Search

Arriva Baroncini, caro Baldato sarà alter ego di Trentin?

29.08.2023
4 min
Salva

Un campione che va. Un campione che viene. In UAE Team Emirates il bilancio è apparentemente in pareggio, perché se Matteo Trentin saluta la squadra di Mauro Gianetti, vi approda Filippo Baroncini. Un campione di esperienza al posto di un campione giovane.

Non che l’iridato U23 di Leuven 2021 sia arrivato per rimpiazzare il campione europeo 2018, ma certo questa staffetta ha delle suggestioni. E allora con Fabio Baldato, uno dei diesse della UAE, vorremmo capire quanto queste suggestioni possano avere dei risvolti tecnici.

Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Fabio, arriva Baroncini…

Eh – sospira Baldato – Baroncini è un gran bel corridore. L’ho seguito soprattutto durante quel mondiale tra gli under 23 e fu entusiasmante, lo vinse alla grande. Tra i pro’ deve ancora far vedere il suo valore. Sappiamo con certezza che ha grandi qualità e potenzialità enormi. Starà anche a noi fargliele esprimere.

E parte Trentin. Filippo è il suo sostituto? Ci sono delle analogie fra i due?

Matteo ha una cosa che non puoi comprare oltre alle qualità atletiche e fisiche ed è l’esperienza. L’occhio che ha della corsa. Specie nelle corse adatte a lui dove anche Filippo può fare bene, penso alle classiche del Belgio. Matteo ha accumulato questa esperienza negli anni, Baroncini ci può arrivare. Il modo in cui ha vinto il mondiale ha mostrato che sa muoversi.

Che spazi avrà? Abbiamo parlato di classiche indirettamente, ma dovrà aiutare Pogacar?

Mi aspettavo questa domanda! Vedremo… Prima di tutto non sono io che prendo certe decisioni, poi bisognerà vedere tante cose: le intenzioni della squadra, quelle di Tadej, la condizione dei singoli corridori… Certo, mi sento di dire che se Pogacar vuol puntare al Fiandre, per esempio, è chiaro che che anche un Baroncini eventualmente sarebbe chiamato in causa per aiutarlo. Alla fine parliamo di un atleta che, in due Fiandre che ha fatto, uno lo ha vinto e nell’altro ci è andato vicino.

Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
In effetti…

Ma ciò non toglie che Baroncini non possa correre alla Trentin. Essere cioè l’ago della bilancia, un aiuto fondamentale per Tadej. E correre comunque da protagonista.

Che corridore ti aspetti di guidare?

Non lo conosco così bene, lo conoscete più voi! Non posso che rifarmi a quanto visto da quel che ha fatto tra gli under 23. E oltre ad aver vinto e ad andare forte, so che ha aiutato tanto e bene Ayuso nel Giro Under 23. Lo scoprirò nel corso dei mesi, anche dal punto di vista umano.

Trentin e Baroncini per te si somigliano?

Un po’ sì. Col tempo, come detto, Matteo è diventato un punto di riferimento, ma questo paragone va preso con le pinze. Lui è gli occhi del direttore sportivo in corsa. E’ uno di quei corridori che non ha bisogno di fare “uno più uno per dire due”. Lui va direttamente al due. Anche al Renewi Tour nella tappa vinta da Mohoric si è gestito alla grande nel finale. Un corridore così ci mancherà. 

L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
E con Baroncini?

Possiamo costruire delle belle cose. I programmi sono ancora tutti da fare. E’ un corridore che mi stimola, che non vedo l’ora di guidare e spero di riuscire a fare qualcosa di bello con lui.

Per quali corse lo vedi più adatto?

Come detto il Fiandre. Ma anche un’Amstel Gold Race… Tutte quelle corse in Belgio che ormai non sono più solo per velocisti. Ci metterei anche una Gand. Ma perché no, anche una Sanremo. Sarà tutto scoprire, da capire anno per anno, in base alla sua crescita, alla sua condizione. Che poi è il bello e il difficile del nostro mestiere, tanto più in una squadra ricca di campioni come la UAE Emirates.

Due giorni al Fiandre: Pogacar getta la maschera

31.03.2023
5 min
Salva

«Spero e penso che Michele abbia ragione – dice Baldato, riferendosi alle parole di Bartoli sulle chance di Pogacar al Fiandre – pensiamo tutti che dopo sei ore e mezza Tadej possa avere una maggiore resistenza alla fatica rispetto a Van der Poel e Van Aert. Le azioni della settimana scorsa alla E3 Saxo Classic sono state delle prove. Abbiamo capito che il Qwaremont è la salita più adatta a lui, quella in cui li può mettere in difficoltà. Invece quanto all’osservazione di Michele sui tanti scatti della Sanremo

«Ha ragione, anche io che ero a casa l’ho notato. Forse avrebbe potuto voltarsi una volta di più e si sarebbe accorto che Van der Poel stava rientrando a ruota di Van Aert senza fare fatica, ma quando sei lì e sai che hai solo quei 500 metri, tante volte ragionare non è facile. Oggi abbiamo fatto tre ore, due asciutte e una con la pioggia. E’ andata meglio dell’anno scorso quando trovammo la neve. Stiamo bene e abbiamo una bella squadra. Ma del resto non ho mai sentito Tadej Pogacar lamentarsi perché sta male».

Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica
Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica

Due giorni al Fiandre

Le cinque del pomeriggio a Waregem. Nell’hotel del UAE Team Emirates parla Tadej Pogacar, ma cominciare dal direttore sportivo che lo guiderà domenica al Giro delle Fiandre serve per avere il polso della situazione. Fuori piove, per tutto il giorno la temperatura è rimasta intorno ai 10 gradi, ma per domenica danno bel tempo.

Pogacar ha la consueta espressione serena e dalle sue parole traspare il gusto di esserci, che è alla base della passione di ogni professionista che venga quassù a sfidare queste stradette di sassi e fango, ma in lui si concretizza in un sorriso contagioso.

E’ vero che l’altro giorno hai fatto le prove?

Ho voluto capire cosa c’era ancora nelle gambe, sapendo che domenica quello sarà il punto in cui inizierà la fase decisiva della corsa. In più stamattina siamo andati a fare la ricognizione sul percorso ed è stato importante, perché non conosco ancora bene queste strade. Ne avevo bisogno per riprendere il feeling con questi posti. Negli ultimi giorni sono stato a Monaco. Avevo qualche appuntamento e ne ho approfittato per fare un paio di allenamenti duri. Ho cercato anche di recuperare prima di tornare quassù. Sarà importante ricordare i punti chiave, soprattutto quando Van Aert schiererà il suo squadrone e Van der Poel partirà all’attacco.

Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Che cosa rappresenterà il Qwaremont nel tuo Fiandre?

