La prima di Cataldo, tornato alle origini dopo la tempesta

22.03.2025
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La vittoria al 13° Gran Premio dell’Industria a Civitanova Marche inaugura la nuova stagione di Lorenzo Cataldo che torna all’antico. Il toscano inizia come meglio non potrebbe la sua nuova avventura al Gragnano Sporting Club. Ci era già stato, nel 2022 e 2023, poi era iniziata la sua odissea, passata per la contraddittoria vicenda dell’Albiono Cycling Team, oscuro progetto basato ai Caraibi che non ha mai visto la luce ma sottratto a lui, Filippo Tagliani e altri soldi e tempo prezioso. Lo scorso anno aveva trovato casa da Stefano Giuliani alla Monzon Savini 2, poi è arrivata la chiamata di Marcello Massini per tornare a Gragnano che intanto aveva fatto il salto diventando una Continental.

Lo sprint di Civitanova Marche battendo al fotofinish Matteo Fiorin. Per il toscano è il bis del 2023 (foto Rodella)
Lo sprint di Civitanova Marche battendo al fotofinish Matteo Fiorin. Per il toscano è il bis del 2023 (foto Rodella)

Un ritorno che sa tanto di nostalgia per il venticinquenne che ora vede la sua attività con occhi diversi, disincantati: «La gara di Civitanova l’avevo già affrontata negli anni passati, mi piace molto, avevo già vinto due anni fa, sempre con la maglia di Gragnano. Certamente non avrei pensato che quella vittoria, anche in quel caso la prima della stagione (nella quale poi avrebbe fatto seguito un successo in Kosovo, ndr) avrebbe aperto una parentesi così varia che ha tanto inciso sulla mia vita».

Che differenze hai trovato tornando nel team?

L’atmosfera è quella famigliare di sempre e questo è stato il primo dato che mi ha convinto a fare il passo. Il fatto però di essere Continental ha cambiato un po’ le cose: vedo che ci sono maggiori possibilità per gareggiare all’estero, per fare un calendario più professionistico e questo mi piace molto. Per me è importante poter correre all’estero perché la qualità è diversa, ti confronti con realtà molto avanzate, anche con team del WorldTour. Il team poi ha cambiato struttura…

Cataldo alla Monzon Savini 2, una sola stagione con buoni risultati, per dimenticare la vicenda Albiono
Cataldo alla Monzon Savini 2, una sola stagione con buoni risultati, per dimenticare la vicenda Albiono
In che senso?

Prima eravamo pochissimi, ora ci siamo 5 Elite e altri giovani, c’è una bella commistione nella quale noi più “anziani” possiamo anche insegnare il mestiere Poi ci conosciamo tutti, con Chiarucci e Lucca abbiamo condiviso tante gare. E’ una bella famiglia, lo staff è rimasto lo stesso. I programmi sono in via di redazione, ma so che ci sarà la possibilità di gareggiare tanto in prove a tappe e a me fa piacere, è quello che cercavo. Quando Palandri mi ha offerto questa possibilità, non ci ho pensato due volte.

Ora che è passato tempo e puoi guardare tutto con maggior disincanto, che cosa ti è rimasto dell’esperienza di Albiono?

Ho capito che in questo mondo non è tutt’oro quello che luccica. Tanti fanno promesse, ma poi sono i fatti quelli che contano. La mia fortuna è stata aver potuto trascorrere quei due mesi maledetti non da solo, ma con Filippo e il preparatore Musetti, ci siamo fatti forza a vicenda. Fondamentale è stato poi aver incontrato Giuliani, una persona seria, che mi ha offerto una nuova possibilità senza fare follie, mettendo a disposizione quel che poteva. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza.

Per il toscano la scorsa stagione il sigillo in una tappa del Tour du Maroc
Per il toscano la scorsa stagione il sigillo in una tappa del Tour du Maroc
L’esperienza alla Monzon Savini 2 com’è stata?

Abbiamo gareggiato molto all’estero, con loro ho capito quanto sia importante fare quell’attività. Quella italiana è importante, ma non ti dà gli stessi stimoli, serve per mantenere la gamba, per farsi vedere, ma le esperienze vere le fai fuori dai confini. Io quest’anno vorrei fare un po’ lo stesso calendario, magari evitando le lunghe soste che hanno contraddistinto il 2024 quando mi sono ritrovato a stare senza gare anche un mese intero. Ma so che squadre come queste sono soggette agli inviti, si fa quel che si può.

Il sogno del professionismo l’hai messo definitivamente da parte?

No, ma lo guardo in maniera più disincantata. Io intanto mi sono trovato un lavoro come meccanico, che mi piace e mi dà un futuro, permettendomi di restare nell’ambiente delle bici, poi mi dedico alla mia attività. Il sogno è lì, c’è sempre, è quello che mi porta a viaggiare, a confrontarmi e cercare di fare sempre risultato. Ma non è il mio solo sogno. Intanto sto lanciando una mia linea di abbigliamento sportivo insieme a mia moglie per Natali Sports Wear, poi continuo a divertirmi nel gareggiare e questo per me è fondamentale. Gareggio con la mente più libera, se poi arriverà una chiamata da una Professional mi farò trovare pronto.

Cataldo è tornato al Gragnano Sporting Club lasciato nel 2023
Cataldo è tornato al Gragnano Sporting Club lasciato nel 2023
Come pensi che ti troveresti?

Io credo che qualcosa riuscirei a fare, ogni volta che ho corso con i professionisti, anche lo scorso anno al Giro d’Abruzzo nel mio piccolo ho fatto vedere che posso starci. So che a 25 anni l’età non giova a mio favore perché si guardano sempre i più giovani, ma dalla mia ho l’esperienza. Le vicissitudini e la vicinanza con Tagliani, che alla Monzon era mio compagno di camera, mi hanno fatto capire quanto il mondo dei professionisti richieda tanto a chi riesce ad approdarci, ma posso assicurare che darei il mio contributo.

Il progetto di Giuliani ora sbarca anche in Cina

22.01.2025
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Non è mai semplice parlare con Stefano Giuliani, perché il manager della Monzon Incolor Gub è sempre in giro. Per sapere qualcosa di più sull’evoluzione del suo team continental affiliato in Romania ma dalla forte impronta italiana, lo abbiamo rintracciato poco prima dell’imbarco verso la Cina e scoprire la sua destinazione ci ha un po’ meravigliato.

Continua la lunga storia di Stefano Giuliani, il cui team è affiliato dal 2018 in Romania
Continua la lunga storia di Stefano Giuliani, il cui team è affiliato dal 2018 in Romania

Un investimento decisivo

«E’ la mia ennesima avventura – racconta – andiamo ad accordarci con un paio di aziende di bici per la prossima stagione. Devo dire grazie proprio a loro se sono ancora in questo ambiente: a fine ottobre avevo deciso di mollare tutto perché non c’erano le condizioni per continuare. Ma lo sapete quanto costa una squadra continental? Soprattutto se non hai le spalle coperte, se non c’è chi ti fornisce bici, accessori, materiale ma devi sempre pagare tutto? Io stavo per lasciare, ma mi è arrivata quella telefonata che ti allunga la vita, questa grande azienda cinese (Incolor, ndr) ha deciso di investire su di noi e di punto in bianco mi sono ritrovato ancora in ballo».

