Baldato nella Foresta con un ospite speciale

12.02.2025
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Agile e potente. Capace di saltellare su sassi ancora infangati come se non avesse fatto altro per tutta la sua vita. Rilassato e sicuro. A forza di vederlo sfrecciare sul pavé nei video su Instagram, la curiosità di sapere come sia andato il viaggio al Nord di Tadej Pogacar è diventata irrefrenabile. Ed è per questo che abbiamo suonato alla porta di Fabio Baldato, che da esperto guerriero del Nord non si è perso un solo gesto del campione del mondo. E come al solito non ha potuto fare altro che ammettere il suo stupore.

Lo stesso dei tifosi, ignari di tutto, che se lo sono visto uscire dalla Foresta di Arenberg e indossare in tutta fretta il giubbino iridato per farsi una foto ricordo. Altrimenti per questa scorribanda sul pavé del Fiandre e della Roubaix, lo sloveno aveva puntato su un look all-black, anche per passare inosservato.

«Sta a noi essere bravi e proteggerlo – sorride Baldato – perché lui si fermerebbe con tutti. Non si nega a nessuno e non se la tira per niente. Si ferma per strada con il ragazzino che gli chiede di fare il selfie, l’autografo o di firmare la borraccia. E’ successo così all’uscita dell’Arenberg, come pure davanti all’hotel o sul percorso del Fiandre».

Sui muri del Fiandre, testando i nuovi materiali, per ricreare le condizioni del 2023
Sui muri del Fiandre, testando i nuovi materiali, per ricreare le condizioni del 2023

Il volo di andata il venerdì sera, il ritorno di domenica sera. Wellens e Pogacar da Nizza, Baldato da Venezia. E in mezzo il personale con i mezzi. Era una trasferta programmata da tempo, soprattutto per testare i nuovi materiali. Pogacar non corre il Fiandre dal 2023 (quando lo vinse) e voleva recuperare il tempo perso.

Quando è nato il progetto?

Lo avevamo pensato a dicembre. Saremmo dovuti andare in quattro, ma all’ultimo momento Morgado ha dovuto fare un piccolo intervento a una ciste, mentre Politt si è fermato a Mallorca e non era il caso che venisse su certe strade. Quindi alla fine da quattro corridori sono rimasti in due.

Qual era l’obiettivo?

Vedere il percorso. Tadej non ha fatto il Fiandre l’anno scorso e abbiamo materiali nuovi: ruote, anche tubeless e pressioni da provare. Quindi abbiamo voluto fare i test anche per lui, partendo dall’esperienza fatta nel 2024. Eppure, nonostante i test da fare, non ha sdegnato di fare due buoni allenamenti, belli intensi. Abbiamo fatto il Fiandre dall’inizio dei tratti in pavé, quindi 180 chilometri. E più o meno lo stesso per la Roubaix.

Il test della Roubaix è stato tanto per provare oppure c’è sotto qualcosa?

Quest’anno è stato tanto per provare. Che lui ce l’abbia nella testa, l’ha già detto anche in passato, ma non è nel programma di quest’anno. Al momento, almeno. Il motivo principale del nostro viaggio era rinfrescarsi il Fiandre e usare i materiali. C’era in programma di fare anche due giorni di buon allenamento, un buon carico di lavoro e siamo riusciti a fare tutto bene. Eravamo nel nostro classico Park Hotel di Waregem, che viene molto comodo per fare le ricognizioni.

Pogacar ha corso (e vinto) il Fiandre per l’ultima volta nel 2023. Baldato era sull’ammiraglia
Pogacar ha corso (e vinto) il Fiandre per l’ultima volta nel 2023. Baldato era sull’ammiraglia
C’erano anche i meccanici quindi?

Sì, c’era Maurizio Da Rin, che era con me già al Fiandre lo scorso anno. E con lui per le corse ci sarà anche Bostjan, il meccanico di Tadej. Volutamente abbiamo portato uno dei meccanici che ha più esperienza e che segue tutto il discorso delle gomme, delle pressioni e altro. Tadej ha provato. Si è fidato di quello che avevamo usato l’anno scorso, poi ha saggiato un paio di opzioni di pressione per come erano state suggerite dal settore performance. Ha provato ad abbassarle un po’, quindi ha rimesso quello che era stato consigliato e alla fine si è fidato di quello che gli era stato consigliato. Il corridore deve avere l’ultima parola, sentirsi sicuro. Altrimenti succede che parte in un modo, poi si ferma e si mette a sgonfiare le gomme e non sai mai se va bene.

Anche perché dietro c’è uno studio. 

Va tutto in base al peso. Vengono calcolate le pressioni ed è buono soprattutto quando puoi avere gli stessi materiali dell’anno precedente. Invece questa volta avremo materiali diversi rispetto al 2023 ed era importante riuscire a ricreare condizioni simili.

Tu che qualche Roubaix l’hai vista e l’hai anche fatta, come hai visto Pogacar sul pavé?

Lo avevo visto già al Fiandre e ti impressiona. Possiamo classificarlo come corridore per tutti i terreni, uno scalatore che va fortissimo sul pavè, anche se non lo puoi classificare come scalatore. Puoi dire che sia anche un cronoman, uno scalatore, un passista e tra un po’ anche un velocista. Non ha paura. E nonostante non abbia una stazza massiccia e pesante, stupiscono la stabilità, la velocità e la forza che imprime sui pedali.

Cosa si può dire del suo colpo di pedale sul pavé?

Va di cadenza. Ha una bella pedalata rotonda e la cadenza lo aiuta. C’è il corridore che va di forza e lo vedi calciare i pedali e quello che invece li fa girare. Che spinge, tira, spinge e tira. Una pedalata rotonda, quasi da pistard o da scatto fisso, che è quella che rende sul pavé. Io riuscivo a andarci bene perché venivo dalla pista. Rui Oliveira è un altro che pedala da pistard. Tanti invece riescono ad andare bene perché vanno di forza. Sono due diversi modi di andare che alla fine rendono.

Pogacar si è allenato per entrambi i giorni vestito di nero: solo all’uscita dell’Arenberg, racconta Baldato, ha indossato il giubbino iridato
Pogacar si è allenato vestito di nero: solo all’uscita dell’Arenberg, racconta Baldato, ha indossato il giubbino iridato
In effetti veniva da notare che anche Nibali era riuscito ad andare bene sul pavé al Tour del 2014…

E anche Vincenzo infatti era uno che la pedalata la faceva rotonda, non buttava il rapportone, non era un corridore alla Ballero. Lo ricordiamo tutti al Tour del 2014

E’ vero che dopo la recon della Roubaix, Tadej era contento come un bimbo?

Era entusiasta, ha passato una bella giornata. Si è divertito, quello sì: ve lo confermo. Sono stati due giorni in cui è andato tutto liscio. E non vi nascondo che avevo un po’ di brividi, perché il pavé non era dei più belli e lui andava dentro deciso come se niente fosse. Eravamo a una settimana dal UAE Tour, pensavo che se fosse successo qualcosa, mi sarebbe convenuto restare in Belgio. Ora lo dico scherzando, ma quando ero in macchina, ci ho pensato un paio di volte e sono rimasto zitto. Non avevo neanche coraggio di dirgli nulla, perché vedevi che gli veniva tutto naturale. Aveva la faccia sporca di chi ha fatto tante Roubaix.

