Una vera e propria multinazionale del pedale. La prossima Israel Premier Tech Roland non sarà una formazione qualunque nel WorldTour femminile. Anima e corpo sono un mix di culture. Tra dirigenza e roster c’è tutto ciò che si può intendere per globalizzazione.
La licenza e la proprietà resteranno svizzere, ma nel 2023 saranno più corposi i sostegni degli investitori israeliani e canadesi con l’intenzione di proseguire nel tempo. Quattro grossi marchi (Cogeas, Roland, Israel e Premier Tech) che hanno stretto un rapporto di collaborazione che non si limita al solo ciclismo inteso come sport.




La nuova Israel
«Prima eravamo solo fidanzati – esordisce sorridendo Ruben Contreras, presidente del team svizzero e proprietario della Cogeas – mentre ora è come se noi sponsor ci fossimo sposati. Fino all’anno scorso avevamo un impegno forte, ma in parte limitato. Adesso abbiamo fatto il salto in avanti. Se nel 2022 il nostro era un progetto embrionale, o comunque per gettare le basi, dall’anno prossimo passiamo allo step successivo. Vogliamo fare sul serio, anche sul piano societario, tant’è che abbiamo fatto un accordo di otto anni, per crescere in modo graduale. Anzi, vi posso dire che per il 2024 abbiamo già avanzato delle proposte a due atlete molto importanti per venire da noi. Aspettiamo una loro risposta dai loro agenti, intanto noi vogliamo fare vedere come lavoriamo».
Per il momento scordiamoci di sapere chi possano essere queste due ragazze. I nomi che abbiamo fatto sono stati rispediti al mittente con simpatia da Contreras, persona dalla battuta pronta e che incarna quello spirito di internazionalità. Cinquantacinque anni di Losanna, nelle sue vene scorre anche il sangue centro-americano di El Salvador per le origini del padre. Proprio col numero uno del team svizzero abbiamo approfondito la mission che stanno sviluppando.


Ruben, che tipo di società sta nascendo?
Abbiamo in mente un buon programma tra ciclismo agonistico e azioni umanitarie. Nel 2023 avremo in pratica due team. Quello WorldTour ed uno Devo Continental per un totale di 27 ragazze. Nella formazione minore vogliamo formare delle atlete. Le abbiamo prese dall’Uganda, Rwanda, Etiopia, Ucraina, Afghanistan e Italia (sarà Ginevra Vezzi, ndr). Dietro c’è una scelta dovuta dal senso sociale perché non si può pensare solo agli affari. Molte di queste ragazze le stiamo aiutando ad allontanarsi dai problemi delle loro Nazioni, per avere una vita normale ed inseguire un sogno attraverso la bicicletta.
Qual è stato l’input per questa operazione?
Ne parlavo da tempo con Sylvan Adams, proprietario di Israel, filantropo e colui che di fatto ha regalato alla sua federazione il velodromo di Tel Aviv in cui si sono corsi i recenti mondiali juniores. Lui è un grande appassionato di ciclismo come me e anche lui voleva fare qualcosa attraverso questo sport. Ha finanziato l’uscita di 400 persone dall’Afghanistan per venire in Europa e scappare dalle mani dei Talebani che limitavano terribilmente la loro vita. Mi sono unito a lui nel lanciare questo messaggio di pace, dando la possibilità a queste persone di avere libertà di parola, di fare sport, di studiare e di crescere senza oppressioni. In mezzo al gruppo c’erano anche ragazze che volevano correre in bici. E a quel punto mi sono attivato per il loro campionato nazionale.




Ci racconti pure…
Lo abbiamo organizzato ad Aigle, dove c’è la sede dell’UCI e a pochi chilometri da casa mia. E’ stata una bella festa e soprattutto un bel segnale. Il futuro di questi popoli, afflitti da guerra o regimi totalitari, si può cambiare. Tutti assieme possiamo fare qualcosa. Sotto il punto di vista tecnico, ha vinto Fariba Hashimi (davanti alla sorella Yulduz, ndr). Lei inizierà il 2023 nel nostro Devo Team, poi dal 15 luglio si aggregherà alla squadra WT e le faremo correre il Tour de France. Sarà la prima volta di un atleta afgano in assoluto sulle strade francesi.
Il roster della prima squadra intanto sta cambiando pelle…
Esattamente. Abbiamo preso nove nuove ragazze, tra cui quattro italiane che conosco bene. Le capitane sulla carta saranno Baur, campionessa nazionale in carica, e Dronova che ha fatto seconda alla terza tappa del Romandia per pochissimi centimetri. Però puntiamo forte, per diversi motivi, su Vieceli, Pirrone, Collinelli e Magri. Abbiamo preso anche la vietnamita Nguyen che nel 2018 era stata capace di battere allo sprint nientemeno che Wiebes e Balsamo (alla Dwars door de Westhoek, ndr). Non avremo più Zabelinskaya, figlia del mitico Soukhorutcenkov (medaglia d’oro alle olimpiadi di Mosca, ndr) e per me come una sorella minore. Ha 42 anni, diventava impegnativo per lei e noi volevamo ringiovanire. Lavorerà per la federazione uzbeka, ma ci ha dato la disponibilità di darci una mano quando ne avremo bisogno.
La vostra squadra come sarà strutturata?
Avremo uno staff di 30 persone. Avremo dottori, nutrizionisti, fisioterapisti e altre figure per entrambe le nostre formazioni. Il diesse sarà Sergey Klimov mentre il preparatore atletico sarà Fabio Vedana. Lui ha collaborato per anni con la federazione svizzera di triathlon ed ha un centro a Settimo Milanese dove tutte le nostre atlete passeranno per fare i test. Abbiamo cercato di non lasciare nulla al caso. Vogliamo fare bene.


Obiettivi per il 2023?
Non ci manca che fare il grande risultato. Quest’anno abbiamo fatto tanta esperienza pur facendo buone prestazioni. Sentiamo di essere sulla strada giusta. Vincere una tappa a Giro, Tour o Vuelta sarebbe il massimo così come centrare una classica. Ma mi accontento di vincere una qualsiasi gara e crescere come squadra. Cogliere un successo con una delle ragazze su cui stiamo investendo adesso sarebbe più importante di uno raggiunto con un eventuale arrivo di un grosso nome.