Corti

Parlando con Corti di campioni e promesse mancate

16.05.2022
6 min
Salva

A 67 anni, Claudio Corti si gode il meritato riposo e la bici la usa solo per tenersi in forma («Ho ripreso a pedalare dopo trent’anni, per tenermi un po’ in esercizio…»). Una storia la sua durata qualcosa come 45 anni, prima da corridore e poi da diesse, girando il mondo e scoprendo campioni. Ne avevamo parlato poco tempo fa a proposito di Daniel Martinez, ultimo prodotto di una lunga esperienza vissuta in Colombia, in quella che è stata l’ultima tappa del suo girovagare: «Quando nel 2016 il ministro dello sport è cambiato mi hanno rimosso dall’incarico, anche perché il budget che avevamo a disposizione era molto esiguo e non ci si stava più con le spese per girare il mondo per le gare».

A quel punto, Corti ha provato a sondare il terreno in giro, fatto progetti, sentito sponsor, ma senza una squadra rientrare in carovana si è rivelato impossibile.

«Provate a guardare quanti sono rimasti fuori come me: Ferretti, Stanga, lo stesso Amadio prima della chiamata della Federazione… Un patrimonio di esperienze gettato via, se sei senza team non hai possibilità di trovare spazi. A quel punto mi sono deciso a mettermi tutto alle spalle e godermi la pensione. D’altronde con quello che ho fatto, non me la sentivo di rimettermi in gioco per qualcosa di piccolo».

Corti Moser 1977
Corti con Moser, entrambi iridati nel 1977. In carriera ha vinto 10 gare, con 2 titoli italiani e un argento iridato da pro’ nell’84
Corti Moser 1977
Corti con Moser, entrambi iridati nel 1977. In carriera ha vinto 10 gare, con 2 titoli italiani e un argento iridato da pro’ nell’84

L’importanza di lasciare casa

Non che Claudio si sia allontanato da quel mondo che è stato la sua vita. Intanto è presidente onorario della società ciclistica giovanile nel suo paese, Capriolo e un occhio ai più giovani lo getta sempre volentieri. Poi guarda alle gare ciclistiche vedendo in gara tanti che hanno iniziato con lui.

«Ad esempio Esteban Chaves . dice – viveva vicino casa mia a Bergamo, lo portai in Italia che non lo conosceva nessuno e finì per sfiorare un Giro d’Italia. Lo perse solo perché Nibali s’inventò un’azione delle sue quando ormai sembrava spacciato. Ma Esteban ha avuto un ruolo importante, ha fatto da traino ai suoi connazionali».

Questo è un concetto importante che Corti vuole sviluppare: «Il problema per molti colombiani era che rimanevano confinati nel loro mondo, soffrivano di nostalgia nel lasciare casa ed evitavano di farlo. Ma solo così puoi emergere. Chaves ha aperto la strada, i giovani hanno capito che se volevano vivere di ciclismo dovevano trasferirsi e guadagnando bene potevano portare con sé la famiglia».

Esteban Chaves fu 2° al Giro e 1° al Lombardia nel 2016. Un esempio per i suoi connazionali
Esteban Chaves fu 2° al Giro e 1° al Lombardia nel 2016. Un esempio per i suoi connazionali
Chaves Lombardia 2016
Esteban Chaves fu 2° al Giro e 1° al Lombardia nel 2016. Un esempio per i suoi connazionali

Martinez, cresciuto nei sacrifici

Di Corti avevamo parlato a proposito di Martinez: «Rispecchia quanto ho detto. Agli inizi non era un fuoriclasse, ma rispetto agli altri aveva una determinazione inconsueta. Voleva essere pro’ a tutti i costi e si è sacrificato per questo, è cresciuto e ora è uno dei candidati alla vittoria del prossimo Tour. Ma a fronte di corridori che hanno investito e ottenuto, ce ne sono altri che avevano grandi mezzi e sono rimasti lì, come ad esempio Fabio Duarte che secondo me poteva essere un campione, quando vinse il titolo mondiale U23 nel 2008 sembrava destinato a grandi cose, ma era debole di carattere».

