Gli pneumatici Vittoria svelano la loro impronta in carbonio

10.08.2024
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Il tema della sostenibilità è sempre più al centro delle linee guida delle principali aziende che operano nel mondo ciclo. Fra queste merita sicuramente di essere citata Vittoria. Stiamo parlando di una realtà di riferimento a livello internazionale nel settore degli pneumatici ad alte prestazioni per biciclette da corsa, gravel, mountain bike e urban.

L’azienda bergamasca ha di recente previsto uno “strumento” davvero importante che ha interessato l’intera gamma dei propri pneumatici. Da oggi il cliente avrà un aiuto in più nella scelta della copertura ideale per la propria bicicletta… con un occhio ancora più attento all’ambiente.

L’idea di ridure l’impatto ambientale deve essere un punto di partenza (foto Penni)
L’idea di ridure l’impatto ambientale deve essere un punto di partenza (foto Penni)

L’impronta del carbonio

Si chiama Carboon Footprint, o impronta del carbonio, ed è uno strumento completo basato sulla norma UNI EN ISO 14067:2018. Certificato esternamente nel giugno 2024 da Bureau Veritas (realtà leader a livello mondiale nei servizi di ispezione, verifica di conformità e certificazione, ndr) questo strumento fornisce dati dettagliati sulle emissioni di CO2 prodotte durante il ciclo di vita di ciascun pneumatico.

Sul sito web di Vittoria, nell’apposita sezione, è indicata la Carbon Footprint di ogni pneumatico. In questo modo il cliente ha uno dato in più “ecosostenibile” a sua disposizione nel momento in cui decide di acquistare uno pneumatico Vittoria.

Ciascuna gomma ha la sua Carbon Footprint: conoscerla aiuta a scegliere meglio
Ciascuna gomma ha la sua Carbon Footprint: conoscerla aiuta a scegliere meglio

Dall’inizio alla fine

Nel definire la Carbon Footprint per ciascun pneumatico Vittoria, sono state prese in considerazione tutte le fasi che interessano il prodotto: da inizio a fine vita. In particolare sono state individuate le seguenti quattro fasi: produzione e trasporto a monte, processo produttivo, distribuzione, fine vita.

1) Produzione e trasporto a monte. Questa fase considera l’approvvigionamento e il trasporto delle materie prime, con dati sulle emissioni derivati dalle medie del settore, disponibili da database ufficiali come Ecoinvent.

2) Processo produttivo. Riguarda i processi di produzione primari che si verificano negli stabilimenti di Vittoria Tyres Thailand. Ricordiamo a tal proposito che lo scorso 3 ottobre è stato inaugurato il Vittoria Cotton Tyres Thailand, il primo stabilimento al mondo di pneumatici in cotone ad emissioni zero.

3) Distribuzione. Questa fase include il flusso logistico dalla struttura di Vittoria Tyres Thailand ai magazzini regionali e successivamente ai mercati dei clienti finali in America, Asia ed Europa.

4) Fine vita. Questa fase finale valuta l’impatto dello smaltimento degli pneumatici, considerando le pratiche regionali nel recupero energetico e nel riciclaggio.

Secondo questa analisi gli pneumatici Vittoria rilasciano in media 6,5 kg di CO2eq durante il loro ciclo di vita. Questo dato numerico corrisponde a circa 68 km percorsi in auto che possono essere tranquillamente convertiti in altrettanti chilometri fatti in bicicletta.

La sede di Vittoria, ovviamente vista dal drone, con le piste del Vittoria Park attorno
La sede di Vittoria, ovviamente vista dal drone, con le piste del Vittoria Park attorno

Solo Vittoria

A causa della mancanza di metriche e fonti di dati comuni, dall’azienda ricordano l’importanza di utilizzare la Carbon Footprint di ciascun pneumatico solamente per confronti fra prodotti firmati Vittoria.

Tutto ciò non toglie nulla al costante impegno di Vittoria nei confronti della sostenibilità ambientale. L’azienda di Brembate continua infatti a innovare i propri prodotti, rendendoli sempre più performanti. Nello stesso tempo si impegna a mettere in atto tutte le pratiche utili a salvaguardare la salute del pianeta in cui tutti noi viviamo.

Vittoria

Maglie, vittorie ed ecologia: giù il cappello per Gino Mader

15.09.2021
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Il suo nome chiaramente già lo conoscevamo, ma a sorpresa era uscito già prima dell’inizio di questa stagione durante il ritiro della Vini Zabù. Voi direte: ma cosa c’entra la Vini Zabù con Gino Mader? Beh, a parlarci di questo ragazzo era stato un altro svizzero in forza alla squadra toscana, Joab Schneiter. Anche lui, viso pulito e grande educazione, era rimasto colpito dal tempo siglato sul Monte Serra. «Ho fatto 8” meglio del mio amico Gino Mader. E lui è nel WorldTour, alla Bahrain Victorious», aveva detto con grande orgoglio.

