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Sobrero e Bora: con Gasparotto all’origine della scelta

20.08.2023
5 min
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Con il mercato che già ci proietta mentalmente alla prossima stagione è facile iniziare a pensare e valutare i vari acquisti. Uno dei più importanti, per il ciclismo italiano, e non solo, è l’arrivo di Matteo Sobrero alla Bora-Hansgrohe. Un cambio importante, che ha aperto a tante considerazioni, ma cosa avranno in mente dal team tedesco per il nostro Sobrero? Lo chiediamo a Enrico Gasparotto, diesse della Bora che in queste ultime stagioni si è fatto apprezzare per idee e audacia in ammiraglia. 

Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023
Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023

Meritato riposo

Gasparotto in questi giorni è a casa, dopo il Tour si gode un po’ di meritato riposo. Intanto pensa alle corse future che lo attendono in ammiraglia: Eneco Tour, Plouay, Canada e poi il finale di stagione in Italia. 

«Dopo Giro e Tour – racconta – ho fatto rispettivamente un mese di pausa per volta. Era la prima volta che lo facevo, sinceramente lo preferisco, perché si ha più tempo per staccare e riposare. Delle ultime gare Il Lombardia sarà la più importante. L’anno scorso Sergio (Higuita, ndr) ha fatto bene, arrivando quarto. Peccato perché il podio era a portata di mano, sarebbe bastato prendere in testa il Civiglio. Anche Plouay e Canada avranno il loro peso, visto che sono delle WorldTour, e come team internazionale teniamo sicuramente a far bene. Come teniamo a far bene ovunque in realtà…»

Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Facciamo un passo di lato, che concetto c’è dietro l’arrivo di Sobrero?

Lo conosco dal 2020, quando correvamo insieme in NTT. E’ maturato tanto in questi anni e ho avuto spesso modo di confrontarmi con lui. A crono tra il 2021 e il 2022 ha fatto vedere grandi cose, in più è migliorato tanto in performance e numeri. 

Ha dimostrato di poter far bene…

Una nota positiva è quella mostrata all’Amstel e ai Paesi Baschi, sulle salite corte è andato forte. E’ cresciuto molto nelle salite e nelle gare di un giorno, e poi ha delle ottime abilità: sa stare in gruppo, limare… Sono qualità che abbiamo preso tanto in considerazione. 

Che ruolo potrà ricoprire quindi da voi?

Analizzando i file di potenza e prestazioni abbiamo notato degli ulteriori margini di miglioramento. Specialmente nelle salite lunghe e questa chiave per la Bora è importante, siamo una squadra incentrata sulle grandi corse a tappe. Per questo cerchiamo corridori che possano supportare al meglio i nostri capitani. Sobrero ha esperienza, avendo già corso a supporto di Simon Yates. 

Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio, un bel segnale
Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio
Quindi gli spetterà un ruolo principalmente di supporto?

Nei grandi Giri sì. Ma il suo apporto come persona è di supporto a 360 gradi, nel senso che quando ha libertà, sa prendersi le dovute responsabilità. E’ forte a crono e in salita, e corse gare di una settimana questa è una caratteristica davvero importante. Nelle gare delle Ardenne lo ha dimostrato, facendo bene fin dalla sua prima apparizione, quest’anno. 

Ha fatto vedere buone cose in questo 2023…

Ha dato continuità ai risultati dello scorso anno. Ai Baschi è stato continuo, è uscito di classifica in una giornata non felice per lui. All’Amstel ha fatto bene ugualmente, io c’ero. Ha bucato in un punto davvero brutto, altrimenti sarebbe stato tranquillamente nel primo gruppo. 

Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Che rapporto avete, visto che lo conosci da tanto?

Oltre all’anno in cui abbiamo corso insieme, il 2020, abbiamo fatto anche un ritiro insieme in altura prima dei mondiali di Imola. In più compro il vino dai suoi genitori (dice ridendo, ndr). Già tempo fa ho avuto modo di dirgli che ha un bel potenziale e che se avesse dato conferma delle sue qualità avrebbe attirato su di sé tante attenzioni. Anche al di fuori del discorso Bora, sono contento sia arrivato da noi.

Di recente ha anche vinto la sua prima corsa in linea.

E’ stata una bella dimostrazione, importante per lui e per le sue qualità. Essere ripagato dei propri sacrifici con una vittoria per un corridore è benzina in più. Sono emozioni che ti possono portare a diventare un vincente. Un’altra cosa importante.

La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
Dicci.

Lui è un grande cronoman. E abbiamo visto che ASO ha reinserito la cronometro a squadre nelle sue corse. Non è da escludere che possa tornare anche al Tour de France. E’ una considerazione che in squadra abbiamo fatto nel momento in cui abbiamo scelto il suo profilo. 

Vi siete già sentiti?

Ci siamo scambiati giusto qualche messaggio, ma niente di più. Lui è in ritiro con Ganna, dovrebbe fare la Vuelta. E’ giusto che si concentri sul finale di stagione con la Jayco-AlUla. Ci sarà tempo di incontrarci e parlare, fin dal team building che ogni anno facciamo a fine stagione con i ragazzi vecchi e nuovi.

Bora al Tour con due debuttanti: Hindley e Gasparotto

19.06.2023
5 min
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Prossima fermata il Tour. Enrico Gasparotto è appena rientrato da una settimana di vacanze in Grecia con sua moglie Anna, anche se gli ultimi tre giorni non sono stati come se li aspettava. La morte di Gino Mader lo ha colpito molto da vicino. I due erano molto uniti. Avevano diviso la stanza alla Vuelta del 2020, erano stati compagni di nazionale agli europei di Trento e lo svizzero è stato uno dei pochi corridori ospiti per cena a casa del friulano. Aver vissuto la tragedia a così tanti chilometri e assieme a sua moglie gli ha permesso di metabolizzarla meglio: se fosse stato anche lui in Svizzera, probabilmente ora non avrebbe neppure la forza di parlarne. L’obiettivo del discorso è tuttavia il Tour, in cui Enrico debutterà sull’ammiraglia, al pari di Hindley che ci metterà per la prima volta le ruote.

Gasparotto, qui con Jungels, è il tecnico che nel 2022 ha vinto il Giro con Hindley
Gasparotto, qui con Jungels, è il tecnico che nel 2022 ha vinto il Giro con Hindley
Che tipo di sensazioni hai su Hindley e il suo avvicinamento al Tour?

La formazione ufficiale la stanno decidendo in queste ore, non è ancora tutto deciso. Di certo andiamo sia con uno sprinter sia con Jai Hindley, che ovviamente avrà ambizioni di classifica. Ha puntato tutto sul Tour, ha avuto un avvicinamento in costante crescita, simile a quello del Giro 2022. La programmazione è stata abbastanza soft a inizio anno, per andare poi in crescendo. Tra gare, ritiri in altura e ancora gare, credo che le performance al Delfinato abbiano dato dei segnali positivi (in apertura, l’australiano terzo sul traguardo della Croix de Fer, ndr).

Obiettivo podio?

