Nel mondo di Vittoria, in equilibrio fra ansia e ambizioni

21.09.2022
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Sul far della sera, dopo che noi ci siamo liberati dal traffico di Wollongong e lei ha finito una lunga seduta con Elisabetta Borgia, Vittoria Guazzini ci raggiunge su una poltrona della hall del Gibraltar Hotel di Bowral, base della nazionale in Australia. La presenza della mental coach ai mondiali non è affatto banale. Lo abbiamo visto stamattina nel supportare Federica Venturelli al momento di tornare in bici e lo leggiamo nella gratitudine che traspare dagli occhi chiari della toscana, che con l’ansia ha ammesso di convivere a fatica.

Sul podio, in quel pugno al cielo c’è la somma di settimane di lavoro e sogni realizzati
Sul podio, in quel pugno al cielo c’è la somma di settimane di lavoro e sogni realizzati

Lo sguardo avanti

La vittoria del mondiale crono U23 era un obiettivo dichiarato e, in quanto tale, niente affatto scontato. La gara ha detto che alle spalle delle tre più forti al mondo c’è questa ragazza italiana, riccia e bionda di 21 anni, che arriva da Poggio a Caiano e ha spirito, talento e forza da vendere. La “Vitto” la conosciamo da un po’ e ogni cosa nel suo cammino parla di crescita costante e scelte importanti.

«Penso che per ogni atleta – sorride con il suo accento toscanissimo – l’obiettivo sia quello di migliorarsi ogni anno. Io penso forse di avere dalla mia un po’ di talento (sorride e arrossisce, ndr), insomma diciamo che proprio negata in bici non sono… E ce la sto mettendo tutta per curare ogni aspetto che posso e provare a realizzare i miei sogni. Insomma, questa maglia iridata è un bel punto di partenza per i prossimi anni, perché vorrei riconfermarmi nella categoria elite».

In partenza, Guazzini sapeva di essere la favorita nella gara U23
In partenza, Guazzini sapeva di essere la favorita nella gara U23
Sei passata da vittorie agli europei U23 ad andare alle Olimpiadi, poi risultati fra le elite e adesso il mondiale. Come si fa a ripartire ogni volta?

A volte sento dire che dopo che uno ha vinto tanto, ma ancora non è proprio il mio caso, non riesce più a trovare motivazioni. Io penso che ogni gara sia a sé e sia speciale, perché si viene magari anche da momenti diversi o percorsi diversi. L’avvicinamento non è sempre quello sperato e anche riconfermarsi ha sempre il suo perché.

Il 2022 è stato l’anno dei grandi cambiamenti e alla fine è andato alla grande. Tutto scontato?

Neanche un po’. All’inizio della stagione ero un po’ agitata. Con la nuova squadra mi ero presentata con quell’infortunio (Vittoria ha trascorso l’ultimo inverno a riprendersi dalla frattura per la caduta alla prima Roubaix Femmes, ndr) e non era stato il massimo. Però loro hanno avuto tanta pazienza e non mi hanno assolutamente pressato. Anzi, mi hanno dato tutto il tempo di rimettermi. In effetti già ad inizio anno stavo bene, purtroppo poi c’è stato il Covid proprio nel periodo delle classiche che erano state il mio stimolo per recuperare il prima possibile. Sono cose che capitano e diciamo che la stagione poi si è rifatta alla grande. Ora posso dirlo, quindi va bene così.

Ecco la caduta alla Roubaix che è costata a Vittoria uno stop di due mesi (foto Louis Lambin)
Ecco la caduta alla Roubaix che è costata a Vittoria uno stop di due mesi (foto Louis Lambin)
Hai mai dubitato della scelta di lasciare l’Italia e andare in Francia?

Ormai sono una che quando fa le scelte, poi continua dritta. Poi non si sa mai, si ha sempre un 50 per cento di possibilità di sbagliarsi e 50 di avere ragione, ma io mi sono trovata molto bene, tanto che ho già rinnovato fino al 2025. Insomma, non l’avrei fatto se non mi fossi trovata bene. Loro hanno fiducia, io ho fiducia e credo sia un percorso giusto per continuare a crescere. Abbiamo degli obiettivi in comune, quindi mi è sembrato un progetto molto interessante. Sono contenta della scelta che ho fatto.

Difficile far convivere strada e pista?

La pista rimane, perché sono convinta che le due discipline possano andare l’una appaiata all’altra. Bisogna essere bravi a coordinare le cose, a pianificare per arrivare al meglio gli appuntamenti sia in strada sia in pista. Ma insomma, abbiamo tanti esempi di atleti che danno sostegno a questa teoria e l’obiettivo delle Olimpiadi di Parigi non è un segreto. Poi si potrà vincere o perdere, ma voglio arrivare lì senza rimpianti, con le altre compagne. 

A Tokyo prima dell’ultimo quartetto, con Balsamo, Alzini e Paternoster
A Tokyo prima dell’ultimo quartetto, con Balsamo e Alzini
Cosa hai portato via da Tokyo?

Tokyo è stata una grande esperienza. Come avevamo detto, non eravamo lì per il risultato. Poi se ci scappava il podio, non è che ci avrebbe fatto schifo (ride, ndr). E’ stato un passaggio importante, anche in vista magari delle prossime, perché già abbiamo un’idea di cosa vuol dire. Le Olimpiadi vanno al di là di ogni immaginazione. Pensavo che averle fatte mi avesse aiutato molto anche nella gestione dell’ansia, ma arrivando qui mi sono accorta che non ho imparato proprio niente.

Si è detto che avresti potuto fare anche la madison…

La madison è una disciplina che mi piace tanto e un pensierino l’avevo fatto, però giustamente si fanno delle scelte e non si ha mai la controprova di come sarebbe potuta andare. Sarebbe bello essere tutte sempre in pista, ma anche il quartetto di fa in 4-5. E la madison si fa in due, è giusto prendersi delle responsabilità.

Di nuovo Wollongong: prima di andare alla partenza, Vittoria con il cittì Sangalli e con Marco Velo
Di nuovo Wollongong: prima di andare alla partenza, Vittoria con il cittì Sangalli e con Marco Velo
Parliamo dell’ansia: si riesce a trasformarla in benzina?

