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Moscon ce l’avrebbe fatta? Difficile da dire, facile da sognare

03.10.2021
4 min
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Scordatevi di riconoscerli dalla faccia, sono come pietre dalle mani di pietra che solcano strade di pietra per raggiungere una pista levigata e lunga che potrebbe consegnare loro la gloria. Una fatica di sei ore per ricevere in cambio un sasso, ma loro sanno benissimo che quella pietra spigolosa è il graal di un certo modo di intendere il ciclismo. Anche Moscon la vede così ed è talmente sicuro di poter portare avanti la sua fatica, da non aver fatto i conti con il dannato destino.

«E’ una delle corse più belle al mondo – dice – ho provato da lontano, ma ho avuto un po’ di cattiva sorte. Era davvero una situazione spettacolare, ho giocato le mie carte. Per fortuna ha vinto ugualmente un italiano, il Paese sarà contento».

Non tutti i tratti di pavé erano infangati, ma nel finale è stato tremendo
Non tutti i tratti di pavé erano infangati, ma nel finale è stato tremendo

Il mito Boonen

L’attacco da lontano. Quando era poco più di un ragazzino, capitò di parlare con lui della Roubaix e capimmo subito che alla corsa più crudele e anacronistica lo legasse un filo neppure troppo sottile. Del resto la seconda volta che ci mise sopra le ruote, tornò a casa con un quinto posto e anche allora cadde. 

«Ho in mente il Boonen – diceva Moscon – che se ne va a vincere attaccando a 60 chilometri dall’arrivo. A casa mia la Roubaix è sempre stata il pomeriggio di una domenica di primavera, un rito da vivere sul divano, senza perdersi nemmeno una pedalata».

Chi questa volta era sul divano e cercava di non perdersi neppure una sua pedalata, di colpo ha dovuto soffocare un’imprecazione, vedendo la sua ruota posteriore sgonfiarsi inesorabilmente, quando aveva più di un minuto di vantaggio a 30 chilometri dall’arrivo.

Luke Rowe era una delle carte della Ineos Grenadiers, ma è finito a oltre 20 minuti
Luke Rowe era una delle carte della Ineos Grenadiers, ma è finito a oltre 20 minuti

Bici con ruote diverse

Gianni maledice la cattiva sorte e salta su una bici pulita. La sensazione di alcuni, vedendolo ripartire, è subito di qualcosa che non vada. Che siano le ruote con il profilo più basso o chissà cos’altro. Sta di fatto che il trentino del team Ineos Grenadiers perde 25 secondi e riparte avendone ancora abbastanza per tenerli indietro. Anche se dalle retrovie gli dicono via radio che stanno arrivando Van der Poel e Colbrelli. Ma Gianni sa accelerare sul pavé e proprio nei tratti più brutti ha costruito il suo vantaggio.

Invece in effetti qualcosa non va. E in un tratto scivoloso come tanti, finisce disteso sulla destra della strada, con due ammiraglie ferme dietro e anche una moto messa di traverso. Riparte. Cerca di tenerli indietro. Lo prendono. Fa lui l’andatura, ma ha due sobbalzi insoliti. Qualcosa non va. Lo lasciano lì, ma ha ancora gambe per difendere il quarto posto dal ritorno di Van Aert.

«In certi momenti – dice – con la fatica se ne va anche la lucidità. Quando sei al limite, capita anche di commettere qualche errore e così sono scivolato. Non so che cosa sarebbe cambiato senza foratura e senza caduta, non so nemmeno quanto ho perso. Non ha senso fare certi discorsi. Ora ho solo bisogno di riposare. Farò forse il Giro di Lombardia e poi potrò finalmente pensare alla prossima stagione».

Moscon, una maschera di fango. Ha resistito da solo fino al 4° posto
Moscon, una maschera di fango. Ha resistito da solo fino al 4° posto

Knaven non ci sta

Chi appare decisamente meno conciliante con la cattiva sorte è il direttore sportivo Servais Knaven, l’uomo del pavé che la Roubaix la vinse nel 2001 e con il trentino ha sempre avuto un ottimo rapporto.

«E’ stato frustrante – dice – siamo stati in gara tutto il giorno e sembrava che Gianni avesse davvero buone possibilità di vincere. Prima la foratura, ma pensi che vada bene. Ha perso circa 30 secondi. Invece la caduta ci è costata più tempo. Ha avuto anche un impatto sul suo corpo ed è passato da circa 45 a 10 secondi. Penso che Gianni fosse probabilmente il ragazzo più forte in gara. Difficile dirlo, ma avrebbe meritato la vittoria. Sono le corse, tutto può succedere. Ognuno ha la sua storia. Ma è un vero peccato, era così vicino…».

Tappabuco, quando non serve si… nasconde nella bici

19.08.2021
4 min
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Il tubeless sta prendendo sempre più piede nel mondo del ciclismo ed è nato per avere una ruota più leggera senza l’utilizzo della camera d’aria e resistente alle forature più piccole grazie alla schiuma, che grazie alla pressione interna segue la perdita e la ripara. Uno dei problemi riscontrati tuttavia da Effetto Mariposa è che nel momento in cui la foratura è più grande, il lattice contenuto nello pneumatico non riesce stratificarsi e a riparare il foro. Con Tappabuco forse abbiamo risolto il problema.