La scoperta di Froome

La storia di Corti non è legata solo ai colombiani. A lui ad esempio si deve la scoperta di un talento come Chris Froome.

«Eravamo andati a fare una gara in Sud Africa, nel 2007 – racconta – il Giro del Capo, avevamo la squadra Barloworld incentrata su Felix Cardenas (che finì 2° dietro il compagno di team russo Efimkin, ndr) e noto questo spilungone che in salita teneva botta con agilità. Al tempo aveva ancora il passaporto kenyano, la cosa mi colpì e decisi di portarlo nel team. L’anno dopo decisi di provarlo al Tour de France: il penultimo giorno, nella cronometro vinta da Cancellara, finì 14°. Era la prima volta che affrontava una corsa di 3 settimane, aveva lavorato tanto per i compagni eppure aveva ancora forza e voglia di lottare, capii che c’era davvero del buono in quel ragazzo e lo presi sotto la mia custodia».

Duarte
Fabio Duarte, un colombiano molto promettente ma che non ha mantenuto le attese
Duarte
Fabio Duarte, un colombiano molto promettente ma che non ha mantenuto le attese

Froome e l’auto in prestito…

Il loro rapporto andava anche oltre quello legato al ciclismo: «Viveva vicino casa, spesso mi chiedeva la macchina in prestito e gli davo quella di mia moglie per uscire la sera. Aveva grandi mezzi, ma doveva trovare la sua dimensione. In una tappa del Giro, con la scalata del San Luca era andato in fuga con 15 corridori e quel giorno aveva la gamba per vincere, ma finì 4°. Aveva bisogno di maturare anche mentalmente, non solo nel fisico.

«Si vedeva che poteva fare tanto, certo non avrei mai pensato allora che avrebbe vinto così tanto nei grandi Giri. A ben guardare il meglio della Ineos è passato per le mie mani, come Thomas. Nessuno pensava che un pistard come lui potesse avere una grande carriera da stradista, ma Geraint è sempre stato uno che ha avuto piacere di andare in bici e questo lo si vede anche adesso, nella fase discendente della carriera».

Torniamo a Froome, potrà tornare a emergere? «Dubito, ha preso troppe legnate in questi ultimi anni. La ripresa da un infortunio come il suo è già difficile, ma sopra ci si sono aggiunte tante delusioni che hanno fiaccato la sua autostima. Sono stati anni troppo difficili, ha perso l’abitudine a lottare con i migliori. Un corridore per emergere deve crederci al 100 per cento, lui prima che i compagni di squadra o i dirigenti o chiunque gli sia intorno. I risultati nascono dal di dentro».

Froome Corti 2009
Froome alla Roubaix, con Corti a rimettere a posto la ruota. Il loro legame è stato molto stretto
Froome Corti 2009
Froome alla Roubaix, con Corti a rimettere a posto la ruota. Il loro legame è stato molto stretto

La mancanza degli italiani

Guardando questo ciclismo da fuori, Corti non può che considerarlo lontano dai suoi schemi.

«Sono sempre stupito e meravigliato – dice – da quel che fanno i giovani attuali, ma io credo che sia generato anche dal fatto che prima dei giovani alla Evenepoel e Pogacar di oggi c’è stato un vuoto generazionale. Campioni c’erano, ma si sono consumati presto: uno come Quintana nei suoi primi tre anni, nelle corse a tappe non finiva mai fuori dal podio, ma poi non ha retto. Io vedo in questi ragazzi una forza e un entusiasmo che quelli di prima non avevano, forse neanche la mia generazione. Io i primi anni da pro’ facevo fatica, ci ho messo anni per trovare la mia dimensione. Mi dispiace solo che fra questi giovani campioni che stanno segnando un’epoca non ci sia un italiano…».

