Piedi e benessere: quando il plantare cambia la vita

13.05.2025
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DURAZZO (Albania) – Seduto sui gradini del pullman a un’ora dalla partenza del Giro d’Italia, Filippo Fiorelli si è prestato a raccontarci un aspetto della sua dotazione tecnica: il plantare. Il tema è spesso sottovalutato. Del piede si parla poco, ma chiunque sia stato in bicicletta per più di sei ore, sa che il mal di piedi è uno dei peggiori. E se il sollievo nel togliere gli scarpini è una bella sensazione, evidentemente c’è un problema che andrebbe affrontato.

Filippo Fiorelli, 31 anni, sta correndo il sesto Giro d’Italia
Filippo Fiorelli, 31 anni, sta correndo il sesto Giro d’Italia

Perfetta aderenza

La VF Group-Bardiani utilizza il plantare BMZ di cui Adriano Malori è da tempo convinto sostenitore. Il motivo di interesse deriva dal fatto che l’obiettivo dell’azienda giapponese che li produce è mettere il piede nelle condizioni di lavorare in libertà, creando l’arco plantare naturale grazie alla pressione esercitata fra l’osso cuboide e il calcagno. Senza costrizione dei vasi sanguigni. Le dita sono così scaricate dall’eccesso di pressione e la muscolatura della gamba ha una miglior attivazione.

«L’ho provato per la prima volta l’anno scorso – dice Fiorelli – quando ci siamo visti nella zona di Reggio, vicino alla sede della squadra. C’era anche Malori e ci hanno spiegato come funziona. Visto che io non usavo niente di particolare, ma tenevo le solette degli scarpini, li ho provati e mi sono trovato bene. La sensazione è che ti riempia il piede, non sono plantari su misura però si adattano a tutti, con la suola che aderisce alla perfezione alla pianta. E’ un vantaggio? Certo. Se pensi che il piede potrebbe posare su una superficie che non è pari, magari sul momento non te ne accorgi, però con l’andare delle ore in bicicletta può creare dei fastidi».

Incuriositi dal racconto di Fiorelli, il quale ha aggiunto che cambia il plantare durante la stagione al momento di cambiare le scarpe, ci siamo rivolti a Filippo Agnetti, CEO di BMZ Europe. Quello che ci incuriosiva è l’universalità del loro prodotto, a fronte di aziende che producono scarpe su misura partendo dal calco del piede.

In che modo BMZ lavora con la squadra della famiglia Reverberi? 

Dopo aver incontrato Roberto Reverberi, cui abbiamo fatto provare il plantare, abbiamo incontrato gli atleti e chiesto di sapere quali plantari usassero. Poi abbiamo iniziato a fornirgli i vari prodotti che avevamo in produzione qui in Italia e a tanti di loro abbiamo chiesto di testare anche quello in carbonio che arriva direttamente dal Giappone. Poi abbiamo aspettato i loro feedback per capire quali volessero. Se quello più morbido in doppio Eva che produciamo qui o quello più duro.

In che direzione è andata la scelta?

Hanno tutti optato per i modelli più rigidi con l’inserto in carbonio o con la doppia EVA rinforzata, mentre per l’uso quotidiano gli abbiamo fornito un plantare Ccomfort. Il concetto di poggiare sul cuboide e scaricare le dita è attuale anche quando si tratta di camminare o correre a piedi. Così abbiamo fornito plantari per la vita di tutti i giorni, come pure per la palestra.

Lo spessore tra il cuboide e il calcagno fa sì che si crei l’arco plantare naturale (depositphotos.com)
Lo spessore tra il cuboide e il calcagno fa sì che si crei l’arco plantare naturale (depositphotos.com)
Prima di fornire i plantari avete verificato che i piedi dei corridori non avessero delle problematiche?

Diciamo che la diversità del nostro plantare, che per alcuni è un pregio e per altri magari è un difetto, è che si adatta al 99,9 dei piedi. Non avendo il supporto dell’arco plantare, ma essendo praticamente una soletta quasi piatta, con la sola protuberanza nella posizione del cuboide, il piede è libero. A differenza di un plantare su misura o di quasi tutti i plantari che vengono inseriti in alcune scarpe, per i quali il piede è vincolato, dato che l’arco plantare creato dalla suola comprime il piede. Il nostro plantare mantiene il piede libero, creando l’arco plantare in modo naturale.

In che modo?

Viene sollecitata la parte compresa fra il cuboide e il calcagno, che è studiata con questo brevetto. E’ l’unico punto del piede che, sollecitato, ti permette di creare l’arco plantare in modo naturale. Sembra di essere a piedi nudi: le dita si allargano e il piede si arriccia. Pertanto non c’è bisogno di verificare o di prendere l’impronta del piede.

E va bene per tutti?

Chiaramente può esserci chi preferisce il sostegno dell’arco plantare, non è detto che il nostro prodotto sia apprezzato da tutti, perché comunque dà una sensazione molto diversa da tutti gli altri.

Anche nello sprint, la possibilità di sfruttare le dita dei piedi nella spinta è molto importante
Anche nello sprint, la possibilità di sfruttare le dita dei piedi nella spinta è molto importante
Fiorelli dice che cambia il plantare ogni volta che cambia le scarpe.

Dipende dall’utilizzo. Se si si parla di un plantare per il running, ci sono stati degli atleti che fanno OCR, quindi corsa a ostacoli, che li cambiano ogni due mesi. Invece per un ciclista, che lo sottopone a uno schiacciamento più omogeneo, potrebbe durare molto di più, anche 6-7 mesi. Però non c’è modo di stabilire una durata uguale per tutti.

Siete in contatto diretto con gli atleti?

Sì, perché c’è chi ha bisogno di qualcosa in più o di diverso. Ad esempio Tarozzi ha voluto un’altra coppia di plantari per le scarpe di scorta. Sono esigenze individuali, ma quello che più conta è avere da loro delle osservazioni che ci permettano di migliorare ancora.

Non le sembra che generalmente ci sia poca attenzione al piede?

In Europa è così, al punto che scarpe da diverse centinaia di euro viaggiano con solette sottili e quasi inesistenti, che infatti i corridori sostituiscono con plantari su misura. Posso capire su prodotti a buon mercato, ma sull’altissimo livello lo trovo incomprensibile. Questi prodotti sono nati in Giappone 15-20 anni fa per la quotidianità. Il presidente lavorava per lo sci e faceva scarponi su misura. Poi ha lavorato in aziende del ciclismo e ha visto come effettivamente ci fosse poco interesse per i plantari. Per questo ha cominciato a studiare e ha realizzato il brevetto, per lo sport, ma anche per l’esercito.

Tarozzi, qui alla Tirreno-Adriatico, ha chiesto doppia fornitura di plantari per le scarpe di scorta
Tarozzi, qui alla Tirreno-Adriatico, ha chiesto doppia fornitura di plantari per le scarpe di scorta
In fondo è un ragionamento semplice…

Questo plantare ti permette di utilizzare le dita dei piedi e pertanto di attivare tutta la muscolatura, partendo proprio dalle dita e interessando dei muscoli che non muoviamo mai perché spesso il nostro piede è… morto dentro la scarpa. Le dita sono strette fra loro e solo da poco stanno iniziando a fare scarpe più larghe davanti. Prima si guardava più il look e il piede era stretto come fosse su una tavoletta.

Parecchio scomodo…

Un conto è stare in piedi con una tavoletta sotto il piede, altro stare in piedi con le dita allargate, usando tutta la muscolatura. Il beneficio si estende alla schiena e alle articolazioni. Per questo vale la pena rifletterci.