Quintana, la caduta all’inferno e la lenta risalita

15.02.2024
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ZIPAQUIRA (Colombia) – A prima vista, nulla è cambiato. Indossa nuovamente gli stessi colori, quelli azzurri della Movistar, la bicicletta è la stessa che lo ha portato ai suoi più grandi trionfi: la Vuelta del 2016, il Giro d’Italia di due anni prima, i tre podi del Tour de France. Ma quando guardi Nairo Quintana direttamente negli occhi, è tutto diverso. C’è qualcos’altro nello sguardo: la felicità.

Un anno fermo a causa del tramadol che lo ha fatto uscire dall’Arkea e dal ciclismo per la porta di servizio, tanto lavoro al buio e nel silenzio. Allenamenti faticosi, come quelli di un ciclista professionista in attività, ma senza alcuna gara segnata sul calendario. Con mille dubbi su cosa avrebbe portato il futuro. Con tanto per cui combattere, una battaglia di cui non ha visto a lungo la fine, finché è arrivato di nuovo qui, a casa sua, nella Movistar che lo ha riaccolto e gli ha fatto tornare il sorriso.

Fu nella conferenza stampa del 25 gennaio 2023, successiva alla squalifica, che Nairo annunciò la voglia di non ritirarsi
Fu nella conferenza stampa del 25 gennaio 2023, successiva alla squalifica, che Nairo annunciò la voglia di non ritirarsi

Scalatore nato

Se c’è qualcosa nell’indole di Nairo, è la lotta costante. Non arrendersi mai. C’è una ragione se è uno scalatore nato. Andare in salita fa parte di lui, come vincere le gare. Ma dopo aver raggiunto la cima della montagna, Nairo Quintana si è ritrovato a precipitare negli inferi nel 2022, risultato positivo al tramadol che lo ha condannato all’ostracismo. All’oscurità. Ora, fedele ai suoi geni di escarabajo colombiano, torna a salire verso la luce.

«E’ vero che sono felice, ho fatto un lavoro instancabile. Nessuno sa quanto sacrificio c’è voluto per starmi accanto. Avevo bisogno di questa pausa dopo tanti anni di gare, che mi hanno aiutato a rafforzarmi e acquisire maturità, oltre a trascorrere del tempo con la mia famiglia».

Alla presentazione del Movistar Team a Madrid a dicembre: per Quintana, le domande di Delgado
Alla presentazione del Movistar Team a Madrid a dicembre: per Quintana, le domande di Delgado

Idolo per la sua gente

Compie 34 anni nel bel mezzo della presentazione delle squadre del Tour Colombia, la corsa con cui inizia per lui una nuova era.

«Non mi sento vecchio, ma è vero che ho già qualche capello grigio», scherza e sorride. Non smette di farlo. Nella sua Tunja viene accolto come un eroe, il Tour Colombia gli ha riservato una mezza dozzina di guardie del corpo. I tifosi gli avvicinano i figli solo perché Nairo li tocchi. Affinché li benedica. Quintana è l’idolo ciclistico del suo Paese, in una corsa che vede al via anche Bernal, Uran, Chaves e Carapaz, ecuadoriano, ma amato qui come se fosse del posto, visto che è cresciuto come ciclista in Colombia.

«La sua storia umile, il fatto che provenga da una famiglia di agricoltori e tutto ciò che fa per la gente della campagna ha avuto un grande impatto sulle persone», concordano molti fan e giornalisti colombiani quando gli viene chiesto.

La voglia di tornare è tanta, per ora Quintana deve solo ritrovare il ritmo gara
La voglia di tornare è tanta, per ora Quintana deve solo ritrovare il ritmo gara

L’affetto della gente è straripante. Rappresento questa terra da più di un decennio e le persone provano gratitudine e simpatia. E’ stato il suo punto di partenza per ricostruirsi come corridore. Ma Nairo è molto più di un ciclista: «Ho due figli, ho aziende in cui sono sempre molto presente per prendere decisioni e non voglio invecchiare in bicicletta». Lo ha ben chiaro. Anche per questo ha firmato per un solo anno con il Movistar Team.

L’incontro di Andorra

Tutto è stato definito ad Andorra, alla partenza della quarta tappa della Vuelta a España, lo scorso anno. Quel giorno Quintana incontrò Eusebio Unzue e gli lanciò una richiesta di aiuto. Nessuna squadra voleva che tornasse ad essere un ciclista.

«Avevamo parlato a lungo già in precedenza, ma quel giorno c’è stato un vero e proprio riavvicinamento», ha spiegato. La forma e la base del ciclista, che gli hanno permesso di raggiungere i livelli più alti, non sono mai andate perdute neppure in questo anno di stop e punizioni, «che ritengo siano state eccessive». Ecco perché ora dà molto più valore alle cose, sorride più che mai. «Sono di nuovo come un bambino, come quando sono arrivato per la prima volta alla Movistar più di dieci anni fa».

Il ritorno in gara dopo un anno di punizione e lo sguardo incuriosito di Cavendish che ascolta
Il ritorno in gara dopo un anno di punizione e lo sguardo incuriosito di Cavendish che ascolta

Grandi troppo in fretta

Il ciclismo in cui ritorna Nairo Quintana è uno sport pieno di giovani stelle cresciute molto in fretta, ritmi diabolici e pretese estreme. «E’ un problema piuttosto serio. Non lasciamo che i bambini siano bambini, li professionalizziamo ancora molto giovani», afferma. «Non stanno godendo del ciclismo come dovrebbero, motivo per cui così tanti giovani lo abbandonano. Io passai professionista a 21 anni – ragiona – mentre oggi a quell’età la sfida è vincere il Tour de France».

Intanto però assicura di avere «buoni numeri». Anche se nella tappa regina del Tour Colombia, la prima prova del fuoco, ha concesso più di 6 minuti ai migliori all’arrivo dell’Alto del Vino, quando si è staccato a più di 20 chilometri dal traguardo, proprio all’inizio dell’ultima salita. «So che per raggiungere il miglior punto di forma mi ci vorranno un paio di gare», dice per tranquillizzarsi.

Il suo volto è indurito come una maschera precolombiana, che racconta mille avventure
Il suo volto è indurito come una maschera precolombiana, che racconta mille avventure

Ritorno in Europa

Il suo percorso, iniziato nella sua terra natale, proseguirà la prossima settimana nel Gran Camiño, dove si misurerà con Jonas Vingegaard, la Volta a Catalunya e il Paesi Baschi prima del Giro d’Italia, suo grande obiettivo dell’anno insieme alla Vuelta a España, nella quale condividerà i gradi con Enric Mas.

«Sono tornato alla Movistar per divertirmi e completare la squadra. Per aiutare Enric Mas e perché insieme possiamo fare un ottimo lavoro». Ma tutto, per ora, rappresenta una grande incognita nel percorso di ricostruzione di Nairo. Lungo la salita verso la luce dopo la discesa agli inferi. «Spero di essere paziente e che la gente capisca che è difficile ritrovare il ritmo della gara, anche se in allenamento ho dei buoni numeri. Ho lavorato al massimo nei mesi scorsi – afferma – e spero di tornare presto con i migliori».

Chiede solo una cosa a questo 2024: «La felicità». Semplice. «Voglio divertirmi sulla bicicletta. Sarò contento di vincere qualche gara. Sarò contento nello stare con i migliori. E questo mi rende felice. Ecco perché sono tornato ed è quello che voglio fare. A prescindere dal fatto che ci siano o meno le vittorie, la felicità è essere nuovamente lì, in buona posizione».