Colombia Olimpiadi 2021

Colombia, mille problemi ma tanta voglia di fare

23.07.2021
4 min
Salva

C’è fermento, in casa colombiana, le ultime traversie che hanno accompagnato l’avvicinamento del team sudamericano alla gara olimpica non hanno tolto il sorriso ai 4 portacolori.

I problemi non sono stati pochi e il principale si vede proprio dal numero che abbiamo appena indicato, 4. La Colombia aveva diritto al contingente pieno, ma Daniel Martinez, elemento fondamentale per la prima parte di gara, soprattutto per la lunga salita sul Monte Fuji è uno dei tanti sportivi che paga il massimo prezzo al Covid.

Non c’era più tempo sufficiente per sostituirlo essendo scaduti i termini, così la Colombia si ritrova senza un elemento e, per la stessa ragione, anche senza quello che era da tutti indicato come il “lider maximo” della spedizione, la maglia rosa Egan Bernal, anche lui piegatosi al Covid subito dopo la corsa rosa e ancora alle prese con quei fastidi alla schiena che lo perseguitano da molti mesi.

Vista la situazione, alla Ineos Grenadiers hanno tirato un sospirone di sollievo sapendo della sua mancata presenza, proiettandolo verso la Vuelta.

Quintana Pogacar 2021
Nairo Quintana all’ultimo Tour insieme a Tadej Pogacar: domani nuova sfida in un giorno
Quintana Pogacar 2021
Nairo Quintana all’ultimo Tour insieme a Tadej Pogacar: domani nuova sfida in un giorno

Colombia senza capitano, per scelta

A chi quindi i gradi di capitano? Guardando il quartetto in gara, si comprende bene come il cittì colombiano Carlos Mario Jaramillo, per ovviare all’assenza di Bernal, abbia scelto di puntare su quattro corridori capaci di interpretare più ruoli, ognuno dei quali può all’occorrenza puntare al massimo risultato. E’ un po’ lo spirito che tutti i componenti cercano di portare avanti, da Nairo Quintana a Rigoberto Uran, da Sergio Higuita a Esteban Chaves, tutti per uno e uno per tutti.

Il poker di scalatori sa che avrà addosso gli occhi di tutta la Nazione (la gara partirà alle 21 ora colombiana e si prospettano le ore piccole per seguire l’evento più atteso dell’Olimpiade).

Nel complesso la spedizione colombiana che nel suo complesso appare meno qualificata di quella di Rio 2016, perché le sue punte (dalla triplista Ibarguen alla Pajon regina del Bmx) sembrano avere perso un po’ di smalto.

Colombia Tokyo 2021
Da sinistra Higuita, Quintana, Chaves e Uran, il quartetto che tenterà il tutto per tutto nella sfida olimpica
Colombia Tokyo 2021
Da sinistra Higuita e Quintana

Quintana suona la carica

Quintana è stato abbastanza attivo all’ultimo Tour interpretato, come ormai avviene da tempo, senza velleità di classifica. Nelle ultime dichiarazioni il corridore dell’Arkea Samsic ha provato a dare la carica: «Sappiamo bene che cosa fare, se faremo del nostro meglio non torneremo a mani vuote. Abbiamo lavorato duro per arrivare fino a qui e siamo un gruppo coeso, di corridori di diverse squadre ma che hanno già gareggiato insieme. Con dedizione e collaborazione possiamo rendere orgoglioso il nostro Paese».

A testimoniare l’armonia nel gruppo ci si mettono anche Uran e Higuita, che su Instagram ovviano alla tensione della vigilia con simpatici siparietti. Come quando Higuita si è divertito a riprendere Uran mentre dormiva… sonoramente mettendo tutto online. Piccole scene che hanno restituito il sorriso a Jaramillo, partito per il Giappone con un diavolo per capello.

