Cosa c’è negli sguardi di Bettiol? Balducci racconta…

07.04.2024
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Gabriele Balducci oggi non seguirà la Roubaix in televisione: nelle stesse ore sarà impegnato con la Mastromarco al Trofeo Piva. E’ chiaro però che una parte del cuore batterà per quello che a buon diritto può essere definito il suo figlioccio: Alberto Bettiol. Il toscano non è stato bene dopo il Fiandre e lo svuotamento subito nella corsa dei muri è stato il principale cruccio della settimana. Certi sforzi vanno recuperati per bene e bisogna che nulla si metta di traverso.

Gabriele Balducci ha 48 anni ed è stato professionista per 12, con qualche vittoria e il gusto un po’ guascone per la vita, accanto a Dario Pieri: l’amico di sempre. Era direttore sportivo da quasi quattro stagioni, quando alla Mastromarco arrivò il giovane Bettiol. Era il 2012, Alberto era al secondo anno da U23 e nella squadra toscana trovò Valerio Conti: rivale di tante battaglie. “Baldo” lo accolse e col tempo, assieme al procuratore Battaglini e a Piepoli (che gli fa da allenatore e psicologo), creò attorno al corridore una struttura a prova dei suoi alti e bassi. Quando Battaglini venne a mancare, il diesse si rimboccò le maniche e non ha mai fatto un passo indietro. Hanno litigato e lo faranno ancora, ma sempre nell’interesse dell’atleta. Si capisce che Balducci lo faccia per affetto e non per ambizione, perché non ha mai voluto un ruolo ufficiale nelle squadre di Bettiol. Altri probabilmente avrebbero cavalcato la situazione.

Carlo Franceschi, Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, bici Cannondale alla Mastromarco, 2020
Franceschi, Bettiol e Balducci: Alberto è il tramite fra Cannondale e la Mastromarco, in cui ha corso da U23
Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, bici Cannondale alla Mastromarco, 2020
Bettiol e Balducci: Alberto è il tramite fra Cannondale e la Mastromarco, in cui ha corso da U23

Un cavallo di razza

Bettiol è un cavallo di razza, con impeti e momenti bui. Ha un motore da primo della classe, ma non sempre la capacità di sfruttarlo nel modo giusto. Ai mondiali di Wollongong sarebbe stato l’unico capace di andare via con Evenepoel, ma aveva previsto una tattica diversa e per restarle fedele, vide fuggire il belga. Quando vinse il Fiandre del 2019, non fu per caso: era il più forte e potrebbe esserlo ancora, in un ciclismo sempre più estremo che concede briciole agli uomini estrosi come lui. Alla Milano-Torino ha deciso di vincere e semplicemente lo ha fatto. A volte è solare, altre si rabbuia. Diciamo la verità: non è sempre semplice decifrarlo. E allora, alla vigilia della sua prima Roubaix, ci siamo rivolti proprio a Balducci per fare il punto della situazione. Chi è oggi Alberto Bettiol e dove può arrivare?

«Vi dico la verità – sorride il pisano – facciamo delle cose, ma finché non si conclude, anche dirlo sembra brutto. Io dentro di me so quanto può valere, però non lo possiamo dire proprio bene. Un po’ di risultati sono venuti, ma insomma non è che abbiamo fatto vedere tutto quello che potremmo. Quello ce l’ho dentro e solo io posso sapere quanto vale questo ragazzo, perché secondo me abbiamo ancora dei margini. A volte sembra che ci crediamo più noi di lui e va in questo modo da quando facemmo quell’intervista con lui e Valerio Conti (il riferimento è a un incontro fatto proprio nel 2012, quando Bettiol approdò alla Mastromarco, ndr). Erano due ragazzetti, ma già allora Alberto si chiedeva se sarebbe stato all’altezza. Diceva che Conti gli avrebbe “mangiato la pappa in capo”. Ed è una mentalità si è portato avanti in tutti questi anni».

Alla Milano-Torino aveva una condizione super: voleva vincere e ha attaccato
Alla Milano-Torino aveva una condizione super: voleva vincere e ha attaccato
Perché secondo te ha queste insicurezze?

Ce l’ha su tutto, se vi raccontassi quello che triboliamo anche per la vita normale. Ha un carattere che ha bisogno sempre di conferme. Prima della Milano-Torino chiedeva in maniera ossessiva se l’avrebbe fatta, perché stava così bene che voleva la conferma. Poi l’ha fatta e l’ha vinta. Perché accada non so dirlo. Ci sono corridori che hanno qualcosa in più, che sono sopra le righe, ma gli manca qualcosa. Alberto è un ragazzo d’oro, molto intelligente, però a volte ha queste mancanze.

Ha ancora la giusta cattiveria?

No, sentite, a livello di cattiveria è ancora orgoglioso. Vi dico la verità, magari soffre e non lo dice, però è ancora orgoglioso. Gli piace farsi vedere e questa è la cosa che ci fa andare avanti. La cattiveria c’è ancora e secondo me è ancora tanta e ben più di quella che lascia trasparire. Diciamo che non gli scatta in tutte le corse, è uno che si carica nei grandi appuntamenti. Si carica veramente tanto e questa è una dote. Ci sono certe gare in cui dobbiamo portarlo fin lì e siamo a posto. Perché sappiamo che anche se è al 70 per cento, con la motivazione arriva al 90. Questo ce l’ha dimostrato più di una volta. A livello di cattiveria sono contento.

Lo abbiamo sentito dire che in nazionale si trova benissimo perché tutti lo coccolano come alla Liquigas, che si sente in famiglia. Però corre nella squadra con meno italiani che ci sia…

Avete visto bene. La EF Education è la meno italiana del gruppo, una squadra con delle idee un po’ particolari. Mi ricordo quando era in BMC con Fabio Baldato, di cui sono molto amico, che a volte sbottava e diceva che non lo sopportava più. Allora vi dico, forse è la meno italiana, ma anche la più giusta. Con lui ci vuole sempre una coccola, il modo giusto anche negli allenamenti. Condividiamo tanto gli allenamenti, tutte le tabelle. Tante volte per stimolarlo mi invento anche qualcosa: facciamo così, dai, che domani sarà meglio. E così magari capita che possa stare per ore in bicicletta e non se ne accorga nemmeno. Bisogna saperlo prendere, questa è la cosa fondamentale. Non voglio essere il più bravo né niente, però credo di conoscerlo nella maniera giusta. Non solo da direttore sportivo, ma da amico, da confidente, da psicologo e lui in qualche modo mi riconosce per la figura che sono.

La EF Education è la squadra meno italiana del WorldTour, ma secondo Balducci perfetta per Bettiol
La EF Education è la squadra meno italiana del WorldTour, ma secondo Balducci perfetta per Bettiol
Non sarai troppo buono?

Ho cercato anche di essere più cattivo, ci siamo arrabbiati tante volte. Non so quante volte ho chiuso il discorso dicendogli di fare come gli pareva, però non è passato un giorno che non mi abbia ricercato. Quello che sto vivendo è una cosa bellissima, perché preparare insieme un Fiandre o una Sanremo per me è un sogno. Non tanto tempo fa venne fuori la possibilità di entrare in squadra con lui, ma vi dico la verità: io ho sempre guardato la mia squadra, le mie cose. Alberto ci sta vicino, abbiamo le bici Cannondale grazie a lui, ma non voglio che anche questo diventi una pressione. E non mi è mai passato per la testa di fare carriera sfruttando l’amicizia.

