Bettiol, la vittoria della testa e del mal di gambe

27.05.2021
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L’ha cercata così tanto e così tanto ha lavorato sul Teide per arrivare al Giro in buona forma, che in qualche modo la vittoria di Bettiol a Stradella è come se l’avessimo vissuta con lui. E adesso che ce l’abbiamo davanti, sentendolo parlare, ci scorrono davanti agli occhi le immagini di quell’ultima salita in cui ha visto Cavagna, lo ha puntato, lo ha preso e poi gli è scattato in faccia. Ma più che le gambe, c’è voluta tanta testa.

«Conta sempre la testa – dice – la terza settimana del Giro è solo testa. Non è che Egan Bernal abbia meno mal di gambe di me. Potevo mandare tutti a quel paese perché non collaboravano. Sapevo che non avevo molte chance di riprendere Cavagna, ma sapevo di essere più forte in salita. Fosse stata tutta pianura, forse non ci sarei riuscito. Ma sull’ultimo strappo l’ho visto e ho avuto la forza mentale di scattargli in faccia e passare in testa, perché so cosa significa quando ti prendono e ti scattano in faccia. Volevo distruggerlo mentalmente, ma avevo un gran mal di gambe. E vi assicuro che non è stato per niente facile, dopo 230 chilometri e le tappe dure degli ultimi giorni. Capito perché è un fatto di testa?».

Ieri a Sega di Ala ha tirato forte per Carthy e lo ha salvato dalla crisi
Ieri a Sega di Ala ha tirato forte per Carthy e lo ha salvato dalla crisi

Un anno sofferto

La sua storia recente non è stata semplice. La vittoria del Fiandre doveva aprirgli i salotti buoni, ma gli si è quasi ritorta contro, in un miscuglio diabolico di attese non mantenute e sfortune d’ogni genere. E mentre cercava faticosamente di riprendersi dai suoi acciacchi, la morte di Mauro Battaglini l’ha come congelato in un’affannosa immobilità nei mesi del Covid in cui l’equilibrio personale ha fatto la differenza tra chi è riuscito a confermarsi e chi invece s’è fermato.

«Però non sopporto – attacca – che si vada a dire che il Fiandre l’ho vinto per un colpo di fortuna, soprattutto se a dirlo è chi lo fa di lavoro. Quel giorno avevo la gamba giusta e non si vince se non ce l’hai. Per il resto, sono umano e forse ho più difficoltà di tanti altri. Ho fatto buone prestazioni. La squadra mi ha sempre dato fiducia. So quanto valgo, dovevo solo dimostrarlo. Ero un ragazzo di provincia che non aveva mai vinto tra i pro’, ci sta che abbia un po’ sbandato. Mauro era una colonna per me, la sua mancanza mi ha fatto vacillare. E ancora oggi quando penso a lui, mi commuovo. Certo che quelle dita al cielo erano per lui».

Quando ha preso Cavagna, ha respirato un secondo e poi gli scattato in faccia…
Quando ha preso Cavagna, ha respirato un secondo e poi gli scattato in faccia…

Ciclista, non supereroe

La differenza, gli dicono, la fai credendoci. Coloro che l’hanno seguito sin da ragazzo e che partecipano alla sua carriera attuale, da Piepoli che lo allena e Balducci che lo assiste, non fanno che ripetergli che se credesse per primo nei suoi mezzi, i suoi limiti sarebbero ben più alti.

«Non sapete quanto siano incavolati quelli che mi seguono – dice – perché vado forte, mi temono, ma vinco poco. Vivo dei limiti che proverò a superare e cioè che si può vincere anche con il mal di gambe. Io pensavo di farlo sempre da supereroe, invece il ciclismo è uno sport umile. Devo fare di più, è il mio obiettivo. E lo farò soffrendo e prendendo bastonate».

