La Borello tricolore ora aspetta una chiamata azzurra

21.01.2025
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Campionessa italiana: se a inizio stagione avessero pronosticato questo, a Carlotta Borello (in apertura, foto Lisa Paletti), sarebbe scoppiata a ridere, nonostante il suo incedere dominante durante l’ultimo Giro delle Regioni abbia accresciuto notevolmente le sue quotazioni. Al suo primo anno da Elite, la portacolori del Team Cingolani ha raggiunto in breve la cima del movimento italiano, cogliendo di sorpresa molti addetti ai lavori.

La Borello a Benidorm, dove domenica scorsa ha centrato un’ottima 15esima piazza
La Borello a Benidorm, dove domenica scorsa ha centrato un’ottima 15esima piazza

«Ero partita per guadagnarmi un posto sul podio tricolore – racconta la ventitreenne piemontese – ma vincere non lo ritenevo possibile, considerando che avversarie come Casasola e Baroni fanno attività all’estero, quindi erano quasi sconosciute per me in quanto a livello qualitativo».

Andiamo alle origini della Borello ciclocrossista…

Ho iniziato come gioco, un’occasione per divertirsi durante l’inverno senza abbandonare la bici. Mi dedicavo prevalentemente, da ragazzina, alla strada e il ciclocross era un ottimo sistema per tenermi in allenamento. Gareggiavo nelle prove giovanili dei trofei Lombardia e Piemonte, vedevo non solo che andavo bene, ma che era un’attività che mi prendeva sempre di più. Con Cicli Fiorin ho trovato la massima disponibilità verso la multidisciplina, è arrivato anche il secondo posto tricolore da junior 2° anno, le prime convocazioni in nazionale e da lì è stato sempre un crescendo.

La Borello ha militato fino allo scorso anno nella DP66, centrando il podio tricolore nel 2024
La Borello ha militato fino allo scorso anno nella DP66, centrando il podio tricolore nel 2024
Tu hai cambiato squadra quest’anno, fino allo scorso eri alla DP66, come ti trovavi?

Sono stata sempre molto bene, soprattutto il primo anno quando Daniele Pontoni era ancora al vertice del team, poi approdando in Federazione ha dovuto passare la mano. La qualità e soprattutto la professionalità non sono però mai venute meno. E’ un ottimo team per crescere, considerando che io vengo da una realtà geografica come il Piemonte dove non c’è una tradizione di grandi squadre, ma sentivo alla fine che avevo bisogno di cambiare qualcosa, soprattutto in corrispondenza del cambio di categoria.

A oggi ti senti più ciclocrossista o stradista?

Sicuramente più ciclocrossista, o meglio ho intenzione di fare di questa attività quella principale, il che significa che dall’estate si comincerà a pensare già alla nuova stagione. Su strada mi destreggio abbastanza bene soprattutto se i percorsi sono vallonati, selettivi, con qualche salita dove poter smuovere le acque. Visti comunque i risultati invernali, devo dare la precedenza a questi e infatti ne ho già parlato con il team.

Con la BTC City Ljubljana la Borello ha colto più soddisfazioni nel gravel, su cui vuole investire
Con la BTC City Ljubljana la Borello ha colto più soddisfazioni nel gravel, su cui vuole investire
Su strada con chi corri?

Nell’ultima stagione ho militato nella BTC City LJubljana, ma più che su strada ho ottenuto risultati migliori nel gravel, come il secondo posto al Giro Sardegna Gravel, prova delle World Series e anche ai campionati italiani. Quest’anno ho deciso di rimanere al Team Cingolani anche nella stagione primaverile ed estiva, farò un’attività differenziata con qualche uscita sia su strada che in mtb, ma punto più sul gravel. Dovremo comunque metterci al tavolino per studiare un calendario compatibile.

Ora arrivano i mondiali. Tu, anche nelle uscite internazionali che hai fatto te la sei cavata bene ma ancora non sei approdata in nazionale, pensi che la maglia tricolore sia sufficiente per guadagnarti la selezione?

La speranza c’è, inutile negarlo, ma le scelte spettano al cittì che nei miei confronti è sempre stato premuroso. Di una mia partecipazione si è anche parlato, ma finché non c’è nulla di ufficiale non mi voglio illudere. Nelle occasioni in cui ho potuto gareggiare fuori dai nostri confini credo comunque di essermela cavata bene e saprei onorare al meglio la maglia azzurra.