Tempo fa si diceva che tra i motivi per cui dovevi controllarlo ci fosse la poca attenzione sull’alimentazione.

Invece finalmente su questo è migliorato molto. Ci è arrivato da solo, a forza di sbagliare e risbagliare, lo vedo quando viene a casa nostra. Sa come deve fare e infatti ha vissuto un buon inizio di stagione. Una volta magari a tavola era necessario dirgli di fermarsi, ma ha capito che oggi il corridore lo fai anche mangiando nel modo giusto. Purtroppo non ci sono tante scappatoie. Se non fai quella vita lì, non porti a casa niente. Il ciclismo è cambiato tantissimo e per me è molto più bello. Magari può non piacere perché è tutto computerizzato, anche a me i numeri non vanno giù del tutto, però si sbaglia poco. La differenza con Alberto è che ti diverti ancora. Partiamo la mattina alle dieci con lo scooter e magari torniamo la sera alle cinque. Ci inventiamo delle cose che poi la sera raccontiamo quando si condividono gli allenamenti e ci piace stupirli. Con Alberto ci divertiamo davvero tanto.

Va detto che negli ultimi anni ha avuto problemi fisici veri, giusto?

Questa cosa ci tengo a dirla. Tante volte il fisico non ha retto al suo motore, che è veramente notevole. Sinceramente ne ho visti pochi con la sua forza, però magari la carrozzeria non è la carrozzeria di Johan Museew. E’ un po’ più delicato, tante volte non è continuo, non ha salute. Se penso che abbiamo tribolato con l’intestino, a fare delle flebo da 4.000 euro l’una, per una cura sperimentale. Abbiamo tribolato davvero, lui perdeva sangue mentre per gli altri corridori il sangue è oro. Poi è normale che ci abbia messo anche del suo, magari trascurando una cosa o mangiandone un’altra. Però i problemi fisici non li possiamo nascondere, semmai questi crampi…

I crampi hanno fermato Bettiol anche in alcune occasioni importanti: qui alle Olimpiadi di Tokyo
I crampi hanno fermato Bettiol anche in alcune occasioni importanti: qui alle Olimpiadi di Tokyo
Ecco, una nota dolente.

Anche l’alimentazione è cambiata, ora si va per microgrammi, si fa il conto dei carboidrati, ma non è detto che tutte le volte si facciano le cose per bene. Prendiamo un tot di carboidrati per ora, però magari mancano i liquidi o i sali minerali. Tante volte si sbaglia. Deve ragionare di più, l’altro giorno mi sono arrabbiato quando ha fatto quello scatto al Fiandre con Teuns, perché poteva anche gestirlo meglio. Però l’istinto del corridore era quello ed è arrivato al traguardo senza più energie addosso. E’ arrivato al lumicino, come la lucina Garmin rossa che si mette dietro la sella…

Perché a volte ha quasi degli scatti di ira? Perché al Tour Down Under l’anno scorso tirò la borraccia all’operatore che lo riprendeva mentre aveva un crampo?

Torno indietro alla cattiveria e al suo orgoglio. Ci lavoriamo tanto, ma a volte non ce la facciamo. I miei complimenti dopo la Milano-Torino sono stati per il fatto che non abbia fatto una scenata. Pensavo che si sarebbe buttato per terra, invece è stato perfetto. Così la prima cosa che gli ho detto è stata: «Grazie che non hai fatto niente dopo l’arrivo». La cattiveria delle volte viene fuori e bisogna saperla gestire.

A sentirti parlare, la tua sembra quasi una missione…

Sì, sarò sempre dalla sua parte, lo sapete bene. Io so quanto vale e quindi è logico che stia con lui, poi è normale che vedo gli errori e glieli farò sempre presenti. Non mi tiro indietro, non mi tirerò indietro nel fargli presenti quelli che fa anche nella vita di tutti i giorni. Però Alberto è ancora quell’Alberto che piace a noi, che magari si ricorda episodi vissuti insieme che io magari ho dimenticato. Voglio bene a tutti i miei corridori, però ricreare un altro legame simile non è facile. Questo è bello, è una bella storia e me la tengo stretta.

Bettiol ha finito il Fiandre davvero al lumicino: l’attacco con Teuns è costato caro
Bettiol ha finito il Fiandre davvero al lumicino: l’attacco con Teuns è costato caro
Che cosa ti aspetti dalla Roubaix?

Innanzitutto, sono sincero, spero che abbia recuperato il Fiandre. Per il resto, è la prima Roubaix, ma lui sa spingere la bicicletta. Se non è una Roubaix bagnata, di quelle che fanno male, lui è nato per spingere. Quindi un po’ mi fa paura, perché non ha esperienza. Ne abbiamo parlato, della Foresta di Arenberg, del Carrefour de l’Arbre. Giovedì ha fatto una ricognizione di quattro ore e poi abbiamo parlato ancora, perciò c’è solo da sperare che abbia recuperato e lo vedremo subito. Io non vedrò la Roubaix, ma tanto mi telefonano e me lo dicono. Se sta coperto e guarda in basso, vuol dire che ha ancora addosso il Fiandre. Ma se vediamo un Alberto che fa dentro e fuori con la testolina nelle prime 20 posizioni, potete stare tranquilli che qualcosa di bello lo farà di certo.

Muc-Off in Italia: adesso la distribuzione di Beltrami è esclusiva

28.11.2023
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La britannica Muc-Off, un brand di assoluto riferimento per quanto riguarda l’ideazione e la produzione di specifici prodotti per la manutenzione e la cura della bicicletta, ha recentemente annunciato la definizione dell’esclusività della propria collaborazione di distribuzione in Italia con Beltrami TSA. Tale accordo sancisce così l’inizio di un nuovo ed entusiasmante capitolo per il marchio inglese nel nostro paese: una collaborazione ed una partnership importante con un partner commerciale di lunga data…

Beltrami TSA, già ben attivo con il team di Muc-Off, continuerà così a sostenere i rivenditori specializzati attraverso una ampia gamma di soluzioni, sia per la vendita che per l’operatività in officina. L’obiettivo sarà sempre più quello di rendere disponibili prodotti di alta qualità e supportare le attività dei rivenditori per garantire loro sempre un servizio impeccabile. I clienti di Beltrami TSA beneficeranno dei display già pianificati e implementati con successo negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in altre parti d’Europa. 

Muc-off lavora anche con team WorldTour, come la EF Education-EasyPost
Muc-off lavora anche con team WorldTour, come la EF Education-EasyPost

Le partnership con i pro’

Muc-Off, da sempre ai vertici per quanto attiene l’offerta di prodotti ecologici per la cura e la pulizia delle biciclette, si distingue – fin dal lontano 1994 – per il proprio impegno ambientale, avendo raggiunto poco tempo fa un traguardo ecologico davvero rilevante: oltre 200 tonnellate di plastica risparmiate grazie ad iniziative di ricarica e al lancio del rivoluzionario Punk Powder, il primo detergente per biciclette privo di plastica.

La vasta gamma di prodotti offerti è ampiamente apprezzata da ciclisti di qualsiasi ambito e specialità. Senza poi dimenticare che Muc-Off è anche partner tecnico di importanti squadre professionistiche, come la INEOS Grenadiers, la EF Education Easypost e la Commencal Muc-Off, confermando così la qualità dei propri prodotti. Tra gli ultimi aggiunti alla vasta gamma di referenze Muc-Off, segnaliamo il Silky Suspension Serum, progettato per ridurre l’attrito sulle sospensioni migliorando così sensibilmente le prestazioni.