La nuova vita alla Movistar dopo due mesi sulle spine

15.01.2024
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Adesso che tutto è finalmente a posto e che anche l’influenza ha deciso di lasciarlo in pace, dal ritiro di Calpe Lorenzo Milesi ricostruisce gli ultimi due mesi. Il bergamasco è passato in pochi giorni dall’esaltazione di una nuova squadra al non sapere che pesci prendere, fino all’approdo insperato e per certi versi sorprendente al Movistar Team.

Dopo la vittoria al mondiale U23 della crono e il primo giorno in maglia rossa alla Vuelta, conclusa con una caduta e il ritiro, sembrava che per lui si fosse aperta la porta del Team Ineos Grenadier. Alla vigilia del Giro d’Onore della Federazione era parsa cosa fatta, invece proprio in quell’occasione si capì che l’ipotesi fosse ormai tramontata. Il tentativo successivo fu fatto con la Bora-Hansgrohe, ma invano. E quando la situazione iniziava a farsi sconcertante, ecco l’avvistamento di Milesi a Calpe nell’hotel del Movistar Team. Una presenza semi clandestina, perché il Team DSM-Firmenich aveva chiesto di gestire la comunicazione. E la notizia infatti arrivò puntuale il 18 dicembre.

Facciamo un passo indietro, quel giorno a Milano sembrava tutto fatto per andare alla Ineos. E poi?

Si era trovato un accordo economico perché andassi via. L’opportunità Ineos mi avrebbe permesso di fare con loro gli altri due anni di contratto e di lasciare il Team DSM che mi aveva proposto di prolungarlo per altre due stagioni, ma non ci sarei mai restato. Invece a un certo punto è venuta fuori una differenza economica e la porta si è chiusa. Solo che per la DSM a quel punto io non esistevo più, i rapporti erano in frantumi: per loro ero un corridore ormai andato via.

Per questo si è parlato della Bora-Hansgrohe?

Dovevo trovare un’altra squadra. Alla Bora c’era la questione Uijtdebroeks: si sapeva che sarebbe andato via, ma non quando. E così a inizio dicembre ancora non sapevo dove avrei corso. A un certo punto ho pure pensato che sarebbe stato meglio non aver vinto il mondiale, così a certe cose neppure ci avrei pensato… Scherzo, ovviamente. In ogni caso però a quel punto la cosa che ho fatto è stata cambiare procuratore, perché non avevo niente in mano. Erano due anni che si tentava di andare alla Ineos, ma una volta che quella porta si è chiusa, mi sono rivolto ai Carera. Avevamo parlato proprio al Giro d’Onore. Mi avevano detto che se avessi voluto, avrebbero provato a darmi una mano. E alla fine li ho chiamati.

Al Giro d’Onore, le prime crepe. L’accordo fra Milesi e la Ineos era già in dubbio
Al Giro d’Onore, le prime crepe. L’accordo fra Milesi e la Ineos era già in dubbio
Non deve essere stato un periodo semplice, insomma…

Sono stati mesi poco piacevoli, ma sono serviti anche questi per crescere. E’ vero che non avevo più un allenatore che mi desse le tabelle per allenarmi, ma vero anche che avevo bisogno di staccare un po’ e pedalare come mi sentivo. Per cui forse ho fatto meno ore e meno intensità di quelle che avevo l’anno scorso in questo stesso periodo, ma ho comunque lavorato.

E adesso ti ritrovi in un team latino dopo due anni in Olanda e dopo aver provato ad andare alla Ineos britannica e alla tedesca Bora: che effetto fa?

Sono contento di essere arrivato qui. Si è parlato di questo aspetto nella prima riunione con Eusebio Unzue, si nota subito che è una squadra completamente diversa dalla DSM a livello umano. Si prende il lavoro molto seriamente, ma si può anche parlare e avere un’opinione.

La liberatoria da parte della DSM è arrivata in tempo per la presentazione Movistar del 21 dicembre
La liberatoria da parte della DSM è arrivata in tempo per la presentazione Movistar del 21 dicembre
Era da un po’ che alla Movistar non c’erano tanti italiani: siete ben quattro.

Ho fatto due anni alla DSM in cui prima ero solo con Ursella e poi con Dainese, qui siamo di più. Alla DSM si parlava inglese e ci riprendevano se ci sentivano parlare italiano. La situazione è cambiata quando sono arrivato nella WorldTour, perché nel team U23 ci conoscevamo tutti e si era creato un bel clima. Al passaggio ho capito che certi corridori rischiavo quasi di non vederli per tutto l’anno. Patrick Bevin l’ho visto per la prima volta al Polonia. Qui invece parli la lingua che vuoi, c’è ben altro clima.

Hai cambiato preparatore, si lavora in modo tanto diverso?

Lavoro con uno spagnolo, ma ho iniziato solo da due settimane, non ho fatto più di tanto. In proporzione, direi che in DSM all’inizio dell’anno facevo più soglia e fuori soglia, ma devo cominciare al Saudi Tour, siamo a inizio gennaio e la stagione è davvero molto lunga. Va bene così.

Al passaggio su bici Canyon, Milesi ha adottato una posizione totalmente nuova (foto Dani Sanchez)
Al passaggio su bici Canyon, Milesi ha adottato una posizione totalmente nuova (foto Dani Sanchez)
Passi dalla Scott alla Canyon, ti abbiamo visto lavorare sul posizionamento: come va l’adattamento?

Sulla bici da strada mi trovo bene, ma la posizione me l’hanno cambiata davvero tutta. La prima cosa è stata adottare i nuovi pedali, anche se quelli nuovi li ho montati solo da poco. Mi sono alzato e abbiamo spostato la sella in avanti. Avevo sempre pensato che la mia posizione non fosse tanto al top: dopo tre ore avevo male nella parte posteriore della gamba, ora no. E poi mi avevano messo uno spessore sulla gamba sinistra, che è la mia più lunga e finalmente lo abbiamo tolto.

Invece la bici da crono?

Abbiamo fatto la posizione in pista a Pamplona un paio di giorni fa e poi l’ho usata in allenamento, cominciando anche a fare qualche lavoro. La bici mi sembra molto confortevole, trovo più facile tenere la posizione ed è in arrivo il manubrio personalizzato. Insomma, quando dico che sono soddisfatto, non parlo a vanvera. Ho firmato per tre anni con Movistar, l’obiettivo è comunque crescere gradualmente, magari iniziando da questa stagione ad assaggiare le strade del Belgio…

In Francia con Mas, poi briglia sciolta: nuovo Formolo in arrivo

16.11.2023
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Davide Formolo ha detto grazie al UAE Team Emirates e ha accettato un triennale al Movistar Team. Aiuterà Enric Mas, ma dato che lo spagnolo è meno… versatile di Pogacar, nel resto del tempo il veneto potrà avere il suo spazio. Le due vittorie di fine stagione (prima l’Agostoni e poi la Veneto Classic) hanno confermato la bontà della scelta. E quando gli dici che il suo mentore di un tempo – quel Daniele Tortoli che lo ha portato fino al professionismo e se ne è poi andato troppo presto – gli avrebbe suggerito di provarci prima, Roccia fa un sorriso grande e malinconico.

Per Formolo due vittorie nel 2023, come già nel 2019: la Coppa Agostoni (sopra) e la Veneto Classic
Per Formolo due vittorie nel 2023, come già nel 2019: la Coppa Agostoni (sopra) e la Veneto Classic

Lo zampino di Piepoli

Dietro l’offerta c’è lo zampino di Leonardo Piepoli, allenatore di Mas e da anni anche di Formolo. Il pugliese è per entrambi anche una sorta di consigliere e per il veronese il suo ruolo è ancora più prezioso, dopo la morte di Tortoli e quella di Mauro Battaglini, che era suo procuratore e anche consigliere.