E’ la salita più lunga, quella in cui posso far valere le mie doti, quella con il pavé sino in cima. Il Paterberg invece è troppo corto per le mie caratteristiche. So che arrivare da solo sarà molto difficile, bisognerà trovare il momento giusto. L’anno scorso il mio grosso problema fu lo spreco di energie per recuperare le posizioni, ero sempre indietro. Quest’anno mi sembra di essere migliorato con l’esperienza e soprattutto dopo sei ore ci saranno gambe più stanche e meno stress.

E se non arrivassi da solo?

In un sprint con loro due, dovrei essere contento per la conquista del podio. Preferisco concentrarmi sull’ipotesi di essere il più forte sulle salite, per provare ad arrivare da solo, ma faccio fatica a dire dove si potrebbe provare.

Perché ti piace il Fiandre?

Per l’atmosfera, i tifosi a bordo strada, le strade spettacolari e il percorso interessante per me. Se il Tour è il primo obiettivo di stagione, il Fiandre potrebbe essere il secondo, anche se non mi piace fare classifiche. Diciamo che è uno dei più grandi. Il Belgio mi piace per questa atmosfera speciale…

Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Le statistiche dicono che soltanto Merckx e Bobet hanno vinto Tour e Fiandre.

Non lo sapevo, non conosco la storia del ciclismo e onestamente preferisco vivere il presente e pensare al futuro. Certi calcoli semmai li farò a fine carriera.

La Jumbo-Visma ha dominato in lungo e largo, come siete attrezzati voi?

Abbiamo una bella squadra, con Wellens e Trentin che sono in ottima forma. Probabilmente non si può fare un paragone, ma non credo che sarà facile dominare il Giro delle Fiandre. In ogni squadra c’è almeno un potenziale vincitore e non credo che tutti vorranno stare ad aspettare le mosse di pochi. Questo ciclismo è diventato bellissimo, ogni giorno fuochi d’artificio. Mi piacciono queste corse, vengo a farle perché è molto meglio che guardarle in televisione.

Qualcuno dice che essere più leggero di Van Aert e Van der Poel sia uno svantaggio.

Non sono tanto leggero, in realtà. Sono certamente più pesante di quando corro il Tour, due giorni fa ero a 67 chili. Ma la differenza in salita la fai con la potenza e se hai quella, vai forte a prescindere da quanto pesi.

La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
Quei 16 chilometri dalla fine del Paterberg all’arrivo sono una condanna?

Sono lì per tutti, ma certo non sono pochi. Soprattutto dopo sei ore e mezza di corsa. Confido di avere le gambe migliori dopo una corsa così lunga. Non so se con Van der Poel e Van Aert possa nascere un’alleanza, ma fra i due mi capisco meglio con Mathieu. Non so perché, deve essere un fatto di affinità. Ma da qui a dire che saremo alleati…

Giovani corridori e aspettative: come si lavora?

24.01.2023
7 min
Salva

Nel guardare le varie statistiche sui siti di riferimento ci ha colpito la grande differenza che si trova nei giorni di corsa tra i neoprofessionisti: ragazzi giovani che si affacciano al mondo dei grandi. Così abbiamo voluto indagare tra le varie squadre per capire come gestiscono i loro ragazzi. Tra i team selezionati sono rientrati due professional e due WorldTour. 

Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita
Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita

Per la UAE parla Baldato

La prima persona interrogata su questo delicato tema è Fabio Baldato, diesse della squadra degli Emirati. Tra i ragazzi visti dal veneto spicca il nome di Ayuso, spagnolo classe 2002 che alla prima partecipazione alla Vuelta ha chiuso al terzo posto nella classifica generale. 

«Prima di tutto – inizia Baldato – è tutto molto soggettivo, ci sono giovani che hanno bisogno di un ambientamento più lungo. Altri, invece, vedi che sono già pronti, ma anche in questi casi il lavoro da fare è delicato. Ayuso lo abbiamo “rallentato” cercando di tenere la sua esuberanza a bada. Non è il primo corridore già maturo che mi capita tra le mani, in BMC ho avuto Kung e Dillier che erano già pronti. In questi caso noi diesse dobbiamo essere bravi a valutare, non bisogna mai esagerare, spesso i ragazzi giovani non si pongono limiti. Sono più spavaldi, si vede dall’atteggiamento in corsa. Ti ascoltano fino ad un certo punto, predicare va bene ma poi bisogna mettersi nei loro panni. Sono consapevole del fatto che noi diesse possiamo insegnare qualcosa ma quello che rimane è la “batosta”. Ayuso stesso ad inizio 2022 ne ha prese alcune ed è cresciuto».

«Poi ci sono i corridori normali, uno che abbiamo in UAE è Felix Gross. Lui ha fatto lo stagista nel 2021 con dei buoni dati ma senza cogliere risultati. La scorsa stagione ha avuto più continuità ed ha ottenuto un bel quarto posto in una tappa al Giro di Germania. I corridori così vanno sostenuti, anche mentalmente perché devono capire che la loro crescita deve essere graduale e passa prima da corse minori dove imparano ad essere competitivi».

Lato Intermarché

L’Intermarché Circus Wanty ha un progetto di crescita solido da molti anni, al quale ha affiancato anche la nascita del Development team. Valerio Piva, diesse della squadra belga ci racconta anche che relazione hanno tra di loro le due squadre

«La squadra development ha una struttura a parte – spiega – l’obiettivo è prendere ragazzi giovani e far nascere dei corridori. Lo scambio tra una squadra e l’altra ci sarà, lo stesso Busatto farà qualche gara con noi. Per quanto riguarda il team WorldTour l’obiettivo è diverso, i ragazzi giovani che prendiamo arrivano da team professional o continental. Non crediamo nel “salto di categoria” da junior a professionisti, i ragazzi devono fare uno step intermedio: gli under 23. I ragazzi devono imparare a gestire l’impatto della corsa e le diverse tipologie di allenamento. In un ciclismo che viaggia sempre più rapido è bene ricordare che i margini di errore sono al minimo e si rischia di bruciare l’atleta pretendendo qualcosa che non può fare. I giovani che abbiamo nella squadra WorldTour li inseriamo gradualmente, non li vedrete mai partecipare a corse di primo livello». 

«In questa stagione la squadra ha fatto una rivoluzione – continua Piva – prendendo tanti giovani e perdendo corridori di esperienza come Kristoff. Non è che non credessimo in lui, ma abbiamo preferito un progetto più a lungo termine. Non vinceremo tante corse come lo scorso anno ma è una cosa che abbiamo preventivato, fa parte di quello che è il ricambio generazionale. Gerben Thijssen, è un corridore sul quale nel 2022 abbiamo speso molto in termini di uomini e di occasioni. Ha dimostrato qualcosa di buono e quest’anno è chiamato al salto di qualità, ma è stato tutto graduale. Per il suo bene e quello del team».