La squadra cambia profondamente, non solo nell’attrezzatura ma anche nel suo roster e la sua costruzione è qualcosa di molto diverso dal solito: «Io non contatto corridori o procuratori, sono loro a contattare me e questo lo devo soprattutto alle tante conoscenze che ho accumulato nel corso degli anni. Mi arrivano richieste sui social, per telefono, per mail… Questo è un progetto diverso da tutti gli altri, l’affiliazione rumena non è una scelta di comodo, ma rappresenta il nostro modo di pensare, con una squadra internazionale che fa un calendario internazionale. Per questo mi arrivano richieste da ogni parte del globo…».

L’ammiraglia del team con Dilara Gul, direttore sportivo che arriva dalla Turchia
L’ammiraglia del team con Dilara Gul, direttore sportivo che arriva dalla Turchia

Curriculum e non solo

Un progetto coraggioso e che ora trova nuova linfa, non solo economica ma anche mediatica attraverso un mercato enorme come quello cinese: «Hanno capito l’essenza del nostro progetto. Al giorno d’oggi vincono in pochi perché nel ciclismo contano esclusivamente i soldi. Ma se sei al di fuori della massima serie, i budget a disposizione sono sempre quelli e puoi fare ben poco, a meno che non cambi prospettiva. A me dispiace che non ci siano in Italia sponsor che guardino oltre la punta del proprio naso, che non colgano l’occasione».

Come avviene la scelta? «Mi arrivano tantissimi curriculum, io valuto in base alle nostre esigenze e al valore dei corridori. E’ chiaro che quelli di prima qualità sono nel WT, dopo bisogna saper inquadrare il valore di ogni corridore, che cosa può dare. Se si tornasse al passato, con una netta e semplice distinzione fra dilettanti e professionisti sarebbe tutto più semplice. Poi devo guardare anche altro».

Nuovi corridori asiatici

Che cosa? «Ad esempio abbiamo portato nel team un corridore di Hong Kong, Ngai Chung Ki. Questo perché saremo al Giro di Taiwan e devo quindi avere anche qualche motivo di richiamo per il mercato locale, stessa cosa per Zhang Changxin, corridore cinese ultimo acquisto. Devo tenere conto degli sponsor, ma anche dell’aspetto comunicativo e avere un corridore del luogo ti apre tante strade. Io d’altronde così posso dare spazio a ragazzi che meritano, perché non guardo certo solo il passaporto, voglio corridori veri».

La sua squadra è diventata una vera multinazionale, con 12 corridori di 8 nazioni diverse e ognuno di questi ha una storia: «C’è ad esempio il finlandese Sampo Malinen, mi aveva colpito il fatto che si allenava a 2.500 metri di quota – spiega Giuliani – mi sono ritrovato un corridore capace di finire nelle posizioni alte delle prove internazionali gravel, vediamo ora come se la cava. Oppure il britannico Tom Williams, che era senza team eppure a fine anno era ancora lì a Calpe ad allenarsi. Avendo 21 anni, aveva solo bisogno di una chance».

Il team è stato presentato nella sede dell’Incolor. Un’azienda di dimensioni enormi
Il team è stato presentato nella sede dell’Incolor. Un’azienda di dimensioni enormi

Due italiani nel team

Saranno due gli italiani in squadra, molto diversi fra loro: «Ho deciso di riconfermare Filippo Tagliani perché ha una grandissima esperienza all’estero e ne ha passate davvero tante, proprio questo è un valore in più. Può essere un esempio per i suoi compagni e quel regista in corsa che serve ai giovani per crescere. E’ un grande professionista. Con lui Jacopo Militello, appena 20 anni che viene dalla Toscana e può crescere molto in questo contesto».

Queste scelte hanno restituito a Giuliani la voglia di lottare per le strade di tutto il mondo: «Faremo un calendario molto internazionale, proprio per rispettare il nostro progetto. Molti mi chiedono perché mi fermo a 12 corridori. La risposta è semplice: l’attività continental costa molto, ma io devo essere in grado di far correre i ragazzi a ritmo abbastanza continuo, altrimenti mollano. Guardate quel che avviene in tanti team, si comincia la stagione con 10 e si finisce con 6. Non deve succedere, ognuno avrà le sue occasioni per correre e crescere».

Tour du Maroc: con Tagliani dal deserto fino a Casablanca

11.06.2024
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L’aereo che ha riportato Filippo Tagliani e i suoi compagni di squadra verso casa è partito ieri alle 16,30 dall’aeroporto di Casablanca. Alle spalle il corridore della Vini Monzon-Savini Due si è messo il Tour du Maroc. Una gara di categoria 2.2 che si è disputata dalle porte del deserto fino alle coste del nord del Paese magrebino. Nove tappe in totale con tante insidie e un continuo rimescolamento delle carte in tavola

«Il tutto è andato abbastanza bene – racconta Tagliani prima di imbarcarsi sull’aereo di ritorno – peccato essere uscito di classifica nella tappa dei ventagli. Però sono riuscito a ottenere sei top 10 in tutto l’arco della corsa».

La Vini Monzon-Savini Due è partita il 29 maggio per Agadir ed è rientrata il 10 maggio (foto Instagram)
La Vini Monzon-Savini Due è partita il 29 maggio per Agadir ed è rientrata il 10 maggio (foto Instagram)

Non la prima esperienza

Nella carriera di Tagliani non è la prima volta che si legge del Tour du Maroc, che il corridore bresciano aveva già disputato anni fa.

«Era il 2017 – continua – e correvo con la Delio Gallina. Già all’epoca era organizzata bene, nel corso del tempo la cosa che è cambiata di più penso siano gli hotel. Sono diventati più belli e accoglienti, anche se con il cibo e l’acqua ci sono sempre gli stessi problemi. Oggi come allora la squadra ha portato da casa le cose da mangiare. Non abbiamo mai consumato verdure o cibi da lavare, perché non è possibile usare l’acqua corrente. Anche per lavarsi le mani e bere bisogna sempre usare l’acqua della bottiglia». 

I cinque corridori della Savini che hanno preso parte al Tour du Maroc. Tagliani è il primo da destra (foto Instagram)
I cinque corridori della Savini che hanno preso parte al Tour du Maroc. Tagliani è il primo da destra (foto Instagram)
Com’è andata in quel senso?

Sono riuscito a non stare male, che era la cosa più importante. Dieci giorni sono lunghi, anzi dodici, visto che siamo partiti dall’Italia il 29 maggio. La corsa è iniziata due giorni dopo, il 31 maggio dal sud, quasi a confine con il deserto. 

Le tappe come erano organizzate?

In maniera ottimale, nulla era lasciato al caso. Non esagero se dico che è una corsa molto organizzata rispetto a tante altre che ho fatto, anche in Europa. Gli orari erano super stringenti e dopo la tappa tutti venivamo trasportati in hotel comodamente. 

Tagliani (qui in maglia a pois nel giorno della vittoria di Cataldo) ha ottenuto sei top 10 in nove tappe (foto Instagram)
Tagliani (qui in maglia a pois nel giorno della vittoria di Cataldo) ha ottenuto sei top 10 in nove tappe (foto Instagram)
Ecco, ammiraglie al seguito?

L’organizzazione ci ha fornito le macchine e i transfer erano organizzati con un pullman che portava noi corridori e i membri degli staff all’hotel e alla partenza. Ci siamo spostati solamente tre volte da una città ad un’altra dopo l’arrivo. Spesso partivamo dalla stessa nella quale eravamo arrivati il giorno prima. 

Il livello in corsa?