Per la piemontese già numerose presenze in nazionale, ma non quest’anno, a dispetto dei risultati
Per la piemontese già numerose presenze in nazionale, ma non quest’anno, a dispetto dei risultati
Tra l’altro hai portato a casa anche qualche buon risultato, come il 18° posto in Coppa del mondo a Namur e il 15° a Benidorm, pur partendo dalle retrovie…

Spero che questi siano buoni biglietti da visita. Il team ha voluto investire su di me facendomi fare le prove di Coppa del periodo delle Feste, per darmi la possibilità di salire nel ranking, di affrontare il livello più alto possibile perché è solo così che si cresce. Io credo di essermela cavata bene, partendo dalla quarta fila ho pensato soprattutto a un primo giro senza errori per poi iniziare la rimonta, evitando i fuorigiri che in quei contesti si pagano caro. Sono andata sempre migliorando, spero che significhi qualcosa…

La nuova DP66, meno atleti ma sempre tanta passione

20.12.2022
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E’ ormai passato più di un anno da quando Daniele Pontoni è assurto alla carica di commissario tecnico del ciclocross italiano, lasciando di fatto la sua creatura, il team DP66 (le iniziali già dicono tutto…) che dal nulla ha portato a essere uno dei riferimenti della specialità in Italia e non solo. L’ex iridato ha sempre mantenuto un occhio attento su quel che avveniva nel team (tuttavia è uscito anche dal consiglio direttivo, in cui si trova invece sua moglie Luisa, che cura la parte economica) senza però interferire sulla sua strada.

La guida del team è passata nelle mani di Achille Santin, che ammette come il primo anno sia stato davvero complicato: «Innanzitutto perché la nomina di Daniele e quindi il suo passaggio di mano sono avvenuti quando il team era già stato impostato, quindi mi sono trovato a “salire in corsa”. Non è stato semplice, perché si trattava e si tratta di un progetto ambizioso, che mette insieme tre team giovanili con il proposito di fornire ai ragazzi tutti gli strumenti per emergere. Alla fine ci siamo ritrovati a gestire 32 ragazzi, con un paio di tecnici che mi davano una mano e i genitori che si prestavano come volontari. C’era bisogno di un riassestamento».

A sinistra Santin, a destra Pontoni con i ragazzi del team (foto Billiani)
A sinistra Santin, a destra Pontoni con i ragazzi del team (foto Billiani)
Che cosa avete fatto allora?

Continuando sulla strada intrapresa da Daniele, abbiamo deciso di ripensare la struttura del team. Le squadre giovanili hanno continuato a svolgere la loro attività indipendentemente, ma mantenendo sempre un legame con la DP66 che dal canto suo si è focalizzata su juniores e under 23 promuovendo però tre ragazzi della categoria allievi, quelli che già avevano dimostrato qualità tali da poter essere proiettati verso le categorie Uci con profitto. Con i team giovanili abbiamo un rapporto di filiera, i più promettenti sanno che potranno continuare la loro attività nelle nostre file per proseguire quel percorso di maturazione sportiva, sempre se mostreranno la forte passione verso il ciclocross senza la quale non si va da nessuna parte.

Quanti ragazzi avete ora?

Lavoriamo con 6 under 23 equamente divisi fra uomini e donne; 2 junior maschili e una ragazza; poi i tre allievi, due femmine e un maschio, il giovane Gregorio Acquaviva che viene dalla Cicli Dotta, società piemontese con la quale siamo consociati. Si tratta di elementi che hanno in comune una grande passione e qualità indiscutibili, basti pensare ad Alice Papo tra le migliori under 23 oppure a Tommaso Cafueri, già nazionale lo scorso anno e riconfermatosi in azzurro sin dall’inizio della stagione. Nel complesso i ragazzi stanno crescendo, grazie anche al lavoro del responsabile tecnico Maurizio Tabotta che correva con Daniele e anche al doppio impegno di Manuel Casasola. Il fratello di Sara non solo corre, ma fa anche da “tutor” nei confronti dei più giovani.

C’è però una domanda che sorge spontanea e che nasce anche dai sussurri nei corridoi che sempre nascono in questi casi: non è che Pontoni ha un occhio di riguardo nelle convocazioni per i vostri ragazzi, viste le comuni origini non solo geografiche?

