Pirrone, l’avvio “diesel” e un giorno da sindacalista in gruppo

08.04.2025
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L’avvio di stagione “rallentato” di Elena Pirrone era stato preventivato e programmato a fine 2024.
Il suo è uno di quei motori che ha bisogno di un po’ di tempo, sia di durata sia… climatico, per entrare a pieni regimi, ma nonostante tutto la 26enne della Roland si era fatta un bel rodaggio bevendosi 130 chilometri in fuga (poi risultata decisiva) alla Omloop Nieuwsblad al quinto giorno di gara.

Anche a De Panne ha nuovamente provato un’azione simile per capire il suo stato di forma dopo aver faticato tra Strade Bianche, Montignoso e Trofeo Binda. Proprio a Siena la 26enne di Laives aveva corso da “sindacalista” del CPA Women, ruolo che l’associazione femminile presieduta da Alessandra Cappellotto assegna a turno in ogni corsa a diverse atlete. Il compito non è solo di rappresentante, ma anche quello di osservatrice in gara per ciò che concerne la sicurezza. Abbiamo chiesto a Pirrone quali riscontri ha riportato e più in generale cosa prevede la sua terza annata in Roland.

Pirrone alla Strade Bianche ha corso come rappresentante del CPA Women per sicurezza e protocollo condizioni meteo estreme
Pirrone alla Strade Bianche ha corso come rappresentante del CPA Women per sicurezza e protocollo condizioni meteo estreme
Andando in ordine cronologico, come hai iniziato il 2025?

Tenendo conto che avendo finito la scorsa stagione in Cina, e quindi avevo ripreso con calma la preparazione, sono partita abbastanza bene. Ho corso il UAE Tour per sfruttare il caldo e per aiutare le compagne. Sono uscita con una forma discreta, senza tuttavia pensare di andare alla Omloop Nieuwsblad e fare quello che ho fatto.

Non era preventivata quella lunga fuga?

A dire il vero, no. Ho tentato quella azione sicuramente perché mi sentivo bene, ma anche perché volevo tenermi fuori dal caos dei primi muri e perché solitamente è una gara molto sentita. Invece mi hanno seguite in poche, con me c’era la mia compagna Giuliani e alla fine ci siamo ritrovate in un gruppetto non troppo folto. Siamo andate molto forte, anche se dietro ci hanno lasciato molto spazio. Peccato per come si è evoluta la fuga.

Speravi di arrivare fino in fondo immaginiamo.

Assolutamente. Mi piange il cuore perché con tutte le fughe in cui mi butto, questa era davvero molto buona. Un’occasione rara, però poco per volta mi sono spenta, forse per il freddo. Sono arrivata stremata. Prima del traguardo, mentre restavamo sempre meno davanti e dopo che Claes e Nerlo (rispettivamente prima e seconda, ndr) avevano allungato, ho sperato di mantenere il terzo posto. Poco per volta sono stata ripresa dalle atlete che erano uscite da gruppo. Vollering e Pieterse volavano e io cercavo di difendere almeno la top 10. Verso la fine sono stata superata dal gruppo e ho chiuso molto lontana.

Hai pensato che potevi gestirti meglio?

Lì per lì ero molto delusa perché a pochi chilometri dall’arrivo avevo ancora un buon vantaggio ed è normale che rifletti su cosa potevi fare di più o meglio. A mente fredda invece ero piuttosto contenta per la prestazione, sapendo che sarebbe stato un buon lavoro per il futuro. Mi è spiaciuto per la fatica fatta dalle compagne e per non aver portato punti alla squadra, che è una cosa che ci richiedono dove e quando è possibile.

Dopo i 130 chilometri di fuga alla Omloop Nieuwsblad, Pirrone ci riprova a De Panne con un’avanscoperta più contenuta
Dopo i 130 chilometri di fuga alla Omloop Nieuwsblad, Pirrone ci riprova a De Panne con un’avanscoperta più contenuta
Nelle corse successive però cosa è successo?

Alla Strade Bianche sono andata bene a metà, finché non è intervenuta la sfortuna (sorride ironicamente, ndr). Sono rimasta coinvolta in una caduta e sono andata a blocco per rientrare nel gruppo principale. Poi mi si è rotto il cambio e a quel punto non sono più riuscita a tornare sotto. Anzi ad un certo punto, nonostante non avessimo un ritardo alto, ci hanno fermate quando la gara ha affrontato quel tratto in circuito. E’ stato demotivante perché meritavamo di arrivare al traguardo. Comunque il giorno dopo è stato pure peggio.

Per quale motivo?

Al Trofeo Oro in Euro è stata un’agonia totale perché mi sono presa un virus identico a quello che ha preso Longo Borghini. Mi ero già staccata e alla fine mi sono fermata. Sono ritornata in bici quasi subito e mi sono ripresa abbastanza bene, anche se a Cittiglio poi ho pagato un po’. Insomma, sono stati giorni un po’ difficili, ma resto serena per la primavera e l’estate.

Alla Strade Bianche eri stata designata dal CPA Women per la sicurezza e per il protocollo delle condizioni meteo estreme. Quali sono le indicazioni che vi vengono date?

Chiaramente è una grande responsabilità ed è giusto avere dei rappresentanti in ogni gara. Di base non c’è da fare molto finché non ci sono problemi seri in corsa, come ad esempio la sicurezza a rischio sul percorso. Però ormai la sicurezza in gara si è alzata molto da parte degli organizzatori proprio anche grazie alle segnalazioni del CPA. I punti pericolosi sono già preannunciati alle riunioni. In Belgio addirittura viene tutto segnato sul road-book della corsa e viene ulteriormente comunicato. In gara poi viene ricordato alla radio alle ammiraglie e poi a noi atlete. Per dire quanto siano fondamentali le radioline in gara.

Quando si è rappresentanti in gara si corre con un occhio diverso rispetto al solito?

Può capitare che alcune atlete vadano dalla rappresentante in corsa per indicare, ad esempio, le moto troppo vicine al gruppo. Oppure durante la ricognizione di un percorso si segnali un punto pericoloso. Ricordo che l’anno scorso all’Itzulia Women, che si corre un mese dopo quello maschile, Reusser aveva proposto di neutralizzare la discesa in cui erano caduti facendosi male Vingegaard, Roglic ed Evenepoel. Non fu possibile, ma in gruppo avevamo affrontato quella discesa con più cautela. Quando corri con una certa consapevolezza, diventa un po’ più semplice gestire certe situazioni in corsa.

Tornando alla squadra, come ti trovi?

Alla Roland sto bene. Siamo in quattro italiane (Giuliani, Ruffilli e Vettorello le altre, ndr). C’è un buon ambiente ed è un bel gruppo con cui lavorare. Non abbiamo troppe pressioni, ma come dicevo prima dobbiamo fare punti. La nostra caratteristica è che siamo in 11 in squadra, non tante in confronto alle altre formazioni. Infatti al primo ritiro che avevamo fatto ci siamo dette “vietato ammalarsi” perché altrimenti siamo contate. A parte le battute, questo significa correre tanto e fare quindi molta esperienza.

Vietato ammalarsi. Rispetto agli altri team, la formazione WorldTour svizzera è di sole 11 atlete (qui manca Dronova-Balabolina)
Vietato ammalarsi. Rispetto agli altri team, la formazione WorldTour svizzera è di sole 11 atlete (qui manca Dronova-Balabolina)
All’orizzonte Elena Pirrone ha fissato qualcosa in particolare?

Ho sempre in testa il tricolore a crono per migliorare il terzo posto del 2024 o almeno confermarlo. Ci sono tante corse che mi piacciono nelle quali vorrei andare bene o mettermi alla prova, come il Tour de Suisse anche se non è adatto a me. Vorrei tornare presto a vincere e non saprei dove, ma di sicuro voglio ritrovare belle prestazioni. Credo che sia tutto una questione di testa e di morale. Se cresce la fiducia, cresce l’autostima e si mette in moto un certo meccanismo. Non bisogna abbattersi davanti alle difficoltà.