C’erano squadre continental, ma si è sempre andati forte. La grande differenza in corsa l’ha fatta il vento, che rendeva il tutto più difficile. Nella tappa più dura ne avevamo tanto in faccia anche in salita, talmente forte che si faceva una gran fatica, praticamente era impossibile scattare. Le velocità medie erano basse, ma a livello di watt i numeri sono stati alti per tutti e nove i giorni di gara. 

Tagliani ha perso la maglia del leader dei GPM all’ultimo giorno (foto Instagram)
Tagliani ha perso la maglia del leader dei GPM all’ultimo giorno (foto Instagram)
Quali squadre c’erano?

C’erano tre squadre con atleti marocchini che hanno un po’ dominato la corsa, almeno a livello numerico. Erano presenti tre nazionali africane: Burkina Faso, Marocco e Benin. Poi tante continental europee e alcune Development. Non mancavano gli atleti francesi. 

In gruppo che clima si respirava?

Penso che gare del genere siano delle vere e proprie esperienze di vita. Io ho avuto modo di legare e di parlare con gli atleti francesi, visto che il podio è stato dominato da due corridori della Nice Metropole. Il grande dispiacere per me era che avevo la maglia dei GPM fino all’ultima tappa, l’ho persa proprio alla fine. 

Il Tour du Maroc unisce e fa conoscere corridori diversi (foto Instagram)
Il Tour du Maroc unisce e fa conoscere corridori diversi (foto Instagram)
Era difficile controllare la gara?

Per noi sì, in squadra eravamo in cinque, ma alla seconda tappa uno dei due ungheresi si è dovuto ritirare perché è stato malissimo di stomaco. Anche il suo connazionale è stato male, poi però si è ripreso. I marocchini erano in superiorità numerica e nei ventagli erano avvantaggiati, tanto da occupare tutta la carreggiata. Per seguirli toccava aprire un altro ventaglio, ma non era semplice organizzarsi. Quando sono uscito di classifica è stato per questo, alla fine il gruppo si era stancato di rincorrere. 

Con il cibo come vi siete organizzati? 

Noi abbiamo mangiato sempre cose chiuse o che dovevamo bollire: pasta, riso, tonno in scatola e biscotti. A livello di prestazione il recupero era complicato, visto che avevamo tante limitazioni alimentari. Però è stata una bella esperienza, anche perché l’alternativa era rimanere a casa ad allenarsi. Sono dell’idea che è sempre meglio correre. Sono uscito in forma, anzi avrei continuato a correre.

Dove andrai ora?

Campionati italiani il 23 giugno e poi al Sibiu Tour, in Romania.

Tagliani, il team mai nato e il salvagente di Giuliani

11.04.2024
5 min
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Alla fine Filippo Tagliani un posto l’ha trovato, anzi sta già correndo al Giro dell’Abruzzo, ma il suo inverno non è stato certo caratterizzato dalla tranquillità. Coinvolto nel progetto dell’Albiono Pro Cycling Team, la fantomatica squadra con base alle Isole Vergini che doveva entrare fra le continental con un budget molto cospicuo, il ventottenne corridore di Gavardo ha rischiato seriamente di trovarsi a piedi, sapendo che perdere il treno sarebbe stato un addio definitivo.

Spesso abbiamo provato a sentirlo nel corso dei mesi freddi, ma lo stesso Filippo ci avvertiva di non avere novità, di continuare a vivere in un limbo che solo ora, con in tasca il contratto con la Monzon-Savini Due può descrivere nei particolari.

«Mi aveva contattato a dicembre il manager Luciano Fondrieschi – racconta – prospettandomi questa possibilità e io, che non avevo squadra, avevo accolto con favore l’idea di essere coinvolto in un nuovo progetto. Entro Natale ho anche firmato il contratto, sembrava tutto a posto ma c’era qualcosa che non quadrava».

Il nuovo Monzon-Savini Due-Team Omz. Tagliani e Cataldo sono le ultime due entrate
Il nuovo Monzon-Savini Due-Team Omz. Tagliani e Cataldo sono le ultime due entrate
Che cosa?

Tutto rimaneva fumoso, intanto i giorni passavano e se da una parte si continuava a sentire nell’ambiente, anche sui media, di questo grande progetto proveniente da uno dei paradisi fiscali, dall’altro però non vedevamo nessuna realtà. Niente materiale tecnico, niente bici, niente programmi. Quando chiedevamo a Fondrieschi, che è un manager italiano che ha la sua attività a Menton, appena fuori dai confini, anche lui diceva di non avere notizie.

E poi?

A quel punto bisognava fare qualcosa e Fondrieschi ci ha proposto di fare intanto un ritiro prestagionale non lontano dalla sua attività lavorativa, sulla costa sud della Francia. Lui anticipava i soldi per le spese, noi ci siamo presentati ognuno con il proprio materiale tecnico, senza divise né bici. Eravamo una decina: io, Lorenzo Cataldo (che mi ha seguito anche nell’epilogo alla Monzon-Savini Due), El Gouzi e altri ragazzi. Il progetto era anche interessante, con corridori provenienti da molti Paesi, una vera multinazionale. Il problema è che i giorni passavano e la nebbia sul nostro futuro non accennava a diradarsi, anzi…

Tagliani, a 28 anni, cerca il rilancio dopo le difficoltà legate alla chiusura della Drone Hopper
Tagliani, a 28 anni, cerca il rilancio dopo le difficoltà legate alla chiusura della Drone Hopper
Come facevate a trovare la forza psicologica per allenarvi?

Non era semplice, anzi a dir la verità molti hanno preso quei giorni come una vacanza. Al mattino si usciva tutti insieme in bicicletta, ma dopo una mezz’ora io e Lorenzo ci ritrovavamo da soli: gli altri si erano già fermati. Noi invece abbiamo continuato a crederci, perché volevamo sperare che la situazione si sbloccasse, volevamo fortemente continuare a fare il nostro lavoro. Poi c’è stato un piccolo colpo di scena.

Quale?

A fine gennaio è arrivato il primo stipendio. A quel punto ho pensato che la situazione si stava risolvendo, anche perché come a me era arrivato anche agli altri. Continuavamo però a non avere nulla per iniziare l’attività, né la squadra era stata intanto registrata all’Uci. Poi Fondrieschi ci ha comunicato che anche se dalle Isole Vergini continuavano a dargli assicurazioni, lui si era tirato fuori. A quel punto abbiamo capito che non c’erano grandi possibilità e abbiamo iniziato a guardarci intorno.

L’antiguano Jyme Bridges, uno dei pochi oltre a Tagliani e Cataldo ad aver trovato un contratto nel 2024, in un team caraibico
L’antiguano Jyme Bridges, uno dei pochi ad aver trovato un contratto nel 2024, in un team caraibico
Difficile però trovare spazi a quel punto della stagione, quando ormai i quadri delle varie squadre sono completi…

Infatti. Un colombiano si è sistemato alla GW Shimano, un caraibico è tornato a correre dalle sue parti. Io e Lorenzo, anche grazie all’intercessione dello stesso Fondrieschi, ci siamo messi in contatto con Giuliani e siamo approdati nel suo team.

