Berton, nel dopo gara con i protagonisti c’è sempre lui

02.09.2025
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Ci vuole sicuramente tanta preparazione professionale e, perché no, anche quella fisica per il suo lavoro. Pochi istanti dopo la fine di una classica o di una tappa di un grande giro, Andrea Berton deve trovarsi al posto giusto al momento giusto per intercettare e inseguire le prime battute dei protagonisti. Anche poco fa a El Ferral Larra Belagua, traguardo della decima frazione de La Vuelta (vinta da Jay Vine e con Jonas Vingegaard tornato leader), ha esattamente fatto questo, ma non solo.

Il curriculum del giornalista milanese è degno del palmares di un grande corridore. La sua voce ha riempito tanti pomeriggi degli appassionati di ciclismo durante le telecronache su Eurosport Italia fino al 2014, poi ha cambiato ruolo all’interno del network della Warner Bros Discovery. Da dieci anni i compiti di Berton hanno preso un respiro molto più internazionale diventando “reporter on site” in lingua inglese al seguito delle gare. E così, vedendolo sempre nel vivo del post-azione, abbiamo voluto approfondire l’argomento, cercando di scoprire difficoltà, vantaggi o aneddoti della sua più recente esperienza lavorativa. C’è spazio anche per un piccolo grande insegnamento per chi vorrebbe fare una carriera come la sua.

Dopo tanti anni di telecronache, Andrea Berton dal 2016 è “reporter on site” per Eurosport in lingua inglese (foto Julian Verlay)
Dopo tanti anni di telecronache, Andrea Berton dal 2016 è “reporter on site” per Eurosport in lingua inglese (foto Julian Verlay)
Andrea proviamo a spiegare meglio il tuo lavoro?

Certo. Sono impegnato sia prima della partenza che dopo l’arrivo della tappa con le interviste. Al mattino tastiamo umori e sensazioni di atleti e direttori sportivi. Essenzialmente però posso dire che la parte più impegnativa è dopo l’arrivo. Eurosport da qualche tempo vuole le “instant reaction”, ovvero le impressioni a caldo dei corridori.

In cosa consiste?

Innanzitutto dobbiamo rispettare una zona riservata alle televisioni molto dopo la linea del traguardo. Ci posizioniamo dove sappiamo possono fermarsi i corridori, più o meno dove ci sono i massaggiatori che li attendono. Poi cerchiamo di andare a sentire subito i compagni del vincitore oppure quei corridori che si sono piazzati alle sue spalle. Per regolamento noi non possiamo intervistare né lui né chi porta le maglie di leader delle varie classifiche. Tutti loro prima devono passare dai microfoni del segnale internazionale, quindi ci concentriamo su altri protagonisti.

Le tue impressioni a mente fredda quali sono in quei frangenti?

Sono momenti bellissimi ed intensi per me. Magari dopo un arrivo in volata, vedi da vicino l’eccitazione di chi ha fatto il leadout al proprio capitano che ha vinto la tappa oppure la delusione di chi è stato battuto. Oppure nelle tappe di montagna puoi osservare chi ha appena compiuto un grande sforzo.

Hai qualche aneddoto da raccontare?

Ricordo ancora Dani Martinez l’anno scorso al termine dell’arrivo al Mottolino di Livigno. Restò quasi quattro minuti seduto contro una transenna a capo chino per recuperare dalla fatica. Era provatissimo. Oppure invece mi ha sempre stupito la freschezza di Pogacar dopo ogni sforzo, proprio per il suo grande livello. Per me, ripeto, o per chi fa il mio mestiere è un grande privilegio vivere questi momenti.

Piccolo inciso, Pogacar ti è sembrato stanco al Tour come è stato detto a più riprese?

In Francia quest’anno non c’ero, ma ho parlato con i miei colleghi di questo argomento. Loro mi hanno detto che non lo hanno visto così tanto provato e che avrebbe potuto vincere qualche tappa in più. Però mi limito alle loro impressioni.

Berton è rimasto impressionato dalla freschezza di Pogacar nelle interviste post-gara (foto Julian Verlay)
Berton è rimasto impressionato dalla freschezza di Pogacar nelle interviste post-gara (foto Julian Verlay)
Il rapporto con i corridori invece com’è negli attimi vicini alla corsa?

Partiamo dal presupposto che tutti i momenti degli atleti vanno rispettati. Sia prima del via quando può esserci un po’ di tensione perché “si sente la gara”, sia dopo il traguardo anche quando vai a parlare con qualcuno felice per il risultato di squadra. Ogni corridore ha il proprio carattere, quindi c’è sempre qualcuno che parla più volentieri e qualcuno meno.

Possiamo fare degli esempi?

Senza andare tanto indietro nel tempo, mi limito a queste prime tappe di Vuelta. Ciccone non è uno che abbia molta voglia di parlare, specie prima di una tappa in cui è uno dei pronosticati. Se non viene in mixed zone, il giorno successivo magari passa, si scusa e fa l’intervista. C’è invece l’altro Giulio, Pellizzari, che è molto più loquace. Lui ha sempre la battuta pronta e il sorriso, anche quando non è stata una grande giornata. Non si sottrae mai alle domande e spesso risponde stemperando la tensione. Oppure ancora c’è Edward Planckaert, il pesce-pilota di Philipsen, che ti racconta sempre tantissimo delle volate che quasi te le fa vivere.

Hai notato qualche cambiamento sotto il punto di vista del rapporto corridore-giornalista?

Di sicuro posso dire tranquillamente rispetto al passato, soprattutto quando ho iniziato a fare questo lavoro ormai trent’anni fa, che adesso il corridore ha una capacità e una disponibilità migliori di rapportarsi con i media. Adesso ti vengono a cercare per le interviste. Parlo di italiani ed stranieri. Si vede che c’è tanta professionalità. In generale, tranne qualche eccezione, trovi corridori più preparati a parlare, anche a caldo. E per questo li devo ringraziare perché facilitano il mio lavoro.

Quali sono le difficoltà principali del tuo ruolo?

Direi che la logistica è la cosa più complicata e rende la giornata lunga. Siamo sempre sia in partenza che in arrivo e di base con l’ultima intervista del dopo-gara, finisce il nostro lavoro di giornata. Talvolta è capitato di arrivare tardi al traguardo perché trovi traffico oppure un incidente o perché non ci sono molte strade alternative per arrivare. Ricordo una tappa del Tour Femmes di tre anni fa ed una di montagna al Giro d’Italia dell’anno scorso. Comunque ce l’abbiamo sempre fatta per arrivare in tempo prima dell’arrivo.

Può incidere questo sul rendimento del tuo lavoro?

