La rincorsa di Girmay al Tour è iniziata sui Muri

05.06.2023
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Girmay è di ritorno, finalmente. Dopo il tappo di spumante nell’occhio al Giro, infatti, il suo percorso era diventato tortuoso, ma il quarto posto di ieri alla Brussels Cycling Classic potrebbe segnare un nuovo inizio, che attraverso il Giro di Svizzera lo porterà al debutto del Tour.

«Le prime tappe nei Paesi Baschi vanno davvero bene per me – dice lui – e ovviamente vado con ambizione. Da bambino sognavo un giorno di fare il Tour. Ma prima devo assicurarmi di poter essere al via in buona forma».

La sua primavera si è fermata al Fiandre, con una caduta rovinosa a 72 chilometri dall’arrivo
La sua primavera si è fermata al Fiandre, con una caduta rovinosa a 72 chilometri dall’arrivo

Caduta al Fiandre

La primavera era iniziata con il passo sbagliato e si era fermata a 72 chilometri dall’arrivo del Fiandre, nella caduta che ha messo fuori gioco anche Aime De Gendt (gomito fratturato) e Taco Van der Hoorn (commozione cerebrale). Anche per Girmay il danno maggiore è stato il colpo alla testa, con ferite su metà del volto, profondi tagli all’anca e varie contusioni, in seguito al quale è stato subito portato all’ospedale di Renaix, dove gli è stata diagnosticata una grave commozione cerebrale, e poi a quello di Kortrijk, dove ha trascorso quasi dieci giorni.

«Soprattutto i primi giorni dopo la caduta – racconta – sono stati duri. Le ferite non volevano rimarginarsi bene e nel frattempo ero fermo. Non potevo fare niente. E’ stato difficile, soprattutto mentalmente».

La Brussels Cycling Classic l’ha vinta Demare, al secondo successo stagionale
La Brussels Cycling Classic l’ha vinta Demare, al secondo successo stagionale

Dubbi fugati

Qualche interrogativo però c’era: in che condizioni si sarebbe ripresentato Girmay alle corse, rientrato in Europa giovedì scorso? Ma i dubbi sono durati giusto il tempo di vederlo all’opera. Infatti a metà corsa, non solo ha saputo tenere testa agli attacchi sul Muur di Geraardsbergen e sul Bosberg, ma ha addirittura preso in mano la situazione e rilanciato l’azione che poi è andata all’arrivo. Semmai la sensazione che non sia ancora il vecchio Girmay s’è avuta allo sprint: ci sta che perdesse da Demare, non da Andresen e Meus.

«Ma io sono molto contento della mia prestazione – ha commentato dopo il quarto posto – sono stato in grado di rendere la gara dura, le mie gambe si sentivano abbastanza bene e non ho avuto problemi. Tutto molto positivo. Abbiamo sicuramente una buona base su cui costruire, c’è ancora tempo. Il Tour inizierà tra meno di quattro settimane, prima pensiamo al Giro di Svizzera».

Sul Muur si è visto un Girmay pimpante, sebbene fosse appena rientrato dall’altura (photonews)
Sul Muur si è visto un Girmay pimpante, sebbene fosse appena rientrato dall’altura (photonews)

Destinazione Tour

La commozione cerebrale ha scombussolato i piani. Girmay voleva andare ad allenarsi subito in Eritrea, ma è dovuto rimanere in Europa più a lungo del previsto. E’ partito soltanto dopo i dieci giorni in osservazione, per cui la ripresa non è stata troppo lineare.

«Le cose non sono andate nel modo migliore – ha spiegato a Het Nieuwsblad il suo direttore sportivo Aike Visbeek – ecco perché siamo sorpresi che sia rientrato così bene alla prima corsa. Ma allo stesso tempo rimaniamo cauti. Questo non è ancora un gruppo WorldTour, a luglio le cose saranno diverse. Ad ogni modo, ha chiaramente fatto un grande passo e può continuare a migliorare nelle prossime settimane. Lo vedremo sicuramente al Tour de France».

L’occhio sta bene e Girmay riparte con un titolo in più in tasca

24.07.2022
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Ci eravamo lasciati con una vittoria, un tappo in un occhio e un ritiro. Biniam Girmay era riuscito in tutto questo nella decima tappa del Giro d’Italia. Successivamente l’eritreo della Intermarché Wanty Gobert ha fatto parzialmente perdere le sue tracce.

In molti, dopo i successi alla Gand e appunto nella corsa rosa lo aspettavano anche al Tour de France. Ma “Bini” non c’era. La preoccupazione per l’incidente all’occhio non era poca. Noi eravamo lì, dietro al palco, e quella che era parsa solo una botta, in breve si era trasformata in una perdita momentanea della vista. La corsa in ospedale e il danno alla retina.

A Jesi, poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, l’occhio sinistro di Girmay ha iniziato a gonfiarsi in modo preoccupante
A Jesi, poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, l’occhio sinistro di Girmay ha iniziato a gonfiarsi in modo preoccupante

Recupero in Africa

A quel punto Girmay si è fermato. Ha riposato qualche giorno e una volta ripresa la vista è tornato a casa. Adesso però è di nuovo in Belgio. E nel mezzo come è andata?

«Nel mezzo – dice il suo direttore sportivo, Valerio Piva – è tornato ad Asmara in Eritrea. Il problema all’occhio sembra averlo recuperato benone e ha ripreso a correre giusto ieri al Tour de Wallonie. E la sua stagione proseguirà con una serie di brevi corse a tappe e corse di un giorno. Quindi niente Vuelta, per arrivare al meglio al mondiale di Wollongong. Ma puntiamo a fare bene nelle corse canadesi e anche in alcune italiane adatte a lui».

«Il Tour non era mai stato nei suoi programmi. Dopo il Giro sarebbe tornato a casa, magari con altri tempi, ma si sarebbe fermato. Ha fatto due settimane di riposo e due di ripresa lenta e graduale. Lui vive ad Asmara a 2.400 metri di quota, ma può andare anche più in alto».

Campione a crono

E in Eritrea l’aria di casa deve aver fatto bene a Girmay. Si è rimesso in sesto, ha ritrovato fiducia ed ha persino corso. Ha fatto qualche gara minore e ha preso parte alle due prove per i titoli nazionali, quello a crono e quello in linea. Magari il livello non è altissimo, ma come si dice la forma che ti dà la gara non te la dà nessun allenamento.

«Il livello non era alto? Non direi proprio così – riprende Piva – visto che nella gara che assegnava il titolo su strada ha perso. Ai primi posti c’erano Kudus e Tesfatsion e altri buoni corridori ancora, non solo gli europei. Però ha anche vinto! Un po’ inaspettatamente a dire il vero, ma si è portato a casa il titolo a cronometro».