Giro d’Italia 2021, Gino Mader vince la settima tappa dopo una lunga fuga
Giro d’Italia 2021, Gino Mader vince la settima tappa dopo una lunga fuga

Dalla Svizzera… al mondo

In questi ultimi mesi Gino è andato man mano a migliorare. Fino ad arrivare ad alzare le braccia al cielo al Giro d’Italia, nella dura tappa di San Giacomo, arrivo in salita tra le alture ascolane. Non solo, era già andato forte alla Parigi-Nizza, dove aveva tenuto testa a Roglic. E alla Vuelta è stato protagonista assoluto.

«Mi sono appassionato al ciclismo grazie ai miei genitori, ad entrambi. E questo mi ha davvero aiutato già in giovane età. A dieci anni ho iniziato con delle gare locali e poi è diventato davvero un qualcosa di grande… sempre di più. Vivo in Svizzera, ed è lì che mi alleno la maggior parte dell’anno, almeno quando non sono con la squadra. Ho un sacco di belle strade che posso godermi».

Mader è di Flawil, paesino nel Nord della Svizzera nel cantone di San Gallo. Da una parte pianure più dolci che vanno verso la Germania, dall’altra le grandi salite delle Alpi. Con la sua nazionale è stato coinvolto anche nel settore della pista. Crono e parquet andavano di pari passo nella costruzione dell’atleta. Alto 1,81 per 61 chili è passato pro’ nel 2019 nelle fila dell’allora Dimension Data.

Alla Vuelta Mader ha lavorato anche per Jack Haig. L’australiano ha chiuso al 3° posto e Gino al 5°
Per Mader alla Vuelta quinto posto finale e maglia bianca di miglior giovane

Dedizione massima

E quel bambino magrolino e biondo che scorrazzava per il Nord della Svizzera ne ha fatta di strada, specie quest’anno. Adesso è davvero tra i grandissimi del gruppo. Insomma: protagonista al Giro, maglia bianca alla Vuelta (nella foto in apertura), punto fisso della nazionale svizzera… Davvero una grande crescita.

«Vero, ma non dirò che è stato solo quest’anno – dice lo svizzero – Credo che questa crescita sia iniziata già l’anno scorso alla Vuelta, dove sono arrivato spesso davanti e in una tappa (la penultima, ndr) ho fatto secondo. Se ho cambiato preparazione? Non l’ho fatto, almeno non del tutto. Ho cambiato squadra (era alla NTT, ndr) ho cambiato allenatore okay, ma soprattutto sono stato molto attento a quello che facevo e come. Inoltre non ho avuto grossi contrattempi in questa stagione. Mentre l’anno scorso ho avuto dei problemi al ginocchio per due mesi. E l’anno prima ancora mi ero rotto un polso. Quindi dico che sono solo cresciuto, sono più convinto… E posso fare ancora molto, molto di più».

«Io sapevo sin dalle corse under 23 che avevo nelle gambe certe qualità – riprende Mader – Ma dopo essere passato non ero più riuscito ad esprimermi allo stesso livello. I miei numeri di potenza sono sempre stati vicini alle corse under 23, ma in realtà non li avevo mai più eguagliati. È solo in questa stagione che ho trovato lo stesso livello. Quest’anno ho fatto gli stessi numeri della Vuelta dell’anno scorso, solo che stavolta sono stati abbastanza per vincere. Il che è fantastico!».

La nazionale svizzera è sempre stata la sua “seconda casa” visto che anche nelle categorie giovanili era spesso convocato
La nazionale svizzera è sempre stata la sua “seconda casa” visto che anche nelle categorie giovanili era spesso convocato

Lo zampino di Gasparotto

Un Mader così può pensare di fare classifica, di iniziare seriamente a puntare ai grandi Giri, ma lui, come un po’ ci aspettavamo a dire il vero, con il suo carattere umile vola basso. Il che non significa che non sia grintoso.

«Non cambio nulla per il mio futuro perché ho sempre voluto andare come sto andando adesso. Vado alle corse con un pugno di ferro. Potrei finire adesso la mia carriera e andrebbe bene lo stesso, specie dopo il quinto posto della Vuelta. E’ già incredibile come è andata quest’anno e vediamo cosa succederà in futuro». Insomma, Mader vive alla giornata.

Ma il merito della sua crescita è anche della gente, che tra squadra e nazionale, si è trovato al suo fianco e due di queste persone sono italiane: Damiano Caruso e Enrico Gasparotto.

«Caruso – dice Mader – mi ha aiutato molto in questa stagione. Ma penso che nella mia crescita professionale la mano più grande me l’abbia data Gasparotto. Gaspa mi è stato davvero vicino, sia la scorsa stagione in squadra che quest’anno in nazionale».

Un Mader di qualche anno fa in allenamento sulle strade (e tra i ghiacciai) della sua Svizzera (foto Instagram)
Un Mader di qualche anno fa in allenamento sulle strade (e tra i ghiacciai) della sua Svizzera (foto Instagram)

Amore (concreto) per l’ambiente

Rispetto a molti suoi colleghi, Mader è un po’ “uscito dal gruppo” per quel che riguarda gli interessi post ciclismo. Okay hobby, altri sport, per alcuni la moda e le auto… ma è raro imbattersi in chi intraprende iniziative particolari. Iniziative volte all’ambiente. Questo denota una certa personalità. Il suo “uscire dal gruppo” fa rima con ambiente.