Dipende, dipende… Qua ero particolarmente nervosa, perché sapevo di essere venuta con questo obiettivo. Si vince o si perde, però ero consapevole di aver fatto quello che dovevo e mi sarebbe un po’ dispiaciuto mancare all’appuntamento. Dopo l’europeo in pista a Monaco avevo staccato qualche giorno perché ne avevo bisogno, però quando ho ripreso, ogni cosa è stata fatta per questi giorni qua. Mi sono allenata tanto con la bici da crono e anche con la bici da strada. Ho fatto degli allenamenti e la Vuelta per rifinire la preparazione. E già nelle ultime notti là in Spagna non dormivo bene, perché pensavo a quello che c’era dall’altra parte del mondo.

E cosa hai trovato qua agli antipodi?

Il viaggio è stato lungo, stressante. Ho provato a recuperare. Il mio preparatore sapeva che avevo lavorato bene, che avevo solo bisogno di recuperare. Il giorno prima della gara ho visto il percorso e lì mi sono un po’ tranquillizzata, perché mi sono resa conto di cosa sarei andata a fare. Non mi ha fatto l’effetto solito di quando dico che i percorsi non mi piacciono. Mi sono detta: «No dai, quasi quasi mi piace».

Vittoria Guazzini conosceva tutte le curve per averle già studiate su vari software
Guazzini conosceva tutte le curve per averle già studiate su vari software
Non sapevi cosa aspettarti?

Tutt’altro. Alla fine le curve le avevo già viste molto bene su VeloViewer e su tutti i siti su cui ormai si può vedere tutto. Il mio preparatore mi aveva fatto tutto il planning con le foto, quindi sono arrivata lì che mi sembrava di averci girato sopra per un mese. Quando poi l’ho provato, ho fatto delle belle linee senza rischiare chissà cosa, per non buttare via tutto. Con una buona traiettoria non perdi velocità, ti metti in posizione e una metà dell’opera è quasi fatta. Sono tutti dettagli che alla fine contano.

Parli da professionista navigata, dov’è la “Vitto” caciarona di qualche tempo fa?

Casinista un po’ rimarrò sempre (ride, ndr), però sono diventata un po’ più professionale. Mi tocca, no? Diciamo che so distinguere i momenti in cui posso essere in un modo e quelli in cui non è il caso.

Stremata dopo l’arrivo, Vittoria con la sensazione di aver fatto un ottimo tempo
Stremata dopo l’arrivo, Vittoria con la sensazione di aver fatto un ottimo tempo
Pensi mai alla Valcar in cui sei diventata grande?

Come diciamo sempre, era una famiglia, ma lo era per davvero. Insomma, anche ora alle gare quando ci si vede, ci ritroviamo e le altre sentono sempre il casino e ridendo dicono sempre: «Italians». Insomma, siamo fatti così. E poi quando vincono le mie ex compagne, non nascondo che sono felice per loro. Alla Valcar hanno fatto un grande lavoro con tutte noi. Ma comunque con la nuova squadra abbiamo un bellissimo rapporto e ho rinnovato il contratto proprio perché si è creato questo bellissimo clima con lo staff, la dirigenza, le atlete. Sono contenta.

La posizione sulla bici l’hai studiata con loro?

Esatto. A maggio con la squadra siamo andati al velodromo di Roubaix insieme ad uno specialista e abbiamo fatto dei test sull’aerodinamica, per trovare la posizione migliore. Che fosse sì aerodinamica, ma che mi permettesse comunque di spingere. Insomma, devo dire che abbiamo fatto un bel lavoro.

Le amicizie costruite alla Valcar restano: qui Vittoria con Consonni alla Het Nieuwsblad del 2021
Le amicizie costruite alla Valcar restano: qui Vittoria con Consonni alla Het Nieuwsblad 2021
Quanto sono lontane le prime tre? 

Ormai ci conosciamo tutte e se devo essere sincera sono molto contenta della mia prestazione. Al di là della maglia under, ho sempre saputo che la cronometro sia una disciplina che mi si addice. Però prima magari era quasi una sensazione, ora ho avuto questa conferma che fa bene anche per il morale. Mi dà ancora più voglia e motivazione. Al momento le prime tre sono ancora un po’ lontane, ma non irraggiungibili. Insomma ho già voglia di correre il prossimo mondiale.

Dopo l’Australia, testa alla pista?

Una cosa per volta, qui non abbiamo ancora finito (quando parliamo, Vittoria deve ancora correre il Team Relay e la prova su strada di sabato, ndr). Poi ci sarà bisogno di un po’ di stacco e poi tornerò sicuramente in pista. Andandoci regolarmente durante l’anno e facendo dei richiami prima degli appuntamenti, si entra presto nel mood giusto. Abbiamo visto che funziona già all’europeo, si tratterà di trovarsi con le altre ragazze, affinare un po’ i meccanismi e anche lì salterà fuori la voglia di far bene. Quindi tireremo fuori tutto quello che c’è. Su strada corro ancora il Giro dell’Emilia perché comunque è vicino a casa e la squadra ci teneva, perciò vado volentieri.

Nella conferenza stampa, Vittoria ha fatto sfoggio di un ottimo inglese e grande sicurezza
Nella conferenza stampa, Vittoria ha fatto sfoggio di un ottimo inglese e grande sicurezza
E finalmente dovresti ritrovare Marta Cavalli?

Con Marta abbiamo corso insieme per la prima volta all’italiano con le Fiamme Oro. Ci dicevamo che fosse impossibile che non avessimo fatto ancora una gara insieme. E poi dovevamo fare il Tour, purtroppo però sappiamo tutti com’è andata a finire. Spero veramente che possa ritornare in gruppo per queste ultime gare e di fare almeno il Giro dell’Emilia insieme. Poi il prossimo anno sono sicura che insieme faremo delle belle cose.

E’ quasi ora di cena. Passano Salvato e Quinziato, che alloggiano nello stesso hotel. Giornalisti pochi, qualche dilettante passa e saluta. Ci sono Marcellusi e Buratti, poi passa Arianna Fidanza. Ecco il presidente Dagnoni e Antonio Ungaro dell’ufficio stampa. La serata è tranquilla, domani si correrà il Team Relay, poi la fase delle crono sarà alle spalle.