Rob Hardie, International Sales Manager Bicycle di Muc-Off
Rob Hardie, International Sales Manager Bicycle di Muc-Off

Un servizio “di prima classe”

«Dopo anni di presenza sul mercato italiano – ha dichiarato Tim Bayley, il responsabile vendite per Europa e Asia Pacifico di Muc-Off – siamo estremamente entusiasti di poter collaborare in via esclusiva con Beltrami TSA. La loro dedizione, la loro collaborazione e la loro professionalità ci danno fiducia nel poter offrire a tutti i rivenditori interessati e coinvolti le migliori soluzioni di vendita al dettaglio, a fornire formazione sia per i rivenditori stessi che per i consumatori, e attivazioni di marketing di portata globale, contribuendo così a far crescere il mercato italiano».

Beltrami ha stabilito un contratto per la vendita esclusiva dei prodotti Muc-off in Italia
Beltrami ha stabilito un contratto per la vendita esclusiva dei prodotti Muc-off in Italia

L’accordo di distribuzione esclusiva tra Muc-Off e Beltrami TSA è già attivo, offrendo dunque immediati vantaggi e un servizio “di prima classe” a tutti gli appassionati di ciclismo in Italia.

Beltrami TSA

Riflessioni con Cimolai, mentre Van den Berg beffa tutti

02.08.2023
7 min
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BIELSKO-BIALA – Prima del via di questa temuta frazione incontriamo Davide Cimolai. Di certo, vista l’altimetria non è tappa per il corridore della Cofidis. In più non c’è neanche un leader per cui lavorare. Di solito quando è così, è il momento migliore per fare delle riflessioni con i corridori.

Il pallino della corsa oggi tocca ad altri, non ad un velocista come “Cimo”. Tocca a Kwiatkowski, agli UAE Emirates, Majka e Almeida, e tocca a Mohoric.

«Matej, sembra proprio che questi ragazzi – Formolo e Majka sono lì vicino – ti vogliono attaccare», scherziamo noi. E lui: «Dici davvero? Incredibile questa cosa! Mi troveranno pronto», ride e se ne va verso la partenza.

Non sa però che a beffare lui e tutto il gruppo in questa quinta frazione del Tour de Pologne sarà Marijn Van den Berg.

Bravo Van den Berg

Il corridore della EF Education-Easy Post già ieri ci è andato vicino. Evidentemente gli arrivi che tirano sono i suoi. Oggi ha vinto, ieri è arrivato secondo alle spalle di Kooij e ad inizio stagione si era preso il Trofeo Ses Salines ad Alcudia, il cui finale ugualmente tirava un po’. 

Marijn è uno dei “prodotti” di quel favoloso vivaio che è la Continental Groupama-Fdj. Sembra che Marc Madiot si sia impuntato proprio dopo averlo perso: i ragazzi che crescono nella sua società lì devono restare. Almeno i migliori. Motivo per cui proprio negli ultimi due anni ne ha fatti passare 13 in prima squadra.

Mentre Van den Berg alza le braccia Davide Cimolai rientra nel circuito finale per completare la tappa. I velocisti, troppo staccati, sono stati fermati e poi hanno ripreso la loro marcia. L’anello di Bielsko-Biala, circa 7 chilometri, è troppo corto per contenere la corsa dalla testa alla fine. E così ci tornano alla mente le battute fatte con “Cimo” al mattino.

Davide Cimolai (classe 1989) è tornato in gara dopo quasi tre mesi di stop
Davide Cimolai (classe 1989) è tornato in gara dopo quasi tre mesi di stop
Cimo, in questa stagione non ti abbiamo visto moltissimo. Come è andata?

Fondamentalmente mi sono voluto specializzare nel ruolo di ultimo uomo. Fino all’inizio del Giro d’Italia è andato tutto bene. Ho fatto vincere Brian Coquard in diverse corse. E’ il Giro che purtroppo mi è andato male.

Cosa non ha funzionato nella corsa rosa?

Prima la caduta con Remco, poi ho preso il Covid in maniera molto pesante. Da lì si sono dilatati tantissimo i tempi. Sono tornato a correre qui in Polonia dopo quasi tre mesi.

Ecco perché non ti abbiamo visto molto…

Eh già, il mio Giro è durato otto giorni. Però adesso va meglio. Sono qui al Polonia. Giusto da ieri sono ritornato ad avere buone sensazioni. Ho lavorato bene per Walscheid e con la testa sono già alla Vuelta! Voglio finire bene la stagione.

Cosa significa “buone sensazioni”? Voi corridori usate spesso queste parole, ma nel concreto cosa succede?

E’ difficile da spiegare. Un corridore, soprattutto superati i 30 anni, quando non corre per due o tre mesi come nel mio caso, si può allenare bene finché vuole, ma ha bisogno di ritrovare il ritmo gara. E questo mi mancava. Poi una volta in corsa c’è fatica e fatica. C’è quella buona, quella che costruisce, che giorno dopo giorno, anche se sei stanco, ti fa migliorare. Ed è il mio caso.

Altrimenti c’è la fatica che ti affossa…

Esatto, quella che non ti fa recuperare mai. Questo Polonia per me è importante per tanti motivi. In primis non vorrei cadere e poi giorno dopo giorno, voglio ritrovare quel fuorigiri che mi manca. Tornando alle sensazioni: vedi che stai bene perché il cuore è fresco. E’ “alto” (i battiti cardiaci raggiungono picchi elevati, ndr) ed elastico. Poi le buone sensazioni le completi nel recupero: io sono fresco. Ogni giorno sto meglio.

Cimolai, nel finale pedala sereno nel gruppetto. Eccolo ad una tornata dal termine
Cimolai, nel finale pedala sereno nel gruppetto. Eccolo ad una tornata dal termine
Il mondiale sarebbe stato un obiettivo? Poi tu con quel percorso hai un certo feeling…

Decisamente. Quel percorso mi porta bei ricordi. Un mondiale è differente da un campionato europeo, ma quel che ho fatto qualche anno fa è ancora vivo in me. Ci speravo ad inizio anno…. ma poi chiaramente bisogna essere onesti, non era proprio fattibile. Ora voglio ritrovare il miglior colpo di pedale. Poi giocherò le mie carte alla Vuelta. E poi ancora, perché no, potrei sognare la maglia azzurra per i campionati europei.

Cosa significa “giocare le mie carte alle Vuelta”? Intendi sempre come ultimo uomo o altro?

Dipende da come andranno le cose. Lo dico apertamente: io sono in scadenza di contratto, ma conto di restare in questa squadra. A 34 anni ho deciso di specializzarmi in questo ruolo, ma la Vuelta può essere una buona occasione anche per ottenere dei risultati personali.

In questo ruolo tirerai per Consonni?

In questi due anni ho lavorato sia per Coquard che per Consonni. La situazione in squadra è che Coquard di sicuro resterà qui, Simone non si sa. Quindi se resto lo faccio per Coquard, col quale mi sono trovato bene.

Fare l’ultimo uomo è sempre più difficile. Il livello si alza sempre di più anche in questo caso. Al Tour per esempio lo ha fatto Van der Poel. Come ci si specializza? Tu sei stato anche un velocista, ma hai chiesto qualche consiglio a qualche esperto?

