Jannick Sinner si conferma numero uno al mondo vincendo gli US Open, primo italiano della storia, sottolineando come questa vittoria sia venuta in un momento molto difficile della sua carriera (in apertura foto Facebook/FITP). Come avrà fatto a tenere botta in uno sport che vive sulla concentrazione estrema, sapendo quello che rischia?
Ricordiamo lo stupore nell’assistere alla vittoria di Contador al Giro d’Italia del 2011, quello dell’Etna. Come faceva a correre e sopportare quella fatica così dolorosa, con una bomba a orologeria sul capo? Sulla sua testa pendeva infatti un’accusa di doping per 50 picogrammi di clenbuterolo rintracciati nelle sue urine (0,0000000000005 grammi per millilitro). La federazione spagnola lo assolse così come la FITP del presidente Binaghi si è schierata con Sinner. UCI e Wada però fecero ricorso e alla fine lo spagnolo fu squalificato per due anni.
Secondo il Tas, che nel 2012 comminò la squalifica, era probabile che la positività di Contador fosse stata causata dall’assunzione di un integratore alimentare contaminato, ma di fronte all’oggettività del test positivo, allo spagnolo fu imputato tuttavia di aver agito con negligenza. Una superficialità, chiamiamola così, che gli costò due anni e la sottrazione dei titoli, fra cui il Tour del 2010 e il Tour del 2011. Parve a tutti eccessivo, ma si trattava di un ciclista, quindi…
La pomata e la feritina
Saremmo francamente stupiti se la Wada e il Nado decidessero di non procedere contro Sinner, ma ne saremmo anche sollevati. Da un lato significherebbe che la parola dell’atleta vale ancora qualcosa, assestando un bel colpo alla presunzione di colpevolezza che vige nell’ordinamento sportivo. Dall’altro però si verrebbe a creare un precedente, come quello di aver aggirato la normativa nazionale antidoping, per il quale sarà difficile d’ora in avanti prendere provvedimenti per chiunque incappi in simili valori infinitesimali.
Cambia il punto di vista. Per Sinner si è detto (e potrebbe essere accettato) che la pomata usata incautamente dal fisioterapista sia entrata nella feritina durante il massaggio. Per Contador gli accusatori sostennero che il quantitativo assunto fosse ben più massiccio e che l’organismo fosse riuscito a smaltirlo tutto ad eccezione di quella minima parte… traditrice. Come fai a stabilirlo? E come fai a non imputare a Sinner la stessa negligenza di Contador?
Il silenzio dei media
Quello che colpisce in realtà non è tanto la difesa del tennista, dovuta e ben architettata, quanto il silenzio di chi sul doping s’è costruito una carriera. Si scrivono fiumi di parole su Pogacar che respirerebbe il monossido di carbonio, adombrando chissà quali strategie, mentre si resta di colpo in silenzio davanti a una doppia positività?
Dopo le bordate iniziali, infatti, che hanno costretto lo staff di Sinner ad allontanare il preparatore atletico Umberto Ferrara e il fisioterapista Giacomo Naldi (in apparenza vittime sacrificali), sulla vicenda è sceso il silenzio.
Intendiamoci, sappiamo benissimo che qualcuno in alto ha deciso che va bene così. Però allora, forti di questa esperienza, non sarebbe bene usare lo stesso metro per tutti, senza sfogare la propria voglia di trasparenza contro chi non gode di particolari protezioni?
La ricetta perfetta
Ci fu un corridore americano che al via del Tour del 1999 risultò positivo per una pomata al cortisone, ma non venne sanzionato. L’UCI accettò la ricetta retrodatata in cui la squadra sosteneva l’uso di una pomata contro le abrasioni della sella. Se sta bene al massimo organismo dello sport, perché qualcuno dovrebbe dubitarne?
Salvo un paio di giornalisti dotati di una visione più nitida, nessuno si mise contro il sopravvissuto al cancro. Servono tanti ingredienti per la ricetta perfetta. Tanti ingredienti e qualcuno che la faccia andar bene: ci sono interessi davanti ai quali le domande si fermano. E’ così che va lo sport, è così che va la vita.