Cavalli le prova tutte, stacca la Van Vleuten ma non basta

09.07.2022
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Ci ha provato in tutti in modi, ma non le è riuscita la rivoluzione. A San Lorenzo Dorsino, sede della nona tappa del Giro d’Italia Donne, Marta Cavalli stacca nel finale Van Vleuten ma non le basta e chiude ancora seconda, stavolta dietro alla vincitrice Kristen Faulkner, in fuga dai primissimi chilometri.

La maglia rosa (quarta al traguardo) cede solamente 15” sfruttando le menate di Longo Borghini (davanti a lei) che stava sensibilmente mettendo nel mirino il terzo posto nella generale, complice un’altra giornata infelice di Mavi Garcia. Ottima prova ancora di Gaia Realini, in avanscoperta inizialmente con l’americana della BikeExchange-Jayco e alla fine quinta all’arrivo.

«L’anno scorso ero sempre in fondo – spiega in mixed zone la Faulkner, che vincendo tutti e tre i gpm di giornata ha conquistato ufficialmente la maglia verde – quest’anno invece è stato molto speciale con finora due vittorie. Volevo dare il massimo non solo per la gloria personale, ma soprattutto per la squadra che fa un lavoro eccezionale. Dopo la fuga di ieri volevo continuare. Mi sentivo bene e sono riuscita stavolta a mantenere a distanza le avversarie dando spettacolo. Difficile chiedere di più. Domani a Padova proverò a dare una mano alle compagne più adatte alla volata».

Una battuta con Delcourt

Anche se salirà sul secondo gradino del podio finale, Cavalli non esce minimamente ridimensionata da questo Giro. Mentre vanno le vestizioni delle maglie di classifica, scambiamo due chiacchiere col general manager della FDJ Nouvelle Aquitaine, Stephen Delcourt. Lo avevamo sentito prima della Liegi, cosa ha portato di nuovo questo Giro?

Ci parla di un grande risultato, benché dopo i trionfi ad Amstel e Freccia l’unico obiettivo fosse la vittoria della corsa rosa. Forse un’eccessiva pressione. Ed ecco spiegato perché nelle ultime due frazioni le riunioni tattiche siano durate più del dovuto. Ed ecco perché solo alla partenza di stamattina ci aveva concesso a denti stretti di fare una breve intervista con la sua capitana. Il fatto che dopo l’arrivo il tecnico francese fosse tanto sereno da parlare più liberamente e ringraziarci per aver compreso la situazione, è il segnale che probabilmente qualcosa si può gestire con meno tensione.

Stephen Delcourt, general manager della Fdj Nouvelle Aquitaine, soddisfatto per il Giro della Cavalli
Stephen Delcourt, general manager della Fdj Nouvelle Aquitaine, soddisfatto per il Giro della Cavalli

Un’altra Marta

Quando la Cavalli – alla nostra richiesta di una foto con mamma Romina e la sorella Irene – si gira verso di loro facendo una scherzosa boccaccia, abbiamo la netta impressione che per la cremonese sia un senso di liberazione. E la conferma ce l’abbiamo qualche minuto dopo, quando sul podio per l’ultima premiazione di giornata (quella della maglia azzurra di miglior italiana), stappa la magnum di spumante direzionando il getto con energia sempre verso mamma, sorella e amici.

Rispetto alla presentazione dei team dieci giorni fa a Cagliari, la 24enne della Fdj Nouvelle Aquitaine è un’altra persona. Più rilassata. Ma anche un’altra atleta. Più consapevole. Non che si mettesse in dubbio la sua stagione o il suo valore, solo che ora la Cavalli è una certezza per il presente e per il futuro, specie per le gare a tappe.

Cavalli prova il forcing nel finale. Staccherà Longo Borghini, Van Vleuten e Realini.
Cavalli prova il forcing nel finale. Staccherà Longo Borghini, Van Vleuten e Realini.

«Avevo tante ambizioni per questo Giro Donne – commenta Marta, al secondo posto parziale consecutivo – ed è andata come speravamo, sono stata all’altezza. Purtroppo oggi ho sfiorato la vittoria e mi è spiaciuto un sacco. Però sì, ora sono un’altra persona perché la soddisfazione ha preso il posto della pressione. Non è una soddisfazione al 100 per cento, ma al 99,9 periodico. Sicuramente non ho rammarichi. Sono partita un po’ in ombra e probabilmente era dovuto al fatto che dovevo entrare nel mood della corsa. Adesso invece si sta concludendo nel verso giusto, ovvero quello che tutti ci aspettavamo.

«Il mio obiettivo – prosegue – non era quello di un risultato in particolare, quanto di dare spettacolo e di animare la corsa. Ho fatto il possibile. Spero che chi ha guardato e chi è venuto a tifarmi a bordo strada abbia apprezzato. Non posso che essere contenta. Devo soprattutto ringraziare la squadra che mi ha messo a disposizione le cinque migliori compagne in questo momento, che si spendono per me dalla mattina quando si parte fino alla sera. E questo vale anche per lo staff. Siamo veramente un bel gruppo che lavora in sintonia. Non potevo chiedere di meglio».

Negli ultimi due giorni ci ha provato in tutti i modi, soprattutto nel tappone odierno. «Sì sì, dovevo farlo – analizza la Cavalli – anche se il margine era ampio non volevo dare l’idea di accontentarmi. Volevo far vedere che avevo il carattere per provarci e di rischiare pur di guadagnare un solo secondo. Sono contenta. Avevamo pianificato stamattina come muoverci per tutta la tappa. Ho cercato di rispettare gli ordini e spingere più che potevo».

Nell’ultima discesa, memore di quello che era accaduto a Van Vleuten ventiquattro ore prima, Marta attacca in discesa e guadagna subito 20”. Chissà se ci ha creduto come tutto il pubblico al traguardo.

«Sì, per un momento abbiamo pensato di chiudere su Faulkner – spiega – se l’avessimo raggiunta e se fossimo arrivate in un gruppetto con Longo Borghini e Van Vleuten, la vittoria sarebbe spettata a me secondo i nostri accordi, perché loro due si sarebbero accontentate rispettivamente del terzo podio nella generale e l’altra della maglia rosa. Avrei avuto il via libera per la tappa. Mi sarebbe piaciuto sinceramente perché tanta gente era venuta fino qui per vedermi e volevo coronare questo Giro. Ma va bene così».

Il futuro è suo

La Luperini ieri ce lo aveva sentenziato: il futuro è della Cavalli. Ma per vincere i prossimi Giri cosa le manca?