Il pavé era ridotto davvero male?

Quando arrivi vicino alla Roubaix, un paio di settimane prima danno una pulita al pavé. Ma domenica c’erano parecchi tratti sporchi per i trattori che vanno a lavorare nei campi. C’erano punti infangati e alcuni anche sommersi. Non eravamo in gara, si potevano prendere con cautela, ma non troppo piano, perché sennò si correva il rischio di scivolare. Devi riuscire a far correre la bici come nella mountain bike o nel ciclo cross, trovare il giusto compromesso. Se vai piano, è più facile che scivoli.

Hai visto tanti di corridori, com’è per Fabio Baldato lavorare insieme a Tadej Pogacar?

E’ una soddisfazione, ma non voglio prendermi più di meriti di quelli che ho. E’ un ragazzo che si allena da solo, con il suo allenatore. E’ molto preciso. Noi possiamo dargli l’assistena e qualche consiglio, una nostra visione di corsa, ma lui ha le idee molto chiare. Capisce e vede la corsa, conosce tutti gli avversari, anche qualche new entry che dall’ammiraglia magari può sfuggire. Non voglio dire che sia facile, però ti fa sentire a tuo agio. Non è uno che se la tira, non ha bisogno di un portaborse. E’ importante fargli trovare le cose organizzate, semplici e che funzionano.

Baldato ha iniziato la stagione con il Tour Down Under: qui con Narvaez che ha conquistato la classifica finale
Baldato ha iniziato la stagione con il Tour Down Under: qui con Narvaez che ha conquistato la classifica finale
Avete trovato novità nei due percorsi?

Sono riuscito a avere entrambi i percorsi definitivi di Fiandre e di Roubaix. Ci sono un po’ di varianti, piccole cose, però siamo riusciti a fare il percorso del Fiandre e anche il nuovo ingresso della Foresta di Arenberg. Non ci sarà più la chicane dell’ultima volta, ma una doppia curva destra-sinistra a 90 gradi. Farli rallentare era necessario. L’anno scorso ci sono entrati a 30 all’ora e non è successo niente. Con i materiali di adesso e la strada che un po’ scende, sarebbero capaci di entrarci anche a 60 all’ora e ci sarebbero dei bei problemi di sicurezza.

L’occasione mancata: Baldato e la rincorsa al Giro del Veneto…

18.11.2024
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Non è facile, per chi ha trascorso questa stagione sull’ammiraglia della UAE Emirates, individuare una vera occasione mancata. Pogacar e compagni hanno praticamente vinto tutto. Eppure, quando si cerca la perfezione, qualche dettaglio viene sempre fuori. A raccontarcelo è Fabio Baldato, uno dei direttori sportivi del team emiratino.

Tutto è accaduto nelle ultimissime gare della stagione, soprattutto al Giro del Veneto, ma in parte anche alla Veneto Classic, quando Baldato e la sua squadra si sono ritrovati a dover affrontare un gruppo che remava contro. Ecco come sono andate le cose, direttamente dalla voce di Baldato.

Fabio Baldato è uno dei direttori sportivi della UAE Emirates
Fabio, sappiamo che stiamo cercando il pelo nell’uovo, ma hai definito il Giro del Veneto un’“occasione mancata”. Con voi le virgolette sono d’obbligo!
Fabio Baldato è uno dei direttori sportivi della UAE Emirates

Esatto, il Giro del Veneto. Ogni volta ti fai un’idea prima del via: guardi i partenti, analizzi i favoriti. Quella mattina ce n’erano tre o quattro che spiccavano, su tutti Kaden Groves, della Alpecin-Deceuninck, e Corbin Strong, della  Israel-Premier Tech. Da lì inizi a capire chi potrebbe muoversi in corsa e chi attenderà. Noi eravamo la UAE Emirates, con oltre 80 vittorie all’attivo e Hirschi in gara, che era tra i favoriti, anche se giustamente in calo dopo un’estate così intensa.

E non era solo lui il vostro uomo di punta…

Esatto, c’erano anche Ulissi e Vine. Ma era una corsa adatta a un passista veloce, molto veloce. Il dislivello complessivo era di 1.800-1.900 metri. Per farla breve, decidiamo di tenere d’occhio soprattutto Israel e Alpecin. Parte una fuga, ma nessuno si muove. Allora ci mettiamo a tirare. Avevamo Giaimi, un giovane della nostra development, che ha fatto un ottimo lavoro. Ad un certo punto mi avvicino alla macchina della Israel e chiedo di collaborare, ma loro rispondono: «Vincete voi, fate tutto voi». Che fare? Se lasciavamo andare la fuga, prendeva 15 minuti e la corsa era persa.

Chiaro…

Soprattutto considerando che è una corsa a cui tengo molto, da buon veneto. Quindi controlliamo la situazione, e nel finale ci provano sia Ulissi sia Vine per rendere la gara dura. Ma il percorso non era abbastanza selettivo: alla fine è arrivato un drappello di una trentina di corridori. Noi, avendo speso più energie degli altri, ci siamo dovuti accontentare di un quinto posto con Hirschi. Tornando indietro, forse non mi metterei a controllare la corsa. È una situazione che ci è capitata più volte a fine stagione, anche quando non avevamo il favorito numero uno.

Israel guardinga e alla fine Strong si porta a casa la corsa
Israel guardinga e alla fine Strong si porta a casa la corsa
Perché?

Proprio perché quest’anno abbiamo vinto di tutto e di più. Ci siamo trovati spesso nella posizione in cui, se non tiravamo noi, la corsa andava alla fuga. Al Giro del Veneto ero io a dirigere con il supporto di Marcato. Una dinamica simile si è ripetuta alla Veneto Classic, diretta invece da Marcato con il mio supporto.

E com’è andata lì?

Alla Veneto Classic è arrivata la fuga da lontano. Certo, c’erano corridori di livello, ma anche noi abbiamo iniziato a controllare più tardi. Le altre squadre ci aspettavano, e c’è stata una lunga fase di attesa e gioco tattico, in particolare con la Groupama-FDJ, che poi è arrivata seconda con Gregoire. Anche in quel caso ci siamo ritrovati a tirare, pur non avendo i favoriti principali. Ulissi, il nostro regista, aveva capito subito l’importanza di quella fuga e ci aveva consultati in ammiraglia, ma alla fine abbiamo atteso oltre 100 chilometri prima di entrare in azione.

Ci sta…

Sì, lo farei anch’io se fossi dall’altra parte. Dopo una stagione simile, capisco gli altri. Con il diesse della Israel ci siamo fatti una risata alla fine del Giro del Veneto. E non avevamo nemmeno pressioni enormi… fino a un certo punto.

Baldato si scopre e mette Giaimi a tirare prima che Ulissi e compagni entrino in gioco (come nella foto di apertura)
Baldato si scopre e mette Giaimi a tirare prima che Ulissi e compagni entrino in gioco (come nella foto di apertura)
In che senso?

