EDITORIALE / Tutto a Roma: prima il Giro, poi le elezioni FCI

13.01.2025
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Fra una settimana saremo nuovamente qui a commentare l’esito delle elezioni federali. Avremo il nome del presidente che guiderà la FCI fino a Los Angeles e le reazioni dei due sconfitti. Quello che potrebbe succedere nell’assemblea non ha limiti. L’ultima volta, con quattro candidati in lizza, il testa a testa fra Dagnoni e Martinello fu deciso da uno spostamento di voti dell’ultima ora. In teoria c’è solo da aspettare, mentre nel frattempo le corse australiane hanno iniziato a produrre titoli e immagini e le interviste portate a casa dal secondo giro di ritiri in Spagna racconteranno la preparazione e i buoni propositi degli atleti che di qui a poco debutteranno in Europa.

La politica federale non ha molta presa sul pubblico, forse per questo finora delle elezioni si è parlato poco. E forse per questo la settimana che ci attende vivrà di colpi di coda o colpi bassi e pochi approfondimenti, nel nome di convenienze più o meno manifeste.

A metà del guado

Il ciclismo è un mondo speciale a metà del guado. E’ passione, sogno, esaltazione, sfida. Ha bisogno a tutti i livelli di gente che ci creda: gli atleti per sostenere fatiche al limite dell’umano, i volontari per riconoscere un senso ai loro sacrifici. Il ciclismo parla al cuore e lo fa senza mezze misure e forse per questo non si riconosce nelle verità non dette e nelle spiegazioni balbettanti della politica. Guccini cantava che il profumo del ricordo cambia in meglio, in questo caso la sensazione è che in assenza del minimo contraddittorio, il tempo ammanta gli eventi e lascia che siano dimenticati.

Stasera nell’Auditorium Parco della Musica di Roma (immagine depositphotos.com in apertura) saranno presentati i due Giri d’Italia WorldTour: quello degli uomini e quello delle donne. Ricordiamo bene la grande pressione esercitata sulla FCI nei giorni successivi alla vicenda delle provvigioni irlandesi e di come questa cessò, come per incanto, quando le organizzazioni del Giro Donne e quello U23 passarono al RCS Sport. Se avete dedicato qualche minuto alla lettura delle missive tra il presidente Dagnoni e l’ex presidente Di Rocco, pubblicate su Tuttobiciweb, avrete avuto probabilmente la sensazione di un cesto di panni sporchi che si è cercato per anni di tenere nascosto. Se ne sentiva persino l’odore. Certe cose devi leggerle, se vuoi farti un’opinione. E se vuoi toccare con mano lo scollamento fra il vertice e la base che cerca di districarsi fra mille problemi – economici, amministrativi e legali – senza il senso di avere nell’istituzione una madre capace di sciogliere i nodi prima che arrivino al pettine.

Presentazione Giro d'Italia U23, 2017, Renato Di Rocco, Marco Selleri
Renato Di Rocco e Marco Selleri fanno entrambi parte della squadra di Martinello: l’ex presidente resta figura centrale
Presentazione Giro d'Italia U23, 2017, Renato Di Rocco, Marco Selleri
Di Rocco e Selleri fanno entrambi parte della squadra di Martinello: l’ex presidente resta figura centrale

Ottavi in classifica

Siamo cresciuti sentendoci dire che il ciclismo fosse il secondo sport d’Italia, preceduto soltanto dal calcio. In realtà non è più così da un pezzo. Al punto che un sondaggio Demos realizzato lo scorso anno per Repubblica mostra il nostro sport all’ottavo posto, dopo calcio, tennis, formula 1, volley, atletica, nuoto e motociclismo. Può bastare l’assenza di grandi campioni e di una squadra WorldTour, per giustificare un simile calo? Oppure la si prende come alibi per giustificare l’incapacità di guidare questo sport meraviglioso attraverso il guado?

Lino Secchi, il quarto candidato che però ha fatto un passo indietro, lo ha spiegato chiaramente. Il ciclismo non entra nelle scuole, così come non era presente ai tavoli della politica in cui si lavorava sul tema della sicurezza. Il ciclismo è sparito dalle feste di paese e non svolge azione di promozione sociale. Per contro, il ciclismo continua a campare sul volontariato, sperando che duri. Non mostra vigorosi tentativi nell’arginare il calo dei tesserati e la chiusura di squadre che riducono la possibilità di accesso allo sport. Non c’è una strategia o almeno non si vede. La partita non si gioca sul numero degli amatori, a nostro avviso, ma sul fatto che i ragazzini non sognano più di scoprire il mondo su una bicicletta. E quelli che ancora lo fanno, trovano la strada sbarrata da problematiche insormontabili, soprattutto perché non gestite. 

Fra i progetti di Sport e Salute, Bici in Comune riguarda la promozione del ciclismo, fra società e sport
Fra i progetti di Sport e Salute, Bici in Comune riguarda la promozione del ciclismo, fra società e sport

I soldi scarseggiano

La FCI nuota in acque basse e questo non è un buon segno. I soldi scarseggiano, attendiamo di capire se l’accordo con Infront darà una svolta. Il tesoretto ricevuto in eredità grazie ai risparmi del 2020 è stato speso in tre anni. E anche se nel primo anno post olimpico ci saranno certamente meno spese, è chiaro che il disavanzo sia importante e il risparmio non sia una scelta ma una necessità. Nella conferenza stampa di Milano, che ha preceduto il Giro d’Onore in cui ha recitato per tutto il pomeriggio da conduttore, il presidente uscente Dagnoni ha vantato i risultati, sfoggiato le medaglie e spiegato i suoi risultati. Si è però detto stupito, a fronte dei risultati conseguiti, del taglio dei contributi da parte di Sport e Salute. E questo forse dà la misura del cambiamento non percepito: le sole medaglie non bastano più.

I progetti pubblicati sul sito della società che distribuisce i fondi per lo sport sono tutti nel segno della diffusione della pratica sportiva e della promozione sociale. Lo sport è veicolo di benessere e salute, limitarsi a sbandierare le vittorie espone il ciclismo ufficiale alla rimonta da parte degli Enti che fanno attività sui territori e possono vantare un numero di tesserati di tutto rispetto. Se vuole garantire un futuro allo sport – chiunque sarà il presidente chiamato a guidarla – la FCI deve cambiare pelle. Per non ritrovarsi ancora una volta a chiudere la stalla quando i buoi sono già tutti fuori. Prendere esempio dall’operato del Presidente di Lega Roberto Pella, firmatario con il ministro Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute del progetto Bici in Comune, potrebbe essere un bel modo per fissare degli utili punti di riferimento.

La FCI di Isetti: «Si riparte puntando su base e sicurezza»

28.12.2024
7 min
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Se all’elezione del prossimo presidente federale si procedesse per titoli, Daniela Isetti partirebbe con una dotazione di primissimo piano. E’ stata per due mandati vicepresidente della Federciclismo. Oggi è consigliere Uci, ma anche assessore alla Promozione del benessere della persona con deleghe al Welfare, allo Sport e agli Eventi del Comune di Salsomaggiore Terme. Ha fatto parte del Consiglio Nazionale del CONI e ne è vicepresidente in Emilia Romagna. E’ stata lei, con il Centro Studi, a gettare le basi dell’attuale Team Performance della Federazione. Fa parte della UCI Woman’s Commission. E’ stata Assessore allo Sport, cultura, eventi, politiche giovanili del Comune di Salsomaggiore Terme, la sua città. Il suo punto debole, che tale non dovrebbe essere, è il fatto di essere donna, nello sport italiano che professa la parità eppure ha eletto due sole donne ai vertici di federazioni nazionali.

Sembrava che le elezioni del 2021 avrebbero fatto della Federciclismo il pilota del cambiamento: si disse che il presidente uscente Di Rocco la avesse individuata come suo successore. Invece quei voti si spostarono verso l’attuale presidente Dagnoni. Si disse nella confusione di quei giorni che pur di non far vincere Martinello, Di Rocco avesse preferito sostenere il dirigente lombardo, che poi lo tagliò fuori dalla Federazione. Comunque sia, dopo il primo tentativo del 2021, Isetti si candida nuovamente e nuovamente ha le idee molto chiare. Il suo programma, estremamente dettagliato, ha una visione sferica del ciclismo. Lo analizza infatti a 360 gradi e con grande profondità.

Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello: i 4 candidati del 2021. Di Rocco avrà un ruolo anche questa volta? (foto Fci)
Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello: i 4 candidati del 2021. Di Rocco avrà un ruolo anche questa volta? (foto Fci)
Come già chiesto a Silvio Martinello, qual è la fotografia del ciclismo italiano secondo Daniela Isetti?

