Valverde smette, Mas resta: Unzue a metà del guado

14.10.2022
5 min
Salva

Unzue accavalla le gambe, sorride e annuisce ascoltando la domanda, poi inizia a parlare seguendo il filo di un discorso che nasce da lontano. Il manager del Movistar Team ha l’alone di saggezza che in precedenza fu di Josè Miguel Echavarri, il mentore di Indurain, che parlava con il carisma di un oracolo o un sacerdote del ciclismo.

L’argomento è il momento della squadra, che da un lato dice addio a Valverde e dall’altro ha ritrovato Enric Mas a livelli insperati.

Abbiamo incontrato Unzue al Giro di Lombardia, ultima corsa di Valverde
Abbiamo incontrato Unzue al Giro di Lombardia, ultima corsa di Valverde

Lo stupore di Unzue

Del mallorquino avevamo parlato con Piepoli che lo allena. E proprio il pugliese ci aveva parlato delle difficoltà di Mas nei giorni del Tour, terrorizzato dalle discese e da altri fattori difficili da decifrare. Invece alla Vuelta, dopo quattro settimane di lavoro certosino, la svolta netta e inattesa.

«Incredibilmente e felicemente aggiungerei – dice Unzue – dopo le tante cose che sono successe quest’anno, il fatto che sia stato capace di fare quella Vuelta e poi il finale di stagione in Italia era sinceramente impensabile. Che questo fosse il suo livello me lo aspettavo. Ma dopo tanta disgrazia, il fatto che sia stato capace di reagire… Al Tour si è ritirato a tre tappe dalla fine per il Covid. In più c’era questo problema delle discese. Non riesco a capire cosa sia cambiato per rivederlo così alla Vuelta. Mi ha stupito più per il suo recupero mentale, che del livello sulla bici. Quello era già così alla Tirreno-Adriatico, dove però sono iniziati tutti i problemi…».

La caduta di Mas nella 5ª tappa del Delfinato secondo Unzue ha bloccato del tutto il povero Mas
Secondo Unzue, la caduta di Mas al Delfinato lo ha bloccato del tutto
Che cosa è successo?

Non lo sappiamo, sono cose difficili da capire. Ha cominciato con la caduta alla Tirreno. Poi quella ai Paesi Baschi e anche al Delfinato, dove la sua fiducia si è distrutta del tutto. Aveva iniziato il Tour molto bene. Si è salvato nelle tappe più rischiose. Siamo andati verso le salite e nelle discese ha iniziato a bloccarsi. In 50 anni di ciclismo non avevo mai visto una cosa così, ve lo dico sinceramente. Ma avevamo sempre la fiducia che come era arrivato, il problema sarebbe potuto passare. Ed è stato così veramente.

Piepoli ci ha parlato del gran lavoro fatto con lui.

Leo lo conoscete bene, sapete come si impegna. E lui ha fatto un lavoro incredibile per restituirgli la fiducia. Bravo anche il tecnico che lo ha accompagnato a fare le discese. Ci hanno lavorato un po’ tutti ed è stato veramente importante, perché lui è ripartito. E’ stato incredibile come abbia perso la fiducia in un momento e incredibile come l’ha recuperata e tutto sia cambiato di nuovo.

La scoperta disarmante del Tour: Mas bloccato in discesa, poi il ritiro causa Covid
La scoperta disarmante del Tour: Mas bloccato in discesa, poi il ritiro causa Covid
Potrebbe aver pagato l’assenza di Valverde?

Potrebbe essere, ma non so se sia stato per questo. Sono convinto che avere vicino Alejandro gli regali la tranquillità per rendere meglio. Questa è una realtà. Alla fine come tutti questi giovani, c’è bisogno di un tempo per essere capaci di guidare un progetto che richiede grande responsabilità. Io credo che questa esperienza sia stata molto importante e credo che lui sia già a posto per essere uno dei grandi.

Anche perché alla fine Valverde ha detto basta…

E io sono felice perché lo vedo felice. Si gode la bici, dopo 21 stagioni da professionista in cui ha cominciato al top, ha continuato al top e dopo tutto questo tempo è ancora al top. E’ partito come uno dei favoriti per il Lombardia, vuol dire che per 21 anni abbiamo avuto il privilegio di vivere accanto a uno come lui.

Come lui?

Uno che non ha mai parlato di momento di forma, che vinceva a gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio al Giro, luglio al Tour, il mondiale a fine anno… Vinceva tutto l’anno. Alejandro ci ha fatto sembrare normali le cose eccezionali che ha fatto. Però intanto il suo palmares si è riempito di corse totalmente diverse. E allora capisci la qualità di questo uomo. E poi è incredibile che sino alla fine abbia continuato a divertirsi. Gli piace allenarsi, mangiare bene, fare i sopralluoghi dei percorsi. Sono cose che ai giovani a volte pesano, ma probabilmente fanno parte della sua grandezza.

Non si dura tanto senza i giusti sacrifici…

Ma lui li ha sempre affrontati con un livello di professionalità incredibile. Sempre disposto a fare bene nella corsa dove lo mandavi. Abbiamo avuto tanti grandi corridori nella squadra. Ma senza dubbio uno che come lui ci abbia permesso di vincere dovunque vai… Lo abbiamo visto vincere a cronometro, battere Petacchi, lo abbiamo visto in corse di una settimana, nei grandi Giri, podi al mondiale, le classiche… Ha fatto di tutto e le ha vinte tutte!

Il Giro di Lombardia è stato anche l’ultima corsa di Valverde a 42 anni, 21 dei quali alla corte di Unzue
Il Giro di Lombardia è stato anche l’ultima corsa di Valverde a 42 anni, 21 dei quali alla corte di Unzue
E adesso, secondo Unzue come cambia la storia del team?

Abbiamo visto smettere Indurain. Credo che la storia degli uomini che ci hanno preceduto ci insegni molto. Confido che quelli che arrivano dietro siano capaci di sostenere la storia di questa squadra. Ho tanta fiducia in questi giovani. Per loro la partenza di Alejandro significherà avere più opportunità. Se c’era Alejandro, si correva perché vincesse. D’altro canto, vedendo il livello di Enric, credo si stia consolidando come un grande leader.

Cosa farà da grande?

Abbiamo un contrato per i prossimi due anni. L’ho fatto con l’idea che lui semplicemente non dovesse pensare al suo futuro mentre correva. Ha un accordo per consentirgli di scoprire il ciclismo da quest’altro punto di vista, perché trovi il suo posto e possa trasmettere la sua esperienza. E dove può sentirsi felice una volta di più nell’ambiente della bicicletta.