Pirrone torna in azzurro e vuole una crono di qualità

11.09.2024
4 min
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Con la quinta piazza alla crono Roland Bougé! a Saint Martin, praticamente la gara di casa per il suo team, Elena Pirrone ha messo il sigillo sulla convocazione per gli europei. La bolzanina, che ha riportato il capoluogo altoatesino ai vertici tricolori del ciclismo femminile a quasi trent’anni dalle imprese di Antonella Bellutti, sarà in gara oggi alle 15 nella cronometro in Belgio al fianco di Vittoria Guazzini (qui lo streaming per seguire la rassegna continentale). Non che la gara elvetica sia stata decisiva per la sua convocazione, ma certamente essere davanti in un consesso di ottimo livello ha avuto il suo peso.

Nella crono “Roland Bougé!” vinta dalla Kerbaol (FRA), l’azzurra è stata quinta a 1’08”
Nella crono “Roland Bougé!” vinta dalla Kerbaol (FRA), l’azzurra è stata quinta a 1’08”

D’altro canto nel corso dell’anno l’altoatesina è spesso balzata davanti negli ordini d’arrivo con 7 Top 10 conquistate e un rendimento nel complesso soddisfacente, fino alla prova di casa: «Era una gara alla quale il mio team teneva tantissimo e non nascondo che essere finite in tre fra le prime 5, ma con due ragazze della Ceratizit-Wnt davanti un po’ ci ha bruciato. Era un percorso di 18 chilometri ad andata e ritorno, tanto rettilineo e falsopiano, una sorta di mangia e bevi, senza vento. Un bel test, in fin dei conti».

Come giudichi quella prestazione anche in ottica continentale?

Si poteva fare meglio, ma guardando i valori mi sono espressa al massimo possibile. Considerando che ho fatto sia Giro che Tour, con un paio di gare nel mezzo, avevo un po’ raschiato il barile delle mie energie, per questo dopo la crono mi sono presa un po’ di riposo per ricaricare le batterie in vista degli europei, anche mentalmente.

Alla crono di Rotterdam del Tour Femmes la Pirrone aveva chiuso al 18° posto
Alla crono di Rotterdam del Tour Femmes la Pirrone aveva chiuso al 18° posto
Come giudichi finora la tua stagione?

Non è stata male anche se le due grandi corse a tappe sono state contraddistinte da una grande sfortuna, curiosamente coincisa sempre con la sesta tappa. Al Giro ho avuto un colpo di calore e non sono potuta ripartire, al Tour non stavo bene e mi sono ritirata. Mi è spiaciuto perché fino allora avevo raccolto bei piazzamenti, le classiche erano state soddisfacenti soprattutto per il lavoro svolto e contavo di far bene, anche alla Grande Boucle nella crono non ero andata male.

Dove pensi di avere toccato il tuo picco di forma?

Io credo al Tour de Suisse, con il 9° posto nella terza tappa ma viaggiando sempre nelle posizioni alte del gruppo. Poi sono stata terza ai campionati italiani dietro Guazzini e Longo Borghini. Non ho colto grandi risultati ma ho sempre lavorato per le compagne tenendo un livello alto.

La bolzanina è al secondo anno alla Roland, dove corre per le compagne
La bolzanina è al secondo anno alla Roland, dove corre per le compagne
Sapevi già prima della crono svizzera che saresti stata convocata?

No, non avevo avuto nessun preavviso, il cittì mi aveva solo detto di farmi trovare pronta. Secondo me ha inciso molto nella convocazione, più che la prestazione ai tricolori, quella nella crono del Tour, vista la concorrenza ad altissimo livello.

Come ti trovi nel team Roland? Ci sono state ripercussioni, soprattutto dal punto di vista della gestione economica e agonistica, dal distacco con l’Israel?

No, non ci manca davvero nulla, nella realtà non è che il far parte dell’universo della squadra maschile avesse portato particolari risultati. Il budget era tutto a carico del gruppo dirigenziale attuale, era già allora un team svizzero. E’ un ottimo team, pienamente inserito nel WorldTour, dove non mettono pressione. Certamente si corre tanto considerando che il parco atlete è ristretto, siamo in 12, ma a me non dispiace, è un buon ambiente considerando poi che con me ci sono anche due altre italiane, Vettorello e Collinelli.

Il podio dei tricolori con la Pirrone terza, a conferma della sua predisposizione per le cronometro
Il podio dei tricolori con la Pirrone terza, a conferma della sua predisposizione per le cronometro
Dopo gli europei che cosa ti aspetta?

Il 15 sarò a Stoccarda per il Grand Prix dove ho vinto lo scorso anno, la mia unica vittoria finora. Poi affronterò la lunga trasferta cinese sperando di mettermi ancor più in evidenza, in modo da arricchire il mio bottino stagionale con qualche piazzamento ancor più qualificato.

Agli europei che cosa ti aspetti?

Io vorrei almeno una top 10, so che non è facile, sarebbe un risultato sensazionale ma lo sento nelle mie corde. Ho visto il percorso sulla carta e mi piace, fondamentale sarà poi provarlo direttamente. Essendo in Belgio non mi aspetto di certo un tracciato “morbido”, ma dovrebbe essere con tanto falsopiano e non troppo tecnico. Insomma, proprio di quelli che mi piacciono di più…

Ciclismo in El Salvador? Il racconto di due italiane in corsa

20.03.2024
8 min
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Una settimana e mezzo di ambientamento, poi cinque gare, di cui una a tappe, per un totale di nove giorni di corse su dieci. Questa, in estrema sintesi, la trasferta in El Salvador che hanno affrontato alcune formazioni europee tra fine febbraio e metà marzo. Una destinazione non nuova per il ciclismo.

C’è stato un tempo infatti – a cavallo del Duemila – che si iniziavano a vedere… corse dell’altro mondo. La globalizzazione del pedale, attualmente sempre più completa, ha riportato il ciclismo femminile sulle coste pacifiche del Centro America a distanza di dieci anni. Di queste nuove gare in calendario ci aveva raccontato qualcosa Giorgia Vettorello, instillandoci una discreta dose di curiosità. D’altronde sulle strade di El Salvador (in apertura foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia), per citare l’esempio più lampante, aveva vinto una ventunenne e già affermata Marianne Vos, così come in altre annate avevano sempre fatto bella figura diverse italiane. Così noi, spulciando la starting list, ci siamo affidati a due ragazze del Trentino-Alto Adige per avere un reportage: Elena Pirrone e Andrea Casagranda.

In El Salvador il livello non era altissimo, ma molte atlete hanno potuto mettersi in gioco, anche con un clima torrido (foto BePink-Bongioanni)
In El Salvador il livello non era altissimo, ma molte atlete hanno potuto mettersi in gioco, anche con un clima torrido (foto BePink-Bongioanni)

A casa di Contreras

Il viaggio intercontinentale per Elena Pirrone e la sua Roland era quasi un dovere istituzionale. Il general manager Ruben Contreras è salvadoregno ed è una sorta di filantropo del ciclismo del suo Paese.

«Le stesse gare di dieci-quindici anni fa – spiega la venticinquenne altoatesina di Laives – le organizzava sempre Ruben, che poi ha dovuto interromperle per motivi di sicurezza. Lui stesso ci ha raccontato che El Salvador aveva già vissuto una guerra civile negli anni ’80 poi dal 2010 in avanti era finito in mano a gang criminali che condizionava tantissimo anche l’aspetto politico. Ora da un po’ di anni è tornato nuovamente ad essere sicuro per gli stessi abitanti ed anche per i turisti. Noi atlete in effetti non abbiamo solo corso laggiù, ma abbiamo visitato la zona in cui eravamo.

