Cornegliani, un oro che vale anche come esempio

15.09.2024
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L’inno italiano, Fabrizio Cornegliani l’ha sentito suonare tante volte in suo onore. Ma quella aveva un sapore speciale. A Parigi, ai Giochi Paralimpici, primo (e alla fine unico) oro della spedizione olimpica del paraciclismo, che ha dato comunque un contributo importante al sesto posto nel medagliere tanto clamoroso quanto sottovalutato nel giudizio dei media.

Fabrizio Cornegliani è nato a Miradolo Terme (PV) il 12 marzo 1969. Ha iniziato a gareggiare nel 2017
Fabrizio Cornegliani è nato a Miradolo Terme (PV) il 12 marzo 1969. Ha iniziato a gareggiare nel 2017

I sacrifici dietro un oro olimpico

Per il pavese di Miradolo Terme è il culmine di una carriera nata per caso come per tanti costretti (ma come si vedrà questo verbo neanche si attaglia troppo bene al suo destino) allo sport paralimpico. Fabrizio lo sport l’ha sempre avuto nel sangue. Istruttore di arti marziali, un giorno è stato vittima di una caduta sfortunata, una gran botta alla schiena, un verdetto inappellabile: tetraplegia. Lo sport, il ciclismo in questo caso, lo ha riportato a galla, è diventato la sua vita, ben oltre un oro olimpico.

Argento tre anni prima a Tokyo, Cornegliani è partito per Parigi con un’idea sola in testa, un’idea dorata: «E’ difficile raccontare un oro olimpico perché dietro ci sono sacrificio e lavoro interminabili. La mia olimpiade posso dire che sia iniziata due mesi prima, nel senso che da allora ho fatto solo il ciclista e devo dire grazie alla mia famiglia perché quest’oro è soprattutto loro, dei sacrifici che hanno dovuto fare per sostenermi».

Fabrizio con la moglie. Il supporto della famiglia è stato decisivo nell’approccio olimpico
Fabrizio con la moglie. Il supporto della famiglia è stato decisivo nell’approccio olimpico

Il racconto di un giorno speciale

Cornegliani ha ben stampato nella mente ogni singolo momento di quel giorno d’oro: «Ci siamo svegliati alle 4 perché dovevamo fare un’ora di trasferimento in pullman e per me è stato un viaggio, con le macchine della polizia con i lampeggianti davanti e dietro. Nel buio faceva un certo effetto, anche un po’ inquietante. Siamo arrivati presto, sistemandoci nel parcheggio, poi io ho iniziato tutta la trafila di impegni che precedono una cronometro, legati al riscaldamento. Un rituale che è sempre lo stesso: i rulli di preparazione, la scelta delle ruote, la pressione giusta, il cambio delle batterie per i comandi… Un processo che nasconde sempre tante incognite e quando sei all’appuntamento principale del quadriennio, sai che ti giochi tutto anche per una sciocchezza».

La parte più difficile è il momento del via: «Oltretutto ci avevano anche anticipato il controllo dell’handbike e questo ha aggiunto stress a stress. Prima di partire ho guardato gli altri, lo staff azzurro: la tensione era palpabile. Io sapevo di giocarmi una medaglia, ma bisognava capire di quale colore. All’inizio il sudafricano Du Preee andava più forte ma era preventivato, è più leggero, poi la classifica si è assestata con la lotta fra me e il belga Hordies, come nell’ultima prova di Coppa del Mondo. Io però non mi sentivo a posto, non mi ero riscaldato bene e infatti i wattaggi erano inferiori a quel che pensavo.

Cornegliani ha preceduto il belga Hordies di 21″ e il sudafricano Du Preez, campione uscente, di 1’16”
Cornegliani ha preceduto il belga Hordies di 21″ e il sudafricano Du Preez, campione uscente, di 1’16”

L’impostazione delle curve

«Le difficoltà erano legate al percorso, ai sampietrini, all’impostazione delle curve. Con i nostri mezzi bisogna essere precisi, non puoi correggere. Oltretutto io ho i freni all’altezza dei gomiti, quando la bici è lanciata puoi fare ben poco, per questo conta molto conoscere il percorso. Io comunque iniziavo a preoccuparmi, non vedevo le cifre che volevo, oltretutto non avevo voluto la radio per non essere condizionato da quel che facevano gli altri. So che ho fatto brontolare qualcuno… Dopo la prima salita finalmente ho visto che il riscaldamento era completato e i numeri erano quelli giusti. A quel punto ho visto che le telecamere mi avevano raggiunto, era il segno che stavo andando bene. Mancava la parte finale, l’ultima salita: ero sotto di 5” ma non mi sono preoccupato, sapevo di avere più fondo e infatti nell’ascesa finale ho rifilato al belga più di 25”».

Il lombardo vanta 12 medaglie mondiali (5 d’oro), 4 europee (2 d’oro) e un oro e un argento olimpico
Il lombardo vanta 12 medaglie mondiali (5 d’oro), 4 europee (2 d’oro) e un oro e un argento olimpico

Il problema delle categorie

Arrivato al traguardo, non era finita: «C’era da attendere un minuto e mezzo per sapere se ero davanti al sudafricano e quei 90 secondi sono sembrati ore, poi è iniziata la festa, piangevano tutti. Io mi sono liberato di un peso enorme, mi sono passati davanti agli occhi tutti i sacrifici fatti per settimane e settimane, coinvolgendo tutti coloro che mi sono intorno. Mi sono ripreso quel che mi era sfuggito a Tokyo e qui, in mezzo alla gente, è stato ancora più bello. Anche perché avevo solo quest’occasione».

Qui è bene fare una specifica, perché Cornegliani era in gara anche nella prova in linea, «ma lì era solo per fare atto di presenza, io come tutti gli altri della mia categoria. Noi gareggiamo come H1 insieme agli H2, ma è un controsenso, è come mettere una Panda insieme a una Mercedes, non c’è competizione. Sono disabilità diverse, infatti nella categoria di Mazzone sono velocità molto maggiori e un diverso controllo del mezzo. Il Cio applica una regola assurda, noi facciamo la partenza e dopo poco ci fermiamo».

Il pavese e gli altri medagliati a Casa Italia con la Presidente del Consiglio Meloni
Il pavese e gli altri medagliati a Casa Italia con la Presidente del Consiglio Meloni

E ora? I mondiali…

Questo introduce il tema della disabilità: «Noi non sentiamo le pedivelle, anzi con tutta l’imbracatura e il blocco delle mani la sensibilità scende ancora. La categoria H1 comprende tutti i tetraplegici, abbiamo quindi gli stessi tutori e lo stesso tipo di frenata, almeno partiamo tutti ad armi pari, ma per questo è folle accomunarci ad altre categorie. Per noi è fondamentale l’impostazione delle curve perché non possiamo ritoccare velocità e direzione, bisogna prevedere tutto prima».

La stagione di Cornegliani non è finita: «Ora ci aspettano i mondiali, dove so che ci sarà una crono piatta, meno adatta alle mie caratteristiche. Ma non sono proprio tipo da rilassarmi, sarà un’altra battaglia da combattere».