Ad inizio anno ci eravamo posti l’obiettivo di alzare l’asticella: essere la migliore squadra al mondo, fare punti. Dopo il Tour era chiaro che avremmo vinto la classifica UCI, ma a quel punto volevamo anche battere il record di vittorie in un anno: 84, stabilito dal Team Columbia HTC nel 2009. Tra Cavendish, Boasson Hagen e altri velocisti, vinsero 84 corse. Noi ci siamo fermati a 81.

È anche una questione di stimoli, però. Bello così, no?

Quando sei lì, ci tieni a battere i record. La cosa bella è che gli stimoli sono rimasti alti fino alla fine. Merito anche di Matxin, che sa valorizzare tutti. E poi, quando hai leader come Pogacar o Hirschi, sai che il lavoro di squadra può finalizzare qualcosa di grande. Io ricordo una Sanremo in cui, lavorando per Petacchi, iniziai a tirare prima della Cipressa e riuscii a farlo fino al Poggio. Probabilmente, se avessi corso per me stesso, mi sarei staccato molto prima. Si innesca un meccanismo di autofiducia che fa rendere al massimo.

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

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La Tirreno di Ayuso vista con gli occhi di Baldato

15.03.2024
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La Tirreno-Adriatico vinta da Jonas Vigegaard ha lasciato pochi dubbi su chi sia stato il più forte. Il danese ha colto le occasioni, vinto e convinto sulle strade della Corsa dei Due Mari, agli avversari è rimasto poco o nulla. Uno dei più combattivi, insieme a Jay Hindley, è stato Juan Ayuso. Il giovane spagnolo, classe 2000, ha messo tutto se stesso sulle strade, provando a contrastare lo strapotere della Visma – Lease a Bike. In ammiraglia, al suo seguito, c’era Fabio Baldato, il diesse lo ha visto, ci ha parlato tutti i giorni. E’ il miglior interlocutore per tirare una somma finale rispetto alla corsa fatta da Ayuso. 

«Eravamo partiti con l’intenzione di fare bene – racconta Baldato che in questo momento si trova già in Belgio per le prossime corse – Ayuso ha fatto un avvicinamento promettente. Ha vinto in Francia alla Faun Ardeche, è arrivato secondo alla Drome Ardeche e poi terzo al Laigueglia. Insomma, che stesse bene si capiva».

Nella cronometro di Camaiore Ayuso ha massimizzato il vantaggio nei confronti degli avversari
Nella cronometro di Camaiore Ayuso ha massimizzato il vantaggio nei confronti degli avversari

Crono preparata

La prestazione a cronometro di Ayuso, sulle strade di Camaiore, dove ha preceduto Ganna per un solo secondo, ha stupito sì, ma non troppo. L’obiettivo del UAE Team Emirates era quello di partire forte fin da subito, andando a guadagnare il più possibile sugli avversari.

«Nella cronometro – afferma Baldato – volevamo guadagnare tempo, soprattutto su Vingegaard, infatti Ayuso ha fatto una prestazione perfetta. Farlo partire così presto era per evitare la pioggia, poi abbiamo avuto anche un po’ di fortuna. Le ultime gocce sono cadute proprio dieci minuti prima che partisse, quindi la strada non era così bagnata. Questo ha fatto la differenza, ha potuto spingere di più in curva, anche se il divario, minimo, con Ganna lo ha determinato il vento. Vincere è stata una piacevole sorpresa».

Il podio finale della Tirreno: Vingegaard ha regolato Ayuso e Hindley
Il podio finale della Tirreno: Vingegaard ha regolato Ayuso e Hindley
Per il resto com’è andata la Tirreno?

Come ci aspettavamo Vingegaard era di un altro livello, è un ragazzo che non si può sottovalutare. Noi abbiamo fatto la nostra corsa, fino a quando la maglia è stata in casa ci siamo presi le responsabilità, anche nelle tappe piatte. Nei primi quattro giorni ci siamo messi a controllare bene, tirando spesso il gruppo. 

Poi sono arrivate le salite.

Si è visto come Vingegaard sia di un altro pianeta, nella prima tappa dura (la quinta, ndr) Ayuso ha pagato un po’ di più. Mentre il giorno dopo, nella frazione con arrivo a Monte Petrano, ha tenuto più botta, perdendo solo 26 secondi. 

A quale livello si è presentato Ayuso?

Ha ancora margini di crescita, non ha preparato la Tirreno come un obiettivo principe, facendo quindi altura, casa e poi gara. Ma ha corso prima, quindi non si è risparmiato, come dimostrano i risultati. E’ arrivato in forma, ma non al top. Vingegaard arrivava dal Gran Camino, che aveva dominato. Mentre per Ayuso era la prima corsa a tappe. 

Ayuso ha raccolto tanti risultati di rilievo a inizio stagione qui al Laigueglia dove ha fatto terzo
Ayuso ha raccolto tanti risultati di rilievo a inizio stagione qui al Laigueglia dove ha fatto terzo
Vigegaard è andato davvero forte, vi spaventa anche in ottica futura?

Si tratta del miglior scalatore al mondo al momento, ma non siamo privi di soluzioni. Abbiamo una squadra forte, che può contrastarlo. Per come ne parlate sembra che Ayuso dovesse dare un minuto in salita a Vingegaard ma non può essere così. Il danese ha vinto due Tour, Juan è arrivato terzo in una Vuelta. Poi hanno due età diverse, Juan è giovane e di margini ne ha ancora tanti. 

Ayuso si è trovato spesso gomito a gomito con Hindley…

Quello è stato un confronto più confortante, dove il nostro ragazzo ha tenuto testa ad un corridore che ha vinto un Giro d’Italia. Noi abbiamo raccolto il massimo, secondo me, considerando anche le defezioni dell’ultimo minuto. 

Chi?

Nel piano originale avremmo dovuto portare Adam Yates, ma la caduta al UAE Tour ce lo ha impedito. Con lui, che avrebbe potuto provare a seguire Vingegaard in salita avremmo potuto fare una corsa diversa. Con un vantaggio numerico (Ayuso e Yates contro Vingegaard) avremmo potuto giocare diversamente. 

Al posto di Yates è venuto Del Toro, che ha fatto una grande prova.

Bisogna fargli una statua. Non è da tutti essere chiamati all’ultimo e farsi trovare pronti, soprattutto da così giovani. Ha dato una grande mano ad Ayuso, specialmente nella tappa di Valle Castellana dove ha tirato il gruppo inseguitore. 

Con Ayuso che bilancio avete fatto a fine corsa?

Ottimo. Con la Tirreno conclusa Ayuso è il corridore con il maggior numero di punti in questo momento. Poi da domani magari la classifica cambierà, però in un ciclismo che guarda anche i numeri è un ottimo segnale. Cresce e migliora, non serve mettere fretta, ci pensa lui stesso. 

In che senso?

Pretende tanto dalle sue qualità. E’ un vincente, vuole arrivare ed è convinto di poterlo fare. Ora Vingegaard è un gradino sopra, ma l’obiettivo di Ayuso è quello di salirlo.

Arriva Baroncini, caro Baldato sarà alter ego di Trentin?