«Abbiamo soggiornato a San Salvador per cinque giorni – continua Pirrone – poi ne abbiamo trascorsi altrettanti sulle alture dove c’era una delle tante piantagioni di caffè. Entrambe le volte eravamo in case di proprietà di Ruben, mentre dal 3 marzo in poi, giorno in cui iniziavano le gare, siamo state assieme a tutte le altre squadre in un campus universitario della Capitale, in un edificio completamente nuovo».

Organizzazione e tradizione

Una gara ciclistica a quelle latitudini in questa fase dell’anno solitamente deve convivere con un’organizzazione non dettagliata come quella europea. Questa era un’incognita per le atlete.

«Noi della BePink-Bongioanni – racconta Casagranda – sapevamo di venire in un Paese che aveva già ospitato il ciclismo. La nostra diesse Sigrid Corneo, che ci ha guidate in ammiraglia, c’era stata a correre, vincendo anche un paio di gare. Lo stesso roadbook riportava gli albi d’oro e abbiamo letto il nome di Marianne Vos e altre atlete importanti. Correre in El Salvador tuttavia è molto diverso che farlo in Europa, anche per il cibo. Essendo tutte assieme in questa università, ci siamo dovute adattare a sapori nuovi. Ogni giorno veniva un catering con i pasti. I piatti erano spesso a base di riso e pollo che siamo già abituate a mangiare, ma con spezie e condimenti forti.

Andrea Casagranda (seconda da sx) in El Salvador ha sofferto il caldo, ma ha saputo adattarsi (foto BePink-Bongioanni)
Andrea Casagranda in El Salvador ha sofferto il caldo, ma ha saputo adattarsi (foto BePink-Bongioanni)

Alla fine la realtà ha superato le aspettative. «Devo dire la verità – confida la diciannovenne di Borgo Valsugana – siamo rimaste sorprese in positivo. Certo, si sono notate alcune differenze. Le strade alternavano tratti perfetti ad altri non in ordine con buche o senza tombini. Spesso e volentieri ci siamo imbattute in cani randagi che si buttavano in mezzo alla corsa. Oppure alcuni diesse centroamericani non sapevano come si facevano certe operazioni o manovre in corsa. Tutto sommato però non ci possiamo lamentare perché alla fine siamo riuscite a fare tutto senza grandi problemi».

Nonostante il ciclismo non sia uno sport troppo seguito, il calore del pubblico non è mancato. «Ogni giorno che passava – va avanti Pirrone – l’organizzazione migliorava. Il tifo si faceva sentire a bordo strada e nel complesso c’era molta curiosità da parte della gente. Il prologo del Tour El Salvador lo abbiamo fatto attorno ad una grande piazza dove c’era una biblioteca di sette piani. Abbiamo sempre incontrato persone disponibili, che vivono senza stress. E poi siamo rimaste colpite in positivo perché nessuno trasgrediva o si lamentava nel traffico per il passaggio della gara. A livello organizzativo hanno margini di miglioramento e in futuro non è da escludere che potrebbero partecipare altre formazioni europee, alzando chiaramente il livello dell’evento».

Clima e gare

L’altra grande incognita per le squadre al via delle gare era il clima particolarmente torrido, mentre il fuso orario è stato ben assorbito da tutti.

«Abbiamo fatto scalo a New York – riprende Casagranda – e durante il volo per San Salvador, in cui siamo atterrate alla sera, ci siamo imposte di non dormire per non scompensare poi il sonno della notte. Ho patito invece, e tanto, il caldo. Io non mi sono adeguata tanto al clima, ma è un discorso soggettivo. Quattro giorni prima di partire ero in Belgio a correre con 4 gradi, mentre laggiù ne ho trovati 40. Inizialmente in allenamento mi piaceva finalmente pedalare al caldo, poi in gara, sotto sforzo, l’ho sofferto molto.

«Le gare partivano al mattino abbastanza presto – aggiunge Pirrone – proprio per evitare temperature troppo alte, anche se era un caldo piuttosto secco. Mi ha stupito perché quando siamo state in montagna, attorno ai mille metri, c’erano ugualmente più di 30 gradi. In allenamento abbiamo fatto la salita del vulcano sopra San Salvador (nel Paese ce ne sono più di 170, ndr), una strada di una dozzina di chilometri quasi sempre in doppia cifra di pendenza. Ruben ci raccontava che in gara Vos saliva a zig-zag. Fortunatamente noi abbiamo invece corso su salite lunghe uguali, ma ombreggiate e con curve ampie oppure su stradoni larghi e vallonati».

La maggior parte dei percorsi erano su strade larghe e vallonate, abbastanza curate (foto BePink-Bongioanni)
La maggior parte dei percorsi erano su strade larghe e vallonate, abbastanza curate (foto BePink-Bongioanni)

Un’esperienza per Elena e Andrea

Uno degli obiettivi nemmeno tanto velato di Roland e BePink era quello di fare incetta di punti UCI in questo lotto di gare classe .1, così come fare un’esperienza di vita per tutte le loro atlete.

Purtroppo Pirrone è stata a mezzo servizio come spiega lei tra rammarico ed ironia: «Probabilmente sono delicata come un principessa e non so se sia stato il latte di cocco che ho bevuto nei primi giorni a mettermi fuori gioco (sorride, ndr). Battute a parte, come altre ragazze ho preso a fine febbraio un virus gastrointestinale che non sono riuscita a smaltire. Alla prima gara ho fatto seconda dietro la mia compagna Christoforou, però ho iniziato a sentirmi svuotata e disidratata col passare del tempo, tanto che le altre gare non le ho finite oppure arrivavo molto dietro. Visto che non passava, con lo staff della squadra abbiamo organizzato il mio rientro anticipato perché non aveva più senso restare giù. Peccato, ma mi riprenderò in fretta.

Al Tour a El Salvador, la BePink ha conquistato la maglia bianca dei giovani con Angela Oro
Al Tour a El Salvador, la BePink ha conquistato la maglia bianca dei giovani con Angela Oro

«Durante questa trasferta – conclude Casagranda – abbiamo imparato ad adattarci ad un posto nuovo, soprattutto convivendo con un forte sbalzo termico e con uno stile di vita che ci ha provocato qualche noia intestinale. Sul lato agonistico il livello non era altissimo, quindi abbiamo potuto metterci in gioco. Sicuramente potevamo raccogliere di più, però siamo contente perché nella gara a tappe Angela Oro ha conquistato la maglia bianca di miglior giovane».

Vettorello, una stakanovista al servizio della Roland

15.02.2024
6 min
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Attaccare il numero sulla schiena e prendere vento in faccia non l’hanno mai spaventata, ma c’è un dato che salta all’occhio della scorsa stagione di Giorgia Vettorello. Sessantanove giorni di gara (di cui tre open) ed un solo “DNF”, ovvero gara non portata a termine. Nel ciclismo moderno se non è un record poco ci manca.

Ed in questo avvio di 2024 ha iniziato sempre da stakanovista (nove corse in venti giorni), con l’unica ed importante differenza dei colori di maglia. Vettorello è entrata nel WorldTour passando alla Roland dopo due anni dalla BePink-Bongioanni con cui si è tolta la soddisfazione di cogliere un successo in Francia. Fra poche ore la ventitreenne di Mogliano Veneto atterrerà oltreoceano in America Centrale sulle sponde del Pacifico per un training camp sui generis. Insomma, per Giorgia la nuova avventura col team svizzero è iniziata in modo profondo. Ecco cosa ci ha raccontato.