Quando siamo in trasferimento, non sempre abbiamo un segnale forte sul cellulare o altri dispositivi per vedere la tappa in streaming, pertanto questo aspetto può limitarci. Vedere com’è andata la gara ti aiuta nelle interviste o considerazioni. Tuttavia talvolta capita che debba fare domande al buio proprio per quello che vi dicevo all’inizio. Essendo posizionati lontani dal traguardo e dal maxischermo, e non avendo sempre la possibilità di vedere il finale sul cellulare un po’ per la concitazione, un po’ per la differita, dobbiamo affidarci alle parole dei corridori. Per non sbagliare in quelle circostanze, specie dopo uno sprint, chiedo “com’è stato il finale?” e l’atleta ti racconta tutto.

Il lavoro di Berton inizia già al mattino poi trasferimento verso il traguardo (foto Julian Verlay)
Il lavoro di Berton inizia già al mattino poi trasferimento verso il traguardo (foto Julian Verlay)
Quanto è importante conoscere il ciclismo soprattutto nelle interviste post-arrivo?

Certamente molto. Credo che sia nostro dovere arrivare preparati e sapere tutto dei corridori, comprese le curiosità oltre ai risultati. Bisogna stare sul pezzo, essere aggiornati. Fa parte del nostro mestiere. Ma non tutti considerano che questo lavoro non lo puoi fare da solo.

A cosa ti riferisci?

E’ vero che faccio io le interviste, però se non hai un collega cameraman che ti segue e capisce in anticipo le tue mosse, allora non fai granché. Infatti a tal proposito ci tengo a ringraziare Phil Bryden con cui lavoro da tanto tempo (in apertura foto Julian Verlay). Lui è un grandissimo intenditore di ciclismo, anche più di me, e fra noi basta davvero un’occhiata per intenderci.

A proposito di preparazione, Andrea Berton possiede ancora quella chiavetta contenente tutte le info dei corridori?

Sì, certo (risponde sorridendo, ndr). Quando facevo le telecronache non esistevano i siti di adesso dove trovi tutti i risultati, così mi ero creato un database su chiavetta dove indicavo piazzamenti e curiosità. La attaccavo al computer e la consultavo in tempo reale quando serviva. Ora ho trasferito tutto su un cloud e lo vedo anche dal cellulare. Molte cose ormai le sappiamo già e ce le ricordiamo, specie se le hai viste dal vivo. Però nel nostro lavoro per essere preparati non bisogna mai smettere di studiare e avere sempre passione per ciò che fai.

Ciccone-Pedersen: Moser, due sconfitte tanto diverse?

26.08.2025
5 min
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Se il commentatore è acuto, spaccare il capello in due può risultare un gioco molto stimolante. Per cui quando raggiungiamo Moreno Moser e gli proponiamo di confrontare i due secondi posti di Ciccone e Pedersen nella seconda e nella terza tappa della Vuelta, il gioco riesce subito alla grande. Il trentino sta affiancando Gregorio e Magrini nelle dirette integrali della corsa su Eurosport, mentre dalla prossima settimana il posto di Magrini sarà preso da Wladimir Belli.

Ciccone è stato battuto da Vingegaard a Limone Piemonte, quando credeva di avere ormai vinto. Pedersen è stato infilzato da Gaudu ieri a Ceres, quando anche lui credeva di averla portata a casa. Ci sono dei punti in comune, secondo Moser?

«Secondo me entrambi non hanno sbagliato nulla – riflette Moser – semplicemente ogni tanto ti battono. Ciccone sicuramente è partito un po’ lungo, ma non lunghissimo. Se non fosse partito lui, sarebbe andato Vingegaard. Jonas, semplicemente, l’ha battuto. Abbiamo visto più volte anche al Tour che in questi arrivi Vingegaard è diventato pericolosissimo. Dopo Tadej, c’è lui. E ovviamente, mancando l’imperatore… Quella di Ciccone mi sembra una sconfitta onorevole».

Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Facciamo un appunto nato guardando la televisione, che quindi può lasciare il tempo che trova. Ciccone sembra troppo duro (lo ha detto anche lui) e forse perde una pedalata voltandosi a guardare indietro.

Si è girato, sì. Ci sta che in quel momento abbia perso qualcosa. Probabilmente non pensava che ci fosse ancora qualcuno con la forza per poterlo passare. A mio avviso, se avesse saputo che Vingegaard era già così vicino, non si sarebbe girato. Pensava di averli a ruota, non di averne uno già al fianco, che stava venendo su.

Si può dire che gli abbia quasi tirato la volata?

Sicuramente gli ha tirato la volata, però c’è sempre qualcuno che parte prima e non vuol dire che per questo la perda. Gli sono mancate un po’ di gambe. Anche lui ha parlato del rapporto, però ha anche detto che non vuole cercare scuse. Secondo me è assolutamente onorevole come secondo posto. Ovvio che quando ci arrivi così vicino, con la possibilità di fare tappa e maglia, brucia di più. Però erano i due favoriti e se la sono giocata. Ovviamente a Cicco manca una vittoria, però in questo momento Giulio non mi delude in nessun modo.

Dici che Vingegaard è diventato pericoloso su questi arrivi: ci ha lavorato per duellare con Pogacar?

Secondo me sì, è diventato più esplosivo e si era già visto al Delfinato. L’ha detto lui stesso di aver messo più massa rispetto all’anno scorso e in fin dei conti la massa serve esattamente a questo.

A ben vedere, al Tour del 2024 aveva già battuto Pogacar in un testa a testa a Le Lioran…

Effettivamente aveva già fatto quel numero. Forse l’abbiamo semplicemente sempre sottovalutato anche da questo punto di vista. Avendo di fronte uno come Tadej, che ti fucila sempre con facilità, dai per scontato che Vingegaard non sia adatto per questi arrivi. Se ci fosse stato Pogacar, avrebbe vinto con 20-30 metri. E probabilmente avrebbe vinto anche ieri a Ceres.

Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ieri però non abbiamo visto il super Pedersen del Giro, altrimenti non avrebbe vinto Gaudu…

Infatti anche secondo me non è il solito Pedersen. L’ho detto anche facendo la prediction prima della cronaca: non mi sembra Pedersen al suo massimo splendore. Nella prima volata s’era perso. Ieri nello sprint intermedio ha perso la ruota del suo compagno. Non so cos’abbia, perché in realtà arrivava dal Danimarca in grandissima condizione.

Di sicuro non si aspettava che a batterlo fosse Gaudu.

L’ha detto anche Vingegaard che il francese ha fatto un’entrata un po’ assassina in quell’ultima curva, però è il ciclismo e va bene. E’ entrato a quel modo perché veniva su molto forte prima della curva, mentre tutti gli altri erano un po’ piantati. S’è buttato in curva, ma nessuno ha frenato, perché si arrivava forti. Quindi Gaudu sta bene, l’aveva dimostrato già il giorno prima. Ma il Pedersen in forma, secondo me, sarebbe entrato in curva molto più forte e poi non lo avrebbe passato nessuno. Avrebbe iniziato la volata già prima della curva, invece era un po’ seduto.

