La pista riparte e Scartezzini è pronto come traghettatore

09.12.2024
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Michele Scartezzini è un fiume in piena. Sa bene che il 2025 sarà importante per lui, che sulla sua esperienza Marco Villa fa affidamento per ricostruire tutta l’impalcatura che dovrà sorreggere la nuova nazionale su pista, quella priva per il momento delle sue stelle Ganna e Milan e di tutti coloro che privilegeranno la strada. Fino al 2027, anno d’inizio delle qualificazioni olimpiche, sarà un work in progress dove i vecchi saranno i traghettatori per le forze nuove. Ma Michele ha qualche boccone amaro da mandar giù, legato all’ultima stagione.

Il veneto insieme a Consonni nella madison degli ultimi europei, chiusa al 9° posto
Il veneto insieme a Consonni nella madison degli ultimi europei, chiusa al 9° posto

«Un bilancio? E’ un discorso lungo da affrontare. E’ un anno nel quale ho lavorato tanto e sono rimasto con un pugno di mosche in mano, non ho ottenuto nulla. Tutto è cominciato con gli europei d’inizio stagione. Mi ero preparato bene e mi sentivo di conseguenza, ma i risultati non sono arrivati. I valori erano diversi da quelli che mi aspettavo e nelle gare a me deputate sentivo le gambe pesanti, avevo evidentemente sbagliato i lavori necessari».

A quel punto anche le ultime speranze per poter essere preso in considerazione per Parigi sono venute meno…

Non che ne avessi tante prima. Con quel regolamento penoso… Già per Tokyo era stato complicato, ma hanno tolto pure un altro posto, limitando a 5 quelli disponibili per chi aveva il quartetto. C’era Viviani che ambiva a entrare per l’omnium, non avevo possibilità. Se nel quadriennio avessi vinto sempre medaglie nella madison avrei potuto accampare pretese, ero sì tra i migliori specialisti, ma certamente non infallibile. Mi ero messo il cuore in pace e mi sono concentrato sui mondiali.

Insieme al compaesano Viviani, un dialogo continuo per raffrontare valori e sensazioni
Insieme al compaesano Viviani, un dialogo continuo per raffrontare valori e sensazioni
C’era tanto da aspettare…

Sì, ma non ho mai mollato. Devo dire grazie alle Fiamme Azzurre, che mi hanno dato supporto, come anche a Masotti, Bragato, Contri, insomma a tutto lo staff azzurro che non mi facevano mai mancare una parola di conforto. Sanno che ci sono sempre stato sin dal 2009. Mi sono dedicato alla preparazione della rassegna iridata facendo una vita quasi monacale, lavorando con dedizione. Ogni tanto mi confrontavo con Viviani e mi diceva che avevo valori davvero notevoli, anche superiori ai suoi e ciò mi dava fiducia. Io lavoravo per la corsa a punti iridata, sapendo che se fossi andato bene lì allora potevo vedere se mi veniva offerta una chance per la madison.

E poi?

Sono stato alla grande fino al giorno prima della gara, poi, quando è venuto il momento, mi sono sentito bloccato, come se non fossi padrone di me. Quel giorno nulla è andato come volevo e per me è stata una mazzata tremenda. Sono uscito dal velodromo, andavo in giro per la città cercando di ragionare, di capire, avevo bisogno di stare solo. Ho anche pensato di mollare tutto. Mi avevano visto che andavo forte, ma quando ho fallito sono stati pochi coloro che mi sono stati vicino, era come se non esistessi più.

Scartezzini nella corsa a punti iridata, che ha rappresentato per lui una grande delusione
Scartezzini nella corsa a punti iridata, che ha rappresentato per lui una grande delusione
Che cosa ti ha spinto a tenere duro?

Tre giorni dopo la fine dei mondiali, avevo una gara con la Arvedi. Non volevo andarci, ma poi ho riflettuto, avevo preso un impegno e dovevo portarlo a termine. Mentre andavo, è squillato il telefono: era Sercu, mi chiamava per invitarmi alla 6 Giorni di Gand, voleva mettermi al fianco di uno dei giovani in maggiore ascesa, dicendomi che aveva bisogno di un uomo d’esperienza al fianco. Quell’invito è stato la sferzata di energia di cui avevo bisogno e sono ripartito da lì.

Il fallimento di Ballerup è stato più un problema mentale?

Sicuramente, mi sono messo troppa pressione addosso. Era il mio 13° mondiale, al quale puntavano tutti coloro che alle Olimpiadi non erano stati, ma anche coloro che volevano confermare i risultati di Parigi. Io di solito quando sto bene lo faccio vedere, volevo spaccare il mondo. I valori erano dalla mia parte, avevo fatto test sui 20’ e vedevo numeri che non avevo mai fatto prima e che sapevo non erano accessibili a molti dei miei rivali. La gara a punti è lunga, non è come il quartetto. Probabilmente c’è stato un particolare tecnico che ha influito.

Per il veronese l’invito a Gand è stato fondamentale per ritrovare motivazioni (foto organizzatori)
Per il veronese l’invito a Gand è stato fondamentale per ritrovare motivazioni (foto organizzatori)
Quale?

Ho messo un dente più duro dietro e su pista è un abisso. L’agilità non paga più, anche su pista, nelle prove endurance si va di forza. Io erano due mesi che mi ero abituato a quella cadenza, ma alla fine è stata una scelta che non ha pagato.

Ora siamo a un bivio, con i big che si sono tirati fuori per il prossimo biennio e c’è una nazionale da rifondare. Villa conta su di te…

A me non piace questo discorso degli atleti che si tirano fuori, intanto perché so che non è così, tanto è vero che Pippo (Ganna, ndr) spesso mi chiama per andare a Montichiari e lavorare con lui. Se parti con un progetto legato ai giovani, bisogna anche mettere in conto che, quando i vari Ganna e Milan si rifaranno avanti avranno di fronte un team collaudato, chi dice che troveranno posto, che sarà utile rompere meccanismi collaudati? Sarebbe egoista pretendere il posto solo in base al nome…

Michele insieme al francese Clement Petit, suo compagno a Gand, bronzo ai mondiali nello scratch
Michele insieme al francese Clement Petit, suo compagno a Gand, bronzo ai mondiali nello scratch
Introdurre giovani però non è facile…

No, dipende molto da quanti sacrifici saranno disposti a fare, quanto investiranno sulla pista. Per quel che ho visto hanno tanta voglia di fare. A proposito mi viene in mente un piccolo aneddoto su Sierra: si è trovato a fare la sua prima madison assoluta con me, alla Nations Cup di Hong Kong. E’ stata la più veloce degli ultimi anni, era sconvolto alla fine, voleva mollare. Gli ho detto che per essere un esordio era stato particolarmente sfortunato.

Villa ha detto di confidare molto su voi “vecchi”: tu, Lamon…

Noi siamo pronti grazie anche al supporto dei corpi militari che a differenza dei club non ci danno vincoli. Anche Boscaro ora è entrato, anche lui sarà fondamentale nella gestione. Noi siamo a disposizione per aiutarli, sappiamo che ci sono molti ragazzi validi, che nelle categorie giovanili hanno vinto tutto e fatto record, ma a livello elite cambia tutto: distanze diverse, avversari molto forti e soprattutto esperti. Si deve crescere con calma e non buttarsi giù alle prime delusioni e difficoltà. Un ragazzo davvero forte ad esempio è Stella, mi è piaciuto subito anche perché è uno che ascolta molto. Noi comunque ci siamo, per rilanciare il settore, per aiutare i giovani, ma anche noi “vecchi” penso che abbiamo ancora qualcosa da dire.

Fiamme Azzurre, l’oro di Consonni uno tsunami di entusiasmo

23.08.2024
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Le Fiamme Azzurre del ciclismo sono tornate da Parigi con un sorriso che ancora non va via. Il tempo di fare festa per il bronzo di Francesco Lamon ed è arrivato come uno tsunami l’oro di Chiara Consonni, l’ultima arruolata. Il responsabile della Sezione Ciclismo si chiama Augusto Onori e dalle sue parole traspare un entusiasmo coinvolgente. Lo troviamo durante il rientro dalle ferie, entrambi guidando e ripercorrendo i giorni olimpici di Parigi (in apertura abbraccia la bergamasca subito dopo la vittoria).