Vettorello (seconda da destra) in questo inizio di 2024 ha già accumulato nove gare in venti giorni
Vettorello (seconda da destra) in questo inizio di 2024 ha già accumulato nove gare in venti giorni
Cominciamo subito dalla trasferta intercontinentale. Cosa avrete in programma?

Andremo a El Salvador, Nazione del nostro general manager Ruben Contreras. Staremo via tre settimane, rientreremo il 14 marzo pronte per il Trofeo Binda a Cittiglio. Laggiù durante quel periodo soggiorneremo in montagna in una casa di proprietà di Ruben, anche se speravamo di stare nella sua villa al mare (sorride, ndr). Battute a parte, lui è molto attivo e in pratica ha contribuito ad organizzare nuovamente delle gare di classe 1.1. Faremo nove giorni di gara (la prima il 4 marzo, ndr), compresa la Vuelta a El Salvador, la gara a tappe del Paese.

Vi aspettate qualcosa da queste settimane?

Naturalmente puntiamo a fare dei risultati, ma credo che ci concentreremo su altro. Siccome non abbiamo fatto un vero e proprio ritiro in dicembre, in queste gare di inizio 2024 abbiamo visto che siamo un po’ più indietro rispetto alle altre squadre. Quindi per noi questo sarà un momento importante per fare anche un buon blocco di allenamenti e conoscerci meglio fra di noi. Sarà un bel periodo per gettare le basi per il resto della stagione.

Finora com’è stato l’impatto con la Roland?

Mi sto trovando veramente molto bene. Il primo approccio è stato buono, nonostante le mie difficoltà con l’inglese, che prima non parlavo così frequentemente. Per mia fortuna mi hanno aiutato tanto ad inserirmi sia Elena sia Sofia (rispettivamente Pirrone e Collinelli, ndr). Anche Dronova, che è russa ed è stata una delle mie prime compagne di camera, mi ha consigliato una applicazione per migliorare più in fretta il mio inglese.

Hai sentito il cambiamento di categoria?

Per ciò che riguarda le gare no, perché con la BePink abbiamo sempre avuto calendari importanti. Devo dire però che il livello in gara è sempre più alto di anno in anno. Ho notato invece differenze sulla struttura della squadra, che ha tante figure specifiche al seguito ad ogni gara. Sotto il punto di vista tecnico per il momento non c’è alcun tipo di stress per i risultati. Questo è merito del diesse Sergey Klimov, che ha una filosofia molto tranquilla. Mi piace perché finora ci ha fatto vivere l’attesa della gara senza pressioni. Ovvio che ci sia una tattica ben precisa con compiti ben precisi, ma è lui il primo a tranquillizzarci qualora dovessimo fare errori, spiegandoceli con calma.

Quali sono i compiti affidati a Giorgia Vettorello?

Rispetto al passato, adesso la realtà è cambiata. In BePink avevamo a turno i nostri spazi, qua alla Roland abbiamo ruoli definiti. Sono arrivata qua per aiutare la nostra velocista Maggie Coles-Lyster (atleta canadese che corre anche su pista, ndr). Sto lavorando per diventare una delle sue co-pilote, dato che sono abbastanza spericolata in volata e riesco a buttarmi abbastanza bene nei varchi. Per il resto, non mi tirerò indietro per aiutare la squadra o le compagne più forti. Così come non avrò paura a buttarmi in fuga, magari cercando di raccogliere il mio risultato migliore.

In questo modo l’anno scorso in Bretagna alla Kreiz Breizh hai conquistato la tua prima ed unica vittoria internazionale. Ce la ricordi?

E’ stata davvero una bella soddisfazione quella corsa. La fuga era partita grazie a me, anzi grazie a Walter (Zini, il team manager della BePink, ndr) che mi aveva suggerito quale poteva essere il momento giusto per approfittarne. Pioveva e siamo rimaste in quattro, comprese Malcotti e Silvestri. Ero molto fiduciosa perché nel circuito finale, da ripetere sei volte, al penultimo giro ero rimasta con Malcotti in cima alla salita. All’ultimo passaggio ho attaccato a circa due chilometri dal traguardo in prossimità di una curva a destra in contropendenza. E’ vero, sono stata fortunata perché proprio in quella curva Malcotti e Silvestri sono cadute ruotandosi, ma io avevo già allungato. Ho tentato il tutto per tutto ed è andata bene.

Come sei arrivata alla Roland?

E’ nato tutto un po’ per caso, verso fine estate. Attraverso qualche conoscenza in comune, ero andata a fare dei test da Fabio Vedana, preparatore della squadra ed ora mio allenatore, per capire meglio quali fossero i miei limiti e valori. Lui è stato molto disponibile e guardando i dati, mi ha segnalata alla Roland senza garantirmi nulla, pur spiegandomi come fosse strutturata la squadra. Il giorno dopo quel test, mi ha chiamato Ruben dicendomi che mi offriva il contratto per quest’anno. Naturalmente sono contentissima, visto che oltretutto io trevigiana corro su una bici trevigiana (sorride orgogliosa alludendo a Pinarello, fornitore della squadra, ndr).

L’anno scorso ha gareggiato tantissimo con la BePink. Ti sono pesate tutte quelle corse?

Onestamente no e devo dire che non ho finito la stagione particolarmente stanca. In realtà avevo fatto molta fatica nella prima parte del 2023 per un problema ad una spalla. Ho sempre corso, poi dal Giro femminile in avanti sono sempre stata meglio e ho tirato dritto sino in fondo. Anche in questo caso ringrazio Zini che mi ha fatto viaggiare tanto gestendomi bene. Anche perché siamo arrivati al limite massimo dei settanta giorni di gara consentiti.

Quale sarà il calendario di Giorgia Vettorello?

Dopo Cittiglio, avrò un bel blocco di gare al Nord, ma non dovrei correre la Roubaix. Se ci sarà, dovrei fare la Vuelta a maggio e poi il Giro Women a luglio. Il resto non è stato ancora definito, lo vedremo più avanti. Di sicuro saranno previsti più periodi di riposo rispetto all’anno scorso.

Pinarello sbarca nel WorldTour femminile con il Team Roland

11.02.2024
5 min
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Non solo Ineos, Pinarello entra ufficialmente anche nel WorldTour femminile al fianco del Team Roland. Si rafforza la presenza nel ciclismo delle quote rosa, perché l’azienda trevigiana resta partner anche del Team Top Girls Fassa Bortolo di matrice Continental.

Le ragazze del Team Roland avranno in dotazione la Dogma F con un montaggio dedicato che vede diversi players di altissima caratura. Per avere un quadro più completo abbiamo chiesto qualche dettaglio in più a Elena Pirrone, già parte della Israel-Premier Tech Roland, che è passata da una Factor ad una Pinarello, ma anche a Fausto Pinarello. Entriamo nel dettaglio.

Fausto Pinarello è da sempre accanto ai team sponsorizzati dall’azienda creata da suo padre Giovanni, detto “Nane”
Fausto Pinarello è da sempre accanto ai team sponsorizzati dall’azienda creata da suo padre Giovanni, detto “Nane”

Il ciclismo è costante ascesa ed è giusto esserci

«La fornitura delle bici al team svizzero – racconta Fausto Pinarello – è stata una cosa dell’ultimo minuto, ma non si poteva dire di no e si può quindi affermare che Pinarello è a tutti gli effetti nel WorldTour femminile. Non si poteva rifiutare perché oltre ad un discorso di sponsorizzazione e visibilità, la squadra femminile in questione è molto legata a Ivan Glasenberg, coinvolto anche nel progetto Q36.5 (il magnate sudafricano, che aveva già investito nella squadra maschile di Douglas Ryder, lo scorso anno ha acquisito l’80 per cento delle azioni Pinarello, ndr). Con questo, il supporto alla Top Girls Fassa Bortolo è confermato.