29.08.2023
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Un campione che va. Un campione che viene. In UAE Team Emirates il bilancio è apparentemente in pareggio, perché se Matteo Trentin saluta la squadra di Mauro Gianetti, vi approda Filippo Baroncini. Un campione di esperienza al posto di un campione giovane.

Non che l’iridato U23 di Leuven 2021 sia arrivato per rimpiazzare il campione europeo 2018, ma certo questa staffetta ha delle suggestioni. E allora con Fabio Baldato, uno dei diesse della UAE, vorremmo capire quanto queste suggestioni possano avere dei risvolti tecnici.

Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Fabio, arriva Baroncini…

Eh – sospira Baldato – Baroncini è un gran bel corridore. L’ho seguito soprattutto durante quel mondiale tra gli under 23 e fu entusiasmante, lo vinse alla grande. Tra i pro’ deve ancora far vedere il suo valore. Sappiamo con certezza che ha grandi qualità e potenzialità enormi. Starà anche a noi fargliele esprimere.

E parte Trentin. Filippo è il suo sostituto? Ci sono delle analogie fra i due?

Matteo ha una cosa che non puoi comprare oltre alle qualità atletiche e fisiche ed è l’esperienza. L’occhio che ha della corsa. Specie nelle corse adatte a lui dove anche Filippo può fare bene, penso alle classiche del Belgio. Matteo ha accumulato questa esperienza negli anni, Baroncini ci può arrivare. Il modo in cui ha vinto il mondiale ha mostrato che sa muoversi.

Che spazi avrà? Abbiamo parlato di classiche indirettamente, ma dovrà aiutare Pogacar?

Mi aspettavo questa domanda! Vedremo… Prima di tutto non sono io che prendo certe decisioni, poi bisognerà vedere tante cose: le intenzioni della squadra, quelle di Tadej, la condizione dei singoli corridori… Certo, mi sento di dire che se Pogacar vuol puntare al Fiandre, per esempio, è chiaro che che anche un Baroncini eventualmente sarebbe chiamato in causa per aiutarlo. Alla fine parliamo di un atleta che, in due Fiandre che ha fatto, uno lo ha vinto e nell’altro ci è andato vicino.

Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
In effetti…

Ma ciò non toglie che Baroncini non possa correre alla Trentin. Essere cioè l’ago della bilancia, un aiuto fondamentale per Tadej. E correre comunque da protagonista.

Che corridore ti aspetti di guidare?

Non lo conosco così bene, lo conoscete più voi! Non posso che rifarmi a quanto visto da quel che ha fatto tra gli under 23. E oltre ad aver vinto e ad andare forte, so che ha aiutato tanto e bene Ayuso nel Giro Under 23. Lo scoprirò nel corso dei mesi, anche dal punto di vista umano.

Trentin e Baroncini per te si somigliano?

Un po’ sì. Col tempo, come detto, Matteo è diventato un punto di riferimento, ma questo paragone va preso con le pinze. Lui è gli occhi del direttore sportivo in corsa. E’ uno di quei corridori che non ha bisogno di fare “uno più uno per dire due”. Lui va direttamente al due. Anche al Renewi Tour nella tappa vinta da Mohoric si è gestito alla grande nel finale. Un corridore così ci mancherà. 

L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
E con Baroncini?

Possiamo costruire delle belle cose. I programmi sono ancora tutti da fare. E’ un corridore che mi stimola, che non vedo l’ora di guidare e spero di riuscire a fare qualcosa di bello con lui.

Per quali corse lo vedi più adatto?

Come detto il Fiandre. Ma anche un’Amstel Gold Race… Tutte quelle corse in Belgio che ormai non sono più solo per velocisti. Ci metterei anche una Gand. Ma perché no, anche una Sanremo. Sarà tutto scoprire, da capire anno per anno, in base alla sua crescita, alla sua condizione. Che poi è il bello e il difficile del nostro mestiere, tanto più in una squadra ricca di campioni come la UAE Emirates.

Due giorni al Fiandre: Pogacar getta la maschera

31.03.2023
5 min
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«Spero e penso che Michele abbia ragione – dice Baldato, riferendosi alle parole di Bartoli sulle chance di Pogacar al Fiandre – pensiamo tutti che dopo sei ore e mezza Tadej possa avere una maggiore resistenza alla fatica rispetto a Van der Poel e Van Aert. Le azioni della settimana scorsa alla E3 Saxo Classic sono state delle prove. Abbiamo capito che il Qwaremont è la salita più adatta a lui, quella in cui li può mettere in difficoltà. Invece quanto all’osservazione di Michele sui tanti scatti della Sanremo

«Ha ragione, anche io che ero a casa l’ho notato. Forse avrebbe potuto voltarsi una volta di più e si sarebbe accorto che Van der Poel stava rientrando a ruota di Van Aert senza fare fatica, ma quando sei lì e sai che hai solo quei 500 metri, tante volte ragionare non è facile. Oggi abbiamo fatto tre ore, due asciutte e una con la pioggia. E’ andata meglio dell’anno scorso quando trovammo la neve. Stiamo bene e abbiamo una bella squadra. Ma del resto non ho mai sentito Tadej Pogacar lamentarsi perché sta male».

Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica
Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica

Due giorni al Fiandre

Le cinque del pomeriggio a Waregem. Nell’hotel del UAE Team Emirates parla Tadej Pogacar, ma cominciare dal direttore sportivo che lo guiderà domenica al Giro delle Fiandre serve per avere il polso della situazione. Fuori piove, per tutto il giorno la temperatura è rimasta intorno ai 10 gradi, ma per domenica danno bel tempo.

Pogacar ha la consueta espressione serena e dalle sue parole traspare il gusto di esserci, che è alla base della passione di ogni professionista che venga quassù a sfidare queste stradette di sassi e fango, ma in lui si concretizza in un sorriso contagioso.

E’ vero che l’altro giorno hai fatto le prove?

Ho voluto capire cosa c’era ancora nelle gambe, sapendo che domenica quello sarà il punto in cui inizierà la fase decisiva della corsa. In più stamattina siamo andati a fare la ricognizione sul percorso ed è stato importante, perché non conosco ancora bene queste strade. Ne avevo bisogno per riprendere il feeling con questi posti. Negli ultimi giorni sono stato a Monaco. Avevo qualche appuntamento e ne ho approfittato per fare un paio di allenamenti duri. Ho cercato anche di recuperare prima di tornare quassù. Sarà importante ricordare i punti chiave, soprattutto quando Van Aert schiererà il suo squadrone e Van der Poel partirà all’attacco.

Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Che cosa rappresenterà il Qwaremont nel tuo Fiandre?

E’ la salita più lunga, quella in cui posso far valere le mie doti, quella con il pavé sino in cima. Il Paterberg invece è troppo corto per le mie caratteristiche. So che arrivare da solo sarà molto difficile, bisognerà trovare il momento giusto. L’anno scorso il mio grosso problema fu lo spreco di energie per recuperare le posizioni, ero sempre indietro. Quest’anno mi sembra di essere migliorato con l’esperienza e soprattutto dopo sei ore ci saranno gambe più stanche e meno stress.

E se non arrivassi da solo?