Nel frattempo le corse sono ricominciate e la campionessa olimpica della madison ha ripreso a correre con la maglia del UAE Team Adq, ma questa pagina merita ancora un racconto. Per i gruppi sportivi dei corpi di Polizia infatti, le Olimpiadi sono la vera ragion d’essere. Per il resto della stagione restano un passo indietro, salvo diventare protagonisti nei campionati nazionali. Eppure il loro non è assolutamente un ruolo di secondo piano, tutt’altro. E’ grazie a loro che tanti atleti negli anni sono riusciti a coltivare il loro sogno.

A Casa Italia, nella sera dell’oro, Chiara Consonni con Irene Marotta (a capo del GS Fiamme Azzurre) e Augusto Onori
A Casa Italia, nella sera dell’oro, Chiara Consonni con Irene Marotta (a capo del GS Fiamme Azzurre) e Augusto Onori
E allora cominciamo proprio da Chiara Consonni: quando l’avete presa pensavate che fosse già in grado di portarvi un oro?

Non voglio dire che sia stata una scoperta, perché comunque è un’atleta di alto profilo, ma certo l’oro che non era scontato. E’ stato una bella scommessa vinta. Ci aspettavamo un risultato importante, ma questo è stato davvero un risultato immenso. Da quando è arrivata, viene monitorata dal nostro staff, per cui l’abbiamo seguita. Forse grazie alla serenità e la tranquillità che diamo ai nostri atleti, è uscito fuori quello che poi abbiamo visto a Parigi. E questo sarà l’inizio di un lungo percorso di successi.

Le Olimpiadi per chi fa il vostro lavoro sono il momento clou, giusto?

Per quanto riguarda il nostro lavoro, si va a pari passo con quello dell’atleta. Lavoriamo e viviamo quattro anni per quattro anni. Diciamo che il percorso verso Parigi è stato lungo, duro, intenso. Abbiamo avuto molti bassi, ma anche molti alti che fanno parte della storia di un atleta di alto profilo. Però abbiamo vissuto gli ultimi mesi con molta serenità. Siamo riusciti con le nostre tre donne (Cecchini, Consonni, Paternoster, ndr) ad avere le carte olimpiche e quindi già quello per noi è stato un grandissimo risultato. In più Lamon si è confermato. Non è facile prendere una seconda medaglia e quel bronzo è stato stupendo al pari dell’oro. E’ stata una medaglia sofferta e combattuta. E sono certo che questi risultati siano arrivati proprio facendo lavorare i ragazzi con la massima serenità e tranquillità

Letizia Paternoster ha colto il quarto posto nell’inseguimento a squadre e ha poi corso l’omnium
Letizia Paternoster ha colto il quarto posto nell’inseguimento a squadre e ha poi corso l’omnium
Anche perché forse Lamon dei quattro era quello per cui le Olimpiadi sono davvero il grande obiettivo, al confronto di Consonni, Ganna e Milan che comunque corrono nel WorldTour.

Perfetto. Come Fiamme Azzurre, abbiamo gli stessi intenti della nazionale, quindi non ci discostiamo assolutamente dai programmi della nazionale. Siamo sempre a disposizione ed è così per tutti i gruppi sportivi riconducibili allo Stato. Per cui Francesco è a disposizione al 100 per cento della Federazione ciclistica italiana.

In che modo gli alti gradi delle Fiamme Azzurre seguono la vostra attività sportiva? Vi mettono pressione?

Abbiamo il piacere di condividere queste esperienze con i nostri vertici. A capo della struttura del gruppo sportivo c’è la dottoressa Irene Marotta, con cui ho avuto il piacere di condividere questi straordinari successi proprio a Parigi. Le pressioni sono quelle date dal lavoro. Abbiamo degli standard da soddisfare e gli atleti devono dare il loro contributo per raggiungerli. Le medaglie che abbiamo preso e anche il quarto posto del quartetto femminile testimoniano che il lavoro funziona, anche grazie alla tranquillità in cui ci viene consentito di svolgerlo.

Gli atleti vestono la maglia dei gruppi di Polizia solo ai tricolori. Qui Consonni e Paternoster all’italiano 2024 dopo il secondo posto di Chiara
Gli atleti vestono la maglia dei gruppi di Polizia solo ai tricolori. Qui Consonni e Paternoster all’italiano 2024 dopo il secondo posto di Chiara
In che modo gli agenti che lavorano effettivamente nei penitenziari vivono i successi dei loro colleghi atleti?

Proprio per rispondere a questa domanda, vorrei citare le parole che ha avuto il Presidente Giovanni Russo, a capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Si è detto felice e orgoglioso per le medaglie e l’impegno delle Fiamme Azzurre. E mi sento di dire che il lavoro quotidiano dei nostri atleti rispecchia lo stesso impegno che i colleghi in uniforme mettono tutti i giorni durante il loro orario di servizio.

Un’Olimpiade come questa diventa anche la molla a fare di più?

E’ il nostro lavoro e i nostri obiettivi sono quelli di mantenere un livello altissimo. L’obiettivo è vincere, abbiamo questo obbligo che non è amatoriale, ma professionale. Devo dire grazie alla Federazione, sia per la parte politica sia per i tecnici Sangalli e Villa, con cui si è creata una bella collaborazione che ha contribuito al raggiungimento di questi importantissimi traguardi. E mi sento di dire che un oro olimpico è fonte di ispirazione, di arricchimento e di pensiero. E’ un risultato che mi fa lavorare sempre con maggior spinta e credo di poter dire che sia così anche per i miei collaboratori, che vorrei ringraziare. Fabio Masotti e Carlo Buttarelli sono stati miei compagni di viaggio e lo saranno per le sfide che ci attendono.

A Parigi il terzetto femminile delle Fiamme Azzurre era completato da Elena Cecchini
A Parigi il terzetto femminile delle Fiamme Azzurre era completato da Elena Cecchini
Masotti che al momento è in Cina con i mondiali juniores su pista…

E tra l’altro stanno riportando titoli iridati e record del mondo. Ecco perché ci tengo a sottolineare il loro ruolo, perché veramente stanno facendo un lavoro egregio.

Per tornare con i piedi nella realtà, quest’anno scade la convenzione tra FCI e gruppi sportivi militari già rinnovata l’ultima volta da Renato Di Rocco, pensi che sarà rinnovata?

Di questa cosa devo ancora parlare. Ovviamente faremo a breve un tavolo tecnico, visto che ai primi di settembre ricominciano a muoversi tutti gli ingranaggi. Siamo rimasti con il presidente Dagnoni e il segretario generale Tolu di incontrarci, magari anche a Montichiari, per capire cosa fare. Come avrete capito, per noi si tratta di un passaggio molto importante per lo sviluppo del settore pista. Ci sono molte difficoltà tecniche e quindi vogliamo capire bene come si possa gestire la situazione.

C’è anche da dirimere la problematica di atleti professionisti che risultano dipendenti dell’Amministrazione pubblica, che potrebbe sembrare strano.

Non è strano. Diciamo che il team principal degli atleti dei gruppi sportivi di Polizia è lo Stato stesso. E’ il suo datore di lavoro principale, quindi per quanto riguarda gli atleti delle Fiamme Azzurre, il datore di lavoro è l’Amministrazione Penitenziaria. Dopodiché la possibilità di fare un secondo tesseramento con una società esterna è contemplata. Non è un grosso problema, perché comunque è attinente all’allenamento dell’atleta. Quindi per noi non è un problema che Chiara Consonni corra con la UAE Adq. Fino ad ora è c’è stato grande affiatamento con questi team e quindi parlo anche della Cecchini o comunque anche dei ragazzi, che però corrono in team minori. Con il nostro staff riusciamo ad avere degli ottimi rapporti, sapendo che il lavoro delle Fiamme Azzurre viene prima di tutto il resto.

Alla vostra amministrazione sta bene così?