Dopo la corsa, gli amici tornano amici. Qui l’abbraccio con Roche
Dopo la corsa, gli amici tornano amici. Qui l’abbraccio con Roche

Pane e Giro

La partecipazione al Giro non è stata per caso. Quando nasci in un paesino toscano e sei cresciuto a pane e Giro d’Italia, va bene vincere sulle stradine delle campagne fiamminghe, ma c’è ancora più gusto a farlo in Italia.

«L’ho voluto questo Giro d’Italia – racconta – volevo tornare nella mia terra. Volevo vedere a che punto ero con la mia maturità. Il ciclismo ci insegna più a perdere che a vincere e per questo sono contento di aver vinto al Giro. Durante la tappa ero concentratissimo e molto determinato dentro di me. Avevo molti amici in quel gruppo, uno è Nico Roche, ma non ho parlato con nessuno. Volevo vincere. Anche se dopo l’arrivo, proprio lui ha idealmente dismesso i panni del Team Dsm ed è venuto ad abbracciarmi. E’ un bravissimo ragazzo, anche lui ha vissuto i suoi momenti difficili. Abbiamo condiviso i giorni sul Teide prima del Giro e quel tempo passato non si dimentica dopo una corsa».

Limiti da scoprire

E proprio i giorni sul Teide hanno fatto la differenza. Al punto che il suo allenatore Leonardo Piepoli, scherzando gli ha proposto di perdere un paio di chili e puntare la prossima volta alla classifica generale.

«Poche volte – dice – sono andato così forte in salita. Mi piace prepararmi sul Teide e lassù, per poco che ti alleni, fai 3.300 metri di dislivello. Piepoli mi dice anche che finché non trovi il tuo limite, non puoi sapere quali limiti hai. Io sto bene e in questi giorni sto parlando molto anche con Cassani. Questa vittoria è un bel segnale anche per lui. Sono un uomo di sport, chiaro che andare alle Olimpiadi sia un sogno che può diventare un obiettivo. Diciamo che sono un bell’obiettivo, anche perché qui al Giro le tappe per me sono finite e da domani si torna a lavorare per Carthy, dopo che la squadra mi ha concesso questo giorno di libertà».

Voleva una tappa al Giro, ci ha messo gambe e testa e ha così lanciato un segnale a Cassani
Voleva una tappa al Giro e ha così lanciato un segnale a Cassani

Messaggio per Cassani

E proprio parlando di Olimpiadi, nel toto-Tokyo fra giornalisti si è soliti fare i nomi di Nibali e Moscon, Caruso e Bettiol e un quinto che poteva essere De Marchi e adesso Ulissi oppure Ciccone se si riprenderà o chiunque altro, Aru compreso, dimostri di andare forte entro il 5 luglio, quando Cassani dovrà dare i nomi. E a quel punto, davanti alla rosa, ci si chiede: chi di loro però ha mai vinto grandi corse? La risposta è facile: Nibali e Bettiol.

«Perché vincere le gare monumento – dice – non è per tutti. Si parla di gare di oltre sei ore, il limite oltre il quale alcuni smettono di andare forte. Solo pochissimi ci riescono e sono gli stessi che poi possono lottare per i mondiali e le Olimpiadi, appunto. Vincere una prova monumento fa tanto e la tappa di oggi, di 231 chilometri alla fine del Giro, sia pure senza grande dislivello, fa vedere qualcosa. E’ un bel segnale, come è bello il rapporto che abbiamo con Cassani. Lui parla in modo molto diretto e noi siamo sinceri con lui. E questa è davvero una vittoria che significa tanto».

I bucanieri dell’EF Education Nippo, tutti all’arrembaggio

20.04.2021
3 min
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Molti cambiamenti nel team, a cominciare dallo sponsor, l’arrivo della Nippo ha portato anche quattro elementi dalla Delko, la formazione professional francese che precedentemente era appoggiata dall’azienda giapponese. La struttura della squadra resta comunque la stessa dello scorso anno, fatta di un nutrito gruppo di ambiziosi corridori, senza grandi punte ma con molti in grado di emergere.

