Dall’Italia al Belgio, la scelta di Fenix che crede nel ciclismo

01.01.2025
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MILANO – In quel costante arrovellarsi sull’assenza di grandi sponsor (italiani) nel ciclismo italiano, il fatto che in Belgio ci sia una squadra WorldTour femminile di primo nome italiano come Fenix provoca una serie di prevedibili riflessioni. Poco aiuta aver scoperto che alle spalle di Fenix ci sia una holding olandese. Al contrario, la consapevolezza di ciò amplifica il senso di disagio. In Olanda il ciclismo è percepito così tanto come un terreno su cui investire, da aver spinto una società italiana controllata a metterci il nome e le risorse. Chissà quante aziende ne avrebbero i mezzi, ma non lo fanno perché nessuno sa spiegargliene i vantaggi.

Per questo incontrare Sandro Marini, Art Director presso Arpa Industriale e riferimento di Fenix per il marketing, aiuta a far luce su ciò che rende appetibile il ciclismo per l’azienda di Bra che ha iniziato nel 2023 e fino al 2027 sarà primo nome della Fenix-Deceuninck. Nel 2020 e nel 2021 era stata anche il secondo nome sulla maglia di Mathieu Van der Poel. Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione di Annemiek Van Vleuten come coach della squadra olandese e ci ha colpito, come abbiamo già raccontato, assistere alla presenza numerosa di giornalisti venuti dal Belgio e dall’Olanda in casa di uno sponsor italiano

Il nostro interlocutore per questo articolo è Sandro Marini, Art Director di Arpa Industriale (immagine Instagram)
Il nostro interlocutore per questo articolo è Sandro Marini, Art Director di Arpa Industriale (immagine Instagram)
Perché il ciclismo?

Abbiamo iniziato questo interessante viaggio nel 2020 insieme alla allora Alpecin-Fenix. Fenix produce un materiale che riveste le superfici per gli elementi d’arredo, delle cucine, dei tavoli, di tutto quello che si può coprire. La Fenix ha sede a Bra, quindi è un’azienda italiana, ma condividiamo i valori della squadra di Philip Roodhooft. Il fatto di arrivare a loro è dipeso dalla holding, ma anche dalla passione e dall’aver scoperto in loro i nostri stessi valori aziendali. Ci siamo piaciuti e abbiamo voluto mettere il nostro marchio sulla squadra.

Un’esperienza che funziona a livello di conoscenza del marchio?

Molto, molto. Più di tutto ci piace il fatto di essere associati a una squadra che ha un percorso molto bello di successi. Ci dà grande soddisfazione e permette di incrociare mondi che possono sembrare totalmente diversi, totalmente avulsi. Sui social abbiamo ricevuto commenti da persone che hanno una cucina Fenix e si sono accorte che i loro ciclisti preferiti corrono con Fenix e di conseguenza trovano la loro cucina ancora più bella. Poi c’è anche l’aspetto della comunicazione più pura, ma noi siamo molto contenti anche del riscontro immediato del semplice accostamento del nome alla squadra.

Puck Pieterse ha portato il marchio Fenix sulla maglia bianca di miglior giovane al Tour 2024
Puck Pieterse ha portato il marchio Fenix sulla maglia bianca di miglior giovane al Tour 2024
Fino al 2028 con le donne, prima con Van der Poel: c’è una grossa differenza di impatto?

Ovviamente sì, sono due cose diverse, ma devo dire che con la squadra femminile c’è ancora più partecipazione. C’è più empatia e troviamo le porte aperte. Quella di affiancare le ragazze è stata una bella scelta ed è il nostro solo impegno nel ciclismo. Al momento siamo con loro con questa sponsorizzazione. Uno dei nostri valori è essere focalizzati sul progetto e ora vogliamo dare loro il nostro supporto affinché possano fare risultati migliori e diventino delle atlete bravissime. E poi c’è l’aspetto umano e sociale.

Vale a dire?

Quando ci coinvolgono anche in gare completamente diverse, tipo la Gran Fondo Bra-Bra, è un momento di festa. Si incrociano persone, è venuto Adrie il papà di Van Der Poel. Sono venute le ragazze e si crea sempre un bel clima.

Nel catalogo del marchio piemontese, cucine, soggiorni… tutto ciò che richiede un rivestimento (foto Fenix)
Nel catalogo del marchio piemontese, cucine, soggiorni… tutto ciò che richiede un rivestimento (foto Fenix)
Quando nasce il marchio Fenix?

Come prodotto nasce nel 2013, abbiamo festeggiato dieci anni lo scorso anno. E’ un prodotto che ha rivoluzionato il mondo dell’interior design grazie alle sue caratteristiche di opacità, soft touch, riparabilità e anti-impronta. Il nome Fenix viene proprio dall’araba fenice che col calore si rigenera, proprio come le superfici che produciamo. Grazie a queste caratteristiche Fenix ha dettato un nuovo standard che in dieci anni ha avuto un notevole successo in tutto il mondo dell’interior design, dalle cucine agli elementi di arredo con le marche più prestigiose.