Siamo tutti realistici e lui anche più di noi. Vingegaard e Pogacar probabilmente sono di un altro livello, però credo che dietro di loro ci sia una bella lotta alla pari per quello che resta. Quindi bisogna inserirsi e credo che questo sia l’obiettivo primario per Jai.

Higuita, altro uomo per il Tour, è passato per il Giro di Svizzera (qui con Fabbro)
Higuita, altro uomo per il Tour, è passato per il Giro di Svizzera (qui con Fabbro)
La Groupama lascia a casa Demare per puntare al podio, voi portate il velocista. Chi ha ragione?

L’esperienza del Giro 2022 è abbastanza significativa, no? Kamna ha vinto la quarta tappa sull’Etna e ha portato molta tranquillità e serenità all’ambiente. Quest’anno siamo partiti al Giro per far classifica con Vlasov e Kamna, quindi concentrandoci solo su quello. Vedendo però che al Tour ci sono potenzialmente otto sprint, è normale che l’idea sia stata quella di dividere la squadra in due. Non sta a noi fare la corsa in montagna, perché si è visto dallo scorso anno che se ne fanno carico la Jumbo e la UAE. Se hai le forze per stare con loro il più a lungo possibile, riesci ad arrivare al podio. Detto questo e volendo dare un supporto al velocista, porteremo 2-3 uomini in più, che gli siano d’aiuto nei finali affollati.

Corridori che all’occorrenza lavoreranno anche per Hindley?

Certo. Possono aiutare Jai, a lui non togliamo niente. L’anno scorso abbiamo fatto la stessa cosa, portando Sam Bennett, con Vlasov che alla fine ha chiuso al quinto posto.

Hindley arriva al Tour dopo due blocchi di corse e altura: un percorso simile a quello del Giro 2022
Hindley arriva al Tour dopo due blocchi di corse e altura: un percorso simile a quello del Giro 2022
Il Tour si presta a invenzioni tattiche di qualche tipo?

Parto per la Francia completamente inesperto, perché da corridore il Tour l’ho fatto una sola volta e da direttore mai. Le dinamiche non sono quelle del Giro, quindi anche per me è un’esperienza nuova. Era lo stesso lo scorso anno al Giro come direttore, però se non altro il Giro lo avevo corso 10 volte da corridore. In Francia non sarò il tecnico responsabile, andrò in appoggio. Il Tour di quest’anno parte subito cattivo, già dopo 5 giorni potrebbero essere tutti al loro posto e questo toglie l’inventiva. Se prendi una randellata in avvio, poi è difficile inventarsi qualcosa.

Perché? Non si può studiare il percorso e provare?

Pogacar e Vingegaard hanno dimostrato sul campo quanto sono forti, perciò c’è in tutti la voglia di capire a che punto siano rispetto a loro. E questo frena gli slanci, diciamo così. I sopralluoghi li hanno fatti gli altri direttori. Dopo il Giro dei Paesi Baschi, sono rimasti a fare ricognizioni con tanto di video e prova percorso. Poi i ragazzi sono andati in ritiro a Tignes e sono ancora in altura, approfittando della vicinanza delle tappe alpine. Le hanno fatte in bici prima e dopo il Delfinato. Gli scalatori torneranno giovedì dall’altura, invece con gli sprinter abbiamo fatto un ritiro a parte.

Al Delfinato, Hindley ha corso finché ha potuto al pari di Vingegaard e Yates, chiudendo quarto
Al Delfinato, Hindley ha corso finché ha potuto al pari di Vingegaard e Yates, chiudendo quarto
Eppure, dopo la tappa di Torino 2022, tutti si aspettano da te l’invenzione. E’ una pressione che avverti?

Me la sono sentita al Giro, perché già prima della tappa di Bergamo mi venivano fatte più domande del solito. E’ anche vero che certe cose puoi farle nel momento in cui hai la possibilità e gli uomini giusti. Durante le mie ricognizioni, ho sempre sognato che la tappa di Forno di Zoldo fosse l’ideale per fare un gran danno e vedendo come è andata, me ne sono convinto anche di più. Ma noi non avevamo già più Vlasov e Kamna era in fase calante. Al Tour non so cosa si potrà fare. Bisognerà vivere alla giornata e sperare di avere gli uomini in condizione…

Gasparotto su Denz: «Ci ha tolto le castagne dal fuoco»

24.05.2023
5 min
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SABBIO CHIESE – Nico Denz, vincitore di due tappe, ha salvato finora il Giro d’Italia della Bora-Hansgrohe. A Rivoli ha battuto Toms Skujins, a Cassano Magnago due giorni dopo ha bruciato Derek Gee. Il suo direttore sportivo Enrico Gasparotto ne parla con gli occhi che brillano, un po’ per le vittorie e un po’ per la capacità del tedesco di motivare i compagni.

«Penso che Nico sia una delle rivelazioni di questo Giro – spiega il tecnico friulano – perché pur essendo venuto per aiutare i nostri leader, è uno che si iper-motiva facilmente e riesce a trasmettere questa positività e questa grinta ai compagni. L’ho visto subito. Alla Valenciana, che era la prima gara con tutto il gruppo del Giro. Stessa cosa alla Tirreno. A Lido di Camaiore ha fatto la crono che c’erano ancora le pozze d’acqua sulla strada ed è andato forte, senza pensare di farla a tutta. E’ andato bene anche al Romandia. Nico è l’esempio di come anche i luogotenenti possono venire fuori bene se seguono un approccio al Giro d’Italia uguale a quello dei leader, fra l’altura e tutto il resto…». 

Gasparotto, qui con Jungels, è il tecnico che nel 2022 ha vinto il Giro con Hindley
Gasparotto, qui con Jungels, è il tecnico che nel 2022 ha vinto il Giro con Hindley
Ti aspettavi che dopo aver lavorato, fosse così vincente?

Ci ha tolto le castagne dal fuoco, perché perdendo Alex Vlasov che era il nostro capitano, è ovvio che fossimo un po’ persi e vincere due tappe per noi è stato tanta roba. E poi sono contento anche per lui, perché nella crono di Cesena mi ha chiesto di farla a tutta per provare a misurarsi e io gli ho detto di no.

Perché?

Perché il Giro era ancora lungo. Lui non è stato contento, ma ha l’ha accettato perché è una persona seria che non si fa troppi problemi. E’ uno con cui si parla facilmente, però ho visto che ha accusato il colpo. E’ vero quello che ha detto nelle interviste, in realtà io avevo detto a Bob Jungels e a Konrad di andare in fuga, non a lui. Però non vedeva l’ora di trovare un varco e nel momento in cui Bob è stato onesto e ha detto alla radio che non stava bene, Nico ha colto l’occasione al volo. Questo è il bello di avere un team coeso.

E per ora ne ha vinte due…

Nella prima tappa che ha vinto, è stato il più forte. Nella seconda è stato forte, ma anche il più scaltro.

Si poteva immaginare un passaggio così facile da gregario a cacciatore di tappe?

