorata e andare al mondiale per fare piazzamento da “ennesima” posizione non è ciò che merita la nazionale italiana».

Questione di equilibrio

Cinque nomi in una lista dove tanti meriterebbero spazio, ma ciò che serve è avere equilibrio per partire competitivi e ricoprire bene tutto il percorso. 

«Dei cinque ragazzi – spiega Amadori – non tutti sono da ragazzi da ultimo momento e non ci sono solamente leader. E’ importante trovare il giusto compromesso. Mattio è una sicurezza, il suo Tour de l’Avenir corso sopra le righe mi ha fatto capire che potrà essere molto utile alla causa fin dal chilometro zero. Kajamini, ad esempio, è uno di quelli che non ha paura di prendere vento in faccia e anche lui all’Avenir ha fatto vedere di andare forte in salita. Poi lui è uno che attacca, da noi in Italia tanti ragazzi corrono sulle ruote per fare ottavo o quindicesimo, Kajamini invece è uno che si muove, anticipa e lotta.

«I leader – riprende – saranno Pellizzari, Busatto e De Pretto, almeno sulla carta. Li conosciamo bene e sappiamo quanto valgono. Pellizzari ha un valore, in salita, fuori dal comune e può lottare con i vari Torres, Nordhagen e Widar. De Pretto ha fatto un bell’avvicinamento, dimostrando ottime sensazioni visto anche il quarto posto al Matteotti. Busatto, infine, è colui che ha messo nelle gambe più gare di qualità in questo periodo e da dopo l’altura di luglio ha corso solamente in gare WorldTour».

In ordine due delle tre riserve scelte da Amadori: Gualdi e Crescioli. Tra gli esclusi anche il campione italiano Zamperini
In ordine due delle tre riserve scelte da Amadori: Gualdi e Crescioli. Tra gli esclusi anche il campione italiano Zamperini

Importante vedere il percorso

Non resta che fare la valigia e imbarcarsi verso Zurigo, il 24 settembre, martedì, Amadori e i suoi arriveranno in città. Poi sarà il tempo di entrare nella “bolla iridata”. 

«Il percorso è duro – conclude il cittì – ma non durissimo. Gli under 23 dovranno fare quattro giri del circuito finale, non sarà così micidiale. Vero anche che all’europeo il percorso non era proibitivo eppure i distacchi sono stati incredibili. La gara la fanno i corridori e se come all’europeo la prima ora si fa a 51 di media ci sarà da divertirsi e soffrire. Il mondiale sicuramente sarà selettivo, noi dovremo studiare bene ogni evenienza per farci trovare pronti. Partiamo martedì perché mercoledì dalle 8 alle 10 ci sarà il percorso chiuso al traffico. E’ importante vederlo visto che ci sono dei passaggi delicati in città. Provarlo in modalità gara sarà basilare».