Festa azzurra per le strade di Parigi, finalmente lo stress della gara è alle spalle
Festa azzurra per le strade di Parigi, finalmente lo stress della gara è alle spalle

Lo sport come protocollo riabilitativo

Fabrizio non ha intenzione di smettere, anche perché il rapporto con la bici è talmente radicato che fa parte integrante della sua vita: «Per me è stato fondamentale per la ripresa e anzi secondo me andrebbe inserito come protocollo riabilitativo di base. Attraverso lo sport raggiungi livelli mai visti: la fisioterapia va bene, ma ti tiene impegnato un’ora, per il resto del tempo? La bici mi ha dato uno scopo, ha risvegliato il mio corpo, mi ha fatto affrontare la scala del recupero raggiungendo vette che nelle mie condizioni erano impensabili. E’ il metodo riabilitativo per eccellenza»

Paralimpiadi di Parigi, i conti in tasca ai due cittì

14.09.2024
6 min
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Un’Italia forza 8. Tante sono state le medaglie conquistate dalla spedizione azzurra del paraciclismo e delle handbike a Parigi 2024. Con la ciliegina sulla torta della gemma in pista targata Lorenzo Bernard e Davide Plebani, che ha permesso il sorpasso numerico rispetto a quanto fatto dalla precedente gestione a Tokyo (7).

Se nel settembre del 2021 era stata la staffetta delle handbike (con dedica ad Alex Zanardi) a far risuonare l’Inno di Mameli ai piedi del Monte Fuji, stavolta il lampo d’oro ha portato la firma di Fabrizio Cornegliani (non perdete l’intervista domenica 15). Il cinquantacinquenne pavese ha trionfato nella cronometro H1 a Clichy-sous-Bois e cancellato così qualunque amarezza per il titolo sfumato in Giappone. Tre anni fa infatti una caduta lo aveva costretto ad “accontentarsi” dell’argento.

Fabrizio Cornegliani ha vinto l’oro nella cronometro H1, in arrivo una grande intervista con lui (foto CIP/Pagliaricci)
Fabrizio Cornegliani ha vinto l’oro nella cronometro H1, in arrivo una grande intervista con lui (foto CIP/Pagliaricci)

L’eterno Mazzone

A Tokyo erano arrivati cinque argenti, mentre stavolta le piazze d’onore sono state due. Uno dell’inesauribile portabandiera Luca Mazzone (cronometro H2, foto di apertura) e l’altro nella staffetta dell’handbike, un bancomat di medaglie oramai da Londra 2012, nonostante cambino alcuni degli interpreti. Accanto a Mazzone, infatti, si sono messi al collo la medaglia due esordienti ai Giochi: Federico Mestroni e Mirko Testa.

Primi sorrisi paralimpici anche per due che hanno calcato il gradino più basso. Dopo aver assaggiato la Paralimpiade a Tokyo, la portacolori di Obiettivo 3 Ana Maria Vitelaru si è piazzata terza nella prova in linea H5 vinta dalla leggendaria Oksana Masters. Il tenace debuttante Martino Pini ha centrato invece l’ultimo posto disponibile sul podio della cronometro H3. Gli altri due bronzi su strada se li erano messi al collo Testa (prova su strada H3) e capitan Mazzone (prova su strada H1-H2). Completando così la cinquina di terzi posti aperta il 29 agosto dalla già citata impresa del tandem Bernard-Plebani. Il paraciclismo si è così confermato la seconda disciplina in quanto ad apporto di medaglie per la delegazione record del Comitato Italiano Paralimpico, che ha chiuso al sesto posto nel medagliere con 71 medaglie. Miglior bottino di sempre dopo l’edizione casalinga inaugurale di Roma 1960, alla quale però parteciparono appena 400 atleti da tutto il mondo.

Ana Maria Vitelaru si è piazzata terza nella prova in linea H5 (foto CIP/Pagliaricci)
Ana Maria Vitelaru si è piazzata terza nella prova in linea H5 (foto CIP/Pagliaricci)

Il bilancio di Addesi

Sceso dalla bici in seguito alla Paralimpiade di Tokyo 2020 e salito sull’ammiraglia azzurra per la prima volta ai Giochi di Parigi 2024, sorride il ct Pierpaolo Addesi.

«Sono molto soddisfatto – dice – perché abbiamo raccolto delle medaglie con atleti nuovi, entrati in nazionale in seguito al mio arrivo come tecnico. Il bottino finale mi fa molto piacere perché è arrivato qualcosa in più rispetto a quello che mi aspettavo. Ci sono state delle conferme e, finché ci saranno, avranno un posto garantito in squadra. Ma è stato bello vedere tanti giovani vincere o comunque lottare fino alla fine per le medaglie già alla prima esperienza».

Totò e Andreoli si sono dimostrati competitivi: li ha frenati solo una foratura (foto CIP/Pagliaricci)
Totò e Andreoli si sono dimostrati competitivi: li ha frenati solo una foratura (foto CIP/Pagliaricci)

Le nuove coppie

Il pensiero vola alle due nuove coppie ciclistiche della categoria con disabilità visive. «Andreoli e Bernard hanno cominciato un anno e mezzo fa ad andare in bici. Ho sempre detto che per loro non era questa la Paralimpiade in cui puntare alla medaglia, ma la prossima di Los Angeles 2028. Eppure, Lorenzo ci ha riportato sul podio della pista dopo troppi anni bui. Invece Federico ha accarezzato l’impresa nella prova su strada, dove soltanto la sfortuna gliel’ha negata.

«Totò-Andreoli è la coppia su cui avevamo puntato nella gara in linea, con la crono studiata apposta per farli sbloccare. Dopo la vittoria in Coppa del mondo a Maniago eravamo venuti qui con l’obiettivo di giocarci una medaglia e senza i problemi tecnici, eravamo assolutamente in lizza. Basti pensare che dopo la foratura del secondo giro stavano rientrando insieme al tandem olandese. Poi c’è stato il salto di catena, mentre gli oranje hanno proseguito e agguantato l’argento. Comunque, la strada è quella giusta e lo dimostra che, come Francia e Olanda, anche noi ci siamo presentati al via della prova in linea con due tandem competitivi».

Katia Aere è stata quinta nella prova su strada (foto CIP/Pagliaricci)
Katia Aere è stata quinta nella prova su strada (foto CIP/Pagliaricci)

Si lavora per il futuro

Come si crea una coppia da medaglia nel paraciclismo? «Bernard è entrato in Nazionale nel marzo 2023 e sin da subito ci siamo concentrati sulla pista, studiando le sue caratteristiche. Chi mi ha preceduto forse non aveva percepito che, oltre alle doti dell’atleta, bisogna “giocare” con la guida e trovare quella più adatta. Davide fino al 2022 faceva il quartetto, Paolo è un ex professionista che nel 2018 ha fatto secondo al Laigueglia. Così li abbiamo abbinati a Lorenzo e Federico dopo diverse prove. Per tanti ex-pro’, fare la guida è una seconda chance per allungare di altri 10 anni o persino 15 la propria carriera, continuando a fare ciò che si ama. Mi sono preso del tempo prima di concepire le due coppie definitive, ma è servito. Sono loro il nostro futuro, così come Mirko Testa e Martino Pini nell’handbike. Il primo obiettivo che ci eravamo prefissati era il rinnovamento, perché l’età media era molto alto, ma ora c’è ancora tanto da lavorare, soprattutto nello scovare nuovi ciclisti».

Guai a mordere i freni: «Se io mi fermassi adesso, a Los Angeles raccoglierei ancora qualcosa, ma poi tutto sarebbe da rifare per gli anni a venire. Grazie al Comitato Italiano Paralimpico e ai suoi campus annuali, quest’estate ho visto altri ragazzini interessanti di 14 anni. Probabilmente vestiranno la maglia azzurra ai Giochi di Brisbane 2032. Dobbiamo fare come le grandi nazioni, partire dalla base e puntare sul ricambio continuo, perché solo così si costruisce un movimento vincente».