Guerriero o ragioniere? Mas al bivio, aspettando la crono

30.08.2022
4 min
Salva

Chissà cosa avrà pensato il suo capo Eusebio Unzue, quando durante il giorno di riposo di ieri, Enric Mas ha parlato da corridore e non da ragioniere. La sua classifica alla Vuelta si è leggermente appesantita dopo il traguardo di domenica, quando ha dovuto piegarsi a Evenepoel e anche ad Ayuso, ma il mallorquino resta comunque secondo nella generale a 1’12” dal leader. Certo la cronometro di oggi potrebbe ingigantire il fardello, ma la Vuelta deve ancora affrontare le vere montagne e il suo storico nei Giri è decisamente migliore rispetto a quello dell’inesperto corridore belga, che finora ha partecipato soltanto al Giro 2021 senza concluderlo.

Dopo la prima settimana e il riposo, Mas è secondo in classifica a 1’12”
Dopo la prima settimana e il riposo, Mas è secondo in classifica a 1’12”

«Cosa penso – ha detto Mas – guardando il mio secondo posto? Che vorrei fare tutto o niente. Bisogna essere consapevoli dei punti UCI e che la squadra ne ha bisogno per evitare la retrocessione. Personalmente sarei anche disponibile a rischiare il podio per provare a vincere, ma nemmeno possiamo rischiare di suicidarci, compromettendo la nostra classifica. Più avanti vedremo se si può fare, ma mi piacerebbe provare a vincere la Vuelta».

Quante domande

Mas sta rinascendo da se stesso, dalle sue insicurezze e da abitudini tecniche che finora non avevano giocato a suo favore. Il cambio di preparatore sta dando frutti sempre migliori. Lo si è visto leggermente più scattante sulle strade del Nord, convincente in alcuni momenti al Tour che tuttavia non ha concluso per il Covid e ben motivato e competitivo alla Vuelta. Nonostante a Utrecht sia partito con qualche dubbio, il suo stato d’animo era molto diverso da quello mostrato in Francia.

Mas francobollato a Evenepoel sul Collado Fancuaya: per ora Remco è inattaccabile
Mas francobollato a Evenepoel sul Collado Fancuaya: per ora Remco è inattaccabile

«Penso a un giorno per volta – ha detto – e anche se da fuori non si vede, in corsa ho ancora dei dubbi da risolvere. Domenica sulle rampe più dure mi aspettavo di essere un po’ più forte di Evenepoel, ma non è stato così. Il problema è che a causa del Covid, fra Tour e Vuelta più che allenarmi ho cercato di recuperare. Per questo continuo a farmi domande a cui finora sto rispondendo positivamente. Spero di continuare sino alla fine della gara».

Attenti a Roglic

Così il corridore del Movistar Team si guarda intorno, cercando di capire in che modo potrebbe svilupparsi la Vuelta. Poco convinto che la corsa abbia già trovato un assetto stabile.

Con il diesse Garcia Acosta: dopo il 2° posto 2021, la squadra è tutta per Mas
Con il diesse Garcia Acosta: dopo il 2° posto 2021, la squadra è tutta per Mas

«Roglic ad esempio – dice – non lo dimenticherei. Ha la cronometro domani (oggi, ndr) che gli sta bene e ci proverà di sicuro. A Sierra Nevada e sulle salite dell’ultima settimana non starà a guardare e io spero di essere al suo livello. Poi ci sono Ayuso e Rodriguez. Entrambi stanno facendo delle ottime prestazioni, considerando che si tratta del primo grande Giro. Sono rivali, ma grazie a loro e a pochi altri il ciclismo spagnolo sta risorgendo».

In attesa della crono

Non resta che sperare che la crono gli sia amica, consapevoli che non sia mai stata il suo forte e che il percorso di Alicante, totalmente piatto e velocissimo, sia il meno adatto da maneggiare.

Nella cronosquadre di Utrecht, la Movistar tirata da Mas ha realizzato il 10° tempo
Nella cronosquadre di Utrecht, la Movistar tirata da Mas ha realizzato il 10° tempo

«Vedremo come andrà – ha ammesso – e in base a quello prenderemo le nostre decisioni. Se un giorno vedremo Remco vacillare, cercheremo di fare qualcosa. Ma se non vacilla, dovremo ancora pensare ad assicurarci il podio, perché così com’è ora è quasi impossibile batterlo. L’ambizione è vincere la Vuelta, sono già salito sul podio due volte. Dobbiamo essere anche consapevoli che la squadra sta lottando per la salvezza nel WorldTour e questo è molto importante. Ho rinnovato il contratto fino al 2025, c’è in ballo anche il mio futuro. Spero di fare una crono decente e di non perdere troppo tempo. Mi è capitato di farne alcune molto buone, spero di riuscirci ancora».

La guerra dei punti. La classifica UCI cambia anche le tattiche

26.08.2022
7 min
Salva

La questione dei punti sta assumendo sempre più peso. Ormai influenza in modo visibile l’andamento delle corse. Tattiche, formazioni… si sta scatenando un vero rush finale. Al termine di questa stagione infatti scadrà il triennio che determinerà chi resterà nel WorldTour e chi no.

La maggior parte dei team è al sicuro, ma ci sono gli ultimi 5-6 in classifica e gli ultimi due in particolare che se la stanno passando davvero brutta. Rischiano di perdere una licenza che all’epoca fu pagata e che dopo l’ultima riforma (fatta nel 2019, attiva dal 2020) si è trasformata in uno status che si ottiene per merito: la classifica, appunto.

Marcatura a uomo. Tour du Limousin: scatta un Movistar, chiude un Lotto, rispettivamente 18° e 19° nella classifica UCI
Marcatura a uomo. Tour du Limousin: scatta un Movistar, chiude un Lotto, rispettivamente 18° e 19° nella classifica UCI

Coltello tra i denti

Sportivamente parlando sarebbe anche giusto, ma ci sono due “ma” che non vanno sottovalutati.

Uno: di questa classifica fanno parte anche i team che non sono WorldTour, i quali si ritrovano per regolamento ad essere avvantaggiati sulla gestione degli obblighi di calendario e delle conseguenti formazioni da schierare.

Due: l’avvento del Covid è stato un terremoto che ha sparigliato le carte e mandato a monte tante programmazioni.