Piva ci dice che da quelle parti le corse non mancano, anche se alla fine si tengono quasi tutte su uno stesso circuito. Anche per Piva tutto sommato si tratta di un buon allenamento buttarsi in quella mischia. «Si fa sempre un po’ di interval training». 

Per Piva, resta ancora l’incognita delle grande salite per l’eritreo
Per Piva, resta ancora l’incognita delle grande salite per l’eritreo

I suoi margini

Sapere che Girmay ha risolto completamente il problema all’occhio e che l’incidente sul podio di Jesi non abbia inciso troppo sui suoi programmi (in pratica non fare il Tour), è una buona notizia. Sarebbe stato un vero peccato che un tappo potesse compromettere la stagione di questo atleta.

Rimane il punto di domanda su cosa avrebbe potuto dargli in più concludere il Giro. Ammesso che arrivare a Verona fosse l’obiettivo.

«Beh – dice Piva – finire il Giro sarebbe stato importante soprattutto in ottica futura, una bella esperienza per valutare la sua forza. Un grande Giro ti porta ad un livello più alto, anche in vista di altre gare come il Tour. Con questo non voglio dire che il prossimo anno non potrà fare il Tour perché non ha finito il Giro.

«Per me Biniam lo avrebbe finito senza problemi. Non ha fatto le grandi montagne, ed è lì che lo avrei voluto vedere. Resta quell’incognita».

Contratto nuovo, numero nuovo: è tornato Girmay

02.05.2022
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Alla vigilia del GP Francoforte, Biniam Girmay da poco tornato in Europa ha ritrovato la stampa dopo più di un mese e ha annunciato il prolungamento del contratto con Intermarché-Wanty-Gobert per altri due anni, sino a fine 2026. E seppure tra le offerte ci sia stata anche quella della Ineos, pare proprio che il vincitore della Gand-Wevelgem non abbia dovuto pensarci troppo a lungo.

«Non ho mai veramente considerato un cambio – ha raccontato – perché non si è trattato solo di questioni finanziarie. Intermarché è la mia seconda famiglia. E questo conta».

Altura africana

Nel corso dell’incontro con la stampa, la squadra belga si è detta consapevole che aver preso l’eritreo sia stato un grosso colpo di fortuna, ma adesso di non volersi lasciare sfuggire l’occasione. Così il prossimo anno fra i suoi obiettivi ci saranno la Milano-Sanremo e ovviamente le classiche fiamminghe. Poi però l’intenzione del team sarà quella di schierare Girmay come velocista in uno dei grandi Giri.

«Non pensavamo che sapesse andare bene sul pavé – ha spiegato Valerio Piva un paio di giorni prima della Liegi – invece ci ha stupiti tutti. Sappiamo però che è anche veloce e l’idea è di farlo crescere su entrambi i fronti. L’idea di tenerlo ancora su per il Fiandre ci è passata per la testa, non lo nascondo, ma gli avevamo dato la parola che sarebbe tornato a casa ed è stato giusto mantenere la parola. Sappiamo che aveva bisogno di stare in famiglia e che in Eritrea riesce ad allenarsi bene. C’è giusto il problema delle comunicazioni. Ma per il resto si tratta di lavorare in altura. Taaramae ad esempio ha iniziato ad andare in Rwanda. C’è un centro sportivo con appartamenti per gli atleti e percorsi quanti se ne vogliono…».

Nella Intermarché è Africa-mania. Taaramae ad esempio trascorre in Rwanda i suoi camp in altura (foto Instagram)
Nella Intermarché è Africa-mania. Taaramae ad esempio trascorre in Rwanda i suoi camp in altura (foto Instagram)

Il Fiandre in tivù

Girmay racconta di aver seguito il Giro delle Fiandre in televisione, assieme alla famiglia e a suo figlio. Biniam ha 22 anni, vive ad Asmara e quando è in Europa ha fissato la base a San Marino. «Non mi è pesato – ha raccontato – aver visto il Giro delle Fiandre in televisione. Ho seguito tutto dall’inizio alla fine».

Eppure durante la diretta, pare fosse più in ansia di quando è sulla bici. Racconta il suo allenatore Visbeek che la corsa era appena partita da Anversa, a dire tanto da 10 chilometri, quando Biniam lo ha chiamato per chiedergli come andassero le cose.

Selfie e foto dai tifosi eritrei, ma nulla rispetto all’accoglienza ad Asmara
Selfie e foto dai tifosi eritrei, ma nulla rispetto all’accoglienza ad Asmara

Tre giorni di follia

Ieri a Francoforte, Girmay ha toccato con mano la sua grande popolarità. Sulle strade della città tedesca ha riconosciuto uno sventolare chiassoso di bandiere eritree, a dare continuità ai festeggiamenti ricevuti a casa dopo la vittoria della Gand.

«Ho girato la capitale – ha raccontato – con un’auto scoperta per quattro ore. C’era una folla di persone ovunque. Vecchi che altrimenti non uscirebbero di casa, studenti che si prendevano una pausa dallo studio. Le scuole erano addirittura chiuse, in modo che potessero venire anche i più piccoli. L’ultima volta, quando tornai dopo la medaglia d’argento ai mondiali U23 di Leuven, fu una follia. Questa volta è stato molto di più. Ho festeggiato per tre giorni senza sosta. Selfie e omaggi. Anche il presidente mi ha invitato nel suo palazzo. Ma da noi si festeggia in modo diverso da qui. Non beviamo alcolici e iniziamo nel primo pomeriggio. Balliamo e poi mangiamo. E quando scende la notte, siamo già a letto. Al terzo giorno però, sono tornato a casa e ho anche cambiato numero di cellulare. E poi finalmente ho potuto allenarmi bene per tre settimane. A volte sul livello del mare, altrimenti sempre oltre i 2.000».

Girmay ha corso a Francoforte in appoggio a Kristoff, 4 volte vincitore in Germania (foto Instagram)
Girmay ha corso a Francoforte in appoggio a Kristoff, 4 volte vincitore in Germania (foto Instagram)

Una tappa al Giro

A Francoforte si è piazzato al 38° posto dopo aver aiutato Kristoff, salito sul terzo gradino del podio. E adesso nel mirino di Girmay ci sono il Giro d’Italia e possibilmente una vittoria di tappa.