«Ci sono tanti marginal gains – conclude – come posizionamento o maturità fisica, che ancora mi manca sulle lunghe distanze. Poi esperienza dopo esperienza. Avere quella solidità che ti permette di tenere sotto controllo ogni tipo di situazione e gestirla mentalmente al meglio. Sto bene e farò il Tour, ma in Francia vedrete una Marta gregaria».

Al Giro Donne non manca che la decima ed l’ultima frazione, da Abano Terme a Padova per un totale di 90,5 chilometri. In palio c’è l’ultima volata e la maglia ciclamino. Balsamo, che ha solo dieci punti di distacco da Van Vleuten, vuole fare tris, ma la concorrenza è agguerrita.

Cavalli, tensione alle spalle. Inizia un altro Giro

03.07.2022
4 min
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C’è un termine in inglese – hectic – che abbiamo sentito molto in queste prime tre giornate del Giro Donne. Significa frenetico, ma quando lo pronunciano le atlete, anche le italiane, specie a fine tappa, sembra che assuma un contesto ancora più teatrale. Alla vigilia della quarta frazione, Marta Cavalli (in apertura foto Thomas Maheux) sembra quasi benedire il sopraggiungere dell’impegnativo percorso che si snoderà attorno a Cesena.

Per la 24enne della Fdj Nouvelle Aquitaine Futuroscope – attualmente tredicesima nella generale a 27” dalla maglia rosa Elisa Balsamo – è stato un pomeriggio tranquillo.

«Sì, ho fatto una sgambata di circa due ore scarse sul mezzogiorno – dice – sia per defaticare e non perdere il ritmo, sia per non perdere nemmeno l’abitudine a pedalare a quell’ora».

Cavalli è capitana al Giro Donne. Al Tour dovrebbe essere la spalla di Ludwig
Cavalli è capitana al Giro Donne. Al Tour dovrebbe essere la spalla di Ludwig

Direzione Romagna

Già, perché la domenica del Giro Donne non è un giorno di riposo, quanto più di trasferimento. Il rientro dalla Sardegna è diviso in due modalità. Volo charter da Olbia a Forlì al sabato sera per le atlete, traghetto notturno su Livorno o Genova per i mezzi delle 24 formazioni. Non appena ci si ricompatta in hotel (a Brisighella nel caso della Cavalli), ecco che si esce per fare il classico sciogli-gamba.

Da domani sostanzialmente è come se iniziasse un’altra corsa. Giornate facili non ce ne sono state nemmeno in Sardegna – ne leggerete il motivo – ma dalla Romagna in poi si farà ancora più serio. Con la Cavalli abbiamo voluto guardare avanti e capire cosa dovremo aspettarci.

Marta innanzitutto come va?

Bene direi. Ho stemperato un po’ di tensione, anche se ne avrò dell’altra nei prossimi giorni. In Sardegna avevo chiesto di non dire nulla di ufficiale perché volevo restare un po’ più serena fino all’ultimo e restare concentrata sulle prime tappe. Così è stato, grazie. Ora mi sento meglio e sono pronta per le prossime tappe.

Per Cavalli ora iniziano le tappe con salita, dove si sente più a suo agio (foto Thomas Maheux)
Per Cavalli ora iniziano le tappe con salita, dove si sente più a suo agio (foto Thomas Maheux)
Com’è stato questo inizio di Giro Donne?

Difficile, è stata una partenza critica per una serie di motivi. A crono volevo limitare i danni e sono riuscita nel mio intento, malgrado sia partita nel secondo blocco quando il vento ha cambiato direzione, ma non intensità. Ho preso 10” da Longo Borghini e Van Vleuten (che erano partite nel primo blocco, ndr) che è un distacco ancora soddisfacente, visto che a cronometro sono meno forte di loro. Poi le due tappe in linea erano piatte ma molto ventose, quindi poteva essere facile prendere altri secondi se si fosse spaccato il gruppo.

Come hai gestito queste situazioni?

Gli arrivi di Tortolì ed Olbia erano caotici. Mi sono dovuta buttare in volata in entrambe le circostanze, proprio per non restare troppo dietro e magari finire attardata per colpa dei ventagli. E’ vero, vento ne ho preso tanto sul Ventoux, ma in salita, dove si è anche soli, è diverso che su strade con 140 ragazze che vogliono stare davanti. Comunque con la squadra abbiamo lavorato bene nonostante questo stress. Ci avrebbe fatto piacere centrare una vittoria ma va bene così per il momento.

A questo punto potremmo dire: meno male che arriva la tappa di Cesena…

Sì, non mi dispiace essere tornata in Continente dove possiamo conoscere meglio certe insidie, come caldo e vento. E come i percorsi più vallonati in cui mi sento più a mio agio. C’è ancora un po’ di pressione perché arrivano le tappe difficili, però domani credo che sulle prime salite mi sentirò un po’ più leggera. In ogni caso la quarta tappa non deciderà tanto ma, almeno a me, darà delle indicazioni.

Dopo l’arrivo di Reggio Emilia ci saranno quattro giorni senza respiro.

La tappa di Bergamo non è da sottovalutare, ma non credo possa creare scossoni. Il giorno dopo al Passo Maniva secondo me ci sarà un primo solco sensibile per la classifica. Poi le tappe trentine definiranno le varie posizioni della generale.

In questi giorni in Sardegna chi delle tue rivali ti è sembrata più in forma?

Annemiek (la Van Vleuten, ndr) l’ho vista più magra del solito ed anche lei, come me, per non perdere secondi si è buttata negli sprint. Longo Borghini ha una buona condizione. Ha lavorato tanto per la Balsamo, ma la sua forma è compatibile per fare classifica. Poi ci sono alcune gerarchie da definire. Fisher-Black e Vas della SD Worx possono fare bene così come la Faulkner, che potrebbe anche riprendersi la maglia rosa. Vanno tutte tenute d’occhio, io sono pronta.

Bretagna conquistata, problemi alle spalle: Guazzini c’è

13.05.2022
5 min
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Un secondo posto in volata dietro Bastianelli il primo giorno e un altro nella crono dietro Ivanchenko, così Vittoria Guazzini ha dato una bella spallata ai cattivi pensieri, aggiungendo un altro successo italiano a quelli della FDJ Nouvelle Aquitaine. E’ successo la settimana scorsa al Tour de Bretagne, lo stesso in cui è tornata al successo anche Martina Alzini.