C’è bisogno di una riflessione profonda per arrivare a una modalità che finora non abbiamo ancora esplorato, nel rispetto della nostra storia e delle società. Abbiamo bisogno di recuperare il contatto con la base, perché il ciclismo ha perso terreno. In Italia è diverso rispetto ad altre Nazioni. Si parla tanto della Slovenia che ha così poche società e sforna quei campioni. Io credo che averne tante come da noi sia invece un patrimonio. Intorno alla bicicletta sta nascendo un movimento sociale fortissimo, le nostre società devono interagire maggiormente con le Amministrazioni, non solo per l’aspetto agonistico che pure resta centrale. Conosco l’attività delle società di base. Vedo quali difficoltà ci sono e anche quali sono le ricette che in alcune zone le rendono vincenti.

Perché il ciclismo ha perso terreno?

Le società soffrono per la riforma che le riguarda direttamente. Non tutti erano e sono ancora pronti per affrontare la riforma del primo luglio 2023. E trovo che già in questo la Federazione, attraverso i comitati provinciali e regionali, dovrebbe attivare dei servizi di appoggio e consulenza per chi fa attività e ha problematiche di tipo amministrativo. Detto questo, si vede una certa spaccatura fra l’attività giovanile e quella agonistica. La prima si fa bene sfruttando la possibilità di parchi chiusi e un ambiente sicuro. In quest’ottica, vedo davvero di buon occhio il progetto Bici in Comune, lanciato da ANCI, Ministero dello Sport e Sport e Salute.

Bici in Comune è stato siglato dall’onorevole Pella, il ministro dello sport Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute
Bici in Comune è stato siglato dall’onorevole Pella, il ministro dello sport Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute
Perché?

Perché dà la possibilità di incentivare la mobilità ciclabile e l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sostenibile. Riqualificare e garantire la sicurezza delle piste ciclabili esistenti. Finanziare progetti relativi all’organizzazione di eventi aggregativo-sportivi ciclistici e di attività cicloturistiche (le candidature per i Comuni saranno aperte fino alle 12 del prossimo 13 gennaio, ndr). E’ uno strumento che spero possano abbracciare in tanti.

Mentre le categorie agonistiche?

Salendo di livello si assiste al depauperamento dovuto alle difficoltà di reclutamento dei ragazzi da parte delle società, per non parlare di tutta la discussione in atto su juniores e under 23. Serve riattivare un discorso di filiera per recuperare numeri e attività. Viste le recenti sentenze in tema sicurezza, le società che organizzano hanno ben più di una preoccupazione e la Federazione deve stargli acanto per evitare che cessino l’attività.

Il Team Performance guidato da Bragato nasce dal Centro Studi voluto da Daniela Isetti
Il Team Performance guidato da Bragato nasce dal Centro Studi voluto da Daniela Isetti
Idee molto chiare sulla base: riparte tutto da lì?

Sono anche molto legata all’alto livello. Il Centro Studi che adesso si chiama Team Performance nasce dal mio incarico precedente in Federazione, ma è chiaro che la ricostruzione deve partire dal basso. E’ stato fatto tanto, ma è evidente che non sia sufficiente, perché siamo di fronte a una riforma epocale. Le società sportive hanno un valore sociale riconosciuto da Sport e Salute (la società dello Stato che si occupa dello sviluppo dello Sport in Italia, ndr). L’attività sportiva è stata inserita nella Costituzione, per cui abbiamo davanti una prateria di iniziative possibili. Serve che la FCI sia più capillare per dare modo a tutti di lavorare in serenità. Se perdiamo il presidio del territorio, non lo recuperiamo più. Per questo dico che una Federazione ambiziosa deve saper coltivare i rapporti con le Istituzioni.

Tutto questo potrebbe infrangersi contro lo statuto federale che per molti aspetti è limitativo.

Lo statuto e la sua riforma sono forse fra i pochi punti che nel mio programma sono stati messi in grassetto. Abbiamo regolamenti da riscrivere, non sono più attuali: sono troppo complicati e poco chiari, fatti in modo che per ogni decisione sia possibile un’alternativa di segno opposto. E’ fondamentale riscriverli e farlo con un lavoro corale, ma anche con una buona dose di professionismo, per non scrivere nuovamente un documento che lasci spazio a interpretazioni. La democrazia deve essere accessibile per tutti e ogni determinazione che sarà presa dovrà essere chiara e leggibile.

Isetti ha seguito le Olimpiadi di Parigi. Qui con Fiona May
Isetti ha seguito le Olimpiadi di Parigi. Qui con Fiona May
Sta reclamando maggiore trasparenza?

La trasparenza è parte del mio programma. Se tutti hanno accesso alle informazioni e alle decisioni, si può avere una vera crescita.

Servirà trasparenza anche nella prossima Assemblea federale?

Me lo auguro, visto che io per prima sono stata vittima di una serie di giochi non proprio chiarissimi. Spero che il 19 gennaio ci siano rapporti diversi, perché certe manovre si riflettono direttamente sul movimento. Spero ci sia maggiore maturità da parte dei candidati e degli elettori, perché la scelta sia basata su motivazioni oggettive e non su conveniente personali. E spero anche che le scelte non avvengano per le promesse ricevute, ma sulla base degli obiettivi. Le promesse non portano lontano e un Consiglio federale composto da troppe anime non consentirà di lavorare in modo costante. Si finirebbe col perdere la maggior parte del tempo e delle risorse in dinamiche di politica interna, perdendo efficacia nella propria azione.

Michael Antonelli è morto nel dicembre 2020, dopo l’incidente alla Firenze-Viareggio 2018
Michael Antonelli è morto nel dicembre 2020, dopo l’incidente alla Firenze-Viareggio 2018
Ci sono fronti di vera urgenza?

Ci sono situazioni su cui bisogna intervenire rapidamente. Una su tutte è la sicurezza stradale di tutti i giorni e subito dopo ci sono le problematiche legate alla sicurezza in gara. Vanno affrontate entrambe in maniera urgente, per evitare che le strade siano sempre meno sicure e che le società, a fronte delle ultime sentenze (il riferimento è alla sentenza per la morte di Michael Antonelli, sulla quale la corte ha stabililto che si poteva evitare segnalando la pericolosità della curva in cui cadde, ndr), preferiscano tirare i remi in barca. Poi ci sarà da capire dall’interno le dinamiche del bilancio federale e capire quali siano davvero i margini di manovra.

Si lamenta da più parti l’assenza dell’Italia dai tavoli internazionali su cui le riforme vengono scritte.

Non è una riflessione sbagliata. L’Italia ha Enrico Della Casa che molto probabilmente verrà rieletto alla guida del ciclismo europeo. Io sono in UCI, ma senza il supporto della Federazione. Se avessi dietro una Federazione forte, anche i rapporti in seno all’UCI potrebbero cambiare, ma così finora non è stato. Ci sarebbe la possibilità di fare di più. Per ora un motivo di soddisfazione è aver accompagnato Treviso al riconoscimento di UCI Bike City Label, assegnato in occasione dei mondiali di Zurigo alla città veneta come pure a Tokyo. Prima in Italia c’era solo la Val di Sole. Le città inserite in questo speciale elenco sono ora 29 e sono state inserite per la loro determinazione nel puntare sulla bicicletta come modalità di trasporto e mobilità alternativi. Dimostra che se vogliamo, possiamo lavorare bene anche all’interno dell’UCI. Ma serve la presenza di una FCI forte che ci creda e finora non c’è stata.

In tema di presenza italiana ai vertici internazionali, Della Casa, a sinistra, ha ottime chance di essere rieletto alla guida della UEC
In tema di presenza italiana ai vertici internazionali, Della Casa, a sinistra, ha ottime chance di essere rieletto alla UEC
Ci interessa molto la sua visione di insieme, che parte dalla base, include il legame con il territorio e sale fino al vertice.

Dobbiamo rimettere in moto questo tipo di volano, per essere proattivi rispetto alle politiche locali, che possono dare una spinta diversa e creare condizioni favorevoli per le società di base. Nel mio programma si lavora per questo, creando però anche un ponte fra il vertice e la base, coinvolgendo lo sport dei grandi con quello dei piccoli in modo che anche loro si sentano parte della stessa grande famiglia. Come ciclismo abbiamo una storia meravigliosa, che è la storia del Paese, di cui non dobbiamo dimenticarci. Tuttavia dobbiamo fortemente attualizzarla.