Ho la mia esperienza: come avete detto ho fatto delle volate io stesso. E molte già ne ho tirate. Poi avendo lavorato tanto con Guarnieri, ho potuto imparare molto da lui. Non è facile, perché è vero che non hai la responsabilità della vittoria però questa molto dipende da te. La cosa difficile dell’ultimo uomo è il tempismo. E’ facile partire troppo presto perché ci si fa prendere dal panico. In quei momenti concitati la cosa più difficile è mantenere la calma e riuscire a partire nel momento giusto.

Verso la crono 

Ormai il grosso della folla ha lasciato la zona d’arrivo. Il sole finalmente ha portato un po’ di gradito tepore. Fa strano vedere come noi mediterranei siamo a nostro agio, mentre i polacchi hanno qualche gocciolina sulla fronte e vestano in canottiera. Vi possiamo assicurare che non si superano i 25-26 gradi.

Domani si deciderà la corsa. E’ in programma la cronometro individuale Katowice-Katowice di 16,6 chilometri. Tutti danno come favoriti Almeida in primis e Kwiatkowski a seguire.

Oggi il polacco è arrivato quarto e quindi a secco di abbuoni. “Kwiato” aveva preso in mano le redini della corsa. Aveva messo la sua Ineos-Grendiers a tirare. Ma nel finale, gli è mancato quello spunto. Quel pizzico di brillantezza… magari le fatiche del Tour iniziano a farsi sentire.

Domani dovrà recuperare 18” a Mohoric, oggi secondo, e 6” ad Almeida, oggi terzo. Non sarà facile, ma come ha detto lui stesso la motivazione per questa corsa è enorme.

E Cimolai? Beh, lui se la potrà prendere con un po’ più di tranquillità e fare l’ultimo uomo al meglio delle sue possibilità dopodomani a Cracovia.

Andorra e ritorno, con Bettiol fra Grande Boucle e futuro

20.06.2023
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Lunedì (ieri), giorno di viaggio. Alberto Bettiol è in auto di ritorno da Andorra, dove ha partecipato assieme a Carapaz all’ultimo ritiro della Ef Education-Easypost prima del Tour. La strada come sottofondo per raccontare come sia passato il tempo fra il Giro d’Italia e la prossima sfida francese. Dal suo ragionare toscano e schietto tira fuori a volte osservazioni di una lucidità impressionante e in altre sembra perdersi lui per primo.

Al Giro ci sei arrivato dopo 40 giorni senza corse e ne sei uscito forte.

Sono andato con l’idea di far fatica, perché purtroppo non mi sono preparato nel migliore dei modi. Invece nella seconda e nella terza settimana mi sono ritagliato i miei spazi. Purtroppo ho saltato la prima parte di stagione e dovevo correre per arrivare al Tour nel migliore dei modi, però volevo cogliere anche l’opportunità del Giro d’Italia per fare bene. Non mi aspettavo di arrivare così vicino a vincere. E a quel punto, quando ci arrivi così vicino e non vinci, poi ti girano le scatole.

Bettiol è arrivato al Giro dopo 40 giorni senza correre, ma nella seconda e terza settimana ha trovato la gamba
Bettiol è arrivato al Giro dopo 40 giorni senza correre, ma nella seconda e terza settimana ha trovato la gamba
Cosa hai fatto nelle settimane successive?

Dopo il Giro sono tornato a casa due giorni, a Lugano, perché Greta doveva lavorare, poi il giovedì siamo andati a Livigno, a Trepalle. E’ stato un mix fra recupero mentale e fisico e allenamento. Poi però mi ha chiamato la squadra. Charlie (Wegelius, diesse del team americano, ndr) mi ha chiesto venire a questo ritiro, che non era in previsione per me, avendo fatto il Giro e dovendo poi andare al Tour. L’obiettivo era di stare tranquillo a Livigno, ma era giusto partecipare. Siamo andati tutti noi del gruppo Tour assieme a Carapaz. Ho preso la macchina e sono partito.

Livigno-Andorra, quasi 1.300 chilometri alla guida…

C’ero già stato l’anno scorso e per il tipo di viaggio, mi veniva meglio guidare. Sono circa 8 ore e l’ho voluto fare, perché comunque Richard, che sarà il nostro capitano, è un bravo ragazzo e un campione. Andiamo al Tour con delle buone prospettive, quindi era giusto dare anche il mio supporto, per quanto piccolo, un segnale. Ci siamo allenati molto bene in questa settimana e mezzo…

Si parla tanto dei 30 giorni fra Giro e Tour, se correre oppure no…

Fra una settimana esatta partiamo per la Francia, questo tempo mi è volato. Il fatto di correre o meno è una scelta abbastanza personale. Mettetevi nei miei panni, dopo il Giro praticamente ho ricominciato un altro Giro. Questo ciclismo va fatto così, altrimenti è meglio non farlo.

In questo ciclismo veloce, spiega Bettiol, è difficile venire fuori bene come Nibali dopo i 30 anni
In questo ciclismo veloce, spiega Bettiol, è difficile venire fuori bene come Nibali dopo i 30 anni
Così, come?

Ti devi completamente annullare e c’è poco tempo per fare altro. Devi dedicarti completamente a questa disciplina. Devi costruirti intorno un ambiente che te lo permette e che ti lasci stare tranquillo. Prima era diverso, il gruppo era come una famiglia. C’era più dialogo, più rispetto, si prendevano le decisioni insieme. Invece ora ci sono mille cose cui pensare, c’è anche più stress.

Perché?

Perché semplicemente ci sono più corridori di quando correva, per esempio Andrea Tafi (padre della sua compagna Greta, ndr), ma anche di quando correva la generazione successiva alla sua, quindi quella di Bartoli e Bettini. Ci sono più corridori, però sempre lo stesso numero di squadre. Ci sono sempre più giovani e giovanissimi che bussano alla porta. E una squadra ci pensa due volte prima di far rinnovare per esempio il contratto a un trentunenne. Io sono a posto fino al 2024, il tema mi riguarderà dal prossimo anno. Nibali ha dichiarato di aver avuto gli anni migliori dopo i trenta, adesso non è più così.

Come ci si difende?

Ho due gambe e due braccia e come tutti, sono umano e mi rendo conto che ho bisogno di stare un po’ a casa tranquillo per ricaricarmi e dare poi il meglio di me al Tour de France. Sono già due o tre anni che non faccio il campionato italiano, senza il ritiro di Andorra sarei andato. Sono il primo a esserne dispiaciuto, anche perché quest’anno sarebbe adatto a me e io sto andando discretamente, però ho preferito così.

Bettiol è professionista dal 2014. Eccolo con Marangoni ai tricolori di quell’anno vinti da Nibali su Formolo
Bettiol è pro’ dal 2014. Eccolo con Marangoni ai tricolori vinti da Nibali su Formolo
A ottobre compirai trent’anni, pensi davvero che cambierà qualcosa?

Come si diceva prima, a trent’anni si è abbastanza… vecchiotti. Mi sento che sono meno gli anni che ho davanti rispetto a quelli che ho passato e questa è una cosa nuova e innegabile, non credo di poter correre per altri 10 anni. Quindi ci si rammarica ancora di più quando si perdono delle occasioni. Ho il senso del tempo che sta per finire e ogni lasciata è persa, mentre prima non ci pensavo, non lo mettevo in conto. Insomma, pensavo di essere eterno. Pensavo che questo ciclismo fosse tutta la mia vita, invece si cresce, si diventa grandi, si ragiona. E adesso mi arrabbio con me stesso quando manco un’occasione. 