Bettiol tornato motivato e pronto a riscattarsi al Giro d’Italia, dopo una brutta primavera
Bettiol tornato motivato e pronto a riscattarsi al Giro d’Italia, dopo una brutta primavera

Tra gli ultimi arrivati spicca il danese Michael Valgren, pronto a ripetersi dopo la splendida doppietta primaverile del 2018 con Omloop Het Nieuwsblad e Amstel Gold Race a distanza di pochi giorni.

Le caratteristiche della squadra portano a privilegiare azioni di disturbo in grado di sconvolgere l’andamento prestabilito delle corse. Gli uomini in grado di farlo non mancano, dallo stesso Valgren a Keukeleire fino ad Alberto Bettiol, che seppur nel 2020 non sia riuscito a ripetere il successo clamoroso del Fiandre, ha dimostrato di poter recitare sempre un ruolo importante nelle classiche del Nord e non solo.

Caicedo, qui vittorioso sull’Etna al Giro 2020, uno dei giovani più interessanti
Jonathan Caicedo, Giro d'Italia 2020, Etna
Caicedo, qui vittorioso sull’Etna al Giro 2020, uno dei giovani più interessanti

La squadra ha però un buon background anche per le corse a tappe, almeno quelle medio-brevi dove l’ecuadoriano Caicedo, il portoghese Guerreiro e il colombiano Higuita possono dire la loro. Resta poi Rigoberto Uran, che al di là del suo rendimento attuale è sempre un riferimento, in grado con la sua esperienza di fare da regista in corsa, essendo ancora in grado di centrare una Top 10 in un grande giro. Insomma, una squadra sempre pronta alla battaglia, da non sottovalutare mai.

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Daniel Arroyave CanasYarumal Col19.06.20002019
William BartaBoiseUsa04.01.19962018
Fumiyaki BeppuChigasakiJpn10.04.19832005
Alberto BettiolPoggibonsiIta29.10.19932014
Stefan BisseggerWeinfeldenSui13.09.19982020
Jonathan CaicedoSanta MartaEcu28.04.19932014
Diego A.Camargo PinedaTutaCol03.05.19982021
Simon CarrHerefordGbr29.08.19982020
John CarthyPrestonGbr09.07.19942015
Gregory Lawson CraddockHoustonUsa20.02.19922011
Mitchell DockerMelbourneAus02.10.19862009
Julien El FaresAix en ProvenceFra01.06.19852008
Ruben GuerreiroMontijoPor06.07.19942015
Sergio A.Higuita GarciaMedellinCol01.08.19972017
Moreno HoflandRoosendaalNed31.08.19912016
Alex HowesGoldenUsa01.01.19882012
Jens KeukelaireBrugesBel23.11.19882010
Lachlan MortonPort MacquarieAus02.01.19922012
Hideto NakaneNagoyaJpn02.05.19902011
Logan OwenBremertonUsa25.03.19952018
Neilson PowlessSacramentoUsa03.09.19962018
Jonas RutschErbachGer24.01.19982020
Tom ScullyInvercargillNzl14.01.19902016
Rigoberto UranUrraoCol26.01.19872006
Michael Valgren HundahlOsterild Den07.02.19922014
Julius Van Den BergPurmerendNed23.10.19962018
Tejay Van GarderenTacomaUsa12.08.19882010
James WhelanMelbourneAus11.07.19962019

DIRIGENTI

Jonathan VaughtersUsaGeneral Manager
Charles WegeliusGbrDirettore Sportivo
Matti BretschelDenDirettore Sportivo
Juan Manuel GarateEspDirettore Sportivo
Andreas KlierGerDirettore Sportivo
Tom SouthamGbrDirettore Sportivo
Ken VanmarckeBelDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

La Ef Education-Nippo anche per quest’anno è rimasta fedele all’americana Cannondale che, a ben vedere, divenne primo nome del team al passaggio di mano dopo gli anni della Liquigas. I modelli a dispisizione di Rigoberto Uran e Alberto Bettiol con SuperSix Evo, SystemSix e SuperSlice montati con ruote vision.