Dicevamo dell’andamento tattico. Giovanni Ellena ci ha detto di aver visto al Tour du Limousin una Movistar stile Tour per la formazione schierata, i mezzi, lo staff e la cattiveria agonistica nell’affrontare la corsa. Filippo Conca, della Lotto Soudal (una delle squadre a rischio), che non rientra nei primi dieci corridori del team e quindi non “porta punti”, sa già che sarà costretto a fare quasi sempre il gregario. Dovrà lavorare per quei dieci compagni che invece contribuiscono alla causa del team. E come lui moltissimi altri atleti.

All’Arctic Race Lafay ha vinto, ma non ha portato punti al team in quanto 11° della Cofidis, ma ha limitato i diretti rivali della Israel (3° e 5°)
All’Arctic Race Lafay ha vinto, ma non ha portato punti al team in quanto 11° della Cofidis, ma ha limitato i diretti rivali della Israel (3° e 5°)

Damiani: è caccia ai punti

«Purtroppo – dice Roberto Damiani diesse della Cofidis – bisogna essere realisti e dico che ha ragione Conca. L’UCI ha creato questa spaccatura che è devastante per i team e fa male soprattutto ai giovani. Quando il loro livello non è eccelso non hanno modo di fare la corsa. E se in gara ci sono i top team sono costretti a lavorare anche per non vincere.

«Anche noi ci siamo ritrovati a tirare per fare i punti o per non far vincere gli altri. Una marcatura a squadre che di certo taglia lo spettacolo».

Damiani riprende la situazione che si era venuta a creare quando c’era la Coppa Italia. In pratica si correva per portare più atleti nei primi, piuttosto che farne vincere uno. Perché un 5° e un 7° posto davano più punti che una vittoria.

«Oggi ci sono 13-14 squadre che tutto sommato sono tranquille, poi è bagarre totale. Basta sbagliare una settimana di corse che ti ritrovi in piena lotta retrocessione.

«Non solo la Movistar ha corso così al Limousin – ha commentato Damiani – ma anche noi all’Arctic Race. Per forza: sei costretto. Abbiamo corso col coltello tra i denti: abbiamo vinto due tappe, indossato una maglia, portato due corridori nei primi cinque e preso 250 punti, una boccata d’ossigeno.

«Ci siamo ritrovati in questa situazione in virtù di un 2020 pessimo a causa del Covid. Un 2021 che ne ha risentito ma discreto e un 2022 direi buono. Adesso, avendo la tripla attività, la squadra è ripartita con tre (o quattro) atleti dei primi dieci che portano punti in ogni corsa e tutti gli altri a tirare per loro. Non solo, ma ci siamo ritrovati a partecipare o a richiedere di partecipare a corse che un tempo neanche avremmo preso in considerazione».

Cozzi nell’ammiraglia della Israel. Al momento questa squadra, 20ª, avrebbe la wild card 2023 solo per le gare WT di un giorno
Cozzi nell’ammiraglia della Israel. Al momento questa squadra, 20ª, avrebbe la wild card 2023 solo per le gare WT di un giorno

Israel nella burrasca

Chi chiude la classifica delle WorldTour e in questo momento sarebbe fuori dalle “fab 18” è la  Israel-Premier Tech. La squadra ha in Claudio Cozzi uno dei suoi direttori sportivi di maggior esperienza. E anche lui ricalca quasi per filo e per segno le parole di Roberto Damiani.

«La situazione – dice Cozzi – è così quasi per tutti. Non dico che siamo sotto stress, ma da giugno a settembre ci siamo ritrovati a fare un sacco di corse. Corse che non pensavamo di dover fare. La situazione è questa e ognuno cerca di portare acqua al suo orto… altrimenti i frutti non nascono».

E i frutti si chiamano WorldTour. Cozzi punta fortemente il dito contro il 2020 e l’avvento del Covid. E’ quello che più di altri ha scombinato le cose, ha mescolato così tanto le carte in tavola da vanificare molte delle programmazioni fatte. Fatto che non è stato preso in considerazione.

«E anche in questa stagione – dice Cozzi – il Covid si è fatto sentire. Noi abbiamo dovuto rinunciare al Giro delle Fiandre perché non avevamo corridori a sufficienza. Ma vi rendete conto? Il Fiandre…

«Anche la Movistar è crollata. Prima si reggeva quasi con i punti del solo Valverde, adesso è con noi a rischio. E’ un vero caos. E anche la questione dell’assegnazione dei punti deve cambiare. Non può essere che molti team che erano al Giro abbiano raccolto meno di squadre che non c’erano e che non avendo l’obbligo di partecipazione hanno potuto scegliere dove correre».

Il riferimento è al caso Arkea-Samsic, di cui parlammo a giugno.

«Quello che dice Damiani è vero. Spesso si corre per non far fare punti agli altri che per vincere. Non ci sono poi vincoli sul numero delle gare e si può cercare di correre su più fronti. Il che in teoria è vantaggioso. Ma anche fare la tripla (o quadrupla, ndr) attività non è facile. E’ dispendioso sotto ogni punto di vista e anche avendo tutti i corridori non ci si arriva con lo staff e la logistica. E’ un impegno importante.

«Per le formazioni si cerca di mandare quell’uomo o due più appropriati per la determinata gara e gli si mette loro una serie di gregari. Non puoi fare altro. E anche in questo caso penso che i punti dovrebbero portarli tutti gli atleti e si dovrebbe consentire di schierare più corridori nelle corse, almeno quelle a tappe. Tanto più con il Covid. Noi quest’anno, per esempio, al Giro dopo meno di una settimana siamo rimasti con cinque corridori. Come fai a fare un gioco di squadra?».

Aranburu vince al Limousin, mentre sprintano anche i compagni Garcia Cortina e Serrano, contro ogni manuale del ciclismo
Aranburu vince al Limousin, mentre sprintano anche i compagni Garcia Cortina e Serrano, contro ogni manuale del ciclismo

Movistar: parla Unzue 

Se la Cofidis di Damiani tutto sommato si è un po’ ripresa e adesso è al 15° posto, la Israel-Premier Tech naviga in acque burrascose. Al momento il team è ventesimo, quindi fuori. E la Movistar, 18ª, è appesa ad un filo. La filosofia della squadra di Eusebio Unzue è sempre stata quella di fare bene nei grandi Giri, ma si è visto che sono le piccole corse di un giorno quelle che pagano: le 1.1 e le 1.Pro.

Ma dopo un Giro e un Tour sotto tono questa Vuelta diventa più che un ancora di salvezza: è la vita.  

«Questo sistema di punti – ha detto Unzue a L’Equipe – è stato creato con buone intenzioni. Ma non funziona. Credo che dobbiamo correre per garantire lo spettacolo e non mi sembra logico come si corre adesso. Ora si va a caccia di punti UCI per restare nel WorldTour».