A proposito di occasioni, l’anno scorso hai lasciato il Tour con il secondo posto di Mende. Tutto il giorno in fuga tirando per altri, invece eri tu il più forte…

Quella è stata una combinazione di fattori. Non mi aspettavo di andare così forte nel finale. Avevo anche un problema al ginocchio che alla fine è anche passato. E’ andata così. L’anno scorso era un Tour improntato sulla caccia alle tappe, cercavamo di fare punti per il ranking WorldTour. Quest’anno sarà un po’ diverso, almeno in partenza. Andiamo in Francia con l’obiettivo di supportare al 1.000 per mille Richard Carapaz e il discorso delle tappe verrà dopo, qualora lui non ci desse garanzie in classifica.

Quindi tutti allineati e coperti?

La priorità è questa, l’hanno detto da subito. Magnus Cort Nielsen vorrebbe vincere una tappa al Tour e provare a fare tripletta alla Vuelta, ma hanno detto anche a lui che quest’anno si lavora per la classifica. Se però mi daranno carta bianca per un giorno, cercherò come sempre di farmi trovare pronto.

E’ il 16 luglio 2022, 14ª tappa del Tour: a Mende il secondo posto che sa di beffa alle spalle di Matthews
E’ il 16 luglio 2022, 14ª tappa del Tour: a Mende il secondo posto beffardo alle spalle di Matthews
C’è entusiasmo anche nel partire sapendo di dover tirare, con le possibilità individuali così ridotte?

Mi entusiasmo tanto quando c’è da fare il Tour de France, perché ho già visto iI podio di Parigi con Uran nel 2017. Mi emoziono quando un mio compagno vince, è come se avessi vinto io e questo forse è anche un mio limite. Sono molto altruista e a me questa cosa di lottare per la vittoria del Tour o comunque per un podio mi gasa tanto.

Si può dire, parlando di te, che il Tour diventa poi un bel lancio sul mondiale? 

Avevo degli obiettivi chiari quest’anno. Uno era la campagna del Nord, ma purtroppo è saltata perché mi sono ammalato pesantemente. A quel punto è venuto fuori il Giro, ma il Tour è rimasto perché è un obiettivo e anche l’avvicinamento migliore per il mondiale. Ne abbiamo sempre parlato con Daniele (Bennati, ndr), lui ovviamente è a conoscenza di questo ed è molto felice.

L’assolo di Healy, il graffio di Roglic e il Giro decolla

13.05.2023
5 min
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FOSSOMBRONE – Benvenuto Giro d’Italia? Che dite, sarà la volta buona? A Fossombrone la corsa rosa sembra essersi accesa definitivamente. Un corridore, Healy, che vince con una grande azione. La lotta tra gli uomini di classifica. La bagarre per andare in fuga… per di più con tanti atleti di spessore.

Andiamoli a sviscerare i temi di questa ottava tappa. Una frazione bellissima, ancora nel cuore di quella spina dorsale d’Italia che è l’Appennino. Per due ore e passa la fuga non prende quota. La media è altissima e sembra di rivivere le fasi iniziali della quarta frazione, quella di Lago Laceno.

Ben Healy (classe 2000) vince a Fossombrone e coglie il suo primo successo nel WorldTour
Ben Healy (classe 2000) vince a Fossombrone e coglie il suo primo successo nel WorldTour

Healy a mani basse

Fasi che a quanto pare sono state un mezzo incubo per Ben Healy. Il corridore della  EF Education-EasyPost è stato il dominatore di questa tappa e molto lo deve proprio a quanto accaduto quel giorno in Irpinia.

«E’ stata una buona esperienza col senno del poi – ha detto Healy – quel giorno ho speso e sprecato tantissimo. E non sono riuscito ad entrare in fuga. Oggi invece mi sono gestito diversamente. Io sono sempre nervoso quando non colgo l’attimo. E dopo che la fuga è partita, mi sono tranquillizzato e ho pensato a salvare la gamba».

Charly Wegelius, il suo diesse, alla Liegi ci disse che avevano un piano ben specifico per Healy al Giro. Ebbene era questo?

«In realtà – spiega Healy – il piano era prendere la maglia rosa nella prima settimana, ma appunto nella quarta tappa ho sbagliato tutto. Però avevo studiato il Garibaldi e questa era una delle frazioni che avevo cerchiato in rosso».

Le bellezze e il verde dell’Appennino tra Umbria e Marche. Curve tantissime, pianura pochissima
Le bellezze e il verde dell’Appennino tra Umbria e Marche. Curve tantissime, pianura pochissima

Come una classica

Healy quest’anno è stato uno degli atleti più performanti nelle corse di un giorno. Alla Liegi dopo la caduta di Pogacar era il più temuto da Evenepoel, tanto per dire. Ha vinto a Larciano e alla Coppi e Bartali.

Oggi il percorso poteva tranquillamente essere paragonato ad una Liegi. E come una classica Healy lo ha interpretato. Una volta in fuga non ha esagerato e al primo passaggio sullo strappo dei Cappuccini, a 50 chilometri dall’arrivo, ha nettamente cambiato passo. Ha innestato quella marcia in più che appartiene alla nuova generazione dei vincenti. La sua vittoria, almeno per noi che in un paio di occasioni lo abbiamo anche visto da bordo strada, non è mai sembrata in bilico.

«In effetti – dice l’irlandese – stavo bene. Però ho capito che avrei vinto solo quando durante l’ultimo passaggio sui Cappuccini avevo ancora più di due minuti. Perché sì, sono veloce, ma arrivare da solo è più bello e soprattutto perché sei sicuro di vincere!

«Grandi Giri? Non so ancora. Dovrei misurarmi con le lunghe salite e con i tanti giorni di gara. Io al massimo ne ho fatti dieci (al Giro U23, ndr). Per ora questo tipo di percorsi e gli strappi mi piacciono molto. Quindi preferisco puntare su questo tipo di gare».

Nella scalata dei Cappuccini, Evenepoel non era davanti come sempre. Piccoli segnali che non fosse al meglio
Nella scalata dei Cappuccini, Evenepoel non era davanti come sempre. Piccoli segnali che non fosse al meglio

Remco scricchiola

Ma se questa è stata la “foto” di giornata, l’altro piatto forte è stato il primo scontro tra gli uomini di classifica. Uno scontro acceso inaspettatamente da Primoz Roglic e dalla sua Jumbo-Visma, proprio lungo l’ultimo strappo di giornata. 

Il bottino dello sloveno, ma anche dei due Ineos-Grenadiers, Geogehgan Hart e Thomas, è di 14”. Tanti? Pochi? La questione, almeno per ora, non è questa, quanto piuttosto che lo scontro c’è stato e anche un esito. E ha vinto Roglic.

Sono secondi che fanno bene alla mente, che cementano certezze da una parte e ne destabilizzano da un’altra. Sì, Remco ha controllato, ma ho oggi ha perso. E lui non ama perdere.

«Conoscevo questa discesa già affrontata dalla Tirreno – ha detto Evenepoel alla tv belga – e Lutsenko ci era caduto, quindi non volevo rischiare. Li ho sempre avuti in vista sui rettilinei quindi nessun problema. Semplicemente non è stata la mia giornata migliore. Ho detto a Cattaneo che avevo mal di gambe e non volevo aggiungere acido lattico in vista della crono di domani».