LEGGI QUI IL PROGRAMMA ELETTORALE DI DANIELA ISETTI

La sfida di Selleri, dalla Romagna alla politica federale

25.11.2024
6 min
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Il 19 gennaio 2025, presso l’Hotel Hilton Rome Airport di Fiumicino, si eleggerà il nuovo presidente della FCI. I candidati sono venuti allo scoperto nelle scorse settimane. Il presidente federale Dagnoni ha ammesso di sentirsi in campagna elettorale da tre anni e ha previsto per il 20 dicembre una conferenza stampa a Milano in occasione del Giro d’Onore. A sfidarlo troverà Silvio Martinello, Daniela Isetti e Lino Secchi, con l’annunciata frammentazione del voto che, in caso di ballottaggio e in base agli accordi dell’ultima ora, sposterà il baricentro verso un candidato o l’altro. Anche l’ultima volta andò così e Martinello, che in proporzione aveva ottenuto più voti, si vide sconfitto proprio per gli accordi consumati in quello stesso hotel. 

Da Metti a Selleri

In attesa di raccontare i quattro programmi elettorali, è interessante segnalare la candidatura di due uomini della base per il ruolo di vicepresidente federale. Dalla Toscana arriva l’ex presidente regionale Saverio Metti, mentre dalla Romagna si segnala Marco Selleri: l’uomo del Giro d’Italia Giovani U23, del mondiale di Imola e del Giro di Romagna (foto di apertura). Se la prima è il prosieguo di un cammino iniziato da anni, la discesa in campo di un organizzatore costituisce un’anomalia. Perché Selleri vuole scendere in politica?

«E’ una candidatura tecnica – precisa – più che per la politica federale in sé. Credo di aver raggiunto la maturità per sviluppare delle idee. Ho un’esperienza a 360 gradi. Ho vissuto prima da organizzatore del Giro delle Pesche Nettarine. Poi il Giro d’Italia U23, le settimane tricolori e i campionati del mondo. Quando è così, a un certo punto decidi di metterci del tuo, ma devi conoscere la materia al 100 per cento. Cioè il punto di vista dei corridori, dei direttori sportivi, di chi organizza le gare. Ho imparato a riconoscere parecchie lacune del nostro movimento, che non produce ricambio. C’è bisogno di un cambiamento profondo. Di ragionare in maniera diversa. Sfruttare i ragazzi che smettono a 22-23 anni perché non hanno i mezzi, però mantengono la passione. Ci lamentiamo perché non andiamo a fare reclutamento nelle scuole, ma se in questi giorni si guardano le persone che partecipano alle assemblee regionali, si vede che l’età media è molto alta. Siamo bloccati e non riusciamo a superare il modo di fare ciclismo degli ultimi 20 anni, che non funziona più».

Marco Selleri è stato il direttore generale del Giro U23: si candida come vicepresidente federale
Marco Selleri è stato il direttore generale del Giro U23: si candida come vicepresidente federale
Quando qualcuno si candida per la vicepresidenza, cosa fa?

Per il momento non faccio parte di nessuna squadra. Anche se, navigando nei programmi e nella storia delle persone che hanno fatto il ciclismo negli ultimi 10-15 anni, l’unico che a mio avviso possa cambiare qualcosa è Silvio Martinello. Sostengo lui perché vedo che è molto più vicino alle mie idee. Siamo di fronte a sfide importanti come la riscrittura dello statuto federale. Qualcosa per fortuna si sta muovendo nella Lega Ciclismo Professionistico con Roberto Pella, che si è buttato capofitto in questo settore nuovo per lui. E io vedendo tutto questo mi sono chiesto: perché stare sempre alla finestra? Le cose non cambiano da sole. In caso di mancata elezione, nessun problema. Nel caso invece di un esito positivo a mio favore, lavorerò con il Consiglio Federale, dando il massimo come quando si lavorava con Davide Cassani.

Davide ormai non c’è più da un pezzo…

Negli anni in cui rilanciammo il Giro d’Italia U23, con lui era partito un programma ben dettagliato. Era lui che trovava le risorse per portare avanti il Giro e di conseguenza anche noi ci siamo ritirati perché la presenza di Cassani non era più prevista dalla Federazione di Dagnoni. Quel programma è stato sostituito da altre strategie e anche il nostro impegno si è arrestato.

Alla fine del 2021 si è interrotta la collaborazione tra la Federciclismo di Dagnoni e Davide Cassani
Alla fine del 2021 si è interrotta la collaborazione tra la Federciclismo di Dagnoni e Davide Cassani
Dici che i giovani non si avvicinano alla politica sportiva: c’è un consiglio che potresti dare al futuro presidente?

I giovani andrebbero innanzitutto inseriti in un contesto completamente diverso da quello che si sta portando avanti. Devono essere formati per parlare con i bambini e fare le stesse cose che si stanno attuando in altri sport, come il tennis o la pallamano. C’è un ragazzo del mio paese, stipendiato dalla Romagna Handball, una squadra di A2 a Mordano, che viene mandato nelle scuole a fare lezioni e appassionare i bambini. Stessa cosa fa Davide Bulzamini, che abita nella stessa zona ed è il capitano della nazionale. Capisco che il ciclismo sia un po’ diverso, però dal punto di vista politico bisogna formare e mettere a libro paga i giovani più volenterosi, perché vadano in giro a raccontare lo sport a ragazzi poco più giovani di loro. Quattro in Romagna, quattro in Lombardia, quattro in Veneto, da una parte bisogna pure cominciare, anche perché le nascite stanno diminuendo ed è ovvio che va fatto un lavoro più profondo. Prima il ciclismo era lo sport numero due in Italia, adesso non lo è più. E a me sinceramente non interessa dire che non abbiamo la squadra WorldTour. Neanche in Slovenia ce l’hanno, eppure qualcosa hanno fatto. Qualcuno è andato a studiarlo? Qualcuno è andato a vedere come lavorano in Inghilterra?

Tu hai qualche conoscenza in questo senso?

Il mondiale di Imola mi ha fatto conoscere in maniera abbastanza profonda le persone dell’Unione Ciclistica Internazionale, dove ho dei rapporti buonissimi. Abbiamo lavorato insieme agli organizzatori del Tour de l’Avenir perché siamo rimasti ovviamente amici con Laurent Bezault e Philippe Colliou, le due persone che mi hanno affiancato a Imola per venti giorni. L’anno scorso mi chiesero se potevano fare qualcosa qui da noi e le conoscenze e la serietà delle persone hanno fatto sì che abbiamo portato il Tour de l’Avenir in Italia e ci tornerà fino al 2027.

Il Tour de l’Avenir 2024 si è chiuso in Italia, sul Colle delle Finestre, con vittorie di Blackmore e Bunel
Il Tour de l’Avenir 2024 si è chiuso in Italia, sul Colle delle Finestre, con vittorie di Blackmore e Bunel
E’ piuttosto raro che organizzatori diversi collaborino fra loro.

Perché noi siamo un po’ guerrafondai, un popolo spesso invidioso. Anziché lavorare insieme, è sempre una gara. La politica è diventata come il Milan contro la Juve: sempre in lite, con la quasi impossibilità di collaborare davvero. Porto l’esempio del mio vicino di casa, Adriano Amici. Ha ceduto alla Coppa Agostoni la data del Memorial Beghelli, piuttosto di prendere il telefono e telefonarmi, dato che avevamo in ballo il Giro di Romagna. Non si poteva collaborare per tenerle vicine? In qualche modo bisognerebbe essere chiamati a rispondere del capitale che si ha in mano, perché le corse hanno una storia ed è un capitale pure quello. E poi c’è una cosa che ho detto alla riunione del comitato regionale emiliano romagnolo.

Che cosa?

Che sponsor privati non ce ne sono più, quindi ci troviamo spesso a organizzare con soldi pubblici e questo vuol dire avere una base economica solida, perché i soldi pubblici arrivano dopo. Il problema è che nessuno ha costruito qualcosa con l’Istituto per il Credito Sportivo, per immaginare di concedere un fido agli organizzatori che così potrebbero portare avanti le loro corse. Si è preferito far smettere Moreno Argentin, che si trovava in questa stessa posizione e voleva organizzare le sue gare. Avrebbe avuto bisogno di ossigeno, invece si è preferito affossarlo e far sparire la sua corsa. Anche noi abbiamo avuto bisogno, però c’era una gestione federale attenta, che ha trovato il sistema di aiutarci anziché affossarci.

Morgado vince il Giro di Romagna 2024: la corsa è organizzata da Marco Selleri per Extra Giro
Morgado vince il Giro di Romagna 2024: la corsa è organizzata da Marco Selleri per Extra Giro
Sei dalla parte di Martinello, hai ricordi evidentemente positivi della gestione Di Rocco, perché non sostenere Lino Secchi che fa parte della stessa storia sportiva?