Lo ha dimostrato l’anno scorso al Tour de Suisse, non è una novità che sappia vincere dopo una fuga. E’ chiaro che in avvio avevamo il grande obiettivo del podio a Roma, quindi ogni cosa era in funzione di quello. Per cui abbiamo chiesto a tutti di dimenticare gli obiettivi personali, ma resta che Denz sia una persona ambiziosa. Lui ha sempre avuto il sogno di venire in un grande Giro e vincere una tappa, questo è sempre stato il suo scopo, quello che lo spinge.

E’ uno che partecipa alle riunioni? Parla davanti ai compagni?

Fa assolutamente gruppo ed è uno che si esalta sempre. Motiva gli altri e anche se a volte esagera, meglio averne così che un team di gente depressa, no?

Vincere una tappa al Giro era il suo scopo: ora lo ha doppiato
Vincere una tappa al Giro era il suo scopo: ora lo ha doppiato
Come avete festeggiato dopo le vittorie?

I ragazzi non hanno fatto niente di speciale. Invece per quanto riguarda lo staff, la sera ce la siamo goduta di sicuro (Gasparotto ride, ndr).

Senza Vlasov è cambiato il vostro Giro e forse è sparito un possibile attaccante?

Voi giornalisti continuate a parlare della necessità di attaccare, forse perché la vedete anche da fan del ciclismo, che vorrebbero sempre una guerra tra i grandi corridori. Però bisogna contestualizzare il discorso. Ieri è iniziata l’ultima settimana dove ci sono 5.000 metri di dislivello ogni giorno. C’è mezzo gruppo malato e un’altra fetta col sistema immunitario compromesso che rischia di ammalarsi. L’obiettivo di tutti è vincere il Giro, il fatto che tutti corrano in modo conservativo ne è la conseguenza.

In entrambe le occasioni di vittoria, Denz ha saputo gestire le forze con lucidità
In entrambe le occasioni di vittoria, Denz ha saputo gestire le forze con lucidità
Ci sta che i primi si siano preservati, ma quelli alle loro spalle che cosa hanno aspettato per giorni?

Secondo me questo Giro sarà come una grigliata, perché il primo sole ha iniziato a cuocerli. Si poteva pensare che sul Bondone succedesse qualcosa, ma giovedì e venerdì saranno due giorni decisivi. Le Tre Cime di Lavaredo saranno come il Fedaia nel 2022.

Pensi che Vlasov avrebbe smosso la corsa?

Credo che avrebbe corso come gli altri, perché alla fine non serve a molto stare a scannarsi. Se avessimo avuto lui e Kamna in condizione, io vi dico che ho in testa le mie idee pazze, però non ci sono, come fai?

Denz, la sfortuna è alle spalle (e anche Skujins!)

18.05.2023
6 min
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La vigilia del tappone forse faceva paura ed è stato così che il gruppo ha lasciato sganciare una fuga super numerosa, da cui a sua volta si sono avvantaggiati i cinque che si sono giocati la tappa. Che poi l’azione sia sembrata una svista più che un attacco non cambia il fatto che a Rivoli si siano trovati testa a testa Denz, Skujins e Berwick, mentre il tenace Tonelli è arrivato a 58 secondi, dopo aver chiesto al suo corpo più di quello che aveva sulla salita di Colle Braida.

Fra Denz e Gasparotto

Dopo aver vinto, Denz strillava come un bambino felice nel giorno della sua vittoria più bella. Il tedesco di Waldshut ha 29 anni, è professionista dal 2015 e prima di oggi aveva vinto soltanto tre corse. A Cesena aveva chiesto a Gasparotto di fare la crono a tutta, sentendo di avere le gambe giuste, ma il friulano gli aveva detto di no, immaginando le grandi fatiche che lo attendevano in aiuto di Vlasov e Kamna. Poi Vlasov si è fermato e chissà se il tecnico della Bora-Hansgrohe, ripensandoci, abbia vissuto quel «no» come un senso di colpa. Sta di fatto che la vittoria di Rivoli ha pareggiato il conto, ha dato ragione a Gasparotto e reso felice il tedescone.

«Non so cosa dire – ha detto Denz, che nel finale ha animato la fuga più degli altri – tutto questo è troppo grande per me e ne sono molto orgoglioso. Ho sempre avuto sfortuna, oggi è andata bene. Non dovevo esserci io nella fuga, sarebbe toccato a Konrad e Jungels, ma Bob ha detto che non si sentiva tanto bene e voleva salvarsi per domani. Quindi ho avuto il via libera.

«Sapevo che sarebbe stato difficile, perché la prima fuga era numerosa e la collaborazione era  pessima. Ma improvvisamente si è creato un buco e ho tirato dritto. Sull’ultima salita ero al limite, ce l’ho fatta giusto ad arrivare in cima. Poi ogni cosa è andata al suo posto. Questa tappa rimarrà a lungo nella mia mente».

La sorpresa di Tonelli

Già, la fuga dei trenta da cui si sono sganciati i cinque… Stasera, fra gli altri, Bettiol, Formolo, Velasco e Oldani si mangeranno le mani per averli visti partire e aver litigato invece di unirsi e inseguirli. Non ha invece perso il treno Alessandro Tonelli, che quei 166 chilometri di fuga se li è sorseggiati fino all’ultima goccia.

«Mi sono staccato alla fine dell’ultima salita – ammette sfinito – purtroppo ho speso un po’ troppo nelle prime ore di gara, per entrare nella prima fuga numerosa e poi nel tratto in piana che abbiamo fatto veramente forte. Come sia nata la fuga dei cinque non l’ho capito bene neanche io. So solo che a un certo punto alla radio mi hanno detto di andare, perché si vede che c’era poca collaborazione davanti e nessuno voleva tirare. Si sono aperti, mi sembra che proprio Denz si è accorto di questo buco e ha fatto una tirata forte. A ruota c’era Skujins e poi io. Di colpo abbiamo accelerato a tutta e ci siamo sganciati in cinque, all’inizio c’era anche Battistella. E da lì abbiamo cominciato a guadagnare, grazie anche al lavoro dei miei compagni dietro e del compagno di Skujins che rompevano i cambi

«In salita ho provato ad andare col mio passo fino all’ultimo chilometro, poi gli altri hanno accelerato e non ho più avuto gambe per tenerli. Stasera l’imperativo è recuperare il più possibile, anche oggi abbiamo preso la nostra spruzzata di acqua e domani il meteo non sarà dei migliori…».

La neve in Svizzera

Domani è il giorno del Gran San Bernardo, che sarebbe stato la Cima Coppi qualora si fosse scalato fino in cima. Ma così non sarà a causa della neve che gli svizzeri non hanno pulito del tutto.

«Sarà comunque fantastico – dice Steve Morabito, ex pro’ e direttore generale dell’organizzazione – avremmo sognato di fare il San Bernardo, con i corridori davanti ai muri di neve, ma la sicurezza viene prima di tutto e, sul versante svizzero la strada è ancora in parte innevata. E’ stato meglio non correre rischi. Vista la situazione, tutto quello che dovevamo fare era ufficializzare il Piano B, era già tutto pronto».