Anche nel giorno della vittoria di Aranburu al Limousin, la squadra spagnola ne ha piazzati tre nei primi sei: primo, quinto e sesto, col rischio di perdere la volata principale.

Il team, forse per la prima volta o comunque dopo moltissimo tempo, prenderà parte al Tour of Langkawi, l’importante corsa in Malesia, lontana anni luce dalla filosofia di ciclismo del manager spagnolo e della sua squadra.

Ma la Movistar come le altre squadre a rischio non ha scelta. Perdere il WorldTour significa perdere certezze sul futuro, fatica a reperire sponsor, possibilità che alcuni contratti con i corridori possano decadere poiché firmati per una squadra il cui status non c’è più. Insomma, una patata a dir poco bollente.

Quindi se dovessimo vedere, anche in questa Vuelta, tattiche poco chiare e andamenti della corsa che apparentemente non hanno senso, magari la spiegazione potrebbe essere proprio nella guerra dei punti.

Movistar dà il benservito ad Arrieta e volta decisamente pagina

27.10.2021
5 min
Salva

Alla Movistar qualcosa non va più come una volta e la scelta di non confermare Arrieta sull’ammiraglia lascia intravedere qualche crepa. Oppure, più semplicemente, quel clima da famiglia felice che si era creato negli anni di Echavarri e Indurain, col tempo si è disgregato. Attorno a Unzue e Valverde sono via via arrivati e ripartiti corridori con una rapidità sorprendente, da Landa a Lopez passando per Carapaz, mentre le immagini della serie Netflix dedicata al team hanno svelato un clima interno che appare tutto fuorché sereno. 

Arrieta è stato diesse della Movistar negli ultimi dieci anni
Arrieta è stato diesse della Movistar negli ultimi dieci anni

Addio Arrieta

L’ultima spallata su cui in Spagna ci si interroga è l’allontanamento dai quadri del tecnico di San Sebastian, storico gregario di Indurain e direttore sportivo degli ultimi dieci anni.

«Per me personalmente – ha commentato Unzue – è stata una decisione molto dura, ma che abbiamo dovuto prendere per il bene della squadra».

Tuttavia, proprio andando a rivedere gli episodi di quella serie, si intuisce come alcune decisioni dell’ammiraglia nel tempo abbiano esposto la squadra a figuracce facili da evitare semplicemente usando la testa. Come aver rincorso Carapaz alla Vuelta del 2020 per il semplice gusto della ripicca, favorendo altri e non portando a casa nulla.

Continuo chiaroscuro

I diretti interessati non parlano, ma la Spagna del ciclismo è rimasta colpita dalla scelta, dato che con Arrieta se ne va una bella fetta di quella radice navarra su cui la Banesto e la sua discendenza avevano costruito la loro immagine. Questo non significa, tuttavia, che si sia trattato di un arbitrio. Proprio perché nel team refrattario ai colpi di testa, l’allontanamento di una figura così chiave fa pensare che in qualche modo la misura fosse colma.

Arrieta non ha seguito la squadra alla Vuelta e già questo poteva far pensare che il suo futuro non passasse più per quei colori, anche se l’esito della corsa spagnola è stato un continuo chiaroscuro, con il secondo posto di Mas e il ritiro di Lopez che in qualche modo ha oscurato il risultato del compagno.

Una minicamera Netflix in ammiraglia ha raccontato le decisioni più controverse di Arrieta, qui con Unzue
Una minicamera Netflix in ammiraglia ha raccontato le decisioni più controverse di Arrieta, qui con Unzue

Proprio nei giorni scorsi, il colombiano ha detto di essere tornato all’Astana perché non aveva la sensazione di essere gradito nella squadra spagnola, mentre un altro pezzo da novanta come Soler ha preso la direzione del UAE Team Emirates. Nella Movistar di cui si diceva sempre un gran bene, non si riesce più a mettere radici…

Da Vila a Piepoli

Di certo l’ultima è stata la peggior stagione della squadra da molti anni a questa parte. Nel frattempo, passaggio che forse ha portato in evidenza le eventuali responsabilità di Arrieta o i suoi limiti, in squadra lo scorso anno è arrivato Patxi Vila come capo dei preparatori. E se inizialmente il suo era un ruolo dietro le quinte, per estrazione e capacità, la sua traiettoria si è incrociata sempre più di frequente con quella del direttore sportivo. Ugualmente su Netflix, le osservazioni del basco sulla seconda ammiraglia in occasione di alcune scelte tattiche parlano ora più di mille parole. Perciò il Team Movistar va avanti con lui, con Garcia Acosta, Pablo Lastras, Max Sciandri e José Luis Jaimereña. Mentre si può finalmente dire che sul fronte della preparazione, nel team spagnolo lavora già da un paio di stagioni Leonardo Piepoli. Il pugliese, che ha da tempo fatto pace e ammenda per il passato e allena fior di corridori, proprio in questi giorni ha partecipato al primo ritiro della squadra.

Facce nuove

Fra i nuovi arrivi, si segnalano quello di Aranburu dall’Astana e di Ivan Sosa dalla Ineos. Torna dopo vent’anni il “dottorino” Josè Ibarguen finora alla Deceuninck-Quick Step, mentre ancora dall’Astana arriva Ivan Velasco, esperto di meccanica, biomeccanica e sviluppo dell’aerodinamica.

Una svolta decisa che parla di equilibrio da ritrovare e della necessità di mettersi al passo con i team concorrenti che da anni hanno puntato sullo sviluppo tecnologico e la continua ricerca della prestazione. A fronte di una Movistar che per anni e anni si è aggrappata alle prestazioni di Valverde e alle classifiche a squadre di grandi Giri: obiettivo certo di prestigio, ma che poco infiamma il pubblico.

Miguel Angel Lopez, un sassolino tira l’altro

21.10.2021
6 min
Salva

Lopez ha tante cose da dire. E anche se parrebbe aver firmato un accordo con la Movistar per non parlare più di alcune, sulle altre vuole fare le sue precisazioni. Il contratto con l’Astana ha il sapore del ritorno a casa, ma sul passato con la Movistar restano domande, dubbi e ombre. Il ritiro dal Tour e quello ancor più eclatante dalla Vuelta, seguiti dalla rottura del contratto, restano punti dolenti. Il collegamento video con la Colombia è una delle poche eredità utili del Covid e il discorso entra subito nel vivo.