Perché abbiamo bisogno di ringiovanire, sono già vecchio io. Però ovviamente io sono un romagnolo di sangue caldo, di conseguenza dico quello che penso. Oggigiorno se vuoi andare avanti e sbloccare situazioni devi dire quello che pensi. Possiamo prendere delle persone che abbiano fatto il bene del ciclismo, d’accordo, però attenzione secondo me è davvero necessario cambiare direzione.

Verso il voto: il programma del candidato Perego

21.01.2021
7 min
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Fabio Perego è il quarto candidato, quello che nessuno si aspettava, se non altro perché è stato impegnato fino all’ultimo nelle elezioni per il Comitato regionale lombardo. Poi, sconfitto, ha scritto il secondo programma: questa volta per la Presidenza federale.

Se i candidati vanno pesati per il curriculum, di sicuro Martinello è il primo della classe come atleta, ma Perego lo è indubbiamente per i ruoli ricoperti. Atleta e tecnico. Organizzatore e politico. Forse per questo, a detta dei delegati che nelle ultime settimane si stanno concedendo interminabili call su piattaforma digitale, Fabio è quello capace di dare risposte nello specifico.

Chiara Consonni, Martina Fidanza, europei U23 madison, 2020
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Il Direttore Generale

Il programma è stringato: 11 pagine condensate, che fanno trapelare le idee chiare e assieme il poco tempo avuto per stilarlo. Per leggerlo è sufficiente cliccare al link precedente, mentre vogliamo soffermarci su un paio di punti che hanno richiamato la nostra attenzione. Primo fra tutti il fatto che Perego sia l’unico a proporre la figura del Direttore Generale. A sgombrare il campo, la battuta che circolava era che Di Rocco avrebbe appoggiato chiunque gli avesse garantito quel ruolo. Perego ride e comincia.

«Sono l’unico che l’ha tirato fuori – dice – perché sono convinto che sia necessario. Il Direttore Generale può anche essere la stessa figura del Segretario Generale, perché alla fine sono molto vicini, però deve avere determinate caratteristiche. E’ una figura di coordinamento che per il raggiungimento degli obiettivi è fondamentale. Non può fare tutto il Presidente. Il Direttore Generale è una figura più completa, è quello che verifica il raggiungimento degli obiettivi, le varie commissioni, le varie componenti del Consiglio Federale. Se si tornasse a quando ognuno dei componenti del Consiglio aveva una propria competenza e un budget da gestire, sarebbe giusto anche che ci fosse una figura di coordinamento che verifichi l’andamento delle cose e riferisca al Presidente. Un direttore generale d’azienda è una figura di coordinamento ma anche di controllo

Giudici di gara 

Un aspetto su cui puntano sia lui sia Martinello è quello della riqualificazione dei Giudici di gara e dei Direttori di corsa

«Se la Commissione dei giudici di gara e il suo Presidente non fossero nominati dal Consiglio Federale – dice Perego – ma all’interno della categoria, già avremmo un problema in meno. Si parla di autonomia, i giudici devono lavorare in autonomia perché non devono subite alcun tipo di influenza. Troviamo un sistema di elezione, ma nessuno potrà dire che il tale giudice è lì perché è amico di qualcuno. Tenete presente che i giudici non votano e tenete presente che la meritocrazia non sempre vince. La prima cosa è ridargli autonomia e poi forse alcune norme vanno riviste. Una è quella sul limite massimo di età: a 70 anni vai in pensione. Conosco persone che a 70 anni che sono meglio di quelle di 50. Per cui porterei il limite a 75 anni, valutando i singoli casi, in modo che i più esperti diventino una risorsa per i giovani, soprattutto all’interno delle Commissioni regionali. E poi c’è il limite dei 50 anni per prendere parte ai corsi di formazione. Io ho 54 anni e non potrei fare il giudice? Quel limite non va bene. Se anche recluti ragazzi giovani di 18-19 anni, dopo un po’ te li portano via e ti trovi senza giudici».

Delle Case e Bertolotti hanno fatto della Uec un modello di efficienza
Delle Case e Bertolotti hanno fatto della Uec un modello di efficienza

Direttori di corsa

I Direttori di corsa portano sulle spalle la responsabilità (anche penale) della carovana. E’ vero che è prevista un’assicurazione, ma è vero che un conto è dirigere una gara in pista, altrsa cosa portare in giro nei paesi gruppi di ragazzini.

«Queste persone vanno assolutamente formate – dice Perego – devono essere consapevoli di quello che stanno facendo, del loro ruolo. E quando in questo ruolo si raggiunge una certa professionalità, è giusto che in qualche modo si venga retribuiti, perché hanno delle responsabilità davvero importanti. Hanno bisogno di una tutela legale. Dovrebbero partecipare agli incontri con i Prefetti, col capo della Polizia. Per sicurezza e gestione della gara è il Direttore che comanda. E lui che dice fermiamo la gara o attraversiamo un fiume».

I tricolori

Un capitolo a parte del suo programma verte sugli standard organizzativi delle gare titolate: i campionati italiani su tutti. E’ possibile si chiede Perego che ciascuna prova tricolore, nello stesso anno, abbia standard differenti?

«Io farei come in altre federazioni, in Francia e in Belgio – dice – con una commissione (anche solo di 3 persone) che ha un capitolato tecnico a garanzia di uno standard organizzativo omogeneo almeno alle gare titolate. Ogni anno si organizzano decine di gare di campionato italiano, facciamo che i backdrop per le interviste siano omogenei? Che i palchi siano fatti allo stesso modo per montare pannelli pubblicitari di dimensioni concordate? Non è possibile avere un’organizzazione a Usmate e una a Trento. Agli sponsor devi vendere pacchetti uniformi. Ai tricolori di cross a Lecce hanno fatto tutto quello che potevano e anche di più. Potevano gestire meglio la zona box, sicuramente potevano fare meglio e ci sarebbero riusciti se la Federazione gli avesse mandato la sua commissione per dargli le linee guida. Diventa anche più facile perché alla fine la Federazione può mettere di mezzo i suoi fornitori e offrire le professionalità con cui lavorerà in modo continuativo».

Fabrizio Carnasciali, Coppa Fiera Mercatale
I giudici di gara vanno formati, retribuiti e assistiti legalmente
Fabrizio Carnasciali, Coppa Fiera Mercatale
I giudici di gara vanno formati, retribuiti e assistiti legalmente

Il fuoristrada

Il fuoristrada rappresenta più del 50 per cento dei praticanti. E come Martinello si sta circondando di personaggi che ne sono l’espressione, anche Perego drizza le antenne.

«Il fuoristrada secondo me – dice – occupa il 70 per cento dell’attività, insieme al Bmx. Il bimbo di 6 anni non lo porto in pista, lo porto con la Mtb regalata dal nonno al bike park di Usmate. Dobbiamo ripartire da qua, da questo progetto e far crescere i ciclisti di domani. Dobbiamo riprendere tutta l’attività e riportarla dove si può farla. Dove ci si può muovere. Ormai anche le stradine secondarie sono delle tangenziali. Mia moglie, che ha sposato uno che va in bici e che vive quasi di ciclismo, quando passa una volta all’anno una gara davanti casa e la fermano per 10 minuti mentre vuole andare al bar per fare colazione, perde la pazienza e dovreste sentire come sbotta. E qui entra in ballo il tema della sicurezza. 

«Se andate sul sito della Federazione c’è una tessera, creata per la gente che usa la bici per andare al lavoro, messa lì come mille progetti buttati senza esser seguiti. Quelli che usano la bici per spostarsi in città possono diventare tesserati. Se noi diamo loro in primis una garanzia assicurativa, poi delle convenzioni con il meccanico, sconti sui vestiti, sconti su vacanze in bike hotel… Sono dati che nessuno sta guardando, ma si traducono in numeri che si possono vendere. La Federazione sul territorio c’è, ma devi lasciar lavorare i singoli Comitati».

Alice Maria Arzuffi, Lecce 2021
Ai tricolori cross di Lecce hanno fatto del loro meglio, la Fci poteva aiutare a fare di più
Alice Maria Arzuffi, Lecce 2021
Ai tricolori di cross a Lecce si poteva dare più appoggio

Enti di promozione

Infine il movimento cicloturistico e quello amatoriale. Le Gran Fondo come volano per l’attività giovanile, i grandi al servizio dei piccoli. Secondo una strategia comune anche agli altri candidati. Con la differenza che Perego valta anche la collaborazione con gli Enti di promozione turistica.