Roglic in fiducia

«Più fiducia per domani? No, quella già c’era – dice un Roglic sorridente – oggi era dura, ma domani è più facile no? E’ tutta piatta, non c’è la salita dei Cappuccini!

«Ho visto che eravamo più uomini noi della Jumbo fino alla penultima salita e così ho detto: “Imponiamo un ritmo un po’ più duro nel finale”. L’ultimo chilometro della salita era davvero tosto, ma le gambe erano buone. Provarci mi è sembrata una buona idea. E poi fondamentalmente, se non ci provi non sai mai veramente come stanno le cose. Io ci ho provato… ed è andata bene. Quindi sì, siamo (usa il plurale, ndr) soddisfatti».

Ma quel che più ci ha colpito di Primoz è stata la sua disponibilità. Il suo buon umore. Ha detto qualche battuta tra l’arrivo e il bus. Ha parlato mentre era sui rulli a sciogliersi facendo anche delle battute scherzose. Chi passava gli dava pacche sulle spalle e lui a sua volta ne dava ad altri corridori. Davvero un Roglic nuovo.

«Domani? Beh, sto già facendo il riscaldamento per la crono…  Spero solo di non essermi surriscaldato!».

Piccolo, Ardenne alle spalle: «Ora aspetto il caldo»

02.05.2023
4 min
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LIEGI (Belgio) – Andrea Piccolo era sorridente quando alla vigilia della Liegi-Bastogne-Liegi è venuto a parlare con noi. Il giovane lombardo della EF Educational-Easy Post era pronto per la sua prima Doyenne. Sapeva che avrebbe dovuto lavorare per Ben Healy, considerato il terzo incomodo in quello che doveva essere il duello tra Evenepoel e Pogacar.

Piccolo ha vissuto una primavera altalenante tra qualche buon piazzamento e qualche acciacco di troppo. Alla fine ha chiuso la prima parte di stagione con 21 giorni di corsa, un bel po’ sotto la media che si attesta su 29-30 giorni. La tanto auspicata costanza per ora non c’è stata, ma è anche vero che il caldo deve arrivare e che la stagione è davvero lunga.

Andrea Piccolo (classe 2001) alla vigilia della Liegi
Andrea Piccolo (classe 2001) alla vigilia della Liegi
Andrea, come stai?

Sto abbastanza bene. Sono uscito dalla Freccia nella quale ho aiutato i miei compagni, ma sinceramente ho avuto buone sensazioni.

Com’è andata questa primavera? Che bilancio tracci?

Alla Parigi-Nizza ho avuto un virus intestinale che mi ha debilitato parecchio, non sono stato bene. La squadra ha preferito mandarmi a casa per farmi recuperare bene e riprendermi. Sono stato per cinque giorni senza bici e per questo motivo ho saltato purtroppo la corsa di casa alla quale tenevo tantissimo: la Sanremo. A quel punto abbiamo deciso di rivedere un po’ i piani.

Cosa avete deciso?

Di prenderci 15 giorni. Un paio di settimane tranquille, senza gare. Sono andato in altura, al Sestriere, per prepararmi pensando di fare bene in queste corse. L’idea era di ritrovare il colpo di pedale giusto. E’ stato un mese di preparazione per la squadra e con la squadra che mi ha seguito.

Questa è stata la tua prima campagna del Nord. Dai primi “assaggi” cosa ti sembra?

Sicuramente sono corse diverse. Essendo alla mia prima esperienza tutto è da scoprire. Ma mi piacciono perché sono gare in cui oltre alle gambe bisogna saper correre. E anche se sei in condizione, non è facile.

Andrea ha spesso aiutato i compagni. Ma all’Etoile de Besseges (a febbraio) aveva colto un buon 5° posto nella prima tappa
Andrea ha spesso aiutato i compagni. Ma all’Etoile de Besseges (a febbraio) aveva colto un buon 5° posto nella prima tappa
Adesso quali sono i tuoi programmi?

Finita questa trasferta nelle Ardenne correrò a Francoforte il primo maggio (proprio durante la Liegi Andrea ha preso la febbre. Altro stop e niente gara in Germania, ndr) a quel punto inizierò un mese dedicato totalmente alla preparazione. Mi preparerò con la squadra e andrò anche in altura.

Niente Giro d’Italia dunque…

No, niente Giro d’Italia. Ma questo era già stato escluso ad inizio anno. Abbiamo deciso di procedere per gradi. Voglio, vogliamo prepararci bene per la seconda parte di stagione.

Seconda parte di stagione: hai già previsto un picco principale di forma? Hai obiettivi specifici?

Diciamo che con la squadra abbiamo capito ciò di cui ho bisogno. A me serve del tempo per trovare la marcia giusta. Comunque io sono uno che col caldo esce fuori di più. Non sono un corridore da clima tanto freddo. E’ chiaro che il meteo non si può cambiare e si prende quello che c’è, ma se sei in forma si sente sicuramente meno. E il mio obiettivo è trovare una buona forma.

Col caldo Piccolo dà il meglio. Come dice Wegelius è un talento e va aspettato (foto Instagram)
Col caldo Piccolo dà il meglio. Come dice Wegelius è un talento e va aspettato (foto Instagram)

Piccolo e il caldo

Piccolo è un talento: lo ha detto Ellena che lo ha avuto lo scorso anno per qualche mese e lo ha ribadito Wegelius. Andrea deve trovare la sua continuità, ma questa fa parte del processo di crescita. Non dimentichiamo che è al primo anno di WorldTour e che viene da una stagione, il 2022, molto particolare.

Fanno bene Wegelius e la squadra a tutelarlo. E anche il fatto che Piccolo spinga molto sulla preparazione ci parla di un atleta moderno. A maggio se ne andrà sulle alture francesi di Font Romeu sui Pirenei francesi, per farsi trovare super pronto.

Niente Giro – anche se ci dispiace – però quando Piccolo parla di preparazione per la seconda parte di stagione, magari si può pensare che possa fare bene al campionato italiano o nelle classiche estive. E se tutto dovesse andare bene, magari potrebbe esordire alla Vuelta. Nel suo clan nessuno ha scartato questa ipotesi.

Healy, lanciato a tutta verso il futuro (e verso il Giro)

26.04.2023
5 min
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LIEGI – Ben Healy è un altro corridore che si aggiunge alla lista della nuova generazione dei ragazzini terribili. L’irlandese della EF Education-EasyPost esce da un’ottima primavera e non è finita qui. Ben infatti sarà presente al Giro d’Italia.

Dall’inizio dell’anno ha ottenuto undici piazzamenti nei primi dieci, comprese due brevi corse a tappe, e due vittorie: una tappa alla Coppi e Bartali e il Gp Industria e Commercio a Larciano.

Ben Healy (classe 2000) è al primo anno tra i pro’. Viene dalla scuola di Wiggins e dalla Trinity (stessa squadra di Pidcock)
Ben Healy (classe 2000) è al primo anno tra i pro’. Viene dalla scuola di Wiggins e dalla Trinity (stessa squadra di Pidcock)

In Irlanda…

Vogliamo conoscere meglio questo ragazzo, un “non inglese” più che un irlandese. Taciturno, stile molto brithis, Healy è nato in Inghilterra a Kingswinford, nei pressi di Birmingham nel cuore della Gran Bretagna. Aveva iniziato a pedalare sotto quella bandiera ed era un ottimo biker.

