NIZZA (Francia) – Se questo pullman potesse parlare, sai quante ne racconterebbe? Il porto di Nizza accoglie la partenza della penultima tappa del Tour, quella che arriverà al Col de la Couillole. Nei clan degli scalatori c’è apprensione, in casa Astana Qazaqstan Team l’unica preoccupazione è quella di portare Cavendish all’arrivo anche oggi, perché domani (domenica) possa raccogliere il meritato applauso sul suo ultimo podio.
Dopo giorni di mascherine e mille attenzioni, questa volta c’è tutto il mondo. La gente si accalca come accadde a Firenze e più di un corridore è costretto a mettere piede a terra, andando e tornando dalla firma, per non cadere. Ma tutto sommato, chi l’ha detto che questo pullman non possa parlare?
A caccia del record
Il grosso mezzo celeste, un MAN Lion’s Coach, ha la voce di Federico Borselli, che lo guida e se ne prende cura da quando questa squadra è nata ed ha accolto l’anima italiana con Martinelli. Una sorta di filo che la tiene legata alla Saeco di Cipollini e Cunego e che ha poi visto passare Vincenzo Nibali e Fabio Aru. C’è stato a lungo anche Michele Scarponi, il cui nome viaggia sulla prua e apre la strada ai suoi fratelli. Ci sono stati anni in cui l’Astana è stata la squadra delle grandi corse a tappe. Dal 2013 al 2016 portò a casa infatti due Giri, un Tour e una Vuelta. Poi sono arrivati i nuovi giganti, il budget si è ristretto e i Giri sono diventati appannaggio di altri. E così quest’anno al Tour sono venuti per quell’unica vittoria che ha dato un senso al suo ultimo scorcio di carriera e alla loro spedizione.
«Quando porti una squadra di scalatori e lotti per vincere dei Grandi Giri – spiega il toscano, angelo custode del pullman e dei suoi racconti – sei tutti i giorni a lottare per tenere le posizioni, non perdere terreno, attaccare. Quando hai un velocista, ci sono giorni ad altissima tensione e altri in cui cerchi il modo per arrivare ugualmente al traguardo. Lottare tutti i giorni dà un altro morale, però quando si vince, la soddisfazione è uguale. Cavendish che ha vinto la 35ª tappa del Tour è stata una cosa bellissima…».
Eppure era cominciato male, questo Tour. Il primo giorno si rischiava che Mark andasse a casa…
La prima settimana è stata dura, poi piano piano le cose si sono un po’ riequilibrate. I corridori hanno preso i loro ritmi e ci siamo risistemati.
Cosa si capisce portandoli avanti e indietro ogni giorno?
Riesci a capire il corridore. Come sta, il morale che ha. Lo vedi subito la mattina, quando arriva il bus. Ad esempio Mark è passato dalle tensioni del primo giorno a quell’atmosfera magica del giorno che ha vinto. C’era quella tensione buona, si percepiva che fossimo tutti lì per raggiungere questo risultato molto importante. Non so come spiegare, si sentiva che stesse per succedere qualcosa di importante.
Come ci sta Cavendish sul pullman che è stato di così grandi scalatori?
Essendo un anglosassone, è più chiuso rispetto a un Cipollini, un Simoni oppure Cunego, Scarponi e Nibali. Però alla fine è uno di noi. Uno che sta al gioco, è simpatico. Ride e scherza anche lui. E poi si è visto che dopo la vittoria è cambiato totalmente.
Ogni giorno una lotta per raggiungere il traguardo: come lo vedevi quando arrivava dopo le tappe?
Ha avuto una grinta incredibile, perché arrivare fino qui a Nizza per lui non è stato facile. In questi giorni che stavano nel tempo massimo per pochi minuti, quando salivano sul pullman erano davvero finiti. Però dopo un’ora il corridore, l’atleta professionista recupera e torna nella normalità. Lui ha fatto fatica, ma ce l’ha fatta anche grazie agli altri ragazzi che gli sono stati vicini.
Ti ha mai chiesto perché ci sia quel grosso cartello col nome di Scarponi?
No, credo per discrezione. Però sa il motivo per cui c’è, in gruppo penso lo sappiano tutti.
P.S. Finito il Tour, mentre la squadra si è concessa la meritatissima festa, Borselli si è rimesso al volante ed è ripartito alla volta di Calenzano. C’erano dei lavori da fare sul pullman, che dopo un Tour mostra i suoi cedimenti. E visto che il programma di Federico prevede la ripartenza per Vuelta Burgos, San Sebastian, Circuit de Getxo e poi la Vuelta Espana, bisogna che il mezzo sia a posto. Non esserci gli è dispiaciuto, ma per essere dei grandi professionisti bisogna saper individuare le priorità. E questa era superiore.