«Il preparatore è qualcosa che va oltre la semplice tabella – riflette – dal mio punto di vista è l’unica persona con cui ti puoi confrontare quando hai dei dubbi. E’ un mondo che cambia velocemente e loro devono essere sempre pronti a supportarti o darti consigli».

Torneremo su questo punto, gli diciamo, meglio andare per gradi. Davide è tornato da poco dai circuiti del Tour de France a Singapore e Saitama. Dato che a causa della scuola, di vacanze esotiche non si parla, anche la famiglia è volata in Oriente. Dice che è stato divertente, che era già stato alla Japan Cup, però mai a queste kermesse piene di pubblico. Come pure Trentin, che ha lasciato la UAE per approdare alla Tudor Pro Cycling, anche Formolo che va alla Movistar fa pensare a una voglia di maggiore libertà.

Le vacanze di Formolo sono coincise con i Criterium in Oriente assieme a Pogacar
Le vacanze di Formolo sono coincise con i Criterium in Oriente assieme a Pogacar
Da quanto tempo avevi deciso di cambiare?

In realtà è una cosa non avevo mai considerato, perché alla UAE si sta bene. E’ un gruppo di ragazzi veramente forti e veramente affiatati. Invece a un certo punto si è creato questo spiraglio. Mi hanno cercato dalla Spagna e dopo un po’ mi sono autoconvinto e ho ceduto. Si è fatto tutto prima che vincessi le due corse, se ne parlava da un pezzo.

Qual è stato il vero ruolo di Piepoli?

Sicuramente avere lui è stato la spinta definitiva. In tutti gli sport, l’atleta deve avere un punto di riferimento e lui lo è per me sin dai primi anni da professionista. Mi ha seguito nell’allenamento e mi sa prendere meglio di tutti a livello psicologico. Andare alla Movistar mi fa pensare al figlio che torna dal padre, in un certo senso. Il suo continuo parlare della squadra come di un ambiente tranquillo mi ha convinto a valutare la proposta. Infine si è ragionato di vari scenari tattici legati al mio impiego.

Dal 2018 al 2023, Enric Mas è stato per tre volte secondo alla Vuelta. Formolo sarà al suo fianco al Tour
Dal 2018 al 2023, Enric Mas è stato per tre volte secondo alla Vuelta. Formolo sarà al suo fianco al Tour
Ti hanno già detto che, tolto il lavoro per Mas, avrai più spazio per te?

Sicuramente alla Movistar hanno meno leader che alla UAE Emirates, per cui qualche chance potrò ricavarmela. E poi sicuramente potrò essere la spalla per il capitano in un grande Giro e questo potrebbe chiudere il cerchio. Farò le mie corse di un giorno, dove comunque ho dimostrato di poter fare bene, e sarò importante per il leader nelle gare a tappe. Penso che questa sia la dimensione giusta per un corridore del mio profilo.

Perché non ti sei spostato prima, quando eri più giovane?

Non mi sono adagiato nel ruolo di gregario. Ho avuto le mie occasioni e qualche volta ho anche vinto. Vincere però porta la voglia di vincere, anche questo ha inciso nella scelta. Ma quando in squadra hai cinque fra i corridori più forti al mondo, gli spazi si restringono per forza.

Nel 2019, Formolo ha vinto il campionato italiano a Compiano, battendo Colbrelli, Bettiol e Ulissi
Nel 2019, Formolo ha vinto il campionato italiano a Compiano, battendo Colbrelli, Bettiol e Ulissi
Con Piepoli avete parlato di quale potrebbe essere il tuo ruolo?

Il fatto di lavorare per un corridore allenato da lui mi dà fiducia. Significa tornare a fare come una volta, quando il capitano aveva lo stesso preparatore e lo stesso direttore dei corridori che avrà attorno nell’appuntamento più importante. Faremo un avvicinamento simile alle gare, saremo un gruppo. Mas ha fatto tre secondi posti alla Vuelta e anche quest’anno, pur essendo arrivato sesto, era nel gruppetto dei quattro che si giocavano il podio alle spalle dei tre della Jumbo-Visma, che facevano un altro sport.

Trentin ha lasciato la squadra, attratto da un contratto di tre anni alla Tudor. Sono tre anche i tuoi anni alla Movistar: dopo i trenta, la lunghezza del contratto è un aspetto da considerare?

Passati i trenta, ogni anno è un po’ una guerra, tra virgolette. Siamo riusciti a firmare per tre anni, perché magari ho dimostrato che quando sono tranquillo, riesco a dare il meglio di me. In questo senso penso che la Movistar sia la squadra giusta per un corridore con la mia personalità. Ho conosciuto Unzue, ci siamo stretti la mano: è una persona super tranquilla. Avere per tre anni la fiducia di una squadra così non è cosa da tutti i giorni.

Giro delle Pesche Nettarine 2012, Formolo vince la classifica. Con lui Daniele Tortoli, scopritore ed estimatore
Giro delle Pesche Nettarine 2012, Formolo vince la classifica. Con lui Daniele Tortoli, scopritore ed estimatore
Sai già quale sarà il tuo programma?

Dovrei partire dal Saudi Tour e credo che farò il Tour, dovendo essere la spalla per Mas. Il Tour è più impegnativo del Giro, penso quindi che lui sceglierà di andare in Francia. L’ultima settimana è veramente durissima. In più il Tour che parte dall’Italia per un italiano è davvero un sogno. Anticipo la prossima domanda: so anche io che i primi 3-4 posti del Tour sono già quasi assegnati e forse venendo al Giro Mas potrebbe pensare di vincerlo. Ma lui è un capitale importante della squadra ed è prevedibile che ugualmente punterà tutto sul Tour.

Che cosa lasci nella vecchia squadra?

Il gruppo tra i corridoi è veramente affiatato. Nonostante sia la squadra più forte al mondo, resta comunque di matrice italiana e dobbiamo andarne orgogliosi.

A quale dei compagni hai detto per primo che saresti andato via?

Forse proprio a Pogacar. Un po’ si è sorpreso, poi ci ha ripensato e ha detto che tanto potremo ugualmente allenarci insieme. Magari più di adesso perché ci troveremo a fare un calendario simile.

Quintana alla Movistar? Il segreto di Pulcinella…

29.10.2023
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Avevamo ascoltato per l’ultima volta le parole di Nairo Quintana durante la conferenza stampa in cui ribadì la sua voglia di tornare ad essere un corridore. La squalifica dal Tour de France del 2022 per l’uso del Tramadol aveva portato alla rottura del contratto (appena rinnovato) da parte dell’Arkea-Samsic alla vigilia della Vuelta e sul colombiano si era abbattuta la maledizione dell’UCI: nessun team lo avrebbe più preso.

Il Tramadol è un analgesico oppioide piuttosto diffuso, vietato nelle competizioni dal 2019. Nairo ha sempre detto di averlo assunto per combattere i postumi della caduta in avvio di Tour. La sanzione, in caso di positività, è la squalifica dalla corsa, ma nulla di più. Il colombiano avrebbe potuto correre la Vuelta e andare avanti, ma la squadra lo fermò e il Tas non se la sentì di sconfessare l’UCI.