CONTATTI

EF EDUCATION-NIPPO (USA)

Two Education Circle, 02141 Cambridge (USA)

procyclingteam@ef.com – www.efprocycling.com

Facebook: @EFProCycling

Twitter: @Efprocycling

Instagram: efprocycling

La pulce Higuita, prima il Tour e poi Tokyo

13.02.2021
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Un anno fa, prima della quarantena generale in tutto il mondo, Sergio Andrés Higuita ha confermato il suo status di ciclista d’elite mondiale. L’antioqueño, nato nel cuore del quartiere Castilla di Medellín – uno dei settori più popolari della città, dove è nato anche il mitico portiere della nazionale colombiana, René Higuita (non sono parenti, sono uguali solo per il quartiere e il cognome) – ha mostrato le sue abilità tra i più forti della spedizione colombiana, brillando nel circuito di Tunja fino a conquistare la maglia tricolore di campione nazionale e, successivamente, la vittoria del Tour Colombia che si era concluso a Bogotá il 16 febbraio.

Lo scorso anno ha vinto il Tour Colombia, lasciandosi dietro Martinez e Caicedo
Nel 2020 ha vinto il Tour Colombia

Scalatore di città

Higuita, che non aveva mai vinto una gara nel suo Paese, ha inaugurato infatti il suo palmares nei due eventi più importanti e, a sua volta, è diventato il primo ciclista colombiano a raggiungere la prestigiosa doppietta. Negli altopiani della regione cundiboyacense (a metà fra Cundinamarca e Boyaca), il ciclista forgiato sull’asfalto della città e lontano dalle innumerevoli storie di campagna, ha realizzato il sogno che ha sempre inseguito, sin dagli esordi nelle squadre Ramguiflex Risaltex e 4-72. Tuttavia, la dura realtà della pandemia, che è peggiorata un mese dopo le sue vittorie, non ha lasciato al talentuoso corridore della EF Pro Cycling il tempo di assaporare il gusto della vittoria.

Si allena nei dintorni di Medellin, salendo verso Rionegro
Si allena nei dintorni di Medellin (foto Fedeciclismo)

Covid e stop

Ha avuto appena il tempo di mostrare il suo tricolore alla Parigi-Nizza e affascinare il mondo del ciclismo con una splendida presentazione (miglior giovane e podio con il tedesco Schachmann e il belga Benoot). Poi sono arrivati la quarantena e il vuoto agonistico. Una trance di cinque mesi tormentata dall’incertezza, con l’unica sicurezza di avere il supporto della sua squadra e l’allenamento sui rulli che prevedeva la partecipazione ad alcune gare virtuali.

Il ritiro di Huiguita dal primo Tour per una caduta causata involontariamente da Jungels
Il primo Tour di Higuita si è concluso con il ritiro

Il primo Tour

La rinascita è arrivata al Delfinato e la sua prima partecipazione al Tour de France, conclusasi nella 15ª tappa per l’imprudenza (non intenzionale) di Bob Jungels, durante la tappa che si concludeva al Grand Colombier. Poi, sebbene avesse ancora i segni dell’incidente, ha partecipato ai mondiali di Imola, ha rappresentato il Paese e ha concluso la sua stagione nella Freccia Vallone.

Per Hguita, Uran è insieme amico, capitano e idolo
Per Hguita, Uran è insieme amico, capitano e idolo

Debutto in Uae

Il 2020 è passato, ma la pandemia è continuata. Il tricolore gli rimarrà sul petto e il Tour Colombia lo conserverà come ultimo vincitore. Si stava preparando per il campionato nazionale a Pereira, ma i piani sono cambiati. Aprirà l’anno allo UAE Tour con Daniel Arroyave e Rigoberto Urán.

«Con il rinvio dei campionati nazionali i piani sono cambiati completamente. Ma abbiamo già l’esperienza di quello che abbiamo vissuto l’anno scorso (con la pandemia) e sappiamo come prepararci fisicamente e mentalmente. L’UAE Tour è una gara molto importante, stiamo andando a dare il nostro meglio con una preparazione molto buona», ha detto il 23enne colombiano, che dovrà affrontare, prima del Tour de France e delle Olimpiadi, gare prestigiose come Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo, Paesi Baschi e Classiche delle Ardenne: Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi.

