C’era anche lui, sul podio di Lievin. Certo, forse tanti guardavano al centro, a Mattia Agostinacchio con la sua sgargiante maglia arcobaleno, ma al suo fianco faceva bella mostra di sé anche la medaglia di bronzo di Filippo Grigolini. In un’altra edizione quell’impresa avrebbe forse avuto ben altra eco, in quegli anni di vacche magre per il ciclocross italiano. Ma forse proprio quel bronzo arrivato in quella che è stata un’autentica festa azzurra assume un significato ancora maggiore.
A distanza di qualche giorno, quel che si nota parlando con Filippo è come un cambiamento in atto, la consapevolezza di quel che davvero vale e può fare. D’altronde, alla vigilia del mondiale anche lui ambiva a un posto sul podio e averlo centrato è sinonimo di grande qualità.
«Io sapevo che poteva essere nelle mie corde, sono partito con quell’ambizione. E non mi sono scoraggiato neanche quando al secondo giro sono caduto. Ero 12°, stavo risalendo, ho dovuto ricominciare tutto da capo. Ma non mi sono lasciato andare, mi sono detto che potevo ancora rimettere a posto i pezzi del puzzle, c’era tempo».
Una medaglia vinta quindi innanzitutto di testa…
Io penso di sì, la concentrazione è stata l’elemento in più. Dopo la caduta non ho più commesso errori tecnici, perché una caduta è sempre figlia di un errore di guida. Sono andato avanti sapendo che la corsa era ancora lunga e si poteva arrivare dove volevo.
Che gara è stata, diversa dalle altre che hai effettuato all’estero in questa stagione?
Non direi, gli avversari ormai impari a conoscerli dopo le varie prove di Coppa del Mondo e aver seguito la challenge è stata secondo me fondamentale per i nostri risultati. Sai che si parte sempre a tutta, che molto si gioca già all’inizio e non devi perdere il treno dei più forti. E soprattutto che devi stare lì con la testa prima di tutto.
Tu sei stato anche davanti, a vedere da vicino la leadership. Ci hai sperato?
Per un attimo, quando il francese è caduto. Io ero dietro con Mattia e lo spagnolo, a quel punto ero secondo, lo vedevo poco davanti. Ma poi sentivo che ero affaticato, che la stanchezza si faceva sentire e dovevo sapermi gestire. Quando Mattia è partito non avevo le gambe per tenerlo, ho pensato che dovevo badare all’iberico per giocarmi il podio e così è stato.
Mattia primo, tu terzo, Patrick Pezzo Rosola che senza la caduta sarebbe stato anche lui a lottare per le prime piazze. Quanto ha contato essere abituati a confrontarvi fra voi?
Io credo che sia stato decisivo, perché ogni gara nazionale era tirata. Lo abbiamo capito dopo che Mattia ha vinto l’europeo, se io finivo secondo vicino a lui significa che anche fra gli stranieri erano pochi a quel livello. Mattia è stato uno stimolo continuo, credo di essere cresciuto molto insieme a lui.
Sui social hai raccontato l’emozione vissuta il giorno prima, allenandoti con Mathieu Van der Poel…
Sì, è stato qualcosa di magico essere al suo fianco, vederlo da vicino io che ero abituato ad ammirarlo in Tv. Dal vivo fa ancora più impressione, lo vedi imponente, che trasuda potenza. Ti dà la sensazione dell’invincibilità. Siamo stati vicini un giro, tenergli la ruota è stata una sensazione enorme.
Ora la stagione è finita e ti attende la strada, che per te è un po’ una novità visto il tuo passato, anche tricolore nella mountain bike.
Nel 2024 ho fatto una decina di gare, ma mi sono divertito più lì che nelle prove offroad. Voglio provarci per quello, mi attira di più, voglio vedere dove posso arrivare anche sull’onda di questa nuova consapevolezza. Entro in un team di primo livello come il Borgo Molino, io parto per divertirmi innanzitutto, poi vedremo che cosa uscirà fuori.
E’ chiaro però che ora le aspettative su di te sono aumentate…
Lo so, ma devo intanto capire che corridore sono e posso essere. Io credo di avere caratteristiche da passista-scalatore, ma le salite mi piacciono tanto e voglio scoprire soprattutto lì quali possono essere i miei limiti considerando anche la mia leggerezza fisica, ideale per quel tipo di percorsi.
Ti hanno fatto feste a casa?
I miei genitori erano lì, quando sono arrivato li ho visti ed erano anche più emozionati ed entusiasti di me. Loro mi hanno sempre favorito e appoggiato su tutto, mi hanno sempre incoraggiato a fare quello che volevo. Questa medaglia è anche un po’ loro, non potrò mai ringraziarli abbastanza. So che non è facile sapere che tuo figlio si allena su strada, soprattutto al giorno d’oggi, ma io sono sempre molto attento. Pedalo prevalentemente sulle strade che da Udine portano verso Gemona e Buja, uso sempre le luci, faccio grande attenzione. Ma è la mia vita e loro questo lo rispettano.