L’azienda è nata a Bra?

L’azienda che c’è alla base di tutto, Arpa Industriale, è nata nel 1954, quindi quest’anno ha festeggiato i 70 anni. L’anno scorso i 10 anni di Fenix, quest’anno i 70 anni di Arpa. E’ nata a Bra perché i proprietari e i fondatori erano di Bra. Inizialmente produceva laminato, che era il materiale smart, anche se era fatto con tanti strati di carta. Quindi è nato tutto da una famiglia braidese, ma nel 2008 è avvenuta l’acquisizione da parte della holding olandese e da lì è iniziato un nuovo percorso di azienda, con lo sviluppo di prodotti come Fenix.

Ceylin Del Carmen Alvarado ha già vinto nove prove di cross in questa stagione: qui a Namur
Ceylin Del Carmen Alvarado ha già vinto nove prove di cross in questa stagione: qui a Namur

Nella Fenix-Deceuninck corre Puck Pieterse, campionessa del mondo U23 e miglior giovane all’ultimo Tour. C’è Ceylin Del Carmen Alvarado, star del ciclocross e c’è anche Pauliena Rooijakkers, terza all’ultimo Tour de France. La squadra corre con bici Canyon ed è vestita da Alé Cycling, altra eccellenza italiana. Per ora le ragazze stanno correndo nel cross, ma presto sarà tempo di tornare su strada. Portando in giro per il mondo il marchio di un’azienda piemontese che ha scelto di crederci.

Belgi e olandesi in massa a Milano, per Fenix e Van Vleuten

21.12.2024
6 min
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MILANO – Per avere l’idea di quanto sia popolare il ciclismo fra Belgio e Olanda, basti pensare a quanto è accaduto ieri a Milano. Ci era arrivato un invito da parte di Nico Dick, il press officer della Alpecin-Deceuninck, per la presentazione a Milano della Fenix-Deceuninck. Appuntamento alle 10,30 nello showroom di Fenix in via Quintino Sella, alle spalle del Castello Sforzesco. Alle 12, a due fermate della “metro verde”, ci sarebbero stati la conferenza stampa del presidente federale Dagnoni e poi il Giro d’Onore.

Quando alle 10,20 il locale si riempie degli inviati belgi e olandesi, che di solito incontriamo nelle grandi corse, ci viene il sospetto di qualcosa di grosso. Uno di loro infatti, giornalista di Wielerfiets, ci dice di sfuggita che sarà presente un grosso nome, ma non sanno chi. E per questo sono partiti in blocco da casa. Poi aggiunge che il grosso nome magari è tale per loro e non per noi. Incuriositi continuiamo ad aspettare, ma convinti di fargli una gentilezza diciamo a tutti che di lì a poco ci saranno a disposizione della stampa personaggi come Ganna, Viviani, i fratelli Consonni, Guazzini, Balsamo e tutto il ben di Dio del Giro d’Onore. Credete che uno solo di loro si sia mosso da lì?

Il team manager Philip Roodhooft ha fatto il punto sulla squadra e spiegato il ruolo di Van Vleuten
Il team manager Philip Roodhooft ha fatto il punto sulla squadra e spiegato il ruolo di Van Vleuten

Sorpresa Van Vleuten

Il grosso nome effettivamente c’è ed è quello di Annemiek Van Vleuten. L’olandese si è ritirata alla fine del 2023 a 41 anni. Si è data un gran da fare nel gravel e alla fine ha accettato l’offerta di Philip Roodhooft, team manager della squadra belga, perché ne diventi un po’ coach, un po’ ispiratrice e un po’ anche talent scout. Con quattro titoli mondiali, un oro olimpico a crono, la vittorie del Tour, di 4 Giri d’Italia e di 2 Vuelta Espana, oltre a 2 Fiandre, 2 Liegi, 2 Strade Bianche e 2 Omloop Het Nieuwsblad, Annemiek è considerata una delle dei migliori cicliste di sempre.

«E’ soprattutto un investimento – dice Roodhooft, presente a Milano – per raggiungere risultati migliori. La squadra ha lottato, ma manca qualcosa perché arrivi dove vorremmo. Il ruolo di Annemiek è difficile da inquadrare, ma non è indefinibile. Ad esempio, nella nostra squadra abbiamo un’atleta come Carina Schrempf, che due anni fa correva gli 800 metri. Non ha parenti che le abbiano insegnato ad andare in bicicletta, per cui si tratta di un processo per il quale se va bene servono cinque anni. Con Annemiek in squadra ad esempio, possiamo accelerare questo processo di apprendimento. In più può insegnare alle ragazze a correre in modo più intuitivo, prendendo l’iniziativa e fiducia in se stesse. Finora tutte le tattiche sono affidate al direttore sportivo, sarebbe bello che durante un’intervista l’atleta fosse capace di dire di essere scattata perché ha visto un’occasione».