Tu dici che era un arrivo adatto a lui, che pesa 13 chili più di Gaudu? Forse avrebbero dovuto tirare per lui fino alla curva?

Forse se Cicco avesse avuto le gambe per portarlo più avanti, a quel punto avrebbe vinto Mads, ma erano tutti a tutta. Forse era un arrivo al limite per lui e per le sue caratteristiche. Se vai a vedere, oltre a lui sono tutti scalatori.

Pedersen ha vinto la tappa di Vicenza al Giro, ma era un muro stile classiche…

Quel Pedersen ieri avrebbe dominato, avevo quasi dimenticato quel numero. Fece una roba stratosferica, però è anche vero che batté Van Aert. Era un finale da classiche, più che una vera salita, anche se terzo arrivò poi Del Toro. Per questo motivo non me la sento di affiancare i due secondi posti, per tornare alla domanda di partenza. Alla fine sono due cose diverse. Ciccone si è fatto battere da un super campione ed è stata una mezza beffa, che però ti tocca accettare.

La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
Dici che Pedersen non l’ha vissuta come una beffa?

Si è fatto battere da un nome a sorpresa, perché probabilmente non è al cento per cento. Però è vero che ci è rimasto malissimo. Anche perché quando ci arrivi così vicino, ci rimani sempre male. Peggio ancora quando ti batte uno che non ti aspetti. Secondo me sono due secondi posti che sembrano simili, due mezze beffe, che però sono nati in modi diversi. Quando fai secondo per 10 centimetri, in fin dei conti rientra quasi nell’ambito della casualità.

Oppure, parlando di arrivi in salita, significa che c’è un livellamento incredibile verso l’alto e 10 centimetri diventano un vuoto incolmabile?

Anche quello, sì. Ma quel metro che ti manca non è fra le cose che puoi calcolare quando parti. E comunque, sempre una grande Lidl-Trek. Al Giro gli è andato tutto bene. Qui magari fanno le stesse cose, ma invece di fare primi, sono secondi. Quei 10 centimetri non bastano per dire che uno è andato più forte, diventa quasi un errore di misura. Anche se in entrambi i casi un po’ di gambe sono mancate.

Pidcock senza parole: l’errore di una curva e addio vittoria

16.03.2025
3 min
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FRONTIGNANO – Seduto sullo sgabello della zona mista con la telecamera di Eurosport puntata in faccia, Tom Pidcock sembra davvero costernato. Pensava di essere in lotta per la vittoria, invece la corsa gli è scivolata di mano. Nel momento in cui Ayuso ha accelerato, il britannico del Q36.5 Cycling Team non è riuscito a rispondere o, a sentire lui, si è distratto. Per un po’ gli è rimasto a un soffio, poi è scivolato indietro, ma senza sprofondare. L’azione dello spagnolo non è stata irresistibile, non ha fatto il vuoto in modo definitivo. Poco rapporto nelle gambe, forse una condizione buona, ma non la migliore, anche se i dati intercettati qua e là parlano di 6,79 watt/kg per 19 minuti, contro i 6,06 di Ganna. Siamo così abituati alle progressioni di Pogacar, che uno scontro fra atleti di alto livello che si equivalgono ci fa storcere il naso. A Frontignano si è visto il confronto fra atleti di prima fascia, che faticano anche per guadagnare solo 10 secondi. Il ciclismo dei normali.

«Sono andato abbastanza bene – dice Pidcock – credo che sia stata la mia migliore prestazione su una salita come questa. Però in realtà pensavo che avrei potuto fare di più. E’ sempre difficile tenere il ritmo più elevato senza andare in rosso, ma credevo che la mia zona rossa fosse un po’ più alta di quanto abbiamo visto».

Dopo lo scatto di Ayuso, Pidcock ha dovuto vedersela con Hindley e Landa. E sullo sfondo, Scarponi…
Dopo lo scatto di Ayuso, Pidcock ha dovuto vedersela con Hindley e Landa. E sullo sfondo, Scarponi…

Una curva all’improvviso

Quasi si scusa, pensiamo ascoltandolo. Pidcock ha lasciato il team Ineos Grenadiers ed è rinato a nuovo entusiasmo. Ha vinto. E’ stato protagonista della Strade Bianche punzecchiando Pogacar. E ora che la sua squadra è in predicato di ottenere una wildcard per il Giro, lui è diventato un osservato speciale. Questa volta voleva vincere e non ne fa mistero.

«Ayuso mi ha messo molta pressione – dice – con i suoi attacchi e le accelerazioni. Ho risposto, ma ho mollato appena la spinta in una curva a sinistra perché ho pensato che subito dopo si sarebbe lasciato riavvicinare. Invece lui ha continuato a spingere. Ha preso un po’ di vantaggio e io avrei dovuto colmare il divario. Avrei dovuto chiuderlo. Non è un peccato, ovviamente, perdere contro Ayuso. E’ forte, ma avrei preferito perdere diversamente».

Prima del via della Tirreno, Pidcock e tutti i leader delle altre squadre
Prima del via della Tirreno, Pidcock e tutti i leader delle altre squadre

Le salite più ripide

Domina l’amarezza. Alla Strade Bianche ha visto andare via la schiena di Pogacar vestita della stessa maglia di Ayuso. Vittima per due settimane consecutive di uomini della stessa squadra.

«Sono un po’ frustrato con me stesso – ammette – ed è la sensazione peggiore con cui si esca da una gara. Non posso essere felice. La salita era lunga e pedalabile, ma penso che ormai preferisco quelle più ripide. Se me lo aveste chiesto l’anno scorso, avrei detto che questa era perfetta, ora invece mi piacciono le grandi pendenze. Me ne vado dalla Tirreno-Adriatico con due secondi posti. Sono contento anche per come ho visto lavorare la squadra. Manca ancora una tappa e io e David (De La Cruz, ndr) siamo nella top 10, dove vogliamo rimanere. Si vive e si impara, come si suol dire»

Imatra “on air” su Eurosport anche durante La Vuelta

21.08.2024
3 min
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Imatra rafforza ulteriormente la propria presenza nel mondo del ciclismo internazionale, grazie alla collaborazione con Eurosport. Prosegue infatti con successo la campagna pubblicitaria “More pain more gain”. Dopo l’ottimo riscontro ottenuto durante il Tour de France, lo spot viene difatti trasmesso anche durante la Vuelta a Espana. Questa nuova fase della campagna rappresenta un passo fondamentale per Imatra. L’obiettivo infatti è espandere la propria influenza e consolidare il brand nel mercato spagnolo: territorio strategico per il ciclismo.

«Siamo molto soddisfatti di come si è sviluppata l’attività con Eurosport», ha dichiarato Manolo Bianchini, il fondatore e presidente di Imatra. «Assieme a loro abbiamo avuto grandi risultati in termini di awareness e di download della nostra app. La Vuelta è per noi un passaggio molto significativo».