«I grandi Giri – ha spiegato Biniam – godono di molta più attenzione in Eritrea rispetto alle classiche di primavera. E col fatto che siamo stati una colonia italiana, tante parole legate al ciclismo derivano dall’italiano e lo stesso Giro d’Italia è un appuntamento importante anche laggiù».

Nel frattempo però pare che la maglia dell’Intermarché-Wanty-Gobert sia la più diffusa sulle strade dell’Eritrea. E con il contratto prolungato fino al 2026, i ragazzini non correranno il rischio di doverne comprare un’altra per almeno quattro anni.

Mulubrhan, un eritreo alla Bardiani: lo presenta Nieri

28.04.2022
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Henok Mulubrhan, giovane corridore eritreo classe 1999, è diventato un nuovo corridore della Bardiani CSF Faizanè. A inizio febbraio aveva conquistato la seconda posizione nella classifica giovani dietro al connazionale Tesfatsion al Tour of Rwanda. Di recente, invece, ai campionati continentali africani ha fatto vedere grandi cose. Si è aggiudicato il titolo continentale africano nella cronometro a squadre, il secondo posto nella prova individuale ed infine, ha conquistato il titolo continentale su strada.

Il movimento ciclistico eritreo sta crescendo molto in questi anni, raggiungendo il suo apice con la vittoria di Ghirmay alla Gand-Wevelgem. Daniele Nieri ha visto passare molti di questi atleti nel Team Qhubeka, una realtà che ha permesso a questi ragazzi di crescere e maturare per entrare nel mondo del professionismo, o almeno provarci.

Henok Mulubrhan dal 21 di aprile è un nuovo corridore della Bardiani CSF Faizanè (foto Facebook Bardiani)
Henok Mulubrhan dal 21 di aprile è un nuovo corridore della Bardiani CSF Faizanè (foto Facebook Bardiani)
Daniele, raccontaci di Henok, quando è arrivato da voi?

Lui arrivava dal centro UCI, dove ha corso per un anno, nel 2019. Quindi, a differenza di altri suoi connazionali, come Tesfatsion (i due sono entrambi del 1999, ndr) aveva già un minimo di adattamento in più al ciclismo europeo.

Come avete lavorato per adattarlo al ciclismo europeo?

Quando i corridori africani arrivano da noi si parte con l’insegnare loro le basi del ciclismo. Per farvi un esempio: Henok non sapeva neanche che per prendere il rifornimento bisognasse chiamare l’ammiraglia, io me lo ritrovavo in fondo alla coda delle macchine che mi chiedeva l’acqua. Sanno che l’Europa è la loro grande occasione e lavorano davvero sodo, non è un caso che il movimento eritreo sia cresciuto così tanto.

Henok Mulubrhan a destra e Natneal Tesfatsion a sinistra in una gara di dilettanti in Eritrea
Henok Mulubrhan a destra e Natneal Tesfatsion a sinistra in una gara di dilettanti in Eritrea
Tesfatsion e Mulubrhan sono entrambi del 1999, il primo è al suo secondo anno da pro’. Il secondo inizia adesso, che differenze ci sono?

Loro hanno corso insieme alla Qhubeka nel 2020, sono molto uniti, a breve andranno a vivere insieme, li stiamo aiutando a cercare casa. Probabilmente verranno a vivere vicino a casa mia, tra Empoli e Lucca. A mio avviso Tesfatsion avrebbe dovuto fare un anno in più con noi per crescere ancora un po’. Lui arrivava direttamente dall’Eritrea e l’adattamento al ciclismo europeo non è facile, ogni tanto fa ancora degli errori grossolani, come al Tour of the Alps che agli ultimi 5 chilometri chiedeva ancora il rifornimento…

Invece Henok?

Con il fatto che ha corso un anno con la squadra del centro UCI aveva già qualcosa in più. Ovviamente anche lui ha dovuto fare un periodo di adattamento lungo, il problema principale di questi ragazzi è che quando arrivano non parlano neanche l’inglese, ma solo la loro lingua. Con Qhubeka abbiamo una migliore gestione della situazione in quanto siamo abituati a rapportarci con questi ragazzi. All’interno dello staff abbiamo dei tecnici che parlano la loro lingua, lo zulù, e ci aiutano con la traduzione.

Che tipo di corridore è?

E’ un vincente, ha una mentalità molto forte. Lui è uno di quelli che non dorme la notte perchè pensa alla vittoria, ogni volta che attacca il numero sulla schiena lo fa pensando al bersaglio grosso. L’anno scorso si è piazzato tante volte nei primi dieci, è arrivato terzo nella tappa di Imola al Giro d’Italia under 23.

Scalatore, ma anche a crono va forte…

Certo, come tutti i corridori eritrei ha una condizione innata per andare forte in salita. Loro vivono a 3.000 metri d’altitudine, questo li aiuta moltissimo, hanno un ossigenazione del sangue differente. In più hanno una grande dote naturale per le prestazioni a lungo termine, come la maratona o il ciclismo. A cronometro si difende molto bene, al Giro under è arrivato sesto nella prova contro il tempo.

Secondo te è pronto per l’avventura in Bardiani?

Direi assolutamente di sì. Lui doveva già correre con noi nel team WorldTour, poi la squadra è saltata e non si è fatto nulla. Ma penso che il suo procuratore abbia iniziato a muoversi già da inizio stagione. La categoria, a dirla tutta gli andava stretta e quindi è giusto che sia andato dai Reverberi. Loro hanno perso due corridori (Visconti e Trainini, ndr) e probabilmente hanno accelerato l’operazione.

Uno dei più grandi problemi è la comunicazione, soprattutto quando tornano in Eritrea per tanto tempo, secondo te questo potrebbe essere un ostacolo?

Non credo, certamente non è semplice ma la tecnologia è cresciuta tanto negli anni. E’ vero che in Eritrea non hanno internet, ma ora esiste un’applicazione per il telefono che permette di chiamare sfruttando la connessione internet del numero di telefono europeo.

L’eritreo si difende bene a cronometro, per lui il secondo posto al campionato continentale africano quest’anno (foto Instagram Mulubrhan)
L’eritreo si difende bene a crono, per lui il secondo posto al campionato africano 2022 (foto Instagram Mulubrhan)
Sono tanti i corridori eritrei che vivono in Italia, sono una comunità unita?

Henok, Natnael, Amanuel Ghebreigzabhier e Biniam Ghirmay sono molto amici tra di loro. Si trovano spesso insieme a mangiare e molte volte andiamo anche noi tecnici della Qhubeka. Quello che si è creato con questi ragazzi è un rapporto di amicizia, quasi fraterno. Spesso Natnael ed Henok vengono da noi in magazzino e rimangono a parlare con i ragazzi della squadra. Non sarà raro trovarli tutti insieme a casa loro. Per il momento non hanno ancora la patente e quindi capita che Antonini, un nostro massaggiatore, li porti in giro, li accompagni all’aeroporto o li porti anche a fare la spesa.