«Tornando alle ragazze del Team Roland, mi piace molto questo progetto anche nell’ottica futura, non è il più vincente del panorama, ma è sempre bene in vista. Dovevamo esserci e questo è il primo passo – prosegue Pinarello – anche se è da tenere ben presente che l’idea di un team femminile di matrice Ineos non è del tutto abortito, anche se per ora non si sa nulla di preciso. Si valuterà nell’anno post olimpico. Con le ragazze del Team Roland abbiamo un contratto che potrebbe rinnovarsi anno dopo anno».

La Dogma F della squadra svizzera è montata con Shimano Dura Ace con guarnitura FSA e ruote Vision (foto Team Roland)
La Dogma F della squadra svizzera è montata con Shimano Dura Ace con guarnitura FSA e ruote Vision (foto Team Roland)

La Dogma F di Pirrone

Una taglia 50 che monta il manubrio integrato Most Talon full carbon. La trasmissione è Shimano Dura Ace, con la variabile della guarnitura FSA (serie K-Force con pedivelle in carbonio) e power meter integrato PowerBox. Le ruote a disposizione delle atlete del Team Roland sono le Vision Metron di differenti altezze. La prima fornitura ha previsto i cerchi con predisposizione agli pneumatici tubolari, ma ci sarà una traslazione verso i tubeless. I pedali sono Wahoo su base SpeedPlay mentre la sella è di Selle Italia. Pirrone racconta così la sua nuova bici.

Factor e Pinarello, due bici molto diverse tra loro?

Tanto, tanto differenti. Dal punto di vista del peso la Factor era un pelo più leggera, ma è pure complicato fare un confronto, perché sono montate in modo diverso. Quello che mi ha impressionato della Dogma sono la rigidità e la reattività e proprio per questo è con tutta probabilità più adatta alle mie caratteristiche. La Pinarello è facile da rilanciare.

Tutta questa rigidità che percepisci la senti in discesa e nel tecnico?

Si sente eccome, infatti a mio parere nei contesti dove è necessario guidare tanto la bici, bisogna darsi del tempo per prendere la giusta confidenza. Nota molto positiva è la stabilità, tanto è briosa, quanto è stabile.

E invece per quanto riguarda le misure e la biomeccanica?

Sono riuscita a mantenere le stesse quote che avevo in precedenza, nonostante le differenti geometrie delle due bici. Un grande vantaggio per me che sono abbastanza delicata e sensibile, fattore che mi ha aiutato a trovare un buon feeling in tempi brevi. Solo in questi giorni dedicherò una giornata al controllo della posizione per valutare piccoli aggiustamenti.

Per le ragazze del Team Roland, un allestimento tutto diverso rispetto alle bici Ineos (foto Team Roland)
Per le ragazze del Team Roland, un allestimento tutto diverso rispetto alle bici Ineos (foto Team Roland)
Hai dovuto cambiare sella?

Per fortuna no. Abbiamo ancora Selle Italia e ho mantenuto lo stesso modello, la SLR con il canale di scarico centrale.

Per quanto riguarda le ruote?

Siamo passati da Black Inc. a Vision e per ora abbiamo la versione con i tubolari. Nel prosieguo della stagione ci verrà fornito il modello con i tubeless.

Una delle prime uscite delle ragazze sulle Pinarello (foto Team Roland)
Una delle prime uscite delle ragazze sulle Pinarello (foto Team Roland)
Meglio alte o basse?

Per estetica dico ruote alte, mi piace molto l’impatto estetico di una bici con un bel vestito e le ruote sono un po’ come un abito. Ma con tutta probabilità sceglierei una ruota con il profilo medio, più versatile su percorsi differenti.

Sempre con il power meter?

Ormai è uno standard, in gara ed in allenamento.

La Mendelspeck ed Elena. Papà Pirrone ci dice la sua

08.07.2023
6 min
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Come nel 2022, ma con un anno in più di esperienza, il Team Mendelspeck si trova a suo agio all’interno del Giro Donne. Mancano le due tappe in Sardegna dove l’anno scorso le ragazze della squadra altoatesina si erano fatta conoscere andando subito in fuga.

Il ciclismo femminile in gare come il Giro mette a confronto realtà distanti, molto di più di quanto succeda nel maschile. Non è facile per un team continental confrontarsi in una corsa dove dall’altra parte ci sono i team WorldTour e le continental più ricche che hanno i requisiti per il salto di categoria. La Mendelspeck compensa il divario economico con una buona organizzazione di squadra. Ne abbiamo parlato con il team manager Renato Pirrone e la nostra chiacchierata non poteva non finire a parlare anche di sua figlia Elena, in evidente fase di ripresa.

Attualmente al Giro Donne il Team Mendelspeck è secondo nella classifica dei team continental e primo italiano
Attualmente al Giro Donne il Team Mendelspeck è secondo nella classifica dei team continental e primo italiano
Renato rispetto all’anno scorso noti differenze?

Nel 2022 eravamo all’esordio nel circuito UCI. Era il nostro primo Giro ed era una sorpresa, una novità anche per le ragazze. Quest’anno siamo partiti con quella maturità in più nel bagaglio e siamo in linea con i risultati di un anno fa. Al momento abbiamo tutte e sette le atlete in corsa. Abbiamo Francesca Tommasi che si sta difendendo bene col gruppo di testa. Nelle ultime tappe è arrivata abbastanza davanti ed un buonissimo risultato per una ragazza che fino a pochi mesi fa era una mezzofondista dell’Esercito con tempi molto validi.

Non è una cosa da poco essere ancora al completo in un Giro Donne come questo.

No, anzi, sono molto contento. Anche le altre ragazze si stanno ben comportando. Pensate, nella classifica a squadre siamo il secondo team continental dietro alla AG Insurance-Soudal QuickStep, che ha una struttura quasi da WT, e primo team italiano. E’ una bella soddisfazione per noi della Mendelspeck. Siamo qua per farci vedere nelle tappe anche se sono un po’ impegnative. Lo abbiamo fatto nella tappa di Marradi che era la più accessibile ma è difficile mettersi in evidenza perché il livello è alto e si parte forte da subito. Speriamo nelle tappe sarde di fare bene.

Pozzobon in fuga nella tappa di Marradi. Per il Team Mendelspeck un buon modo per avere visibilità
Pozzobon in fuga nella tappa di Marradi. Per il Team Mendelspeck un buon modo per avere visibilità
In generale come sta andando la stagione?

Sta andando decisamente meglio. Siamo riusciti ad avere qualche invito in più. Il calendario WT si è allargato tanto, di conseguenza nella gare minori c’è un po’ più spazio per le formazioni continental come le nostre. Siamo stati a correre in Croazia, in Belgio, in Repubblica Ceca e in Francia. Ripeto, per un team come il nostro significa tanto. C’è un lato negativo però…

Quale?

Ovvero che i costi di tutto ciò si sono incrementati. Ovviamente con queste trasferte il budget ne risente ma noi stiamo già lavorando per l’anno prossimo per dare continuità al nostro lavoro, magari cercando di migliorare un’annata come questa. Sto guardando la fattibilità finanziaria. Aspetto la fine del Giro Donne e ci metteremo al tavolo con i nostri sponsor. Loro ci seguono tanto e non ci danno alcun tipo di pressione. Ci stanno aiutando a crescere con calma.

Il Team Mendelspeck è piccolo, ma ben organizzato. Al Giro Donne si è presentato con cinque mezzi
Il Team Mendelspeck è piccolo, ma ben organizzato. Al Giro Donne si è presentato con cinque mezzi
La Mendelspeck ha mai pensato di poter diventare una squadra Devo Team nei prossimi anni?