Salite lunghissime che partono dalla città e si perdono nelle campagne (foto Fedeciclismo)
Salite lunghissime che partono dalla città (foto Fedeciclismo)

Tokyo chiama

«Penso che abbiamo una chiara opportunità di essere campioni in queste Olimpiadi. La Colombia ha sempre fatto molto bene su strada, con Rigo (Rigoberto Uran, argento a Londra 2012, ndr) e Sergio Luis (Henao, ndr) che ha avuto la sfortuna di cadere, ma aveva fatto tutto alla perfezione. Anche a Tokyo abbiamo una grande opportunità», ha sottolineato Higuita, che andrà al Tour per sostenere il suo leader e amico Rigoberto Uran.

«La squadra mi darà l’opportunità di andare in cerca di tappe, che è quello che voglio. Ma sarò anche lì per Rigo in tutto ciò di cui avrà bisogno», ha detto Sergio. Il corridore che sogna di regalare al Paese il primo oro olimpico su strada.

Maltagliati: bene i pro’, ma puntiamo sull’urban

08.02.2021
5 min
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Dice Simone Maltagliati, Brand Manager di Cannondale, che il fatto di avere la produzione in Olanda sta permettendo al marchio americano di passare a gonfie vele attraverso questa concitata fase del mercato. La produzione, aggiunge, e il magazzino.

«Pertanto se ci si rende conto che mancano i gruppi per i modelli in ordine – dice – e la prospettiva di consegna è troppo lunga per aspettarsi che il cliente tenga duro, si smontano i gruppi dalle bici non richieste e si completano gli ordini. Se invece devi aspettare di ricevere la bici completa, questo tipo di flessibilità puoi scordartela».

Simone Maltagliati è Brand Manager di Cannondale Italia
Simone Maltagliati, Brand Manager di Cannondale Italia

Prosegue dunque con Cannondale (marchio che con Schwinn, Gt e Caloi fa parte del gruppo Dorel, quotato alla Borsa di New York), la serie degli incontri, inaugurata con Ermanno Leonardi di Specialized e Cristiano De Rosa, per capire in che modo i principali brand del mercato ciclistico – quelli che forniscono le bici ai team WorldTour – stiano gestendo il boom post lockdown. Va bene l’euforia del momento. Va bene l’aver raddrizzato in due mesi lo stallo dovuto alla chiusura totale. Ma se ad oggi non si riesce ad assecondare le tante richieste, qual è la prospettiva a lungo termine? Si esauriranno gli ordini già presi e poi si tornerà a un livello normale, oppure si andrà avanti a macinare record?

«Credo che questo livello di mercato – prosegue Maltagliati – andrà avanti per anni, perché non c’è solo il settore corsa e per contro si è avviato un processo legato alla mobilità urbana. Su questo in Italia eravamo parecchio indietro, dal punto di vista delle bici e delle infrastrutture. Non so se vi sia mai capitato di viaggiare in treno in Olanda e nei Paesi del Nord Europa. Bene, quando uscite dalla stazione, vi trovate davanti quegli immensi parcheggi di biciclette. Il termine di questa situazione lo avremo quando avremo riempito di bici i parcheggi delle nostre stazioni. Che magari nel frattempo saranno stati costruiti…».

Al Giro d’Italia 2020, la Ef Pro Cycling ha sfoggiato su Cannondale nuove grafiche
Al Giro 2020, Ef Pro Cycling su Cannondale
Come dire che il mondo Cannondale non si limita al corsa ma esplora anche gli altri ambiti?

E’ sotto gli occhi di tutti che siano entrati ed entreranno nuovi consumatori, il processo non si è esaurito. Servirà ancora un paio di anni per soddisfare le richieste attuali e nel frattempo ci stiamo attrezzando per aumentare la capacità produttiva. E questo è un segnale che dice molto. Se Cannondale fosse certa che si tratti di una fiammata, non farebbe un investimento di questo tipo.