In un sprint con loro due, dovrei essere contento per la conquista del podio. Preferisco concentrarmi sull’ipotesi di essere il più forte sulle salite, per provare ad arrivare da solo, ma faccio fatica a dire dove si potrebbe provare.

Perché ti piace il Fiandre?

Per l’atmosfera, i tifosi a bordo strada, le strade spettacolari e il percorso interessante per me. Se il Tour è il primo obiettivo di stagione, il Fiandre potrebbe essere il secondo, anche se non mi piace fare classifiche. Diciamo che è uno dei più grandi. Il Belgio mi piace per questa atmosfera speciale…

Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Le statistiche dicono che soltanto Merckx e Bobet hanno vinto Tour e Fiandre.

Non lo sapevo, non conosco la storia del ciclismo e onestamente preferisco vivere il presente e pensare al futuro. Certi calcoli semmai li farò a fine carriera.

La Jumbo-Visma ha dominato in lungo e largo, come siete attrezzati voi?

Abbiamo una bella squadra, con Wellens e Trentin che sono in ottima forma. Probabilmente non si può fare un paragone, ma non credo che sarà facile dominare il Giro delle Fiandre. In ogni squadra c’è almeno un potenziale vincitore e non credo che tutti vorranno stare ad aspettare le mosse di pochi. Questo ciclismo è diventato bellissimo, ogni giorno fuochi d’artificio. Mi piacciono queste corse, vengo a farle perché è molto meglio che guardarle in televisione.

Qualcuno dice che essere più leggero di Van Aert e Van der Poel sia uno svantaggio.

Non sono tanto leggero, in realtà. Sono certamente più pesante di quando corro il Tour, due giorni fa ero a 67 chili. Ma la differenza in salita la fai con la potenza e se hai quella, vai forte a prescindere da quanto pesi.

La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
Quei 16 chilometri dalla fine del Paterberg all’arrivo sono una condanna?

Sono lì per tutti, ma certo non sono pochi. Soprattutto dopo sei ore e mezza di corsa. Confido di avere le gambe migliori dopo una corsa così lunga. Non so se con Van der Poel e Van Aert possa nascere un’alleanza, ma fra i due mi capisco meglio con Mathieu. Non so perché, deve essere un fatto di affinità. Ma da qui a dire che saremo alleati…

Giovani corridori e aspettative: come si lavora?

24.01.2023
7 min
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Nel guardare le varie statistiche sui siti di riferimento ci ha colpito la grande differenza che si trova nei giorni di corsa tra i neoprofessionisti: ragazzi giovani che si affacciano al mondo dei grandi. Così abbiamo voluto indagare tra le varie squadre per capire come gestiscono i loro ragazzi. Tra i team selezionati sono rientrati due professional e due WorldTour. 

Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita
Felix Gross è uno dei giovani della UAE che sta facendo un percorso graduale di crescita

Per la UAE parla Baldato

La prima persona interrogata su questo delicato tema è Fabio Baldato, diesse della squadra degli Emirati. Tra i ragazzi visti dal veneto spicca il nome di Ayuso, spagnolo classe 2002 che alla prima partecipazione alla Vuelta ha chiuso al terzo posto nella classifica generale. 

«Prima di tutto – inizia Baldato – è tutto molto soggettivo, ci sono giovani che hanno bisogno di un ambientamento più lungo. Altri, invece, vedi che sono già pronti, ma anche in questi casi il lavoro da fare è delicato. Ayuso lo abbiamo “rallentato” cercando di tenere la sua esuberanza a bada. Non è il primo corridore già maturo che mi capita tra le mani, in BMC ho avuto Kung e Dillier che erano già pronti. In questi caso noi diesse dobbiamo essere bravi a valutare, non bisogna mai esagerare, spesso i ragazzi giovani non si pongono limiti. Sono più spavaldi, si vede dall’atteggiamento in corsa. Ti ascoltano fino ad un certo punto, predicare va bene ma poi bisogna mettersi nei loro panni. Sono consapevole del fatto che noi diesse possiamo insegnare qualcosa ma quello che rimane è la “batosta”. Ayuso stesso ad inizio 2022 ne ha prese alcune ed è cresciuto».

«Poi ci sono i corridori normali, uno che abbiamo in UAE è Felix Gross. Lui ha fatto lo stagista nel 2021 con dei buoni dati ma senza cogliere risultati. La scorsa stagione ha avuto più continuità ed ha ottenuto un bel quarto posto in una tappa al Giro di Germania. I corridori così vanno sostenuti, anche mentalmente perché devono capire che la loro crescita deve essere graduale e passa prima da corse minori dove imparano ad essere competitivi».

Lato Intermarché

L’Intermarché Circus Wanty ha un progetto di crescita solido da molti anni, al quale ha affiancato anche la nascita del Development team. Valerio Piva, diesse della squadra belga ci racconta anche che relazione hanno tra di loro le due squadre

«La squadra development ha una struttura a parte – spiega – l’obiettivo è prendere ragazzi giovani e far nascere dei corridori. Lo scambio tra una squadra e l’altra ci sarà, lo stesso Busatto farà qualche gara con noi. Per quanto riguarda il team WorldTour l’obiettivo è diverso, i ragazzi giovani che prendiamo arrivano da team professional o continental. Non crediamo nel “salto di categoria” da junior a professionisti, i ragazzi devono fare uno step intermedio: gli under 23. I ragazzi devono imparare a gestire l’impatto della corsa e le diverse tipologie di allenamento. In un ciclismo che viaggia sempre più rapido è bene ricordare che i margini di errore sono al minimo e si rischia di bruciare l’atleta pretendendo qualcosa che non può fare. I giovani che abbiamo nella squadra WorldTour li inseriamo gradualmente, non li vedrete mai partecipare a corse di primo livello». 

«In questa stagione la squadra ha fatto una rivoluzione – continua Piva – prendendo tanti giovani e perdendo corridori di esperienza come Kristoff. Non è che non credessimo in lui, ma abbiamo preferito un progetto più a lungo termine. Non vinceremo tante corse come lo scorso anno ma è una cosa che abbiamo preventivato, fa parte di quello che è il ricambio generazionale. Gerben Thijssen, è un corridore sul quale nel 2022 abbiamo speso molto in termini di uomini e di occasioni. Ha dimostrato qualcosa di buono e quest’anno è chiamato al salto di qualità, ma è stato tutto graduale. Per il suo bene e quello del team».

La visione delle professional

La Green Project Bardiani è la squadra professional che ha un progetto diverso dalle altre, i giovani vengono presi e diventano subito professionisti. Almeno a livello di contratto, poi però all’interno del team si opera una distinzione, creando praticamente due squadre distinte. Rossato diesse di riferimento per questi ragazzi ci spiega il metodo di lavoro e le sue “criticità”. 