Al contrario. Una cosa che ho subito detto a tutti i ragazzi quando Daniele ha assunto il suo nuovo ruolo era che avrebbero dovuto davvero dannarsi l’anima per entrare in nazionale, perché a parità di rendimento Pontoni avrebbe sempre scelto l’atleta esterno rispetto al nostro proprio per fugare ogni sospetto. Ci sono i risultati che dicono quante volte in questi mesi convocazioni che potevano arrivare non lo hanno fatto. Non ci lamentiamo, è nell’ordine delle cose, ma i ragazzi devono avere ben presente il fatto che dovranno sempre fare qualcosina in più degli altri.

Questi cambiamenti quali risultati hanno sortito?

La gestione più agile ha sicuramente portato benefici effetti. Dall’inizio della stagione abbiamo raccolto 26 vittorie un po’ in tutte le categorie di nostra pertinenza. Domenica ad esempio a Fiume Veneto dove si correva anche per i titoli regionali abbiamo portato a casa la doppietta fra gli juniores con Cafueri e Viezzi, il terzo posto di Bergagna fra gli open con annessa la maglia di campione friulano u23 e il podio per la Borello e la Canciani fra le open.

Non c’è però solo l’aspetto agonistico…

Noi abbiamo accumulato una grande esperienza organizzativa nel corso degli anni, sin dalla nascita del nostro sodalizio nel 2010. Abbiamo organizzato due campionati italiani, nel 2016 a Monte Prat e nel 2022 a Variano e garantisco che quello passato è stato uno sforzo non indifferente, considerando i cambiamenti in essere e il fatto che già venivamo da un’altra importante manifestazione allestita nella stessa stagione, la tappa italiana di Coppa Europa. Eppure è andato tutto bene, abbiamo avuto molti riscontri positivi tanto è vero che il Team Terenzi, che allestirà l’edizione 2023 della rassegna tricolore il 14 e 15 gennaio a Ostia Antica ha chiesto la nostra collaborazione, che daremo molto volentieri.

Quanto costa gestire un team simile?

Siamo ancora nel mezzo della stagione ed è impossibile quantificare, ma basti pensare che ogni trasferta non costa meno di 1.000 euro se dobbiamo comprendere vitto e alloggio, trasferimenti e benzina. E’ chiaro che rispetto allo scorso anno quando eravamo molti di più le cifre potranno diminuire un pochino, ma si tratta sempre di uno sforzo economico importante. Per fortuna molta dell’attività non è troppo distante, ma bisogna stare attenti.

Toneatti è un corridore vero: per questo Pontoni lo martella

09.01.2022
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«Un po’ è merito tuo» diciamo a Daniele Pontoni, che si avvia al podio degli under 23. La maglia tricolore l’ha vinta Davide Toneatti, che corre nella squadra da lui fondata, la DP66-Giant-Selle Smp, e affidata ai collaboratori di una vita da quando è diventato tecnico della nazionale.

«E’ tutto loro», dice infatti il folletto friulano, che continua da ore a correre lungo il percorso, indicando lo staff del team.

Un tipo sorride sotto la mascherina. «E’ merito suo – dice – che non ha mai smesso di martellarlo. Ha continuato per anni a dirgli di non parlare tanto e che avrebbe potuto farlo solo dopo aver vinto almeno una maglia tricolore».

Sul podio degli U23, Toneatti ha preceduto Leone e Pavan
Sul podio degli U23, Toneatti ha preceduto Leone e Pavan

Dal ghiaccio al fango

La gara degli under 23 ha visto Leone darci dentro di brutto, ma forse nessuno dei ragazzi poteva immaginare che il terreno ancora ghiacciato 50 minuti prima del via, di colpo mollasse trasformandosi in un letto di fango. Così le scivolate si sono sovrapposte ai sorpassi e i cambiamenti di fronte sono stati all’ordine del giorno. Perciò di colpo Leone ha sbagliato e Toneatti, che a sua volta era rimasto indietro, lo ha passato e ha fatto di tutto per non farlo tornare più sotto. Terzo, subito alle loro spalle, Pavan si è tenuto stretto il podio. Davanti a Loconsolo e Masciarelli, reduce da un’influenza che negli ultimi dieci giorni l’ha un po’ spento.