Così, invece di salire fino alla cima del passo a circa 2.500 metri, il gruppo salirà fino a quota 1.900 metri e da lì entrerà in Svizzera attraverso il tunnel.

L’ironia di Thomas

Thomas in maglia rosa si guarda intorno e non si capisce se stia pedalando con la sensazione di potersela giocare o con la maglia rosa a orologeria. Il morale è buono, il tweet sul bagno dell’hotel della notte scorsa ha strappato il sorriso, ma in fondo parla di buon umore.

«La fuga di oggi – dice la maglia rosa – ci stava bene perché non comprendeva corridori con una grande classifica. Per noi è stata una buona giornata. Vedremo cosa accadrà domani, sarà il primo tappone alpino e il secondo giorno con delle salite lunghe dopo quello del Gran Sasso. Sarà un bel test. E’ una delle tre tappe più dure del Giro d’Italia, i ragazzi stanno bene. Il morale è alto. Sarebbe stato anche meglio se Tao non fosse caduto».

Damiani: «Prepariamoci a una sfida fra grandi tecnici»

03.05.2023
6 min
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«Non so come sarà scritto l’articolo – dice subito Damiani, direttore sportivo della Cofidis – ma mi piacerebbe che non venisse visto come un giudizio nei confronti dei miei colleghi, ma proprio un mio pensiero sul fatto che va bene parlare dei campioni, ma anche i direttori sportivi hanno la loro importanza. Non mi va di fare quello che giudica o si permette di farlo, però quando mi hai mandato i nomi, la prima cosa che mi è saltata all’occhio è che, tranne due, gli altri sono stati miei corridori…».

Roberto Damiani guida la Cofidis dal 2018. Classe 1959, viene da Castellanza
Roberto Damiani guida la Cofidis dal 2018. Classe 1959, viene da Castellanza

Il ruolo del direttore

Tre giorni al via del Giro d’Italia. Si fa un gran parlare di capitani e gregari, ma poco dei loro tecnici. Eppure nell’elenco dei partenti ci sono anche loro e non sarà una presenza banale. Per questo ci siamo chiesti se sia giusto non considerarli oppure andarli a cercare solo dopo, a cose fatte, per farsi dire quanto sono stati bravi o per metterli sulla croce.

Sfogliando la rosa, abbiamo individuato i tecnici dei pretendenti più accreditati alla rosa e abbiamo proposto a Damiani di parlarci di loro. Anche lui farà parte della sfida e avrà degli obiettivi da raggiungere: la sua presenza in questo articolo serve a sottolineare una volta di più che in questo ciclismo tutto watt, grammi e angoli, c’è bisogno anche di una bella parte di cervello. E quello, nei momenti di massimo sforzo e stress estremo, si va a cercarlo sull’ammiraglia.

Engels ha vinto la Vuelta con Roglic, ma ha avuto sempre un rapporto faticoso con il Giro (foto Eurosport)
Engels ha vinto la Vuelta con Roglic, ma ha avuto sempre un rapporto faticoso con il Giro (foto Eurosport)
Partiamo dall’estero. La Jumbo-Visma avrà Engels e Van Dongen, sono esperti di Tour, hanno vinto la Vuelta ma non il Giro.

La Jumbo mi sembra che abbia una gestione di gambe. Quando fanno la corsa, la fanno in maniera molto dritta. Sicuramente ci saranno degli input precisi a livello di ammiraglia, ma il grosso del lavoro viene incentrato sulla forza.

Viene in mente il Giro del 2016, quando Nibali attaccò sul Colle dell’Agnello e Kruijswijk in rosa, anziché ragionare e rimanere freddo, buttò via la vittoria.

Il fatto di saper gestire o meno il momento di difficoltà può essere uno dei punti deboli. Molto spesso nel calcio si dice che la miglior difesa è l’attacco. In questo caso, quando le cose non vanno come ti aspetti, il miglior attacco è la difesa. Difenderti bene ti mette in condizione di non farti mai trovare con il lato scoperto.

Tosatto ha vinto il Giro nel 2018 con Froome, nel 2020 con Geoghegan Hart, nel 2021 con Bernal. Qui con Ganna
Tosatto ha vinto il Giro nel 2018 con Froome, nel 2020 con Geoghegan Hart, nel 2021 con Bernal. Qui con Ganna
Bramati, Tosatto e Gasparotto: tre direttori sportivi diversi, come furono anche tre atleti diversi…

Sono personalità completamente differenti, non a caso Tosatto e Bramati sono stati due ottimi gregari, mentre Gasparotto era un po’ più individualista e vincente. “Brama” e ormai anche “Toso” hanno un’ottima quantità di esperienza e mi sembra che tutti e due abbiano la qualità di prendersi le loro responsabilità quando c’è da decidere. E questo è importante nel gestire atleti di altissimo livello come quelli che hanno. Perché se non hai la stima e la loro fiducia, puoi avere tutte le radioline del mondo, ma il lavoro che hai fatto non viene fuori. Gasparotto si è trovato sull’ammiraglia di una squadra molto forte e ha vinto un ottimo Giro. Però ha una quantità di esperienza molto minore in termini, permettete il paragone, di ore di volo rispetto agli altri due.

Però è anche quello più capace di inventare, forse perché a sua volta sapeva farlo in bici?

Esatto, secondo me ha la grande capacità di uscire dagli schemi, come per esempio nella tappa di Torino dello scorso anno. Hanno fatto una cosa davvero importante, uscendo dallo schema che magari per tutti gli altri prevedeva di attendere l’ultimo giro. Hanno spaccato la corsa molto prima e devo dire che hanno avuto ragione, sfruttando la giusta percezione degli atleti che avevano in mano. Perché i tecnici hanno chiesto una tattica del genere, ma gli atleti l’hanno attuata molto bene. Hanno avuto anche tante gambe per fare un lavoro del genere, quindi in questo senso “Gaspa” ha più estro.

Enrico Gasparotto ha debuttato lo scorso anno sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe, portando a casa il Giro d’Italia
Gasparotto ha debuttato nel 2022 sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe, portando a casa il Giro
Negli ultimi anni Tosatto ha vinto il Giro per tre volte. Bramati non ancora, ma ha centrato per due volte il podio con Uran , Gasparotto ne ha vinto uno: secondo Damiani sono differenze che si sentono?

Sicuramente sono esperienze importanti. Come per i piloti sull’aereo, nei momenti in cui è dentro o fuori, quelli in cui devi decidere, sono esperienze che contano. Non si vive solo di quello che si è già fatto, mi rompe la retorica dell’esperienza degli anziani, però esserci passato ti aiuta a farlo ancora e meglio. Sai che per fare classifica in un grande Giro, non devi mollare un attimo per tre settimane. Ma proprio niente, nella gestione umana, se c’è una foratura, quando gli dai la borraccia, a che ora arrivi alla partenza… Tutto questo conta e Tosatto, pur nei meccanismi che hanno alla Ineos, ha dimostrato di essere bravo nella direzione sportiva.