La strada migliore da seguire sarebbe quella, diventare una società satellite di qualche squadra estera, pur mantenendo un po’ di autonomia gestionale. Avere il supporto di formazioni più attrezzate come le WT, con accordi scritti, potrebbe essere un buon modo di proseguire a lavorare. Perché non dimentichiamoci che noi come obiettivo abbiamo quello di far crescere le giovani preparandole ad un salto maggiore. Oppure rilanciare quelle atlete che arrivano da stagioni difficili. Dico la verità che sto sondando a molto largo raggio ma senza aver parlato con nessuno in particolare. Magari qualcuno legge questo articolo e si possono aprire dei discorsi. Chissà (sorride, ndr).

Nel frattempo vi dovreste preparare a questa evenienza.

Sì certo. Attualmente noi dobbiamo migliorare diversi aspetti. La parte in lingua inglese, ad esempio, per eventuali arrivi di straniere. Poi anche la parte logistica. Al momento abbiamo tutte ragazze che abitano vicino alla nostra sede, però è anche vero che siamo in una zona turistica dove i costi degli affitti sono elevatissimi. Pertanto chi ha appartamenti li affitta a settimana che guadagna molto di più rispetto a contratti annuali. Stiamo pensando a trovare una soluzione anche in quel senso.

Francesca Tommasi viene dal mezzofondo. Per lei buonissimi piazzamenti nelle tappe dure al Giro Donne (Zollo Photo)
Francesca Tommasi viene dal mezzofondo. Per lei buonissimi piazzamenti nelle tappe dure al Giro Donne (Zollo Photo)
Al Giro Donne c’è in gara anche Elena, reduce da bei risultati. Che impressioni hai?

Ho letto la vostra intervista a lei. Sta tornando sui livelli che aveva da junior. Per la verità già nelle prime due annate da elite aveva fatto bei piazzamenti, fra cui spicca un buon quarto posto alla Freccia del Brabante nel 2019. Senza dimenticare due bronzi europei a crono nel 2019 e nel 2021. Purtroppo tra problemi fisici e sfortuna ha passato un periodo altalenante, accentuato dalla stagione del covid. Quest’anno i primi segnali della “vecchia” Elena li ho visti al Navarra Women’s Elite Classic. Sesto posto finale dopo quasi cento chilometri di fuga. Poi ha confermato di stare bene al Tour de Suisse e ai campionati italiani, specie nella prova in linea. Come lei anche sue vecchie compagne…

A chi ti riferisci?

A Vigilia e Paternoster. Sono tutte ragazze del ’99 e tutte della stessa regione. Hanno trovato tutte e tre un rilancio. La loro annata purtroppo è caduta dentro quel periodo di formazione proprio nel 2020 col covid. Questo le ha rallentate, credo che tutte e tre abbiano vissuto gli stessi problemi. Ma adesso mi fa piacere che stiano dando bei segnali.

Elena Pirrone “avversaria” di papà Renato. La classe ’99 ha ritrovato condizione e morale
Elena Pirrone “avversaria” di papà Renato. La classe ’99 ha ritrovato condizione e morale
Papà Renato Pirrone cosa si aspetta dalla figlia Elena?

Ha corso tanto in primavera e credo che dopo il Giro si prenderà un periodo di riposo. Naturalmente mi piacerebbe arrivasse una vittoria, perché penso che ora sia alla sua portata. Adesso è in una formazione (la Israel Premier Tech Roland, ndr) dove ha abbastanza spazio, spererei che avesse continuità nelle prestazioni. Nella seconda parte di stagione lei va sempre meglio. Vediamo in questo periodo lontana dalle gare come tiene la condizione e come tornerà in corsa. Ha tanti obiettivi, tra cui la nazionale. Il discorso è aperto per la cronometro mondiale ma magari potrebbe tornare comodo anche per la prova in linea. All’italiano ha dimostrato di sapere restare tanto tempo all’aria e poi lavorare ancora per la Cavalli, che era la sua capitana. Vedere quelle immagini mi viene in mente l’Elena del passato, quella che conosco io. L’importante che lei abbia ritrovato anche il morale, che sappiamo che fa tanto in una atleta.

Se Pirrone ritrova “quella pedalata”, ci farà divertire

05.07.2023
6 min
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CHIANCIANO TERME – Il primo lampo è arrivato al campionato italiano di Comano Terme, quando Elena Pirrone ha animato la prima fuga del mattino e poi ha avuto le gambe per stare con le ragazze che si sono giocate la corsa. Il decimo posto e il modo in cui è venuto, oltre al quinto nella crono, hanno fatto dire a Sangalli che la ragazza di Bolzano è stata una delle riscoperte della gara tricolore. A queste sue parole, se ne sono però aggiunte altre non meno eloquenti.

«La storia italiana – ha detto il cittì azzurro – è piena di ragazze che hanno vinto il mondiale junior e poi si sono perse, proviamo a invertire la tendenza».

Era il 2017 quando Pirrone, classe 1999 che nel frattempo è passata alla Israel-Premier Tech-Roland, vinse il campionato europeo della crono e poi concesse la replica vincendo il titolo iridato a Bergen, subito doppiato con la vittoria nella prova in linea. Ma a quel punto qualcosa ha smesso di funzionare. Lei sorride perché è un tipo solare e perché è di buon umore.

Era tanto tempo che non andavi così forte, l’hai notato anche tu?

E’ vero, piano piano mi sto ritrovando, sono contenta. Le cose sembrano andare un po’ meglio ed era anche ora. Spero di continuare con questo passo, vediamo cosa mi riserverà la seconda parte di stagione. Non farò il Tour, quindi dopo il Giro avrò un periodo di riposo. Ma intanto spero di sfruttare la condizione fino all’ultimo.

Proveresti a spiegare nello spazio di un tweet che cosa non sia andato fino ad ora?

Continui stop. Ho avuto un sacco di infortuni, chiamiamoli così, uno dietro l’altro. Appena mi riprendevo da uno, c’era subito qualcos’altro che mi ributtava giù. Non ho mai avuto continuità e ho sempre fatto fatica. Però quando avevo un periodo costante, riuscivo a dare segnali buoni (ad esempio il terzo posto nella crono degli europei di Alkmaar e poi di Trento, ndr), anche se poi dovevo fermarmi di nuovo e ripartire. E’ stato un continuo rincorrere ed è stato duro. Fermarsi a metà stagione è faticoso. E’ difficile ritrovare ogni volta il livello di prima, sei sempre un passo indietro. Però adesso ho trovato la mia dimensione, il modo giusto per fare le cose e reagire. Quindi sono contenta.

Come l’hai gestita psicologicamente?

E’ stata tosta, soprattutto perché parliamo di un periodo lungo: non mesi, ma anni. Però ho la testa dura da ciclista e ho continuato perché sapevo che potevo tornare. Dovevo solo avere tanta pazienza e ho cercato di lasciarmi alle spalle le pressioni che mi mettevo da me. Pretendevo tanto, mentre adesso la vivo diversamente. Ho i miei obiettivi, ma faccio in modo che non mi diano ansia. Non faccio più le cose pensando a cosa diranno gli altri e quindi sono più serena. In squadra mi lasciano crescere con calma e questo mi sta aiutando molto.

Quel mondiale di Bergen ti ha in qualche modo reso la vita più difficile?

Non ha accresciuto la pressione, quello no. E’ stato una consapevolezza del fatto che in futuro avrei potuto fare belle cose. Questo magari mi ha creato un po’ di aspettativa, ma il problema è stato che negli anni successivi “quella pedalata” non l’ho quasi più ritrovata. Quindi scoprirmi adesso a fare la cronometro degli italiani, tra virgolette (sorride, ndr), senza sentire fatica, è un buon segnale. Mi riporta al giorno in cui ho vinto i mondiali e questo è buono per me.

Che cosa ha significato essere davanti al campionato italiano?