Davide Plebani e Lorenzo Bernard hanno conquistato a Parigi un bronzo storico nell’inseguimento
Davide Plebani e Lorenzo Bernard hanno conquistato a Parigi un bronzo storico nell’inseguimento

La svolta della pista

E’ d’accordo il responsabile della pista Silvano Perusini. «Rispetto ai normodotati – spiega – quando alleni una squadra paralimpica, non c’è nessun atleta omogeneo. Non è come seguire per esempio una formazione juniores, in cui tutti hanno la stessa età e più o meno le stesse caratteristiche. Nel nostro caso ci sono grosse differenze di età, che vanno dai 20 agli oltre 40 anni. Per poi non parlare dei mezzi in seguito a ciascuna disabilità. Bisogna fare un lavoro certosino e molto personalizzato nella preparazione».

Poi Perusini aggiunge: «La medaglia di Bernard e Plebani arriva dopo due anni di lavoro dai mondiali di Parigi 2022, formando un nuovo gruppo-squadra, affiatato. Siamo arrivati ad avere una buona formazione e non parlo soltanto di chi ha partecipato alla Paralimpiade di Parigi. Mi riferisco anche a chi ha corso i mondiali di Rio, dove abbiamo fatto molto bene. Così come a Glasgow lo scorso anno dove sono arrivate le prime medaglie con Claudia Cretti ed è stato un crescendo. Le due rassegne iridate sono state l’inizio per creare un ambiente sereno in cui lavorare».

I cittì Addesi e Perusini sono tornati da Parigi con ottime indicazioni per il futuro (foto FCI)
I cittì Addesi e Perusini sono tornati da Parigi con ottime indicazioni per il futuro (foto FCI)

Sinergie azzurre

Inoltre, Perusini crede nelle sinergie con la squadra olimpica: «Il velodromo di Montichiari – spiega – è stato fondamentale. Come nazionale ci siamo trovati benissimo, grazie al supporto anche di Roberto Amadio, che ci ha permesso di accedere a tutto il materiale che era già a disposizione. Ma anche la conoscenza dei meccanici e la collaborazione da parte di tutti i tecnici, da Ivan Quaranta a Dino Salvoldi, oltre ovviamente a Marco Villa.

«Siamo 5 o 6 gruppi che lavorano quasi contemporaneamente e ci deve essere la massima collaborazione – spiega – perché tutto funzioni e questa si è vista sin da subito. Abbiamo fatto allenamenti insieme, condiviso pranzi e cene, tutto davvero molto bello e stimolante».

Longo Borghini a Parigi: per Slongo sono finiti gli zuccheri

08.08.2024
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Paolo Slongo risponde da casa. Il suo impiego in questa fase dell’anno è blando. Alla Lidl-Trek infatti ha solo corridori da seguire e la sua occupazione principale è allenare Elisa Longo Borghini. I frutti si sono visti, il Giro d’Italia è solo l’ultimo in ordine cronologico. Quello che però ha colpito è stato il passaggio a vuoto di Elisa alle Olimpiadi. Nel volgere di un giro del circuito di Montmartre, la piemontese è passata dallo sferrare un attacco allo spegnersi di colpo. Che cosa è successo?

Di ipotesi ne abbiamo fatte tante. La prima è la possibilità che la “Longo” fosse obiettivamente stanca, dopo un Giro che l’ha impegnata fino all’ultimo chilometro dell’ultimo giorno. La seconda, che si somma alla prima, è che l’intervallo troppo lungo tra fine Giro e la gara olimpica non sia stato utile per il mantenimento della condizione. La terza, croce del ciclismo femminile di questi tempi, è che come tutte le atlete di valore, anche Longo Borghini è chiamata da anni a fare gli straordinari. E così dopo le classiche è venuta la Vuelta, poi il Giro di Svizzera, il Giro d’Italia, quindi le Olimpiadi e adesso il Tour, poi Plouay infine i mondiali.

Elisa Longo Borghini ha finalmente vinto il Giro d’Italia, vestendo la rosa dall’inizio alla fine
Elisa Longo Borghini ha finalmente vinto il Giro d’Italia, vestendo la rosa dall’inizio alla fine

Slongo ha il polso diretto della situazione e a sua volta gestì l’avvicinamento perfetto di Nibali alle Olimpiadi di Rio. Il siciliano arrivò fortissimo, ancorché sfortunato, dopo aver vinto il Giro e avero corso un Tour da comprimario. Proviamo pertanto a entrare con Paolo nella pianificazione della stagione di una top rider come Elisa Longo Borghini. Perché lei è fortissima e sorride, ma il serbatoio rischia ugualmente di svuotarsi.

Caro Paolo, è possibile che il Giro sia costato ad Elisa più di quanto si potesse prevedere?

Sicuramente il Giro d’Italia è costato e la cronometro che ha fatto all’Olimpiade va analizzata su due binari. Il primo binario è che a livello prestativo, per i wattaggi che ha espresso, è stata in linea con quelli della crono vinta al Giro d’Italia, ma li ha tenuti più a lungo, viste le diverse distanze. E poi però c’è il binario legato al percorso. I tanti cambi di direzione e le cadute di altre atlete hanno fatto sì che facesse le curve molto piano. Di conseguenza, oltre alla curva, c’erano da fare tutti i rilanci. Quindi probabilmente la prestazione in termini di wattaggio non si è tradotta nel tempo che ci aspettavamo.

Mentre su strada?

Alla strada è arrivata un po’ tirata. Non stanchissima, però comunque aveva lavorato anche i giorni prima a Parigi e c’era un po’ di caldo. Quindi è arrivata alla gara senza la sicurezza che ha di solito. Però comunque la corsa si era impostata bene, probabilmente là c’è stato un problema.

La crono di Longo Borghini ha mostrato valori migliori che al Giro, ma la resa non è stata la stessa
La crono di Longo Borghini ha mostrato valori migliori che al Giro, ma la resa non è stata la stessa
Di che tipo?

A mio avviso, anche avendone parlato con lei dopo la gara, può esserci stato un problema di alimentazione. Nel senso che anche non essendo al 100 per cento, Elisa non si può staccare a quel modo. Le si è proprio spenta la luce, come ha detto anche lei. Era caldo e so che gli organizzatori avevano previsto solo pochi punti per il rifornimento. Quindi probabilmente per una somma di fattori, le cose sono andate così.

Secondo te non c’è troppo lavoro nei programmi di Elisa? Giro, Olimpiadi, Tour…

In realtà, già parlando con la squadra durante l’inverno, al Tour si andrà per dare una mano. L’appuntamento di Elisa era il Giro, in Francia semmai punterà a qualche tappa che le si addice. Poi vedranno i direttori che sono là. Sicuramente sarà un una cosa strana per lei, che io ho vissuto già con Nibali.

In che senso?

L’atleta che è abituato ad essere sempre davanti, fa fatica a mollare o gli sembra brutto. Però il punto di partenza è quello di non fare classifica. Dopo il Tour andrà a Plouay (25 agosto) e poi avrà un grosso periodo di stacco che la porterà al mondiale (28 settembre). Con l’idea di arrivarci senza correre.

C’era il sentore dopo il Giro che ne fosse uscita più provata di altre volte?

E’ normale che quando fai classifica sia così. Però quello che è successo a Parigi non dipende da affaticamento, quanto dalla chiusura del… rubinetto del glicogeno. Era comunque difficile andare a medaglia, però Elisa sarebbe stata comunque protagonista sino in fondo.