Praticamente, appena entrato sei stato buttato nella mischia…

Per fortuna avevo continuato ad allenarmi e prima della partenza del Giro d’Abruzzo sono stato due settimane a Montesilvano per prepararmi. Ma l’allenamento è una cosa, la corsa un’altra. La forma fisica è buona, quella mentale ancor di più. Oltretutto per il nostro team questo è un evento centrale nella stagione, è come se fossi stato buttato subito nella fossa dei leoni. Ma a me le sfide non spaventano, soprattutto se arrivano dopo un inverno che non auguro a nessuno.

Una delle prime vittorie di Tagliani, alla Boucles de Haut Var del 2018
Una delle prime vittorie di Tagliani, alla Boucles de Haut Var del 2018
Dopo che cosa ti aspetta?

Preparerò la prossima corsa a tappe che mi vedrà impegnato in Grecia a maggio. Lì dovrei trovare anche percorsi che si adattano meglio alle mie caratteristiche. Voglio farmi trovare pronto per cercare qualche buon risultato e cominciare a costruire la mia stagione per meritarmi un futuro.

La tua vicenda che cosa ti ha insegnato?

Che in questo mondo in tanti pensano di poter entrare, ma non è per nulla facile. Con i proclami non si va da nessuna parte. Per fortuna poi ci sono gli “storici” come Giuliani che sanno dove mettere le mani e continuano a tenere su l’attività. Per gestire una squadra, a qualsiasi livello, bisogna essere capaci, sapere quel che si sta facendo perché ci sono delle vite in gioco.

Ti rimproveri qualcosa?

Forse di essermi fidato un po’ troppo, ma io ho sempre fatto il massimo e interpretato questo mestiere con la massima serietà, anche nei momenti peggiori. Se sono caduto in piedi lo devo solo a me stesso.

Tagliani e Bisolti, il tricolore è una boccata d’ossigeno

12.06.2023
5 min
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Dalla Colombia all’Italia. La GW Shimano Sidermec vanta un organico di 15 atleti atleti colombiani, un norvegese e due italiani, Filippo Tagliani e Alessandro Bisolti. Due corridori che rappresentano l’avamposto tricolore di una squadra sudamericana che gli ha dato fiducia e i mezzi per gareggiare.

Poche corse, ma tanta voglia di raccogliere risultati e fare da chioccia ai giovani talenti che crescono sotto le indicazioni di Gianni Savio. Filippo e Alessandro abitano nella stessa zona, hanno 10 anni di differenza, ma condividono la stessa ambizione di fare bene nel ciclismo nostrano. Il 24 giugno andrà in scena a Comano Terme il campionato italiano e per loro la corsa ha la valenza di un piccolo iride travestito da tricolore.

Tagliani sta preparando l’appuntamento con poche corse nelle gambe
Tagliani sta preparando l’appuntamento con poche corse nelle gambe
Filippo Tagliani, come sta andando la tua stagione?

Sto correndo poco, direi benino. Ho fatto solo il Giro di Sicilia e il Tour de Bretagne, più due corse di un giorno, Giro dell’Appennino e il Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Un blocco unico e molto ravvicinato. 

I tuoi allenamenti come procedono?

A livello di allenamenti, sto lavorando molto bene. Le sensazioni sono buone. Spero si sblocchi qualcosa per fine stagione e in ottica 2024. Mi mancano un po’ gli appuntamenti per dimostrare chi sono e misurarmi con il lavoro che sto facendo. 

Tra circa venti giorni ci sarà l’italiano, che appuntamento rappresenta per te?

Per le mie caratteristiche devo dire che è durissimo. Sto cercando di prepararlo al meglio, arrivare in forma, magro per non avere rimpianti, però sono consapevole che sia ostico per me. Sinceramente non so nemmeno io cosa aspettarmi. Arriverò al 100 per cento, questo è sicuro. 

Quando ha avuto l’occasione ha saputo dimostrare di esserci, qui al Tour de Bretagne ad aprile
Quando ha avuto l’occasione ha saputo dimostrare di esserci, qui al Tour de Bretagne ad aprile
Con Bisolti siete gli unici italiani della formazione, vi sentite spesso?

Ci sentiamo frequentemente. Sono appena tornato da un allenamento con lui. Ci conosciamo da sempre, anche prima di correre insieme. Abitiamo a 30 chilometri, siamo sempre usciti con lo stesso gruppo di pro’ della zona. Quest’anno siamo gli unici due italiani e ci appoggiamo a vicenda per molti aspetti. 

Qual è la vostra figura all’interno della squadra?

Siamo i due con più esperienza e cerchiamo di fare un po’ da chioccia ai giovani ed essere dei riferimenti per quando la squadra viene a correre in Italia. Essendo uno staff colombiano, tutti i ragazzi sono di là, non è facile per loro arrivare qui e ambientarsi subito. La squadra in realtà corre tanto, ma solo in Colombia, vengono in qua a blocchi. Ne hanno fatto uno a inizio stagione con cinque ragazzi. Adesso ne sono arrivati altri cinque per il Giro Next Gen e sarà lo stesso per settembre. 

Come vedi Bisolti per l’Italiano?

E’ stato sfortunato perché ha fatto una brutta caduta all’Appennino. Non si è rotto niente, ma pedala male ed è parecchio dolorante. Sarebbe stato un percorso adatto alle sue caratteristiche. Tra l’altro si corre a 30 chilometri da casa sua. Mancano 20 giorni ma non è facile riprendersi dopo quello che ha subito. 

Bisolti ha dovuto fermarsi forzatamente a causa di una caduta all’Appennino
Bisolti ha dovuto fermarsi forzatamente a causa di una caduta all’Appennino

«Avevo iniziato abbastanza bene – conferma Bisolti, 38 anni compiuti a marzo – poi mi sono ammalato in concomitanza con la corsa di Reggio Calabria. Ho quindi avuto una sosta un po’ lunga. Mi ero ripreso bene per l’appuntamento del Giro dell’Appennino, ma ho avuto una brutta caduta e ora mi ritrovo molto acciaccato e con un grosso punto interrogativo sull’italiano». 

Che infortunio hai subito?

Fratture per fortuna non ne ho però, sono caduto in discesa a causa di un tamponamento. Ho fatto come un “high side” di quelli che si vedono in MotoGP.  Ho sbattuto la testa, tutt’ora ho un occhio e la fronte nera. Faccio fatica ad alzare un braccio, ho dolore alla schiena con abrasioni in ogni parte del corpo. Sono stato fermo “solo“ quattro giorni ma ora ad ogni pedalata devo stringere i denti per il dolore. Ho male dappertutto tranne che alle gambe (ride, ndr). Ghiaccio tutto il giorno e Tecar. Sta di fatto che il casco si è aperto in due, quindi forse è andata bene così…

Sarai pronto per l’italiano?

Tutto sommato in allenamento sto iniziando a fare qualche uscita normale. Il problema è che devo cambiare garze ogni tre ore e la notte non dormo. Il percorso mi è piaciuto fin da subito. E’ duro ed è vicino a casa quindi conosco gran parte delle strade. 

Rimane un tuo obiettivo?

Giugno per me era ed è un mese importante. Uno, perché le due corse in programma (Appennino e italiano, ndr) si addicono alle mie caratteristiche. Due, perché sono le uniche due in programma per me e Filippo questo mese. Però devo dire che sarà difficile essere a posto per quel giorno.

La squadra colombiana ha un numero di trasferte prefissate in Italia
La squadra colombiana ha un numero di trasferte prefissate in Italia
Conosci il percorso?