Il suo arrivo alla Movistar era stato salutato come se si fosse trovato l’erede di Quintana, ma non ha funzionato
Il suo arrivo alla Movistar era stato salutato come se si fosse trovato l’erede di Quintana
Che stagione è stata?

Sono arrivato al Tour non troppo bene. Il 2021 è cominciato tardi per il Covid e a maggio praticamente ho corso tutti i giorni per recuperare il terreno perso. Sono arrivato in Francia stanco. Nella prima settimana sono rimasto in mezzo a qualche caduta e sentivo di non brillare, così mi sono messo a disposizione di Mas. Ero stanco, non recuperavo. Nella terza settimana ho cominciato a stare meglio, ma a quel punto mi è stato detto di ritirarmi.

Perché?

Ha stupito anche me. Mi sono chiesto perché Eusebio (Unzue, team manager della Movistar, ndr) e i direttori mi abbiano spinto a lasciare. Io volevo arrivare a Parigi a testa alta e lo stavo facendo con la passione che mi caratterizza. Così il giorno dopo la vittoria di Pogacar al Col du Portet, sono andato a casa (Lopez in realtà aveva chiuso quella tappa a quasi 12′ di distacco, ndr).

Quali motivazioni ti sono state date?

Che dovevo prepararmi bene per la Vuelta.

A giugno 2021, preparando il Tour, Lopez ha vinto la Mont Ventoux Denivele Challenge
A giugno 2021, preparando il Tour, Lopezha vinto la Mont Ventoux Denivele Challenge
Per questo stesso motivo non sei andato alle Olimpiadi?

Tutti gli sportivi sognano di parteciparvi, soprattutto per noi scalatori Tokyo era una grande occasione e io sapevo di essere nei programmi del selezionatore colombiano, perché alcuni erano infortunati e altri messi male. Io stavo bene, in crescita. Ma ancora Unzue ha detto che sarebbe stato uno sbattimento eccessivo e non mi ha permesso di andare. Avrei dovuto lottare per vincere la Vuelta o stare con i migliori.

Invece ti sei ritirato…

La riflessione che mi viene da fare è che nella vita bisognerebbe scegliere di stare in un ambiente in cui ti trovi bene e ti senti rispettato. E’ difficile ricordare nel dettaglio cosa è successo nella tappa in cui mi sono ritirato. La gente l’ha letto come una mancanza di rispetto, è facile parlare. Io so come stavo e quanto avevo lavorato. Nessuno mi ha mai regalato niente, ho voltato pagina e mi sto impegnando per tornare al livello dei migliori.

E’ vero che hai firmato una clausola per non parlare più di queste vicende?

Al momento di rompere il contratto che mi legava a Movistar per i prossimi due anni, ne ho firmato uno che includeva delle clausole. E’ meglio non parlare più del passato e guardare avanti.

Come procede la preparazione?

Ho fatto lo stop più lungo da quando corro, recuperando energie e traendone di veramente super stando a casa con la famiglia. Ho morale. So che alla Vuelta di quest’anno, almeno in salita sono stato vicino a Roglic più che mai in precedenza. Dovrò certo lavorare meglio per la crono, ma sto seguendo la giusta tabella.

Come mai l’Astana?

Non ho avuto alcuna difficoltà a trovare la squadra. Ma a questo punto è meglio sapere dove vai e come funziona il nuovo ambiente. Il giorno dopo il ritiro dalla Vuelta ero già in trattativa con loro. Mi conoscono da quando ero un neopro’, ho lasciato casa per correre con loro. Credono in me. In questi due anni con la Movistar, non mancavo mai di passare vicino al pullman dell’Astana per salutare direttori e meccanici. Il rapporto è sempre rimasto buono.

E allora perché cambiare?

Nella vita si fanno delle scelte, senza sapere se andranno bene o male. Esperienze che ti insegnano come stare al mondo. Con Movistar ho avuto una buona stagione, con 4 vittorie. Ho rinnovato il contratto per due anni prima del Tour, prima di sapere che mi avrebbero spinto a ritirarmi, che non mi avrebbero mandato a Tokyo e prima della Vuelta. Da un giorno all’altro nel ciclismo le cose possono cambiare. Per cui ringrazio Unzue per avermi fatto entrare per due anni nella loro famiglia. Ringrazio i gregari per il lavoro straordinario che hanno fatto e che non viene mai ripagato abbastanza. Ma andare via di lì è stato la cosa migliore che potesse capitarmi. Non mi ritirerei di nuovo, questo no. Ma è successo e si deve accettare. Potevo salire sul podio della Vuelta, avevo il motore e la qualità per lottare sino alla fine.

Pensi che nel prossimo reality di Netflix sulla Movistar si racconterà la tua storia?

Non so se stiano lavorando alla terza serie, sono fuori da più di un mese. Ma non mi riguarda.

All’Astana troverai Nibali…

Ho corso con lui nei primi due anni da professionista, è un grande corridore e un grande atleta. E’ molto esperto, non avrò problemi di convivenza. Come molto esperto è anche Henao e Moscon è fortissimo. Tanti corridori sono usciti, tanti cambi hanno rinforzato la squadra. Ci saranno gli uomini che servono per i grandi Giri.

Il Giro o il Tour?

Il Giro bisognerà vederlo, il Tour ha belle montagne, ma anche tappe a rischio ventagli, il pavé e 60 chilometri a cronometro. Mi piacerebbe, ma ci sarà da parlare con i direttori. Quello che conta è ritrovare le gambe e l’amore di sempre, degli obiettivi si parlerà poi.

Nel 2022 sarà La Passione a vestire il Team Movistar

13.10.2021
3 min
Salva

Nei giorni scorsi, La Passione Cycling Couture ha ufficializzato che nel 2022 sarà partner tecnico del Team
Movistar maschile e femminile
. Per l’azienda fondata e diretta da Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti si tratta di
un “colpo” davvero sensazionale che certifica come il lavoro fatto fino ad oggi sta ottenendo grandi risultati a
livello internazionale.

Dal prossimo anno due leggende del ciclismo come Alejandro Valverde e Annemiek van Vleuten indosseranno abbigliamento tecnico da ciclismo progettato e prodotto appositamente da La Passione.

Giuliano Ragazzi e Yourika Marchetti fondatori La Passione
Giuliano Ragazzi e Yourika Marchetti fondatori La Passione


Un capitolo importante


Giuliano Ragazzi, Fondatore e CEO de La Passione, non ha voluto nascondere la propria emozione per l’accordo
appena raggiunto
: «Come molti già sanno, sono appassionato di ciclismo fin da quando ero bambino. Pertanto, sono estremamente orgoglioso di annunciare questa collaborazione. Dopo questo periodo di continua crescita avuto dalla nostra azienda negli ultimi anni, abbiamo ritenuto che fosse giunto il momento di iniziare un nuovo capitolo per La Passione, entrando nel mondo dello sport professionistico come partner di un importante Team World Tour.»