Si parte battuti quando ci sono certi campioni e certe squadre al via?

Se devo partire rassegnato, sto a casa. Noi con la nostra piccola squadra abbiamo i nostri obiettivi e molto chiari. Chiaramente non di classifica generale, però abbiamo degli obiettivi intermedi. Diventa pesantissimo fare un Giro d’Italia senza un obiettivo. Mi successe con la Lotto nel 2009, l’anno di Menchov. Feci tre settimane a spaccarmi il fegato, finché alla fine scoppiò il bubbone, alzammo la voce e venne fuori a tappa vinta da Gilbert ad Anagni. Ma fu dura. Se vieni in un Giro d’Italia senza l’idea di avere degli obiettivi reali – Damiani su questo è netto – meglio che stai a casa.

Bramati guiderà Evenepoel, come già nel 2021. In precedenza ha centrato due podi con Uran
Bramati guiderà Evenepoel, come già nel 2021. In precedenza ha centrato due podi con Uran
Credi che sia un Giro già scritto oppure si può uscire dalla morsa di Evenepoel e Roglic? 

Può succedere di tutto, lo abbiamo già visto. Jumbo-Visma e Soudal-Quick Step sono dedicate a un uomo solo, che cosa succederebbe se il leader avesse un grosso problema? Si troverebbero senza il vero obiettivo, come è successo alla Uae al Liegi. Il numero uno può essere il più forte in assoluto, ma può anche incappare nel Giro peggiore della sua carriera, può avere un inconveniente di qualunque tipo, anche per un solo giorno. Niente è già scritto. E il lotto dei partenti è più ampio di quello che sembra. Almeida, per esempio. Finora ha mostrato delle fragilità psicologiche, ma è forte e lo guida Baldato, un altro grande tecnico italiano. Ripeto: niente è già scritto.

Radio e giovani corridori: come insegnare ad usarle?

28.04.2023
4 min
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Tiene banco il tema della sicurezza e delle comunicazioni tra diesse e corridori una volta in corsa. Abbiamo sentito il parere di Sagan, e quello di Gasparotto riguardo i nuovi strumenti ed i metodi con i quali vengono utilizzati. Ma per quanto riguarda le radio, i corridori che cosa ne pensano?

Il tre volte campione del mondo aveva sottolineato come troppe comunicazioni distraggano il corridore ed allo stesso tempo creino un enorme stress in gruppo. Soprattutto tra i giovani che si ritrovano bombardati di informazioni e vengono così sopraffatti dal momento.

Pellizzari ha ricevuto tante indicazioni via radio nella tappa del Tour of the Alps con arrivo a Predazzo
Pellizzari ha ricevuto tante indicazioni via radio nella tappa del Tour of the Alps con arrivo a Predazzo

L’esempio Pellizzari

Al Tour of the Alps Giulio Pellizzari, sulle rampe di Passo Pramadiccio, mentre si lanciava alla ricerca della vittoria, continuava a ricevere incitamenti via radio. Ci siamo chiesti allora in che modo venga inserito questo strumento nella vita di un giovane corridore. Ne parliamo con Alessandro Iacchi, classe 1999 in forza al Team Corratec

«Ho fatto in tempo ad utilizzare la radio sia con i professionisti che con gli under 23 – ci dice – la differenza si nota. Rispetto a quando non c’era, si è molto più sicuri in gruppo. Se viene unita alle nuove tecnologie (VeloViewer e ciclocomputer) facilita le comunicazioni. Il diesse ha modo di segnalare i pericoli nei punti cruciali e viceversa».

Gli strumenti sono super accurati, sul ciclocomputer si può caricare il percorso e leggere l’altimetria
Gli strumenti sono super accurati, sul ciclocomputer si può caricare il percorso e leggere l’altimetria
In che modo si insegna ad un corridore giovane come utilizzare questo strumento?

Ti spiegano il funzionamento e come utilizzarlo per parlare. Dal punto di vista tecnico è estremamente facile, schiacci un bottone e sei in contatto con tutti: dai diesse ai tuoi compagni di squadra. 

Come ti spiegano il funzionamento una volta che sei in corsa?

Logicamente mi viene da dire che ti insegnano ad utilizzarla nei momenti importanti della gara. Per quanto riguarda noi corridori, la si usa quando fori, devi andare a prendere l’acqua o devi metterti in comunicazione con un compagno o un diesse. Mi è successo qualche volta di bucare, l’ammiraglia non ti vede a bordo strada e tira dritto. 

Tu hai corso anche senza radio, il modo di interpretare la gara cambia…

Assolutamente. La radio riduce i tempi di comunicazione, e di conseguenza aumenta la sicurezza. Non serve andare ogni volta alla macchina per avere un’informazione e in questo modo si riduce il via vai nel gruppo. 

Alessandro Iacchi compirà 24 anni il 26 maggio. E’ alto 1,70, pesa 59 chili ed è pro’ dal 2020
Alessandro Iacchi compirà 24 anni il 26 maggio. E’ alto 1,70, pesa 59 chili ed è pro’ dal 2020
Però aumenta il nervosismo. 

Questo succede perché alcuni diesse la utilizzano in modo sbagliato a mio modo di vedere. Con gli strumenti che abbiamo possiamo vedere tutto in tempo reale, i ciclomputer ci dicono quanto è lunga una salita e quale sia la pendenza media. Ci avvertono anche quando ci sono delle curve pericolose. 

I ciclocomputer di ora ti segnalano ogni minimo dettaglio del percorso…

Vero. Non servono comunicazioni tecniche, diciamo che è sufficiente ricordare che sta per iniziare una salita. Poi il resto lo vediamo da noi. 

Qual è il modo sbagliato di utilizzare la radio?

Quando la corsa diventa una radiocronaca, ogni minuto hai una voce in testa che ti dice qualcosa. Alla fine diventa fastidioso, soprattutto quando cerchi di concentrarti, che sia in volata o nel leggere il momento giusto della gara. Se il diesse mi parla tutto il tempo, si rischia che la sua voce diventi un brusio di sottofondo e, che tu voglia o meno, non lo ascolti più. 

Fanno eccezione gli eccessi di comunicazione quando si sta raggiungendo un’impresa. Qui Baldato e Marcato dietro Pogacar al Fiandre (immagine Velon)
Fanno eccezione gli eccessi quando si sta raggiungendo un’impresa. Qui Baldato e Marcato dietro Pogacar al Fiandre (immagine Velon)
Qual è secondo te il modo corretto?

Nei momenti concitati della corsa, come quando si forma la fuga, dall’ammiraglia ci dicono subito chi è nel gruppo davanti. In questo modo si possono aggiustare le tattiche in corsa, lì la comunicazione è fondamentale. Un altro esempio è quando il massaggiatore si trova al rifornimento ed inizia a piovere. Lui può avvisare che è cambiato il meteo e noi corridori ci regoliamo di conseguenza. 

Per i giovani allora la radio diventa quasi stressante?

Come detto, dipende da come la si usa dalla macchina. A me troppe comunicazioni non piacciono, altri invece le preferiscono. Però mi sento di dire che a volte è importante ascoltare il gruppo e i suoi rumori.