Tramite l’app e i chilometri pedalati si sommano monete virtuali che diventano spendibili
Tramite l’app e i chilometri pedalati si sommano monete virtuali che diventano spendibili

Un mercato importante

Il mercato spagnolo è di particolare interesse per Imatra, dato il suo crescente ruolo nel panorama ciclistico globale, che proprio in Spagna ha mosso i primi passi. La Spagna è infatti riconosciuta come una delle mete più ambite per il cicloturismo. Lo si deve a strade considerate tra le più sicure in Europa e ad una varietà di percorsi che attraggono ciclisti da tutto il mondo. Da Gran Canaria a Girona, le località spagnole offrono condizioni ideali per la pratica del ciclismo, rendendole perfette per promuovere la filosofia di Imatra. Imatra, con la sua missione di diffondere sane abitudini e promuovere uno stile di vita attivo attraverso il ciclismo, vede in questo paese un’opportunità unica per espandere la propria community.

«La Vuelta coinvolge un mercato importante – ha aggiunto Bianchini – nel quale Imatra sta investendo molto. Ci sono molte città che stanno diventando un vero punto di riferimento per i ciclisti di tutto il mondo. Sicuramente qui la filosofia del brand è ancora più condivisibile, in quanto già fa parte di un determinato lifestyle. Vediamo Imatra ben posizionata nel panorama ciclistico spagnolo, abbiamo molte aspettative su questo canale comunicativo».

Manolo Bianchini è il fondatore e presidente di Imatra
Manolo Bianchini è il fondatore e presidente di Imatra

“More pain more gain”

La campagna “More pain more gain” viene trasmessa in lingua spagnola con uno spot di 30 secondi, in onda quotidianamente durante le dirette live di Eurosport dalla Vuelta a España. Questo spot non solo promuove il marchio, ma ribadisce anche l’impegno verso l’energia sostenibile e il cambiamento positivo, portando avanti il messaggio che ogni pedalata contribuisce a un mondo migliore.

La collaborazione tra Imatra ed Eurosport durante la corrente Vuelta rappresenta un’importante occasione per rafforzare il brand in un mercato strategico come quello spagnolo. Con l’obiettivo di ispirare e motivare sempre più persone a pedalare, Imatra continua a promuovere un messaggio di benessere e sostenibilità, consolidando sempre più il proprio ruolo nel mondo del ciclismo globale.

imatra.com

Il Tour a Firenze, emozioni e riflessioni toscane con Magrini

24.06.2024
6 min
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Ormai ci siamo, ancora tre giorni e mezzo e poi finalmente si aprirà lo scenario sul Tour de France “italiano”. Firenze e il suo Piazzale Michelangelo ieri sono stati teatro della partenza dei campionati italiani vinti da Bettiol, ma giovedì a partire dalle 18,30 si tingeranno ufficialmente di giallo con una preannunciata spettacolare team presentation.

Le gambe dei corridori si accenderanno sabato 29 giugno alle 12 col via della prima tappa da Piazza della Signoria, mentre i cuori degli appassionati hanno iniziato a scaldarsi già da un po’ di tempo. Fra loro c’è Riccardo Magrini che, per forza di cose, è un trait d’union ottimale tra Toscana e Tour de France. Nonostante non sia fiorentino, “il Magro” vive questa Grand Départ con profondo sentimento come abbiamo capito dalla nostra chiacchierata. Qualcosa che non è facile da descrivere e che dovrà riversare sul microfono durante la cronaca su Eurosport assieme a Luca Gregorio.

Riccardo Magrini e Luca Gregorio commenteranno il Tour de France tutti i giorni su Eurosport
Riccardo Magrini e Luca Gregorio commenteranno il Tour de France tutti i giorni su Eurosport

Evento storico

Il feeling di Magrini col Tour è legato, fra i tanti ricordi, al 1983 quando vinse la settima tappa da Nantes ad Ile d’Oleron con un colpo da finisseur in prossimità del triangolo rosso dell’ultimo chilometro. Quarantuno anni dopo le emozioni si spostano per un evento storico.

«Questa edizione del Tour de France – racconta – la sento particolarmente, prima di tutto perché per la prima volta parte dall’Italia e poi perché, seppur indotta dalla collaborazione con l’Emilia Romagna, si parte dalla Toscana. Il fatto che si inizi da Firenze, la terra di Gino Bartali, Gastone Nencini e Alfredo Martini, credo che sia il giusto modo di rendere omaggio a tre giganti del ciclismo internazionale, non solo italiano. Sicuramente ci saranno interessi economici, però per me c’è qualcosa che va oltre alla scelta di partire da qua. In questo caso si parla di storia e valori dello sport. E poi ragazzi, avete presente il contesto artistico di Firenze, che ci invidiano in tutto il mondo, che si sposa col Tour?».

Nel 2013 il patrimonio artistico di Firenze aveva fatto da cornice al mondiale
Nel 2013 il patrimonio artistico di Firenze aveva fatto da cornice al mondiale

Firenze, prima iridata, ora gialla

Che la Toscana sia la culla del ciclismo non si discute. Per dare un’idea, chi cresce da quelle parti e si addentra in quel mondo come corridore o addetto ai lavori non può prescindere dalla conoscenza dei tre nomi fatti prima da Magrini. Oppure della stessa Firenze, che nel 2013 assieme ad altre località ospitò la rassegna iridata tra prove a cronometro e in linea. Ma che differenza c’è col Tour de France?

«Il mondiale di quell’anno – continua – coinvolse una buona parte di Toscana con tutte le gare in programma e fu una bella vetrina anche dal punto di vista turistico, nonostante la nostra regione sia conosciuta ovunque. Però il Tour ha completamente un altro richiamo. Lo sappiamo tutti, dopo Olimpiadi e mondiali di calcio che si tengono ogni quattro anni, è il terzo evento sportivo e si svolge tutti gli anni. E’ qualcosa di clamoroso per Firenze, si va in tutto il mondo

Una nota gelateria di Firenze ha ideato il gusto “Bartali Bartali”. E’ una crema fatta con zafferano di Fiesole (foto X)
Una nota gelateria di Firenze ha ideato il gusto “Bartali Bartali”. E’ una crema fatta con zafferano di Fiesole (foto X)

«Non dimentichiamoci poi – analizza Magrini – che tornaconto economico che ci può essere per la città e i suoi dintorni. Anzi, direi tutte le strade che saranno attraversate dalla prima tappa che porterà a Rimini. Anche il solo transito davanti a casa propria è davvero un evento da vivere in modo unico, qualcuno me lo ha già detto che sarà così. Tuttavia mi viene da pensare che forse la gente non si era resa conto veramente di quello che adesso sta per succedere realmente

Percezione mediatica

L’ultima frase di Magrini è un assist, o meglio una volata tirata da sfruttare. Toscani, romagnoli, emiliani e piemontesi hanno realizzato che tipo di evento gli sta per passare sui piedi? La percezione non è uguale ovunque. L’impressione è che Firenze, Rimini, Cesenatico e Bologna siano più preparati delle altre città coinvolte, però diventa difficile da dire finché non lo si vede dal vivo.