Non sono ancora andato a vederlo, perché nella mia testa avrei avuto tutto il tempo. Purtroppo è capitato questo imprevisto, quindi ci andrò solo nei prossimi giorni. I miei genitori sono di Pinzolo, devo solo capire quali strade sono del percorso, ma sono sicuro che le ho già fatte più di una volta. 

Con Tagliani che rapporto hai?

Abitiamo vicino. Io sto sul lago d’Idro mentre lui sta a Soprazocco sul lago di Garda. L’inverno vado io ad allenarmi nelle sue zone per recuperare qualche grado, mentre in estate viene lui, per prendere un po’ di fresco. 

E dopo l’italiano?

Spero che si riesca a correre di più di quanto previsto. In programma abbiamo solo settembre, ma è facile capire che se così fosse, vorrebbe dire fermarsi per più tempo di una pausa invernale… Il paradosso è che i miei compagni colombiani hanno già fatto 40 corse, quindi è anche difficile per loro gestire un organico in Italia quando hanno così tante opportunità di correre in Colombia. Non è facile andare avanti, ma questo è. E siamo pronti a fare il meglio quando ne avremo la possibilità.

Con Savio avete già parlato del tricolore?

Al momento è molto concentrato sul Giro Next Gen, ci sono giovani promettenti quindi sicuramente affronteremo il discorso prima dell’italiano. 

Benedetti si ritira, Tagliani richiamato in corsa

01.03.2023
5 min
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Il ritiro quanto mai prematuro di Gabriele Benedetti ha destato molto scalpore, ma paradossalmente c’è chi grazie a questa dolorosa scelta ha visto riaprirsi le porte del professionismo. Filippo Tagliani è l’ultimo corridore ad essersi aggregato alla carovana, con un contratto siglato il 17 febbraio scorso con la GW Shimano-Sidermec. Si sarebbe portati a pensare che Tagliani ha ritrovato lo stesso posto dello scorso anno, quand’era alla Drone Hopper Androni, ma non è così.

Il 27enne di Gavardo aveva chiuso la stagione con la tranquillità nel cuore di poter continuare la sua avventura nello stesso team, ma poi le cose sono precipitate: «Sapevo che c’erano problemi, ma mi sono ritrovato dall’oggi al domani senza un contratto. Savio mi aveva promesso che comunque nel 2024, se la squadra ripartiva, mi avrebbe chiamato, ma intanto non sapevo bene che cosa fare. Poi si è aperta una porta nel team e improvvisamente si è aperto un mondo».

Per Tagliani tutto sembrava perso, almeno per il 2023, poi in poche ore è arrivato il contratto
Per Tagliani tutto sembrava perso, almeno per il 2023, poi in poche ore è arrivato il contratto
Rispetto allo scorso anno che cosa è cambiato?

Tutto, è un team completamente nuovo, tanto è vero che di italiani ci siamo solo io e Bisolti, poi c’è il norvegese Holther e per il resto sono tutti corridori colombiani. L’unico anello di congiunzione è proprio Gianni Savio, che si è ricordato di me e mi ha chiamato.

Se questa chiamata non fosse arrivata che cosa avresti fatto, in previsione di poter rientrare nel 2024?

Avrei continuato ad allenarmi, ma so bene che farlo senza un obiettivo concreto non solo è difficile, ma anche molto dispendioso moralmente. Infatti mi ero ripromesso di tenermi in forma fino a luglio guardandomi anche intorno per cercare un nuovo lavoro, poi in mancanza di certezze avrei preso la mia decisione.

Savio ha tirato fuori dal nulla il team sudamericano, ma conta di ricostruire qualcosa in Italia
Savio ha tirato fuori dal nulla il team sudamericano, ma conta di ricostruire qualcosa in Italia
Avevi provato a trovare qualche altro team, dopo lo scioglimento della Drone Hopper?

Erano già tutti belli e sistemati, io poi non ho un procuratore, provavo a sondare il terreno ma nel ciclismo d’oggi è difficile trovare spazi se non sei seguito. I risultati non li guardano più, contano i contatti diretti. Quando corri dipende tutto da te, ma quando ti ritrovi in questa situazione ti senti impotente, vivi del giudizio altrui e sei in ansia. La mia chiamata è stata un gesto importante per me da parte di Savio, poteva scegliere chiunque e ha pensato a me.

La tua stagione era stata positiva?

Secondo me sì, con due podi portati a casa e un Giro d’Italia spesso in fuga. Se mi avessero detto a inizio anno che avrei fatto quel che ho fatto, ci avrei messo la firma. Pensavo fosse sufficiente e doveva essere così, ma nel ciclismo cercano tutti i campioni, chi lavora bene non ha mercato se non è seguito. Io so che cosa posso dare, credo che il mio approdo nel nuovo team sia dovuto principalmente alla mia serietà, ma quel che mi dispiace è che in generale anche se lavori bene, gli altri non ti vedono.

Tagliani e Bisolti, unici due italiani rimasti nel team di Savio “trasbordato” in Colombia
Tagliani e Bisolti, unici due italiani rimasti nel team di Savio “trasbordato” in Colombia
Sapevi della situazione di Benedetti?

Sinceramente no, non ci siamo mai ritrovati insieme lo scorso anno, abbiamo fatto calendari diversi e nel team non se n’era mai parlato.

Al di là del tuo sviluppo professionale, che impressione ti ha lasciato la sua vicenda?

Mi fa capire ancor di più che la differenza quando fai il salto di categoria è enorme. Per essere un professionista devi volerlo veramente, impegnarti, metterci tanto di tuo. Fino agli under 23 sei coccolato, pensa a tutto il team, ma poi devi essere tu professionista in prima persona, nell’allenamento, nell’alimentazione, nelle motivazioni. Devi aver voglia di fare sacrifici, comprendere che è un lavoro vero che richiede molto perché ci devi stare sopra 24 ore al giorno, non stacchi praticamente mai. E se non sei un campione dotato da madre natura è ancora di più necessario crederci al 110 per cento.

Per ora il leader della GW Shimano si è dimostrato Jonathan Guatibonza, con una vittoria alla Vuelta al Tachira (foto EsCiclismo)
Per ora il leader della GW Shimano si è dimostrato Jonathan Guatibonza, con una vittoria alla Vuelta al Tachira (foto EsCiclismo)
La tua preparazione a che punto è?

Mi sono tenuto in allenamento, ma praticamente parto quasi da zero. Spero di acquisire la condizione gareggiando. So che sarà durissima, se fossi stato chiamato un mese prima sarebbe stato molto meglio, ma sono sereno perché so quel che mi aspetta e sono pronto ad affrontarlo. Non ho grosse ambizioni, sinceramente voglio vivere questa stagione con serenità e ricambiare la fiducia di chi mi ha chiamato in causa.

Quindi inizi presto a gareggiare?

Sento che l’orologio corre, so che mi hanno detto che seguiremo tutto il calendario italiano ed essendo una squadra continental colombiana non saranno tante le gare a disposizione, ma l’importante è non fermarsi. Il proposito di Savio di ripartire con un team italiano nel 2024 c’è sempre e spero che questa volta sarò anch’io della partita sin dall’inizio.

La Drone Hopper si ferma. Chi pensa a questi sei?

26.11.2022
6 min
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Le speranze della Drone Hopper di restare professional si sono librate in aria e sono sparite. Il main sponsor spagnolo non ha più eliche per tenere in volo la formazione italiana. L’impegno economico che si era assunto la start-up per le prossime annate non può più a garantirlo. Ormai a questo punto servirebbe un miracolo, ma per quanto Gianni Savio negli anni ci abbia abituato ad operazioni straordinarie, stavolta non sarà così.