Un giro prima di staccarsi, Longo Borghini attaccava: il calo di zuccheri spiegherebbe il cedimento
Un giro prima di staccarsi, Longo Borghini attaccava: il calo di zuccheri spiegherebbe il cedimento
Perché si cade in simili errori?

Per un insieme di cose. Come dicevo, c’erano pochi punti dove gli organizzatori lasciavano la disponibilità di fare il fornimento. Tra questi, c’era lo scollinamento delle salite, dove andavano a tutta e non prendevano da mangiare. Erano dei posti obbligati e questo ha fatto sì che a mio avviso Elisa non sia riuscita ad alimentarsi e bere come doveva.

Hai fatto il paragone con Vincenzo e ci sta: col fatto che vanno forte dappertutto, certi atleti sono condannati a essere sempre sulla corda.

Quest’anno Elisa ha vinto il suo primo Giro e prima aveva vinto il Fiandre. E’ l’italiana di riferimento quindi tutti si aspettano qualcosa e questa cosa ce l’hanno in comune. Però non è sempre possibile, non puoi sempre accontentare tutti. Non puoi esserci sempre, bisogna fare delle scelte come abbiamo iniziato a fare. Con Vincenzo dichiaravi che a certe gare non facevi classifica o non saresti stato competitivo, per esserlo poi in quelle cui puntavi.

Ecco il punto. Nell’anno di Rio, anche se poi cadde, Nibali andò al Tour e non fece classifica. Elisa invece ha fatto il Giro lottando fino all’ultimo giorno.

E ha tenuto la maglia dal primo all’ultimo giorno. E’ stata una corsa usurante, ma la condizione successiva non era male, però non era neanche quella del Giro. E’ sempre una transizione, la gestione del recupero e il ritorno alla condizione.

Dopo l’arrivo della prova su strada, Balsamo e le altre azzurre sono andate a rincuorare Elisa
Dopo l’arrivo della prova su strada, Balsamo e le altre azzurre sono andate a rincuorare Elisa
Sapendo che c’erano le Olimpiadi, non poteva essere il caso di non lottare per il Giro e puntare invece sul Tour?

E’ una domanda un po’ strana da fare ora… Diciamo che il Giro era un obiettivo che interessava alla squadra, ma anche a Elisa. Era una cosa dichiarata, anche se non si può mai sapere come vanno le cose. Lo stesso discorso vale per Evenepoel. Ha fatto il Tour e ha vinto l’Olimpiade, quindi non è una regola fissa che nel Grande Giro prima della gara importante non si debba tenere duro. Si individua un periodo e cerchi di andare forte in quel periodo. Arrivi al top per il Giro e cerchi di andare forte anche dopo due settimane alle Olimpiadi. Non è facile, molto meno che parlarne dopo.

Hai parlato di Evenepoel, la differenza è che il Tour è finito una settimana prima delle Olimpiadi. Sarebbe cambiato qualcosa per Elisa, che invece ha avuto due settimane dopo il Giro?

Sì, sicuro. Dopo un Grande Giro la condizione ce l’hai e se resti concentrato, più vicina e meglio è. Remco è stato avvantaggiato sotto questo aspetto.

Lefevere ha detto che al team cambia poco che Evenepoel vinca le Olimpiadi, alla Lidl-Trek cambiava qualcosa che Longo Borghini vincesse?

Diciamo che il Giro era un obiettivo della squadra e di Elisa. Le Olimpiadi sono più dell’atleta e della nazionale, sapendo che non è matematico andarci e vincere. Perciò quello che puoi fare è individuare un periodo in cui trovare e tenere la forma e poi prendo quello che viene. Visto il percorso di Parigi, Elisa sarebbe arrivata in finale con le prime. E a quel punto, scappata la Faulkner, sarebbe arrivata quinta. Alle Olimpiadi fra quinta e nona cambia poco o niente. E’ stato strano vederla spegnersi di colpo a quel modo, ma non perché non ne avesse più, ma solo perché ha avuto una crisi di zuccheri. Tant’è vero che poco prima aveva provato anche ad attaccare. Fino a un certo punto stava bene, poi, come succede, finisci il carburante. Quello buono, il glicogeno, gli zuccheri, i carboidrati.

Elisa Longo Borghini ha preparato la campagna del Nord, vittoria del Fiandre inclusa, sul Teide
Elisa Longo Borghini ha preparato la campagna del Nord, vittoria del Fiandre inclusa, sul Teide
Come si recupera freschezza dopo il Tour andando verso il mondiale?

Sicuramente farà una settimana di stacco mentale e dalla bici. Poi secondo me non perdi tutto quello che avevi prima e gradualmente ritorni al tuo livello. Dovrebbe andare ad Andorra a fare un richiamo di lavoro in altura e arrivare al mondiale senza gare. Tante volte se cambi l’altura, è anche stimolante. Non fai le stesse strade, gli stessi percorsi. Lei è stata tante volte a Sestriere, più di una volta al San Pellegrino e siamo stati una volta sul Teide. Credo che dopo un così lungo periodo di recupero, a Zurigo saremo di nuovo competitivi.

Anche Longo Borghini fiuta il fuoco: «Se c’è bagarre, mi diverto»

02.08.2024
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VERSAILLES (Francia) – Nella quiete di uno splendido albergo, non lontano dalla Reggia di Versailles dove si stanno disputando le prove olimpiche dell’equitazione, le ragazze della nazionale di ciclismo preparano la prova olimpica di domenica. Alle 14 partirà una gara che si preannuncia dura e combattuta, per un totale di 158 chilometri. «E’ un grande obiettivo», dice con sicurezza Elisa Longo Borghini.

Elisa ha già al suo attivo due bronzi olimpici e due bronzi mondiali. Sa come si corrono queste gare, conosce la differenza tra una prova in linea per nazionali e una grande classica. E’ l’italiana più attesa, reduce da una cronometro che poteva andare meglio e da un Giro d’Italia che non poteva andare meglio. Non era sicuramente qui per la cronometro, la prova che conta è quella di domenica. «Sento di aver mantenuto la condizione dopo il Giro. Poi saranno le gambe a parlare domenica. Sono certa che come squadra faremo bene».

La crono di Elisa Longo Borghini non è andata benissimo, ma il vero obiettivo è la gara di domenica
La crono di Elisa Longo Borghini non è andata benissimo, ma il vero obiettivo è la gara di domenica
E da te stessa cosa ti aspetti?

Queste sono gare che amo. Mi piacciono l’imprevedibilità, l’adrenlina, la rumba. Ci sguazzo e mi diverto. Poi magari non vinco, ma per me questo è il ciclismo, non le gare che sai già come si svilupperanno e come andranno a finire. Quelle sono noiose. A me piace stare nella mischia e combattere.

Che gara ti piacerebbe che si sviluppasse?

Non abbiamo ancora parlato di strategie, ma sicuramente ci saranno tentativi da lontano. Il percorso invoglia ad attaccare, ci sono tante seconde linee molto forti. Questo fa immaginare che vogliano provare ad avvantaggiarsi per arrivare davanti nel circuito. Magari può essere uno scenario realistico. Sicuramente spero di non arrivare in volata, magari se fosse una volata a due o a tre sarebbe meglio. Naturalmente sogno di arrivare da sola, ma è abbastanza difficile. Mi difenderò e cercherò di fare della gara che uscirà fuori la mia gara ideale.

Tutte contro Lorena Wiebes?

Spesso succede e credo che sarà così anche stavolta. Tutte vorranno provare a staccare Wiebes. Però magari proprio per questo ne potrebbe venir fuori un tutte contro tutte. E non mi dispiacerebbe, dico la verità. Più c’è bagarre, più mi diverto. E ci possono essere più occasioni per sorprendere le altre. Credo che sarà una gara bella da vedere per uno spettatore e molto dura per chi la correrà.