«La prima cosa – racconta dalla Vuelta a San Juan – è cercare di non stressare troppo i ragazzi. Quelli che arrivano dall’ultimo anno di juniores hanno la scuola e per loro deve essere una priorità. L’anno scorso a Pinarello e Pellizzari abbiamo costruito un programma idoneo. A livello di ambientamento per loro è un sogno: avere uno staff dedicato ed essere seguiti in questo modo è una bella cosa. Non dimentichiamo che gli juniores l’anno scorso avevano ancora i rapporti bloccati, una volta con noi abbiamo dovuto insegnargli anche a gestire questa cosa. Si è lavorato anche tanto sull’alimentazione, sul peso e l’allenamento. Dettagli che quando sei professionista fanno la differenza. Dai giovani dell’anno scorso abbiamo ottenuto dei bei risultati. Pellizzari e Pinarello, a fine stagione, hanno corso con i professionisti il Giro di Slovacchia e la Tre Valli. Siamo stati molto contenti della loro risposta».

«Chi arriva da noi che ha già fatto qualche stagione da under 23 fa un programma più intenso. Sempre ponderato alle qualità ed al fatto che sono alla prima esperienza con i professionisti. I corridori che possono correre anche da under fanno calendari misti con diverse esperienze. Marcellusi prima di vincere il Piva ha corso in Turchia e la Milano-Torino, due belle palestre per crescere. Tolio è un altro che ha corso molto tra gli under 23 ed i professionisti, aggiungendo al suo calendario corse importanti come Strade Bianche e Lombardia. Sono corse che un ragazzo giovane può guadagnarsi, sono come un premio che arriva alla fine di un bel percorso di crescita».

Ultima parola alla Eolo

La Eolo Kometa ha nella sua idea di team una visione diversa, con due squadre divise: la professional e la under 23. Stefano Zanatta ha lavorato per tanti anni con i giovani e di cose ne ha viste.

«Le nostre due squadre sono direttamente collegate – apre il discorso Zanatta – vedi da subito i ragazzi giovani e ne segui la crescita. Questo perché una volta che passano in prima squadra hai già un’idea di che corridore ti trovi davanti. Io credo che anche i grandi campioni abbiano bisogno di un anno tra gli under 23. Anche in Liquigas, dove avevamo corridori come Kreuziger e Sagan, abbiamo tenuto la stessa ideologia. Prima almeno un anno di esperienza nella categoria giovanile. I corridori possono anche aver talento ma hanno bisogno di una crescita umana e fisica. Anche i nostri giovani che arrivano dalla squadra under 23 avranno bisogno di adattarsi alle corse. Non vogliamo caricarli di pressioni o aspettative troppo alte».

«Il percorso per i ragazzi che arrivano da noi – continua il diesse della Eolo – è di partire da corse più semplici. Poi si passa a quelle di qualità superiore e si prova a vedere come reagisce un ragazzo nel correre da protagonista. Dalla mia esperienza posso dire che un ragazzo arriva ad avere risultati tra i 24 e i 25 anni. Nibali stesso ha fatto tanta esperienza maturando, successivamente ha ottenuto i risultati che tutti conosciamo. Serve un’attività continua ma equilibrata: una cinquantina di giorni di corsa sono giusti. La cosa migliore è dare ai ragazzi delle pause e farli recuperare, senza creare buchi troppo grandi nel calendario, altrimenti si perde il lavoro fatto. Ora ai giovani è concesso meno sbagliare, non è corretto nei loro confronti perché li si sottopone a pressioni maggiori. Forse devi essere più forte mentalmente per fare il corridore ora».

Cronoscalata a fine Giro: Baldato, come si fa?

20.01.2023
6 min
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La tappa numero venti del Giro d’Italia di quest’anno sarà una cronoscalata, con partenza da Tarvisio ed arrivo in cima al Monte Lussari. Una frazione divisa in due parti: la prima prevede undici chilometri mossi prima di arrivare all’attacco della salita finale, che misura sette chilometri e fa venire il mal di gambe solo leggendo i numeri. Pendenze attorno al 12 per cento di media con i primi cinque chilometri al 15. Fu proprio una tappa simile a stravolgere il Tour de France del 2020 e a regalare a Pogacar la prima delle due maglie gialle conquistate finora. 

Memori di quell’impresa avvenuta sulla salita della Planche des Belles Filles ci siamo fatti raccontare come si prepara e si gestisce una tappa del genere. Soprattutto se la si colloca all’interno di una corsa dura come il Giro d’Italia. 

Il ricordo di Baldato

Fabio Baldato, diesse della UAE Emirates, ci racconta come si approccia ad una corsa del genere e come si gestiscono tutte le varie situazioni che si vengono a creare, o per lo meno, come si cerca di farlo

«Personalmente – racconta Baldato da casa – una situazione abbastanza simile l’ho vissuta sempre al Tour ma nel 2011, quando ero secondo diesse alla BMC. L’ultima tappa di quella Grande Boucle era una cronometro di 42 chilometri con partenza ed arrivo a Grenoble, con due salitelle impegnative. Evans si giocava la maglia gialla con Andy Schleck, nelle tappe precedenti il lussemburghese aveva guadagnato molto in salita. Arrivarono all’ultima tappa con un distacco di un minuto e mezzo in favore di Schleck, Evans nella cronometro gli rifilò tre minuti e vinse il Tour».

Baldato inizierà la stagione in ammiraglia dal Saudi Tour
Baldato inizierà la stagione in ammiraglia dal Saudi Tour

E’ tutto un equilibrio

Nel ciclismo ogni secondo conta ed ogni goccia di energia risparmiata può essere utile. Ma quando si corre in un Grande Giro è sempre difficile calcolare tutto: capire quando attaccare oppure risparmiare qualcosa in vista di un momento migliore. 

«Durante una corsa a tappe come il Giro – continua il diesse della UAE – è molto difficile andare al risparmio, devi calibrare sempre il modo di correre ma non puoi gettare al vento certe occasioni. E’ tutto un carpe diem. Pensate alla Bora al Giro d’Italia dello scorso anno, nella tappa di Torino fece saltare il banco, o comunque iniziò a minare le certezze degli avversari. Tolsero di mezzo molti avversari e tante formazioni che avevano due o tre punte si trovarono con un solo uomo, gestire la situazione in questi casi è più semplice».

20ª tappa: crono Tarvisio-Monte Lussari: km 18,6
20ª tappa: crono Tarvisio-Monte Lussari: km 18,6

La cronoscalata

La tappa numero venti del prossimo Giro d’Italia sarà una grande occasione per ribaltare la classifica. Ma come si prepara? Dove si possono andare a limare i secondi necessari?

«Queste – racconta Baldato – sono cronometro particolari, che bisogna provare e preparare al meglio. Molte squadre sono andate a vedere la salita. Sarà sicuramente previsto un cambio di bici perché prima c’è tanta pianura dove i passisti possono spingere molto. Un dettaglio da non sottovalutare, e nel quale fu molto bravo Pogacar al Tour del 2020, è il cambio di bici. In breve tempo si modifica la posizione in sella e bisogna tornare a spingere al massimo. Uno dei motivi che hanno contribuito al crollo di Roglic potrebbe essere proprio questo. Sembra una sciocchezza, ma è un dettaglio da curare ed allenare, in preparazione al Giro ci saranno un paio di giornate dedicate a questo. Dovete considerare che un corridore arriva dal tratto in pianura già alla massima capacità aerobica e quando sali sulla bici da strada rischi di sentirti imballato e di faticare a riprendere quell’intensità di sforzo».