Girmay 2022

Girmay a casa, ma intanto Piva ce lo racconta…

04.04.2022
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Mentre le classiche del Nord vanno avanti, Biniam Girmay è nella sua Eritrea, a godersi un po’ la sua famiglia, ma intanto l’eco della sua impresa alla Gand-Wevelgem non accenna a placarsi, soprattutto per le sue implicazioni, quasi fosse stata l’apertura di un vaso di Pandora, che ora darà spazio anche ad altri Paesi fin qui ai margini dell’attività. La sua scelta di tornare in Africa appena dopo il successo ha lasciato qualcuno interdetto, ma il diesse dell’Intermarché Wanty Gobert Valerio Piva non ha cambiato i programmi.

Il loro rapporto è decisamente recente: «L’ho conosciuto l’agosto dello scorso anno, quando era ormai sicura la chiusura della Delko e Biniam aveva trovato un accordo con noi. Nella passata stagione ho potuto vederlo all’opera, mondiali a parte, alla Milano-Torino e alla Tre Valli Varesine, poi abbiamo potuto conoscerci meglio nei ritiri prestagionali. Ho così saputo la sua storia di atleta proveniente sì da un Paese non di primo piano nel ciclismo, ma certamente non sprovveduto».

Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dallo scorso anno
Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dallo scorso anno
In Eritrea però la corsa a piedi fagocita un po’ tutto, dal punto di vista dell’interesse…

E’ vero solo in parte. Il ciclismo è ben radicato, probabilmente all’inizio era un retaggio del periodo delle colonie ma nel tempo ha trovato grande seguito in Eritrea. Biniam ci ha raccontato che non solo le sue corse sono molto seguite, tanto che la passione per il ciclismo ha superato anche il calcio, soprattutto dopo la fuga all’estero di molti nazionali. Questo ha portato il governo a sovvenzionare il movimento locale e da qui sono partite anche sponsorizzazioni locali e chissà che cosa accadrà da ora in avanti…

Inserirlo nel vostro team è stato un bel colpo, anche nell’equilibrio della vostra squadra che deve puntare alla permanenza nel WorldTour.

Sicuramente, aveva offerte da molte squadre. Nel suo caso abbiamo dovuto agire un po’ alla ceca, non conoscendolo tanto personalmente quanto basandoci su quel che aveva fatto. Noi abbiamo budget limitati, dobbiamo cercare corridori non di primissimo piano, con lui siamo stati molto fortunati.

Girmay Gand 2022
Quel che ha sorpreso dell’eritreo è la sua capacità di adattarsi al pavé
Girmay Gand 2022
Quel che ha sorpreso dell’eritreo è la sua capacità di adattarsi al pavé
Pensi che l’Africa sarà una nuova frontiera?

Lo è già. Taaramae, per fare un esempio, ogni anno va a fare l’altura in Rwanda, dice che è una zona tranquilla con bei percorsi e penso che saranno in tanti a seguirne le orme, soprattutto dopo i primi mondiali africani. Ma tornando a parlare di Biniam, c’è anche suo fratello che corre, è uno junior: lui dice che va forte almeno quanto lui alla sua età…

Che corridore è Girmay?

E’ in continua scoperta, per ora sappiamo che è veloce, ma in queste sue prime uscite fra i grandi ha anche dimostrato grandi capacità di resistenza e di saper emergere anche su arrivi impegnativi. Forse fra le classiche del Nord la Gand-Wevelgem è tra le più facili, ma bisogna guardare anche a quel che ha fatto prima. Alla Sanremo ad esempio era nel gruppo dei migliori e se Nizzolo non gli cadeva davanti magari poteva giocarsi un piazzamento ancora più importante.

Girmay Eritrea 2022
Grandi festeggiamenti per Girmay al suo rientro ad Asmara dopo il trionfo belga
Girmay Eritrea 2022
Grandi festeggiamenti per Girmay al suo rientro ad Asmara dopo il trionfo belga
Che cosa ti piace in lui?

Non ha timore di nulla, è entusiasta e questo si traduce in grande esplosività. Sa passare muri e pavé con grande naturalezza e questo non era per nulla scontato. La squadra lo ha aiutato a mantenere le posizioni giuste, ma se hai gambe la posizione la ritrovi, dipende sempre da te. Questa vittoria però non deve esaltarlo ed esaltarci oltremisura, c’è ancora molto da fare e da vedere.

Tu sei sempre stato molto attento nell’utilizzare i giovani…

Ha 21 anni, della sua età ne ho visti tanti di talenti brillare per un attimo e poi spegnersi. Va saputo gestire. Non bisogna sfruttarlo, per questo ho insistito che i suoi programmi non cambiassero dopo la vittoria, eravamo d’accordo che questo doveva essere un assaggio del mondo delle classiche. Girmay avrebbe tutte le caratteristiche per far bene nelle Ardenne, quelle gare rispondono meglio al suo tipo di ciclismo, ma non era tempo per provarci ora. Lui è tornato a casa, farà un altro periodo di altura ad Asmara, in fin dei conti vive a 2.400 metri e può arrivare a 3.000. Tornerà in Europa per il GP di Francoforte e poi farà il Giro.

Girmay Alcudia 2022
Biniam Girmay sul podio del Trofeo Alcudia, vinto davanti al sudafricano Gibbons e a Nizzolo
Girmay Alcudia 2022
Biniam Girmay sul podio del Trofeo Alcudia, vinto davanti al sudafricano Gibbons e a Nizzolo
Con quali obiettivi?

Ci saranno tappe adatte a lui, ma gli servirà quella freschezza che potrà avere solo preservandosi in questo periodo. Non penso proprio che Girmay possa essere un corridore da classifica, anche se quando si parla di un talento così giovane nulla è davvero precluso, ma le sue caratteristiche ci dicono di un corridore da classiche d’un giorno. Io credo che nel corso del Giro, correndo con sapienza potrà avere qualche bella occasione per far parlare ancora di sé. E’ un corridore veloce, forse non uno sprinter puro ma non dimentichiamo che a Maiorca ha battuto un velocista come Nizzolo.