«Si può fare la guerra che vuoi – dice – ma gli Enti sono emanazioni dirette di Confindustria e altri colossi. Di fatto devi trovare un sistema per collaborare e lavorare insieme. Il primo è uno standard di sicurezza e già quest’anno mi pare che abbiano obbligati ad avere il direttore di corsa. Dobbiamo sederci a un tavolo e trovare la quadra. Se gli dai appeal e gli dimostri qual è la differenza, allora riesci a portare a te i loro tesserati. Ma se continui a pensare che gli amatori siano dei bancomat, non funziona. Devi dare i servizi. Anche i Comitati provinciali ti aiutano ad organizzare, ma certo abbiamo costi di affiliazione molto superiori. Probabilmente perché loro non hanno nemmeno un carrozzone come il nostro da portarsi in giro».

Marketing e comunicazione

I dipendenti servono, ma bisogna che rendano per quello per cui sono pagati.

«Non è possibile che agli europei o ai mondiali della pista – dice Perego – la foto dell’azzurro che vince la medaglia venga dal cellulare di un addetto stampa. Non è possibile che la Fci non abbia un contratto con un fotografo che dopo 8 minuti ti mandi la foto di Ganna campione del mondo. La comunicazione e il marketing devono essere esterni, per bando, ma devono funzionare. E se non funzionano, si cambia. A noi serve uno standard di un certo tipo. La Uec è una società piccola, ha il suo fotografo, il suo operatore. Bisogna uscire dalla dimensione del volontariato…».

Verso il voto: il programma del candidato Dagnoni

20.01.2021
6 min
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Dagnoni ha la sua storia nel ciclismo ed ha alle spalle anche trascorsi da industriale che lo inducono a ricondurre anche la Federazione ciclistica nell’alveo di un’azienda. Sia pure ripercorrendo dinamiche e toni che rievocano altre discese in campo, è impossibile non dargli atto che alcune delle sue critiche siano ben più che pertinenti. L’esigenza di un bello scossone è forse la cura più adatta per un organismo, talmente abituato ad avere i tempi rallentati, da non accorgersi nemmeno più dell’anomalia.

Prosegue il nostro viaggio nei programmi dei candidati alla presidenza. E dopo aver parlato con Daniela Isetti e con Silvio Martinello, oggi abbiamo fra le mani il programma dell’ex presidente del Comitato regionale lombardo: 11 pagine con l’idea di fare della Fci un’azienda.

Attorno a Montichiari si potrebbe costruire una foresteria
Attorno a Montichiari si potrebbe costruire una foresteria

La burocrazia

“Molto spesso – si legge nelle dichiarazioni di intenti iniziali – i vertici della FCI sono scollegati dalle problematiche della base. Per questo motivo sarà rivolta la massima attenzione alla ricostruzione di uno stretto rapporto tra la FCI centrale, gli organi periferici e le società, che possa garantire un riscontro costante con le realtà dei territori. Efficienza vuol dire anche facilitare la vita delle società, che sono il cuore pulsante della nostra struttura, attraverso un’attività di semplificazione, una sburocratizzazione al fine di rendere le procedure più veloci”.

Come avrà modo di ammettere lui per primo, la parola “sburocratizzazione” non è fra le più belle, ma rende bene l’idea.

«Già da Presidente del Comitato regionale lombardo – dice Dagnoni – soffrivo i legacci che ci erano imposti. Capitava che dopo una riunione si andasse a mangiare una pizza e finivo sempre col pagare io con la mia carta e poi presentavo domanda di rimborso. Altrimenti avrei dovuto chiedere tre preventivi e accettare il più vantaggioso. E’ una cosa che ci è stata chiesta anche per l’acquisto dei fiori per il funerale di Gimondi. Per la mia concezione di Federazione, le procedure vanno rispettate, ma bisogna anche puntare a sbloccare le situazioni. Le cose vanno semplificate. Nella mia azienda ho sempre coinvolto i collaboratori, facendoli sentire parte del progetto. Adesso invece sono lì come impiegati senza stimoli. C’è da lavorare per valorizzarli. E c’è da lavorare perché questa azienda si distingua per i servizi che offre.

«Non deve esserci soltanto il culto dei profitti, ma quello di essere accanto ai propri tesserati. Sto valutando anche l’ipotesi di ricreare le tessere fisiche, come le card degli abbonamenti di calcio, caricandoci dentro servizi e convenzioni che faccia sentire i ragazzi orgogliosi di averle».

I campioni possono essere testimonial per conquistare bambini al ciclismo
I campioni possono essere testimonial per conquistare bambini al ciclismo

Il reclutamento

Un programma pratico, che non entra troppo nei dettagli e improntato all’agire dell’imprenditore che prima fa e poi semmai ne parla.

«Credo si possa definire un programma concreto – dice Dagnoni – perché se propongo di rifare la Sei Giorni di Milano, potete essere certi che ho già parlato con City Life e ho individuato anche il posto. E se parlo dell’Academy di Montichiari, è perché già da un po’ sono in contatto con il sindaco. Il velodromo è l’unico coperto in Italia, quindi è una risorsa. Ma ad esempio le nazionali spendono ogni anno dei bei soldi all’Hotel Garda, non sarebbe più funzionale costruire una foresteria, in cui giri sempre gente?

«Può esserci un’area commerciale. Ci può essere anche il centro estetico, casomai una mamma voglia farsi i capelli mentre aspetta i figli. Una struttura completa di tutti i servizi e anche la creazione di un centro di specializzazione. Si ricrea così il gruppo delle discipline veloci, da abbinare all’impianto di Bmx di Verona. Una struttura che preveda anche l’organizzazione di campus estivi, in cui alla presenza di tecnici federali, fai girare i bambini, portandoli in pista, a giocare con la mountain bike o sulla Bmx. E intanto li osservi e a loro magari viene voglia di cominciare. Al discorso delle scuole credo un po’ meno, per le difficoltà oggettive di mettere d’accordo le varie componenti, le poche ore a disposizione e i rischi cui si espone l’insegnante in caso di caduta».

La comunicazione

L’osservazione delle strade fa pensare che ci siano molti più praticanti che tesserati per la Federazione, soprattutto da quando il Covid ha messo in bicicletta schiera di appassionati dell’ultima ora cui magare sfugge anche l’utilità assicurativa di avere una qualsivoglia tessera.

«Sono convinto – dice Dagnoni – che non riusciamo a sfruttare il nostro potenziale. A parte i tesserati, c’è un pubblico molto più ampio. Il calcio può contare i suoi appassionati, perché i posti negli stadi sono numerati, noi abbiano un bacino di utenti esagerato che in qualche modo dobbiamo intercettare. Se riusciamo a sfruttarlo, diventiamo appetibili anche per le industrie che investono. Ho parlato con alcune persone e hanno detto che sarebbero disposte a puntare tanto su un progetto di qualità, mentre non sono interessate a mettere pochi soldi su qualcosa di poco spendibile. Bisogna dare per ricevere, ma credo che non si sia mai fatto.

«La Federazione è statica. Su Instagram mi arrivano le notifiche degli sport invernali, che quasi in tempo reale mandano i video delle gare e lo spot dello sponsor. La legge di Darwin dice che “solo chi sa adattarsi sopravvive e conquista il suo ambiente” e noi questo dobbiamo fare. Non credo serva molto per fare meglio, ma è certo che se sai comunicare, è anche più facile vendere il prodotto ciclismo».

Dagnoni non parla di tecnici, ma pensa a un rinforzo per Celestino nella Mtb
Dagnoni non parla di tecnici, ma pensa a un rinforzo per Celestino nella Mtb

L’aggiornamento

Il ciclismo, ricorda, si è sempre basato sul volontariato. Questo un po’ stride (dal suo punto di vista) con la qualificazione che di tante figure ha determinato l’azione del Centro Studi. Il punto a dire il vero è un po’ controverso, perché si potrebbe percepire il rischio del passo indietro. Soprattutto là dove si vorrebbero fermare gli aggiornamenti lasciando a società e tecnici il compito di decidere su cosa aggiornarsi.

Si legge nel programma che il Centro Studi dovrà recepire le esigenze della base “per elaborare soluzioni efficaci finalizzate alla crescita del movimento. In concreto saranno le società e i direttori sportivi ad evidenziare necessità ed esigenze, per fornire al settore elementi per adeguare i contenuti e le modalità della formazione alle reali necessità. Sarà introdotto un sistema dei crediti che tenga conto dell’attività svolta effettivamente dai tecnici e che eviti, almeno parzialmente, i corsi (e i costi) di aggiornamento obbligatori previsti con un’attività alternativa di formazione”.

«Il Centro Studi – dice Dagnoni – ha esasperato la formazione, al punto che adesso anche gli Asa si fanno pagare per svolgere il servizio che fino a ieri era appannaggio della Protezione Civile. Sono d’accordo che ci sia bisogno di figure professionali, ma non di professionisti».