«Posso dire – prosegue il commentatore di Eurosport – che a Firenze è tutto pieno. Si parla che oltre il 90 per cento della ricettività alberghiera sia occupata già diverso tempo. E so che anche in Romagna è la stessa cosa. Certamente gli eventi collaterali legati al Tour sono stati importanti per far capire alla popolazione cosa ci sarà. Può darsi che a Firenze e in Romagna abbiano avuto un avvicinamento più coinvolgente perché le due tappe sono molto mosse e promettono spettacolo. Ad esempio l’arrivo di Bologna col San Luca nel finale è bellissimo».

RIccardo Magrini al Tour 1983 ottenne una vittoria di tappa. Qua in un momento scanzonato con Duclos-Lassalle (foto instagram)
RIccardo Magrini al Tour 1983 ottenne una vittoria di tappa. Qua in un momento scanzonato con Duclos-Lassalle (foto instagram)

«Alla base di tutto però – va avanti Magrini – credo che sia una questione di comunicazione in generale. Ovvio che se organizzi serate in vista del Tour e non le pubblicizzi, non puoi sperare che tutti sappiano cosa ci sarà. Questo è un po’ il grande limite del ciclismo, anche sugli eventi importanti. L’ho visto in questa settimana appena finita con i campionati italiani. E’ vero che erano a Grosseto e a Firenze, ma a Montecatini dove hanno soggiornato molte formazioni, nessuno sapeva nulla del perché fossero lì. Mentre altri sport, il calcio in testa, riescono a comunicare meglio, noi del ciclismo dovremmo fare una riflessione su questo aspetto

Spunti per una prossima volta?

La storica partenza dall’Italia chiama in causa tutto il ciclismo di casa nostra in modo trasversale. ASO, società organizzatrice del Tour de France, per le prime quattro tappe si appoggerà a diversi reparti di RCS Sport, organizzatore del Giro d’Italia. Una bella collaborazione che potrebbe dare spunti o frutti per il futuro.

«Credo che sia sempre utile il confronto – conclude Magrini – con altre realtà. In questo caso ci si potrà rendere conto della potenza del Tour, che comunque vedremo solo in parte qua in Italia. Ad esempio, non tutti i mezzi della loro carovana circoleranno da noi per questioni di omologazione. Per me il Giro resta la corsa più bella e più dura che c’è per percorsi e panorami, ma il Tour è sempre riuscito ad essere più incisivo a livello pubblicitario

Ancora deve iniziare questo Tour “italiano” che già si pensa ad una prossima volta. Il “Magro” lancia sul piatto una proposta. «Non possiamo avere il Tour ogni anno da noi, ma nel 2025 la Vuelta, che è gestita dagli stessi organizzatori, potrebbe partire dal Piemonte. Sarebbe bello che il Tour potesse rifare una Grande Partenza da noi fra qualche anno. D’altronde dall’Olanda ci è partito per sei volte…»

Daniel Oss e quei giorni al Giro sulla moto di Eurosport

27.05.2024
5 min
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Daniel Oss ha seguito parte del Giro da una moto di Eurosport. Ora si trova negli Stai Uniti per partecipare alla Unbound Gravel, gara di altissimo livello per specialisti, ma si capisce che pur a distanza ha continuato a seguire la corsa rosa, lasciata alla vigilia della terza settimana. L’esperienza è andata bene. Le sue osservazioni sono parse puntuali e in un ottimo inglese, figlio di tanti anni in team non italiani. E così incuriositi per le dinamiche del numerosissimo contingente di Eurosport al Giro, ci siamo fatti raccontare questo debutto inatteso.

«Per la Sanremo – racconta Oss – ero stato nella sede di Londra per fare una puntata di The Breakway con Adam Blythe e Orla Chennaoui. E’ un programma in cui prima della corsa fanno una sorta di preview, poi gli highlights e dopo la gara fanno un commento, un po’ come fanno Magrini e Luca Gregorio su Eurosport Italia. La via di mezzo fra un confronto e un battibecco. Per cui ho partecipato ed è stato molto bello. Sono arrivato la sera prima, l’indomani abbiamo fatto tutta la giornata in diretta. E a quel punto Doug Ferguson, il produttore di Eurosport Londra, mi ha chiesto se mi interessasse l’idea di fare qualche giorno con la moto. E io ho detto di sì a pelle, perché sembrava una proposta molto bella. Una bella esperienza da vivere».

Oss si era già dedicato alle interviste al Tour of the Alps, con cui collabora. Qui con Tiberi
Oss si era già dedicato alle interviste al Tour of the Alps, con cui collabora. Qui con Tiberi
Anche perché iniziano a essere parecchi gli ex atleti che si cimentano in questo ruolo…

Infatti mi sono rivisto nell’immagine di Wiggins e dello stesso Blythe. Mi stuzzicava l’idea di essere su una moto dentro la tappa, con il pensiero di viverla e raccontarla offrendo dei piccoli spunti a chi commenta. Per cui ho detto di sì e loro si sono organizzati. Qualche settimana prima del Giro mi hanno contattato e ho confermato, guardando le mie date possibili. Ci stavo dentro bene e non potevo dire di no. Magari a scapito di un allenamento in più o in meno, però era un’esperienza che andava fatta.

Com’è stare in gruppo su due ruote ma senza faticare?

Figo, tutto bellissimo, da insider, però pensavo di vedere di più. Nei miei pensieri prima di cominciare mi vedevo in mezzo al gruppo, però effettivamente ci sono delle dinamiche e delle tempistiche che non immaginavo. C’è chi deve andare avanti, chi va dietro e quindi c’è il tuo momento di vedere l’azione: non ci sei sempre. Anche se, come moto di Eurosport, da giornalista o comunque vogliate chiamare quello che ho fatto, ci sono molte possibilità di vedere bene la corsa da vicino. E’ stato bellissimo.

Loro in bici tu sulla moto, appena un anno dopo…

Soprattutto questo mi ha un po’ spiazzato. Non immaginavo come sarebbe stato vedere i ragazzi far fatica rispetto a me che non la faccio più. Insomma, mi sentivo molto vicino pur essendo molto lontano. Ho riconosciuto la fatica, ma vista da fuori mi ha stupito molto di più. E da fuori è impressionante anche la condotta di gara. La moto dà l’impressione della velocità, dello sforzo che fanno, dell’attendismo, della paura nel muoversi.

Appesa al chiodo la bici da strada, Oss si è dato alla gravel agonistica
Appesa al chiodo la bici da strada, Oss si è dato alla gravel agonistica
In quali situazioni?