«Voglio tornare a gareggiare – aveva ugualmente detto Nairo – mettere il numero, sentire l’esigenza di rispondere a una squadra, il dolore alle gambe per la fatica, ma anche la soddisfazione della vittoria o di aver dato il massimo fino al traguardo, voglio questo. Ne ho bisogno perché la competizione è in me, ma ho anche bisogno di un ambiente migliore per poter essere calmo e concentrato su di essa».

Nel 2022, Quintana ha chiuso il Tour al sesto posto, ma il risultato è stato cancellato a causa del Tramadol
Nel 2022, Quintana ha chiuso il Tour al sesto posto, ma il risultato è stato cancellato a causa del Tramadol

Atleta e imprenditore

E’ passata una stagione e si è verificato quello che è sembrato a lungo una sorta di segreto di Pulcinella. Dopo varie ipotesi fra cui l’Astana, Quintana torna al Movistar Team, la squadra in cui divenne professionista e in cui ha scritto le più belle pagine della sua storia sportiva: contratto di un anno. Nel frattempo però, Nairo non è stato con le mani in mano. E se la quotidianità degli allenamenti in solitudine è stata particolarmente pesante, altrettanto fervida è stata la sua attività imprenditoriale.

Sul sito nairo.com.co si possono acquistare capi di abbigliamento specializzati per il ciclismo e per il tempo libero. C’è poi la Granfondo Nairo Quintana, che si svolgerà dal 24 al 26 novembre a Santander (Colombia) mentre proprio in questi giorni si sta correndo l’edizione messicana. E poi ci si sposta sul fronte della ristorazione, con il Cafè 9.3 Concept Store, situato in una delle zone più esclusive di Bogotà, in cui si mostra la magia della Colombia attraverso gusto, moda e immagini. 

Infine El Parche de Nairo, una delle iniziative più recenti: un ristorante a tema che si trova a Bogota, a Muebles Guaymaral. Al suo interno, i ciclisti e gli altri avventori potranno trovare cibo tipico colombiano, un’officina per biciclette, parcheggio per auto e biciclette, ma anche abbigliamento sportivo e accessori per biciclette.

Ritorno a casa

Quintana ha 33 anni e ha vestito la maglia della Movistar dal 2012 al 2019. Impossibile dimenticare i suoi scatti davanti a sua maestà Chris Froome nel Tour del debutto (2013), come pure la vittoria al Giro d’Italia 2014 (foto di apertura), la Vuelta 2016 e i tre podi del Tour (2013, 2015, 2016).

«Sono entusiasta di tornare a casa – ha dichiarato quando ha potuto finalmente raccontare tutto – è stato un anno difficile. Notti senza dormire, tanti giorni di enormi sacrifici, salendo sulla bici e provando ad andare avanti, con la pioggia o con il sole. Però ne è valsa la pena. Non perderò l’occasione. Conosco i valori della squadra, i valori di questo sport. Darò il massimo per fare bene e voglio contribuire perché la Movistar ottenga i risultati migliori».

Durante il 2023, Quintana ha continuato ad allenarsi da solo o nelle gran fondo, ma anche ad Andorra (foto Instagram)
Durante il 2023, Quintana ha continuato ad allenarsi da solo o nelle gran fondo, ma anche ad Andorra (foto Instagram)

La sfinge Unzue

Eusebio Unzue è un dirigente vecchio stampo e se finora aveva tenuto la bocca chiusa deve aver avuto le sue valide ragioni. Non ultima, viene da pensare, l’aver fatto le verifiche necessarie con i piani alti dell’UCI che contro il ritorno di Nairo si erano implicitamente espressi. Forse un anno di purgatorio, come un anno di squalifica, è stato ritenuto sufficiente.

«Devo dire che Nairo – ha spiegato Unzue – è un grande rinforzo. Ha solo 33 anni ed è in forma. Lo so bene, perché non ha mai smesso di allenarsi ad Andorra, dove vive con tutta la sua famiglia e mantiene un ottimo rapporto con Enric Mas, il leader della squadra. Ovviamente lavorerà proprio per lui nei grandi Giri, ma avrà l’opportunità di dimostrare che è ancora un vincente in altre gare».

Per la Movistar, che non è riuscita a prendere Carlos Rodriguez e lavora perché Enric Mas possa arrivare al livello di Vingegaard e Pogacar, l’arrivo di Quintana non è soltanto un’operazione di immagine

La sfida del Ventoux con Froome lanciò Quintana al grande pubblico nel Tour del 2013
La sfida del Ventoux con Froome lanciò Quintana al grande pubblico nel Tour del 2013

L’intesa con Mas

Nairo è un uomo mite, dal fisico esile e il carattere d’acciaio. Negli anni passati non fu facile per gli altri leader convivere con lui, tanto che alla fine la convivenza con Landa non portò i buoni frutti sperati (singolare che entrambi siano passati a fare i gregari!). Ora che avrà per forza più miti pretese e visto che lo stesso Mas non sembra un tipo particolarmente focoso, forse l’unione farà davvero la forza.

«Ringrazio Movistar, Telefónica e il team – ha salutato Quintana – per questa grande opportunità, che aspettavo da tanto tempo. Con il cuore e con le gambe darò tutto, per loro e per i tifosi. Spero che questo ciclo porterà molti successi».

Formolo e Moro per la nuova Movistar di Unzue

20.10.2023
4 min
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COMO – Eravamo alla partenza del Giro di Lombardia e in quel momento la Movistar (in apertura foto Gettysport) aveva in rosa per il 2024 solo otto corridori. Eusebio Unzue non si era tirato indietro alle nostre richieste di avere qualche informazione in più in vista della nuova stagione della sua squadra.

Unzue, patron storico della Movistar, alla partenza dell’ultimo Giro di Lombardia
Eusebio Unzue, patron storico della Movistar, alla partenza dell’ultimo Giro di Lombardia

Rivoluzione a metà

Erano stati accostati tanti nomi allo storico gruppo spagnolo. Nomi che poi non si erano concretizzati. Uno su tutti quello di Carlos Rodriguez. Su di lui, Unzue ci è parso davvero dispiaciuto per non essere riuscito a portarlo a casa.

“Ci sarà una rivoluzione”. “No, si continua con la linea storica dei corridori per le corse a tappe”, ci dicevano anche i colleghi iberici in tempi non sospetti. Fatto sta che tutto era ancora per l’aria.

«Pochi corridori? Io dico di no – spiega Unzue – abbiamo tutti quelli che servono, ma saranno annunciati al momento opportuno. Aspettiamo il termine della stagione per comunicarli». E così è stato.

«Abbiamo una squadra che è abbastanza simile direi a quella dell’anno passato – va avanti Unzue – Ne abbiamo 6-7 che vanno (in realtà sono stati dieci, ndr) e 6-7 che arrivano. Un po’ come tutti i team. Io dico che va bene. Spero molto nei giovani. Sia nei nostri giovani, che hanno fatto una bella stagione con noi, che in quelli che arrivano. L’idea è che continuino a crescere». 

Niente rivoluzione dunque, almeno non totale. Semmai più un cambio generazionale, anche se la Movistar resta abbastanza “anziana”. 

«Saltato Carlos Rodriguez – è chiaro che “Enrique” (Enric Mas, ndr) sarà il nostro capitano per i grandi Giri. Mentre Fernando Gaviria il leader per le volate… lui continua con noi. Io sono convinto che ci potremmo godere il prossimo anno».