Presa la decisione di entrare nel mondo dei professionisti, il secondo passo da compiere è stato quello di trovare la squadra giusta: «Abbiamo scelto la squadra con la più lunga tradizione. Durante i primi incontri con Eusebio Unzué e il suo staff – prosegue Giuliano Ragazzi – abbiamo constatato la volontà di creare un percorso di crescita comune.

«Considereremo i riscontri che riceveremo dagli atleti e dal reparto performance come un bene prezioso, perché
sarà fondamentale per migliorare ancora di più i nostri prodotti. Tutte le innovazioni derivanti da questi feedback
saranno disponibili ogni giorno per le persone che sceglieranno di indossare i capi La Passione
e che potranno
usufruire di prezzi molto vantaggiosi attraverso il nostro modello di business Direct-to-Consumer».


La soddisfazione di Unzué


Eusebio Unzué, Direttore Generale del Team Movistar, ha così commentato il nuovo accordo: «Ogni volta che
siamo stati chiamati a scegliere i nostri partner abbiamo sempre cercato di raggiungere due obiettivi, per noi
fondamentali: aumentare le prestazioni e mantenere uno stile semplice e di classe. Sento che con La Passione
raggiungeremo un ottimo livello sotto entrambi gli aspetti
. E’ un’azienda nuova con una personalità ben definita,
così come il team Movistar. Non vediamo l’ora di poter indossare il loro abbigliamento a partire dal 2022!».

Eusebio Unzuè segue spesso il Team femminile, qui con Annemiek Van Vleuten
Eusebio Unzuè segue spesso il Team femminile, qui con Annemiek Van Vleuten


Una sfida stimolante


L’accordo con il Movistar Team rappresenta per La Passione una sfida importante e nello stesso tempo stimolante.
L’azienda sarà infatti chiamata a realizzare capi di abbigliamento altamente performanti sia per le gare in linea che a
cronometro. L’obiettivo dichiarato è quello di mettere gli atleti Movistar nelle condizioni ideali per esprimere al
meglio il proprio talento e raggiungere così risultati di prestigio
.


La collaborazione con la formazione spagnola permetterà a La Passione di migliorare ulteriormente la qualità dei
propri prodotti grazie ai feedback ricevuti dagli atleti. Sarà, inoltre, l’occasione per sperimentare nuove forme di
comunicazione verso l’esterno.

«Vorremmo sviluppare uno storytelling comune, raccontando l’heritage di una squadra nata nel 1980 e allo stesso tempo creare nuovi racconti – ha aggiunto Yurika Marchetti, Co-Founder di La Passione – forti del fatto che il team Movistar è stato uno dei primi a credere nello sviluppo di un’importante sezione dedicata al ciclismo femminile e in tal senso La Passione darà il proprio importante contributo.»


La divisa ufficiale per il 2002 del team Movistar sarà presentata prossimamente e sarà l’espressione perfetta dello stile minimalista che caratterizza ogni prodotto La Passione.

La Passione

Vuelta, il ritiro di Lopez ora si tinge di giallo

08.09.2021
4 min
Salva

Secondo L’Equipe, il Movistar Team starebbe valutando l’ipotesi di interrompere il contratto con Miguel Angel Lopez dopo il plateale ritiro del colombiano dalla Vuelta, lungo la salita dell’Alto de Prado nella 20ª tappa. Le immagini hanno chiaramente dimostrato che il colombiano potrebbe aver avuto un crollo nervoso, ma perché? La vicenda inizialmente chiara, si va tingendo di giallo.

Prima Lopez si è lasciato sfilare dal gruppo. Quindi si è fermato e con lui il compagno Imanol Erviti. All’arrivo dell’ammiraglia di Patxi Vila è iniziata la lunga… trattativa fra il tecnico e il colombiano, culminata con una telefonata. Facile immaginare che all’altro capo del telefono ci fosse Eusebio Unzue, che appena pochi giorni prima aveva dipinto la soddisfazione per il podio e la tappa vinta da Lopez. E quando anche la telefonata non ha sortito l’effetto sperato, Lopez è salito in ammiraglia completando così il mesto ritiro. Eppure all’altro capo del telefono poteva non esserci Unzue. Andiamo a vedere…

Ventesima tappa, il gruppo è già rotto. Lopez è dietro a inseguire con Rojas
Ventesima tappa, il gruppo è già rotto. Lopez è dietro a inseguire con Rojas

Silenzio radio

Sabato sera, i dirigenti del team hanno preferito un più ragionevole silenzio al tentativo di dare una spiegazione. Uomini del team, così ha raccontato Contador, gli avrebbero parlato di crollo nervoso e frustrazione nel non poter rispondere all’attacco del Team Bahrain Victorious, lanciato verso la conquista del podio con Haig. Mentre nelle ore successive la voce sulla possibilità di lasciare libero il colombiano ha iniziato a circolare con maggiore insistenza.

«E’ una delle opzioni, è chiaro – ha dichiarato Unzue – volevamo fare un passo indietro dopo i fatti e tra pochi giorni prenderemo una decisione definitiva».

Ma perché Lopez non ha risposto agli attacchi e si è fermato? Problema di gambe o altro?

Lopez al telefono. Con Unzue o qualcun altro? Una vicenda che si tinge di giallo (immagini Eurosport)
Lopez al telefono. Con Unzue o qualcun altro? Una vicenda che si tinge di giallo (immagini Eurosport)

Scuse social

Nel frattempo al colombiano è stata chiesta una dichiarazione di scuse, pubblicata prontamente sui social della squadra.

«Come molti di voi hanno visto – ha detto – il momento in cui il gruppo si è spaccato è stata una situazione difficile da risolvere. Ci siamo ritrovati in una posizione difficile quando alcuni dei migliori della classifica generale ci hanno preceduto. Il Bahrain ha giocato bene le sue carte, ed è difficile colmare un gap del genere, anche se piccolo, a questo punto della Vuelta.

«Le gambe sono stanche, il livello è alto e ovviamente, nessuno ci avrebbe aiutato. C’è voluto molto tempo per reagire. C’erano così tanti fattori di cui tenere conto e, alla fine, è triste vedere la mia Vuelta finire in questo modo.