Gasparotto, debutto assoluto (e a sorpresa) alla Roubaix

14.04.2023
5 min
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Non senza sorpresa, la mattina del via della Parigi-Roubaix, a Compiegne ci siamo ritrovati di fronte Enrico Gasparotto. La sorpresa era reciproca, nel senso che anche il direttore sportivo della Bora-Hansgrohe non si aspettava di essere lì. Lo avevamo lasciato in ritiro al seguito della squadra.

Enrico era “teso”, ma anche incuriosito dal suo debutto assoluto nell’Inferno del Nord. Non aveva mai fatto neanche da corridore la corsa del pavè.

Enrico Gasparotto (classe 1982) non aveva mai preso parte alla Roubaix in 17 anni da pro’
Enrico Gasparotto (classe 1982) non aveva mai preso parte alla Roubaix in 17 anni da pro’
Insomma, Enrico, come è andato questo battesimo di fuoco?

Dico che c’è il ciclismo e c’è la Roubaix. E’ uno sport a parte. Era la prima volta che salivo sul pavé francese. Avevo fatto tutte, ma proprio tutte, le classiche del Belgio, ma mai la Roubaix, né avevo saggiato il pavé francese. E ora posso dire che è un livello di tutt’altra difficoltà, più duro, più complicato… E adesso ho un rispetto infinito per chi finisce questa corsa e ancora di più per chi va forte.

In realtà, non avevi fatto neanche la ricognizione…

No, ero in altura col gruppo Giro a Sierra Nevada. E poiché il Giro d’Italia per noi è un obiettivo primario, mi hanno detto di restare lassù con i ragazzi fino all’ultimo. Mi hanno avvertito il martedì prima della corsa, ma sono rimasto lì fino al venerdì. «Vieni a Roubaix per guidare», mi hanno detto. In pratica ho toccato il pavé per la prima volta direttamente in corsa.

E come è andato questo ingresso?

Dopo le prime “botte” ho chiesto subito: «Quanti settori mancano?». E poi sapendo che quello messo peggio di tutti era il Carrefour de l’Arbre ho chiesto: «Quanto manca al Carrefour?». 

Intervenire sui tratti in pavè era davvero complicato. Qui Marco Haller con una ruota bucata
Intervenire sui tratti in pavè era davvero complicato. Qui Marco Haller con una ruota bucata
Un bello stress…

Mentre andavamo verso il primo settore, ho fatto mille domande. Ho chiesto molti consigli, anche per la guida, per la macchina. Molti team hanno cambiato le ammiraglie, prendendo modelli più alti, noi invece abbiamo solo inserito la placca di ferro sotto la scocca per proteggere il motore e alcune parti meccaniche. E dovevo stare attento. Era un’auto abbastanza pesante: tre persone (Gasparotto, il primo diesse e il meccanico, ndr), ruote, bici, frigo pieni di borracce… Abbiamo cercato di togliere peso eliminando qualche attrezzo e altre cosine, ma era davvero poca roba.

Come si guida sul pavè?

Con tanti sobbalzi! Al primo settore riesci a stare sulla sinistra, poi però i corridori iniziano a staccarsi e quindi vai a destra. Chiaramente serve attenzione, molta attenzione. Io per esempio della corsa non ho visto nulla, ero concentratissimo a guardare la strada e gli specchietti. Solo negli ultimi 10 chilometri, quando il pavé era finito ho dato un paio di occhiate alla tv. Ma in Francia è pieno di quei dissuasori di velocità: ne ho preso uno e per poco dal tetto non perdo una bici!

Un bel jolly!

Devo dire che è stata un’esperienza davvero speciale e sono contento di averla fatta. Marco Haller prima del via, mi ha detto: «Gaspa è più sicuro correrla che guidarci dentro».

In seguito alla grande caduta avvenuta ad Arenberg, Gasparotto e la sua ammiraglia sono stai fermi 5′. Poi un vero show per recuperare
In seguito alla grande caduta avvenuta ad Arenberg, Gasparotto e la sua ammiraglia sono stai fermi 5′. Poi un vero show per recuperare
E tu che cosa ne pensi?

Adesso dico che preferisco guidare! Anche perché col mio peso avrei fatto molta fatica. Ma lo dico adesso, a 41 anni. A 25 se mi avessero detto: «Fai la Roubaix», sarei stato contento. E sarebbe stato giusto così. Ma sono orgoglioso di averla fatta… E di aver riportato intera all’arrivo proprio quella ammiraglia che guidavo.

Perché “proprio quella”?

Perché so che l’ha presa il nostro team manager, Ralph Denk. La sera prima mi ha detto: «Gaspa, attento che quella è l’ammiraglia che avevi al Giro sulla Marmolada, quando Jay (Hindley, ndr) ha preso la maglia rosa. Quella verrà a casa mia per ricordo». Insomma, una pressione in più!

Passiamo ad aspetti più tecnici. E’ tanto diverso che guidare in altre corse?

Parecchio diverso. Quasi tutti i team hanno molto personale a terra con ruote, borracce e qualche altra cosa, ma la bici per regolamento non può essere fornita da terra: solo l’ammiraglia può. E così nel convoglio delle auto spesso vedevo le seconde ammiraglie dei team che puntavano alla vittoria che ci sorpassavano o che ripassavamo noi. E noi eravamo la vettura numero 13.

E la giuria lascia correre?

La giuria non vede tutto. Impossibile. Non ci sono abbastanza occhi. E questo in parte succede anche al Fiandre.

Come si fa nel caso un atleta chiami l’ammiraglia?

Non è facile. O li trovi fermi a bordo strada o li raggiungi fuori dal settore di pavè. E infatti su asfalto devi guidare un po’ come un killer. Per esempio ad Arenberg siamo stati fermi 5 minuti, ma 5 minuti veri, e quando siamo usciti siamo andati a più di 100 all’ora per recuperare. 

Alla fine una bella esperienza, un’esperienza che ti ha arricchito: si percepisce anche dal tuo tono…

Sì, sì vero. Mi è piaciuto. Ho visto la Roubaix e adesso capisco perché è considerata in questo modo: bellissima. Prima del via che c’è un po’ di stress, ma poi le cose le fai. Di certo devi avere un po’ di abilità nella guida e ti deve piacere.

VeloViewer, il Grande Fratello del gruppo? Ci spiega Gasparotto

09.04.2023
5 min
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Non vogliamo tirare in ballo l’opera di Orwell e nemmeno i reality show. Dalla recente intervista che abbiamo fatto con Peter Sagan, alla vigilia del Fiandre, ammettiamo che il pensiero è subito piombato in questo contesto di controllo. «Fino a poco tempo fa – ha detto lo slovacco – facevamo le riunioni prima della gara con una mappa e con un pennarello si segnavano i 4-5 punti da ricordare. La grande differenza l’ha fatta VeloViewer. Adesso ogni direttore sportivo può usare lo zoom e vedere dove sono i corridori, capire il vento e i punti pericolosi o stretti». 