La visione delle professional

La Green Project Bardiani è la squadra professional che ha un progetto diverso dalle altre, i giovani vengono presi e diventano subito professionisti. Almeno a livello di contratto, poi però all’interno del team si opera una distinzione, creando praticamente due squadre distinte. Rossato diesse di riferimento per questi ragazzi ci spiega il metodo di lavoro e le sue “criticità”. 

«La prima cosa – racconta dalla Vuelta a San Juan – è cercare di non stressare troppo i ragazzi. Quelli che arrivano dall’ultimo anno di juniores hanno la scuola e per loro deve essere una priorità. L’anno scorso a Pinarello e Pellizzari abbiamo costruito un programma idoneo. A livello di ambientamento per loro è un sogno: avere uno staff dedicato ed essere seguiti in questo modo è una bella cosa. Non dimentichiamo che gli juniores l’anno scorso avevano ancora i rapporti bloccati, una volta con noi abbiamo dovuto insegnargli anche a gestire questa cosa. Si è lavorato anche tanto sull’alimentazione, sul peso e l’allenamento. Dettagli che quando sei professionista fanno la differenza. Dai giovani dell’anno scorso abbiamo ottenuto dei bei risultati. Pellizzari e Pinarello, a fine stagione, hanno corso con i professionisti il Giro di Slovacchia e la Tre Valli. Siamo stati molto contenti della loro risposta».

«Chi arriva da noi che ha già fatto qualche stagione da under 23 fa un programma più intenso. Sempre ponderato alle qualità ed al fatto che sono alla prima esperienza con i professionisti. I corridori che possono correre anche da under fanno calendari misti con diverse esperienze. Marcellusi prima di vincere il Piva ha corso in Turchia e la Milano-Torino, due belle palestre per crescere. Tolio è un altro che ha corso molto tra gli under 23 ed i professionisti, aggiungendo al suo calendario corse importanti come Strade Bianche e Lombardia. Sono corse che un ragazzo giovane può guadagnarsi, sono come un premio che arriva alla fine di un bel percorso di crescita».

Ultima parola alla Eolo

La Eolo Kometa ha nella sua idea di team una visione diversa, con due squadre divise: la professional e la under 23. Stefano Zanatta ha lavorato per tanti anni con i giovani e di cose ne ha viste.

«Le nostre due squadre sono direttamente collegate – apre il discorso Zanatta – vedi da subito i ragazzi giovani e ne segui la crescita. Questo perché una volta che passano in prima squadra hai già un’idea di che corridore ti trovi davanti. Io credo che anche i grandi campioni abbiano bisogno di un anno tra gli under 23. Anche in Liquigas, dove avevamo corridori come Kreuziger e Sagan, abbiamo tenuto la stessa ideologia. Prima almeno un anno di esperienza nella categoria giovanile. I corridori possono anche aver talento ma hanno bisogno di una crescita umana e fisica. Anche i nostri giovani che arrivano dalla squadra under 23 avranno bisogno di adattarsi alle corse. Non vogliamo caricarli di pressioni o aspettative troppo alte».

«Il percorso per i ragazzi che arrivano da noi – continua il diesse della Eolo – è di partire da corse più semplici. Poi si passa a quelle di qualità superiore e si prova a vedere come reagisce un ragazzo nel correre da protagonista. Dalla mia esperienza posso dire che un ragazzo arriva ad avere risultati tra i 24 e i 25 anni. Nibali stesso ha fatto tanta esperienza maturando, successivamente ha ottenuto i risultati che tutti conosciamo. Serve un’attività continua ma equilibrata: una cinquantina di giorni di corsa sono giusti. La cosa migliore è dare ai ragazzi delle pause e farli recuperare, senza creare buchi troppo grandi nel calendario, altrimenti si perde il lavoro fatto. Ora ai giovani è concesso meno sbagliare, non è corretto nei loro confronti perché li si sottopone a pressioni maggiori. Forse devi essere più forte mentalmente per fare il corridore ora».

Cronoscalata a fine Giro: Baldato, come si fa?

20.01.2023
6 min
Salva

La tappa numero venti del Giro d’Italia di quest’anno sarà una cronoscalata, con partenza da Tarvisio ed arrivo in cima al Monte Lussari. Una frazione divisa in due parti: la prima prevede undici chilometri mossi prima di arrivare all’attacco della salita finale, che misura sette chilometri e fa venire il mal di gambe solo leggendo i numeri. Pendenze attorno al 12 per cento di media con i primi cinque chilometri al 15. Fu proprio una tappa simile a stravolgere il Tour de France del 2020 e a regalare a Pogacar la prima delle due maglie gialle conquistate finora. 

Memori di quell’impresa avvenuta sulla salita della Planche des Belles Filles ci siamo fatti raccontare come si prepara e si gestisce una tappa del genere. Soprattutto se la si colloca all’interno di una corsa dura come il Giro d’Italia. 

Il ricordo di Baldato

Fabio Baldato, diesse della UAE Emirates, ci racconta come si approccia ad una corsa del genere e come si gestiscono tutte le varie situazioni che si vengono a creare, o per lo meno, come si cerca di farlo

«Personalmente – racconta Baldato da casa – una situazione abbastanza simile l’ho vissuta sempre al Tour ma nel 2011, quando ero secondo diesse alla BMC. L’ultima tappa di quella Grande Boucle era una cronometro di 42 chilometri con partenza ed arrivo a Grenoble, con due salitelle impegnative. Evans si giocava la maglia gialla con Andy Schleck, nelle tappe precedenti il lussemburghese aveva guadagnato molto in salita. Arrivarono all’ultima tappa con un distacco di un minuto e mezzo in favore di Schleck, Evans nella cronometro gli rifilò tre minuti e vinse il Tour».

Baldato inizierà la stagione in ammiraglia dal Saudi Tour
Baldato inizierà la stagione in ammiraglia dal Saudi Tour

E’ tutto un equilibrio

Nel ciclismo ogni secondo conta ed ogni goccia di energia risparmiata può essere utile. Ma quando si corre in un Grande Giro è sempre difficile calcolare tutto: capire quando attaccare oppure risparmiare qualcosa in vista di un momento migliore. 

«Durante una corsa a tappe come il Giro – continua il diesse della UAE – è molto difficile andare al risparmio, devi calibrare sempre il modo di correre ma non puoi gettare al vento certe occasioni. E’ tutto un carpe diem. Pensate alla Bora al Giro d’Italia dello scorso anno, nella tappa di Torino fece saltare il banco, o comunque iniziò a minare le certezze degli avversari. Tolsero di mezzo molti avversari e tante formazioni che avevano due o tre punte si trovarono con un solo uomo, gestire la situazione in questi casi è più semplice».

20ª tappa: crono Tarvisio-Monte Lussari: km 18,6
20ª tappa: crono Tarvisio-Monte Lussari: km 18,6

La cronoscalata

La tappa numero venti del prossimo Giro d’Italia sarà una grande occasione per ribaltare la classifica. Ma come si prepara? Dove si possono andare a limare i secondi necessari?