Diciamo che fino ad ora non ci sono stati problemi. A livello amministrativo, i nostri atleti e tutti quelli dei gruppi sportivi dello Stato, sono dipendenti statali. Quindi, in quanto tali, non possono fare un secondo lavoro con un contratto, perché non è possibile. La franchigia che c’è stata finora era stata creata per proprio per far lavorare questi atleti in entrambi i settori. Ora dobbiamo ridiscuterla e definirla bene. E poi sapremo ragguagliarvi in tal senso. Ma nel frattempo continuate a guardare verrso Parigi. Alle Paralimpiadi avremo Claudia Cretti e sono sicuro che ci darà un altro motivo per sorridere.

Moro e il keirin: «E’ tutta questione d’istinto»

26.01.2024
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Delle 6 medaglie conquistate dall’Italia agli europei su pista di Apeldoorn, quella di Stefano Moro nel keirin è stata la più sorprendente e quella dal più alto significato storico. Mai l’Italia era infatti salita sul podio continentale nella specialità, considerata ancora relativamente nuova anche se è ormai da più edizioni nel programma olimpico. Il suo bronzo è un altro passo verso la rinascita del settore velocità, ma soprattutto è l’esplosione di un talento arrivato alla sua maturità dopo aver trovato tardi la disciplina più adatta per esprimersi.

Moro ammette che il primo a essere rimasto sorpreso è stato proprio lui: «Ero partito nel torneo, che si disputa nell’arco della stessa giornata – dice – con l’obiettivo di raggiungere le semifinali. Mai avrei pensato di cogliere addirittura il bronzo. E’ stato un crescendo, l’andamento della semifinale mi ha gasato, mi ha fatto partire in finale con la voglia quantomeno di provarci ed è andata come meglio non poteva».

Per Moro quella del keirin è stata la prima medaglia da quando è passato alla velocità
Per Moro quella del keirin è stata la prima medaglia da quando è passato alla velocità
Vedendo il tuo torneo, la sensazione è stata che con il passare delle prove tu abbia trovato la strategia giusta, come una sorta di combinazione utile per emergere…

Un po’ è vero, nel senso che in semifinale ho visto che quando è partito il polacco Rudyk, riuscivo a tenerlo. Così ho pensato che se in finale prendevo la sua ruota, potevo arrivare davanti perché è uno che va davvero forte, ma è ancora “fra gli umani”.

E Lavreysen?

Ecco, questa è la differenza, l’olandese non lo tieni, è talmente potente che quando parte ti lascia sul posto. Seguirlo sarebbe stato un suicidio. Ho battezzato la ruota giusta…

Che impressione ti ha fatto gareggiare con questi atleti con una posta così importante in palio?

Non mi sono posto troppi pensieri alla partenza, sarebbe stato controproducente. Al via siamo tutti uguali, partiamo dalla stessa linea, poi ci sono le differenze, ma ci si lavora. Voglio dire che chiaramente l’olandese in questo momento è ingiocabile, ma io credo che in futuro potremo lottare ad armi pari. Serve però tanto lavoro, tanto…

Il momento decisivo della sua finale, quando ha seguito l’attacco del polacco Rudyk, poi argento
Il momento decisivo della sua finale, quando ha seguito l’attacco del polacco Rudyk, poi argento
Quanto influisce il fisico?

E’ una componente. Chiaramente se si guarda noi della nazionale e gli olandesi, la differenza balza all’occhio. Ma noi abbiamo dalla nostra l’età, parlo soprattutto dei miei compagni del settore. Chi ha atleti dello stesso livello così giovani?

Il keirin è la specialità che più ti si addice fra quelle della velocità?

Direi proprio di sì, è più nelle mie corde. Ho iniziato ad affrontarla seriamente solo da pochissimi mesi, ma vedo che si adatta bene alle mie caratteristiche, si lavora sul lanciato. Nello sprint ci vogliono qualità da scattista che io, venendo dall’endurance, non ho. Il keirin è soprattutto istinto, se cominci a pensare a che cosa devi fare ti freghi da solo. Devi aspettarti di tutto, è come la roulette…

Quindi come lo si affronta?

Concentrandoti su te stesso, su quel che devi fare. E’ importante come ti muovi tu piuttosto che quello che fanno gli altri. Questo risultato mi ha fatto capire che la mia scelta era stata giusta e che devo continuare a interpretarlo così, acquisendo sempre più consapevolezza dei miei mezzi.

Nel 2020 Moro aveva colto l’argento nel quartetto e il bronzo nella madison con Lamon
Nel 2020 Moro aveva colto l’argento nel quartetto e il bronzo nella madison con Lamon
A livello strettamente matematico, con questo bronzo saresti ancora in corsa per un posto a Parigi…

Sì, ma è oltremodo complicato, anche perché non ho abbastanza punti. Ho fatto una sola gara di Nations Cup e sono caduto. La prossima tappa in Australia dovrò saltarla, spero di gareggiare nelle altre. E’ chiaro che finché la matematica non mi condanna, io ci proverò. Realisticamente però i miei obiettivi sono più lontani, intanto vorrei avere abbastanza punti per qualificarmi per i mondiali. Quello è un target più alla mia portata.

E Los Angeles 2028?

Certamente è più fattibile, ci sono 4 anni per continuare a migliorare. So che con il duro lavoro arriveranno i miglioramenti e quindi potrò anche arrivarci. Io però sono abituato a pormi obiettivi a breve termine, fare un passo alla volta. Per questo ora voglio pensare a entrare nei 24 che faranno i mondiali.

Tu fai parte del progetto Arvedi, ma il tuo manager Rabbaglio ha specificato come per te non siano previsti impegni su strada.

No, la mia attività è concentrata sulla pista. Su strada vado solo per allenamenti, ma la parte principale della preparazione si divide fra la palestra e la pista stessa. Oltretutto non c’è solo il keirin, i tecnici vogliono che continui a migliorare soprattutto nella partenza e nelle fasi di lancio per poter essere utile anche in ottica velocità a squadre. D’altronde come detto faccio quest’attività da ancora troppo poco tempo.

Per Moro decisiva è la spinta di Quaranta, che lo ha convinto a cambiare specialità
Per Moro decisiva è la spinta di Quaranta, che lo ha convinto a cambiare specialità
Come fai con gli allenamenti su pista? Montichiari non basterà…

Infatti mi alleno molto al velodromo di Dalmine che è davvero a pochissimi chilometri da casa, poi da poco è stato inaugurato anche l’impianto di Crema, quindi le possibilità non mancano.

Allargando il discorso, tu fai parte di un settore rilanciato da Quaranta solo un paio d’anni fa e lavori con ragazzi ancora più giovani di te. Come vedi il futuro?

Io sono molto ottimista. Dobbiamo dire grazie alla Federazione che ha investito su questo settore facendolo ripartire da zero, con un tecnico come Quaranta e la supervisione di Villa. Ma il mio bronzo ha tanti padri: vorrei ricordare le Fiamme Azzurre che mi permettono di fare quest’attività, con l’appoggio di Onori, Masotti e Buttarelli. Poi la famiglia e la mia fidanzata Martina, che mi sostengono e sacrificano tempo per me. Infine il mio preparatore atletico Nicola Nasatti. E’ una medaglia di gruppo, anche se a salire sul podio sono stato solo io…

Il tuo ottimismo su che cosa si basa?

Su un semplice ragionamento legato al mio excursus. Quando mi affacciai in nazionale, nel 2014, il quartetto dell’inseguimento era lontanissimo dai vertici e guardate che cosa ha ottenuto. Con gente come Predomo, Bianchi, Napolitano, Tugnolo e Minuta abbiamo un gruppo che può fare lo stesso percorso. Dateci solo qualche anno.

Lamon, i progetti olimpici tra Calpe e Montichiari

30.12.2023
5 min
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CALPE (Spagna) – «Sono giornate essenziali per noi. Abbiamo visto come stia diventando sempre più importante la cura maniacale del dettaglio. Quindi è fondamentale avere a disposizione i migliori strumenti per cercare di migliorarci», parole che giusto ieri Francesco Lamon ha riservato alle pagine ufficiali del Coni.

L’atleta delle Fiamme Azzurre è a Montichiari per preparare gli ormai imminenti (10-14 gennaio) campionati europei su pista di Apeldoorn, in Olanda. Un lavoro intenso e meticoloso per un appuntamento che è sì importante di suo, ma che assume sempre di più i connotati di una prova generale in vista delle Olimpiadi di Parigi. Ovviamente parliamo del quartetto, in questo caso.