Benché non ci sia ancora nulla di ufficiale, le voci dicono che il suo team dovrebbe prendere la licenza continental facendo una “fusione” con una formazione colombiana. La prima conseguenza di questa unione sarà la riduzione del roster. Lo slot di posti per i corridori italiani è praticamente assicurato soltanto a Benedetti (che aveva un biennale in tasca) e a Ciuccarelli (neo pro’ nel 2023). Di Chirico abbiamo parlato un mese fa, Mattia Bais è appena stato annunciato dalla Eolo-Kometa (dove raggiungerà suo fratello Davide). Ma gli altri italiani che erano in scadenza di contratto cosa faranno? E come stanno vivendo il momento? Sono in sei e glielo abbiamo chiesto, naturalmente. Rubrica telefonica e via. Componiamo i numeri e ascoltiamoli.

Simone Ravanelli si sta affidando ai suoi procuratori Alberati (in foto) e Fondriest per trovare una soluzione per il 2023
Simone Ravanelli si sta affidando ai suoi procuratori Alberati (in foto) e Fondriest per trovare una soluzione per il 2023

Ravanelli al bivio

Simone si è dato un time limit per conoscere il suo futuro anche se sembra aver metabolizzato abbastanza bene la vicenda.

«Sto continuando ad allenarmi. Un po’ per svagare la mente – dice – un po’ per farmi trovare pronto se arrivasse una chiamata da Gianni o da altri. Sarei disposto a restare anche nella continental perché so che nel 2024 potremmo tornare professional. Sono dei compromessi che posso accettare con loro, ma ho 27 anni e devo avere delle garanzie. Entro metà dicembre mi piacerebbe sapere in modo definitivo cosa ne sarà della Drone Hopper. In ogni caso sto valutando il cosiddetto piano B. Vorrei restare nel mondo del ciclismo sul lato commerciale, sfruttando i miei studi al liceo scientifico. Magari qualche azienda del settore potrebbe avere bisogno, sto iniziando a buttare un occhio in giro. Diciamo che sono preparato a smettere, anche se spero di no. E anche se speravo di farlo in un altro modo o molto più in là.»

Alessandro Bisolti, classe 1985, è pro’ dal 2009. Non è preoccupato di dover smettere
Alessandro Bisolti, classe 1985, è pro’ dal 2009. Non è preoccupato di dover smettere

Bisolti, tante idee

Alessandro ha la battuta pronta appena lo contattiamo. «Se non dovessi continuare potrei venire da voi di bici.PRO visto che al Langkawi e al Rwanda vi ho fatto da inviato in corsa. Mettete una buona parola col vostro capo (dicendo ridendo, ndr). Scherzi a parte, in questa situazione sono quello che ho meno da perdere rispetto agli altri miei compagni. Ho 37 anni, sono pro’ dal 2009, le mie soddisfazioni me le sono tolte e devo solo capire se ne valga la pena correre ancora. Ho tante idee per il futuro.

«In una situazione simile mi trovai giusto dieci anni fa quando ero al Team Idea. Eravamo continental e dovevamo diventare professional nel 2013, ma vennero a mancare gli sponsor. Andai a lavorare in carpenteria con mio padre. Tornai a correre nel 2014 ma in quel periodo presi l’abilitazione da geometra che adesso può tornarmi utile. Attualmente non mi sto allenando, mi sto godendo le mie bambine di 5 e 9 anni. Fra venti giorni vedremo come andrà, mi aspetto qualche comunicazione sulla nostra chat o una chiamata anche solo per salutarci.»

Marchiori Bretagne
Leonardo Marchiori esulta al Bretagna nel 2021. Quest’anno invece ha avuto una stagione difficile. Solo 23 giorni di gara
Marchiori Bretagne
Leonardo Marchiori esulta al Bretagna nel 2021. Quest’anno invece ha avuto una stagione difficile. Solo 23 giorni di gara

Marchiori alla finestra

Leonardo è piuttosto attivo fisicamente e sul suo futuro mantiene un discreto ottimismo, forse perché avendo 24 anni è quello che potrebbe rientrare di più nei piani di Savio e Bellini o di altre formazioni.

«Sto vivendo questo momento in modo strano – spiega – pensando a cosa è successo a noi, alla Gazprom o anche alla B&B Hotels, seppur per circostanze non del tutto uguali. Esco in bici in modo blando, mentre in palestra sto lavorando più sodo. Tant’è che ho fatto già dei corsi per diventare personal trainer. Proposte di qualche team continental le ho avute, ma ovvio che sto aspettando di avere notizie dalla mia squadra. Tuttavia moralmente sono più positivo che negativo anche se all’inizio è stata dura, una vera mazzata.

«Se nessuna formazione mi chiamerà, un lavoro lo troverò. Mio padre ha un panificio che fa anche da pasticceria e bar. Di sicuro so che una persona in più gli potrebbe fare comodo. Oppure so che le aziende nell’orbita della Fincantieri cercano sempre».

Filippo Tagliani quest’anno è stato molto regolare. Ha conquistato un terzo posto sia in Turchia che in Grecia
Filippo Tagliani quest’anno è stato molto regolare. Ha conquistato un terzo posto sia in Turchia che in Grecia

Tagliani scoraggiato

Tra i ragazzi della Drone Hopper quello che appare più scoraggiato è Filippo Tagliani. Il 27enne bresciano ha faticato tanto, meritandolo, per passare pro’ che ora si trova nell’incertezza totale.

«Sto facendo fatica ad accettare questa situazione – dice – soprattutto perché avevo disputato una buona stagione. Non mi sono mai ritirato in nessuna delle 70 gare che ho fatto. Alla fine, sentendomi con gli altri miei compagni, Ravanelli, Marchiori, Marengo ed io potremmo rientrare nei piani nella continental di Savio. Non è stato facile nemmeno guardarsi attorno perché le altre squadre sono già fatte. Adesso aspetto e spero. Nel frattempo cercherò di capire cosa poter andare a fare anche se sono stato preso proprio alla sprovvista».

Edoardo Zardini nel 2022 ha disputato 74 giorni di gara. Nella Drone Hopper solo Sepulveda ne ha fatti di più
Edoardo Zardini nel 2022 ha disputato 74 giorni di gara. Nella Drone Hopper solo Sepulveda ne ha fatti di più

Zardini, un passo indietro

L’amarezza pervade anche Edoardo, ma il 33enne scalatore veronese aveva iniziato ad avere altre idee malgrado sia stato quello che ha corso di più.

«Già durante il Giro d’Italia stavo maturando l’idea di smettere. Il mio l’ho fatto. Ultimamente mi hanno cercato una continental britannica ed una professional, ma gli ho detto di no. Fare il corridore diventa sempre più difficile e devi esserne convinto al 100 per cento. Non era più così per me, non posso continuare solo per fare contenti gli altri. E poi anche l’anno scorso ho vissuto la stessa situazione (chiusura della Vini Zabù, ndr). Ormai ho deciso di ritirarmi. Posso andare a lavorare nell’azienda dei miei genitori o da altre parti. Restare nel ciclismo non mi interessa, forse un domani potrei pensare di collaborare con qualche formazione giovanile

Umberto Marengo, classe ’92, qui al Tour of Antalya. La sua ultima gara è stata la Veneto Classic a ottobre (foto Bettini Drone Hopper)
Umberto Marengo, classe ’92, qui al Tour of Antalya. La sua ultima gara è stata la Veneto Classic a ottobre (foto Bettini Drone Hopper)

Marengo, rabbia e frustrazione

L’umore di Umberto è mix tra rabbia e frustrazione. Come dargli torto. «Avevo scelto la Androni per rilanciarmi, però sembrava che fosse tutto segnato, che non dovesse andarmi bene nulla a livello agonistico. Questa è la cosa che mi fa più male. In carriera sono sempre stato in salute, ma quest’anno ho preso Covid, bronchiti e citomegalovirus che mi hanno condizionato parecchio.