La difficoltà nel muoversi in certe circostanze, come può essere il paese o la strada particolarmente ventosa. Tutte queste cose, colte dal mio punto di vista, mi hanno coinvolto parecchio sul piano emotivo. Ho visto per la prima volta da vicino Ganna in una cronometro. Mi ha fatto impazzire, è stato incredibile. E poi anche le volate e le situazioni di vento. Lo sparpagliamento nella tappa di Cento che ha vinto Milan, quando si sono rotti col ventaglio. E io ero lì a vedere in che modo gestivano e superavano le situazioni e questo in un certo senso mi emoziona.

Durante la tappa hai avuto contatti con i corridori oppure la moto sta rigorosamente a distanza?

Le regole sono abbastanza severe. Non si può fare l’intervista ai corridori, si può parlare con le macchine. Tanti corridori li ho salutati, s’è fatta giusto una battuta e ci siamo scambiati un in bocca al lupo. Ad esempio in una tappa sull’Adriatico, Pellizzari non stava bene e lo vedevo che si staccava dal gruppo in pianura. Era tra le macchine, mancava 15-20 chilometri alla fine e io gli dicevo di stare tranquillo. Lui era nervoso, aveva paura di non farcela e io allora gli ho urlato di mollare, che non serviva a niente tenere duro. Meglio recuperare e arrivare, che il giorno dopo sarebbe stato meglio.

Il colpo d’occhio da corridore serve sulla moto?

Il feeling è lo stesso, magari ci vuole un po’ per entrare nei meccanismi e diventare bravi a valutare le situazioni standone fuori. Senti e vedi tutto, però effettivamente senza la spinta di quello che percepisci dalle gambe, è difficile. E’ chiaro che da casa o comunque davanti a una tv capisci molto di più, però dalla moto puoi vedere dei dettagli che da fuori sfuggono.

Con Milan dopo la volata di Cento e un finale da brividi con i ventagli
Con Milan dopo la volata di Cento e un finale da brividi con i ventagli
Come funzionavano le tue giornate?

Sveglia la mattina e circa un’ora prima di partire, si faceva un briefing che partiva dalle indicazioni mandate su whatsapp dalla regia e dalla direzione. Dipende dalla trama della tappa. Se c’è una volata in cui se la giocano Milan e Merlier, si fanno le interviste a entrambi, in modo da poterle usare nei momenti in cui serve. Si realizzano servizi slegati da luoghi e tempi, in modo da poterle inserire quando servono.

Pensi che lo farai ancora?

Spero sia andata bene, che gli sia piaciuto. Devo migliorare, mi piacerebbe fare altre esperienze. Vedo che a loro comunque piace l’entusiasmo, il fatto che si lavori in gruppo. Non è solo una questione di lingua madre, ma anche di quello che si trasmette. Gliel’ho detto, vediamo se mi richiameranno. Intanto domenica si corre. E qua vanno tutti davvero molto forte…

Hai parlato di Ganna, com’è stato invece vedere Pogacar in azione?

Beh, cosa posso dire… abbastanza emozionante! E poi il mio parametro è sempre quando piaci ai bambini, allora hai fatto centro. Ma al di là di questo, tecnicamente mi ricorda tantissimo quando mi emozionavo con Peter (Sagan, ndr). Quando faceva quelle cose che, cavoli, resti proprio a bocca aperta. E non puoi che dire: «Wow, che bomba!». Davvero tanta roba…

Il riposo di Vingegaard e l’analisi di Gilbert

11.07.2023
5 min
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Philippe Gilbert ha lasciato il Tour, cedendo a Jens Voigt la moto di Eurosport da cui ha raccontato la prima settimana di corsa. Tuttavia, prima che partisse, L’Equipe lo ha intervistato e le sue parole sono diventate lo spunto per un interessante approfondimento.

Quel che colpisce dalle sue parole è innanzitutto lo stupore. Vivere il Tour da atleta è sicuramente qualcosa di inimmaginabile anche per chi ha vissuto per così tanti anni la carovana francese. Gilbert ha partecipato a 12 edizioni della Grande Boucle, ma non ne avrebbe mai immaginato la grandezza, per come viene percepita guardando ciò che c’è fuori dalle transenne. Sono gli atleti a fare la corsa, ma rendersi conto di quello che gli è stato costruito attorno e dell’attesa della gente lungo le strade è stato per il belga uno shock positivo.

Gilbert ha seguito la prima settimana del Tour per Eurosport. Al suo posto c’è ora Voigt (foto Instagram)
Gilbert ha seguito la prima settimana del Tour per Eurosport. Al suo posto c’è ora Voigt (foto Instagram)

La spontaneità e gli schemi

Ciò che ha colpito Gilbert, che dalla moto ha seguito i due di testa osservandoli in ogni dettaglio, sono state le profonde differenze fra loro. Fra la naturalezza spigliata di Pogacar e l’essere quasi schematico di Vingegaard, che a ben vedere sono le differenze che negli anni hanno animato i duelli fra Pantani e Ullrich e ancor prima fra Indurain e Chiappucci.

«Ho potuto vedere da vicino i due fantastici Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar – dice Gilbert – è stata la prima volta che ho seguito i migliori scalatori su passi mitici come il Tourmalet… però in moto! La facilità e l’efficienza dei loro colpi di pedale sono stati sconcertanti, ma quello che ho potuto vedere è stata la netta differenza nel loro atteggiamento. Vingegaard ha un approccio più strutturato, basato su un forte lavoro della squadra e su tattiche decise in anticipo ed eseguite alla lettera. Con Pogacar, c’è uno stile completamente opposto, con una spontaneità impressionante. Che sia di fronte ai microfoni in zona mista o in bici, è sorprendente. Con lui non sai mai quando attaccherà, il che dà molto stress ai Jumbo-Visma, che hanno difficoltà a leggere le carte di Tadej».

Vingegaard ha provato a dare il colpo del KO a Pogacar sul Tourmalet, ma Tadej si è ben difeso
Vingegaard ha provato a dare il colpo del KO a Pogacar sul Tourmalet, ma Tadej si è ben difeso

Sul filo dei nervi

A ben vedere, la resurrezione di Pogacar sull’arrivo di Cauterets e poi la stilettata del Puy de Dome hanno prodotto proprio questa destabilizzazione, alimentata con le dichiarazioni del giorno di riposo. E se in un primo momento Vingegaard può aver pensato che avrebbe avuto vita facile, ritrovarsi davanti un Tadej nuovamente cattivo e forte, lo ha convinto a tenersi buono Van Aert, nei confronti del quale aveva già mostrato qualche segno di insofferenza.

«Con 17 secondi di ritardo e un vantaggio psicologico su Vingegaard – dice ancora Gilbert – Pogacar è in una posizione ideale, attento al minimo segno di debolezza del suo diretto avversario. Lo spingerà al limite e, come ha dimostrato lo scorso anno nella tappa di Cahors, è capace di attaccare anche nelle cosiddette tappe di trasferimento. Ogni secondo conterà e Tadej avrà comunque il vantaggio degli abbuoni».