Noi Lamon lo avevamo intercettato qualche giorno prima in Spagna, a Calpe dov’era in ritiro proprio con gli azzurri della pista.

Francesco Lamon (classe 1994) e coach Masotti, sono entrambi delle Fiamme Azzurre
Lamon (classe 1994) e coach Masotti, sono entrambi delle Fiamme Azzurre
Francesco, come sta andando la preparazione?

Molto bene direi. Rispetto agli altri anni sono un “passettino” più avanti in questo avvicinamento. Ma credo sia anche normale visto che gli europei arrivano a gennaio. Abbiamo dovuto anticipare un po’ tutti la preparazione. In generale però i valori sono buoni. Personalmente sono soddisfatto, consapevole che sto lavorando bene, alternando pista, palestra e strada. Ora c’è da affinare l’attività su pista.

Mentre il volume si fa a Calpe…

In Spagna abbiamo lavorato sulla resistenza. E’ stato quel volume di ore che ovviamente su pista non riusciamo a fare. Ma anche in questo senso sono abbastanza tranquillo perché tutto procede secondo programma.

Scartezzini ci diceva dell’importanza strategica di questo training camp. Ma perché questi stage sono così importanti? Alla fine un inseguimento a squadre dura meno di quattro minuti…

Ma quei quattro minuti di sforzo vanno visti come il tetto di una casa. E’ un lavoro che parte dall’autunno e bisogna mettere un mattoncino alla volta. E per gente come me o “Scarte”, che a differenza degli altri non siamo in una squadra WorldTour, sono ancora più importanti, in quanto abbiamo meno possibilità durante l’anno di concentrarci sulla strada. Pertanto quel piccolo gap dobbiamo colmarlo un po’ più a lungo, giocando d’anticipo.

Okay, quei quattro minuti sono il tetto, ma poi concretamente voi atleti sentite i benefici di questo lavoro su strada nelle gambe?

Assolutamente sì, oltre a questo di training camp, veniamo da una altro stage che abbiamo fatto il mese scorso in Sicilia. Insieme costituiscono una base molto solida e i risultati si vedono. Però, come dicevo prima, i riscontri li vedremo la prossima settimana (cioè ieri, ndr) su pista.

Lamon è il primo vagone del treno. Un ruolo altamente spcifico sul quale il veneto continuerà a concentrarsi
Lamon è il primo vagone del treno. Un ruolo altamente spcifico sul quale il veneto continuerà a concentrarsi
Vi abbiamo visto in allenamento sul Col de Rates, dove c’era praticamente i tre quarti del WorldTour, maschile e femminile. In tutto quel marasma, di gente che saliva e scendeva, che faceva ripetute, non vi veniva voglia di seguirli? Oppure di andare fuori tabella?

Non molto a dire il vero. Noi facciamo “un altro lavoro”. Sinceramente non mi pongo il problema di seguire questo o quello o se qualcuno mi stacca. So quello che devo fare, come lo devo fare. E poi non sono certo un corridore che può mettersi a gareggiare in salita!

Torniamo alla pista, Francesco. Quali sono i progetti per questo 2024 in arrivo? Ora ci sono gli europei, ma ci sono anche le prove di Coppa…

Parlando con Diego Bragato e Fabio Masotti, e con Marco Villa chiaramente, mi piacerebbe avere un avvicinamento molto simile a quello di quest’anno. Ho visto che al mondiale stavo bene fisicamente ed essendo le Olimpiadi in quello stesso periodo dell’anno, va da sé che sarebbe ideale come avvicinamento. Penso di fare gli europei e le tre prove di Coppa, visto che sono una ogni mese fino ad aprile. Poi penso di staccare una settimana, prima di iniziare il lavoro per Parigi, magari alternandolo all’altura prima delle Olimpiadi. Grazie poi all’appoggio dell’Arvedi Cycling potrò inserire anche qualche corsa su strada.

Tu hai un ruolo particolarissimo, sei primo uomo. Sarà ancora questo il tuo ruolo?

Teoricamente sì, ma adesso, come dicevo, in questo lungo avvicinamento sarà fondamentale la cura dei dettagli. Studiare ogni aspetto. E tutto, anche la partenza, va messa insieme. E io mi concentrerò su questo ruolo.

Solo sulla partenza, perché?

Perché ad oggi è il ruolo che mi che mi riesce meglio e voglio cercare di farlo al massimo delle mie possibilità.

Lamon con Scartezzini sul Col de Rates: in Spagna un grande monte ore di sella
Lamon con Scartezzini sul Col de Rates: in Spagna un grande monte ore di sella
Cosa significa concentrarsi sulla partenza a livello di preparazione? Si lavora diversamente rispetto ai compagni?

Non è che si lavori diversamente, però magari cerchi di trovare quella confidenza con te stesso… e anche con gli altri. Si tratta di trovare il compromesso tra il partire forte e far sì che questo non rimanga nelle gambe degli altri tre. Ma è qualcosa che si costruisce nel tempo, che si fa tutti assieme. Io devo essere bravo a capire la sensazione ottimale.

Anche nella parte a secco nessuna differenza? Magari lavori un po’ di più pure sulla schiena…

Si lavora su tutto il corpo, come gli altri. Non ci si concentra solo sulle gambe, ma si cerca di “ricostruire” un po’ tutto quello che è l’esercizio della pedalata, quindi dalla schiena ai lombari, dai pettorali alle gambe. Poi alcuni esercizi sono abbastanza soggettivi perché c’è chi si trova meglio con certi attrezzi e chi meno con altri. Ma tutti noi siamo affiancati da persone molto competenti, quindi sotto questo punto di vista sono, e siamo, tranquilli.

Fronte tecnico. già all’europeo vedremo qualche novità?

Nel corso dell’anno abbiamo già fatto degli aggiornamenti e sono stati riscontrati dei numerosi vantaggi, soprattutto con la bici nuova di Pinarello, in pratica quella che Ganna ha usato per il Record dell’Ora ma in carbonio. Però tutti questi aggiornamenti bisogna usarli e riusarli per renderli più prestazionali possibile.

E che monte ore ha questa nuova bici?

Sin qui l’abbiamo utilizzata a turno, anche per raccogliere più opinioni. Ma diciamo che ci stiamo girando.

Okay, top secret!

E’ probabile che tutto sarà pronto per l’ultima prova di Coppa.

La giornata tipo del “seigiornista”: 24 ore con Scartezzini

17.11.2023
8 min
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GAND (Belgio) – «Una Sei Giorni è come una corsa a tappe su strada. Si possono fare anche più di 100 chilometri in una serata». Queste parole di Michele Scartezzini hanno subito stuzzicato la nostra curiosità, tra le tante cose che abbiamo visto in questi giorni al velodromo Kuipke.

Una Sei Giorni è davvero qualcosa di particolare. La tattica, a partire dalla gestione degli sforzi, è praticamente in tutto. A volte, si lascia volutamente andare una prova perché magari non dà tanti punti e quella successiva invece è più “corposa” e magari è anche adatta alle proprie caratteristiche. E poi c’è la gestione vera e propria della giornata.

Michele Scartezzini, unico elite italiano in gara alla Sei Giorni di Gand, ci ha fatto scoprire le 24 ore del “seigiornista”.

Michele, gli orari sono sfalsati, quindi da dove partiamo?

Direi dal pomeriggio. Ora (momento dell’intervista, ndr) sono circa le 16,30 e sono in attesa del massaggio che durerà un’oretta. Dopo, verso le 18, andrò a pranzo. Mangerò un piatto di pasta e una fetta di pollo. E alle 20 inizia la “rumba”!

Ti riscaldi?

Non molto, a dire il vero. Anche perché la prima gara è alle 20,30 e prima giriamo 20′ abbondanti per la presentazione delle coppie. Poi bisogna anche vedere il programma. Se c’è subito una gara veloce sì, ma qui iniziamo con la corsa punti, che è lunga, quindi va bene così. Ma c’è qualcuno, magari chi punta alla vittoria, che prima di scendere in pista fa un po’ di rulli.