«Queste – racconta Baldato – sono cronometro particolari, che bisogna provare e preparare al meglio. Molte squadre sono andate a vedere la salita. Sarà sicuramente previsto un cambio di bici perché prima c’è tanta pianura dove i passisti possono spingere molto. Un dettaglio da non sottovalutare, e nel quale fu molto bravo Pogacar al Tour del 2020, è il cambio di bici. In breve tempo si modifica la posizione in sella e bisogna tornare a spingere al massimo. Uno dei motivi che hanno contribuito al crollo di Roglic potrebbe essere proprio questo. Sembra una sciocchezza, ma è un dettaglio da curare ed allenare, in preparazione al Giro ci saranno un paio di giornate dedicate a questo. Dovete considerare che un corridore arriva dal tratto in pianura già alla massima capacità aerobica e quando sali sulla bici da strada rischi di sentirti imballato e di faticare a riprendere quell’intensità di sforzo».

La costanza di Almeida potrà essere una qualità su cui puntare durante la cronometro da Tarvisio alla cima del Monte Lussari
La costanza di Almeida potrà essere una qualità su cui puntare durante la cronometro da Tarvisio alla cima del Monte Lussari

Lo studio dei file

Abbiamo capito che per una tappa del genere bisogna prepararsi atleticamente e fisicamente, ma non bisogna escludere gli aspetti mentali. Quanto conta provare la salita in questione, avere dimestichezza con le curve e le pendenze?

«E’ importante ma non fondamentale – dice sicuro Baldato – con la tecnologia è facile replicare sui computerini tutti i dati e studiare la salita dai dispositivi elettronici. La cima del Monte Lussari ora è sommersa di neve e fino a marzo rischia di rimanere così. La finestra per provare una salita del genere è ad aprile. Tuttavia penso che non sia importante conoscerla, la differenza la si fa solamente se è una salita che affronti tutto l’anno, anche in allenamento, allora sì che le cose possono cambiare. 

Per Baldato anche Evenepoel potrà essere uno da temere, grande cronoman ed un “martello” in salita
Per Baldato anche Evenepoel potrà essere uno da temere, grande cronoman ed un “martello” in salita

La preparazione

La solitudine su una salita del genere in una cronoscalata rischia di essere un fattore chiave. Ogni corridore reagisce in maniera differente a questa situazione e non è facile cambiare le proprie caratteristiche, anzi…

«Dal nostro punto di vista siamo contenti – spiega il diesse guardando allo rosa del team che farà il Giro – Almeida è un corridore che fa della costanza la sua qualità e in questo caso potrà davvero tornargli utile. L’anno scorso sul Blockhaus si era staccato quasi subito ma ha mantenuto il suo passo tornando sui primi e arrivando quinto. Joao preferisce un ritmo costante e questo gli dà qualcosa in più, perché quando sei da solo devi avere la forza mentale di spingere sempre allo stesso modo metro dopo metro. Devi essere metodico, ti metti sui tuoi watt, trovi la giusta cadenza e vai. Questa cosa si può allenare in vista del Giro: watt costanti e cadenza alta anche quando la strada spiana. Almeida è in grado di tenere una soglia della fatica altissima e per tanto tempo, ed in più la parte pianeggiante si addice a corridori come lui. Anche Evenepoel sarà uno dei favoriti della tappa. Gli scalatori puri potrebbero perdere qualcosa in pianura ma recuperare in salita. E’ uno scenario molto aperto, ma una grande differenza la farà il cambio bici, ne sono sicuro».

Sulla via di Compiegne, fra adrenalina e ricordi con Baldato

13.04.2022
5 min
Salva

Una volta all’anno, quella piazza ha qualcosa di magico. I ciottoli, il castello di Compiegne ricostruito da Napoleone dopo la Rivoluzione, ma soprattutto le ammiraglie, le bici e le gambe canforate che progressivamente si dirigono alla riga di partenza per Roubaix. In 18 anni da professionista, Fabio Baldato ha corso all’Inferno per 12 volte. E la prima volta, nel 1994, si piazzò al secondo posto (foto di apertura). Lui sa bene che cosa significhi schierarsi al via della classica del pavé e da qualche anno lo ha scoperto anche come direttore sportivo.

Dopo l’Amstel, il vicentino del UAE Team Emirates è tornato a casa e oggi seguirà la Freccia del Brabante dal divano, tifando per Trentin. E domani tornerà su, destinazione appunto Compiegne, per guidare la squadra nella sfida del pavé.

La piazza di Compiegne e dietro il Castello: così era nel 2021 il via della Roubaix
La piazza di Compiegne e dietro il Castello: così era nel 2021 il via della Roubaix
Che cosa si prova la mattina della corsa, da corridore, in quella piazza così magica?

Sensazioni forti. I primi anni, soprattutto dopo quel secondo posto, ero emozionato, teso. Avevo paura di sbagliare, di non beccare l’attimo giusto. Negli ultimi anni in proporzione l’ho vissuta con meno stress. Ho fatto le ultime due in appoggio di Ballan e sono finito ugualmente al decimo posto. L’esperienza aiuta. Quando sei giovane ed esuberante, ti finisci già nei primi tratti di pavé. Poi capisci che è meglio restare nascosti nella prima parte del gruppo e dare tutto negli ultimi 60 chilometri.

Quando si va al via della Roubaix, tecnicamente è già tutto deciso?

Quando correvo, le previsioni meteo non erano così precise o comunque non vi avevamo accesso. Si guardava la tivù e si sfogliavano i giornali. La mattina si apriva la finestra e si guardava il cielo, poi ci si bagnava il dito per capire da che parte soffiasse il vento. E all’ultimo si decideva che gomme mettere, ma erano sempre tubolari gonfiati a 6 davanti e 7,5 dietro.

Mentre oggi?

Oggi si fa l’ultimo test al venerdì e la scelta finale sulla scelta delle gomme si lascia al corridore, ma due giorni prima della corsa. Si guarda il decimo di atmosfera, in base al peso. Ho letto di questa novità di poter regolare la pressione in corsa. Può esserci il vantaggio di partire più gonfi per i primi chilometri sull’asfalto, poi calare per il pavé. Oppure la possibilità di intervenire se iniziasse a piovere.