Foto ricordo anche per la sua Trek: l’attesa olimpica è ai massimi (foto Instagram)
Foto ricordo anche per la sua Trek: l’attesa olimpica è ai massimi (foto Instagram)
Ti piace il percorso?

Sì, mi piace molto. Mi ricorda una Gand-Wewelgem, con Montmartre che può essere paragonato al Kemmelberg, anche se la salita della classica ha pendenze più arcigne. E’ una corsa dove bisogna cogliere l’occasione. Per quanto mi riguarda non voglio decidere un punto preciso dove attaccare o difendermi. Anzi, è più probabile che io debba difendermi. Cercherò di restare tanto sul momento e di cogliere l’occasione giusta, oppure di individuare la ruota giusta e rimanere attaccata aspettando il momento per provarci. E’ l’opzione più probabile.

Potrebbero esserci alleanze trasversali, legate alle appartenenze alle rispettive squadre?

Non voglio neanche pensarci. E’ una cosa che non prendo in considerazione minimamente. Gli obiettivi di club non dovrebbero contare nulla alle Olimpiadi. Si sta qui per la nazionale e non per le nostre squadre. Sono cose che non devono influenzare la corsa. Chiaramente so che possono accadere, ma comunque mi pare difficile in una gara del genere, con un gruppo ristretto rispetto al solito. In ogni caso, ciò che mi rende fiduciosa è la grande unione che c’è tra me, Elisa, Silvia ed Elena (Balsamo, Persico e Cecchini, ndr). Stiamo bene, siamo unite e pronte a farci valere come squadra. Daremo tutto e finiremo senza alcun rimpianto.

Elisa Longo Borghini, classe 1992, ha già conquistato due bronzi olimpici: a Rio e Tokyo (foto FCI)
Elisa Longo Borghini, classe 1992, ha già conquistato due bronzi olimpici: a Rio e Tokyo (foto FCI)
Cos’hanno di speciale le Olimpiadi rispetto a mondiali o europei?

Uno dei ricordi più belli che ho è legato proprio alle Olimpiadi. A Rio, quando ho preso la medaglia, mia mamma mi ha detto: «Grazie, mi hai restituito la medaglia che avrei potuto prendere io quando ti ho avuta». Lei (la fondista Guidina Dal Sasso, ndr) avrebbe dovuto fare i Giochi invernali di Albertville nel 1992. Non ci è andata perché sono nata io. E’ stato un cerchio che si è chiuso, un cerchio olimpico. Al di là del ricordo personale, è proprio qualcosa di diverso. Ai nastri di partenza lo percepisci subito. E’ una emozione che non riesco a spiegare. E’ un misto tra la tensione e l’orgoglio di essere lì con la maglia della nazionale. E’ una emozione forte e così forte non l’ho mai provata in alcuna situazione. Qui percepisci chiaramente che c’è tutto il mondo dello sport, non solo del ciclismo.

I nuovi giorni azzurri nel calendario di Marta Bastianelli

26.04.2024
6 min
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ROMA – Rivederla è stata una festa. Quando le ragazze del UAE Team Adq hanno riconosciuto Marta Bastianelli, sono corse ad abbracciarla come si fa con un compagno di tanti chilometri che a un certo punto ha cambiato strada. Gasparrini, che ha diviso con lei la camera cercando di imparare il massimo. Consonni, che ne ha ricevuto consigli sulla vita da velocista. Persico, che si è sentita chiedere più di un paio di volte quando verrà anche per lei il momento di alzare le braccia al cielo. E così la campionessa azzurra, che da quest’anno collabora in nazionale con il cittì Sangalli e a Caracalla era assieme a tutta la famiglia, ha salutato le ex compagne e poi ha vissuto il Gran Premio della Liberazione col piglio di chi comincia a calarsi nella dimensione del tecnico. Ha confabulato a lungo con Augusto Onori delle Fiamme Azzurre, cui ancora appartiene. Ha parlato con altre atlete. E poi ci ha raccontato questo inizio di carriera, con tanto di debutto all’estero con le juniores alla Omloop Van Borsele, Coppa delle Nazioni in Olanda.

Cara Marta Bastianelli, cosa fa la collaboratrice del tecnico della nazionale?

E’ una bellissima esperienza. Vengo da un buon insegnamento di Paolo (il cittì Sangali, ndr), in tanti anni come tecnico e atleta. Adesso sono al suo fianco e mi auguro di potergli dare una utile mano in questo nuovo ciclismo, che sta prendendo sempre più piede anche tra le giovani. In Olanda tutte le prime erano nel giro dei team WorldTour, ben diverso rispetto ai miei tempi e rispetto all’Italia. Il fatto di aver percorso tanti anni di storia del ciclismo mi aiuterà di certo.

Fra un giro e l’altro del Liberazione, Bastianelli ha parlato con tecnici e staff delle squadre
Fra un giro e l’altro, Bastianelli ha parlato con tecnici e staff delle squadre
Sangalli ha detto che quando hai smesso, portarti in azzurro è stata una conseguenza naturale. E’ stato così anche per te?

Da un po’ di tempo, ancora da atleta, c’era la volontà da parte della Federazione di spingermi in questo mondo. In quel periodo però ero ancora atleta, mi piaceva ancora vincere le gare. Poi mi sono chiesta: perché no? Insomma, fare questo salto è sicuramente un valore aggiunto nel mio bagaglio di esperienze, quindi qualcosa di bello. Quando corri oppure indossi la maglia della nazionale, è sempre un grande prestigio e io questo non me lo dimentico.

Com’è avere a che fare con ragazze 17-18 anni?

Bè, sono tornata indietro di parecchio. Sinceramente non sono tempi in cui mi riconosco, perché noi il mondo giovanile l’abbiamo vissuto diversamente. Erano sicuramente anni difficili, loro hanno la strada un po’ più spianata, quindi mi auguro che questo benessere lo possano mettere in pratica nel vincere le corse, che è la cosa più importante.

Parli la loro stessa lingua o in qualche modo si coglie già il gap di età?

Diciamo che ho un po’ di esperienza con mia figlia (ride, Clarissa ha 10 anni ndr), ma è difficile capire se sia utile fare confronti, non sai mai se sia giusto o sbagliato. Però le vedo attente ai consigli, ci ascoltano molto. Sono ragazze ragionevoli.

Le juniores della Nations’ Cup hanno affrontato pioggia e vento: condizione limite per le nostre
Le juniores della Nations’ Cup hanno affrontato pioggia e vento: condizione limite per le nostre
Qual è il consiglio che ti viene più facile dare: quello di esperienza da corridore o quello da tecnico?

Non ho dubbi. Io metto in pratica la mia esperienza da corridore, perché da tecnico devo ancora farla: questa per me è solo una partenza. Però posso dargli un valore aggiunto da atleta, basato su quello che ho vissuto nei miei anni. Credo che per loro possa essere un contributo in più da aggiungere alla loro carriera, soprattutto quella futura.

In Olanda ad esempio avete trovato parecchio vento, sei riuscita a spiegargli come si sta nei ventagli?

Abbiamo fatto una bella spiegazione. Abbiamo detto loro dove mettersi in base a come tira il vento. Sono passaggi che alcune già conoscevano, perché erano già state a questa gara l’anno scorso. Paolo aveva già fatto un bel lavoro, però un consiglio in più fa sempre bene.

Come sei uscita da questa esperienza? Ti ha arricchito?