Quindi inizia la serata. E’ un continuo sali e scendi dall’anello con prove di ogni tipo, alcune in coppia altre individuali, lunghe o veloci, ma sempre per la squadra…

Esatto. Ci sono due turni principali. Nel mezzo c’è una pausa nella quale si mangia qualcosa, io prendo un po’ di riso e banana. Si fa un massaggio molto leggero e breve, giusto per rilassare i muscoli, e si riparte fino alla chiusura che è oltre l’una di notte.

Hai parlato di alimentazione: come ci si regola? Il computerino che hai sotto la sella serve anche per capire quanto spendi?

Io ormai vado molto di esperienza. Il computerino lo uso solo per rivedere i battiti e soprattutto per acquisire i dati, che poi mi serviranno per l’allenamento. Anche perché in pista non si può usare. Lo puoi anche mettere sul manubrio, ma deve essere coperto. E’ vietato dal regolamento: potresti distrarti, basta un attimo, tocchi quello davanti. Qui non ci sono i freni…

E cosa mangi oltre al riso in queste ore tra una prova e l’altra?

Soprattutto liquidi: sali minerali, maltodestrine… E’ importante non scendere mai in pista vuoti, perché qui se non hai gli zuccheri è davvero un bel problema. I giri di ritardo fioccano! Lo imparai a mie spese proprio in una Sei Giorni che feci con Viviani.

Finita la gara cosa succede?

Io torno direttamente in albergo. Altri preferiscono fare la doccia qui, ma…. non sono super docce. Ceno che sono le 2,15-2,30: ancora pasta o riso, pesce o carne, se c’è anche rossa. Due chiacchiere con qualche altro atleta (sono tutti nello stesso hotel, ndr) e poi doccia. Preferisco farla in quel momento perché aiuta a rilassarmi.

Ci spiegavi infatti che il discorso del sonno è un po’ particolare…

Tra che finisci di correre, torni in hotel, la stanchezza e anche l’adrenalina, il sonno non arriva immediatamente. Di solito vado a dormire verso le 3,30-4. Fatta la doccia, do uno sguardo al telefono. A volte si è talmente stanchi che si fa fatica a dormire.

A che ora ti svegli?

Metto la sveglia alle 11, ma alle 10,30 ieri ero sveglio per esempio. La metto sul timer della Moka elettrica che mi sono portato da casa. E poi con molta calma, verso le 12, vado a fare colazione. Ma prima rispondo ai messaggi. Giusto ieri mi ha chiamato Villa, che era con Pippo (Ganna, ndr). Poi Consonni, Lamon… Con Pippo sono stato parecchio. Consonni mi ha chiesto se avessi preso il “fuso orario delle Sei Giorni”, come diciamo in gergo! E voleva sapere anche com’erano i ritmi in pista.

A colazione cosa mangi?

Caffè, pane, uova, biscotti… qui ci sono quelli caramellati che sono una bomba! Comunque è una colazione normalissima e di base, ovunque, mangio quello che c’è.

Finita la colazione?

Si torna in stanza, un po’ di relax e si viene in velodromo. Ieri per esempio sono uscito un po’ prima, verso le 15,30, perché mi ero stufato di stare in hotel e sono venuto a Gand. Sono passato al supermercato a prendere qualcosina da portare in pista e poi sono venuto qui. Adesso sono in attesa del massaggio, che sta facendo il mio compagno Milan Van den Haute, nella cabina grande che sta nell’altro capannone. 

E si è quindi chiuso il cerchio della 24 ore. Invece, Michele, parliamo anche di alcuni aspetti tecnici. Quella del Kuipke è una pista particolare: corta, curve ripide e strette… che accorgimenti adottate sulle bici?

Partirei dai rapporti che devono essere più corti del normale, altrimenti con queste curve ti pianti. Io sto usando un 51×15 per le prove più lunghe, un 51×14 per il giro lanciato e un 51×13 per il derny. Anche le pedivelle sono più corte: 170 anziché 172,5: è fondamentale andare agili.

In queste curve si sente molto la pressione, così ci hanno detto. Si abbassa anche la sella?

Sì: si scende di 2-3 millimetri. Non solo, ma si alza anche il manubrio. A centro curva sei schiacciato sulla bici, di riflesso cerchi di tirarti su con il collo. Alzando il manubrio, anche di un centimetro, si riesce a stare un po’ più comodi. Io ancora non ho toccato nulla, ma se avrò dolori o sarò stanco lo farò.

Quanto materiale hai portato?

Due bici complete, più una coppia di ruote, una ruota lenticolare e tutta una serie di rapporti e di spessori. Alcune gomme… Poi per il resto c’è il meccanico.

La sfida di Ceci, dall’ufficio alla pista, sognando Parigi

15.07.2023
7 min
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Il 4 gennaio del 2021, Francesco Ceci dichiarò che un buon modo perché i giovani scegliessero le discipline veloci della pista, rinunciando alla strada, fosse trovare un tecnico competente e un metodo di lavoro. L’ultimo velocista azzurro a sfiorare la qualificazione olimpica (in quel pezzo si spiegano anche le dinamiche della singolare esclusione) pensò di dare il suo contributo al settore velocità che ancora annaspava.

Poche settimane dopo quell’intervista, Ceci ricevette una mail con cui le Fiamme Azzurre gli comunicavano l’esclusione dal gruppo sportivo. La stessa comunicazione arrivò a Rossella Ratto e Simona Frapporti, che addirittura la ricevette durante una gara internazionale proprio nel velodromo di Ascoli Piceno. Il marchigiano passò negli uffici del Carcere di Marino del Tronto, alle porte del capoluogo. Alla fine della stagione invece, Ivan Quaranta fu incaricato di seguire la velocità e, come tutti sappiamo e come Ceci aveva suggerito, iI settore è rinato.

Alla fine del 2021 in cui Ceci è uscito dal GS delle Fiamme Azzurre, Quaranta ha iniziato a rifondare la velocità
Alla fine del 2021 in cui Ceci è uscito dal GS delle Fiamme Azzurre, Quaranta ha iniziato a rifondare la velocità

Ritorno a sorpresa

Sembrava chiusa lì, invece poche settimane fa a Dalmine, Ceci è arrivato secondo nel campionato italiano della velocità, battuto da quel giovane fenomeno di Mattia Predomo. A seguire invece ha vinto a Fiorenzuola il titolo del chilometro da fermo, precedendo Lamon e Boscaro, entrambi colleghi delle Fiamme Azzurre. Nel frattempo, aveva ripreso ad allenarsi con un obiettivo tutto nuovo. Lo sentiamo alle 19,45 di un giorno come tanti, fatti di ufficio e allenamento.

«Tra virgolette – sorride – faccio l’amatore. Sono un agente di Polizia Penitenziaria, lavoro in ufficio e per un po’ la bicicletta l’ho messa da parte. Nel 2021 ho gareggiato nell’internazionale di Amsterdam e a maggio ho battuto il record italiano nei 200 metri a Mosca, poi ho deciso di smettere perché non c’erano più i presupposti. Quello che sto facendo ora per certi versi è da pazzi, perché mi alleno dopo il lavoro e finisco sempre intorno a quest’ora…».

Questo il podio tricolore del Chilometro da fermo: battuti Lamon e Boscaro, entrambi delle Fiamme Azzurre
Questo il podio tricolore del Chilometro da fermo: battuti Lamon e Boscaro, entrambi delle Fiamme Azzurre
Però nel 2021 avevi corso anche i campionati italiani, giusto?

Vero. C’erano a settembre e mi sono detto di provarci. Ho vinto la velocità e sono arrivato secondo nel keirin. Poi ho smesso.

Nel frattempo ad Ascoli è stato demolito il velodromo…

Sapevamo che sarebbe successo, bisognava che il campo da calcio al suo interno fosse regolamentare perché potessero giocarci fino alla Serie D. Sembrava che la squadra del Monticelli potesse essere promossa, ma non è successo. Si parlò di creare un impianto polivalente sfruttando l’anello del pattinaggio, invece adesso ci sarebbero dei fondi stanziati per costruire un nuovo velodromo nella zona industriale. Il progetto è pronto, è stato dato l’appalto, stiamo aspettando che inizino i lavori.

Come nasce l’idea del tandem?