Altre bici…

Ricordo che per un paio di stagioni RockShox portò dentro la forcella ammortizzata, apri e chiudi. La usai quando feci secondo. Poi finalmente è arrivato il carbonio, per telaio, forcella e soprattutto le ruote. Perché fossero più resistenti, i meccanici una volta saldavano i raggi fra loro. Le ruote in effetti non si rompevano, ma noi rimbalzavamo sulle pietre. Aggiungiamo la scoperta che la sezione più larga dei pneumatici non incide sul rotolamento e si capisce come siano più confortevoli le bici di oggi. Sono uscito qualche volta coi ragazzi sulle loro bici e non c’è paragone. Ricordate quando si puntò sull’alluminio? Bella trovata commerciale, leggero e più economico, ma vibrava e sbatteva in modo impressionante. La prima Roubaix con il carbonio la feci nel 2004 con la De Rosa della Alessio dopo 12-13 anni di carriera e fu scoprire un altro mondo.

Nella prima Roubaix del 1994, sulla Bianchi di Baldato (Mg Technogym) fu montata una forcella Rock Shox
Nella prima Roubaix del 1994, sulla Bianchi di Baldato (Mg Technogym) fu montata una forcella Rock Shox
Lo stress da direttore?

Le prime volte fu come tornare alle Roubaix degli inizi, con anche più stress di quando ero corridore. Anno dopo anno invece, con la consapevolezza è arrivato un maggior controllo. Quando abbiamo vinto la Roubaix del 2017 con Van Avermaet, ero in ammiraglia con Valerio Piva e l’abbiamo vissuta ogni metro. L’anno scorso fu esaltante con pioggia e fango, anche se con Kristoff ci fu qualche inconveniente meccanico. Se hai un corridore da top 10, la tensione in ammiraglia è altissima. Stai attento a ogni parola che ti arriva dalla radio, perché spesso sei lontano dal corridore.

Perciò venerdì si farà il sopralluogo?

Faremo gli ultimi 60 chilometri, da Orchies. Servirà per decidere le ultime cose e capire cosa ci aspetta domenica. Per chi non l’ha mai corsa, come Molano, sarà il modo di rendersi conto un po’ meglio. Io spero in Matteo (Trentin, ndr).

Trentin sarà la punta del UAE Team Emirates alla Roubaix. Esce da un periodo nero e sta crescendo
Trentin sarà la punta del UAE Team Emirates alla Roubaix. Esce da un periodo nero e sta crescendo
Come sta?

E’ in crescendo. All’Amstel gli è mancata la gamba sullo strappo più duro. Fa la Roubaix convinto e lo sapete che non è la sua corsa preferita, perché gli è sempre sfuggita dalle mani. Dopo la caduta della Parigi-Nizza e la bronchite, continuo a dirgli che la condizione arriverà proprio domenica alla Roubaix. Lui sa cosa fare, a volte sembra quasi inutile dargli consigli e allora mi diverto a punzecchiarlo. Sa che è l’ultima corsa buona di primavera. Se ci arriva con la testa giusta e la gamba fa il suo dovere, magari viene fuori qualcosa di buono. Già oggi secondo me andrà forte nel Brabante

Più tosti della neve. In UAE Emirates già mordono

01.04.2022
5 min
Salva

«Come da programma, stamattina i ragazzi sono usciti in bici. E sì che io gli ho detto di partire un po’ più tardi, tanto più che il meteo era dato in miglioramento. Ma loro non ne hanno voluto sapere nonostante la neve. “Restiamo col programma originale”, mi hanno detto. E quando è così, capisci quanto sono motivati».

Spunta un pizzico d’orgoglio sul volto di Fabio Baldato quando gli abbiamo fatto notare che molti team hanno preferito restare al coperto sui rulli.

Il Giro delle Fiandre si apre ufficialmente 48 ore prima del via con le ricognizioni sul percorso. Un percorso insolitamente imbiancato. Qui in Belgio fa un freddo cane. Al mattino è anche nevicato. Ma i ragazzi della UAE Emirates non si sono tirati indietro.

Così si presentavano i muri fiamminghi questa mattina… La neve ha imbiancato le Fiandre
Così si presentavano i muri fiamminghi questa mattina… La neve ha imbiancato le Fiandre

Nuova sfida

In un moderno hotel di Waregem, Matteo Trentin, Fabio Baldato e Tadej Pogacar si concedono ai giornalisti, mentre fuori i meccanici ripuliscono le bici al freddo. E ogni tanto cade ancora qualche fiocco di neve, ma non attacca.

La prima cosa che ci viene in mente, ripensando alla ricognizione del mattino, tra l’altro fatta spingendo anche abbastanza, è che Pogacar oltre che un fuoriclasse è anche un gran lavoratore. E’ un corridore che si mette in gioco, che guarda avanti e ragiona a lungo termine.

Ci sono delle similitudini tra il sopralluogo di oggi e la crono iridata, sempre qui in Belgio. Era una crono piatta, sapeva che non avrebbe vinto contro specialisti quali Ganna, Kung o Van Aert, ma dopo Tour e Olimpiadi ha voluto partecipare lo stesso. Perché? Per essere preparato anche alle maxi crono pianeggianti, qualora un giorno gliene fosse toccata una in un grande Giro.

Oggi lo sloveno si è infilato i guanti (Trentin neanche quelli. Ha detto anche che non era poi così freddo), la maglia pesante e si è buttato sui muri e sotto la neve. Non ci ha pensato due volte. C’era una “lezione all’università” e lui non se l’è voluta perdere. E c’era anche il professore…

«Mi metto in gioco – ha detto Tadej in conferenza stampa -. Per me il Fiandre è una nuova sfida, vediamo cosa succederà. So di non avere esperienza, ma ci proviamo.

«Vincere? Ci sono tanti che possono vincere. Io proverò a dare il massimo, sapendo che potrebbe non bastare perché ci sono i muri, il pavé e non sai mai cosa ti potrebbe capitare in una corsa così. Le prime sensazioni sono state buone. E’ bello pedalare qui, ma la gara è un altra cosa. Per fortuna che con me c’è Matteo».

Capitano in gruppo

Trentin è seduto al suo fianco. Il trentino ha il taping sul collo. Si porta dietro ancora i segni della gran botta presa nella caduta alla Parigi-Nizza. 

«Ho ancora dolori a queste fasce muscolari – mentre le indica passandocisi un braccio – e la bici di certo non è la miglior medicina visto che col collo sei sempre teso in avanti. Però ogni giorno miglioro un po’.

«Come vedo Tadej? Bene, questo ragazzo dove lo metti sta! Non ha troppa esperienza ed è vero: alla Dwars door Vlaanderen più di qualche volta è stato costretto a risalire. Sicuramente sprecherà un po’ di più degli altri. Fosse rimasto dietro in una cote della Liegi non avrebbe avuto problemi a risalire. Qui invece, anche se hai la gamba, non è detto che tu possa riuscirci. E poi è bello che un corridore del suo calibro si metta in gioco in questo genere di corse. E’ un vero bene per il ciclismo».

«La Jumbo Visma è la più forte –  ha aggiunto poi Trentin – con o senza Van Aert (che ufficialmente ancora non ha alzato bandiera bianca, ndr). Hanno Benoot e altri che possono fare bene. E poi c’è la Alpecin con Van der Poel…».