Sì, molto, anche dal punto di vista umano. Come persona, come mamma. Ho sentito molto questa esperienza da vicino, quindi sicuramente fa bene al cuore, alla mente e soprattutto al lavoro.

Può essere un ruolo azzeccato per il futuro di Marta Bastianelli?

Sì, è un incarico che mi piace molto. Poi non nascondo che mi piace anche lavorare con le elite, perché è un mondo che ho lasciato da poco quindi sono ancora abbastanza fresca di esperienze. Riesco a capire cosa pensano le atlete nelle varie fasi, quindi diciamo che mi piacerebbe allinearmi in tutto il settore, in base a quello che si può fare.

Con le elite sarà difficile passare da amica a tecnico?

Credo che ci sia una linea sottile e una volta che l’atleta lo ha capito, non è difficile. Sono ragazze intelligenti, sanno che adesso non sono più Marta atleta amica, ma sono Marta collaboratore azzurro. Posso sempre dare loro dei consigli, ma rimanendo nel mio ambito. Per me sono ragazze con cui ho corso fino all’altro ieri, quindi ho un rapporto speciale. Però quando si tratta di lavoro, mi piace che ci sia una linea precisa. So bene che magari è meglio parlarci un paio di giorni dopo una corsa, perché ricordo bene che a caldo puoi tirare fuori tante motivazioni diverse per giustificare una prestazione. Non sempre guardarle in faccia dopo l’arrivo ti fa capire bene le cose. Queste sono le consapevolezze che spero di poter portare.

Le seguirai anche in pista?

Faccio anche pista. Ho seguito le ragazze in qualche allenamento e ci tornerò a fine mese. Cerco di fare un po’ qua e un po’ là. A Montichiari ho trovato un ambiente molto familiare, bello, tranquillo. Ci sono ragazze che conosco e, anche i ragazzi. Mi sono trovata molto bene con Marco Villa, con Diego Bragato e con Fabio Masotti, che tra l’altro è un mio collega alle Fiamme Azzurre. Sono veramente felice di questo ruolo.

Sul palco, Bastianelli per la premiazione finale del UAE Team Adq come miglior squadra del Liberazione
Sul palco, Bastianelli per la premiazione finale del UAE Team Adq come miglior squadra del Liberazione
E Clarissa cosa dice del fatto che hai ricominciato a partire?

E’ abbastanza serena, soprattutto perché rispetto a prima passo più tempo a casa. Lo scorso anno ad oggi avevo già fatto 30 giorni fuori ed eravamo solo ad aprile, quindi è molto più tranquilla. Tra l’altro è felice quando può venire anche lei a vedere le gare, la vive in modo diverso. Non c’è più l’ansia della corsa, quindi mamma che corre. E poi le piacerebbe venire a vedere qualche allenamento in pista perché mi ha detto che vorrebbe fare il tifo. Le ho spiegato che non è come all’Olimpico, però penso che ai bambini faccia bene vivere queste giornate di sport e capire come funziona. Lei l’ha sempre vissuto sin da piccola dall’interno, ma forse adesso ha un briciolo di consapevolezza in più. Ai ragazzi fa bene vedere l’impegno di atleti poco più grandi di loro. Qualsiasi cosa scelgano di fare, lo sport resta una grande scuola di vita.

EDITORIALE / I danesi a Parigi portano Morkov su strada. E noi?

15.04.2024
4 min
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Sarà un puzzle difficile da comporre. Con quale criterio saranno fatte le scelte dei corridori per le Olimpiadi, alla luce delle cervellotiche regole imposte dal CIO e recepite senza neanche un fiato dall’UCI? Mentre la nazionale della pista è di rientro dal Canada, una news rilasciata non troppi giorni fa dalla Danimarca a proposito di Morkov offre lo spunto per una riflessione.

La squadra danese, che ha chiuso il ranking 2023 al secondo posto alle spalle del Belgio, correrà su strada con quattro uomini. E siccome in pista anche loro puntano forte sul quartetto, si sono inventati uno stratagemma per consentire a Michael Morkov di difendere la sua medaglia d’oro della madison. La Danimarca ha infatti già dato le convocazioni per tre dei quattro stradisti, puntando su Mads Pedersen, Mathias Skjelmose e appunto Morkov. Il quarto nome verrà fuori ai primi di giugno dalle ultime corse utili.

«La selezione di Michael – ha spiegato a Cyclingnews il tecnico danese Anders Lund – si basa sulla considerazione delle ambizioni complessive della Danimarca per la medaglia olimpica in tutte le discipline del ciclismo. Ma detto questo, Michael ha anche delle ottime capacità su strada, di cui trarremo beneficio a Parigi. Negli ultimi tre campionati del mondo su strada, Michael ha svolto un lavoro di supporto esemplare per la squadra nazionale. La sua grande esperienza e la capacità unica di guidare il suo capitano attraverso una lunga corsa su strada saranno senza dubbio preziose per le possibilità di Mads Pedersen di vincere la medaglia che sogniamo».

Negli ultimi tre mondiali su strada (qui a Glasgow con Magnus Cort), Morkov ha lavorato per i compagni
Negli ultimi tre mondiali su strada (qui a Glasgow con Magnus Cort), Morkov ha lavorato per i compagni

Morkov e la madison

La Danimarca, come pure l’Italia, su pista affida delle grandi speranze al suo quartetto e questo fa sì che nelle scelte dei tecnici della pista ci sia stato un certo sbilanciamento verso il gruppo degli inseguitori. E Morkov, che pure ha fatto parte di quartetti vincenti in Coppa del mondo e nella specialità ha conquistato l’argento a Pechino 2008, probabilmente non dà le garanzie necessarie per puntare all’oro, neppure come riserva. Di conseguenza, non potendo essere selezionato per una sola disciplina (la madison di cui è campione olimpico assieme a Lasse Norman Hansen), si è ritenuto di portarlo anche su strada. Il suo avvicinamento alle Olimpiadi passerà per il Tour de France, dove scorterà Cavendish nel tentativo di battere il record di tappe detenuto da Merckx.

«Michael – ha detto ancora Lund – vuole difendere la sua medaglia d’oro nella madison. Tuttavia, possiamo selezionare solo quattro corridori per tutti gli eventi di ciclismo su pista, ovvero inseguimento a squadre, madison e omnium. Fortunatamente, i Paesi possono anche “prendere in prestito” corridori da altre discipline, quindi se Morkov viene selezionato come ciclista su strada, potrà competere in entrambe le discipline. In questo modo possiamo convocare un corridore in più in pista, in modo che i nostri corridori rimangano abbastanza freschi per completare tutti gli eventi».

Ganna e Milan, oro e bronzo nell’inseguimento di Glasgow, con Villa: i due fanno parte del quartetto
Ganna e Milan, oro e bronzo nell’inseguimento di Glasgow, con Villa: i due fanno parte del quartetto

La strada azzurra

La scelta danese apre uno spiraglio anche per le altre Nazioni? In che modo saranno distribuite le quote azzurre? A quanto si è saputo, uno stradista azzurro potrebbe essere chiamato a correre anche la crono, per affiancare Ganna che farà il quartetto e la prova contro il tempo. Sappiamo che Milan correrà soltanto su pista e non su strada, ma non potrebbe essere lui il secondo cronoman? Si è discusso e si continuerà a farlo dell’impiego di Elisa Balsamo anche su strada. I tecnici hanno davanti a sé ancora due mesi e mezzo per comporre il puzzle perfetto, sapendo che l‘Italia maschile correrà su strada con soli tre uomini (quattro invece le donne), a causa del ranking per nazioni che a fine 2023 ci ha visto in ottava posizione.