Due modi di andare in salita molto diversi: col rapporto il danese, più scalatore. Più agile lo sloveno
Due modi di andare in salita molto diversi: col rapporto il danese, più scalatore. Più agile lo sloveno

Condizioni a confronto

Non certo un messaggio tranquillizzante per Vingegaard. Il danese ha vinto il Tour del 2022 grazie alla superiore condizione fisica e per la crisi indotta nel rivale sul Granon, ma non ha mai dovuto combattere con lui la guerra dei nervi. La Jumbo-Visma avrà la compattezza che serve per fronteggiare… l’anarchia di Pogacar?

«Secondo me – chiude Gilbert – la forma di Pogacar non era ottimale all’inizio del Tour a causa della sua frattura alla Liegi Bastogne-Liegi. Ora salirà di livello. Quell’incidente potrebbe diventare la chiave del suo successo? Non si sa. Dopo un inizio di stagione alla grande, forse al Tour gli sarebbe mancata la freschezza. Mentre così ci è arrivato motivato e fresco».

Per contro, come ha fatto rimarcare Stefano Garzelli durante la diretta della tappa di domenica, Vingegaard è al top dal Delfinato: è possibile che possa crescere ancora?

Negli ultimi giorni con Vingegaard ci sono anche la moglie Trine e la figlia Frida
Negli ultimi giorni con Vingegaard ci sono anche la moglie Trine e la figlia Frida

A porte chiuse

Il danese frattanto ha trascorso il giorno di riposo nel modo più tranquillo possibile, con una sola intervista rilasciata alla televisione danese e la famiglia intorno. Si è allenato, ha firmato autografi, poi ha passato il resto della giornata con la moglie Trine e la figlia Frida. 

«Mi sento di nuovo pieno di energia – ha detto a TV2 Danimarca – e pronto per la prossima settimana. E’ andata bene, perché mi aspettavo di essere dietro. Le tappe che arrivano mi si addicono molto di più, con intere giornate di salite e discese piuttosto che un’unica salita finale. Finora l’unica giornata in cui abbiamo accumulato fatica è stata la tappa del Marie Blanque. Crediamo molto in quello che stiamo facendo e siamo certi di poter vincere il Tour anche quest’anno».

Il riposo a porte chiuse conferma che la pressione di dover difendere la maglia gialla è un peso aggiuntivo al Tour de France, come ha ben spiegato Pogacar durante la sua intervista. Aver ribadito di essere il vincitore uscente è il modo per Vingegaard di demarcare il territorio? Può darsi, di sicuro i due non si faranno sconti.

La legge di Contador: «Si corre sempre per vincere»

18.12.2022
4 min
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«Non contemplavo altra cosa che non fosse andare alle corse per vincere. Se nel mio discorso ai corridori sostenessi un’altra cosa – dice secco Contador con lo sguardo dritto – starei mentendo. Devono avere questa convinzione. Ce ne sono alcuni che non hanno le capacità di vincere, ma altri che invece possono. E se non pensano che possono farlo, è praticamente impossibile che ci riescano. In questo senso, credo sia importante che colgano questo messaggio, soprattutto i corridori che passano adesso al professionismo».

Nonostante sia uno dei tre soci della Eolo-Kometa, acchiappare Alberto Contador nelle occasioni ufficiali è come stargli dietro in salita quando si metteva a scattare. Ti distrai un attimo e sparisce. E così anche questa volta. Appuntamento dopo cena, ma lui arriva e ti saluta, dicendo che è stanco e anche tu non hai una gran faccia.

«Ci vediamo domattina?».

«Domattina non ci siamo, anzi andiamo via stasera».

E allora il pistolero (in apertura nella foto di Maurizio Borserini) ricorda le interviste dei tempi andati e si lascia convincere. In effetti non ha una grande cera e siamo certi di non essere messi tanto meglio. Sono circa le 22, promettiamo di fare presto. La Francia ha buttato il Marocco fuori dai mondiali di calcio. Nell’hotel di Oliva, c’è anche lo Spezia Calcio. Quello nell’angolo sembra il figlio di Maldini, gli altri non sappiamo chi siano. Ma Contador l’abbiamo riconosciuto bene.

La Eolo-Kometa sta ultimando il suo training camp a Oliva, sud di Valencia (foto Maurizio Borserini)
La Eolo-Kometa sta ultimando il suo training camp a Oliva, sud di Valencia (foto Maurizio Borserini)
Sembri stremato: com’è avere una squadra?

Una medaglia con due facce. La faccia positiva è che sei nel mondo che ti piace e stai restituendo al ciclismo il tanto che il ciclismo ti ha dato. La parte negativa è che ci sono molti mal di testa.

Non più mal di gambe, insomma…

Avere una squadra significa avere un numero impressionante di personale. Perché non sono solo i professionisti, ma anche gli under 23 e gli juniores. Stiamo vedendo che da juniores passano professionisti e quelli che passano si giocano le corse al primo anno. Le tre categorie sono importanti. Tanto personale e lo sforzo economico che richiede. Non è facile trovare sponsor per sostenere il progetto. Le cose si stanno muovendo, ma alla fine è soprattutto mal di testa. Andare in bicicletta era più facile.

Dopo una vita occupandosi di suo fratello, “Fran” Contador amministra il team (foto Maurizio Borserini)
Dopo una vita occupandosi di suo fratello, “Fran” Contador amministra il team (foto Maurizio Borserini)
Hai un modello da seguire? Qualche giorno fa, Kreuziger parlò di Riis…

Bjarne è molto bravo, però per le squadre non credo più al modello unico di una sola persona. Credo che difficilmente uno solo possa gestire tutto. Una squadra comprende tantissimi aspetti diversi, quindi devi appoggiarti su elementi di cui ti fidi. Trovare le persone di cui fidarti, che siano in grado di svolgere il lavoro nelle migliori condizioni, non è facile. Nel nostro caso la gestione passa per le mani di Ivan Basso, di mio fratello Fran e le mie. E questo ci permette di dividere i ruoli e le responsabilità e non tralasciarne nessuna.

Invece il lavoro per Eurosport cosa rappresenta?

E’ qualcosa che mi incanta, mi piace molto. Sono nella gara oltre che con la squadra, in mezzo a quelli che sono stati i miei compagni, nelle corse che hanno dato tanto alla mia vita. Oggi ci sono corridori giovani che mi hanno visto correre e per me è bello. Eurosport mi aiuta molto a mitigare questa mancanza di competizione che ancora ho. Le corse mi mancano.

Aprica, Giro d’Italia 2022: Contador intervista Pello Bilbao sul traguardo
Aprica, Giro d’Italia 2022: Contador intervista Pello Bilbao sul traguardo
Quest’anno si è fermato anche Valverde, ti pare che il ciclismo spagnolo abbia trovato nuove forze?