«Ci voleva per il morale – risponde con la cadenza toscana, non ancora compromessa dal francese (apertura nella foto Louis Lambin) – anche se ero andata al via fiduciosa, perché sapevo che c’era la crono. Venivo dalla Nations Cup in pista di Glasgow e appena una settimana di allenamento a casa, ma è andata bene. E fa piacere aver portato il mio contributo dopo le vittorie di Marta Cavalli all’Amstel e alla Freccia. L’ho seguita dalla televisione, non abbiamo corso insieme, è stato bello. Ci saremmo potute incontrare alla Roubaix, ma io non ci sono andata. Dopo il disastro dello scorso anno, sono stata alla larga…».

Per la FDJ-Nouvelle Aquitaine continua il momento d’oro dopo le vittorie di Marta Cavalli (foto Louis Lambin)
Per la FDJ-Nouvelle Aquitaine continua il momento d’oro dopo le vittorie di Marta Cavalli (foto Louis Lambin)

Passione crono

Guazzini ha passato l’inverno a rimettersi in sesto dalla frattura del malleolo tibiale rimediata nel settore di Mons en Pevele della prima Roubaix Femmes. Si è trattato prima di rimettersi in piedi. Poi di recuperare l’articolazione completa della caviglia. Quindi diventare autonoma per agganciare e sganciare il pedale. E solo allo fine si è potuto pensare alla rimessa in forma. Di conseguenza la stagione delle classiche è stata un po’ una sofferenza, con l’eccezione del terzo posto a Le Samyn.

«Le classiche restano il mio terreno preferito – dice – perché di certo non potrò mai diventare uno scalatore. La classifica del Bretagne è venuta come conseguenza della crono, che mi piace e mi si adatta molto, anche se magari potrò migliorare per tenere un po’ meglio su certe pendenze».

Al Tour de Bretagne, maglia presa da Guazzini con la crono e difesa nei due giorni successivi (foto Louis Lambin)
Al Tour de Bretagne, maglia presa da Guazzini con la crono e difesa nei due giorni successivi (foto Louis Lambin)

Francese stentato

Il fatto d’essere migrata in Francia non è un problema, pur venendo dalla dimensione della Valcar-Travel & Service che somigliava più a una famiglia numerosa che a un gruppo sportivo fine a se stesso.

«Non mi posso lamentare di nulla – dice – c’è molta organizzazione e un buon rapporto con tutte le compagne. E’ vero che la Valcar era una famiglia, ma sono contenta lo stesso. Fra noi si parla inglese, ma è chiaro che loro sono per lo più di là, quindi fra loro parlano francese. Io ci provo solo quando decido di fare la scema, perché ancora siamo in alto mare. Quando sono là, porto con me il computer. Così guardo film e con la VPN guardo anche i programmi italiani. La chitarra invece non la porto…».

Tre tecnici azzurri

La crono e le classiche da una parte e la pista dall’altra fanno della toscana uno dei punti cardine delle nazionali, su strada e in pista. E mentre lo scorso anno tutto passava per le mani di Salvoldi, adesso ci sarà da mettere d’accordo Sangalli per la strada, Villa per la pista e Velo per la crono.

«Finora mi pare che vada tutto bene – sorride – i tecnici sono in contatto fra loro e con i miei direttori qui in Francia, che sono assolutamente a favore della multidisciplina. Su strada, ancora ho fatto poco, ma ho partecipato ai due ritiri in Spagna. Sangalli è sempre stato con noi, ci dà fiducia e libertà, sapendo che abbiamo obiettivi comuni. Nulla è scontato, il posto in azzurro devi meritarlo, ma sai che se lavori bene e vai forte, non ci sono porte chiuse.

«Su pista con Villa – riprende – ho fatto la Nations Cup di Glasgow, mentre non sarò in Canada e nemmeno a Cali. In Canada perché in questi giorni sono in Francia con la squadra, che tiene molto alle prossime gare. A Cali perché capita nel periodo degli europei su strada. Abbiamo fatto però un programma. Di fatto in pista correrò, se mi chiamerà, solo europei e mondiali. Con Marco ho sempre parlato bene, la squadra non mi ha mai messo i bastoni fra le ruote».

Vittoria Guazzini è nata a Pontedera il 26 dicembre 2000, è ancora U23
Vittoria Guazzini è nata a Pontedera il 26 dicembre 2000, è ancora U23

Giro? Purtroppo no

Per quel che riguarda il programma di gare, infine, l’estate sarà decisamente piena di impegni, anche se mancherà all’appello proprio il Giro d’Italia.

«E questo – ammette – un po’ mi dispiace, perché ci saranno in contemporanea gli europei under 23. Abbiamo parlato con Paolo Sangalli e si è deciso di farli. Perciò, dopo questo ciclo di corse in Francia, andrò un po’ a casa e poi ripartirò con la RideLondon Classique, quindi il Womens Tour e i campionati italiani. Sempre in giro, insomma. E ogni volta che ci incontriamo con la banda della Valcar è come se fossimo ancora insieme. Continuiamo a sentirci. Scherziamo fra atlete e anche con il Capo. Siamo in buonissimi rapporti, abbiamo solo cambiato strada».

Parla Delcourt, manager FDJ: Cavalli ha ancora grandi margini

26.04.2022
4 min
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Stephen Delcourt, classe 1985, è il team manager della FDJ-Nouvelle Aquitaine-Futuroscope, la squadra di Marta Cavalli. Il suo profilo Linkedin racconta anche di esperienze professionali come direttore di banca e poi responsabile di gruppi di agenzie, mentre risulta tra gli ambassador delle Olimpiadi di Parigi 2024 e membro della Commissione strada per il ciclismo femminile della Federazione francese. Eppure quando gli parli della nostra Marta, gli si illuminano gli occhi.

«Penso infatti – dice – che sia un esempio per tutto il team. Abbiamo cominciato pochi anni fa con l’idea di diventare una delle più forti squadre al mondo, portando avanti la nostra etica e la nostra filosofia. Giù dalla bici, lei è una della famiglia. Ma quando sale in sella è perfetta. Quello che ha fatto sul Muro d’Huy è stato magnifico».