Ed ecco il nostro approfondimento di oggi, tirato in causa proprio da Peter. Che cos’è VeloViewer e come funziona? Per farlo siamo saliti virtualmente sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe assieme ad Enrico Gasparotto

Enrico Gasparotto diesse della Bora-Hansgrohe, utilizza VeloViews in corsa e prima della gara
Enrico Gasparotto diesse della Bora-Hansgrohe, utilizza VeloViews in corsa e prima della gara

Un software

VeloViewer è un software, che lavora con il supporto e la sinergia di Strava per l’elaborazione dei dati relativi al percorso di una gara o allenamento che sia. Basta avere un profilo appunto del social arancione per scaricare un’ampia serie di dati che vanno a snocciolare ogni singolo dettaglio. Nelle mani di un corridore o amatore curioso, è una piattaforma che aiuta ad approfondire ogni sforzo metro per metro. Nella mani di un diesse diventa la trasformazione virtuale del famoso “Garibaldi”. Con la differenza che l’interazione diventa sempre più immediata con i corridori e con la corsa. 

In quanti utilizzano VeloViewer?

Noi come squadra lo abbiamo, ma credo che l’80 per cento delle squadre del gruppo lo utilizzino. C’è qualche squadra che usa altri software, ma che dà le stesse informazioni. Diciamo che è un metodo utilizzato dal 100 per cento delle squadre e delle auto della carovana.

Spiegaci in due parole che cos’è VeloViewer…

E’ un software che, grazie al Gpx che gli organizzatori delle corse condividono con le squadre, fa vedere il percorso e tutte le altimetrie metro per metro. Una funzione che è già presente sui dispositivi che noi tutti abbiamo come Garmin Connect. Su VeloViewer c’è una funzione live che noi in macchina utilizziamo per monitorare dove passiamo. Il percorso già fatto si colora di nero mentre quello da fare viene colorato con tutte le gradazioni che simboleggiano le varie intensità di ascesa e discesa.

I percorsi caricati in Gpx vengono elaborati e analizzati in ogni dettaglio
I percorsi caricati in Gpx vengono elaborati e analizzati in ogni dettaglio
Sagan ha detto che ogni direttore può vedere dove sono i corridori e segnalare ogni cosa…

Capisco Peter. Anche io ho corso in un periodo dove non c’erano tutti questi software e c’erano sicuramente meno informazioni via radio. Questo è un dato oggettivo, valido. Sul fatto che noi vediamo loro dove siano, non è del tutto reale. Noi non abbiamo su VeloViewer l’esatta posizione dei ragazzi, però ti da un’infinità di informazioni sul percorso. 

E’ un mezzo che aiuta più voi che i corridori…

Sì assolutamente. Io credo in realtà che il lavoro di preparazione del direttore sportivo della corsa che si va ad affrontare sia molto più facile. Una volta si usavano i roadbook e i “Garibaldi” delle varie corse. Oggi abbiamo un software che ci da molte più informazioni e più precise, che coprono ogni metro della corsa. 

Quanto aiuta il gruppo invece?

Quando sei in corsa, non vedi quanto è stretta la strada. Non si vede se una curva è pericolosa oppure no. Lì sta al diesse in fase di preparazione saper utilizzare al meglio questo software per capire che strade sono. Nella fase di preparazione c’è una funzione che utilizza streetview e ti dice quindi se una curva è pericolosa oppure no. Ma non nella modalità live dove si vedono solo colori e distanze. 

Qui due pagine di esempio di funzioni attive sulla piattaforma
Qui due pagine di esempio di funzioni attive sulla piattaforma
Riguardo alla posizione in corsa, questo softaware può generare più stress?

Ripeto, capisco Peter. Se utilizzi bene questo software si hanno veramente un sacco di informazioni in più. Poi è chiaro, un direttore che fa il Fiandre da dieci anni e si prepara facendo ricognizioni, con un approccio diciamo old-school, sa esattamente quando è pericoloso e quando no. Credo che lo stress in corsa sia dovuto al ciclismo che stiamo vivendo e non a VeloViewer. Di sicuro non aiuta a ridurlo, su questo posso dare ragione a Peter. Però non lo amplifica. 

Questa piattaforma può aiutare in ottica sicurezza?

Da un certo punto di vista sì. Così come le radio. Ho letto molto bene l’intervista che avete fatto a Peter. Anche io mi sono preso a cuore la situazione che è successa al Fiandre. Se tu fai un utilizzo sbagliato, le radioline diventano causa. Ma sta nel buon senso di tutti il saper utilizzare questi mezzi. E’ chiaro che io posso avvisare i corridori per dirgli tutte le rotonde che vedo, per esempio in VeloViewer nella funzione live si vedono questo tipo di particolari. Ha senso però avvisare i corridori che ci sono 10 rotonde? No, perché non so dove sono e magari l’hanno già fatta. Se io ho l’auto numero 20, il gruppo è un chilometro avanti a me. Il live prende la tua posizione non la loro. Sta quindi al direttore dire ai corridori i punti dove è necessario veramente intervenire. 

Filip Maciejuk al Fiandre nel tentativo di superare il gruppo per stare davanti causa la caduta del gruppo
Filip Maciejuk al Fiandre nel tentativo di superare il gruppo per stare davanti causa la caduta del gruppo
Errare è umano…

E devo dire che l’ho provato io in prima persona, che nonostante stimi la distanza e provi a prevedere, capiti di segnalare ostacoli o pericoli già passati. Tante volte è meglio avvisare con molto anticipo, che al tale chilometro ci sarà un punto in cui aumentare l’attenzione e sei sicuro che capiscano il messaggio e non si confondano. 

Un utilizzo a cascata nel ciclismo giovanile come lo vedi?

Se chiedete a me, a livello giovanile stiamo vivendo una separazione troppo grande. Io sono un po’ troppo di parte. Non sarei nemmeno favorevole al passaggio da juniores al professionismo WorldTour. Ha funzionato in alcuni casi con Pozzato o Remco oggi, però non è per tutti. Ci sono giovani che hanno bisogno di tempo. Quindi tornando alla domanda, un software del genere è eccessivo. A dirla tutta per me lo è già anche nel mondo U23.

Come per ogni cosa è il come viene utilizzato il mezzo che genera caos non viceversa…

Io credo che l’esagerazione faccia sempre male. Il giusto equilibrio e il buon senso sono la chiave di tutto e anche di questi mezzi. 

Bettini e gli altri, compagni di ieri e diesse di oggi

28.03.2023
6 min
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Per tanti anni compagni di avventura lungo le strade di tutto il mondo e non importava se vestissero la sua stessa maglia a o quella di qualche strada rivale. Poi referenti durante la sua avventura alla guida della nazionale, per capire condizioni e stati d’animo dei corridori da convocare. La lunga parabola di Paolo Bettini nel mondo delle due ruote ha sempre avuto a che fare con gente come Gasparotto, Pellizotti, Bramati, Tosatto. Rivali? Qualche volta. Amici? Sempre.