I tecnici azzurri

L’ultimo punto, lasciando gli altri alla lettura del programma completo, riguarda le nazionali. Si sa, quando arriva il nuovo Presidente, inizia di solito anche il ballo delle ammiraglie, a volte per il semplice voler cambiare e accontentare chi ha aiutato ad essere eletti.

«Ma non è il mio caso – dice Dagnoni – anche se dei nomi mi sono stati indicati. Sino alla fine dell’anno non si tocca nulla e questo è anche positivo, perché ci sarà il tempo di guardarsi in giro e valutare chi potrà rimanere e chi eventualmente non sarà confermato. E anche capire chi sarà disponibile per essere eventualmente coinvolto. Mi viene da dire che forse metterei mano nel settore fuoristrada, perché Celestino da solo non può farcela. Magari prevedrei l’aggiunta di un tecnico per dividere il cross country dalla marathon e anche valuterei la possibilità di collaborazione fra le varie discipline. Ad esempio il ciclocross potrebbe collaborare con la Mtb, trovando modo di integrarsi durante l’estate, quando l’attività per loro è ferma.

«In ogni caso ci saranno delle cose da fare con la necessaria gradualità. Prima farei un’assemblea con i Comitati regionali e quelli provinciali, allargando la platea e coinvolgendo tutti. C’è da mettere mano allo Statuto Federale, ci sono cose che non capisco. Bugno, che ben conosciamo, voleva candidarsi come mio vicepresidente ma gli è stato impedito dato che l’anno scorso non era tesserato. Potrei trovare un top manager d’industria, che abbia voglia di impegnarsi in Federazione e non potrei coinvolgerlo perché non è tesserato? C’è davvero tanto da fare…».

Verso il voto: il programma del candidato Martinello

19.01.2021
6 min
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Tanto è organizzato e schematico il programma di Daniela Isetti, per quanto quello di Silvio Martinello è un fluire di idee: un ragionamento che va a toccare i vari aspetti della proposta evidenziando problemi e soluzioni. Due approcci completamente diversi, essendo tali anche i due candidati. Un documento di 25 pagine, suddiviso in capitoli come stazioni del viaggio.

«Immagino una Federazione – si legge in avvio – che ritorni a lavorare prioritariamente con e per la base, sostenendo i propri Comitati Regionali e Provinciali con un nuovo criterio, basato sul merito, di suddivisione dei contributi. I CR e i CP dovranno tornare alla loro funzione principale: rappresentare sul territorio il braccio operativo della struttura centrale. La FCI dovrà aiutarli a recuperare il terreno perduto dopo anni di gestione centralizzata che ha di fatto spogliato i comitati periferici (a parte qualche caso utile alla gestione del consenso) delle loro prerogative».

Tra i vari punti del programma integrale, alcuni hanno richiamato la nostra attenzione.

Francesco Ceci, Marco Villa, campionati del mondo Pista 2013 Minsk
La velocità va rifondata. Non possono essere Villa e Salvoldi a occuparsene
Francesco Ceci, Marco Villa, campionati del mondo Pista 2013 Minsk
Non possono essere Villa e Salvoldi a occuparsi della velocità

Supporto alle società

Si legge nel programma: il supporto economico e formativo alle società di base, consentirà di interrompere e invertire il trend di decrescita, per consentirci di essere nuovamente attraenti e competitivi rispetto ad altre discipline sportive.

«Intendo le società – spiega Martinello – impiegate in tutta la filiera, dai giovanissimi agli juniores. Bisogna tutelarle da quella sorta di cannibalismo messo in atto da parte delle squadre più ricche, che ha portato a un impoverimento generale. Già è difficile reggere ai passaggi di categoria, ma se gli ordini di arrivo vengono decisi a tavolino da direttori sportivi che grazie ai soldi hanno a disposizione i migliori talenti, anche il reale livello di competizione viene inficiato.

«Le società – prosegue Martinello – devono essere aiutate a crescere. Dopo questa pandemia dovremo sostenerle, cercando nelle pieghe del bilancio, le risorse per non far pagare affiliazione e tesseramento. Come si è fatto nel 2020, quando sono stati stanziati 2 milioni di euro proprio per sostenerle. E poi bisogna trovare il modo affinché gli squadroni più ricchi abbiano un vincolo da rispettare nel tesseramento. E’ un problema noto da anni, cui non si è mai data una risposta».

Il ruolo di Rcs

Quando il programma affronta il settore strada, l’analisi del movimento è lucida. A fronte di una storia prestigiosa, l’organizzazione del ciclismo in Italia pecca di presunzione e il sistema traballa. I grandi sono sempre più grandi, i piccoli sono al limite dell’asfissia. L’esempio del ruolo svolto da Aso nel rilancio del ciclismo francese è un ottimo aggancio.

«E’ un punto di arrivo – ammette Martinello – altrimenti non ne veniamo fuori. Rcs prende 20 milioni di euro ogni anno dalla Rai, perché non pretenderne 21 e investire quel milione nella promozione del professionismo? Bisogna sedersi a un tavolo e occuparsi di tutto il calendario nazionale. Si può immaginare per tutte le corse un format che preveda 90 minuti di diretta, con uno studio in avvio e uno in chiusura, con un produttore che può essere la Rai. Quando Amici lascerà, chi prenderà in mano la situazione? Rcs ha la sua struttura, perché non pensare a un’economia di scala, che metta i pro’ al centro del sistema?

«Il ciclismo francese – incalza Martinello – 15 anni fa era messo malissimo, Aso se lo è caricato sulle spalle. Le corse stavano sparendo e gli sponsor volevano investire sul Tour. E il Tour cosa ha fatto? Li ha invitati a investire in nuove squadre, garantendo loro la wild card. Le 2 squadre WorldTour (fa eccezione la Fdj che c’era anche prima) e le 4 professional francesi sono figlie di questo lavoro. E’ legittimo che una società faccia profitto, ma se non costruisci il movimento, cosa ti resta? A Cairo hanno spiegato la situazione in questi termini? E’ un progetto ambizioso, ma a quel tavolo la Federazione può mediare, avendo la consapevolezza dei rischi per l’intero movimento».

A Cairo qualcuno ha spiegato che Rcs potrebbe avere un ruolo costruttivo, da cui avrebbe vantaggi a lungo termine?
Cairo vuole intervenire a favore del ciclismo italiano?

Le nazionali

La maglia azzurra è il fiore all’occhiello, ma secondo Martinello l’organizzazione su cui sono basate le nazionali è figlia di retaggi superati. Il mondo anglosassone ha indicato la via già da anni. 

«Il progetto – dice Martinello – prevede di mettere a capo delle nazionali un Team Manager con responsabilità dirette di coordinamento e di organizzazione. Non sarà un team privato, perché farà comunque capo al Consiglio federale. Si tratta del proseguimento del progetto che portai in Federazione nel 2005.

«Oggi ogni gruppo lavora col suo personale, mentre immagino una squadra di meccanici e massaggiatori trasversali a tutti. Una struttura molto più snella, composta anche da personale dipendente, che quando non è in giro, organizza materiali e magazzino. Serve maggiore efficienza operativa, dopo che è stato concordato un programma di lavoro pluriennale alla luce degli appuntamenti agonistici. La nazionale deve essere il gioiello di famiglia e deve godere anche di una comunicazione all’altezza. Non è possibile che l’unico in grado di renderla visibile sia Cassani, grazie al suo seguito personale. La comunicazione è un punto debole, la maglia azzurra deve essere oggetto del desiderio anche per chi vuole investire nel ciclismo. Da un’analisi dei bilanci fra il 2003 e il 2019 emerge che nel 2003 c’erano 810 mila euro di entrate dagli sponsor, nel 2019 siamo a 219 mila…».

Massimo Besnati, Davide Cassani, Marco Villa, Filippo Ganna
La nazionale gode di grandi risultati e poca visibilità: la comunicazione è importante
Davide Cassani, Marco Villa, Filippo Ganna
La nazionale gode di grandi risultati e poca visibilità

La velocità

Dopo anni di buio e disinteresse, la velocità su pista è diventata fortunatamente il pallino di tutti. Martinello la definisce “una lacuna vergognosa”.

«La lettura di Daniela Isetti sulle cause dell’abbandono – dice Martinello – è parziale e superficiale. La velocità ha bisogno di grande programmazione. C’è da mettere a punto un sistema per dare supporto agli atleti, con i Corpi militari, ma anche immaginando la nascita di una squadra da affidare al team manager. I fenomeni olandesi della velocità arrivano tutti dalla Bmx, tanto che accanto ai velodromi, c’è sempre un impianto per questa specialità. Perché nel progettare quello di Spresiano non se ne è parlato? Sono specialità intercambiabili e la Bmx è comunque una disciplina olimpica. Servono tecnici di livello che ora come ora non abbiamo. Non dico che si debba importarne da fuori, ma vanno mandati i nostri a fare stage all’estero. La Nuova Zelanda, grande come la Toscana, ottiene risultati in tutte le discipline olimpiche. Come mai?