In primo piano le bici appena lavate di Trentin e Pogacar, entrambi hanno provato con ruote da 45 mm
In primo piano le bici appena lavate di Trentin e Pogacar, entrambi hanno provato con ruote da 45 mm

Corsa più aperta?

Alla vittoria, ancora una volta, ci credono eccome in casa UAE Emirates. Ci crede Baldato che vede nei suoi ragazzi quella grande determinazione di cui dicevamo all’inizio. 

«Noi partiamo sempre per vincere. Tadej può farcela. E’ un campione. Ho la fortuna di avere in squadra Matteo Trentin, che è un vero direttore in corsa. Vediamo di guidarlo bene con lui. Matteo stesso sta migliorando e anche oggi ho visto che ha fatto un piccolo step».

Il ruolo di Trentin resta cruciale in UAE Emirates e Baldato lo sa bene. Non sembra pretattica. Semmai si sarebbe dovuto fare il contrario per sgravare Pogacar che ha già tante pressioni di suo.

«La corsa forse senza Van Aert sarebbe un po’ più aperta – ha aggiunto in un secondo momento Baldato – io spero che i miei ragazzi siano davanti quando il gruppo si assottiglierà, quando resteranno in 30 e magari possano cogliere il momento buono. La Jumbo-Visma resta la squadra più forte. Benoot forse ha qualcosa in più di Laporte, ma Laporte è più veloce in caso di arrivo ristretto».

Il diesse, che al Fiandre fu due volte secondo (1996, 1995) però sembra molto più concentrato sui suoi. Il Fiandre con Pogacar leader è una sfida nuova anche per lui.

«Sono orgoglioso di guidare questi ragazzi. Ragazzi che hanno voglia e mentalità vincente… come uscire sotto la neve».

Almeida è già sulle strade del Giro. Vero Baldato?

18.01.2022
5 min
Salva

«Il Giro d’Italia sarà il mio obiettivo principale», ha detto Joao Almeida. Notizia che in qualche modo con Fabio Baldato, diesse del UAE Team Emirates, avevamo anticipato in autunno, quando il passaggio del portoghese nello squadrone di Gianetti divenne di dominio pubblico.

Il talento dell’Estremadura è sempre più uno sportivo di riferimento nel suo Paese. E’ uomo immagine per Hyundai. E’ seguitissimo dai media sportivi e persino un tour operator lusitano ha rilanciato il nome di Almeida sui social. La foto in apertura infatti è di Our Colorful Travel Life, che sottolinea la grandezza del Portogallo anche attraverso la scritta di un connazionale sulle strade delle Dolomiti, quelle di San Vito di Cadore per la precisione.

Strade che il prossimo maggio chiamano Almeida ad un appuntamento importante. Forse il più importante della sua carriera sin qui.

Joao Almeida, classe 1998, ha firmato un contratto con la UAE fino al 2026 (Photo Fizza)
Joao Almeida, classe 1998, ha firmato un contratto con la UAE fino al 2026 (Photo Fizza)

Parola a Joao…

Noi ne parliamo con Baldato, ma per entrare meglio nel discorso, ecco prima le dichiarazioni del diretto interessato.

«Gare e preparazione – ha detto Almeida – saranno incentrate sulla corsa rosa. Spero di essere nella mia forma migliore in quel periodo. Il piano di allenamento è diverso da quello a cui ero abituato alla Deceuninck-QuickStep. Finora è stato davvero buono. Ne abbiamo discusso, mi trovo bene. Vedremo come reagirò».

La squadra crede talmente in lui, che Joao non sarà chiamato alla causa Tour. «La UAE ha mostrato molta fiducia in me», ha detto Almeida.

Quindi mente libera. Solo il Giro nella testa. E non il Giro pensando anche alla Grande Boucle. Il team degli Emirati vuole anche la maglia rosa. Semmai Joao andrà alla Vuelta e lì sì che potrebbe aiutare Pogacar. Insomma il portoghese è un leader vero, non a metà.

Fabio Baldato è diesse alla UAE da due stagioni
Fabio Baldato è diesse alla UAE da due stagioni

E ora parla Baldato

Fabio, adesso è ufficiale: Almeida sarà il vostro leader al Giro. Sarà affidato a te, visto che punterà alla corsa rosa e in Italia ci sarai tu in ammiraglia?

Diciamo di sì. Almeida è stato affidato a me, anche se poi lo dirigerò proprio a partire dal Giro. Ma alla fine siamo una squadra. Io sarò un po’ il suo supervisore. Per il momento sarà a stretto contatto con il preparatore (Inigo San Millan, ndr) e io a mia volta sarò in contatto diretto con lui.

Com’è andato questo ritiro? Come lo hai visto lavorare?

Da quello che ho visto ho potuto ammirare un ragazzo molto serio, preciso, che segue il programma dell’allenatore alla lettera. Matxin gli ha dato un calendario di gare che lo ha soddisfatto molto. A prescindere dal Giro, per lui ci sono delle corse di avvicinamento molto importanti (tra cui Catalunya e Parigi-Nizza, ndr).

Almeida è un ottimo corridore, ma non sembra avere quello sguardo “cattivo”: è solo un’apparenza, nel senso che poi graffia, o è proprio così?

Da quello che ho visto in questi giorni di allenamento è difficile dirlo, però io ricordo il suo sguardo del Polonia e del Giro di Lussemburgo e lì sì che aveva lo sguardo cattivo, gli occhi della tigre. L’ho visto molto determinato. Ricordo che in Polonia ha battuto proprio un nostro atleta, Ulissi, su un arrivo che era particolarmente adatto a Diego. Joao quando sta bene, va… E va per vincere!

In Portogallo Joao è molto noto, eccolo nello spot Hyundai (foto Instagram)
In Portogallo Joao è molto noto, eccolo nello spot Hyundai (foto Instagram)
Insomma la grinta non gli manca…

Ero su un’altra ammiraglia, ma ricordo il Giro d’Italia 2020 quando fu per 15 giorni in maglia rosa. Tutto sommato tenne. Non crollò. Ed è venuto fuori nella terza settimana anche nello scorso Giro. Questa cosa della grinta semmai dovreste chiederla al “Brama”! Lo farò anch’io (ride Baldato, ndr)!

Passando da un preparatore ad un altro, ha cambiato molto Almeida?

Di questo aspetto non ho parlato personalmente con lui, ma mi hanno detto che è molto soddisfatto del lavoro con Inigo. E’ stata pianificata l’altura prima dell’UAE Tour e un secondo ritiro in quota avverrà prima del Giro. Io lo vedo ben concentrato.