Alla presentazione delle squadre a Liegi, Delcourt parla con Marc Madiot, capo della WorldTour maschile
Alla presentazione delle squadre a Liegi, Delcourt parla con Marc Madiot, capo della WorldTour maschile

Progetto di crescita

Componiamo il puzzle, mettendo insieme il racconto di Alberto Cavalli e le parole di Marta sulla presenza di Fabiana Luperini con lei sul podio di Huy. La squadra francese l’ha cercata e voluta fortemente, proponendole un progetto di crescita. Questo è stato valutato dalla famiglia e dalla stessa atleta, ma è un fatto che l’impatto con una realtà non italiana possa essere non troppo semplice. Ma dalle parole di Delcourt quel che permea è la grande attenzione nella sua gestione.

«Alla Vuelta Valenciana – spiega il manager francese – abbiamo toccato con mano i suoi miglioramenti (Marta si piazzò terza nell’ultima tappa e in classifica generale, ndr). Poi però ha avuto contatti con persone positive e l’abbiamo fermata completamente. E anche se probabilmente ne era fuori, abbiamo deciso di non farle correre, sebbene lo volesse. Avevamo già avuto l’esperienza di Cecile Ludwig, che ha avuto bisogno di tempo per uscirne completamente e per prudenza non abbiamo voluto rischiare. E’ stata una decisione del team e i risultati ci hanno dato ragione».

Classifica al Giro

Se lo scorso anno i risultati erano stati incoraggianti e parlavano di una ragazza promettente, ma ancora sulla porta dei grandi risultati, le vittorie dell’Amstel e della Freccia Vallone, fanno capire che il gradino decisivo sia stato salito. Delcourt conferma.

«L’ultimo inverno – dice – abbiamo lavorato per fare il passo successivo. L’anno scorso era già stata brava, ora è bravissima. Il nostro responsabile della performance ci ha informato che siamo ancora lontani dai suoi limiti e che può andare ancora più forte. Questo non significa che non abbia limiti, ma che si può puntare in alto, sia al Giro, sia al Tour. Il piano della squadra è che Marta faccia classifica in Italia e Cecile in Francia. Entrambe possono esprimersi al livello più alto. E devo dire che Marta con il suo impegno e la sua immagine è il modello perfetto per le ragazze più giovani».

Sul pavé con 54 chili, Cavalli dice la sua

18.04.2022
3 min
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Quinta all’arrivo, nel gruppetto a 23 secondi da Elisa Longo Borghini, Marta Cavalli tira le somme sulla sua partecipazione alla Roubaix, una settimana dopo la vittoria dell’Amstel e tre giorni prima della Freccia Vallone. Lo spunto già approfondito ieri con Paolo Sangalli trova un’altra voce: quella della diretta interessata, che con i suoi 54 chili si è ritrovata a danzare sui sassi e l’ha fatto molto bene. Aveva ragione il tecnico azzurro sulle sue abilità di passista, ma il tema merita altro spazio.

«Noi ragazze – dice – facciamo tutto, ne parlavamo a cena giusto la sera prima della Roubaix. Nel ciclismo femminile basta essere forti per riuscire a mettersi in mostra più o meno su tutti i terreni. Okay, il mio peso non sarà proprio adatto a una Roubaix, però abbiamo visto che non mi esclude dai giochi. Bisogna essere fortunati, fare i conti con tanti imprevisti. Alla fine ci arriva chi riesce a scamparne il più possibile. Se non ti arrendi mai, hai sempre la possibilità di rientrare. Ho sofferto tanto, ho fatto veramente tanta fatica, però entrare in quel velodromo è qualcosa di speciale. L’anno scorso ho messo piede a terra sei volte prima di arrivare a Roubaix, col bagnato. Con asciutto il pavé ha tenuto di più, però c’erano tanta sabbia e tanta sporcizia soprattutto in curva».

I settori di pavé sull’attacco manubrio: la Roubaix può iniziare…
I settori di pavé sull’attacco manubrio: la Roubaix può iniziare…

Caduta e imprevisto

Gli imprevisti non sono mancati neppure quest’anno, con il miracolo compiuto da un meccanico capace di prendere la bici danneggiata da una caduta, sostituire la leva del cambio e poi ridargliela.

«Sono caduta nel tratto in asfalto – ammette – e ho battuto le costole. Ho avuto un po’ male tutta la corsa. Devo ringraziare il mio meccanico che durante la corsa, non una corsa qualsiasi ma la Roubaix, ha cambiato la leva destra che avevo praticamente falciato. Veramente un grande grazie a tutto lo staff della squadra perché ci mettono in bici e ci danno dei materiali che ci permettono di esprimerci al meglio. Quindi credo che la performance non dipenda solo dalla mia condizione che è buona, ma da un’attenta scelta dei materiali».

Prima del via della Roubaix, un saluto a “Capo” Arzeni. Anche Marta Cavalli è una figlia della Valcar
Prima del via della Roubaix, un saluto a “Capo” Arzeni. Anche Marta Cavalli è una figlia della Valcar

Ardenne in extremis

E qui scatta la perplessità, perché con una condizione così buona, già palesata con la vittoria dell’Amstel, rischiare sul pavé avrebbe potuto compromettere la sua rincorsa alle classiche delle Ardenne. Ma qui arriva l’imprevisto.

«L’anno scorso – racconta – ci eravamo preparati per la Roubaix e non ci ho messo tanto per recuperare. Il classico riposo l’indomani, una sgambata il secondo giorno e dopo ero quasi pronta per ricominciare. E quest’anno il terzo giorno ci sarà la Freccia Vallone, che all’inizio non era nei programmi, come pure la Liegi. Avevamo deciso di chiudere il primo blocco della stagione dopo la Roubaix, ma dopo l’infortunio in Spagna abbiamo perso un paio di settimane e così abbiamo deciso di inserire le prossime due corse. Se le avessimo incluse subito, non avrei fatto la Roubaix. Ma ci piace anche testare come reagisce il corpo (sorride, ndr) e fare le cose un po’ diverse dagli altri. L’Amstel e ora la Roubaix mi hanno dato tanta fiducia. Ne avevo bisogno dopo un po’ di sfortuna. I programmi fra Giro e Tour non cambiano. Arriverò al Giro per fare classifica e al Tour di supporto e per andare in caccia di tappe. Meglio arrivarci con questo morale».