«La nostra pista ha ottenuto risultati eccezionali grazie a due grandi tecnici come Villa e Salvoldi, ma non possono essere loro a occuparsi della velocità perché non ne hanno la competenza. Lo dimostra il fatto che Miriam Vece sia stata mandata ad Aigle, come accade ai Paesi in via di sviluppo. Ma se avessimo mandato un’altra ragazza, a quest’ora avremmo una squadra per la velocità olimpica».

Gare Bmx (foto Fci)
La Bmx è specialità olimpica ed è alla base della velocità su pista: i fenomeni olandesi vengono da lì
Gare Bmx (foto Fci)
La Bmx è specialità olimpica ed è alla base della velocità su pista

La sicurezza

Sicurezza nell’organizzare le gare, sicurezza nell’uso quotidiano. Se il bambino non può andare a scuola in bicicletta, magari non avrà mai la voglia di arrivarci prima del compagno e la bicicletta sarà sempre più lontana dal suo orizzonte. Il settore strada è a rischio.

«Qualche intervento nel Codice della strada c’è stato – dice Martinello – ma ci si è bloccati su quel 1,5 metri che non è la panacea di tutti i mali. Il legislatore dovrebbe sedersi al tavolo con la Federazione, lavorando a un modello educativo. Stiamo pagando un prezzo altissimo in termini di vite e di tesseramento. Nei Paesi in cui si sono fatti investimenti veri sulla sicurezza sono aumentati anche i tesserati. Per cui bisogna investire sugli impianti chiusi che permettono di fare attività in modo sicuro, ma insieme va aiutato chi ha la responsabilità di legiferare perché agisca nel modo giusto.

«Sul fronte degli organizzatori invece, che hanno costi notevoli, va creata la stessa economia di scala di cui si è parlato per le produzioni televisive, dotando i Comitati regionali e provinciali di infrastrutture e mezzi da mettere a disposizione delle società. Come vanno aiutati, magari anche con assistenza legale, i direttori di corsa, che hanno sulle spalle un peso incredibile».

Gli argomenti sono ancora tanti e spaziano dal sito web federale al doping, in cui viene stigmatizzata la gestione Uci dell’antidoping e anche la retroattività dei controlli, in cui all’aspetto punitivo fa affiancato quello educativo. La lettura del programma in questo caso completerà ottimamente il quadro.

Verso il voto: il programma del candidato Isetti

18.01.2021
6 min
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Fra i programmi elettorali dei quattro candidati al trono del Presidente Di Rocco, quello di Daniela Isetti (in apertura con Salvato, Cappellotto e Faustino Coppi) è senza ombra di dubbio il più articolato e probabilmente quello che nasce dalla miglior conoscenza della macchina federale. E proprio leggendolo e leggendo della volontà di semplificarne i meccanismi, ci si rende conto di quanto la Federazione sia diventata con gli anni una matrioska di organi sulla cui utilità si potrebbe aprire una riflessione a parte, dato che le lamentele di chiunque provi a organizzare qualcosa vertono sull’eccesso di burocrazia.

I punti sono 18 e coprono ogni angolo della vita federale e dell’attività ciclistica in Italia, a non lasciare fuori nulla, cercando di rendere solido ciò che con l’incuria è ormai scivolato nello sfacelo, come ad esempio il settore della velocità in cui è bastato mettere appena il naso, per suscitare già il dibattito fra Ivan Quaranta, Chiappa, Guardini, Ceci e Marco Villa.

Cominciamo da qui. E speriamo che quando i delegati si ritroveranno in assemblea per il voto che deciderà il futuro del ciclismo italiano, scelgano su basi tecniche e di buon senso e non come spesso è accaduto per il proprio tornaconto.

Paolo Simion
Paolo Simion corre alla Vittoria Giotti, ma è laureato in Scienze Motorie e ha l’abilitazione come tecnico federale
Paolo Simion
Simion, corridore laureato e tecnico abilitato

Semplificare

Nell’Isetti programma si parla di una Federazione di servizio, per affrontare il quotidiano avendo dietro il supporto della struttura federale per la gestione ordinaria e straordinaria. Sarà necessario avviare un piano di semplificazione che riguardi la revisione dei regolamenti e delle normative oltre ad incidere sulle pratiche burocratiche laddove possibile, rendendole più accessibili.

«Semplificare – dice Isetti – è necessario perché la Federazione sia di servizio e supporto per tutte le attività. Non cito mai una specialità o l’altra, perché a meno che non si debba entrare nello specifico, si parla della stessa grande casa del ciclismo. Bisogna abbattere i muri. Ma siccome mi hanno fatto notare che parlo poco del fuoristrada, diciamo che allo stesso modo in cui la pista ha in Montichiari la sua base tecnica, bisognerà creare un Centro Federale del fuoristrada, che poi sia ramificato sul territorio e agganciato alle realtà locali. Ci sarà un’attenzione rinnovata per tutte le specialità. Finora si è fatto tanto, ora va proposto un restyling del modo con cui ci proponiamo all’esterno, nel solco del buono che abbiamo già».

Bambini, Bormio, scuola MTB
Le scuole di ciclismo saranno al centro di un lavoro di restyling e potenziamento
Bambini, Bormio, scuola MTB
Le scuole di ciclismo saranno al centro di un lavoro di potenziamento

Sicurezza

Agganciata alla semplificazione viaggia la sicurezza. Anche attraverso lo sviluppo della Commissione Impianti Nazionale tramite referenti regionali, con budget dedicato, in cui la Federazione seguirà lo sviluppo dell’impiantistica, dalla progettazione alla messa in opera, per tutte le strutture in grado di favorire la promozione e la pratica sicura, curando anche la consulenza per finanziamenti pubblici e bandi. 

«La sicurezza – spiega Isetti – va affrontata trasversalmente, attraverso le necessarie ramificazioni sul territorio. In questo momento, con il moltiplicarsi delle biciclette in giro, dobbiamo andare in supporto alle Amministrazioni per organizzare il ciclismo in modo sicuro. Dalla pista di pump track nel parco cittadino, fino alla realizzazione e alla gestione dei velodromi».

Atleti e tecnici

Tra i punti di forza del programma, il Centro Studi da lei diretto negli ultimi anni può diventare il passe-partout per accedere trasversalmente a svariati contesti. Sarà effettuata ad esempio una valutazione delle varie Commissioni, anche per capire in che modo siano sinergiche con i territori. Ne verrà istituita una degli Atleti e dei Tecnici, con parere consultivo, e una delle categorie giovanili, che si riunirà esclusivamente online, per intercettare pareri ed idee.

«E’ importante – spiega – creare la Commissione Atleti e Tecnici perché ci sono argomenti che riguardano tutti. Abbiamo visto, nei corsi online che abbiamo svolto con il Centro Studi durante il lockdown, che gli atleti possono fornire spunti derivanti dalla loro esperienza e questo sarà fondamentale per interagire al meglio nel ciclismo giovanile. Quello che altri dicono di voler fare, noi lo abbiamo già fatto. Il giorno in cui ci fosse davvero da partire, avremmo una schiera di tecnici ex atleti e ora laureati in Scienze Motorie, come Paolo Simion, che hanno già la formazione che serve».

Miriam Vece, bronzo 500 mt, europei pista 2020
Il progetto velocità potrebbe riportare Miriam Vece in Italia
Miriam Vece, bronzo 500 mt, europei pista 2020
Il progetto velocità potrebbe riportare Vece in Italia

Velocità e nazionale

La velocità, che come disse Chiappa assegna 18 medaglie olimpiche, è al centro di un grosso lavoro di revisione, cercando di incrementare la collaborazione con i gruppi sportivi dei Corpi Militari, come già avviene con le ragazze.

«L’abbandono del settore – spiega Isetti – è coinciso con il declino della pista. Quando siamo ripartiti, ci siamo dedicati maggiormente alle specialità più affini alla strada, avendo un tecnico come Marco Villa che tutto il mondo ci invidia e due motori come Viviani e Ganna, che Madre Natura ha fatto nascere in Italia. Ma sono convinta che l’esperienza e l’organizzazione del settore endurance possa essere esteso anche ad altre situazioni. Fermo restando che i velodromi vanno tutti messi nelle condizioni di lavorare meglio».

Sarà lo schema stesso delle nazionali ad essere rivisto dal punto di vista organizzativo, con l’istituzione del Coordinatore Sport Science, che collaborerà con i tecnici nazionali e sarà il responsabile della parte scientifica ed atletica del team.