Oggi l’olimpionico toscano li guarda dall’esterno, protagonisti sulle loro ammiraglie del WorldTour, impegnati senza sosta in un calendario frenetico e rivede in tanti loro comportamenti i compagni di mille corse, quelle che hanno insegnato loro il mestiere. Perché in fin dei conti non sono mai cambiati.

Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…
Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…

Gasparotto, schivo ma serissimo

Gasparotto oggi è una colonna portante della Bora Hansgrohe, una delle squadre che più sono progredite nel corso delle ultimissime stagioni e il due volte vincitore dell’Amstel ci ha messo del suo: «Con Enrico mi lega una lunga amicizia. Non abbiamo mai corso nella stessa squadra, ma quando finivamo la stagione andavamo in vacanza insieme. Di lui posso dire che è sempre stato un professionista a 360 gradi. Apparentemente, quando correva, poteva sembrare poco uomo squadra, uno che se ne stava sulle sue ma era carattere, perché quando serviva lui c’era, sempre».

Quell’amicizia non è venuta mai meno: «Ci siamo visti prima dell’ultima Sanremo e l’ho trovato divertito. E’ un lavoro stressante il suo, lo so bene, ma anche appagante soprattutto per come è fatto lui, per come lo interpreta cercando con tutto il cuore di trasmettere il suo sapere ai ragazzi, di invogliarli a vivere questo mestiere. Non posso dimenticare le sue lacrime al Giro dello scorso anno, il senso di appagamento che gli aveva dato vedere il risultato maturare nelle sue mani. Certamente gli serve ancora esperienza, ma sta davvero crescendo nel ruolo».

Conoscendo il suo carattere così schivo, si sarebbe aspettato un suo presente da diesse? «Sì, perché ha sempre avuto una visione di gara superiore e quando hai quella, puoi gestire tutto. In corsa aveva un occhio eccezionale, capiva nel gruppo chi poteva essere protagonista quel giorno, riusciva anche a prevedere come sarebbe andata la gara. Basta parlarci per sentire la passione che traspare in ogni suo gesto».

Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo
Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo

Pellizotti, il regista in corsa

«Con Pellizotti ci siamo incontrati spesso, una volta affittò anche un appartamento vicino casa per allenarci insieme. Avversari in corsa, ma sempre molto legati, una chiacchierata in gruppo ci scappava sempre. Rispetto a Gaspa era molto diverso: in gruppo si faceva sempre sentire. In certi tipi di corse era eccezionale, un vero riferimento, il classico “regista in corsa” che distribuiva i compiti in seno alla squadra. Si vedeva quale sarebbe stato il suo futuro».

Un conto però è gestire la squadra dall’interno, un altro è salire sull’ammiraglia… «Certo, il lavoro cambia tanto. E’ importante che poi quando sei in auto ti ricordi com’era. Faccio un esempio legato alla Liegi, che conosco bene: devi ricordarti i punti dove mangiare e bere perché la corsa non si muove, dove invece è il punto adatto a scattare, dove tenere gli occhi aperti e soprattutto tutto ciò devi trasmetterlo ai ragazzi, farglielo capire, E’ quello che sta facendo alla Bahrain Victorious».

Una volta hai detto che il campione difficilmente riesce a essere un buon diesse, il gregario sì. Perché? «Perché il lavoro del gregario non è solo fare il “lavoro sporco”, come ritirare le borracce o prendere le fughe. E’ un lavoro psicologico, vivere davvero la vita del gruppo, capire sempre la situazione, magari anche andare a parlare con tizio o caio dell’altra squadra e mettersi d’accordo per gestire la corsa finché non entreranno in scena i capitani. Acquisisci una sensibilità che sarà fondamentale».

Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie
Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie

Bramati, compagno di mille avventure

In questo Davide Bramati (in apertura è quello a sinistra, era il 2010) è sempre stato un campione: «Per questo è considerato uno dei diesse più carismatici. Ricordo ad esempio quando c’eravamo io e Valverde. Davide andava da quelli della Movistar e si metteva d’accordo per tirare il gruppo, prendere le fughe e poi toccava a me e Alejandro, ma eravamo stati tranquilli fino alle battute decisive. Si è intessuto una rete di rapporto importante, ora spesso fa lo stesso, solo che usa il telefono e chiama dall’ammiraglia all’altra ammiraglia, ma in soldoni il lavoro è simile».

Con Bramati il rapporto è sempre stato stretto: «Abbiamo corso anni insieme, eravamo compagni di camera, posso dire tranquillamente che certe vittorie come il mondiale di Salisburgo hanno molto di lui dentro, in corsa ma anche e anzi soprattutto fuori, nelle nostre chiacchierate, nella nostra ricerca di tranquillità e concentrazione. E’ sempre stato uno molto carismatico».

Oltretutto lavora nella Soudal QuickStep, fianco a fianco con un “padrone” difficile come Lefevere: «Non è semplice, ma è anche un stimolo. Io non potrò mai parlar male di Patrick per tutto quello che mi ha dato. Certo, è esigente, ma nessuno tiene vivo lo spirito del gruppo come lui. Senza stimoli un corridore si adagia e da lì a buttare via una stagione è un attimo. Porta a essere sempre sul pezzo, sempre un professionista. Io dico che per Davide è la dimensione ideale e i risultati sono lì a dimostrarlo».

Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997
Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997

Tosatto, vecchia scuola nell’ipertecnologia

«Quante cose ha risolto il Toso negli anni… – esclama Bettini a proposito di Matteo Tosatto, oggi diesse all’Ineos – Siamo passati insieme fra i pro’ nel ’97, ma mi ricordo un episodio al Giro da me vissuto da spettatore: caduta di gruppo, Contador è a terra. Tosatto prende la bici e comincia a correre sopra le bici degli altri, per dargli la sua e farlo ripartire subito. Chi avrebbe avuto quella prontezza di spirito così immediata? Quello è mestiere, significa avere sempre la lucidità e una visione completa della corsa».

Tosatto ha trasposto queste sue qualità in un team difficile come la Ineos Grenadiers: «Credo che per lui sia la soluzione migliore, perché ama lavorare con i più giovani e la Ineos è un team in transizione. E’ uno che sta imparando, nel mezzo di una strada che chissà dove lo porterà. Io penso che dia quel pizzico di esperienza in più in un team ipertecnologico: mi sembra di vederlo, nelle riunioni dove snocciolano dati come se piovesse, lui a un certo punto uscirsene con l’accento veneto “Ragazzi, qui c’è solo da menare…”. Tiene tutti con i piedi per terra, uno così è fondamentale».

Parlando di tanti colleghi, a Bettini non viene un po’ di nostalgia per tornare in ammiraglia? «Ributtarmi nella mischia? Dovrei pensarci bene, sulla base di un progetto ben definito e invogliante, perché dopo l’esperienza azzurra che, non posso negarlo, mi ha un po’ bruciato ho raggiunto il mio equilibrio tra famiglia e le mie attività. Vivo di ciclismo 80 giorni l’anno, salire in ammiraglia significa quanto meno triplicarli e la cosa mi fa un po’ paura».