Chiamata a primavera

Lei è rimasta per tutto il tempo seduta e silenziosa. Ha scattato foto quando Alessia Piccolo ha presentato le maglie in tre colori e anche quando lo stesso Roodhooft ha raccontato gli obiettivi di un team che ha consolidato il rapporto con Fenix fino al 2027. Solo quando lo chiamano sullo sgabello, inizia a raccontare la sua versione.

«Dopo la primavera, che è stata un po’ deludente in termini di vittorie – dice – ho ricevuto una telefonata da Philip Roodhooft. Mi ha detto: “Sentiamo che abbiamo ancora bisogno di qualcosa per aiutare le ragazze a fare il passo decisivo. Pensiamo che tu possa aiutarci”. Questa è una grande opportunità per me. Sapevo di non voler fare il direttore sportivo, perché penso che altri siano tatticamente più bravi. E non volevo nemmeno essere un allenatore. Quindi questo ruolo libero mi piace molto.

«Credo che la squadra abbia delle individualità molto forti – dice – di cui ancora non c’è consapevolezza. Prendo il mio esempio. Ho scoperto casualmente che potevo essere uno scalatore. Volevo andare ai Giochi di Rio ed è per questo che ho iniziato ad allenarmi forte in salita. Se qualcuno avesse espresso prima la sua fiducia nelle mie qualità, per me avrebbe fatto una grande differenza. Sarò una sorta di performance coach, sarà un viaggio di scoperta per me e per la squadra. Sicuramente ne ragionerò insieme alle atlete e vedrò come ottenere il meglio da ciascuna di loro e da tutta la squadra».

Nel 2022, Van Vleuten ha vinto la prima edizione del Tour Femmes e a seguire il mondiale di Wollongong
Nel 2022, Van Vleuten ha vinto la prima edizione del Tour Femmes e a seguire il mondiale di Wollongong

Tre atlete al massimo

Andando avanti con le domande, viene fuori però che il suo non sarà un impegno ad ampio raggio, ma piuttosto focalizzato su due atlete: Puck Pieterse e Pauliena Rooijakkers, la giovanissima star del fuoristrada ma vincitrice di una tappa al Tour e la terza dell’ultima Boucle.

«L’idea è di lavorare specificamente con tre ragazze – specifica però Van Vleuten – ma non è ancora del tutto noto quali saranno. Mi unirò alla squadra al ritiro di gennaio e conoscerò tutti. Potrei certamente lavorare con Puck, ma prima dovrà concludere la sua stagione di cross, per cui per ora la lasceremo in pace. Certamente in lei vedo una potenziale vincitrice del Tour. Ha molto talento, che però deve essere instradato. Deve scoprire se stessa. E penso che lo farà scegliendo dove vuole veramente eccellere. In questa squadra la priorità è che sia il corridore a fare la scelta e che riesca anche a divertirsi».

Con Van Vleuten due atlete della Fenix: Marthe Truyen e Yara Kastelijn
Con Van Vleuten due atlete della Fenix: Marthe Truyen e Yara Kastelijn

Più o meno una mental coach

Due parole Van Vleuten le riserva anche a Pauliena Rooijakkers, che ha 31 anni e non avrebbe mai immaginato di essere all’altezza di un podio al Tour de France.

«Da quando sono stata contattata nella scorsa primavera – spiega Van Vleuten – ho iniziato a seguire Pauliena con un po’ più di interesse. Mi rivedo molto in qualcuno che ha iniziato a scoprirsi come corridore di classifica già da grande. Parlandone e ragionando con lei, potremmo essere in grado di accelerare il suo processo. A volte questo significa semplicemente darle fiducia. Negli ultimi anni di carriera, mi è capitato di sedermi con il mio allenatore, cercando di capire quale potesse essere il mio ruolo. Ho anche studiato psicologia dello sport, perché penso che in questo momento sia la parte più interessante e quella in cui il mio contributo possa essere maggiore. Sono stata in gruppo per 18 anni, sarebbe brutto perdere la mia esperienza, vorrei trasmetterla alle ragazze più giovani».

Attirati da altri grossi nomi decisamente più azzurri, alle 11,45 abbiamo lasciato lo showroom Fenix, proprio nel momento in cui stavano arrivando i primi piatti del pranzo. La giornata era ancora lungi dal finire, gli amici del Nord stavano ultimando le loro interviste e si avvicinavano al buffet.