Pelayo Sanchez (classe 2000) spagnolo, viene dalla Burgos-BH. Ha firmato fino al 2025
Pelayo Sanchez (classe 2000) spagnolo, viene dalla Burgos-BH. Ha firmato fino al 2025

Giovani ed esperti

«L’idea è quella di rinforzare la squadra maschile puntando su qualche nome importante», con queste parole Unzue ci aveva liquidato all’ultimo Tour de France.

Crescere e creare una squadra che potesse raccogliere anche un buon numero di punti: anche questo era un obiettivo. La Movistar infatti in questa stagione ha vinto 16 corse e ha chiuso al dodicesimo posto nella classifica a squadre. Non è a rischio, ma neanche così tranquilla visto che nelle retrovie i distacchi sono corti.

E allora come rinforzarsi? Persi in tutto dieci corridori, tra cui Gorka Izagirre che ha seguito il fratello Ion alla Cofidis. Jorgenson e Verona passati rispettivamente alla Jumbo-Visma e alla Lidl-Trek e con Erviti che ha chiuso la carriera, servivano dei begli innesti. Serviva gente affidabile e vincente. «Gente che ha fame e ancora voglia», ci ha detto Unzue. Corridori chiusi da tanti campioni nei rispettivi team di provenienza. Ma anche giovani in cerca di progetti che lasciassero loro più spazi personali.

E così ecco Davide Formolo e Remi Cavagna. «Credo che una squadra come la Movistar – ha dichiarato il veronese – sia ideale per il tipo di corridore che sono. Posso svolgere un ruolo importante nel supportare i leader nei grandi Giri e allo stesso tempo cercare risultati nelle corse di un giorno o ovunque sia necessario per la squadra».

Ma lo stesso vale anche per i “novellini”. Manlio Moro, Ivan Romeo e Pelayo Sanchez, quest’ultimo una delle rivelazioni dell’ultima Vuelta.

E alcune voci dicevano di una certa vicinanza anche di una grande (ex) stella, Nairo Quintana. «Non prendiamo Nairo – sottolinea Unzue – non in questo momento».

Classe 2002, Manlio Moro è ormai uno dei vagoni più importanti per il quartetto azzurro. Sarà in Movistar fino al 2026
Classe 2002, Manlio Moro è ormai uno dei vagoni più importanti per il quartetto azzurro. Sarà in Movistar fino al 2026

Moro e il Dna del team

Alla luce dei fatti però la squadra spagnola non cambia poi troppo il suo Dna. Si ritrova con un leader per le corse a tappe, Mas, due uomini veloci, Gaviria e Lazkano, e degli ottimi corridori che possono sia vincere che aiutare come Formolo, Cavagna, Aranburu, Cortina. A tutti questi va affiancata la serie di giovani di cui abbiamo detto… ma è gente su cui bisogna più lavorare che puntare.

Alla fine in questo mercato della Movistar, che è stato costellato soprattutto di rinnovi (ben 12), spicca il nome di Manlio Moro. Lui sì che si discosta un bel po’ dai profili storicamente associati al team iberico. Un pistard, una delle perle del quartetto azzurro tra gli scalatori spagnoli. Se il ruolo di Formolo tutto sommato si può inquadrare, quello di Moro resta un po’ più un’incognita.

«Il prossimo anno – ha detto il giovane pordenonese – sarà speciale per me, con le Olimpiadi. Quello è il mio vero obiettivo. Ma voglio crescere anche su strada e nelle cronometro, che sono la mia specialità e per il futuro fare bene nelle classiche». 

Vedremo, magari ha ragione il “vecchio” Unzue…

Senza Valverde e Van Vleuten, dove va la Movistar?

19.07.2023
4 min
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PASSY – Eusebio Unzue continua a portare avanti il Movistar Team che, seppure con nomi diversi, ha attraversato decenni di ciclismo. Da quando si chiamava Reynolds e vinse il Tour con Delgado a quando divenne Banesto e ne vinse cinque con Indurain. Quindi la Caisse d’Epargne del primo Valverde e del Tour di Pereiro, finché nel 2011 iniziò la storia con Movistar. Nel frattempo è nato il team femminile della prodigiosa Annemiek Van Vleuten. Ma allo stesso modo in cui a 42 anni Valverde ha deciso di uscire di scena, l’olandese appenderà la bici al chiodo alla fine di questa stagione, al momento di compierne 41.

In casa Unzue il ciclismo è un derby, dato che suo figlio Sebastian è il riferimento della squadra femminile e proprio in questi giorni, vinto il Giro d’Italia, si sta preparando il Tour Femmes.

Unzue guida il Movistar Team degli uomini, con uno sguardo sulle ragazze, gestite da suo figlio
Unzue guida il Movistar Team degli uomini, con uno sguardo sulle ragazze, gestite da suo figlio
Ma partiamo da qui, Eusebio. Da questo Carlos Rodriguez, ora quarto della generale, che il prossimo anno potrebbe approdare da voi…

Il corridore è bravo, perché è il più regolare di questo Tour così strano, in cui si stanno facendo vedere dei veterani venuti fuori da lunghe pause. Per essere alla prima partecipazione, Carlos sta davvero facendo una grande impresa.

Già alla Vuelta dello scorso anno aveva fatto vedere belle cose…

Esatto, lo avevamo visto anche l’anno scorso. Però questo è il Tour e manca ancora una settimana impegnativa, anche se per ora ha mantenuto il suo livello. Sapevamo che è forte, ma ora sta dando una grande prova di regolarità. Se continua a consolidarsi, potrebbe diventare un futuro uomo per i grandi Giri. E’ ancora a 5 secondi dal podio.

Vestirà l’azzurro di Movistar l’anno prossimo?

Questo è il desiderio, lavoriamo per realizzarlo, ma altro adesso non posso dire.

Rodriguez è uno degli obiettivi per Movistar Team: il suo contratto con Ineos è in scadenza
Rodriguez è uno degli obiettivi per Movistar Team: il suo contratto con Ineos è in scadenza
Quanto ha pesato la caduta di Mas sul vostro Tour?

Tantissimo, soprattutto perché ha rotto completamente tutti i nostri piani. E’ stato un po’ difficile digerire la sua assenza, ma alla fine siamo riusciti a far capire ai corridori che ogni giorno sarebbe stato un’opportunità, che c’erano opzioni per andare in fuga. E così abbiamo reimpostato il Tour. Magari non sempre è stato possibile entrare nelle fughe, ma quando ci siamo riusciti, ci siamo comportati molto bene.

Peccato per il ritiro di Jorgenson…

Un’altra vittima della grande caduta di domenica ed è un peccato, perché stava andando forte (4° sul Puy de Dome, foto di apertura, poi terzo a Belleville en Beaujolies, ndr). Lunedì, nel giorno di riposo, ha fatto un’ecografia che ha confermato quello che lui continuava a dirci. Il tendine del ginocchio destro ha uno strappo simile a quello avuto a sinistra dopo un’altra caduta alla Parigi-Nizza dell’anno scorso. Se fosse parito ieri nella crono, avrebbe solo peggiorato la situazione.

Maledetta sfortuna per Enric Mas caduto in avvio e subito fuori dal Tour (foto Instagram)
Maledetta sfortuna per Enric Mas caduto in avvio e subito fuori dal Tour (foto Instagram)
Come vivete in famiglia la rivalità fra la squadra maschile e la femminile?

Sono felicissimo di come sta andando la nostra esperienza con le ragazze. E’ vero che quando abbiamo iniziato, abbiamo dovuto scoprire un altro mondo. Tuttavia, l’approccio professionale con il lavoro le sta aiutando sempre più ad essere più vicine ai ragazzi. Logicamente ci saranno sempre grosse differenze nella parte fisica, ma sono davvero molto sorpreso dall’evoluzione del movimento.