Parlavi della sua casa ad Asmara. Il fatto che venga da un Paese dove vive costantemente a grandi altezze è quindi un vantaggio, si ripete il discorso fatto per i colombiani…

Chi viene da Paesi a più di 2.000 metri di altitudine ha una base fisiologica maggiore, questo ormai è acclarato da più studi scientifici. Ci sono dei benefici naturali che emergono negli sport di resistenza, basti guardare a quel che kenyani, etiopi, gli stessi eritrei fanno nell’atletica. Per questo risultati come quelli di Girmay non mi sorprendono, io credo che ci dovremo abituare…

Pella, uno sguardo al passato proiettato al futuro

01.04.2022
4 min
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Lo scorso anno vi avevamo raccontato la bella storia dell’argento conquistato dall’eritreo Biniam Girmay Hailu nella gara riservata agli under 23 dei campionati del mondo di Leuven. A realizzare la divisa della nazionale dell’Eritrea era stata Pella Sportswear, azienda di Valdengo in provincia di Biella, che in quell’occasione aveva fatto un vero miracolo per fare in modo che Girmay e compagni potessero gareggiare indossando la divisa del loro Paese.

Dopo qualche mese dal mondiale di Leuven siamo tornati a Valdengo per incontrare Andrea Fortolan, Amministratore Delegato dell’azienda biellese, e farci raccontare da lui qualcosa di più sui progetti per il 2022.

Biniam Girmay festeggia l’argento iridato conquistato con la maglia disegnata da Pella per l’Eritrea al mondiale di Leuven
Biniam Girmay festeggia l’argento conquistato a Leuven con la maglia disegnata da Pella

La Challenge Liguria

Nel corso degli anni Pella Sportswear ha saputo mettere in atto moltissime collaborazioni. Una delle più prestigiose riguarda la Challenge Liguria che unisce fra loro due gare storiche del panorama ciclistico italiano come il Trofeo Laigueglia e il Giro dell’Appennino.

«Tutto è nato circa 3 anni fa – esordisce Andrea Fortolan – quando siamo diventati sponsor del Trofeo Laigueglia. Successivamente è stata creata la Challenge Liguria per unire fra loro Trofeo Laigueglia e Giro dell’Appennino. A quel punto ci è stato proposto di realizzare la maglia destinata a premiare il vincitore della Challenge. Vista l’importanza e la storicità di entrambe le manifestazioni abbiamo aderito con entusiasmo. Di entrambe le gare realizziamo anche le maglie ufficiali».

Quella che sarà indossata dal vincitore della Challenge al termine del Giro dell’Appennino del prossimo 2 giugno è stata realizzata utilizzando un tessuto particolarmente performante. Si tratta del Carbon che, grazie alla sua composizione, rende la maglia traspirante, termoregolatrice e batteriostatica. Il Carbon agisce inoltre sulla circolazione sanguigna, migliorandola e favorendo la diminuzione della concentrazione di acido lattico durante l’attività fisica.

Foto dell’esterno della sede di Pella a Valdengo
Foto dell’esterno della sede di Pella a Valdengo

Uno sguardo al passato

Fra le tanti collaborazioni realizzate negli ultimi anni, un posto di rilievo lo merita sicuramente “La Mitica”. Si tratta di una ciclostorica nata nel 2012 a Castellania per celebrare il mito di Fausto Coppi e di suo fratello Serse.

«La Mitica, oltre a celebrare un grande campione come Fausto Coppi – racconta Andrea Fortolan – celebra le bellezze del Piemonte, la nostra Regione. Si tratta di un ritorno agli anni del ciclismo glorioso che non poteva non vederci coinvolti. Per l’occasione abbiamo realizzato una capsule collection».

La maglia a manica corta classica è realizzata in un particolare tessuto in microfibra, morbido, elastico e leggero, che grazie al particolare gioco di punti permette un rapido trasporto del sudore dall’interno verso l’esterno favorendo l’evaporazione e lasciando la pelle fresca ed asciutta.

La maglia a manica corta in versione vintage è invece realizzata con una pregiatissima lana merino particolarmente ricercata per via della sua finezza che la rende resistente all’usura. Essendo estremamente leggera, può essere indossata anche nelle giornate più calde.

Replica della divisa storica per Salvarani disegnata da Pella
Replica della divisa storica per Salvarani disegnata da Pella

Ritorna la mitica Salvarani

Una delle ultime collaborazioni riguarda un marchio che ha fatto la storia del ciclismo. Si tratta di Salvarani al cui nome e maglia sono legati i successi più belli di Adorni e Gimondi.

«In Pella siamo sempre attenti a tutto ciò che riguarda il ciclismo storico. – racconta sempre Andrea Fortolan – Ci siamo resi conto che Giovanni Salvarani, figlio del titolare della Salvarani Cucine, aveva aperto una pagina Facebook “Salvarani Story” per rendere omaggio agli anni gloriosi che hanno legato il marchio Salvarani al ciclismo. Abbiamo deciso di contattarlo per verificare se ci fosse interesse da parte sua a concederci in licenza il marchio per realizzare le repliche di tutte le divise storiche utilizzate dalla squadra durante i dieci anni della sua esistenza (1963 – 1972, ndr). Abbiamo immediatamente trovato un accordo e siamo certi che sarà l’inizio di una lunga e proficua collaborazione».

Le maglie sono realizzate con una morbidissima microfibra estremamente traspirante ed idonea a vestire tutte le corporature. La salopette è invece realizzata con un tessuto con finezza 44 morbido resistente, coprente e traspirante.

Pella

Ai mondiali l’Eritrea vestiva Pella. Una bella storia

04.10.2021
3 min
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L’argento dell’eritreo Biniam Ghirmay Hailu ottenuto nella gara su strada degli under 23 vinta dal nostro Baroncini è stata una delle più belle storie che i mondiali di Leuven hanno saputo raccontare. Nel corso della conferenza stampa post gara il giovane eritreo, oltre a dedicare un pensiero alla propria famiglia, ha voluto espressamente ringraziare l’azienda Pella Sportswear di Valdengo in provincia di Biella, per aver permesso alla sua nazionale di gareggiare fornendo le divise da gara. La storia ci ha incuriosito e abbiamo deciso di approfondirla interpellando direttamente Andrea Fortolan, Amministratore Delegato dell’azienda biellese.

Biniam Ghirmay Hailu sul podio del campionato del mondo vinto dal nostro Filippo Baroncini
Biniam Ghirmay Hailu sul podio del campionato del mondo vinto dal nostro Filippo Baroncini
Allora Andrea, come è andata esattamente?

Qualche mese fa siamo stati contattati direttamente da Alex Carera, procuratore di Biniam, che ci ha chiesto la nostra disponibilità nel realizzare la divisa della nazionale dell’Eritrea in vista dei campionati del mondo in programma nelle Fiandre. L’idea ci piaceva e abbiamo dato subito la nostra disponibilità. Tutto però si era fermato a quella prima telefonata.