«Voglio scusarmi con i miei compagni di squadra. Siamo un gruppo ridotto, solo cinque rimasti in gara, con solo tre di loro concentrati sui compiti di squadra, e dato il cuore per noi, dando il 100 per cento».

Parla il suocero

Nel frattempo però dalla Colombia è arrivata la voce di Rafael Acevedo, ex professionista, suocero e allenatore di Lopez, secondo cui all’altro capo del telefono non c’era Unzue, bensì sua figlia. Lo ha raccontato in una intervista al colombiano El Espectador.

«Non penso che in quel momento la minaccia fosse Egan – ha detto – era più pericoloso che nella crono Miguel Angel prendesse il secondo posto di Mas, ma potrei anche sbagliare. Miguel ha chiamato mia figlia piangendo sul cellulare del preparatore atletico che era in ammiraglia. Ha detto che piangeva di desolazione, disperazione e sapendo che dopo tre settimane non avrebbe raggiunto il suo obiettivo di essere sul podio per un loro ordine. 

«Quello che mi dice mia figlia è che nel momento in cui Miguel Angel ha iniziato a inseguire Bernal, gli è stato detto di non inseguire. Lo stesso Eusebio Unzué è passato in macchina e ha cominciato a urlargli contro… e questo ha fatto traboccare il bicchiere.

«Penso che avesse le gambe per rientrare, ma sfortunatamente non era sulla ruota giusta. Se il capo gli dice di non farlo, il ragazzo reagisce e dopo l’alterco con Unzué ha mollato. Ha detto che se non lo volevano sul podio, non lo volevano in gara».

La vittoria all’Altu d’El Gamoniteiru era stata la perla nella Vuelta della Movistar
La vittoria all’Altu d’El Gamoniteiru era stata la perla nella Vuelta della Movistar

Gran finale

E qui dunque la situazione si tinge di giallo. Favorire Haig per non perdere, per mano di Lopez, il podio con Mas? Una tesi che corre sul filo sottile della dietrologia. Non è un mistero tuttavia che la Movistar abbia sempre guardato di miglior occhio i corridori spagnoli. Se ne accorse anche Quintana quando si trovò a dividere la responsabilità con Valverde e Landa. Sapremo presto come stanno le cose, se davvero arriverà a breve un comunicato della squadra.

Cataldo si rimbocca le maniche e strizza l’occhio a Nibali

05.09.2021
4 min
Salva

Le parole di Unzue due giorni fa sembrano aver chiuso le porte del Team Movistar anche per Dario Cataldo. E poco importa che in altre occasioni, lo stesso manager spagnolo lo avesse lodato per il suo ruolo di regista in corsa. Così per l’abruzzese, che comincia oggi il Tour of Britain, e il suo agente Manuel Quinziato questi sono giorni di valutazioni e scelte, fra le possibilità che ci sono sul tappeto. Oggi è anche il giorno dell’ultima corsa di Fabio Aru e non è possibile dimenticare che proprio sei anni Dario facesse parte del gruppo che con il sardo si apprestava a conquistare la Vuelta.

Dal Polonia alla Germania, ancora in fuga con Cavagna
Dal Polonia alla Germania, ancora in fuga con Cavagna

«Il mio 2021 – dice Cataldo – è stato un anno a metà. Ho avuto bei momenti di condizione e ci ho messo tanto impegno per trovarla, ma in corsa non sono riuscito a concretizzarla. Come avere il colpo in canna e non poter sparare. Le ultime corse che ho fatto non sono state le più adatte, con il Polonia più facile degli ultimi anni, il Germania che è notoriamente una corsa veloce e ora qui in Gran Bretagna su un percorso di strappi secchi e corti che non tanto si sposano con le mie caratteristiche».

Perché non sei andato alla Vuelta?

Perché la squadra è stata per due anni a rincorrere e la Vuelta di colpo si è ritrovata con la priorità assoluta. Hanno portato lo zoccolo duro della squadra, con Rojas, Erviti e Oliveira. Poi i capitani spagnoli Valverde, Mas e Soler. Lopez non si discute e alla fine la squadra è fatta. Solo che s’è pensato così tanto alla Vuelta che il resto dell’attività è stato fatto come capita, è passato in secondo piano.

La voglia di continuare c’è ancora, giusto?

Assolutamente, considerando però che ci sono tanti giovani che vanno forte e impongono un modo di correre molto aggressivo.

Nel 2015 anche Cataldo faceva parte dell’Astana che scortò Aru alla Vuelta
Nel 2015 anche Cataldo faceva parte dell’Astana che scortò Aru alla Vuelta
Capisci la scelta di Aru di appendere la bici al chiodo?

Sì, la capisco. Stava cercando di risollevarsi e c’era anche riuscito. Ma quando arrivi tanto in basso, tornare ad alto livello è difficilissimo, perché ogni giorno ti trovi a dover dimostrare qualcosa. Per avere la fiducia delle squadre devi fare più di quello che sarebbe necessario e probabilmente Fabio ha capito che nei 3-4 di carriera che avrebbe davanti, dovrebbe sempre rincorrere quello che era. Immagino abbia pensato a questo e visto che ha anche una vita e che il ciclismo non è tutto, si sarà chiesto se ne valesse davvero la pena.

Tu senti mai questa necessità di doverti confermare?

La sento anche io, lo confermo. Ci sono momenti in cui le necessità delle squadre cambiano e adesso sono tutti a cercare giovani fortissimi che possano fare risultati. E se poi non riescono, li hanno comunque pagati poco. Il corridore può essere forte, ma può anche non essere una punta. Invece per come va adesso, si perde il concetto di squadra. Il mio dimostrare si basa sul lavoro e non sul risultato, solo che sta diventando molto complicato. Già non se ne accorgono nelle squadre, figurarsi al di fuori.

Al Giro di Germania, chiuso con il 2° posto nella classifica dei Gpm, firma autografi
Al Giro di Germania, chiuso con il 2° posto nella classifica dei Gpm, firma autografi
E’ possibile un ritorno all’Astana? Se torna Nibali, sarà un po’ come ricomporre la famiglia…

E’ una delle ipotesi. Quando mi chiamò la Movistar, la prima cosa che valutai fu la voglia di cambiare dopo cinque anni nello stesso posto. Mi inorgogliva entrare a far parte di una delle squadre con la maggior tradizione. Per contro ero anche dispiaciuto perché in Astana si era creato un bel gruppo di lavoro, si stava bene.

Un anno con Nibali e poi basta?