In che termini?

Stanno professionalizzando tutte le loro abitudini e si stanno adattando alle esigenze di questo sport, per quanto sia duro e straziante. Inoltre, poter vivere da vicino negli ultimi sei anni l’esperienza di una grande come Annemiek Van Vleuten per noi è stato un master quotidiano di professionalità portata all’estremo più incredibile.

Un altro Giro per la Movistar di Sebastian Unzue (al centro, in basso): festa rosa sul podio di Olbia
Un altro Giro per la Movistar di Sebastian Unzue (al centro, in basso): festa rosa sul podio di Olbia
Lo scorso anno si è fermato Valverde, ora tocca a Van Vleuten, come si fa a ripartire?

Penso che le grandi persone debbano essere ricordate e le loro assenze sono troppo importanti per sostituirle. D’altro canto, è positivo che le ragazze e i ragazzi sfruttino l’esperienza che hanno acquisito con Annemiek e Alejandro, che per loro sarà sicuramente un vantaggio.

Quindi si continua sulla stessa strada?

Sì, quella di rinforzare la squadra maschile puntando su qualche nome importante e quella di consolidare un po’ il ciclismo femminile. Con mio figlio vado d’accordo, però è un fatto che al momento vince lui più di me.

Tappa (un po’) noiosa e una domanda: chi vince il Tour?

16.07.2023
5 min
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SAINT GERVAIS MONT BLANC – Chi lo vince il Tour? Se neanche la salita finale di questa tappa è servita a scavare un solco, significa che Vingegaard e Pogacar sono davvero identici. Speriamo che nessuno si offenda, ma la tappa è stata piuttosto noiosa e priva di pathos: ci siamo abituati forse troppo bene? Oggi intanto ha vinto Wout Poels, che ha tirato nei Tour di Froome e quello di Bernal e adesso si è preso il gusto di togliersi di ruota il Wout più famoso. Quando l’olandese della Bahrain Victorious ha attaccato, Van Aert ha preferito restare seduto e salvare il secondo posto.

Wouter Poels ha lavorato per tanti vincitori di Tour, ma non aveva mai vinto una tappa. Ci è riuscito a 35 anni
Wouter Poels ha lavorato per tanti vincitori di Tour, ma non aveva mai vinto una tappa. Ci è riuscito a 35 anni

Ellingworth: «Decide la crono»

Chi lo vince questo Tour? Abbiamo approfittato di un giro fra i pullman per chiederlo ad alcuni manager. Il primo è Rod Ellingworth, il capo della Ineos Grenadiers, che il Tour l’ha vinto per sei volte con Wiggins, Froome e Bernal e al momento è in lizza con Carlos Rodriguez per un posto sul podio.

«Penso sia abbastanza chiaro – dice – che Pogacar e Vingegaard sono davanti a tutti gli altri. Invece per il terzo posto, c’è una bella lotta. Carlos si sta solo concentrando sul fare il suo meglio ogni giorno, facendo bene le cose semplici, come si è visto oggi in salita. Non sta pensando al podio. E’ salito il più velocemente possibile e quando li ha presi non si è seduto. Pensavamo che fosse in grado di entrare tra i primi cinque e siamo sulla buona strada. Ma è il primo Tour e con questi giovani non si sa mai, può darsi che un giorno spenda troppo o commetta qualche piccolo errore di alimentazione.

«Credo che fra i primi due il lato fisico sia sempre l’elemento più importante. Ogni squadra ha la propria filosofia e anche noi siamo stati vicini a vincere il Giro. Chi vincerà fra loro due? Penso che siano entrambi simili. Penso che la cronometro mostrerà chi ha la forma migliore. E’ una corsa che piace, ci sono tutti gli ingredienti. Ogni Tour ha la sua storia, semplicemente bisogna accettarla come viene».

Anche oggi Rodriguez è rientrato sui primi due, rinforzando il suo terzo posto dall’assalto di Adam Yates
Anche oggi Rodriguez è rientrato sui primi due, rinforzando il suo terzo posto dall’assalto di Adam Yates

Matxin: «La battaglia continua»

Matxin è il team manager di Pogacar, la sua testa spunta da una selva di microfoni. Stamattina la riunione sul pullman del UAE Team Emirates è durata parecchio, segno che in pentola qualcosa bollisse.

«Non leggo il futuro – sorride – non potevo sapere che sarebbero arrivati alla crono quasi alla pari. Ovviamente per noi era una tappa importante. Abbiamo avuto una grandissima squadra che ha creduto in Tadej. Adam Yates prima ha provato a fare il podio, poi si è rimesso a disposizione. 

«Non sono stupito invece per il fatto che Tadej sia arrivato al Tour dopo due mesi senza correre e sia così competitivo. E’ il numero uno al mondo, è un corridore che quasi vince ogni corsa che fa. Però ha davanti il vincitore dell’ultimo Tour de France. Vingegaard è uno dei migliori corridori del mondo. La crono sarà davvero molto buona per entrambi, la battaglia continua. I 10 secondi che oggi sono pochi, magari a Parigi potrebbero essere tanti. La crono di martedì non è simile a quella con cui vincemmo il Tour del 2020. Questa sarà molto più tecnica».

Yates ha prima attaccataoo per puntare al podio, poi si è rimesso a disposizione di Pogacar
Yates ha prima attaccataoo per puntare al podio, poi si è rimesso a disposizione di Pogacar

Vingegaard: «Oggi un pareggio»

Gli uomini della Jumbo sono andati diretti in hotel, per cui il loro punto di vista ce l’ha dato direttamente Vingegaard, acchiappato dopo l’arrivo e poi nella conferenza stampa.

«Oggi c’è stato un pareggio – analizza la maglia gialla – nessuno è riuscito a guadagnare tempo. Era una tappa decisiva, come lo saranno la crono, mercoledì a Courchevel e sabato a Le Markstein. E’ stata una bella giornata, resa difficile dalla caduta che ha coinvolto tre compagni di squadra. Sarebbe bello che i tifosi capissero che le foto si possono fare ugualmente stando sul marciapiede e non in mezzo alla strada. 

«Crediamo ancora nel nostro piano. Si può sempre fare meglio, probabilmente nessuno di noi sa quale sia il suo limite, ma deve cercare di avvicinarsi il più possibile. Ora mi concentrerò su quello che devo fare, impegnandomi per andare più forte possibile nella crono. Ma prima mi riposerò e trascorrerò del tempo con la mia famiglia, che verrà a trovarmi».

La notizia del giorno è il distacco prematuro di Kuss, penalizzato però da una caduta
La notizia del giorno è il distacco prematuro di Kuss, penalizzato però da una caduta

Unzue: «Occhio al Col de la Loze»

Unzue è il grande capo del Movistar Team, che in avvio di Tour ha perso Enric Mas e adesso è qui che fa la corte a Carlos Rodriguez: un tema tuttavia su cui Eusebio non intende sbilanciarsi.

«Sono uguali – sorride – e superiori agli altri. Mi ricordano Fignon contro Hinault, oppure Fignon contro Lemond, però fra quelli c’erano comunque delle differenze che qui non ci sono. Il primo giorno ho pensato che fossero pazzi perché cercavano gli abbuoni, ma quelle piccole differenze sono il margine che li divide ancora oggi. Solo nel primo giorno sui Pirenei, Jonas ha guadagnato quasi un minuto, poi parità assoluta.