La pista è il settore che probabilmente dà le maggiori garanzia di medaglia con gli uomini e con le donne, al pari della cronometro individuale maschile. Stando così le cose, è immaginabile che fra i tre della strada approdi un pistard, che però non sia un inseguitore, consentendo a Villa di chiamare un uomo in più? E se così sarà, visti i risultati azzurri nelle grandi classiche, con quale potenziale arriveremo alla sfida di Parigi su strada? Come detto, sarà un puzzle difficile da comporre. Almeno su questo non ci sono dubbi.

La “bomba” di Lappartient. Ora Ghirotto vuol dire la sua…

18.11.2023
5 min
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La contrapposizione fra Uci e team professionistici di ciclocross fa sempre più discutere. E’ innegabile che le parole di Lappartient abbiano non solo aperto il dibattito, ma anche creato una crisi non solo di rapporti, che potrebbe avere anche clamorosi effetti. E’ sbagliato pensare che la questione riguardi soltanto il Belgio e i principali team (tutti del Nord Europa), visto che nell’ultimo fine settimana, ad esempio, di italiani non c’era nessuno a parte Francesca Baroni che corre per un team locale. L’accusa di Lappartient coinvolge tutti.

Proprio la quasi totale assenza di italiani al via dell’ultima prova di Coppa del mondo ha fatto passare inizialmente sotto silenzio le dichiarazioni del numero uno dell’organismo internazionale. Tuttavia la loro portata è esplosa e anche alla Federazione Italiana si valuta il da farsi. Massimo Ghirotto, responsabile di tutto il settore fuoristrada, è rimasto decisamente sorpreso dalla presa di posizione dell’Uci.

Ghirotto è presidente della commissione fuoristrada della Fci
Massimo Ghirotto, presidente della commissione fuoristrada della Fci

«Iniziamo col dire che 14 prove di Coppa del Mondo – spiega il padovano – sparse per vari Paesi partendo addirittura da oltre Atlantico, sono qualcosa di anomalo. In questo modo il calendario diventa difficile da gestire, non solo per la presenza delle altre challenge internazionali, ma anche e soprattutto per il calendario parallelo. Noi abbiamo fatto tanti sforzi per allestire un programma di gare importante, denso di prove internazionali e i team onorano le prove di casa e al contempo cercano di essere presenti all’estero, ma così diventa difficile. Bisogna rendersi conto che il ciclocross è cambiato…».

In che senso?

Non è più una disciplina specifica, come poteva essere una ventina di anni fa. Ora è il tempo della multidisciplina, anche gli specialisti della strada o della mtb vogliono farne parte e non si può pensare che possano onorare d’inverno un calendario così ricco.

Il presidente dell’Uci David Lappartient ha prospettato scenari complicati per la disciplina
Il presidente dell’Uci David Lappartient ha prospettato scenari complicati per la disciplina
Lappartient si è lamentato delle scelte dei team, che privilegiano a suo dire challenge che hanno una disponibilità economica maggiore…

Ma questa è una legge di mercato. Teniamo presente che i team fanno business, devono anche rispondere a certi equilibri economici di fronte agli sponsor. Seguire la strada dell’intransigenza è difficile e sbagliato, bisogna invece mettersi a dialogare per trovare una soluzione che accontenti tutti.

Il presidente dell’Uci ha parlato senza mezzi termini di divieto di partecipazione anche ai mondiali per chi salta una prova di Coppa. Come uomo di federazione, come vedi questa presa di posizione?

Sono parole forti, forse anche oltre le sue reali intenzioni, dette per scuotere l’ambiente. Io comunque non posso certo condividerle. Abbiamo a che fare con professionisti a cui deve essere garantita la libertà di scegliere se e dove correre. La mia impressione – e in questo metto sia l’Uci sia i team principali – è che si voglia seguire la strada del WorldTour anche per il ciclocross, con prove di serie A e le altre meno importanti, quasi trascurabili. Questo andazzo non mi piace. L’Uci dovrebbe tutelare tutti, in particolare le Federazioni affiliate e non pensare solo al vertice.

Le parole di Lappartient hanno destato grande malumore fra i team più importanti
Le parole di Lappartient hanno destato grande malumore fra i team più importanti
Un’eventuale scelta del genere vi metterebbe sotto pressione?

Certamente, in maniera pressoché insostenibile – ammette Ghirotto – Se gli stessi team privati non possono seguire il dispiegarsi della Coppa, non possiamo neanche noi come nazionale. Negli scorsi anni avevamo iscritto la nazionale alle prove americane: un atto utile sportivamente, ma che aveva inciso moltissimo sul budget complessivo per il settore. Abbiamo risorse limitate e questo è già un problema perché è impossibile pensare che possiamo seguire tutto lo sviluppo della challenge, ma c’è anche altro…

Ossia?

Poniamo che queste non siano minacce, ma una vera scelta dell’Uci e che la Federazione decida di schierare comunque una nazionale per tutto lo sviluppo della Coppa. Cosa facciamo, decidiamo a ottobre chi saranno gli azzurri che potranno gareggiare ai mondiali di fine gennaio? Trovo che sia qualcosa privo di senso e che non faccia gli interessi della specialità. Bisogna seguire altre strade.

Van Aert e Van Der Poel, come Pidcock, hanno selezionato poche gare nel ciclocross, senza abbandonarlo
Van Aert e Van Der Poel, come Pidcock, hanno selezionato poche gare nel ciclocross, senza abbandonarlo
Quali ti troverebbero d’accordo?

Innanzitutto bisogna rivedere il calendario di Coppa del mondo: il giusto equilibrio si avrebbe con 8-10 gare – sentenzia Ghirotto – credo che anche Flanders Classics che cura il circuito avrebbe i giusti spazi economici. Il sistema attuale non funziona, ne ho parlato spesso con il cittì Pontoni. Anche lui dice che è un sistema esagerato, è impossibile pretendere che si gareggi ogni fine settimana. Bisogna anche prevedere periodi di riposo, sia per chi unisce il ciclocross ad altre specialità (infatti i tre tenori hanno scremato notevolmente il loro programma ed è un peccato che Van Aert e Pidcock non faranno neanche i mondiali) sia per chi è specialista puro.

E ora da questa empasse come se ne esce?

Staremo a vedere, chiaramente terremo d’occhio tutti gli sviluppi e ne parleremo con atleti e team. Ribadisco, spero che sia stata una provocazione per destare il dibattito, non voglio credere che si giunga a posizioni estreme.

Si presenta Campus Bike Convention: Colnago è main partner

25.07.2023
4 min
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Si chiama Campus Bike Convention, si svolgerà a Bologna nei giorni del 2 e 3 dicembre prossimi all’interno della prestigiosa location di FICO Eataly, e si propone per essere un primo appuntamento di caratura internazionale dedicato al rapporto tra ciclismo e prestazione. In sintesi, quello che attenderà tutti i partecipanti sarà una due giorni estremamente fitta di incontri e relazioni su tematiche cruciali per chi va in bicicletta: dall’allenamento, alla biomeccanica, dalla performance alla ottimale nutrizione nel ciclismo. Il tutto “ordinato” secondo un cadenzato panel di attività e workshop pratici per condividere le metodologie più innovative, raccontate dai migliori esperti italiani e internazionali. 