La programmazione della divisa utilizzata dalla nazionale Eritrea ai mondiali di Leuven
La programmazione della divisa utilizzata dalla nazionale Eritrea ai mondiali di Leuven
…e poi cosa è successo?

Ad agosto siamo stati nuovamente contattati da Alex che ci segnalava che il fornitore con il quale erano stati presi in precedenza gli accordi per realizzare la divisa dell’Eritrea aveva dei problemi e non poteva quindi tenere fede agli impegni presi. A noi faceva piacere poter aiutare Biniam e i suoi compagni, quindi ci siamo resi nuovamente disponibili. Sorgeva però un problema. Eravamo in agosto, la nostra azienda era chiusa e riapriva il 6 settembre, proprio il giorno in cui ci veniva chiesto di consegnare le divise.

Un passaggio nella lavorazione della divisa. Presto sarà pronta
Un passaggio nella lavorazione della divisa. Presto sarà pronta
Come avete risolto il problema?

Per prima cosa siamo riusciti a posticipare di una settimana la consegna del materiale. Appena riaperta l’azienda, ci siamo messi subito a lavorare per realizzare le divise a tempo di record. Abbiamo fatto tutto in 5 giorni lavorando a tutta birra…anzi, visto che parliamo di ciclismo, a tutta velocità!

Quando le avete consegate?

Il sabato mi sono messo in macchina prestissimo perché volevo consegnare le divise di persona. Alle 7,50 mi sono presentato a Lucca alla porta dell’appartamento che Biniam e compagni condividono. Nel vedermi sono rimasti a bocca aperta… Forse anche per questo lo stesso Biniam ha voluto ringraziare di persona noi di Pella Sportswear per quanto siamo riusciti a fare in pochissimo tempo.

I ragazzi dell’Eritrea che hanno gareggiato ai mondiali di Leuven hanno ricevuto da Pella Sportswear un kit completo composto da maglia a maniche corte e pantaloncini estivi, maglia a manica lunga, giacca antipioggia, maglia con manica 3⁄4 antivento e antipioggia, manicotti, guantini e il body per la gara a cronometro.

Una curiosità. Nel destino di Biniam sembra esserci il marchio Pella. Il giovane atleta eritreo ha iniziato la sua stagione con il Team Delko. Nel corso dell’estate è passato all’Intermarché-Wanty-Gobert che proprio da quest’anno ha deciso di affidarsi a Pella Sportswear per la realizzazione di alcuni capi altamente tecnici.

pellasportswear.com

La storia di Biniam, che sognava di essere Sagan

26.09.2021
6 min
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Sul podio piccolo dopo l’arrivo degli under, accanto a Baroncini che sprizzava entusiasmo e addentava la medaglia, Biniam Ghirmay Hailu sembrava fin troppo serio. Per essere il primo eritreo su un podio mondiale, ci saremmo aspettati tutti che saltasse di gioia. Ma a volte la gioia ha altri modi per manifestarsi e la sua già dopo l’arrivo aveva iniziato a scavargli dentro.

«La sera prima avevo sentito la mia famiglia – ricorda – e ci siamo ricordati di quando ero piccolo e mio padre mi seguiva. Mi hanno detto che potevo farcela a realizzare i miei sogni. E ritrovarmi sul podio in un mondiale, fra i più grandi atleti del mondo è quello che sognavo. Là sopra pensavo a tutti loro. Mi hanno dato grandi motivazioni per tutto il giorno. E così quando è iniziato lo sprint ero nervoso, ma non pensavo che avrei perso. Ho corso per vincere. Questo è stato uno dei giorni più importanti della mia vita».

Al Polonia per Ghirmay l’ottavo posto nella prima tappa a Lublin
Al Polonia per Ghirmay l’ottavo posto nella prima tappa a Lublin

Nervoso in corsa

Biniam è del 2000, ma come accade spesso con i ragazzi delle sue parti, dimostra più anni. Aveva cominciato la stagione con la Delko-Marseille, ma alla fine di maggio è passato alla Intermarché Wanty Gobert. Un po’ perché l’assetto della Delko non lasciava presagire un grande futuro. E un po’ perché se ti vuole una WorldTour, l’occasione va colta. E lui che aveva all’attivo vari piazzamenti e anche qualche vittoria, l’occasione non se l’è fatta sfuggire.

«E’ andata bene che per un po’ Olanda, Belgio e Francia abbiano controllato la corsa – dice – io non dovevo muovermi. Come squadra non abbiamo grande capacità di muovere la corsa, perciò dovevamo solo stare tranquilli, aspettare lo sprint e fare il nostro meglio. Ero nervosissimo, i miei compagni mi hanno tirato fuori dai guai in un paio di occasioni. Nel finale c’era una gran lotta per le posizioni. Ho cercato di muovermi quando Baroncini ha attaccato, ma ho visto che nessuno reagiva. Così sono rimasto fermo nel mezzo e mi sono mosso solo alla fine»

Prima del mondiale, Biniam ha battuto Vendrame in volata al Classic Grand Besancon Doubs (foto JM Merlin)
Prima del mondiale, Biniam ha battuto Vendrame in volata al Classic Grand Besancon Doubs (foto JM Merlin)

Obiettivo iridato

La sua storia è simile a quella di tanti ragazzi africani che sognano di diventare corridori. Sentendolo parlare ci è parso di riascoltare le parole di Natnael Tesfatsion, che come lui viene da Asmara.

«Da noi ogni domenica ci sono corse – sorride – alla gente piace il ciclismo. Io ho cominciato a 12 anni con la Mtb e poi a 15 sono passato su strada. Sono molto orgoglioso della mia terra e sono stato davvero felice di venire a correre nelle Fiandre. I mondiali del 2025 in Rwanda saranno una grande occasione e una grande motivazione, magari per fare meglio di adesso e conquistare la maglia iridata. Il nostro futuro è splendente, ne sono sicuro. Abbiamo buon potenziale e non da poco. Stiamo facendo esperienza e progressi mentali e fisici, lavorando e combattendo nelle gare di livello WorldTour. E tanti altri sono nelle continental».