Infatti l’azienda svizzera, nata nel 2007 e affermatasi come una delle realtà specializzate nella realizzazione di prodotti di alta qualità per il ciclismo e con un occhio di riguardo proprio per il fastidioso inconveniente delle forature, ha realizzato un prodotto innovativo (Tappabuco, appunto), che permette di sistemare e rattoppare anche le forature più invasive.

Come funziona

Tappabuco è un piccolo oggetto di silicone con la punta di metallo, alla cui estremità si aggancia un “vermicello” da inserire all’interno dello pneumatico forato. Questo piccolo stratagemma permette, appunto, di riparare il buco creatosi nel copertone. L’idea è stata quella di offrire un’idea facile da usare e trasportare sia su strada che nell’off-road.

Due misure diverse

A proposito delle differenze tra le discipline, Effetto Mariposa ha deciso di fornire il Tappabuco in due dimensioni diverse: quello da 1,5 millimetri e quello da 3,5 millimetri. La decisione è semplicemente dovuta al diverso utilizzo: la dimensione più grande è pensata per la mountain bike o per il gravel. Quella più piccola, 1,5 millimetri, si addice di più all’utilizzo su strada, dove le alte pressioni rendono difficile riparare un foro, anche se di dimensioni ridotte.

Facile da trasportare

Passiamo a quella che è la vera innovazione dell’azienda del Canton Ticino, la possibilità di trasportare questo nuovo oggetto in maniera molto semplice.

Quello su cui si è fatto leva sono ben tre caratteristiche fondamentali per un oggetto simile, ovvero: facilità di trasporto, rapido accesso e una dimensione non eccessiva.

Infatti, Tappabuco può essere utilizzato come tappo per i manubri da strada o anche inserito nei classici movimenti centrali, con diametro da 15 a 20 millimetri. Il fatto che sia così facile da trasportare ne garantisce un rapido accesso, un’accoppiata perfetta se si aggiunge poi la dimensione ridotta di un oggetto così utile.

Disponibile sul sito di Effetto Mariposa, il nuovo Tappabuco è acquistabile in coppia, quindi entrambe le dimensioni (1.5 e 3.5 millimetri) al prezzo di 23,33 euro. E’ possibile anche acquistare gli oggetti singolarmente al prezzo di 14 euro.

www.effettomariposa.eu/it

Jhonathan Narvaez, tappa Rimini, Giro d'Italia 2020

Narvaez vince il braccio di ferro

15.10.2020
3 min
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La sorpresa. Diciamoci la verità, chi si aspettava di vedere arrivare in solitaria Jhonatan Narvaez sul lungo rettilineo di Cesenatico? La squadra di Pozzovivo che tirava. Simon Pellud in fuga che scattava e ne aveva il doppio degli altri. Fuglsang che aveva il dente avvelenato e voleva rifarsi. E invece ecco un altro ecuadoriano che va forte e vince sulle strade del Giro d’Italia.

Cioni
Dario David Cioni ds della Ineos Grenadier al termine della frazione di Cesenatico
Cioni ds della Ineos Grenadier

Una fuga cercata

«Sono davvero contento per lui e per la squadra – commenta il ds Ineos Grenadier, Dario Cioni a fine tappa – Jhonatan sarà una sorpresa per voi ma non per noi della squadra. Questo ragazzo stava bene. Tante volte aveva provato ad entrare nella fuga ma era sempre capitato nei tentativi sbagliati. Se la meritava».

Anche Narvaez è un giovane: ha 23 anni. Come dice Davide Cassani in questa pazza stagione i “novellini” che hanno meno bisogno di gare per andare a regime sono agevolati. Da due anni Narvaez è alla Ineos-Grenadiers, prima aveva corso nella Deceuninck-Quick Step. Se passi per queste due squadre qualcosa di buono devi avere.

E qualcosa di buono aveva fatto vedere proprio su queste strade. Giusto qualche settimana fa, Narvaez  aveva trionfato vincendo una tappa e la generale alla Coppi e Bartali.

Narvaez e Padun (prima della foratura) in fuga verso Cesenatico
Narvaez e Padun verso Cesenatico

Sangue freddo

Oggi il capolavoro è stato dapprima quello di prendere la fuga (la prima ora di corsa è volata via di nuovo sul filo dei 50 orari), poi di non perdere la concentrazione quando sono iniziati gli scatti e soprattutto di restare freddo quando Mark Padun lo stava riprendendo nel finale.

«E’ stato davvero bravo – riprende Cioni – per radio gli davamo i distacchi. Padun stava guadagnando ma poi dopo quello striscione dei meno 10 ha trovato altre energie ed è riuscito a tenere la prima posizione. Jhonatan è un buon cronoman. Sapeva che in volata era più veloce, ma non ha voluto rischiare lo stesso».

In tv si era detto che la mossa di togliere l’ammiraglia da dietro Narvaez fosse una scelta tattica: Cioni smentisce.

«No è stata la giuria a mandarci dietro a Padun. Non si è trattato di scelta tattica. Per radio lo incitavamo e basta. E’ un professionista e non c’è bisogno di dargli indicazioni sul rapporto o sul come fare. Jhonatan ha avuto la forza di allungare e quando Padun ha visto che non riusciva a chiudere o che scappava di nuovo deve aver perso le morale. E’ stato un bel braccio di ferro dai!».