La costanza di Almeida potrà essere una qualità su cui puntare durante la cronometro da Tarvisio alla cima del Monte Lussari
La costanza di Almeida potrà essere una qualità su cui puntare durante la cronometro da Tarvisio alla cima del Monte Lussari

Lo studio dei file

Abbiamo capito che per una tappa del genere bisogna prepararsi atleticamente e fisicamente, ma non bisogna escludere gli aspetti mentali. Quanto conta provare la salita in questione, avere dimestichezza con le curve e le pendenze?

«E’ importante ma non fondamentale – dice sicuro Baldato – con la tecnologia è facile replicare sui computerini tutti i dati e studiare la salita dai dispositivi elettronici. La cima del Monte Lussari ora è sommersa di neve e fino a marzo rischia di rimanere così. La finestra per provare una salita del genere è ad aprile. Tuttavia penso che non sia importante conoscerla, la differenza la si fa solamente se è una salita che affronti tutto l’anno, anche in allenamento, allora sì che le cose possono cambiare. 

Per Baldato anche Evenepoel potrà essere uno da temere, grande cronoman ed un “martello” in salita
Per Baldato anche Evenepoel potrà essere uno da temere, grande cronoman ed un “martello” in salita

La preparazione

La solitudine su una salita del genere in una cronoscalata rischia di essere un fattore chiave. Ogni corridore reagisce in maniera differente a questa situazione e non è facile cambiare le proprie caratteristiche, anzi…

«Dal nostro punto di vista siamo contenti – spiega il diesse guardando allo rosa del team che farà il Giro – Almeida è un corridore che fa della costanza la sua qualità e in questo caso potrà davvero tornargli utile. L’anno scorso sul Blockhaus si era staccato quasi subito ma ha mantenuto il suo passo tornando sui primi e arrivando quinto. Joao preferisce un ritmo costante e questo gli dà qualcosa in più, perché quando sei da solo devi avere la forza mentale di spingere sempre allo stesso modo metro dopo metro. Devi essere metodico, ti metti sui tuoi watt, trovi la giusta cadenza e vai. Questa cosa si può allenare in vista del Giro: watt costanti e cadenza alta anche quando la strada spiana. Almeida è in grado di tenere una soglia della fatica altissima e per tanto tempo, ed in più la parte pianeggiante si addice a corridori come lui. Anche Evenepoel sarà uno dei favoriti della tappa. Gli scalatori puri potrebbero perdere qualcosa in pianura ma recuperare in salita. E’ uno scenario molto aperto, ma una grande differenza la farà il cambio bici, ne sono sicuro».

Sulla via di Compiegne, fra adrenalina e ricordi con Baldato

13.04.2022
5 min
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Una volta all’anno, quella piazza ha qualcosa di magico. I ciottoli, il castello di Compiegne ricostruito da Napoleone dopo la Rivoluzione, ma soprattutto le ammiraglie, le bici e le gambe canforate che progressivamente si dirigono alla riga di partenza per Roubaix. In 18 anni da professionista, Fabio Baldato ha corso all’Inferno per 12 volte. E la prima volta, nel 1994, si piazzò al secondo posto (foto di apertura). Lui sa bene che cosa significhi schierarsi al via della classica del pavé e da qualche anno lo ha scoperto anche come direttore sportivo.

Dopo l’Amstel, il vicentino del UAE Team Emirates è tornato a casa e oggi seguirà la Freccia del Brabante dal divano, tifando per Trentin. E domani tornerà su, destinazione appunto Compiegne, per guidare la squadra nella sfida del pavé.

La piazza di Compiegne e dietro il Castello: così era nel 2021 il via della Roubaix
La piazza di Compiegne e dietro il Castello: così era nel 2021 il via della Roubaix
Che cosa si prova la mattina della corsa, da corridore, in quella piazza così magica?

Sensazioni forti. I primi anni, soprattutto dopo quel secondo posto, ero emozionato, teso. Avevo paura di sbagliare, di non beccare l’attimo giusto. Negli ultimi anni in proporzione l’ho vissuta con meno stress. Ho fatto le ultime due in appoggio di Ballan e sono finito ugualmente al decimo posto. L’esperienza aiuta. Quando sei giovane ed esuberante, ti finisci già nei primi tratti di pavé. Poi capisci che è meglio restare nascosti nella prima parte del gruppo e dare tutto negli ultimi 60 chilometri.

Quando si va al via della Roubaix, tecnicamente è già tutto deciso?

Quando correvo, le previsioni meteo non erano così precise o comunque non vi avevamo accesso. Si guardava la tivù e si sfogliavano i giornali. La mattina si apriva la finestra e si guardava il cielo, poi ci si bagnava il dito per capire da che parte soffiasse il vento. E all’ultimo si decideva che gomme mettere, ma erano sempre tubolari gonfiati a 6 davanti e 7,5 dietro.

Mentre oggi?

Oggi si fa l’ultimo test al venerdì e la scelta finale sulla scelta delle gomme si lascia al corridore, ma due giorni prima della corsa. Si guarda il decimo di atmosfera, in base al peso. Ho letto di questa novità di poter regolare la pressione in corsa. Può esserci il vantaggio di partire più gonfi per i primi chilometri sull’asfalto, poi calare per il pavé. Oppure la possibilità di intervenire se iniziasse a piovere.

Altre bici…

Ricordo che per un paio di stagioni RockShox portò dentro la forcella ammortizzata, apri e chiudi. La usai quando feci secondo. Poi finalmente è arrivato il carbonio, per telaio, forcella e soprattutto le ruote. Perché fossero più resistenti, i meccanici una volta saldavano i raggi fra loro. Le ruote in effetti non si rompevano, ma noi rimbalzavamo sulle pietre. Aggiungiamo la scoperta che la sezione più larga dei pneumatici non incide sul rotolamento e si capisce come siano più confortevoli le bici di oggi. Sono uscito qualche volta coi ragazzi sulle loro bici e non c’è paragone. Ricordate quando si puntò sull’alluminio? Bella trovata commerciale, leggero e più economico, ma vibrava e sbatteva in modo impressionante. La prima Roubaix con il carbonio la feci nel 2004 con la De Rosa della Alessio dopo 12-13 anni di carriera e fu scoprire un altro mondo.

Nella prima Roubaix del 1994, sulla Bianchi di Baldato (Mg Technogym) fu montata una forcella Rock Shox
Nella prima Roubaix del 1994, sulla Bianchi di Baldato (Mg Technogym) fu montata una forcella Rock Shox
Lo stress da direttore?

Le prime volte fu come tornare alle Roubaix degli inizi, con anche più stress di quando ero corridore. Anno dopo anno invece, con la consapevolezza è arrivato un maggior controllo. Quando abbiamo vinto la Roubaix del 2017 con Van Avermaet, ero in ammiraglia con Valerio Piva e l’abbiamo vissuta ogni metro. L’anno scorso fu esaltante con pioggia e fango, anche se con Kristoff ci fu qualche inconveniente meccanico. Se hai un corridore da top 10, la tensione in ammiraglia è altissima. Stai attento a ogni parola che ti arriva dalla radio, perché spesso sei lontano dal corridore.

Perciò venerdì si farà il sopralluogo?