L’Inghilterra in quegli anni usciva dall’onda del boom ciclistico in seguito alla grande spinta per le Olimpiadi. Insieme a Tom Pidcock – forse il suo rivale di sempre, ma di un anno più grande – faceva parte della nazionale di mtb. Tuttavia venne scartato. Ben capì che in quella nazione c’era meno spazio per lui ed “emigrò” nell’isola di San Patrizio.

«E così – ha detto tempo fa Healy ad un media irlandese – ho iniziato anche a pedalare su strada e proprio in quel periodo ho scelto l’Irlanda».

Ma se questa è la sua storia più remota, per quanto lo possa essere quella di un ragazzo del 2000, di Helay ricordiamo l’affondo nel finale dell’ultima tappa del Giro d’Italia U23 2021, scappando via in pianura quando il gruppo filava ad oltre 50 all’ora. Ma anche la tappa alla Ronde de l’Isard, i titoli nazionali a crono e su strada e la tappa all’Avenir 2019 al primo anno tra gli U23.

Dopo il secondo posto all’Amstel Gold Race. Al via della Freccia e della Liegi è stato uno degli atleti più “attenzionati” persino da Pogacar.

Ben Healy vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore
Ben Healy vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore

Da giovane a pro’

«Mi stupisco che adesso tutti scoprano Healy, come se saltasse fuori dal nulla  – dice il suo direttore sportivo Charly Wegelius – ma bisogna guardare il suo palmares tra i dilettanti». E su questo punto ribattiamo subito a Charly, ricordando le sue prestazioni anche tra gli under 23. Ma certo l’exploit di questa primavera non può passare inosservata.


«Ben – va avanti Wegelius – si sta abituando alle nuove attenzioni. Attenzioni che fino ad ora non aveva avuto. E  questo cambia un po’ le cose per lui.

«Io, come atleta non ho mai vissuto in prima persona questa situazione, perché non ho mai fatto questo tipo di risultati, ma penso che faccia parte di una fase nella carriera di un atleta che spera diventare importante. Ma tra sperare e fare c’è di mezzo il mare!».

Ben il meticoloso

E le speranze erano vive anche alla Liegi. Quel giorno c’era l’atteso scontro fra Pogacar ed Evenepoel. E un corridore come Healy aveva la condizione e i numeri per mettersi in mezzo. E ha le caratteristiche fisiche (175 centimetri per 64 chili) per potersi scontrare, ogni tanto, anche con Van Aert e Van der Poel. Ma si sente pronto a questi scontri diretti?

«Per me – spiega Wegelius – Ben è pronto a questi scontri diretti e lo ha dimostrato all’Amstel, ma non ne fa un’ossessione. Quel giorno in alcuni momenti lo avevano staccato, ma lui è stato capace di rientrare su di loro. 

«Ben ha grandi aspettative su se stesso, vuole sempre fare del suo meglio. È molto, molto meticoloso nella preparazione, pensa molto alle corse e poi si vede anche dalla sua posizione in bici quanti curi tutti gli aspetti».

In effetti su materiali e posizione Healy è molto particolare. Noi stessi abbiamo visto una sella molto in avanti, un manubrio strettissimo (38 mm, nonostante spalle non proprio piccole) e leve fortemente piegate all’interno. Una posizione moderna, segno che è sul pezzo. E sulla crono non è da meno.

Sulla Redoute un po’ di fatica, poi è uscito alla distanza. Altro segnale non da poco per un ventiduenne
Sulla Redoute un po’ di fatica, poi è uscito alla distanza. Altro segnale non da poco per un ventiduenne

Ragazzo sincero

«Io mi aspettavo questa maturazione da parte sua – va avanti il diesse – ma lasciatemi anche dire che per me è un po’ scomodo sentire che salta fuori dal nulla. Questo è un ciclismo in cui i giovani emergono molto rapidamente, almeno quando hanno il talento.

«Che tipo di corridore è lo dobbiamo scoprire. Adesso Ben farà il suo primo grande Giro, appunto il Giro d’Italia e li vedremo come reagirà alla lunga. Strada facendo, vedremo anche se proverà a tenere o a puntare sulle tappe. Come EF abbiamo vari progetti e lui senz’altro ne farà parte. Credo che di certo sarà un protagonista in qualche tappa.


«Io – conclude Wegelius – vedo in lui un ragazzo intelligente, che ha fiducia in se stesso e che parla normalmente. Se ha una domanda la fa senza problemi. Non se la tiene dentro dicendo chissà cosa pensano di me gli altri. Ed è così con noi tecnici e anche con i compagni».

Cepeda: dopo la Drone Hopper, il vero inizio con la EF

20.04.2023
5 min
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SAN VALENTINO BRENTONICO – Le strade del Tour of the Alps ce lo hanno fatto scoprire qualche anno fa e lui in questi giorni ci ha rinfrescato la memoria con le sue azioni in montagna. Jefferson Cepeda ieri sull’ascesa che portava al traguardo di San Valentino di Brentonico ha acceso la miccia raccogliendo un terzo posto che probabilmente meritava di più.

E’ contento tuttavia lo scalatore 24enne perché è come se avesse ricominciato quasi da zero. Cepeda è ripartito dalla EF Education-EasyPost lo scorso agosto quando la Drone Hopper, certa ormai del forte ridimensionamento, lo ha lasciato libero di andare altrove. Solo quattro gare negli ultimi mesi del 2022 giusto per ambientarsi nel team statunitense, ma la prima vera stagione si può considerare quella attuale.

Cepeda ha attaccato nel finale della terza tappa per stanare la Ineos. Ne ha approfittato Kamna
Cepeda ha attaccato nel finale della terza tappa per stanare la Ineos. Ne ha approfittato Kamna

All’attacco

Per parlare con il piccolo ecuadoriano (1,64 metri di altezza per 56 chilogrammi) abbiamo atteso il post tappa e che scendesse dal podio delle premiazioni. Al “TotA” Cepeda guida la graduatoria dei GPM e davanti a sé ha ancora il terreno, tra oggi e domani, per replicare o migliorare il piazzamento di ieri.

«E’ stata una corsa molto buona – spiega – perché nel finale avevamo buone gambe. Abbiamo provato qualcosa di importante attaccando a quattro chilometri dalla fine. Non siamo riusciti a conquistare la tappa, ma siamo contenti del risultato. Il mio lavoro è sempre in funzione di Hugh (Carthy, ndr) ma l’idea era di fare faticare la Ineos, facendoli uscire allo scoperto. Dovevo un po’ smuovere le acque. In parte ce l’abbiamo fatta. Nel finale di tappa la Bora-Hansgrohe ha seguito la mia iniziativa e ne ha approfittato con Kamna prima e con Vlasov poi, che mi ha saltato negli ultimi metri (i due si sono piazzati rispettivamente primo e secondo al traguardo, ndr)».

Scoperto da Savio

Cepeda è uno dei tanti ragazzi scoperti da Savio in Sud America: l’ingaggio nel 2020 nell’allora Androni Giocattoli diventata poi Drone Hopper e poi sprofondata per le note vicende. Jefferson si è trovato a passare da una formazione professional con ambizioni importanti ad una formazione WorldTour che il proprio dovere lo fa sempre ogni anno.