Vigilia iridata: Biniam Ghirmay è il primo da sinistra, poi Mulubrhan della Qhubeka e Testatsion dell’Androni
Vigilia iridata: Biniam Ghirmay è il primo da sinistra, poi Mulubrhan della Qhubeka e Testatsion dell’Androni

Svolta ad Aigle

Ma perché il sogno di concretizzi, occorre partire. E Ghirmai lasciò casa nel 2018, per approdare in Svizzera, nella sede di Aigle dell’Uci. Si era guadagnato la chiamata vincendo in tre giorni i campionati africani della cronosquadre, della crono individuale e su strada. Gli allenatori dell’Uci colsero le sue potenzialità. E nella prima corsa europea che disputò, la prima tappa della Aubel-Thimister-Stavelot con traguardo ad Aubel, andò in fuga con un giovane belga e lo batté in volata. Era un certo Remco Evenepoel, nel 2018 in cui avrebbe dominato in lungo e largo fra gli juniores.

«E’ stato molto importante arrivare a Aigle – ammette – prima di entrare nel grande gruppo, devi imparare tecnicamente e fisicamente. E’ stato molto importante fare quella grande esperienza da ragazzo. Ogni anno ho fatto nuovi step e nuove esperienze. Ho imparato tanto e ieri si è sommato tutto. Se fossimo arrivati tutti insieme, avrei lottato per vincere. Ho pensato per un po’ di fare il mondiale con i pro’, ma devo essere onesto. Per il momento sarebbe stato troppo duro per me correre con loro. Ho fatto corse in Belgio e Francia e mi sono visto fra i grandi corridori. Un giorno sarò come loro, adesso non sono ancora pronto».

Si piazza secondo al Laigueglia del 2020, in maglia Delko, dietro Ciccone e prima di Rosa
Si piazza secondo al Laigueglia del 2020, in maglia Delko, dietro Ciccone e prima di Rosa

Birra, no grazie

Il presente parla di un corridore dal fisico filiforme, che all’occorrenza sa buttarsi nelle volate, come quando devi organizzarti per saper fare tutto. Nell’avvicinamento al mondiale, ha battuto Andrea Vendrame nel Classic Grand Besancon Doubs e pochi giorni dopo è arrivato secondo del Nout du Doubs.

«La Intermarché mi ha dato grandi opportunità – spiega – mi ha spinto, mi ha motivato. Sono super contento di essere in questa squadra. E’ davvero una grande famiglia, non guardano solo alle corse, ma anche a noi come persone. Voglio dimostrare nei prossimi due anni di essere un grande corridore e li ringrazio per l’opportunità. Quando ero piccolo mi piacevano gli sprinter e mi piaceva molto Peter Sagan, non sono solo come ciclista, ma anche per la sua spensieratezza. Per ora guardo alle classiche con qualche salita, oppure quelle che finiscono in volata. Questo è quello che so fare e sto lavorando per questo. Però credo che non mi trasferirò in Belgio, ma rimarrò a vivere in Italia, a Lucca con gli altri amici eritrei. Perché? Perché non mi piace la birra…».

A Leuven per Biniam Ghirmay il secondo posto alle spalle di Baroncini, dopo la volata in rimonta
A Leuven per Biniam Ghirmay il secondo posto alle spalle di Baroncini, dopo la volata in rimonta

Soddisfazione Piva

Valerio Piva i mondiali li segue da casa, ma in quanto tecnico della Intermarché si frega le mani: l’acquisto è stato davvero azzeccato.

«Quando ce lo proposero – dice – era interessata anche la Deceuninck-Quick Step, ne parlavamo con Bramati. Che fosse veloce lo sapevo, soprattutto in corse selettive. Ha talento, questo è sicuro. E’ il classico corridore moderno, esplosivo sui percorsi veloci e duri di oggi. Lo avrò con me alla Tre Valli Varesine, al Giro del Veneto e poi fino al Lombardia. Siamo contenti di averlo con noi, vista l’apertura del ciclismo all’Africa e l’assegnazione dei mondiali al Rwanda».

Figli dell’altura

Ride, adesso Biniam ride. La prossima settimana riattaccherà il numero alla Route Adelie. Venerdì in corsa con la sua stessa maglia c’era anche Tesfatsion, il “Natalino” dell’Androni, ma è caduto ed è arrivato sei minuti dopo il compagno. Fra gli eritrei in corsa oggi tra i professionisti, ci sono invece Behrane e Kudus, rispettivamente corridori di Cofidis e Astana. Sono atleti forti, resistenti, nati e cresciuti oltre i duemila metri degli altipiani. Quella che sembrava una prospettiva remota, promette di farsi più concreta. I mondiali del 2025 probabilmente non sono stati assegnati a caso.

Tesfatsion, una bella storia sulla strada del Giro

28.04.2021
6 min
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«Chiamatemi Natalino», sorride Tesfatsion. Come a dire che non sarà questo a cambiargli la vita. E’ stato Stefano Di Zio, massaggiatore della Androni Giocattoli-Sidermec, a coniare il diminutivo, perché Natnael non riuscivano a dirlo.

Natnael Tesfatsion ride e con orgoglio ci guida nella sua storia, iniziata in Eritrea 21 anni fa. I capelli ricci legati sopra e l’inglese per farsi capire. In Europa non ha ancora ottenuto grandi risultati, per cui di fronte alla richiesta di un’intervista deve aver pensato che fosse motivata soltanto dalle sue origini. In realtà, l’idea di approfondire il discorso è scattata dopo aver parlato con Daniele Nieri. Il direttore sportivo del Team Qhubeka continental a un certo punto dell’articolo iniziò a raccontarci di quanto siano forti gli eritrei che negli ultimi tempi sono transitati per la sua squadra e aveva puntato il dito su due in particolare. Tesfatsion della Androni e Ghebreigzabhier della Trek. Per questo siamo qui.

Re del Rwanda

Natalino è arrivato alla Androni proprio quest’anno, dopo due stagioni nella continental sudafricana. Nel suo palmares spiccano soprattutto la classifica generale del Tour of Rwanda del 2020 e il secondo posto dell’anno prima ai campionati nazionali, battuto dall’amico Natnael Berhane della Cofidis. Un metro e 75 per 58 chili, la scheda parla di uno scalatore. Il Giro d’Italia sarà un bel banco di prova, ma sarebbe prematuro pretendere la luna: si tratta pur sempre di un neoprofessionista di 21 anni

Al Tour of Rwanda 2020, per Tesfatsion tappa e maglia a Rubavu
Al Tour of Rwanda 2020, per Tesfatsion tappa e maglia a Rubavu
Quando sei salito per la prima volta su una bicicletta?

Avevo 13 anni, ad Asmara. La mia città, la capitale dell’Eritrea. Un amico aveva cominciato a correre e quando vidi che c’erano dei grandi campioni eritrei, come Daniel Teklehaimanot, Merhawi Kudus e Natnael Behrane, è venuta la voglia anche a me. In più mio padre era molto appassionato di ciclismo e mi portava a vedere le gare. Insomma, prima giocavo a calcio ed ero anche bravo. Poi è arrivata la bicicletta. Nella prima corsa arrivai sesto.