«Cambia l’approccio organizzativo gestionale – aggiunge – mentre non entro nel discorso dei nomi dei tecnici. Hanno il contratto fino a settembre e non vedo perché chi ha lavorato bene non possa essere confermato. Ma di certo si può fare tanto per aiutarli a lavorare meglio».

Alessandro Greco, Team Nibali
Alessandro Greco, corridore del Team Nibali: per il Sud c’è tanto da lavorare
Alessandro Greco, Team Nibali
Greco, corridore del Team Nibali: a Sud c’è tanto da fare

E a Sud cosa si fa?

Restano due punti, il Sud e gli amatori, con spinosità diverse ma a dir poco velenose. Come tante volte in passato, per il Meridione si è ideato il nome di un progetto – Progetto del Sole – che va però riempito di contenuti per evitare che finisca come il Progetto Sud e altre amenità che negli anni hanno sprofondato il ciclismo più a Sud di Arezzo nella desolazione.

Chi dice che le cose vanno bene e si sta lavorando nella giusta direzione ha evidentemente qualche interesse da difendere.

Nel programma si legge che saranno premiate le società virtuose e sarà garantita la partecipazione a gare, attraverso la calendarizzazione e organizzazione di manifestazioni che offrano momenti di confronto agonistico, con la speranza di eliminare le gare in cui le categorie giovanili corrono in mezzo agli adulti.

«Conosco il Sud abbastanza bene – dice Isetti – sono vicina ai meccanismi e credo di aver individuato le necessità. Lo ritengo un progetto che possa dare la giusta valorizzazione a territori che ci hanno sempre dato grandi campioni. Anche con la creazione di una rappresentativa che porterà i ragazzi più meritevoli a correre in tutta Italia, coprendo le spese».

Amatori e turisti

Infine gli amatori e i cicloturisti, che da una parte rappresentano una bella fonte di entrata, dall’altra potrebbero sposare un certo modo di fare promozione sportiva sul territorio, ma che nulla c’entrano con la finalità agonistica di una Federazione affiliata al Comitato Olimpico: una visione che nel programma del candidato Isetti trova un’interessante integrazione.

«Ho tenuto tanto – dice – alla formazione delle Guide Cicloturistiche, perché non possiamo restare fuori dalle dinamiche con cui il ciclismo si diffonde nella società. Tutto quello che succede attorno alla bici può servire a dare maggiore consapevolezza della dimensione olimpica. Abbiamo corridori che sono diventati guide. Altri che sono diventati allenatori. Con queste figure di fatto le due dimensioni si avvicinano. Il fatto di esserci porta ad esempio alla promozione delle categorie giovanili, ad entrare nelle scuole e alla ricerca dei talenti. Inoltre saranno valorizzate le manifestazioni che sapranno creare eventi collaterali dedicati al ciclismo giovanile. La mia idea è ridurre gli attriti fra i settori e la parte amatoriale può essere proattiva rispetto all’agonismo vero». 

Fabio Perego

Presidenza Fci, c’è anche Perego. Ecco perché

30.12.2020
4 min
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La Lombardia è spaccata e dall’assemblea regionale che ha portato all’elezione di Stefano Pedrinazzi salta fuori a sorpresa la candidatura di Fabio Perego, il candidato sconfitto, alla Presidenza nazionale della Fci. Abbiamo sentito diversi commenti sul gesto del tecnico brianzolo , ma siccome è troppo facile ricondurlo alla ripicca per la mancata elezione, abbiamo provato a vederci chiaro, nel momento in cui si registrano in tutte le regioni repentini cambi di corrente, maglia e ideologia.

«Non è una ripicca – dice Perego – mi sono accorto proprio all’assemblea regionale che di fatto ci sono poche idee vere. Chi ha vinto ad oggi non ha una squadra, non ha ancora formato le commissioni, siamo fermi. Ha prevalso ancora una volta la politica del voto di scambio e io ci ho lasciato le penne. Dagnoni sa che come Lombardia non avrei sposato a prescindere la sua candidatura. E così si è spostato di là, con l’idea di continuare a guidare il Comitato regionale con un Presidente senza grande esperienza e con il comprensibile contributo di suo fratello, diventato vicepresidente vicario».

Fabio Perego, Cordiano Dagnoni
Perego e Dagnoni, una lunga collaborazione finita male
Fabio Perego, Cordiano Dagnoni
Perego-Dagnoni, la coppia è scoppiata

Classe 1966, promotore finanziario, Perego è sposato e ha un figlio di 21 anni. Dopo aver corso in bici essendo stato anche per cinque anni azzurro su pista, è diventato direttore sportivo di 3° livello. Ha guidato team femminili e juniores, fino a diventare tecnico regionale della pista e poi anche della strada. E’ stato Vicepresidente Vicario del Comitato regionale ed è Presidente dimissionario del Consorzio Velodromo Dalmine. La sua candidatura si aggiunge appunto a quelle di Cordiano Dagnoni, Silvio Martinello e Daniela Isetti.

Perché non avresti sostenuto Dagnoni? Era il presidente uscente, avete lavorato insieme negli ultimi 10 anni…

Per questo gli avevo chiesto di sostenermi. Se avessimo fatto una campagna con Cordiano a Roma e io in Lombardia, avremmo fatto male a tanti. Quando non lo ha fatto, gli dissi che avrà pure avuto i suoi motivi, ma io a quel punto mi sarei sentito libero di fare la mia gara, puntando a fare grande la Lombardia e senza sposare la sua candidatura prima di conoscerne i contenuti (a tutt’oggi ancora riservati). Forse proprio questa chiarezza mi si è ritorta contro. Adesso però di fatto la Lombardia è spaccata.

Hai sentito dire che dietro Dagnoni probabilmente ci sarebbe la regia dell’attuale Vicepresidente federale Rocco Marchegiano?

So che sta lavorando per lui, dicono in giro che voglia fare il presidente ombra. Se Silvio Martinello ci mette la faccia e va avanti diritto, se Daniela Isetti ci mette la faccia e va avanti diritta, perché non dovrebbe essere così per tutti?

Fino a un mese fa avresti immaginato uno scenario come questo?

Nemmeno per sogno. Ero convinto di avere un supporto importante in Lombardia per fare quello che avevo in mente. Ma ora la regione è spaccata. So che fra i 39 grandi elettori che votano per il Presidente, molti sono con me, non avendo gradito la manovra che mi ha privato all’ultimo momento dei voti necessari per la Presidenza del Comitato regionale lombardo. Chiaro che se li chiamo, tutti mi diranno di andare avanti, ma lo so che non è così. Sto correndo da solo e sono partito per ultimo, quindi è una gara a handicap. Devo capire se effettivamente potrò dire la mia. Oppure, parlando con i candidati, se sarà più opportuno appoggiare uno di loro.

Roberto Bettini, Stefano Bertolotti, Fabio Perego
A destra, con Roberto Bettini e l’addetto stampa della UEC agli europei pista 2017 a Berlino
Roberto Bettini, Stefano Bertolotti, Fabio Perego
Agli europei 2017, sulla destra, con Bertolotti e Bettini
Non era meglio avere una Lombardia compatta per indirizzare il voto nazionale?

Non ho ancora parlato con gli altri candidati, ma se succederà, parlerò come fossi il presidente della Lombardia. Perché vederla così smembrata è un dispiacere. Una regione che ha il 25-30 per cento del movimento nazionale poteva incidere molto di più. Mi fa sorridere il presidente di Bergamo che nella sua assemblea, rivolto al sottoscritto, ha detto: «Auspico che fra 4 anni ci sarà una Lombardia unita, perché quest’anno non siete stati capaci». Non siamo? E’ il presidente che comanda, spetta a lui la gestione politica del Comitato non ai vice o ai consiglieri (ma era comunque l’avvisaglia di come si sarebbe comportato al momento di votare): è questa la sua gestione? Con 39 voti nostri, più quelli che saremmo andati in giro a negoziare, Cordiano avrebbe vinto con un grande vantaggio

E così ti sei candidato…

Mancano quasi due mesi, mi sto dando da fare. Entro il 10 gennaio si dovranno presentare i programmi. Se devo spendere un grazie, lo faccio per Di Rocco, per quello che ha fatto. Ma se oggi vuoi cambiare qualche cosa, non puoi farlo con chi di fatto ha lavorato per anni direttamente o indirettamente con l’amministrazione uscente. Io corro per me, voglio vedere dove posso arrivare. Non voglio assolutamente che sembri una ripicca. Sono uno del fare, più che uno della politica. E qua da fare c’è veramente tanto.