L’anno scorso non ho gareggiato, sono stato fermo. A gennaio 2023 invece mi ha contattato la Federazione tramite il settore paralimpico per la guida del tandem, quindi Silvano Perusini e Pierpaolo Addesi. Mi hanno dato questa idea, chiedendomi di provare. Così a gennaio sono risalito in bici per un mini ritiro di 2-3 giorni a Montichiari.

Avete un obiettivo?

Il mondiale di Glasgow, sul tandem con Stefano Meroni. Faremo lo sprint, il chilometro e il team sprint misto. Poi ci sarà il mondiale di marzo a Rio e da lì le Olimpiadi. I due mondiali sono la base per la qualificazione, ma più che le specialità, ci sarà da qualificare il Paese. L’unico problema è che io adesso sto continuando ad andare avanti con le ferie, che prima o poi finiranno.

Come funziona la tua settimana?

Lavoro lunedì e martedì fino dalle 7,55 alle 17,30 e poi mi alleno. Negli altri giorni lavoro fino alle 14,30 e mi alleno nel pomeriggio. Palestra e strada. Praticamente non c’è più tempo libero, non esiste il giorno di riposo. L’ultima volta che ho fatto un ritiro da venerdì a domenica, il lunedì sono andato in ufficio. Stessa storia il giorno dopo aver vinto il campionato italiano, mentre sarebbe stato bello riposare.

Perché fare anche il tricolore individuale?

E’ uscita la notizia che lo avrebbero fatto a Fiorenzuola. C’era diverso tempo per prepararlo e ho pensato di andare. Invece a un certo punto la Federazione ha fatto un cambiamento. Visto che c’era bisogno di punti per la qualifica mondiale nella velocità, i tricolori della specialità sono stati anticipati di due settimane e li hanno fatti a Dalmine.

E tu?

Era più di un anno che non salivo su una bicicletta singola, perciò ho cominciato a cercare una pista per provare. Ho fatto qualche chiamata in giro e le uniche che mi hanno dato la disponibilità per girare nel fine settimana sono state Fiorenzuola e Pordenone, grazie a Valentina Alessio. Lei mi ha dato disponibilità completa, ha permesso a mio fratello Davide di guidare la moto per me. E’ stato perfetto.

Com’è guidare il tandem?

Una cosa da provare. La differenza si sente ancora di più adesso rispetto a qualche anno fa, perché le biciclette singole si sono sviluppate a livelli esagerati, i tandem invece non sono cambiati così tanto. Il nostro è in alluminio, lo fa Bonetti a Padova. La prima volta è stato traumatico, mi sono ritrovato su questa bicicletta lunghissima e con una persona dietro.

Non semplice…

Devi capire come muoverti e alzarti di sella, anche se per ovvie ragioni ci si alza proprio poco. Capito quanto è stato strano cambiare bici negli ultimi 10 giorni, per preparare il campionato italiano elite? All’inizio non reagivo in maniera corretta, poi ho iniziato a riabituarmi e sono tornati gli automatismi, anche se avevo fatto l’ultima gara a settembre del 2021.

E come ti sei trovato?

L’ultimo giorno di ritiro a Montichiari, abbiamo fatto una prova sui 500 metri per capire quanto valessi. Poi da Montichiari sono andato a Dalmine, per correre il mercoledì. C’era un po’ di scetticismo, invece mi sono presentato con il mio miglior tempo a Dalmine. E alla fine sono arrivato secondo, perché Mattia Predomo ha delle qualità assolute, doti molto elevate. Se continua a crescere come sta facendo, arriverà molto in alto. A quel punto sono tornato in pista a Montichiari con la nazionale paralimpica.

E come è arrivato il tricolore del chilometro?

Sapevo di stare bene e ho detto a Perusini che mi sarebbe piaciuto provare una bicicletta da chilometro che avevo visto a Montichiari. Me l’ha data, la domenica ho fatto una prova sui 500 metri e quando sono sceso ho detto che sarei andato a Fiorenzuola per vincere. Ora però torno al mio tandem. Non so se a cose normali avrei accettato la proposta, ma c’è un bel programma e vale la pena investirci sopra.

Pensi che le Fiamme Azzurre potrebbero rivedere la sua posizione?

Per ora non si è mosso nulla, non ho idea di cosa accadrà. So che lunedì tornerò in ufficio e avrò le mie cose da sbrigare. E’ la mia vita, prendere o lasciare. Ci vediamo in pista a Glasgow, va bene? O magari ci vediamo ad Ascoli quando inizieranno a costruire il velodromo…

Due settimane per i saluti, ma Bastianelli graffia ancora

23.06.2023
6 min
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COMANO TERME – Fra due settimane, finito il Giro d’Italia, chiuderà l’ultima pagina sulla carriera e quel punto per Marta Bastianelli inizierà una nuova vita. L’aspetto più strano di tutta questa storia è che c’è più emozione in chi gliene parla che in lei. Segno che la decisione l’ha già maturata da un pezzo e grazie a questo è riuscita a distribuire le emozioni nel lungo periodo che si è concessa prima di uscire di scena. Domenica correrà il campionato italiano strada: ultima gara con la maglia delle Fiamme Azzurre.

In azione nella crono del Giro di Svizzera: nel tricolore di oggi vestirà la maglia delle Fiamme Azzurre
In azione nella crono del Giro di Svizzera: nel tricolore di oggi vestirà la maglia delle Fiamme Azzurre
Possibile che non ci pensi mai?

Al Giro di Svizzera mi sono ritrovata con alcune ragazze della mia squadra e mi sono resa conto che era l’ultima volta che correvo con loro. Erano tutte emozionate, io invece cerco di non viverla così. Sono felice che sia l’ultimo anno e che smetterò dopo il Giro Italia. Ovviamente può essere anche una cosa brutta, perché pensi che certe ragazze, soprattutto le straniere, non le rivedrai più. Con le italiane invece capiterà l’occasione.

Zero emozione?

So che il Giro sarà l’ultima gara ed effettivamente inizio a realizzarlo. Le cose vanno così, si avvicina l’ultima gara. Sono stati giorni vissuti con molta tranquillità. Ho sempre fatto il mio percorso, pensando a quello che mi attende domani. Un giorno per volta. E devo dire che sono sempre più convinta della mia scelta.

Come saranno i primi giorni da ex?

Tutti mi chiedono cosa farò il giorno dopo. La mia vacanza sarà stare a casa a vivermi la famiglia, le cose lasciate indietro. Abbiamo il mare vicino, non devo fare chissà quanti chilometri. Secondo me, non tutte in questo ambiente comprendono la normalità della vita. Io l’ho assaporata quando ho avuto la bambina. Ho già avuto un assaggio di cosa mi aspetta di bello e anche di complicato, perché la vita non è solo rose e fiori.

Bastianelli ha condotto quasi tutta la carriera nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre (foto Instagram)
Bastianelli ha condotto quasi tutta la carriera nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre (foto Instagram)
Nessuna inquietudine?

Questa carriera è durata vent’anni, sono molto serena. L’ho vissuta con tranquillità sin dall’inizio, ho sempre cercato di essere professionale, quindi di conseguenza non mi pesa e non ci perdo il sonno. Sono pronta per fare questo passo.

Arzeni ha parlato di te come di una campionessa, per l’esempio che dai con il tuo modo di vivere ed essere atleta.

Ho sempre detto che il riconoscimento più grande che mi si possa fare è quello della persona, perché è ciò che rimane nella vita e nel futuro. Di campioni ce ne sono stati tanti e forse quelli che non sono ricordati non erano delle persone all’altezza. Quindi sono felice delle parole di Capo. Quello che ho vinto rimarrà negli albi d’oro, però Marta non è solo le sue vittorie.

Com’è stato ritrovarsi in questa WorldTour che cresce a vista d’occhio?

Questa squadra per me è una famiglia, perché ci siamo spostati dal contesto di Alé Cycling al UAE Team Adq di adesso. Abbiamo conosciuto persone nuove, che hanno voglia di crescere e portare avanti un discorso importante con le donne. Mi sono trovata molto bene e mi auguro che crescano ancora.