Ricordi la prima bici?

Era bianca e nera, una mountain bike. In Eritrea cominciamo tutti sulla mountain bike, la bici da strada è arrivata a 16 anni. Adesso uso la mountain bike per andare a fare la spesa.

Com’è il mondo intorno Asmara?

Ci sono tante salite, c’è anche pianura, a una quota è di quasi 2.400 metri. Per me non è difficile correre e allenarmi a quella altitudine, perché ci sono nato. Di solito tornavo a casa ogni tre mesi, ma questa volta a causa della pandemia non vado da novembre. Ho due fratelli e due sorelle, da noi le famiglie sono più numerose che in Europa. Anche mio fratello più piccolo ha cominciato a correre. Quando sono giù ho amici corridori con cui allenarmi. I miei tre migliori amici sono tutti corridori.

Presentazione delle squadre, ultima tappa al Tour of the Alps: ora il Giro
Presentazione delle squadre, ultima tappa al Tour of the Alps: ora il Giro
E’ vero che in Eritrea si parla ancora l’italiano?

Diciamo che dopo il tigrino e l’arabo c’è l’italiano. Ho scoperto venendo in Italia che i termini tecnici della bicicletta si dicono allo stesso modo. La ruota, il telaio, la sella…

Come ci si allena in Eritrea?

Meglio che in Europa, secondo me, grazie alla alta quota. E se non fosse per qualche problema con il visto, sarebbe ottimo anche andare a farci dei training camp. Ma se non hai la possibilità di venir fuori, meglio sfruttare l’occasione e partire.

Sul fatto di allenarsi a in Eritrea, il diesse Ellena racconta che il grosso problema di quanto Tesfatsion si trova ad Asmara è l’assenza di connessione internet. Se devono parlargli, il ragazzo va presso un hotel e ne sfrutta la connessione, ma quando hanno provato a fare videochiamate per spiegargli il sistema Adams, la linea non faceva che cadere.

Ci sono tanti giovani corridori ad Asmara?

Tanti e anche forti. Con Daniele Nieri abbiamo anche parlato per provare a portarli da juniores, perché il ciclismo in Eritrea è diverso da qui e per gli juniores non ci sono tante chance di venir fuori. Cresciamo guardando tutte le grandi corse in televisione. Io sono arrivato per la prima volta nel 2019 con la Dimension Data e ricordo che le prime volte rimasi colpito dal numero dei corridori, dalle discese, dalle curve, dalla velocità. E capii che per fare il corridore bisogna anche essere molto svelti. I due anni nella continental sono stati un bel modo di imparare come stare in corsa, la tecnica, il rispetto per i rivali.

Hai vinto il Tour of Rwanda.

E’ diverso, le salite però sono dure. Le strade sono grandi e ben fatte. Magari non ci sono tanti corridori forti, ma per vincere devi andare forte lo stesso.

La crono è un terreno su cui Tesfatsion dovrà lavorare molto
La crono è un terreno su cui lavorare molto
Hai lasciato casa con un sogno?

Il mio sogno è vincere il Tour de France… Anche il Giro d’Italia, sono tutte grandi corse. Se è possibile riuscirci? E’ possibile, se lavori duramente e se Dio mi darà una mano. Con il duro lavoro e con l’aiuto di Dio, niente è impossibile.

Hai tanti tifosi in Eritrea?

Tutti i tifosi di ciclismo tifano per tutti i corridori eritrei. E noi siamo amici, sentiamo molto questa appartenenza. Per cui magari nelle corse in Africa si fanno preferenze, ma quando siamo in Europa tutti tifano per tutti.

Vivi a Lucca come quando eri nella continental?

Esatto, vivo assieme a Ghebreigzabhier della Trek e Berhane della Cofidis, mentre altri due corridori della Qhubeka, anche loro eritrei, vivono a due chilometri. Mi piace vivere in Italia, il cibo è buono. Quando non mi alleno, magari vado a fare un giro, ma il più delle volte restiamo a casa.

Alla Tirreno, il primo assaggio di WorldTour accanto ai veri big del gruppo
Alla Tirreno, il primo assaggio di WorldTour accanto ai veri big del gruppo
Sei musulmano o cristiano?

Sono cristiano ortodosso, credo molto.

E’ vero che per questo alcuni cibi non puoi mangiarli?

Non poi così tanti. Non mangio prosciutto (Ellena ha aggiunto che evita anche la carne di ovini, per quello che le zampe ungulate rappresentano nella Bibbia, ndr). Quando sono a casa preparo anche un po’ di cucina eritrea, soprattutto quando posso portare qualcosa da casa. Il mio preferito si chiama injera, un piatto unico. A Lucca non ci sono ristoranti eritrei, ma a Milano o Bolgna sì. Il nostro cibo è simile a quello dell’Etiopia.

Come è andata al Tour of the Alps?

Ho portato a casa un bel mal di gambe, ma per me è stata una grande corsa, ottima per accrescere la mia condizione e le mie performance, giorno dopo giorno. Mi sono sentito meglio sulle salite e nei piccoli sprint di gruppo. A Innsbruck mi sono piazzato nono alle spalle di Moscon. Ma non chiedetemi cosa mi aspetto dal Giro. Per il momento potrei soltanto parlarvi delle mie emozioni…

E’ cresciuto ad Asmara, però manca da novembre. La città sorge a quasi 2.400 metri
E’ cresciuto ad Asmara, però manca da novembre. La città sorge a quasi 2.400 metri

Quanto vale Natalino?

L’ultima parola la chiediamo al suo tecnico Giovanni Ellena, perché è raro imbattersi in un neopro’ che ti racconti di voler vincere il Tour.

«Lui vale molto – conferma il piemontese – lo sa, però a volte se lo dimentica. Ha dei momenti in cui cerca di capire da che parte stare. Ha molte piccole problematiche che si stanno risolvendo una ad una. Aspetti fisici, tecnici e altri legati alle abitudini e alla cultura del ciclismo. Perché in Eritrea per fortuna o per sfortuna è diversa dalla nostra, anche se i termini tecnici riguardo alla bici sono uguali ai nostri. Però ha un potenziale enorme, impressionante. Ed è una persona eccezionale. Deve crescere, ma ha tutti i mezzi per farlo. Non so quanto sia pronto per una corsa a tappe di tre settimane, però è giusto che anche lui faccia parte della partita».