«Sto uscendo in bici regolarmente come se dovessi ricominciare la nuova stagione, ma quando sono rientrato dalle ferie non volevo nemmeno ricominciare ad allenarmi. Poi la mia compagna e gli amici mi hanno detto che non sarebbero stati questi due mesi di bici a farmi difetto. Metti che succeda davvero un miracolo? Tuttavia sono consapevole che sarà impossibile continuare a correre, anche perché non ho avuto altre proposte. Valuterei anche un ingaggio in MTB. Ho in testa tante cose senza bici, ma prima di pensare a cosa farò devo elaborare bene mentalmente questa situazione.»

Bais-Tagliani, botta, risposta e risate con i fuggiaschi d’Ungheria

09.05.2022
6 min
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Per due giorni, il primo e il terzo, il pubblico ungherese assiepato da ore per salutare il Giro venuto dall’Italia, ha visto passare loro due. Bais e Tagliani. Tagliani e Bais. Il terzo giorno c’era anche Rivi e questo, come ci diranno fra poco, ha complicato le cose.

«Nella riunione di stamane – ha scritto Savio il primo giorno – avevo detto a corridori e diesse che nella prima fuga del Giro non poteva mancare un uomo Drone Hopper. Bravi davvero Mattia Bais e Filippo Tagliani».

Rientrato dall’allenamento, Tagliani ha controllato l’altezza di sella prima di tornare in hotel
Rientrato dall’allenamento, Tagliani ha controllato l’altezza di sella prima di tornare in hotel

Il Giro in Italia

Stasera il Giro è a Siracusa, in un giorno di pioggia che non sembra d’essere di maggio nel sud della Sicilia. I corridori della Drone Hopper-Androni sono rientrati prima dall’allenamento, ma lo stesso qualche goccia l’hanno presa. Perciò, approfittando del tempo libero, invitiamo i due eroi d’Ungheria a bere un caffè. Filippo Tagliani, bresciano di 26 anni. Mattia Bais, 25 anni, trentino.

In fondo, se è vero che il pubblico ha visto loro per primi, vale anche il contrario. L’Ungheria l’hanno vista loro due prima degli altri: facciamocela raccontare.

BAIS: «Avevamo pianificato con Gianni di andare in fuga…».

TAGLIANI: «Per il ruolo in squadra, toccava a noi. Gli altri sono tutti scalatori. Solo speravamo che qualcuno ci seguisse. Il secondo giorno è partito Rivi e siamo andati con lui, ma come gestione, forse è stato meglio il primo giorno quando eravamo solo noi».

Bais ride. Rivi è suo corregionale, entrambi trentini, entrambi amanti del vento in faccia.

TAGLIANI: «Tanta gente. Il bello è che passavamo in mezzo ai campi o a qualche paese, ma vista la quantità di gente, c’è da pensare che fossero venuti dai posti intorno. Da noi si affacciano sulle porte e poi rientrano, qua c’era proprio la folla».

BAIS: «Il Giro ha attirato davvero tanta gente (fissa un punto, poi torna a guardare, ndr».

Prima tappa, si arriva a Visegrad, Bais tira, Tagliani a ruota
Prima tappa, si arriva a Visegrad, Bais tira, Tagliani a ruota

Chilometro zero

Due in fuga dal chilometro zero in terra straniera. La stessa maglia, chiaramente non è stato per caso.

TAGLIANI: «Tutta quella gente ci spingeva, anche se il tifo più impressionante l’ho visto nella crono. Essere in fuga fra compagni è bello, ti gestisci con lo stesso obiettivo. Dopo un po’ non si parlava più di Bais e Tagliani, ma di Drone Hopper-Androni. Credo che per gli sponsor sia stato importante».

BAIS: «Il primo giorno siamo andati ancora più forte…».

TAGLIANI: «Non si va a blocco, ma si spinge sempre. Dire se abbia visto qualche panorama particolare? Direi una balla. Quando sei lì, guardi la strada davanti e il computerino».

BAIS: «Non è vero, una cosa l’abbiamo vista – scoppia a ridere – le ciclabili…».

TAGLIANI: «Sono state il nostro incubo di tutto il giorno – ride anche lui – anche se in certi momenti ci veniva da ridere. I cicloturisti si mettevano accanto e andavano come noi, li avete visti? E io pensavo: se quelli ci pedalano accanto con la bocca chiusa, allora andiamo davvero piano…».

BAIS: «Ma loro dopo 500 metri si fermavano, noi avevamo fatto 150 chilometri e non avevamo ancora finito!».

Una folla incredibile ha accolto il Giro in Ungheria: tutti i corridori sono stati concordi
Una folla incredibile ha accolto il Giro in Ungheria: tutti i corridori sono stati concordi

Il senso della fuga

Eppure dopo un po’ che parlano, la domanda si affaccia: qual è il senso di certe cavalcate, se poi bastano 300 metri di volata perché non se ne parli più? E’ cattiva, ne siamo consapevoli, ma i due fuggiaschi rispondono perfettamente a tono.

TAGLIANI: «Forse siamo stati oscurati, ma le squadre dietro ci hanno detto: “Per fortuna ci siete stati voi”. Col fatto che il traguardo del Gpm il primo giorno era al traguardo, le WorldTour sono rimaste ferme. Non c’erano motivi per attaccare. A volte non capisco le loro politiche. Non tutti hanno il velocista che vince lo sprint o l’uomo che vince il Giro, non tutti possono essere protagonisti aspettando i finali, eppure non si sono mossi».

BAIS: «E non è che Savio ci martelli più di tanto. Parla in modo realistico. Sa chi siamo e cosa possiamo fare. E anche se non erano tappe adatte a noi, siamo andati. Speravamo si attaccasse qualcuno per risparmiare un po’. Ma il giorno dopo c’era la crono, alla fine non abbiamo speso troppo».

TAGLIANI: «Se vuoi fare queste cose, non si pensa al domani».

BAIS: «In tivù si dice che ti tengono a bagnomaria. In realtà siamo sempre in contatto via radio, sappiamo cosa succede dietro».

TAGLIANI: «La verità è che la fortuna della fuga dipende dal gruppo. Quando si avvicinano, magari aumenti un po’ per tenerli a due minuti. Stare là davanti sapendo di essere nel mirino fa parte del gioco. Così quando Rivi ha attaccato, io mi sono rialzato per provare a buttarmi nello sprint, ma ho chiesto troppo a me stesso».

Si passava per campagne disabitate, ma le strade erano piene di gente
Si passava per campagne disabitate, ma le strade erano piene di gente

Divisione dei compiti

Chi tira? Quanto tira? Come ti dividi i compiti se sei in due della stessa squadra? E cosa cambia quando arriva un Rivi qualunque che fa ovviamente il suo gioco?