Mi ha reso consapevole di quanto stessi andando forte. Neanche io sapevo cosa avrei potuto fare, ma non mi sarei mai aspettata che dopo tanti chilometri in fuga, sarei rimasta con le prime. Vuol dire che avevo una buona condizione e questo mi ha dato più consapevolezza.

Come vogliamo leggere la tua presenza al Giro?

Non mi sento ancora pronta per fare la generale. Non ho ancora il passo delle leader di classifica. Al momento nelle corse a tappe posso puntare a qualche traguardo parziale, cercando di stare nascosta fino al momento giusto. Sono partita con l’obiettivo di fare bene, trovare la gamba e provare a rimanere davanti con gli altri.

Al Giro d’Italia Donne, Pirrone è stata fra le… fortunate a correre la crono prima che venisse annullata
Al Giro d’Italia Donne, Pirrone è stata fra le… fortunate a correre la crono prima che venisse annullata
Il gruppo è fatto da squadroni e gruppi sportivi più piccoli. Pensiamo a tuo padre che fatica ogni anno per raggiungere il budget…

Da quando ho iniziato nel 2018, è cambiato tutto molto velocemente. Ormai anche le squadre continental iniziano a essere molto organizzate, come le WorldTour di cinque anni fa. Si va sempre di più verso il professionismo e quindi ci sta. Fra gli uomini questo cambiamento c’è stato nel corso degli anni, per noi è successo tutto in una stagione e mezza. Quindi le squadre più piccole, che facevano fatica a fare il calendario, adesso sono proprio tirate. C’è bisogno di sponsor, di soldi. Un cambiamento positivo, insomma, che però sta ammazzando le squadre più piccole. Lo vedo con mio padre, dite bene. Vivo ancora nella conca super calda di Bolzano con i miei genitori. Sono argomenti di cui si parla tutti i giorni.

Non solo ciclismo per la Israel femminile. Sentite qua…

25.10.2022
6 min
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Una vera e propria multinazionale del pedale. La prossima Israel Premier Tech Roland non sarà una formazione qualunque nel WorldTour femminile. Anima e corpo sono un mix di culture. Tra dirigenza e roster c’è tutto ciò che si può intendere per globalizzazione.

La licenza e la proprietà resteranno svizzere, ma nel 2023 saranno più corposi i sostegni degli investitori israeliani e canadesi con l’intenzione di proseguire nel tempo. Quattro grossi marchi (Cogeas, Roland, Israel e Premier Tech) che hanno stretto un rapporto di collaborazione che non si limita al solo ciclismo inteso come sport.

La nuova Israel

«Prima eravamo solo fidanzati – esordisce sorridendo Ruben Contreras, presidente del team svizzero e proprietario della Cogeas – mentre ora è come se noi sponsor ci fossimo sposati. Fino all’anno scorso avevamo un impegno forte, ma in parte limitato. Adesso abbiamo fatto il salto in avanti. Se nel 2022 il nostro era un progetto embrionale, o comunque per gettare le basi, dall’anno prossimo passiamo allo step successivo. Vogliamo fare sul serio, anche sul piano societario, tant’è che abbiamo fatto un accordo di otto anni, per crescere in modo graduale. Anzi, vi posso dire che per il 2024 abbiamo già avanzato delle proposte a due atlete molto importanti per venire da noi. Aspettiamo una loro risposta dai loro agenti, intanto noi vogliamo fare vedere come lavoriamo».

Per il momento scordiamoci di sapere chi possano essere queste due ragazze. I nomi che abbiamo fatto sono stati rispediti al mittente con simpatia da Contreras, persona dalla battuta pronta e che incarna quello spirito di internazionalità. Cinquantacinque anni di Losanna, nelle sue vene scorre anche il sangue centro-americano di El Salvador per le origini del padre. Proprio col numero uno del team svizzero abbiamo approfondito la mission che stanno sviluppando.

Alla Liegi 2022 presentate sul palco sia la Israel maschile che quella femminile
Alla Liegi 2022 presentate sul palco sia la Israel maschile che quella femminile
Ruben, che tipo di società sta nascendo?

Abbiamo in mente un buon programma tra ciclismo agonistico e azioni umanitarie. Nel 2023 avremo in pratica due team. Quello WorldTour ed uno Devo Continental per un totale di 27 ragazze. Nella formazione minore vogliamo formare delle atlete. Le abbiamo prese dall’Uganda, Rwanda, Etiopia, Ucraina, Afghanistan e Italia (sarà Ginevra Vezzi, ndr). Dietro c’è una scelta dovuta dal senso sociale perché non si può pensare solo agli affari. Molte di queste ragazze le stiamo aiutando ad allontanarsi dai problemi delle loro Nazioni, per avere una vita normale ed inseguire un sogno attraverso la bicicletta.

Qual è stato l’input per questa operazione?

Ne parlavo da tempo con Sylvan Adams, proprietario di Israel, filantropo e colui che di fatto ha regalato alla sua federazione il velodromo di Tel Aviv in cui si sono corsi i recenti mondiali juniores. Lui è un grande appassionato di ciclismo come me e anche lui voleva fare qualcosa attraverso questo sport. Ha finanziato l’uscita di 400 persone dall’Afghanistan per venire in Europa e scappare dalle mani dei Talebani che limitavano terribilmente la loro vita. Mi sono unito a lui nel lanciare questo messaggio di pace, dando la possibilità a queste persone di avere libertà di parola, di fare sport, di studiare e di crescere senza oppressioni. In mezzo al gruppo c’erano anche ragazze che volevano correre in bici. E a quel punto mi sono attivato per il loro campionato nazionale.

Ci racconti pure…

Lo abbiamo organizzato ad Aigle, dove c’è la sede dell’UCI e a pochi chilometri da casa mia. E’ stata una bella festa e soprattutto un bel segnale. Il futuro di questi popoli, afflitti da guerra o regimi totalitari, si può cambiare. Tutti assieme possiamo fare qualcosa. Sotto il punto di vista tecnico, ha vinto Fariba Hashimi (davanti alla sorella Yulduz, ndr). Lei inizierà il 2023 nel nostro Devo Team, poi dal 15 luglio si aggregherà alla squadra WT e le faremo correre il Tour de France. Sarà la prima volta di un atleta afgano in assoluto sulle strade francesi.

Il roster della prima squadra intanto sta cambiando pelle…

Esattamente. Abbiamo preso nove nuove ragazze, tra cui quattro italiane che conosco bene. Le capitane sulla carta saranno Baur, campionessa nazionale in carica, e Dronova che ha fatto seconda alla terza tappa del Romandia per pochissimi centimetri. Però puntiamo forte, per diversi motivi, su Vieceli, Pirrone, Collinelli e Magri. Abbiamo preso anche la vietnamita Nguyen che nel 2018 era stata capace di battere allo sprint nientemeno che Wiebes e Balsamo (alla Dwars door de Westhoek, ndr). Non avremo più Zabelinskaya, figlia del mitico Soukhorutcenkov (medaglia d’oro alle olimpiadi di Mosca, ndr) e per me come una sorella minore. Ha 42 anni, diventava impegnativo per lei e noi volevamo ringiovanire. Lavorerà per la federazione uzbeka, ma ci ha dato la disponibilità di darci una mano quando ne avremo bisogno.

La vostra squadra come sarà strutturata?

Avremo uno staff di 30 persone. Avremo dottori, nutrizionisti, fisioterapisti e altre figure per entrambe le nostre formazioni. Il diesse sarà Sergey Klimov mentre il preparatore atletico sarà Fabio Vedana. Lui ha collaborato per anni con la federazione svizzera di triathlon ed ha un centro a Settimo Milanese dove tutte le nostre atlete passeranno per fare i test. Abbiamo cercato di non lasciare nulla al caso. Vogliamo fare bene.