Credo che dobbiamo essere molto contenti. Abbiamo un buon presente e anche il futuro. Enric Mas è un corridore molto regolare. Per vincere il Tour non lo so, perché ci sono corridori più favoriti di lui, però è un gran corridore. La Vuelta invece credo che sia nelle sue gambe. E’ già stato secondo in 2-3 occasioni, quella maglia è alla sua portata. Quanto ad Ayuso e Rodriguez, non sappiamo dove sia il loro limite. Due corridori che sono stati impressionanti alla Vuelta. Ayuso ha fatto terzo e poteva aver vinto l’ultima tappa se avesse avuto una migliore punta di velocità. Mentre Carlos Rodriguez è stato penalizzato dalla caduta, ma credo che con questi due nomi il ciclismo spagnolo abbia preso ossigeno.

La doppia uscita sarà la regola: il Belli pensiero

30.11.2022
5 min
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Due sedute di allenamento, entrambe in bicicletta. Per Wladimir Belli, preparatore atletico ormai di lungo corso, il futuro del ciclismo sarà questo. Alla doppia seduta si è arrivati da qualche anno, ma la differenza è che oggi si va al mattino in bicicletta e al pomeriggio in palestra per pesi o esercizi di corpo libero: a breve ci sarà la bici anche al pomeriggio. Ma anche il ciclismo, come il resto del mondo e degli altri sport, va verso la ricerca di una prestazione sempre più di alto livello. Che sconfina a volte nel fanatismo, nell’esagerazione, nella perdita di un romanticismo che da sempre contraddistingue questo sport e i corridori che lo animano

Belli è da qualche anno un preparatore e uno degli opinionisti più autorevoli di Eurosport
Belli è da qualche anno un preparatore e uno degli opinionisti più autorevoli di Eurosport

«Oggi – spiega Belli – già dopo il Lombardia alcune squadre radunano i propri corridori in ritiro. Si stacca sempre meno, difficilmente si va oltre i venti giorni di vacanza tra la fine della stagione e l’inizio della preparazione invernale».

Una modalità che rischia di logorare fisico e testa e che si aggiunge ad altri accorgimenti tutti diretti verso la stessa direzione: professionisti concentrati sul lavoro 12 mesi l’anno

«Anche con l’alimentazione è così – aggiunge colui che oggi è anche un’apprezzata voce di Eurosport – i corridori non ingrassano più fino a 6 chili come succedeva un tempo. Rimangono sempre vicini al peso forma, ma questo richiede sforzi e sacrifici».

Matteo Trentin
Trentin ha spesso praticato sci di fondo alla ripresa dell’attività: vivendo a Monaco, la tentazione bici è però molto forte
Matteo Trentin
Trentin ha spesso praticato sci di fondo alla ripresa dell’attività: vivendo a Monaco, la tentazione bici è però molto forte

Sport alternativi

Altro aspetto che stride con quanto si era soliti fare fino a qualche anno fa: gli sport alternativi.

«Nella pausa invernale – ricorda Belli – frequentemente ci si dedicava ad altre attività come la corsa in montagna, le camminate in quota, oppure il classico sci di fondo o il nuoto. Questo oggi non è più consentito. Quando si riprende dopo la pausa, si monta subito in sella per macinare chilometri. L’unico sport alternativo accettato è la mountain bike, ma sempre di bicicletta si tratta».

Eccezione cross

Così per quasi tutti. Fortunatamente, almeno per chi ricerca nel ciclismo ancora tracce del suo dna, c’è chi varia sul tema. E non sono nomi da poco, anzi.

«Van Aert e Van der Poel – spiega l’ex corridore bergamasco – corrono ancora a piedi durante la preparazione invernale. Questo però perché sono anche ciclocrossisti praticanti, cosa che gli consente di non perdere la brillantezza che, al contrario, gli altri sport possono togliere, imballando un po’ la gamba».

Van Aert corsa 2022
Van Aert corre a piedi a Livigno: una fase di preparazione che non manca mai dal suo programma
Van Aert corsa 2022
Van Aert corre a piedi a Livigno: una fase di preparazione che non manca mai dal suo programma

Lo stress logora

Mode che passano e che si mescolano ad evidenze scientifiche. Ma Belli è d’accordo o meno con la nuova tendenza?

«Non sono molto d’accordo – risponde sicuro – perché questo stress psicofisico rischia di accorciare le carriere dei corridori ed esasperare il mondo del ciclismo. Credo che staccare di più e dedicarsi a qualcosa di altro sia necessario per tutti».

Qualità e quantità

Di certo c’è che non è più utile ricorrere ad allenamenti eccessivamente lunghi. Le corse stanno diventando sempre più brevi – ad eccezione delle classiche Monumento – per cui la qualità prevale sulla quantità.

Ad incrementare la specificità e la qualità degli allenamenti, sono arrivate anche le nuove scuole. Quelle nordiche ad esempio (Danimarca e Norvegia su tutte) per cui, grazie alla facilità con cui si può viaggiare oggi, si riesce ad allenarsi anche d’inverno in luoghi più idonei alla bicicletta, esportando il modello. Senza dimenticare la scuola britannica, esplosa da Wiggins in poi. E l’Italia?

Le gare si accorciano e scendono i volumi di allenamento. La tappa pirenaica di Peyragudes, misurava 129,7 chilometri
Le gare si accorciano e scendono i volumi. La tappa pirenaica di Peyragudes, misurava 129,7 chilometri

«Abbiamo da sempre un’ottima scuola come preparatori atletici – sottolinea Belli – ma pecchiamo nelle categorie giovanili. Il discorso è complesso e ampio, tutto parte dalla necessità di rivedere il concetto di sport nelle scuole. Ora è trascurato, mentre negli altri Paesi hanno capito che educare i giovani allo sport incide sulla salute pubblica a lungo termine.

«Il ciclismo dovrebbe anche tornare un po’ indietro, quando ogni paese di provincia aveva la propria squadretta e portava i corridori a gareggiare senza badare a troppe strategie. Oggi invece il successo a tutti i costi è inculcato dalle famiglie e dalle stesse squadre».

Poter leggere su Strava i dati di un professionista in allenamento potrebbe far saltare i riferimenti per gli atleti giovani
Poter leggere su Strava i dati di un professionista in allenamento potrebbe far saltare i riferimenti per gli atleti giovani

Rischio social

In ultimo, la questione della condivisione dei dati di allenamento che porta i giovani a voler emulare i professionisti dal momento che possono vedere come si allenano.

«Succede sempre più spesso – chiude Belli – ma può essere un problema. Oggi tutti sanno tutto, mentre un tempo si guardava ai professionisti più esperti cercando di carpire segreti e imparare il mestiere. Rientra nel discorso delle performance a tutti i costi, che poi rischia di presentare il conto: se da giovane vinci tutto, poi da professionista incontri difficoltà e rischi di saltare subito».