BAIS: «Cercavamo di tirare più lungo possibile. Le strade erano buone, si andava bene. Con Rivi, avevamo deciso di tirare 1’30” ciascuno. Quando eravamo solo noi, ci siamo aiutati. Se uno era stanco, l’altro faceva di più. Le due fughe le abbiamo gestite in modo diverso. Anche perché con Rivi bisognava stare attenti ai traguardi volanti. Lui ci ha provato, noi li abbiamo vinti entrambi».

TAGLIANI: «Eppure in mezzo a tutti questi ragionamenti, ha vinto la gente. Il Giro è uno spettacolo. Vedi le persone felici, anche solo per un passaggio di 5 secondi. Fanno festa, applaudono e questo vale più della gara stessa. Tanti hanno criticato la partenza dall’Ungheria. Chi è del settore, sa che è necessario andare. In ogni caso, come pubblicità per l’Italia è stata impagabile. Non si parlava di Ungheria, si parlava del nostro Paese. E le bandiere erano rosa…».

Si scherza, Bais intervista Tagliani: «A cosa si pensa stando così tanto tempo in fuga?»
Si scherza, Bais intervista Tagliani: «A cosa si pensa stando così tanto tempo in fuga?»

E adesso?

Domani l’Etna, che se dovesse piovere ancora, in cima farà anche freddo. L’ultima volta rimanemmo per ore a battere i denti, in attesa che arrivassero, ma era d’ottobre.

BAIS: «Per fortuna c’è l’arrivo in alto, sennò sai che freddo! Domani tocca agli altri compagni, vedendo se se la sentiranno di aspettare l’Etna o vogliano muoversi prima. Cercando di capire cosa vorrà fare il gruppo».

TAGLIANI: «A me piacerebbe buttarmi in uno sprint uno di questi giorni. Ma siamo professional, c’è da sgomitare anche per fare ottavo. E’ vero che i corridori delle WorldTour sono lì perché sono più forti, però…».

BAIS: «Hanno anche più responsabilità, devono portare avanti i capitani».

TAGLIANI: «E noi alla fine arriviamo sul pullman ugualmente stanchi morti. Accendiamo i telefoni e i complimenti arrivano lo stesso. Siamo consapevoli del nostro ruolo e i complimenti fanno sempre piacere».

BAIS: «Anche per i parenti. Il primo giorno siamo stati in diretta per 4 ore, solo noi. A casa erano contenti. Spero che lo siano stati anche gli sponsor».

Un podio per sognare in grande? Chiedete a Tagliani

11.02.2022
4 min
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Dice che il podio di oggi è una bella emozione, ma quei cinque minuti di attesa sul palco della crono di Torino al Giro d’Italia, neoprofessionista e per giunta primo a scattare, saranno impossibili da dimenticare. La storia di Tagliani è di quelle che ti restano addosso e aspetti il varco giusto per farla uscire. Oggi è il giorno giusto, anche se il terzo posto nella tappa di Antalya potrebbe non giustificare chissà quali slanci. Filippo avrebbe voluto sprintare anche ieri, ma è rimasto chiuso. Oggi invece ha trovato il varco e si è arreso solo a Rajovic e Gibson

«L’anno scorso quando ero su quel palco – sorride – mi è passata tutta la vita davanti. Ho rivisto vent’anni di ciclismo. Mi ci hanno tenuto per cinque minuti, un’eternità».

Volata della seconda tappa, Rajkovic anticipa, Tagliani chiude terzo
Volata della seconda tappa, Rajkovic anticipa, Tagliani chiude terzo

La grinta di Righi

All’ammiraglia dopo l’arrivo il diesse Righi gli strillava bonariamente in faccia: «Adesso puoi mandarmi a cagare! Mi ci mandi a cagare?».

Si vedeva che il tecnico toscano della Drone Hopper-Androni Giocattoli fosse contento, ma non capivamo il perché di quelle parole, finché non glielo abbiamo chiesto.

«Ieri l’ho brontolato – dice con un’espressione toscanissima – e lui mi guardava male. Erano stati bravi per tutto il giorno a restare davanti nonostante quel vento, ma lui ha esitato ed è rimasto chiuso per la volata. E allora, visto che mi guardava storto, gli ho detto che aveva un solo modo per mandarmi a cagare: fare un bel risultato. E oggi l’ha fatto. Per carità, non s’è ancora combinato nulla, ma mi auguro che il podio gli dia morale. Qualsiasi cosa fa la fa per sé, non certo per me».

Nel 2018 la sua vittoria più bella: la San geo sulle strade di casa (foto Piton)
Nel 2018 la sua vittoria più bella: la San geo sulle strade di casa (foto Piton)

Destino segnato

Tagliani non poteva che fare il corridore. Se nasci a Gavardo e per anni ti partono da davanti casa la Coppa San Geo e il Trofeo Soprazocco, la voglia di buttarti anche tu nel mezzo deve venirti per forza. In più suo nonno Emilio ha mandato avanti per anni la trattoria Alle Trote, che ora è dei suoi genitori e per i corridori è un vero punto di ritrovo. Per questo nel 2002 ha staccato il primo tesserino con la UC Soprazocco e ci è rimasto sino al 2011. Forse per questo, fra le vittorie più belle da dilettante, Filippo inserisce la Coppa San Geo.

«Vincere davanti a parenti, amici e tifosi, sulla porta di casa di Delio Gallina è stato qualcosa di molto speciale – raccontò – quel giorno ho davvero toccato il cielo con un dito. Ci tenevo moltissimo ed è stato il miglior modo per dire grazie all’amico Delio e al team manager Cesare Turchetti, con i quali sono rimasto in buonissimi rapporti anche quando ho cambiato club».

Pro’ a 25 anni

Già perché la sua storia passa per un anno alla Named-Ferroli, ben 4 alla Delio Gallina, una alla Casillo e l’ultima alla Zalf, prima di passare professionista a 25 anni, mentre intorno impazzava la caccia ai ragazzini.

«Ma io ci ho sempre creduto – dice di ritorno verso l’hotel – altrimenti avrei ascoltato i consigli di chi mi diceva di smettere da under 23. Per fortuna continuo a fare le cose come voglio farle io e questo piccolo podio non è niente, ma ripaga dei sacrifici che sono sempre tanti lo stesso. Ho iniziato la stagione in Venezuela e ho preso un virus intestinale, ma per fortuna è durato poco e il lavoro non s’è buttato. Lo so che i risultati importanti sono altri, ma questo podio dà morale per riprovarci. Voglio fare una bella stagione, per cui domenica mi butto dentro lo stesso».

Dimenticato il vento di ieri, la Turchia mostra il suo volto primaverile
Dimenticato il vento di ieri, la Turchia mostra il suo volto primaverile

Volata kamikaze

E se gli fai notare che nella volata mancavano a causa della salita alcuni dei velocisti più forti, l’orgoglio viene in superficie.

«Rispetto a ieri – dice – mancava solo Mareczko, gli altri c’erano ma non sono usciti. Abbiamo fatto gli ultimi cinque chilometri di volata e sull’arrivo stavolta mi ci sono lanciato da kamikaze. Volevo partire lungo, è partito lungo anche Rajovic ed è stato il più forte. Perciò sì, sono emozionato, ma quei cinque minuti sul palco di Torino ancora sono inarrivabili. Me lo dissero la mattina dello stesso giorno, non mi aspettavo neanche la convocazione per il Giro. No, quell’emozione resta la più bella».