«La Drone Hopper – ricorda – era una squadra molto valida, dove ho appreso molto e dove c’era tantissimo talento grazie a Gianni Savio. Proprio lui mi ha dato la possibilità di correre prendendomi giovane da una piccola formazione ecuadoriana. Ho imparato a correre, soprattutto nei finali di gara o nei momenti più concitati. Ad esempio nel 2021 mi aveva portato qui al Tour of the Alps dove ho vinto la maglia bianca di miglior giovane, chiudendo al quarto posto assoluto. E’ merito di Gianni se conosco molto bene questa gara. Infatti adesso mi stanno tornando comodi i suoi insegnamenti.

«Adesso invece – continua – sono in una squadra grande dove mi trovo bene. Speravo che il WorldTour fosse un po’ meno difficile, ma mi sono adattato molto bene con la EF. I miei compagni sono stati grandiosi nell’aiutarmi nell’inserimento. Credo di aver fatto un passo in avanti, ma non mi sento più forte di prima. Sono contento del percorso di crescita che sto facendo. Non so cosa potrò fare perché mi sto riscoprendo nuovamente».

Cepeda, scoperto da Savio, è passato alla Androni nel 2020, dopo due stagioni nel Team Ecuador
Cepeda, scoperto da Savio, è passato alla Androni nel 2020, dopo due stagioni nel Team Ecuador

Per sé e per l’Ecuador

Cepeda è pronto a correre il suo quarto Giro d’Italia. Il Tour of the Alps è l’ultima frazione di avvicinamento, ma i suoi obiettivi sono votati sia alla causa di Carthy, capitano designato alla corsa rosa (ed attualmente secondo nella generale del “TotA”), sia a quella della sua patria.

«Adesso voglio fare molto bene al Giro – prosegue – l’intenzione è quella di puntare alle tappe. La classifica la cureremo con Hugh ed io sarò in suo supporto con tutto il resto della squadra. Gli obiettivi della seconda parte di stagione li vedremo dopo, a fine Giro. Stiamo correndo bene in generale, sempre davanti e questo è importante per tutto. Ora voglio difendere la maglia azzurra, sperando di portarla fino alla fine. L’obiettivo principale resta comunque la generale però vincere la classifica degli scalatori sarebbe ugualmente un buon punto a nostro favore».

Jefferson Cepeda, EF Education Easy Post, Tour of the Alps
Cepeda (mentre si disseta) alla EF ha trovato i suoi connazionali Carapaz e Caicedo
Cepeda (mentre si disseta) alla EF ha trovato i suoi connazionali Carapaz e Caicedo

«Siamo pochi corridori in Ecuador – conclude con un sorriso – ma tutti forti. Qui alla EF siamo in tre. Oltre a Carapaz che è il più famoso di noi, c’è anche Jonathan Caicedo, che vinse la tappa dell’Etna al Giro 2020. Naturalmente sono molto felice di rappresentare il mio Paese insieme a loro. Vogliamo essere presi da riferimento dai nostri giovani. Mi piacerebbe che in futuro ci fossero sempre più corridori ecuadoriani grazie a noi. Anzi spero che questo avvenga nel giro di pochi anni».

Grinta, sfacciataggine e gambe: ecco Ben Healy

30.03.2023
4 min
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Uno dei primi ricordi dal vivo di Ben Healy risale al Giro d’Italia under 23 del 2021. Eravamo nella fornace afosa di Castelfranco Veneto. Ultima fatica della corsa dominata da Ayuso. Dieci tappe e quella finale era un piattone che ripercorreva le mura della cittadina trevigiana.

Healy partì a diverse tornate dal termine. Sulla linea d’arrivo ci si chiedeva dove volesse andare “questo qui”. E lui in tutta risposta vinse la tappa, rispondendo coi fatti!

Ben Healy (classe 2000) vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore
Ben Healy (classe 2000) vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore

Primavera magica

Healy, irlandese, classe 2000 è professionista dallo scorso anno. Da U23 Correva con la Trinity, la stessa squadra di Pidcock, ora è con la EF Education-EasyPost. Dopo una prima stagione fra i grandi di adattamento, in questa primavera sta esplodendo.

Il corridore è da scoprire. Difficile stabilire se si tratti di uno scalatore. Di certo in salita va forte, ma se la cava anche sul passo. E’ campione nazionale a cronometro in carica e anche quel giorno a Castelfranco, tutta pianura, andò via di forza.  Anche se i suoi numeri (175 centimetri per 64 chili) fanno legittimamente pensare ad un grimpeur. Ma è il ciclismo moderno. Sono i corridori moderni: si va e si deve andare forte dappertutto.

E Healy forte ci è andato sia alla Coppi e Bartali che al Gp di Industria e Commercio di Larciano. Una settimana che ha cambiato non poco i suoi orizzonti. Terzo nella generale e vincitore di una tappa nella corsa dedicata ai due campioni, primo nella classica toscana.

L’irlandese viene dalla scuola di Wiggins e dal team Trinity. Anche per questo è molto bravo sia in mtb che contro il tempo
L’irlandese viene dalla scuola di Wiggins e dal team Trinity. Anche per questo è molto bravo sia in mtb che contro il tempo

Attaccante dentro

Se lo guardi, non sembra un corridore che “morde”, in realtà in bici è cattivissimo, determinato e non guarda in faccia nessuno (lo sa bene Pozzovivo).

«Questo è il modo in cui mi piace vincere – ha detto l’irlandese dopo il successo di Larciano –arrivando da solo. In questo modo sei sicuro che ce la farai», come a voler ritornare proprio al finale di Forlì contro Pozzovivo (Padun era suo compagno).

Anche in squadra cominciano a prendere coscienza del suo potenziale. Ken Vanmarcke, uno dei diesse della EF sapeva che Healy stesse bene: «Prima della gara di Larciano guardando TrainingPeaks, era chiaro che Healy stesse volando, che fosse ad un certo livello».

E poi ha aggiunto un dettaglio affatto secondario, che appunto dice della grinta di Ben: «Le gare italiane come Larciano non sempre vanno a chi ha le gambe più forti, ma a chi riesce ad adattarsi, a capire le situazioni e a proporsi». E Healy sulla scalata finale si è proposto bene: con gambe, con grinta e tempismo. Ma soprattutto senza paura.

Al momento del suo scatto, il traguardo distava una quindicina di chilometri e all’inizio i secondi di vantaggio erano pochi. Lui però ha insistito, non si è voltato e alla fine ha vinto con margine.

Dopo l’Amstel Gold Race dovrebbe tornare in altura prima del Giro (foto Instagram)
Dopo l’Amstel Gold Race dovrebbe tornare in altura prima del Giro (foto Instagram)

Verso il Giro

La EF Education-EasyPost ha previsto un calendario man mano sempre più impegnativo ed importante per il ragazzo. Dopo queste corse di “seconda fascia” in Italia, ne farà altre in Francia, ma poi l’asticella si alzerà. E non poco.

Ben prenderà parte all’Amstel Gold Race e poi al Giro d’Italia, il suo primo grande Giro. Tra le due gare dovrebbe tornare in altura a Sierra Nevada. Proprio lì ha costruito, o forse sarebbe meglio dire ha affinato la condizione per la Coppi e Bartali e il resto. Come un po’ tutti i ragazzi di oggi, Healy ha la capacità di entrare presto in condizione.

Visto il suo potenziale e sapendo che al Giro la EF Education-EasyPost non porterà Carapaz, chissà che Healy non possa essere un outsider, una sorpresa. Magari non salirà sul podio, ma se dovesse entrare nei dieci non saremmo così stupiti.