Insomma fate seriamente per il Giro d’Italia, Almeida non è un gregario aggiunto…

La scelta di venire a correre qua è stata fatta proprio per avere un leader al Giro. Joao ha dimostrato che è da podio. Certo, quest’anno con solo 26 chilometri a cronometro non è il massimo, visto che lui lì riesce a fare la differenza. Immagino che qualche scalatore potrà metterlo un po’ più in difficoltà, ma viene da due Giri fatti bene. E poi è anche vero che questo Giro magari ti consente di attaccare dove non ci si aspetta.

Diego Ulissi, Joao Almeida, Patrik Konrad, Monselice, Giro d'Italia 2020
Non solo in Lussemburgo l’anno scorso, già al Giro 2020 Ulissi e Almeida (in rosa) si erano scontrati su arrivi nervosi
Diego Ulissi, Joao Almeida, Patrik Konrad, Monselice, Giro d'Italia 2020
Non solo in Lussemburgo l’anno scorso, già al Giro 2020 Ulissi e Almeida (in rosa) si erano scontrati su arrivi nervosi
E infatti proprio questo ti avremmo chiesto. Joao può attaccare su arrivi nervosi. Anche se lui ha detto che nel 2020 forse aveva esagerato e quelle sue fiammate erano state dei piccoli errori. Però su certi arrivi potrebbe guadagnare secondi e fare un po’ il “Purito” della situazione?

Sì, su certi arrivi può guadagnare. Ci sono arrivi esplosivi. Io per esempio penso alla tappa di Lavarone. Quella è una salita che spesso viene sottovalutata e lì chi ha esplosività nel finale può fare la differenza… E poi la tappa che viene prima non è durissima. Io sono convinto che strada facendo le occasioni possano esserci, dobbiamo essere bravi noi a coglierle.

Fabio, cosa ti ha colpito dunque di questo corridore?

La sua posizione in bici, specie quella da crono. Era la migliore del gruppo. Aerodinamicamente è perfetto e questo gli dà un bel vantaggio. Per il resto ho trovato un ragazzo tranquillo, sorridente, che si presenta bene. Matxin lo conosce da anni. Sa bene chi è Joao sin da quando era uno juniores. E’ finito alla Quick Step perché Matxin stesso all’epoca era ancora in quel gruppo, ma appena ha potuto l’ha portato da noi.

Alla UAE che Almeida vedremo? Joao verso la svolta

18.10.2021
5 min
Salva

Un rinforzo o un’altra carta da giocare? Joao Almeida alla UAE non è un passaggio di casacca qualunque. Il portoghese ha un grande potenziale e nella squadra di Gianetti potrebbe trovare una nuova dimensione. In UAE si continua a crescere. Il team negli ultimi due anni si è rinforzato moltissimo attorno al leader sloveno.

E anche per questo bisognerà vedere il ruolo che avrà. Pogacar chiaramente è intoccabile, il faro è lui. Almeida sarà il gregario di (super) lusso? O potrà fare di più? Avrà il suo spazio? Noi crediamo che se la UAE vuol diventare il primo team WorldTour necessiti anche di una seconda punta per i grandi Giri.

Dell’arrivo di Joao ne parliamo con Fabio Baldato, uno dei diesse del team asiatico. Almeida è un corridore della nuova generazione che può andare forte sia nelle classiche, che nelle corse a tappe.

Baldato è approdato alla UAE lo scorso inverno…
Baldato è approdato alla UAE lo scorso inverno…
Fabio, tra i protagonisti del Giro di un anno fa, quello del 2020, Almeida è l’unico ad essersi riconfermato…

Esatto, Joao non è stato una meteora. Ha avuto qualche alto e basso, come un po’ tutti i corridori. Ma è stato autore di un grande finale di stagione quest’anno. Ha vinto il Polonia, ha vinto il Lussemburgo è stato protagonista nella classiche italiane.

Alla fine in questa stagione questo ragazzo ha sbagliato veramente una tappa: quella di Sestola. Perché poi a Montalcino lo ha fermato l’ammiraglia…

Verissimo. Ed è rimasto motivato per tutto l’anno. In più è un corridore veloce. Se arrivano in trenta, trenta di classifica, li batte anche. Per me può vincere e può aspirare ai grandi Giri.

Ecco, i grandi Giri: che ruolo avrà con voi Almeida?

Beh, questa è una domanda che andrebbe posta a Maxtin o a Gianetti. Io sono un diesse ed eseguo i programmi. Posso esprimere al massimo un mio pensiero. Potrei aspettarmelo protagonista al Giro d’Italia e dare una mano al Tour. Ma questa opzione abbiamo visto quest’anno che non è poi così facile da mettere in atto (il riferimento è a Formolo, ndr). A cercare di fare classifica al Giro e dare appoggio al Tour si rischia di non fare bene né l’una, né l’altra cosa. Potrà ambire ai grandi Giri. A partire dal Giro o dalla Vuelta, non so… Joao al top delle classifiche mondiali può starci anche con le grandi classiche. 

Al Giro 2021, Almeida ha perso quasi tutto il terreno nella tappa di Sestola e in quella dello sterrato (in foto) aspettando Evenepoel
Al Giro 2021, Almeida ha perso quasi tutto il terreno nella tappa di Sestola e in quella dello sterrato (in foto) aspettando Evenepoel
La presenza di un corridore importante come Almeida, può aiutare anche Pogacar che non sente così tutto il peso della squadra sulle spalle? Ammesso che Tadej avverta questa pressione…

Bisogna vedere i programmi. Ma pensando a voce alta dico che in classiche come Liegi e Lombardia potresti ritrovarteli insieme in squadra. E se invece uno dei due dovesse restare a casa può stare più tranquillo. Tecnicamente per me sono compatibili.

Almeida ha ancora dei margini di miglioramento?

Per me sì, specie per le salite lunghe. Come ho detto, è veloce, va forte in salita e a crono, ma deve crescere quando gli si presentano 2-3 tappe di alta montagna di fila. Ma questo è un qualcosa che può arrivare anche con il tempo e la maturità. Non tutti sono Pogacar. E sappiamo che la maturità, almeno fino a qualche anno fa, arriva attorno ai 27-28 anni e lui è in tabella con i comuni mortali!

E sul piano tecnico, cosa può dargli la UAE?

Joao viene da una squadra, la Deceuninck, in cui ha lavorato bene sulla posizione in bici, gli allenamenti, l’alimentazione… Certo però che c’è sempre qualcosa da limare. Ma io credo che questo limare possa avvenire con l’esperienza che accumuli nel corso della tua carriera. Saper imparare dai propri errori è importante.

Il portoghese protagonista nelle classiche italiane di fine stagione. Eccolo al Giro dell’Emilia, secondo alle spalle di Roglic
Il portoghese protagonista nelle classiche italiane di fine stagione. Eccolo al Giro dell’Emilia, secondo alle spalle di Roglic
E lui ne ha fatti di errori secondo te?