Si toccheranno tanti punti durante il Campus: dalla biomeccanica all’allenamento, passando anche per la nutrizione
Si toccheranno tanti punti durante il Campus: dalla biomeccanica all’allenamento, passando anche per la nutrizione

Dietro al progetto Campus Bike Convention risiede un prestigioso comitato di esperti, raccolti da Bikenomist con il supporto di Colnago, con il patrocinio della Federazione Ciclistica Italiana: autentiche eccellenze del mondo del ciclismo internazionale ed italiano per conferire già alla prima edizione uno spessore rilevante. Campus Bike Convention si propone dunque come un evento verticale, pensato per professionisti che lavorano nel settore del ciclismo – allenatori, preparatori, e atleti – ma anche per tutti coloro che, per passione, lavoro o vocazione, possono trovare nel programma un’occasione preziosa di formazione, apprendimento, e anche di “networking”. 

Colnago supporterà l’evento Campus Bike Convention
Colnago supporterà l’evento Campus Bike Convention

Un panel di esperti

Il programma della due giorni bolognese sarà davvero intenso. Nella sala plenaria si avvicenderanno più di venticinque relatori, e oltre trenta workshop coinvolgeranno i partecipanti nelle cinque sale dedicate ad allenamento, prestazione, nutrizione, biomeccanica e forza. Lo scopo dell’evento – dichiarano gli organizzatori – è quello di colmare il gap tra teoria e pratica applicativa

Inoltre, in occasione di Campus Bike Convention Colnago – che dell’appuntamento è partner e sostenitore – allestirà una speciale mostra con in esposizione numerosi modelli dagli anni ‘60 a oggi, lungo un percorso che permetterà di comprendere l’innovazione tecnologica delle biciclette e come i materiali, le geometrie e gli studi aerodinamici abbiamo portato a costruire mezzi sempre più performanti. 

Tra i relatori, sono ad oggi Diego Bragato, (Head of Performance della Federazione Ciclistica Italiana), Davide Cassani, Mikel Zabala (CT della Nazionale spagnola Mtb), Alessandro Ballan, Marco Aurelio Fontana, Elisabetta Borgia (Psicologa delle Nazionali Italiane e della Lidl-Trek) Marco Compri (Team Performance della Nazionale Italiana), Vittoria Bussi (Record dell’Ora femminile) e diversi altri professionisti e docenti tra i quali il prof. Marco Belloli (Direttore del Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano), il collega Samuele Marcora (un assoluto esperto di fatica negli sport di endurance).

L’iniziativa vuole far incontrare il pubblico con i più importanti esperti italiani ed internazionali
L’iniziativa vuole far incontrare il pubblico con i più importanti esperti italiani ed internazionali

Un approccio scientifico

«Il mondo della preparazione e allenamento per il ciclismo – ha dichiarato il direttore di Campus Bike Convention Omar Gatti – è popolato da numerosi falsi miti che non hanno alcun fondamento scientifico e che impediscono agli atleti di raggiungere il proprio potenziale. A Campus vogliamo far incontrare il pubblico con i più importanti esperti italiani ed internazionali, con l’obiettivo di mettere le più moderne metodologie a disposizione di chi vorrà partecipare. E’ ormai chiaro che nel campo del ciclismo sia giunta l’ora di abbandonare schemi e proposte che non hanno alcun fondamento scientifico, ma che sono così radicate da non venir neppure messe in discussione. Con Campus Bike Convention vogliamo scardinare questi falsi miti, dando spazio ad approcci validati e metodologie moderne».

Nicola Rosin, Amministratore Delegato Colnago
Nicola Rosin, Amministratore Delegato Colnago

Parla Rosin

Come anticipato, dietro al progetto è stato creato un prestigioso comitato di esperti, mentre forte e concreto è il supporto di Colnago. 

«Abbiamo sposato subito questo progetto – ha dichiarato Nicola Rosin, Amministratore Delegato di Colnago – un’evento che raccoglie alcuni dei migliori esperti al mondo nella scienza del ciclismo. Sin dalla albori, Colnago è sempre stata sinonimo di innovazione della bicicletta, ed avere l’opportunità di far conoscere con dovizia di particolari il nostro percorso presente e passato è un’opportunità che non vogliamo perdere». 

Le iscrizioni a Campus Bike Convention sono già disponibili. E’ prevista la modalità di iscrizione in presenza, che dà diritto alla partecipazione a tutti gli interventi della sala plenaria e ai workshop, oppure in modalità streaming, per seguire in diretta online i soli interventi della plenaria. 

Campus Bike Convention

Gli azzurri a Glasgow con ruote Campagnolo

15.07.2023
3 min
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La prima parte del 2023 si sta rivelando davvero ricca di importanti novità per Campagnolo, uno dei marchi più iconici del ciclismo mondiale. A inizio maggio è stato lanciato sul mercato il tanto atteso Super Record Wireless, che in questi giorni sta “gareggiando” sulle strade del Tour de France sulle BMC del team AG2R Citroen. Pochi giorni fa, l’azienda vicentina ha invece ufficializzato di aver definito una partnership con la Federazione Ciclistica Italiana. Si tratta di una collaborazione tecnica che guarda ai prossimi mondiali su pista di Glasgow, ma soprattutto alle Olimpiadi di Parigi 2024.

I team di endurance e sprint correranno con le nuove ruote di Campagnolo: le Ghibli
I team di endurance e sprint correranno con le nuove ruote di Campagnolo: le Ghibli

Il meglio per la pista

Grazie alla nuova partnership Campagnolo diventa sponsor ufficiale delle ruote da pista delle nazionali azzurre di ciclismo. Da oggi la squadra maschile e quella femminile potranno contare su prodotti top di gamma, a partire dalle nuove ruote da pista Ghibli 0.9 che saranno utilizzate dalla Federazione Ciclistica Italiana per le squadre endurance e sprint. Le nuove ruote faranno il loro debutto ufficiale in occasione dei campionati del mondo su pista di Glasgow del prossimo mese di agosto.

Gli azzurri saranno in pista a Glasgow dal 5 al 13 agosto, con l’obiettivo di ripetere i risultati degli scorsi anni
Gli azzurri saranno in pista a Glasgow dal 5 al 13 agosto

Soddisfazione reciproca

L’accordo tra Campagnolo e Federazione Ciclistica Italiana ha incontrato sin da subito la soddisfazione reciproca di entrambi gli attori. Per Campagnolo ha parlato Nicola Baggio, Chief Sales & Marketing Officer dell’azienda vicentina.

«La nostra mission – ha dichiarato – è applicare l’immaginazione alla tecnologia, per creare prodotti straordinari per ciclisti appassionati: belli da usare, da possedere e da guardare. Siamo orgogliosi di supportare la Federazione Ciclistica Italiana con il nostro ultimo output progettuale dedicato alle ruote, con il chiaro obiettivo di raggiungere l’eccellenza in pista.

«La ricerca e lo sviluppo Campagnolo – ha aggiunto – progredisce quotidianamente per stabilire le migliori prestazioni per le ruote lenticolari più leggere al mondo, un impressionante miglioramento della resistenza al rotolamento e i risultati aerodinamici più avanzati. Decisamente orientate ad ottenere grandi risultati a Parigi 2024». 

Per la Federazione Ciclistica Italiana non poteva mancare il contributo del Presidente Cordiani Dagnoni: «Da quasi un secolo la qualità e la precisione dei prodotti Campagnolo contribuiscono alle vittorie dei più grandi campioni di ciclismo di tutti i tempi. Siamo orgogliosi di poter contare su un partner di così alto spessore».

Fra poche settimane avremo modo di poter ammirare le nuove Ghibli 0.9 sulla pista di Glasgow, con la speranza che si tratti di un debutto vincente.

Campagnolo