In realtà mi augurerei di farne di più. Ho un anno meno di Vincenzo e l’idea di ritirarmi ancora non ha bussato alla mia porta…

Juniores, chi gli insegna il ciclismo? Punto dal cuore della corsa

03.09.2021
5 min
Salva

Questi ragazzi vanno forte. La salita di Fosdinovo ha fatto differenze, ma l’hanno affrontata ad un passo importante. E stamattina la semitappa di Marinella di Sarzana di 48,3 chilometri, pur piatta, l’hanno volata in un’ora. Il Giro della Lunigiana juniores decolla. E qualcuno in aggiunta dice che il livello quest’anno non sia particolarmente elevato…

Ai tempi del Polar

Oioli a Fosdinovo è seduto per terra e respira a pieni polmoni la vittoria e guardandolo non sembra neppure uno di quelli tiratissimi e già pronti per i pro’. Nessuno di loro lo sarebbe ancora, ma qualcuno farà il grande salto.

«Ci vorrebbe un po’ di pazienza – diceva alla partenza Marcello Massini, tecnico pur vecchio dei dilettanti, ma di realismo fin troppo moderno – perché se gli si impedisce di finire il processo di crescita con carichi di lavoro eccessivi, andranno pur forte, ma durano poco. E quando arriva più un altro Nibali?».

Nella semitappa del mattino, vittoria di Alberto Bruttomesso del Veneto (foto Roberto Fruzzetti)
Nella semitappa del mattino, vittoria di Alberto Bruttomesso del Veneto

Accanto a lui annuiva Carlo Franceschi, che Nibali accolse in casa sua all’arrivo dalla Sicilia e ricorda esattamente la gradualità di ogni fase.

«Quando eravamo juniores Vincenzo ed io – diceva alla partenza Valerio Agnoli, al Lunigiana con il Comitato Regionale del Lazio – si andava alle corse a dir tanto con il Polar. Oggi hanno tutti il misuratore di potenza, mangiano da professionisti e sono così tirati che fai fatica a vederne i margini».

Oioli con Basso

Oioli s’è rialzato e ha smesso di ingurgitare aria. Il cuore ha ripreso un battito decente e ad ogni arrivo di un compagno di squadra, ha dispensato abbracci e grida. E’ piemontese come Ganna e Sobrero, Elisa Longo Borghini, Elisa Balsamo e anche come Francesca Barale…

Carlo Sciortino, talendo siciliano, all’arrivo con 1’16”
Carlo Sciortino, talendo siciliano, all’arrivo con 1’16”

«E’ stato un anno difficile – dice – e questa vittoria me la merito. Nelle gare junior ho imparato che non vince chi attende. Non sono gare pro’. Ho visto un’occasione e mi sono buttato. Avevo tanta fame ed è andata bene. Non sapevo che dietro fosse partito il francese, pensavo solo a spingere a tutta. Nell’ultimo chilometro mi sono girato davvero tante volte. Sono venuto qua puntando ad andare forte. Avevo un occhio per la classifica, oggi ho recuperato bene. Farò l’europeo probabilmente e, visto che la gamba c’è, spero di fare bene. Aiuterò la squadra se servirà o correrò per me, l’importante è andare forte. E poi spero nella convocazione per i mondiali».

Il prossimo anno correrà con la Eolo-Kometa degli under 23, mentre il cittì De Candido se lo coccola con lo sguardo e fa notare però che ieri lui è uno di quelli che ha dormito. Ma che ha imparato la lezione.

Oioli felicissimo e stremato sull’asfalto dopo il traguardo: «Nelle gare juniores non si aspetta: ho visto il varco e sono partito»
Oioli felicissimo e stremato sull’asfalto dopo il traguardo: «Nelle gare juniores non si aspetta: ho visto il varco e sono partito»

Bruttomesso con Faresin

Al mattino ha vinto Alberto Bruttomesso, vecchia conoscenza di bici.PRO, che nella volata a capo della velocissima… tappetta del mattino, si è lasciato dietro tutte le ruote veloci.

«Vincere una tappa al Lunigiana – dice – è molto prestigioso. Prima dell’inizio della corsa, sapevo che questa era adatta a me. Ho una condizione ottima. Per noi juniores italiani, questo Giro è come quello d’Italia per un professionista. Già partecipare è bello, ma vincere è meglio».

Bruttomesso è un altro di quelli che potremmo vedere al mondiale del Belgio, meno velocista del compagno Ursella, capace di reggere su salite di due chilometri: un corridore su cui costruire. Che il prossimo anno passerà under 23 con la Zalf, mentre il compagno Pinarello, anche lui junior si secondo anno, passerà professionista con la Bardiani.

La proposta di Geremia

Questi ragazzi vanno forte, ma forse gli manca qualcosa. Gianluca Geremia, ex Zalf e poi professionista per due anni alla Ceramica Flaminia, guida da quest’anno gli juniores del Veneto.

«Li vedi che vanno forte – dice – ma gli mancano le basi. Stamattina abbiamo fatto il treno, ma solo perché lo abbiamo provato. Non sanno cosa sia. Non sanno cosa sia una doppia fila e a volte anche prendere le borracce al rifornimento è un problema. Sanno allenarsi con tutte le accortezze tecniche, ma gli mancano le basi. Il saper leggere e scrivere che ti insegnano alle elementari. Qui ci sono ragazzi forti che andranno all’università del ciclismo senza avere i fondamentali. Per questo come tecnico regionale non mi dispiacerebbe organizzare dei ritiri in cui fare formazione. Certo, servirà avere l’autorizzazione dall’alto e anche l’appoggio delle società, ma credo non ci voglia tanto per capire che alla fine ne avranno tutti vantaggio».

Titanic? No, grazie

Questi ragazzi vanno forte, ma tutto poggia su idee, strutture e concezioni vecchie di anni. Si punta tutto sul motore e zero sul cervello. E va anche bene che i tempi sono cambiati e ci si deve rassegnare al fatto che passino sempre più giovani, la diciamoci la verità. Per paura che glieli soffino le WorldTour, i signori dei pro’ si affrettano a puntare sui più giovani con l’appoggio dei procuratori, che vanno a intercettarli sempre più piccoli. Ma se lo scopo è formare talenti che durino nel tempo e trovare in gruppo il rimpiazzo per Nibali, allora forse c’è bisogno di dare una frenata. Sennò si potrebbe consigliare a tutti l’ascolto di una vecchia canzone di Francesco De Gregori. Parla di una grande nave in viaggio dalla Gran Bretagna verso New York: «C’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole – dice l’ultima strofa – andiamo avanti tranquillamente…».