Cavalli chirurgica sul Cauberg. L’Amstel Gold Race è sua

10.04.2022
5 min
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Splendida, immensa, bravissima… aggiungete pure tutti gli aggettivi che volete. Marta Cavalli ha vinto l’Amstel Gold Race femminile con un’azione magistrale. Perfetta nei tempi e nella forza delle gambe.

Il volto della portacolori della Fdj – Nouvelle Aquitaine Futuroscope stamattina era il ritratto della serenità. Non che Marta non lo sia, ma conoscendola, a volte è più tesa. O quantomeno concentrata. Invece chi le era vicino ha esaltato questa sua serenità. Tranquilla e sorridente, si preparava al via.

Quei gambali…

Anche se stavolta siamo in Olanda, lassù il clima non è ancora primaverile. Non è freddo come al Fiandre di domenica scorsa, ma neanche fa caldo. E per questo Marta, quasi unica in gruppo, decide di correre con i gambali. Scelta che forse alla fine paga.

Forse, perché come diciamo sempre oggi spesso sono i dettagli a fare la differenza e per chi è super magra come lei il freddo si sente di più. E fa consumare di più. Magari anche per questo nel finale aveva un briciolo di energia in più.

Ma torniamo in corsa. L’Amstel è un budello: un saliscendi, un destra-sinistra continuo. Per assurdo è quasi peggio della Ronde. Bisogna stare davanti e la Cavalli con le sue compagne è sempre guardinga in testa al gruppo.

Si fa selezione, ma alla fine è il Cauberg il giudice supremo. Restano sempre in meno. Scappa una decina di atlete, forse anche meno. Proprio allo scollinamento il drappello rallenta e come una freccia esce Marta Cavalli. Un chilometro e mezzo da fare a tutta. Pancia e sguardo a terra. Non si vede il suo volto ma solo il suo casco. Spinge, vola. Guadagna un decina di secondi che in quel frangente sono oro.

Mani sul casco per la cremonese. A Valkenburg precede Vollering e Lippert
Mani sul casco per la cremonese. A Valkenburg precede Vollering e Lippert

Finale chirurgico

Solo ai 900 metri si volta e capisce che davvero può farcela. E ce la fa. Ha persino il tempo di godersi il finale e di capire che ha vinto l’Amstel.

«In settimana – ha spiegato dopo l’arrivo – avevamo provato il percorso e due cose erano importanti. Pendere bene la curva a sinistra che immetteva sul Cauberg e la possibilità di un rallentamento in cima. E così è stato. A quel punto, ho messo in pratica il nostro motto: o tutto o niente. E sono andata.

«Col nostro diesse ne avevamo parlato. Sapevamo che si sarebbero potute controllare e partire con velocità da dietro significava sprecare energie per inseguire e non per fare la volata».

Dalla radio il suo diesse Nicolas Maire, la incita e per quel che è possibile le dà i distacchi. Questo fa sì che Marta non si volti mai. Può pensare solo a spingere.

«E’ sicuramente il successo più importante della mia carriera. Devo ringraziare tutto lo staff. E’ un sogno. Da parte mia ho spinto fino alla fine. Fino agli ultimi 20 metri, mai mi sarei perdonata di perdere perché non avevo dato tutto.

«Quando mi sono voltata -spiega con passione la Cavalli – ho visto che avevo margine. In quel momento ho capito che il più era fatto, ma che anche bisognava spingere. La cosa bella è che di solito queste immagini le vedevo in Tv con altre protagoniste. Stavolta invece ero io, in prima persona. E’ stata una vera emozione. Le energie si sono moltiplicate».

Dopo l’arrivo scoppia la gioia. La FDJ – Nouvelle Aquitaine ha lavorato benissimo, soprattutto con la Borgli (qui l’abbraccio con Le Net)
Dopo l’arrivo scoppia la gioia. La FDJ – Nouvelle Aquitaine ha lavorato benissimo, soprattutto con la Borgli (qui l’abbraccio con Le Net)

Vittoria nata al Fiandre

Sul podio Marta dà un sorso al mega boccale di birra. Si gode il momento. Ha scritto una pagina di storia. E’ la prima italiana che vince questa classica. Tra l’altro infilando una delle favorite di casa, Demi Vollering.

E dire che le cose non si erano messe bene per lei, dopo le prime gare. Il problema con il lattosio l’aveva costretta allo stop. Tanto che al via della Strade Bianche la incontrammo, stupiti, in borghese.

Il suo successo, se vogliamo, è iniziato il giorno dopo il Fiandre. Era tornata in Italia visto che era al Nord già da un bel po’ e che poi sarebbe dovuta tornare per le Ardenne. E archiviata una Ronde nella quale sarebbe voluta andare meglio ad un certo punto aveva voltato pagina. Su Instagram aveva scritto: «Ronde alla spalle, tempo di guardare avanti, all’Amstel Gold Race». Oggi era la capitana.

La prova del percorso, la voglia di arrivare, il fatto che dai tempi della Valcar – Travel & Service abbia modificato il suo fisico e da velocista si sia trasformata quasi in una scalatrice: c’erano tutti gli ingredienti per fare bene. Alla fine è perfetta per corse così. 

La ricognizione è stata vitale. Marta sa osservare ed ascoltare come poche. Già lo scorso anno la osservammo da vicino durante quella della Liegi, che per un problema al ginocchio, fece in auto. Studiò ogni millimetro del tracciato con la massima attenzione. E con la squadra hanno messo in pratica tutto alla perfezione. Anche gli applausi, unite sotto al podio.

«Sono tornata su, in Olanda, venerdì – conclude la Cavalli diretta in aeroporto – all’ultimo ho deciso di fare qualche giorno a casa e adesso sto già ritornando. Dicevo: sono arrivata venerdì. Sabato ho fatto questa accurata sgambata con la squadra. Il colloquio con il diesse e oggi la corsa. Se me la sentivo? A dire il vero no. Non stavo male, ma neanche benissimo nel finale. E come spesso succede le corse si vincono anche così, con sensazioni non super, proprio perché essendo meno spavalda sprechi meno energie».

Intolleranza al lattosio: cos’è e perché è così diffusa?