Faremo gli ultimi 60 chilometri, da Orchies. Servirà per decidere le ultime cose e capire cosa ci aspetta domenica. Per chi non l’ha mai corsa, come Molano, sarà il modo di rendersi conto un po’ meglio. Io spero in Matteo (Trentin, ndr).

Trentin sarà la punta del UAE Team Emirates alla Roubaix. Esce da un periodo nero e sta crescendo
Trentin sarà la punta del UAE Team Emirates alla Roubaix. Esce da un periodo nero e sta crescendo
Come sta?

E’ in crescendo. All’Amstel gli è mancata la gamba sullo strappo più duro. Fa la Roubaix convinto e lo sapete che non è la sua corsa preferita, perché gli è sempre sfuggita dalle mani. Dopo la caduta della Parigi-Nizza e la bronchite, continuo a dirgli che la condizione arriverà proprio domenica alla Roubaix. Lui sa cosa fare, a volte sembra quasi inutile dargli consigli e allora mi diverto a punzecchiarlo. Sa che è l’ultima corsa buona di primavera. Se ci arriva con la testa giusta e la gamba fa il suo dovere, magari viene fuori qualcosa di buono. Già oggi secondo me andrà forte nel Brabante

Più tosti della neve. In UAE Emirates già mordono

01.04.2022
5 min
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«Come da programma, stamattina i ragazzi sono usciti in bici. E sì che io gli ho detto di partire un po’ più tardi, tanto più che il meteo era dato in miglioramento. Ma loro non ne hanno voluto sapere nonostante la neve. “Restiamo col programma originale”, mi hanno detto. E quando è così, capisci quanto sono motivati».

Spunta un pizzico d’orgoglio sul volto di Fabio Baldato quando gli abbiamo fatto notare che molti team hanno preferito restare al coperto sui rulli.

Il Giro delle Fiandre si apre ufficialmente 48 ore prima del via con le ricognizioni sul percorso. Un percorso insolitamente imbiancato. Qui in Belgio fa un freddo cane. Al mattino è anche nevicato. Ma i ragazzi della UAE Emirates non si sono tirati indietro.

Così si presentavano i muri fiamminghi questa mattina… La neve ha imbiancato le Fiandre
Così si presentavano i muri fiamminghi questa mattina… La neve ha imbiancato le Fiandre

Nuova sfida

In un moderno hotel di Waregem, Matteo Trentin, Fabio Baldato e Tadej Pogacar si concedono ai giornalisti, mentre fuori i meccanici ripuliscono le bici al freddo. E ogni tanto cade ancora qualche fiocco di neve, ma non attacca.

La prima cosa che ci viene in mente, ripensando alla ricognizione del mattino, tra l’altro fatta spingendo anche abbastanza, è che Pogacar oltre che un fuoriclasse è anche un gran lavoratore. E’ un corridore che si mette in gioco, che guarda avanti e ragiona a lungo termine.

Ci sono delle similitudini tra il sopralluogo di oggi e la crono iridata, sempre qui in Belgio. Era una crono piatta, sapeva che non avrebbe vinto contro specialisti quali Ganna, Kung o Van Aert, ma dopo Tour e Olimpiadi ha voluto partecipare lo stesso. Perché? Per essere preparato anche alle maxi crono pianeggianti, qualora un giorno gliene fosse toccata una in un grande Giro.

Oggi lo sloveno si è infilato i guanti (Trentin neanche quelli. Ha detto anche che non era poi così freddo), la maglia pesante e si è buttato sui muri e sotto la neve. Non ci ha pensato due volte. C’era una “lezione all’università” e lui non se l’è voluta perdere. E c’era anche il professore…

«Mi metto in gioco – ha detto Tadej in conferenza stampa -. Per me il Fiandre è una nuova sfida, vediamo cosa succederà. So di non avere esperienza, ma ci proviamo.

«Vincere? Ci sono tanti che possono vincere. Io proverò a dare il massimo, sapendo che potrebbe non bastare perché ci sono i muri, il pavé e non sai mai cosa ti potrebbe capitare in una corsa così. Le prime sensazioni sono state buone. E’ bello pedalare qui, ma la gara è un altra cosa. Per fortuna che con me c’è Matteo».

Capitano in gruppo

Trentin è seduto al suo fianco. Il trentino ha il taping sul collo. Si porta dietro ancora i segni della gran botta presa nella caduta alla Parigi-Nizza. 

«Ho ancora dolori a queste fasce muscolari – mentre le indica passandocisi un braccio – e la bici di certo non è la miglior medicina visto che col collo sei sempre teso in avanti. Però ogni giorno miglioro un po’.

«Come vedo Tadej? Bene, questo ragazzo dove lo metti sta! Non ha troppa esperienza ed è vero: alla Dwars door Vlaanderen più di qualche volta è stato costretto a risalire. Sicuramente sprecherà un po’ di più degli altri. Fosse rimasto dietro in una cote della Liegi non avrebbe avuto problemi a risalire. Qui invece, anche se hai la gamba, non è detto che tu possa riuscirci. E poi è bello che un corridore del suo calibro si metta in gioco in questo genere di corse. E’ un vero bene per il ciclismo».

«La Jumbo Visma è la più forte –  ha aggiunto poi Trentin – con o senza Van Aert (che ufficialmente ancora non ha alzato bandiera bianca, ndr). Hanno Benoot e altri che possono fare bene. E poi c’è la Alpecin con Van der Poel…».

In primo piano le bici appena lavate di Trentin e Pogacar, entrambi hanno provato con ruote da 45 mm
In primo piano le bici appena lavate di Trentin e Pogacar, entrambi hanno provato con ruote da 45 mm

Corsa più aperta?

Alla vittoria, ancora una volta, ci credono eccome in casa UAE Emirates. Ci crede Baldato che vede nei suoi ragazzi quella grande determinazione di cui dicevamo all’inizio. 

«Noi partiamo sempre per vincere. Tadej può farcela. E’ un campione. Ho la fortuna di avere in squadra Matteo Trentin, che è un vero direttore in corsa. Vediamo di guidarlo bene con lui. Matteo stesso sta migliorando e anche oggi ho visto che ha fatto un piccolo step».

Il ruolo di Trentin resta cruciale in UAE Emirates e Baldato lo sa bene. Non sembra pretattica. Semmai si sarebbe dovuto fare il contrario per sgravare Pogacar che ha già tante pressioni di suo.

«La corsa forse senza Van Aert sarebbe un po’ più aperta – ha aggiunto in un secondo momento Baldato – io spero che i miei ragazzi siano davanti quando il gruppo si assottiglierà, quando resteranno in 30 e magari possano cogliere il momento buono. La Jumbo-Visma resta la squadra più forte. Benoot forse ha qualcosa in più di Laporte, ma Laporte è più veloce in caso di arrivo ristretto».

Il diesse, che al Fiandre fu due volte secondo (1996, 1995) però sembra molto più concentrato sui suoi. Il Fiandre con Pogacar leader è una sfida nuova anche per lui.

«Sono orgoglioso di guidare questi ragazzi. Ragazzi che hanno voglia e mentalità vincente… come uscire sotto la neve».