La sua vena ecologica infatti è più che marcata. Gino infatti ha deciso che avrebbe donato un euro per ogni corridore che gli sarebbe finito alle spalle in ogni tappa delle Vuelta e altri 10 euro per ogni atleta messo dietro nella classifica generale. A decidere a chi sarebbe andato il denaro sono stati i suoi follower: l’organizzazione che avrebbe ricevuto più like sarebbe stata la prescelta.

«Era ora di fare qualcosa perché dipendiamo dall’ambiente e non possiamo farne a meno – spiega Mader – Noi veniamo alle corse, andiamo agli allenamenti, gareggiamo… ma non possiamo farlo se ci sono troppe inondazioni, incendi, se la natura si distrugge. Vivendo in Svizzera, abbiamo un sacco ghiacciai che stiamo perdendo. E quindi è super, super importante fare qualcosa o provare a fare qualcosa.

«Alla Vuelta è andata abbastanza bene. In totale abbiamo raccolto 15.000 euro tondi, tondi da dare ad una compagnia ambientalista dei Paesi Bassi». Per la precisione i soldi sono andati a Just Diggit, un’organizzazione con sede ad Amsterdam che lavora sul contenimento dell’aumento delle temperature ripristinando gli spazi verdi in Africa. Ha già ripristinato 60.000 ettari con alberi e piante.

Cannondale, imballo ecologico, 2020

Ambiente e semplificazione, Cannondale c’è…

30.10.2020
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Cannondale strizza l’occhio all’ambiente… ma non solo. Il brand “premium” del rilevante gruppo americano Dorel Industries (2,6 miliardi di dollari il fatturato per circa 8.900 persone impiegate in ben venticinque Paesi nel mondo) si allinea ad una nobile tendenza del mercato del ciclo. Da oggi infatti tutte le biciclette spedite ai negozianti dalla filiale europea saranno previste in imballaggi più robusti e riciclabili al 100%.

Ci racconta Simone Maltagliati

«Quella che abbiamo annunciato oggi – dichiara a bici.PRO il Marketing Manager Italia di Cycling Sports Group Europe – rappresenta una vera e propria rivoluzione. Non solo difatti Cannondale dimostra un’attenzione doverosa all’ambiente, ma al tempo stesso intende agevolare il lavoro dei propri negozianti fornendo loro biciclette imballate in maniera molto più efficace».

Cannondale, imballo ecologico, 2020
Cannondale, imballo ecologico, 2020
Cannondale, imballo ecologico, 2020
Cannondale, imballo ecologico, 2020

Sebbene la bicicletta sia il mezzo di trasporto più ecologico, essa rientra in un settore i cui imballaggi lasciano molto a desiderare in termini di sostenibilità: i prodotti escono difatti dalle fabbriche in scatole piene fino all’orlo di plastica, polistirolo, fascette, graffette e molti altri elementi usa e getta superflui. Inoltre, una volta aperte, l’assemblaggio è sempre risultato eccessivamente complicato, persino per i meccanici più abili. 

Materiali riciclabili al 100%

Nei propri stabilimenti olandesi di Oldenzaal, Cannondale ha dunque completamente eliminato dagli imballaggi l’uso di nastro e buste in plastica, polistirolo, PVC e fascette, prevedendo adesso la distribuzione delle stesse bici solo con scatole certificate FSC utilizzando esclusivamente inchiostro naturale, di origine vegetale, e nastro di carta in fibra rinforzata e biodegradabile.

Cannondale, imballo ecologico, 2020
Cannondale, imballo ecologico, 2020
Cannondale, imballo ecologico, 2020
Cannondale, imballo ecologico, 2020

Migliore protezione

Le biciclette Cannondale saranno poi protette al meglio durante il trasporto. Verrà utilizzato del nastro di riso per tutelare i telai da eventuali danni, mentre protezioni in cartone per i rotori dei freni a disco, manicotti per le ruote e inserti a cuneo multifunzionali fungeranno da protezione e manterranno il prodotto sempre in posizione corretta all’interno della scatola

… e assemblaggio al 95%

Tutte le bici prodotte in Olanda verranno consegnate al rivenditore, assemblate al 95% riducendo i tempi di montaggio almeno della metà una volta disimballato il prodotto. I freni e il cambio risulteranno già regolati e le guaine dei freni già montate. Inoltre, se una bicicletta è dotata di parafanghi e portapacchi, la ruota anteriore sarà già montata velocizzando ulteriormente i tempi di assemblaggio…

Come affermato da Eugene Fierkens – il General Manager di Cannondale Europe – quella proposta dal brand americano è una soluzione migliore per il pianeta, un vantaggio per i rivenditori e conseguentemente una vittoria per i clienti finali.   

Quale naturale conseguenza di questa efficace iniziativa sul territorio europeo, Cannondale applicherà presto questi importanti accorgimenti anche a livello globale. 

www.cannondale.com