Jaramillo Mondiali 1996
Una foto d’epoca, il cittì colombiano Carlos Jaramillo in gara ai Mondiali 1986 a Colorado Springs (USA)
Jaramillo Mondiali 1996
Una foto d’epoca, il cittì colombiano Carlos Jaramillo in gara ai Mondiali 1986 a Colorado Springs (USA)

Partiti fra le polemiche

La ragione va ricercata nella selezione femminile, che riguardava… una sola concorrente, Paula Patino scelta in luogo di Liliana Moreno, che ha accolto la notizia dando sfogo alla sua rabbia: «Sono stata rapinata di un sogno, al quale Jaramillo e il presidente della Federazione Mauricio Vargas non hanno mai contribuito, decidendo non in base ai risultati sportivi. Non chiedo giustizia, che non esiste in questo Paese ed è una parola sconosciuta ai vertici della federazione». Nota a margine: la Patino è numero 83 del ranking, la Moreno 351…

Il colpo del Colibrì. E Chaves sogna le Olimpiadi

06.04.2021
4 min
Salva

Il Colibrì è tornato a sorridere! Esteban Chaves con uno dei suoi attacchi in salita si è portato a casa la tappa più dura della Vuelta Catalunya. Il piccolo scalatore colombiano sembrava destinato a grandissimi obiettivi, ma poi diversi inconvenienti di salute lo avevano rallentato. Spesso facendolo sprofondare e veri “buchi neri” come quello avvenuto dopo il ritiro al Giro 2018. Mononucleosi e altri problemi allergici. Non era più lui.

Al Giro, Chaves vanta tre vittorie di tappa e un secondo posto nella generale (2016)

Il portacolori della BikeExchange però non ha perso la sua arma migliore, il sorriso, e ha continuato a lavorare a testa bassa. L’anno scorso una stagione particolare come per tutti, ideale però per “resettarsi”, e adesso eccolo di nuovo a lottare con i migliori. Sarà tornato il Colibrì che faceva secondo al Giro d’Italia alle spalle di Nibali?

Esteban, dopo due anni sei tornato alla vittoria: cosa hai provato? È stato bello vederti sorridere …

Esatto, due dopo l’ultima vittoria al Giro d’Italia a San Martino di Castrozza, che fu davvero “muy especiale” per me. E questa vittoria al Catalogna mi ha portato allegria. Ci voleva proprio, dà morale.

Chaves nella crono inaugurale del Giro dei Paesi Baschi
Chaves nella crono inaugurale del Giro dei Paesi Baschi
Prima gara dell’anno e subito un successo: come ti sei preparato? Hai cambiato qualcosa?

E’ risultato di tanto lavoro, un lavoro duro, fatto con la squadra.

Come hai passato l’inverno in Colombia?

E’ stato un inverno abbastanza corto perché la Vuelta è finita a novembre inoltrato. E così a metà dicembre ero già rientrato dalla Colombia per allenarmi. Lì si sta bene, c’è la famiglia, il buon tempo, l’altitudine… Sono venuto in Europa per il nostro training camp ad Oliva, in Spagna, e poi sono ritornato in Colombia prima di tornare per la Vuelta a Catalunya.

Quali sono i tuoi programmi? Sarai al Giro?

Ancora non so di preciso – fa una breve pausa Chaves – Adesso sono qui al Paesi Baschi, farò poi le classiche delle Ardenne e un periodo di riposo. Lì deciderò se farà il Giro o il Tour. O anche la Vuelta, ma tenendo sempre in mente i Giochi Olimpici come obiettivo, la cosa più importante della stagione.

I tuoi problemi fisici sono stati lasciati indietro?

Bisogna guardare avanti, considerando il problema che abbiamo avuto. Sapevamo solo che c’era bisogno di tempo per tornare alla miglior condizione fisica. Serviva pazienza, poco a poco. Come ho fatto da quando sono passato professionista e dal 2008: ho sempre fatto in più come risultati e come maturazione fisica e spero che questo andamento possa continuare.