Durante le tappe del Centro Italia, Bastianelli ha seguito il Giro con il Processo alla Tappa (foto Instagram)
Durante le tappe del Centro Italia, Bastianelli ha seguito il Giro con il Processo alla Tappa (foto Instagram)
La vecchia Alé Cycling era meno gigantesca…

Questo è un discorso che ho fatto anche con alcuni miei colleghi in Svizzera, ma non voglio essere fraintesa, per cui mettiamolo giù bene. Io sono contenta del cambiamento perché doveva avvenire. Solo che il cambiamento è avvenuto in modo molto veloce. Io sono passata professionista che avevo 19 anni e fino ai 36 abbiamo fatto passi molto lenti. Negli ultimi tre o quattro anni invece, il cambiamento è scoppiato tutto insieme. Anche noi veterane abbiamo faticato a stargli dietro e non so se il tanto benessere sia la cosa migliore per le più giovani.

Come dire che è sbagliato avere tutto e subito?

Forse dovrebbe esserci anche per loro l’occasione di conquistarselo. Abbiamo voluto e ottenuto tutto questo, però mi sembra che ad oggi tante ragazze prendano un bello stipendio e si siano sedute. Noi invece lottavamo per arrivare e mi auguro che abbiano la stessa fame. Se il benessere porta via la consapevolezza di dover fare sacrifici, allora il giochino non funziona più

Non succede con tutte?

A volte mi guardo intorno e vedo ragazze che trovano la pappa già pronta e si siedono. Non è così che deve funzionare. Le società investono soldi, se dovessero capire che ce ne approfittiamo, potrebbero benissimo chiudere i battenti e si tornerebbe subito indietro.

L’ultima vittoria di Marta Bastianelli risale alla prima tappa dell Ceratizit Festival Easy Jacobs del 29 aprile
L’ultima vittoria di Marta Bastianelli risale alla prima tappa dell Ceratizit Festival Easy Jacobs del 29 aprile
Il tuo ruolo e quello delle più esperte potrebbe essere proprio quello di parlare con le ragazze?

Sì, ma io sono arrivata in fondo, fra un anno o due se ne fermeranno altre anche all’estero, ragazze che vengono dalla mia stessa generazione. Siamo arrivate in alto, ma venivamo dal nulla. Ora abbiamo il pullman, ma io ricordo quando facevamo il Giro d’Italia dentro ai furgoni. Adesso è bellissimo e giusto che ci sia il pullman, ma il messaggio che vorrei far passare è che dobbiamo essere all’altezza di quello che abbiamo ottenuto.

Aggiungiamo che tante ragazze sono state prese nel WorldTour perché le squadre erano sotto organico.

Ecco un altro passaggio da rivedere. Non puoi passare dal niente al tutto senza aver dimostrato di avere i mezzi e la voglia per arrivarci. Invece ci sono ragazzine che in questi giorni stanno facendo la maturità, che guadagnano già dei soldi veri. Quello forse è un piccolo passaggio da rivedere, che non dipende da noi, ma da chi gestisce tutto…

Molto dipende dalle persone, no? Una come Gasparrini non sembra montata, anzi sembra molto tosta…

Lei ha la testa sulle spalle, si è guadagnata quello che prende e non è una che si accontenta. Lei vuole di più, il corridore è fatto così. A differenza di tanti che si mettono a giocare coi social, Gaspa” si rimbocca le maniche e non perde un colpo (le due sono insieme nella foto di apertura, ndr). La vita è così.

Sua figlia Clarissa ha 9 anni e ogni volta che si può, la segue alle corse
Sua figlia Clarissa ha 9 anni e ogni volta che si può, la segue alle corse
Il campionato italiano di domenica è troppo duro per te…

E’ proprio duro. Vogliamo fare bene, perché corriamo una sola volta all’anno con le Fiamme Azzurre che ci sostengono tutto l’anno da una vita, specialmente nel mio caso, quindi partiremo per fare un’ottima gara. E se noi ragazze veloci abbiamo poche possibilità, aiuteremo Elena Cecchini che potrebbe entrare in una bella fuga. In ogni caso cercheremo di onorare la maglia, domenica correrò il mio ultimo campionato italiano su strada. E se ci penso, devo ammetterlo, adesso mi sembra un po’ strano…

Zanardi, carburare in fretta dopo il solito periodo opaco

21.03.2023
4 min
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Silvia Zanardi ha un rapporto conflittuale con questo periodo dell’anno. Una sliding door climatica che soffre più del dovuto e che le condiziona prestazioni e pensieri. Il termine dell’inverno, o se preferite l’equinozio di primavera, giunto ieri può essere un segnale incoraggiante per la 23enne della BePink (in apertura foto Ossola), anche per scrollarsi di dosso un po’ di malanni e malumori di stagione.

«Domenica al Trofeo Binda – ci racconta Zanardi – non stavo ancora bene. Ho un gran raffreddore e ho fatto fatica. Probabilmente può essere una conseguenza degli sbalzi termici degli ultimi giorni e del virus gastrointestinale che ho avuto al Trofeo Ponente in Rosa quasi due settimane fa. In Liguria dopo la cronosquadre inaugurale, ho sfruttato il giorno successivo in cui è saltata la tappa per vedere se stavo meglio ma il giorno dopo ancora mi sono dovuta fermare a metà corsa».

Finora il miglior piazzamento stagionale di Zanardi è un quarto posto alla Valenciana (foto Ossola)
Finora il miglior piazzamento stagionale di Zanardi è un quarto posto alla Valenciana (foto Ossola)

Un deja-vù da allontanare

E’ una situazione di alti e bassi ricorrente quella che vive Silvia da qualche anno. Le sessioni in pista, i ritiri al caldo della Spagna seguiti dalle prime gare nella zona di Valencia. Ha aperto le ultime due stagioni con buoni risultati tra estero e Italia. Poi quando ricompare il brutto tempo, la forma stenta a restare alta.

«Dal 2021 ad oggi – prosegue Zanardi – mi ritrovo sempre giù di tono in questo periodo. Non so perché. In autunno e inverno mi sono dedicata molto alla pista. Ho disputato la prima prova di Nations Cup a Giakarta (23-26 febbraio, ndr) correndo madison, omnium e inseguimento a squadre. Forse ho accusato più del previsto anche i tanti viaggi aerei e non ho recuperato a dovere. E per la verità ho ancora anche qualche chilo da smaltire. Ma sia chiaro, non voglio trovare scuse o giustificazioni.

«E’ colpa mia che non riesco a gestire bene questa mia stanchezza fisiologica. Quando vedo che inizio a non stare come vorrei, tendo a deprimermi, faccio fatica a spronarmi e perdo la costanza. So che bisogna essere al 100 per cento in questi dettagli. Adesso però è il caso di rimettersi in sesto».

Zanardi alla cronosquadre inaugurale del Ponente in Rosa. Due giorni dopo abbandonerà a causa di un virus intestinale (foto Ossola)
Zanardi alla cronosquadre inaugurale del Ponente in Rosa. Due giorni dopo abbandonerà a causa di un virus intestinale (foto Ossola)

Diesel Zanardi

L’attuale stagione della velocista della BePink non sarà priva di traguardi intermedi. Conosciamo Silvia e sappiamo che non ama sbilanciarsi troppo, specie se la sua condizione psico-fisica non è ottimale. Alcuni argomenti poi, come l’eventuale passaggio nelle Fiamme Azzurre o il salto nel WorldTour nel 2024, restano momentaneamente tabù e preferisce non dirne nulla. Tuttavia è consapevole che non può sottrarsi agli appuntamenti più importanti col suo club e con la maglia azzurra.

«Gli obiettivi – va avanti Zanardi, che finora ha raccolto quattro top ten – sono gli stessi di sempre o comunque quelli già prefissati. Nel breve voglio fare bene, anzi il meglio possibile, nelle prossime gare, che siano open o internazionali. Ad esempio il Liberazione è una corsa che mi piace. A giugno tornerò a lavorare in pista per preparare i campionati italiani che quest’anno si terranno a casa mia, a Fiorenzuola d’Arda. Quelle corse torneranno utili in previsione dei mondiali anche se di questo ne dobbiamo ancora discutere con Marco e Walter (rispettivamente il cittì della pista Villa e il suo team manager Zini, ndr)».