Tamara Dronova sfiora il colpaccio al Romandia. Seconda al fotofinish dietro Marta Lach della Ceratizit
Tamara Dronova sfiora il colpaccio al Romandia. Seconda al fotofinish dietro Marta Lach della Ceratizit
Obiettivi per il 2023?

Non ci manca che fare il grande risultato. Quest’anno abbiamo fatto tanta esperienza pur facendo buone prestazioni. Sentiamo di essere sulla strada giusta. Vincere una tappa a Giro, Tour o Vuelta sarebbe il massimo così come centrare una classica. Ma mi accontento di vincere una qualsiasi gara e crescere come squadra. Cogliere un successo con una delle ragazze su cui stiamo investendo adesso sarebbe più importante di uno raggiunto con un eventuale arrivo di un grosso nome.

Elena Pirrone, voglia di rilancio con la Israel femminile

24.10.2022
6 min
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«Spero di tornare presto ai miei livelli. Sarebbe anche ora». L’incipit dell’articolo ce lo dà proprio lei a metà della nostra chiacchierata. Elena Pirrone cambia aria. Lascia la Valcar-Travel&Service e dal 2023 correrà nel WorldTour con la Israel Premier Tech Roland.

A ben pensarci è stata una stagione piuttosto difficile quella appena trascorsa dalla 23enne di Laives. Tuttavia l’ex iridata junior 2017 di strada e crono è riuscita a concludere il 2022 con belle sensazioni e con un incoraggiante settimo posto alla Tre Valli Varesine Women. Per Pirrone entrare nella cosiddetta “off season” con un buon morale è probabilmente il primo punto da cui ripartire per l’anno prossimo. Di quello che l’aspetta e di ciò che è passato abbiamo parlato con lei durante il suo primo giorno di riposo assoluto.

Sulle strade della Tre Valli Varesine, Pirrone ha colto un incoraggiante 7° posto (foto Ossola)
Sulle strade della Tre Valli Varesine, Pirrone ha colto un incoraggiante 7° posto (foto Ossola)
Elena partiamo dalla strettissima attualità. Pensavamo di trovarti in vacanza all’estero e invece no…

In effetti sarei dovuta andare a Parigi per qualche giorno poi, complice qualche imprevisto, sono rimasta a casa. Vi dirò che la cosa non mi dispiace però. Onestamente è difficile avere voglia di prendere ancora un aereo dopo che per tutta la stagione sei in giro. Poi, a causa dei tanti stop che ho avuto quest’anno, ero riuscita a fare una settimana di mare in Toscana a luglio pur portando la bici. Diciamo che non ne sentivo il bisogno di fare altre vacanze lontano. Fino al 5 novembre starò a riposo poi riprenderò ad allenarmi.

A cosa sono stati dovuti i molti stop di cui parlavi?

Ad una serie di cose. Ho sempre inseguito la condizione. E’ stato un tira e molla. Dopo la preparazione invernale, a inizio gennaio ho preso il Covid. Sono rimasta ferma per diversi giorni, poi ho ricominciato in pratica col ritiro a Calpe con la nazionale. Ho ritrovato una discreta forma alla Vuelta Valenciana. Alla terza tappa però mi sono volate addosso mentre io avevo schivato la caduta. Lì per lì non riuscivo a agganciare la scarpa al pedale, ma sono ripartita. Al traguardo però mi faceva male la caviglia sinistra e si temeva una lesione ad un tendine. Per fortuna non era così, ma sono dovuta restare ferma due settimane facendo esercizi al piede ed allenamenti poco intensi.

Ne hai avuti altri dopo?

Sì, purtroppo. Alla Strade Bianche ho fatto solo 50 chilometri con un gran male. Ho saltato le classiche del pavé perché era già prestabilito dal programma iniziale e ho fatto rotta sulle Ardenne. Anche lì però altri problemi. All’Amstel mi si è infiammata la cartilagine del ginocchio destro. Ho finito la corsa benino, ma quando sono scesa dalla bici avevo un forte dolore alle ginocchia. Ho ripreso a maggio e solo a Burgos, verso fine mese, ho ritrovato un buon ritmo pur avendo fatto una grande fatica. Ci ho messo poi tanto ad entrare in forma. Al campionato italiano sono stata a lungo in fuga. Stavo bene, ma a luglio non ho corso, saltando Giro e Tour. Poi da agosto a ottobre ho corso il 60 per cento delle mie gare avvertendo finalmente buone sensazioni. Alla Tre Valli Varesine ho fatto una prestazione che non facevo da tanti anni. Sono contenta.

Com’è stato convivere con questa situazione?

Non facile, ma ho la testa dura, me lo hanno sempre detto, fin da quando ero ragazzina. Partivo alle gare WT dove andavano tutte come ventole, mentre io faticavo senza avere quella necessaria continuità di ritmo. Ci voleva tanta pazienza. Lo sapevo e sono sempre ripartita senza fretta. In tutto ciò devo ringraziare la Valcar che mi ha sempre aspettato e capita, anche nel 2021 quando sono iniziati i primi problemi fisici.

Che annate sono state quelle con loro?

Ho fatto tanta esperienza, non posso che ringraziarli anche per questo. Nella Valcar sono maturata come persona ed atleta. Lascio la squadra sapendo di essere cresciuta per merito loro. Mi dispiace di non aver potuto dare quello che so che posso dare.

Ora ti aspetta la nuova avventura con la Israel Premier-Tech Roland. Com’è andata la trattativa?

Anch’io come vi ha detto Yaya (Sanguineti, ndr) ho iniziato a fare dei pensieri quando ho saputo che molte compagne sarebbero andate via. Però io dovevo pensare a me, a ritrovare condizione e risultati per potermi eventualmente proporre meglio. Solo ad agosto mi sono realmente guardata attorno, capendo che forse era giunto il momento per cercare nuovi stimoli. Non avevo alcun procuratore, però in quei giorni mi sono affidata all’agenzia GGLL Promotion che mi ha subito aiutata molto (è l’agenzia di Luca Mazzanti, ndr). Ho avuto diverse proposte ma alla fine ho scelto la formazione svizzera (contratto biennale, ndr).

Come mai hai deciso di andare lì?

Hanno mostrato molto interesse per me. So che hanno molta voglia di crescere e creare un buon gruppo tra atlete e staff. Stanno ringiovanendo un po’ il roster e puntano a fare risultati. Personalmente non avrò alcun ruolo in particolare, vedremo quando faremo il primo ritiro a Girona a dicembre. Mi fa piacere conoscere nuove compagne. Ci sarà Sofia (Collinelli, ndr), con cui non ho mai corso, e ritroverò sia Lara (Vieceli, ndr), mia compagna nel mio primo anno da elite alla Astana Women sia Silvia (Magri, ndr), che era con me in Valcar fino all’anno scorso.

Europei 2021, crono U23. Oro a Guazzini, bronzo a Pirrone. Per la bolzanina è stata l’ultima volta in nazionale
Europei 2021, crono U23. Oro a Guazzini, bronzo a Pirrone. Per la bolzanina è stata l’ultima volta in nazionale
Quali obiettivi ti sei posta per il 2023?

Ne ho diversi, che possono essere tutti uno la conseguenza dell’altro. A prescindere dal programma gare, la priorità sarà tornare a fare buone prestazioni con regolarità. I risultati poi potrebbero venire da sé. Dare il massimo e prendere il massimo dalle corse in cui posso farlo. Cercherò di rilanciarmi a crono, nelle quali mi è mancata la pedalata dell’Elena di una volta. Ho la volontà di riconquistarmi un posto in nazionale in quella specialità, anche su strada. Vorrei parlare con Paolo e Marco (rispettivamente il cittì Sangalli e il cittì delle prove contro il tempo Velo, ndr) non appena avrò il mio calendario agonistico. Come dicevo, le motivazioni non mi mancheranno.