L’attacco nella quarta tappa del Catalunya che lo ha portato al successo
L’attacco nella quarta tappa del Catalunya che lo ha portato al successo
Visto come hai vinto, a ti senti pronto per affrontare questi giovani così forti?

Mi sento normale, contento di quello che sto facendo. Per adesso va bene così. Credo che i giovani siano molto interessanti e professionali oggi.

Senti lo stress in questo ciclismo moderno? Si parla di “marginal gains”, Dumoulin se ne va, si fanno tanti ritiri, la dieta è sempre più particolare …

Io credo che il ciclismo sia molto più semplice di quello che sembra attualmente. C’è molta informazione, molti che parlano, ci sono i social. Da parte mia penso ad allenarmi bene, a mangiare bene, a riposarmi bene.

Sei in scadenza di contratto, hai già parlato con la tua squadra o pensi che cambierai?

Vero, mi scade il prossimo anno e non ho un contratto per l’anno che verrà. Ma presto parlerò con la mia squadra. Per me resta la prima opzione, però non si scarta nessun’altra possibilità.

Chaves sarà felice a fine stagione se …?

Se la finirò senza inconvenienti!

VIDEO/Chaves: «L’uomo si adatta ad ogni situazione»

13.12.2020
2 min
Salva
Il piccolo scalatore colombiano ha compiuto 30 anni a gennaio e si affaccia sulla decima stagione da professionista con il solito sorriso. «E' stato molto positivo che si siano corsi i grandi Giri e anche il mondiale. Il ciclismo, come l'uomo, è stato capace di adattarsi». Fra i suoi obiettivi le grandi gare a tappe e un invito spiritoso: non aspettiamolo sul pavé...

Chaves sorride, ma non si vede. La mascherina è il peggior bavaglio al suo proverbiale marchio di fabbrica, ma quello che più conta è che il colombiano della Mitchelton-Scott (così fino al 31 dicembre) è nello stato d’animo adatto per ricominciare la nuova stagione.

In questo video raccolto in esclusiva da Alberto Dolfin, il colombiano traccia il suo bilancio di quello che è stato e la previsione di quello che potrebbe essere. Per la gioia dei tifosi che trattengono il respiro dalla tappa di San Martino di Castrozza al Giro del 2019. Nel 2020 Esteban ha corso il Tour e la Vuelta. E proprio nella corsa spagnola ha lasciato intravedere le cose migliori, con il quarto posto nella prima tappa ad Arrate.

«E’ stata una stagione molto intensa dopo il lockdown – dice in questo video – ma il ciclismo ha dimostrato di sapersi rialzare. Finire i tre grandi Giri e aver fatto anche il campionato del mondo è stato importante. Questo dimostra che le corse si potranno fare anche nella prossima stagione, perché la situazione sembra che si allungherà».

Esteban Chaves, Giro d'Italia 2020
Esteban Chaves, sull’Etna, all’ultimo Giro d’Italia
Esteban Chaves, Giro d'Italia 2020
Scalando l’Etna all’ultimo Giro d’Italia

La profezia è fosca, ma realistica. Basta non lasciarsi buttare giù, fa capire con gli occhi che sorridono al posto della bocca, e fare quello che le restrizioni consentono.

«Non è stato facile né per noi né per nessuno – dice – penso che è stato molto difficile in tutti gli ambiti, ma si è dimostrato una volta in più che gli umani si adattano in modo molto veloce ad ogni situazione e il ciclismo non è un’eccezione».

Il resto lo scoprirete seguendo il video e ascoltando i concetti dalla sua stessa voce. Mentre lui sarà in volo verso la Colombia, portando con sé la sua nuova bici Bianchi, per riabbracciare la famiglia e prepararsi per la prossima stagione.