Per me è un po’ troppo generoso, specie nel modo di correre i grandi Giri. Io, che ero più da classiche avevo un po’ la sua visione. Ma ricordo che stando vicino a Cadel Evans ho visto davvero come si doveva affrontare un grande Giro in ottica classifica. Evans centellinava ogni spilla di energia. Oggi guardava al giorno dopo e al giorno dopo ancora. Tatticamente va domato. Però io penso che il suo attaccare sia anche una dote e l’istinto del corridore lo devi lasciare sfogare. Tante volte le cose belle nascono da lì.

Almeida sembra un “buono”, secondo te ha fame?

Mi auguro di sì! Ma da come l’ho visto nel finale di stagione dico che ne ha. Pensiamoci bene: ha firmato un contratto con un’altra squadra in estate, poteva anche rischiare di meno, risparmiare qualcosa e invece ha continuato a dare il massimo e per di più davanti ai nostri, suoi futuri compagni. Ma è giusto che sia così. Joao è pagato dalla Deceuninck ed è stato un professionista fino alla fine.

E questo cambio gli dà stimoli? Tu che hai corso quando cambiavi team ne avevi di più?

Bella domanda. In effetti gli inverni migliori li ho fatti quando cambiavo squadra. Arrivi in un ambiente nuovo e vuoi presentarti nel migliore dei modi. L’ultimo inverno che feci passando alla Lampre, a 39 anni, credo sia stato l’inverno più ligio che abbia fatto. Per me, dunque, era un grande stimolo e spero lo sia anche per Joao. 

Scusa Baldato, che squadra avrà Trentin al Fiandre?

31.03.2021
5 min
Salva

Baldato ha in mano il pacco di carte, numeri, elenco iscritti e tutto quello che ti danno alla riunione dei direttori sportivi prima della corsa: la Dwars door Vlaanderen in questo caso, che partirà domattina (oggi per chi legge) da Roeselare, a due passi da Waregem. E’ incredibile come quassù ogni paese rimandi a una corsa, sia su strada sia di cross. Finalmente il sole ha scaldato l’aria gelida dei giorni scorsi.

Hai la barba bianca.

Sto diventando vecchio. Ma per fortuna c’è sopra la mascherina e non si vede.

Classe 1968, la stessa età: si scherza più volentieri. E certo Fabio di strada ne ha fatta da quando quassù era uno degli attori protagonisti, con 2 vittorie a De Panne, 2 secondi posti al Fiandre e uno a Roubaix. Oggi guida Trentin alla Uae Team Emirates e proprio per questo parliamo con lui. Per rileggere le ultime corse e capire il ruolo della squadra, nel momento in cui s’è capito che proprio la squadra ha permesso alla Deceuninck-Quick Step di tenere a bada Van Aert e Van der Poel ad Harelbeke e l’uomo in più ha spianato per Van Aert la via di Wevelgem.

Come va la squadra?

Abbiamo perso Gaviria per la frattura dello scafoide (dice alzando gli occhi al cielo, ndr) proprio quando speravamo che cominciasse a dare qualche segnale. Ne abbiamo avuti alcuni con la dissenteria, ma per fortuna la panchina è lunga e siamo riusciti ad esserci in ogni caso. L’importante è che stia bene Matteo. Ad Harelbeke è stato sfortunato a bucare e bravo a rientrare, ma a quel punto la gamba era finita. Due giorni dopo uno sforzo così, è andato forte alla Gand e questo è molto positivo.

Bjerg è giovane, ma sul pavé si muove molto bene. Rientra per il Fiandre
Bjerg è giovane, ma sul pavé si muove molto bene
Gli altri attorno forse sono un po’ inesperti?

Devono imparare a correre, perché sono giovani. I fratelli Oliveira vengono dalla pista, sono giovani e sanno muoversi nel gruppo. Bjerg è forte, ma ha avuto un po’ di dissenteria e torna per il Fiandre. Anche Bystrom è stato male dopo la Sanremo, quasi girasse un virus intestinale. La speranza per domenica è di averne un paio per la seconda metà di gara.

La Deceuninck insegna.

La Deceuninck ha il collettivo, ma non ha il più forte, quello che risolve la corsa

Hanno Alaphilippe…

Sui muri avrà più dimestichezza che col vento e andrà forte.

Quanto è stata dura la Gand?

Bella tosta, da metterci subito la faccia. Col vento che c’era, il primo che si fosse mosso sarebbe arrivato in fondo. E anzi, pensavo che proprio la Deceuninck avrebbe cominciato prima, già al chilometro 55. Invece forse per tutelare Bennett sono rimasti fermi. Ci sono stati 10 chilometri di gruppo in fila e al 65 si è rotto tutto, con la Bike Exchange che ha fatto la selezione. Stanno bene anche gli altri italiani, si va verso un bel Fiandre.

A Gand nessuno dei nostri ha avuto l’intuizione di partire lungo e Van Aert ha vinto più facilmente
A Gand nessuno dei nostri ha avuto l’intuizione di partire lungo
Parli come se la Dwars door Vlaanderen fosse un passaggio di poco conto…

Non sarà una passeggiata, dà 300 punti WorldTour e non è da buttare via, ma è chiaro che si dia un occhio di più al Fiandre. Il percorso è tecnico, ci sono 4-5 muri dove la corsa può diventare dura, ma se le squadre dei velocisti vogliono tenerla chiusa, si può arrivare in volata con 60 corridori. Ed essendo tornato Viviani, più Demare, Nizzolo e Ackermann, c’è da pensare che potrebbe andare così. Con il solito Van der Poel che farà il polverone sui muri per anticiparli.

Come commenti da corridore la volata della Gand?

Mi ha detto Matteo (Trentin, ndr) di essere rimasto sorpreso dell’accelerazione di Kung e Van Aert. Col vento a favore, io sarei partito lungo. In quelle condizioni, il primo che parte guadagna una bicicletta e poi rimontarlo non è semplice. Per come erano messi e per il fatto che sarebbe stata una volata veloce, davo per favorito Nizzolo. Invece con Van Hooydonck davanti, hanno avuto paura di provare. Non è che abbia fatto chissà quale andatura, ma è bastata. Pensavo che anche Kung avrebbe provato prima. Diciamo che forse la deviazione nel finale ha tolto un po’ di riferimenti (durante la corsa è stato comunicato che a causa di un incendio, il percorso avrebbe subito una variazione, ndr). In radio ci avevano detto che saremmo rientrati sul percorso ai meno 3,5, invece non era come l’hanno spiegata.

E Baldato come sta alla Uae?

Sto bene, sono contento, mi hanno offerto un’ottima opportunità. Un bel clima, anche col personale. Ho ritrovato Peiper con cui avevo lavorato alla Bmc. Ci sono parecchi giovani, sono contento della scelta. Farò il Giro con Marzano, Matxin e Mori. E soprattutto, dopo 10 anni di inglese, si parla di nuovo italiano…