«La crono sarà importante, ma restano due grandi tappe di montagna. Il Col de la Loze è una salita lunga un’ora, la più lunga dell’intero Tour. E poi i Vosgi alla fine che, anche con il caldo, possono rendere bestiale la tappa numero 20. Le squadre sono equilibrate, ma rispetto allo scorso anno a Vingegaard mancherà Roglic, che fu decisivo nel giorno chiave. Credo però che quel giorno la maglia gialla abbia imparato tanto. Diciamo che la crono dirà chi dei due dovrà rischiare tutto con un attacco».

La Movistar cambia pelle: spiega tutto Lastras

21.01.2023
4 min
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Pablo Lastras sull’ammiraglia studia l’allenamento del mattino. E’ tutto nel tablet in cui ha caricato i percorsi di gara, anche se poi spiegarlo ai poliziotti in moto che anche oggi devono scortare la Movistar è un’altra cosa. I corridori stanno arrivando alla spicciolata dal garage, nel piazzale ci sono meno tifosi di quanti ce ne fossero ieri. Un cartello nella hall dell’albergo illustra i piani di allenamento delle squadre. La Movistar dovrebbe partire alle 10,30, ma la sensazione è che tarderanno.

L’uscita di Valverde e l’arrivo di Gaviria fanno capire che la squadra spagnola ha cambiato direzione. Fernando è l’uomo da scoprire e per ora appare super entusiasta dell’ambiente e della nuova bici. Il suo arrivo ha comunque spinto il team a cambiare atteggiamento, come ha già raccontato Sciandri all’inizio dell’anno. Ma qui siamo alla prima stretta, domani ci sarà la prima volata e Lastras inizia a sentire la tensione della corsa.

Fernando Gaviria ha 28 anni, colombiano di Medellin. E’ alto 1,80 e pesa 71 chili
Fernando Gaviria ha 28 anni, colombiano di Medellin. E’ alto 1,80 e pesa 71 chili
Com’è avere un corridore come Gaviria in squadra?

Una bella cosa, avevamo bisogno di un corridore così. Dovremo cambiare strategia in corsa, almeno in alcuni giorni. Ovviamente, senza avere un treno. Per una squadra come noi è molto difficile. Abbiamo la cultura dei Giri lunghi, dei Giri piccoli, è questa la filosofia da cambiare. Ma allo stesso tempo Fernando ci ha detto quello di cui ha bisogno.

Di cosa?

Di avere un uomo con lui per gli ultimi 5 chilometri, uno e basta, e quello non abbiamo avuto problemi a metterglielo a disposizione. Il ciclismo cambia. Guardate la Soudal-Quick Step, che ha sempre vissuto con le classiche e gli sprint e ora si ritrova a fare le classifiche dopo la grande vittoria alla Vuelta con Evenepoel. Noi vogliamo cambiare e Fernando ci darà quel cambiamento.

Nella hall dell’hotel Del Bono ogni mattina le squadre affiggono gli orari e i percorsi degli allenamenti
Nella hall dell’hotel Del Bono ogni mattina le squadre affiggono gli orari e i percorsi degli allenamenti
E’ una nuova Movistar quest’anno, senza Alejandro Valverde?

C’è stata una staffetta, che soprattutto l’anno scorso è stata un po’ frettolosa, con la questione della possibile retrocessione. Da fine luglio, tutto agosto, settembre e tutto ottobre, fino al Tour of Langkawi, la squadra ha superato se stessa. E’ questo tipo di impegno ciò che vogliamo.

Prima del Lombardia, Eusebio disse che senza Alejandro si sarebbero aperti spazi per altri corridori.

Totalmente vero. Questa mancanza di Alejandro sarà la stessa di quando se ne è andato Bettini, una similitudine per far capire agli italiani. Ovviamente gli altri corridori devono fare più passi. Siamo stati per tanti anni tutti sotto l’ombrello di Alejandro, anche i direttori sportivi. Con Alejandro le tattiche erano facili, ora dobbiamo avere più creatività per essere più bravi.

Gaviria è arrivato alla Movistar quest’anno, dopo le ultime stagioni alla UAE Emirates
Gaviria è arrivato alla Movistar quest’anno, dopo le ultime stagioni alla UAE Emirates
Avere Alejandro ancora in squadra è un vantaggio per i corridori?

E’ una garanzia totale, per insegnare tutto quello che sa. Alejandro resta una grande star e ora può restituire tutta quella conoscenza alla squadra e allo sport in genere. Sta già facendo tanto con la sua Academy. Ha le sue squadre, mandate avanti da suo fratello, ma a livello professionistico può e deve darci molto. Alejandro è un libro che va letto lentamente, con un bicchiere di buon vino. 

La tua stagione sarà divisa fra uomini e donne?

In questi anni ho cambiato molto, ovviamente, visto che anche il ciclismo femminile è molto forte. Ricevere e restituire. E’ quello che mi ha insegnato Eusebio Unzue e prima di lui Echávarri ed è quello che ho fatto. L’ho fatto inizialmente con la squadra delle ragazze, che ora sono strutturate per andare avanti da sole.

Hai parlato di Echavarri: questa è ancora la sua squadra?

Alla fine le radici non si devono dimenticare, dobbiamo ricordare da dove veniamo. Quindi, c’è una storia da cui veniamo. Il duo José Miguel Echavarri ed Eusebio Unzue. Poi solo Eusebio e ora con lui c’è suo figlio Sebastián. E’ sempre bello avere al comando due persone che si fidano l’uno dell’altro, perché la piena fiducia è la chiave per far funzionare tutto.

Pablo Lastras ha 47 anni ed è stato pro’ dal 1998 al 2015, sempre nella stessa squadra, che da Banesto è oggi Movistar
Pablo Lastras ha 47 anni ed è stato pro’ dal 1998 al 2015, sempre nella stessa squadra, che da Banesto è oggi Movistar
Un’ultima domanda: perché a fine 2021 Villella non è stato confermato alla Movistar?

Non lo so, forse abbiamo preteso troppo da lui. E’ un ragazzo molto bravo, molto serio, laborioso. Non sappiamo cosa sia successo.

Sai che si è ritirato?

Non rimane con la Cofidis? Che peccato…

Lastras scuote il capo. Solleva lo sguardo, come per qualcosa che proprio non si aspettava. I corridori sono arrivati ormai tutti. I poliziotti sono in sella alle moto. Si può partire. Domani inizia la Vuelta a San Juan 2023.

La corsa è finita, pensieri e parole del nuovo Valverde

20.10.2022
7 min
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Se Nibali ha ammesso di aver seguito la presentazione del Giro con occhi da corridore, figurarsi che cosa avrebbe potuto dire Alejandro Valverde che da lunedì sarà in ritiro con la Movistar, prima di andare in Giappone per correre i circuiti del Tour e poi finalmente in vacanza.

«Mi sto riposando per quello che mi lasciano – racconta con voce rauca dalla Spagna – non mi fermo mai. Si va di qua e di là, tanti impegni. Non ho ancora capito di aver smesso, perché come è iniziata, la stagione poi è finita e uno non lo nota. Quando comincerà il prossimo anno, allora forse me ne accorgerò…».

Tre Valli Varesine, un Valverde pimpante per le ultime corse in Italia
Tre Valli Varesine, un Valverde pimpante per le ultime corse in Italia

Bottino di 144 vittorie

Alejandro Valverde, spagnolo di Murcia, 42 anni. Alto 1,77 per 61 chili. Professionista dal 2002 al 2022, con 144 vittorie al suo attivo, fra cui 4 Liegi, 5 Freccia Vallone, la Vuelta e un mondiale. Alla fine ha scelto di ritirarsi, come Nibali che ha 4 anni in meno e di Rebellin che ne ha 9 di più.