L’inizio del 2023 di Zanardi è stato sotto tono ma lei non cerca scuse e vuole recuperare (foto Ossola)
L’inizio del 2023 di Zanardi è stato sotto tono ma lei non cerca scuse e vuole recuperare (foto Ossola)

«Non nascondo che mi piacerebbe fare ancora i mondiali su strada come nel 2022 – conclude Silvia, quasi al termine di un piccolo sfogo – ma so che bisogna meritarsi la chiamata. Di sicuro vorrei fare bella figura al Giro Donne. L’anno scorso non avevo potuto finirlo perché ero dovuta partire con la nazionale per gli europei U23 che si accavallavano. Per tutto ciò che concerne il prossimo anno ne riparleremo più avanti. Ci sono verità che tengo per me, che conosciamo solo io e pochissime altre persone. Adesso posso solo dirvi che col caldo uscirà la vera “Zanna”. Ci metto un po’ a carburare ma so che posso ripetere vittorie e prestazioni di un anno fa».

La qualifica olimpica di Lamon è già iniziata

22.11.2022
5 min
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Forse non è per caso che dei quattro campioni di Tokyo, l’unico che in questi giorni sta lavorando a Noto sia Francesco Lamon. Il veneto fa da chioccia ai giovani convocati da Villa, ma intanto costruisce la condizione per difendere il suo posto. Il quartetto azzurro si è popolato di colpo di fior di campioni. Grandi specialisti che contemporaneamente corrono o correranno nel WorldTour, con innegabili vantaggi sul fronte del livello atletico. Per restare al top, Lamon ha solo una soluzione: dare il massimo in ogni occasione possibile. Consapevole del fatto che quando inizierà la stagione su strada, gli altri cambieranno marcia. Vedere lo spostamento di Jonathan Milan nel “suo” ruolo di primo uomo del quartetto non può averlo lasciato indifferente.

«Se bisogna guardare i risultati – dice in un momento di pausa nel velodromo di Noto – direi che il 2022 è stato un anno parzialmente positivo. Dopo l’europeo andato storto, a me in primis premeva dimostrare che comunque era stato solo un passaggio e un episodio sgradevole. Le responsabilità, ovviamente, come ha sempre detto anche Villa, era la nostra. Quindi ci siamo rimboccati le maniche e al mondiale siamo arrivati in buona forma, nonostante i vari appuntamenti degli altri ragazzi. Se ogni anno si riesce a essere nei primi tre del campionato del mondo, vuol dire che ci siamo. Questo di base è già positivo».

La nazionale sarà in ritiro a Noto fino a domenica: clima mite e tanto lavoro ben fatto
La nazionale sarà in ritiro a Noto fino a domenica: clima mite e tanto lavoro ben fatto

«Ovviamente da adesso – prosegue Lamon – inizia la qualifica olimpica. In ogni appuntamento, dato che sono pochi, bisognerà essere non dico al 100 per cento, ma almeno al 99. Per essere tranquilli e non qualificarsi per il rotto della cuffia. Quindi daremo il massimo già da questo ritiro. Sono mentalizzato sui campionati europei di febbraio, primo appuntamento del 2023 e primo passaggio per qualificarci».

L’arrivo di Milan

“Lemon” non si piange addosso. Quando arrivi tanto in alto, sai che il solo modo per restarci è vincere la concorrenza interna. Villa su questo è sempre stato chiaro. E anche se per i suoi ragazzi d’oro ha sempre avuto un occhio di riguardo, il passaggio a vuoto agli europei di Monaco ha in qualche modo spostato gli equilibri. Il Lamon dei mondiali era sicuramente più incisivo, ma nulla è più scontato. Ammesso che lo sia mai stato.

«Vedere Milan che fa le partenze – ammette – serve da stimolo per tirare fuori Il 150 per cento. Jonathan lo definisco un fuoriclasse per quello che fa in pista, ma anche su strada. Essendo anche un ragazzo molto giovane, è riuscito ad arrivare a questi livelli in un paio d’anni, mentre io ci ho messo non dico una carriera, ma quasi. Una sana competitività interna giova a tutti, perché si arriva agli appuntamenti con il gruppo più forte. Il bisogno di riconfermarsi ogni volta lo vedo come uno stimolo, anche perché comunque stiamo andando verso un’Olimpiade. Chi va più forte sarà dentro e non ci sarà nessun rancore, da parte mia in primis. Però intanto lavoriamo bene per dimostrare che ci siamo ancora».

Il gruppo endurance, donne e uomini, ha lavorato prevalentemente su strada, con brevi apparizioni in pista nel pomeriggio
Il gruppo endurance, donne e uomini, ha lavorato prevalentemente su strada, con brevi apparizioni in pista nel pomeriggio

Livello altissimo

Fa strano vederli girare in pista con le bici da strada. A un certo punto, proprio Lamon è arrivato a velocità altissima sul rettilineo e ha smesso di pedalare e la prima reazione, pensando alla bici col fisso, è stata di paura. Mentre i velocisti provano le loro partenze in sfide parallele che fanno venire il mal di gambe, le ragazze e i ragazzi del gruppo endurance sono usciti di mattina su strada e sul cemento di Noto provano a loro volta degli allunghi e delle partenze con le bici da strada. Quelle da pista sono rimaste in magazzino.

«Più che il livello mondiale – riprende Lamon – secondo me il livello che si sta alzando è quello all’interno del nostro gruppo. In generale abbiamo visto che, Olimpiadi a parte, i tempi dei quartetti si sono abbastanza livellati. La differenza in casa nostra è che se fino a 3-4 anni fa un determinato tempo lo facevamo in cinque, adesso possono farlo in 8-9, quindi da un lato questo ci dovrebbe permettere di lottare per la qualifica a livello molto alto, dall’altro guadagnarsi il posto da titolare è più difficile».

Ai mondiali di Parigi, chiusi con l’argento, le prime prove “vere” di Milan nel ruolo di lanciatore
Ai mondiali di Parigi, chiusi con l’argento, le prime prove “vere” di Milan nel ruolo di lanciatore

Calo mentale

Parla con tono sereno, il cronometro non mente. Forse la chiave di lettura del 2022, per lui che non corre su strada come gli altri tre azzurri di Tokyo, sta proprio nel fatto di aver fatto più fatica a lasciarsi dietro quell’oro. Le Olimpiadi e poi il successo al mondiale. A quel punto l’attività WorldTour che ha risucchiato Ganna, Milan e Consonni ha rimesso tutto a posto, mentre Lamon e gli altri specialisti sono rientrati in una routine non sufficientemente serrata.

«L’anno post olimpico – riflette – è stato un anno come tutti gli altri. Se però devo guardare gli appuntamenti, forse ci sono arrivato un po’ più stanco mentalmente. I sei mesi di avvicinamento a Tokyo sono stati molto tosti, quindi è stato un calo più mentale che fisico. Ovviamente quando esci da un appuntamento preparato in quel modo, era più da staccare di testa. Per questo penso e spero che andrà meglio. Quest’anno niente vacanze. Ho preferito restare in Italia cercando casa, anche se non l’abbiamo trovata. Dovrei correre la Vuelta San Juan in Argentina. Non lo so ancora per certo, ma in vista degli europei una corsa a tappe, a me in primis, fa bene perché aumenta la resistenza su cui durante l’anno faccio fatica a lavorare, facendo le gare con i dilettanti. Sarà un anno più concentrato rispetto agli altri, perché i campionati del mondo ci saranno ad agosto».

Una fase di recupero accanto a Stefano Moro, appena passato alle discipline veloci
Una fase di recupero accanto a Stefano Moro, appena passato alle discipline veloci

«Devo colmare quel gap che ho rispetto anche ad altri professionisti che fanno la stagione su strada – ragiona Lamon – programmando il lavoro nel modo più preciso possibile anche con Villa e Bragato. E al riguardo vorrei anche ringraziare sia la Arvedi Cycling, che è la mia squadra di appoggio per le gare su strada, sia ovviamente il gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre, che mi concede di fare tutto questo e dandomi sempre l’appoggio di cui ho bisogno. Sono sereno. Ho la tranquillità di cui ho bisogno per fare un bel 2023».