Parliamo di produzione europea?

Certamente, anche se adesso è frenata dalla componentistica che non arriva. E non parlo solo dei gruppi, sebbene sia risaputo che Shimano e Sram siano in affanno. Abbiamo i telai, ma basta un pezzo che manca e la catena si ferma. Possiamo aspettare, abbiamo il tipo di flessibilità di cui si parlava prima. Cerchiamo di reagire così.

Si sta affermando una nuova categoria di ciclisti urbani che ha bisogno di infrastrutture (foto Cannondale)
Sta nascendo una nuova leva di ciclisti urbani (foto Cannondale)
Ci si poteva aspettare che da qualche parte si creasse una strozzatura?

Forse sì. I fornitori di componentistica sono fermi, ma non si può dire che sia tutta colpa loro. Si sono trovati con meno lavoratori e con tanti punti di domanda. Le aziende all’inizio hanno avuto paura. Non avevano idea di come avrebbe reagito la gente, che invece ha cominciato a fare ogni tipo di sport outdoor. E la bicicletta è finita nuovamente al centro del discorso, sia per l’aspetto sportivo, sia per quello della mobilità urbana.

Sul primo forse eravate più ferrati, la Ef Education-Nippo è un bel veicolo promozionale. Sul secondo invece?

E’ stata ampliata la gamma urban, con il prezioso riferimento dei Paesi del Nord Europa, registrando nel frattempo una prima risposta anche in Italia. Il consumatore ha capito che la bicicletta per spostarsi ogni giorno deve essere ben fatta, comoda e funzionante, affinché andare al lavoro e anche a passeggio sia una bella esperienza. Inevitabilmente questo significa che parliamo di biciclette costose, in un Paese in cui mancano totalmente le infrastrutture e i furti sono all’ordine del giorno.

La stazione di Amsterdam e il suo deposito bici coperto sono un riferimento (foto Bike Italy)
La stazione di Amsterdam e il suo deposito coperto (foto Bike Italy)
Triste verità…

I parcheggi delle stazioni di cui abbiamo già detto sono una provocazione, ma fino a un certo punto. Voi lascereste una bici di valore incatenata per strada sotto l’ufficio, esposta alla pioggia e ai furti? Nelle nostre città le rubano. E rubano anche quelle di poco valore, c’è un giro di bici rubate a 50 euro. Per cui mancano le ciclabili, mancano i depositi sicuri e chi ha investito su una bici, magari anche una e-Bike è scoraggiato dall’usarla.

L’identikit è quello di un ciclista tutto nuovo, giusto?

Ci sono quelli con una lunga tradizione alle spalle che hanno avuto la conferma delle loro abitudini e magari hanno aggiunto la bici per spostarsi in città. E poi c’è gente che si è avvicinata dopo il lockdown, un potenziale che ha fatto crescere il mercato attuale e sta formando la base per quello del futuro.

Sul fronte corsa, il mondo dei pro’ resta comunque trainante
Sul fronte corsa, il mondo dei pro’ resta trainante
Fra le voci di mercato, a un certo punto sembrava si parlasse soltanto di e-Bike e gravel…

Il gravel è stato ed è ancora un gran bel boom. Dà stimoli diversi a persone che per dieci anni hanno vissuto il ciclismo sempre allo stesso modo e magari, non potendo più uscire in gruppo, hanno scoperto una dimensione diversa, fatta di altri spazi, di natura, addirittura di bike packing. L’estate scorsa, c’è stato un notevole aumento di vacanze in autonomia.

Non solo corsa, dunque, conferma?

Lo spirito agonistico in Italia è notevole, i professionisti sono ancora un riferimento. Ma se le Gran Fondo non ripartono e le stesse corse fanno fatica a trovare continuità, ecco che la pandemia ha aperto nuovi orizzonti sui quali vale la pena investire. Anzi, sarebbe miope non farlo.