«Era tempo di fermarsi – ammette – perché non aveva senso aspettare ancora. Però è certo che interiormente mi sento capace di correre ancora almeno per un altro anno. Il fatto è che non è necessario. Ci sono quelli che non riescono a smettere. Io credo che continuerò a fare sport, non voglio cambiare. Continuerò a vivere come ora, ma senza gare e senza stress. Magari non avrò un obiettivo da raggiungere, però la mia routine sarà molto simile a quella di adesso».

Per Valverde e Nibali, l’omaggio dei corridori della Vuelta
Per Valverde e Nibali, l’omaggio dei corridori della Vuelta
Il sesto posto al Lombardia è stato una vittoria mancata o un bel modo per salutare?

Il miglior modo per salutare. In generale, in tutte le corse fatte in Italia, tutta la settimana che siamo stati da voi è stata buona per me e per la squadra. Ce la siamo goduta molto. Il verbo “disfrutar” è sempre stato la mia regola.

Ci sei sempre riuscito?

Quasi sempre. E’ certo che sulla bici si soffre e a volte non la vivi come vorresti, perché magari non ti trovi bene e il tempo non ti passa come vorresti. Però in generale, il 95 per cento della mia carriera me la sono goduta.

Tanti corridori a fine carriera smettono di vincere perché non riescono più a fare le necessarie rinunce. Come è stato pe te?

Il ciclismo è stato sacrificio, però è certo che non mi è mai costato tanto. Lo sopportavo abbastanza bene. Il fatto di curarmi mi faceva stare bene, semmai stavo male quando non ci riuscivo. Mi dava piacere perché stavo facendo le cose nel modo giusto e poi non restava che dimostrarlo sulla strada. Il fatto di riguardarmi a tavola, per esempio, mi piaceva.

Il Giro di Lombardia è stato l’ultima corsa di Valverde a 42 anni
Il Giro di Lombardia è stato l’ultima corsa di Valverde a 42 anni
Unzue ha parlato di un ruolo per te nella Movistar del futuro: tu cosa pensi?

Per ora abbiamo il ritiro a partire da lunedì e ci sarò anche io. Definiremo quale sarà il mio ruolo nella squadra. Vedremo. Credo che sia importante il fatto di esserci, seguire le corse. Potrei occuparmi dell’immagine all’interno della squadra per il gruppo Telefonica, staremo a vedere.

SI dice che Mas al Tour abbia pagato la tua assenza, pensi sia possibile?

Di Mas me lo hanno detto tanti, anche Eusebio Unzue. Il fatto di avermi accanto può essere che gli portasse tranquillità, non solo a lui, ma a tutta la squadra. Non so di preciso cosa gli sia successo perché non ero lì. Ma è certo che ha avuto un cambio di chip molto buono. Dopo il Tour era già un altro Enric.

Hai vinto tutte o quasi le grandi classiche e anche una Vuelta. Significa che se avessi voluto, saresti potuto essere un uomo da Giri?

La Vuelta mi è sempre piaciuta molto. Il fatto di averla vinta mi ha permesso di dimostrare che potevo essere un corridore di tre settimane. Non solo perché l’ho vinta, ma perché ho anche fatto dei secondi posti, un terzo, il podio al Tour, varie volte quarto, terzo al Giro. Sono stato un corridore da classiche, ma anche da grandi Giri, per il fatto di essere sempre stato nei primi dieci.

Nel 2009, Valverde vince la Vuelta su Sanchez ed Evans
Nel 2009, Valverde vince la Vuelta su Sanchez ed Evans
Avresti mai potuto per un anno puntare tutto su un Giro e non pensare ad altro?

Mai. Non avrei potuto rinunciare a tutto per un solo Giro. Sarebbe stato difficile non provare a vincere altre corse come le classiche. Non mi sarebbe piaciuto puntare su un solo obiettivo tutto l’anno. Non mi piace, ho sempre preferito lottare su più traguardi. Una sola corsa all’anno non è per Alejandro.

Ti ha dato più allegria la Liegi o il mondiale di Innsbruck?

Più il mondiale della prima Liegi. Il mondiale è la vittoria che mi ha dato più felicità, che mi sono goduto di più.

Pozzovivo ha detto che per confrontarsi con i giovani fortissimi di adesso è stato costretto a lavorare molto di più…

Io come lui. Il ciclismo è molto più esigente di quanto fosse prima. Il livello al top si è alzato, ma anche quello intermedio. Se vuoi essere competitivo, devi curarti molto di più, devi allenarti di più e riposarti di più. Devi fare tutto più di prima.

Ed era meglio prima oppure adesso?

Prima il ciclismo era diverso e mi piaceva. Ora è diverso, però mi piace più quello di adesso.

Sul traguardo della quarta Liegi, indicasti il cielo dedicandola a Scarponi. Pochi anni prima la tua squadra aveva salutato Xavi Tondo. Com’è stato lasciare lungo la strada degli amici?

La verità è che è difficile quando perdi compagni e amici così buoni, è molto triste. Però questa è la vita, a volte viene il meglio e a volte il peggio. Devi affrontarla come viene. Mi sono divertito molto con loro, abbiamo passato un buon tempo insieme e spero, dovunque siano, che seguitino a volerci bene e a divertirsi guardandoci.

Farai un po’ di vacanze dopo il ritiro della prossima settimana?

Abbiamo un viaggio a Singapore, quindi a Tokyo per i criterium e andremo solo io e Natalia. Poi andremo in Costa Rica e al Giro de Rigo con tutta la famiglia. Tutti meno Alejandro, che ha una partita. Il calcio gli piace molto.

La quarta Liegi, nel 2017, è un tributo per Michele Scarponi: dita al cielo
La quarta Liegi, nel 2017, è un tributo per Michele Scarponi: dita al cielo
Piuttosto, cosa dicono a casa della tua scelta di ritirarti?

I miei figli vorrebbero che corressi ancora. Però sono contenti che finisco e sono contento di passare più tempo con loro.

Continuerai a raderti le gambe?

Non mi farò mai crescere i peli. Continuerò a depilarmi, non riesco a immaginare le gambe con i peli lunghi. E’ brutto vedere un ciclista con i peli.

Sarà strano andare alle corse e non trovare più Nibali e Valverde.

Sarà strano anche per noi, ma dobbiamo tutti abituarci alla novità. Ce la faremo, alla fine ci abituiamo a tutto

Ultimo massaggio della carriera e ringraziamento su Instagram per l’amico Escamez (foto Instagram)
Ultimo massaggio della carriera e ringraziamento su Instagram per l’amico Escamez (foto Instagram)
Te ne vai con un buon sapore in bocca?

Gli ultimi giorni mi hanno dato tanta allegria. Perché come ho detto prima, le sensazioni erano molto buone. Le mie e anche quelle della squadra. Quando uno sta bene e si diverte, va tutto bene. Mi dico: «Cavoli mi ritiro con un grande livello e potrei fare un anno in più». Però è meglio ritirarsi così e la gente ti ricorda come uno che si è ritirato quando era ancora in cima, piuttosto che ti ricordi perché non andavi più avanti.

Una risata. L’appuntamento alle prossime corse. Poi in sottofondo le voci dei ragazzi lo richiamano in modo fragoroso. Benvenuto nella tua vita normale, grande “Bala”, sarà sempre un piacere parlare con te.