07.04.2022
5 min
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Dopo le parole di Marta Cavalli a Rossella Ratto sulle ragioni del suo rapido perdere peso di fine 2019 e la soluzione rintracciata con il dottor Guardascione nell’intolleranza al lattosio, abbiamo interpellato il medico del Team Bike Exchange-Jayco per saperne di più. Di intolleranze alimentari si sente parlare ormai in modo massiccio. Alzi la mano chi non conosce qualcuno che ne sia interessato. E’ tuttavia curioso capire in che modo ciò colpisca un’atleta di vertice, in che modo abbia penalizzato le sue prestazioni e come ne sia uscita. Diciamo che il discorso riguarda Marta, ma potrebbe toccare ciascuno di noi.

«L’intolleranza al lattosio non è un’allergia – spiega Guardascione, varesino e Responsabile Medico del team australiano – sono due cose diverse. L’allergia al lattosio ce l’ha praticamente l’uno per cento della popolazione in età adulta, è una cosa seria ed è dovuta alla carenza di un enzima che degrada al lattosio e si chiama lattasi. L’intolleranza al lattosio è qualcosa cui arrivi per gradi e la individui facendo dei test in cui dosi la capacità dell’organismo di degradare il lattosio. Si fa con un test del respiro, si chiama breath test proprio per il lattosio. Non è invasivo e consiste nell’analisi dell’aria espirata del soggetto prima e dopo l’assunzione di lattosio (in apertura, foto My Personal Trainer, ndr). Il test va a misurare le quantità di idrogeno e metano presenti nell’espirato».

Marta Cavalli ha eliminato gli alimenti a base di lattosio, avendo subito grandi benefici
Marta Cavalli ha eliminato gli alimenti a base di lattosio, avendo subito grandi benefici
Ci saranno dei sintomi, giusto? Che cosa succedeva a Marta?

Succedeva che mangiava e andava in bagno. Aveva una forma di malassorbimento che, associata alla dieta che faceva per aiutarsi dal punto di vista organico generale, l’ha portata a un discreto dimagramento. Marta l’avevo in squadra quando era alla Valcar e ha perso 4-5 chili in qualche mese. Quando però abbiamo capito che qualcosa non quadrava, facendo dei test specifici per il lattosio, abbiamo scoperto che c’era alla base un’intolleranza abbastanza importante a questo alimento.

Si è risolta facilmente?

E’ stato sufficiente fare una dieta di eliminazione di tutti gli alimenti contenenti lattosio e i suoi derivati. Quindi latticini in primis e via dicendo, finché il problema si è magicamente risolto, tra virgolette ovviamente. Non ha più avuto quegli episodi, il fatto di mangiare e dopo mezz’ora dover andare in bagno, magari con scariche che le impedivano di assorbire anche tutto il resto.

Ha dovuto cambiare radicalmente alimentazione?

Nella sua dieta standard c’erano sempre comunque il latte alla mattina, anche se era un latte scremato, gli yogurt e qualche formaggio. Questo le aveva creato un’irritabilità all’intestino, per cui non aveva un assorbimento corretto neppure degli altri nutrienti. E’ stata sufficiente qualche settimana di training graduale, eliminando totalmente gli alimenti contenenti lattosio e piano piano si è arrivati all’equilibrio. Il lattosio è ovunque, anche nei banali integratori o negli aminoacidi ramificati che vengono confezionati in compresse che hanno dentro il lattosio, usato per compattare la compressa. Insomma, facendo le necessarie analisi, siamo arrivati alla soluzione. Nessuna magia…

Il lattosio è ovviamente negli alimenti a base di latte, ma si nasconde anche altrove
Il lattosio è ovviamente negli alimenti a base di latte, ma si nasconde anche altrove
Diceva che si tratta di un problema molto diffuso…

Faccio una premessa. Negli ultimi anni si è avuto un aumento enorme di questi problemi negli atleti, ma anche nelle persone normali. Avendo la fortuna di fare il medico di famiglia, ho l’occhio aperto anche sulla popolazione generale e ho tantissime persone intolleranti al lattosio, anche se non sono atleti. Il latte di adesso non è certo il latte di 20 o 30 anni fa, questo è scontato. Vuoi perché le mucche vengono allevate in un certo modo e vuoi perché vengono additivate come prima non si faceva. Questo latte in alcune persone può provocare disfunzioni di origine gastrointestinale. Si tratta sostanzialmente di problematiche di questo tipo. Solo alcuni hanno eruzioni cutanei, una piccola parte. Comunque negli atleti si verificano più casi, perché sono sottoposti a degli stress organici molto importanti.

Quando Marta Cavalli era alla Valcar non aveva sintomi del problema?

Diciamo che certe manifestazioni in quegli anni erano borderline. Marta era ed è ancora una ragazza molto sensibile, per cui ogni tanto aveva quegli episodi tipici che noi medici chiamiamo di colite o di colon irritabile. Però poi, scavando un po’, si è arrivati a scoprire tutto questo. Lei è comunque di costituzione magra e quei 4-5 chili che ha perso non li ha più ripresi.

Gli ordini di arrivo non hanno evidenziato un grosso calo di rendimento.

Nel 2019 infatti ha vinto la maglia tricolore ed era una delle italiane più forti. Poi è passata alla FDJ Nouvelle Aquitaine, una delle WorldTour più importanti e in mezzo a tante campionesse non sta certo sfigurando, anzi. Ora sta bene, il suo livello anche come atleta si è elevato rispetto agli anni della Valcar. Adesso è ancora una delle migliori atlete italiane anche nelle corse dure e quelle a tappe. Grazie anche a chi la segue dal punto di vista dell’allenamento e chi per la nutrizione, ha trovato il suo equilibrio.

Il dottor Carlo Guardascione è il Responsabile Medico del Team Bike Exchange-Jayco
Il dottor Carlo Guardascione è il Responsabile Medico del Team Bike Exchange-Jayco
Come si rintracciano (e si evitano) i cibi contenenti lattosio?

Ormai sugli alimenti, oltre a gluten free c’è scritto anche lactose free. E’ davvero ovunque, non certo nella bistecca e nel pollo, ma ad esempio c’è in alcune marche di prosciutto cotto. In base al cibo, ci sono vari gradi di concentrazione. Il consumo di latte incide di più di una barretta che contiene qualche traccia di lattosio. Ed è chiaro che un formaggio bianco disturbi più delle compresse di aminoacidi che ne sono rivestite. Una volta che abbiamo appurato che la causa fosse quella, Marta ha risolto gran parte dei suoi problemi. Ripeto, niente di troppo insolito. Il giusto percorso da fare per chiunque.