Rapporti più corti

Suo padre Andrea prima del via guardava il percorso un po’ perplesso. E mentre metteva a punto le gomme della bici di Lorenzo (1,3 davanti, 1,4 dietro) diceva che in Belgio i percorsi sono molto più da spingere. E che per questo lassù suo figlio corre sempre con il 39-46 mentre qui ha voluto mettere anche il 36. Per le continue curve e i tanti rilanci.

Sull’argomento si era soffermato nelle scorse settimane anche Van der Poel, facendo notare come la tendenza di chi traccia i percorsi sia sempre meno nel segno della scorrevolezza, ma qui le indicazioni le ha date Pontoni, che ha così voluto ricreare le condizioni che gli azzurri potrebbero trovare ai mondiali di Fayetteville.

Masciarelli si è scaldato, sapendo di non avere la miglior condizione: chiuderà quinto
Masciarelli non aveva la miglior condizione: chiuderà 5°

Martello Pontoni

Raggiungiamo il tecnico azzurro ai piedi del palco, dopo la premiazione. Sotto la mascherina gli occhi scintillano. Il presidente Dagnoni ha appena finito di lodarlo per come sta interpretando il suo ruolo e la capacità di organizzare i tricolori, l’orgoglio è giustificato.

«Perché lo martello in continuazione? Perché vale tanto – dice – e lui a volte sembra non saperlo. Questo qui è un corridore vero, non un crossista e basta. Farà bene anche su strada. Ha tutti i mezzi per emergere, anche se a volte si perde in mille fisime. Gli ho detto sempre di stare sul concreto, glielo dico da 10 anni e per questo l’ho portato a tutte le Coppe del mondo. Faccio come il padre che riprende sempre suo figlio perché vuole che ottenga il meglio».

Per Toneatti le parole di stima e pungolo di Daniele Pontoni
Per Toneatti le parole di stima e pungolo di Daniele Pontoni

Fango galeotto

Toneatti risponde alle domande, con la maglia tricolore indosso, i pantaloni termici per non prendere freddo e la mano destra che stringe la medaglia, quasi appendendosi.

«Sono venuto a provare il percorso nelle settimane scorse – dice – conoscevo bene ogni passaggio, ma non avrei mai creduto che potesse cambiare così tanto. Un’ora prima era ghiacciato, invece abbiamo corso nel fango. Si vedeva che fosse Leone quello pericoloso, ma ho voluto e potuto fare la mia corsa».

Una gara decisiva

Si fa per ridere, ma intanto per capire come reagirà tiriamo fuori la provocazione di Pontoni. Adesso che hai vinto una maglia tricolore, forse potrai parlare! Lui guarda, capisce dove vogliamo andare a parare e poi risponde.

«Daniele ci scherza sempre – dice – perché con tutto quello che ha vinto, la fa un po’ pesare, ma sempre per scherzo. Tra di noi c’è un bel rapporto. Ci conosciamo da 4-5 anni. Sono nella sua squadra, ci sono ancora anche se lui adesso è cittì. Spero davvero che questo risultato mi permetta di fare un bello scatto. Questo risultato ci voleva, dopo che l’ultimo mese non è stato perfetto e non è andato come mi aspettavo».

Su strada con l’Astana

Restiamo sulle parole di Pontoni: che cosa significa essere un corridore a 360 gradi e non un semplice crossista? E cosa significa che a volte si perde nelle sue fisime?

«Da febbraio – dice – passerò all’Astana Development. Sono molto contento di questa nuova esperienza. D’estate ho sempre fatto mountain bike, loro però credono in me e spero di ripagarli. Le fisime? A me piace curare tutti i dettagli, ogni tanto qualcuno mi dice che sono troppo fissato però a me non pesa per niente…».

Lo chiamano per fare delle foto davanti alla bici orrendamente inzaccherata. Si fa fatica a distinguerne marca e colore. Si tratta di una Giant e in un giro e mezzo dall’ultimo cambio si è coperta di melma in ogni spigolo. Il percorso ha davvero mollato in modo inaspettato. Per le donne elite e gli uomini previsti a seguire, rischia di essere davvero una corsa a stare in piedi.

Papo 2021

Alice Papo, friulana tostissima. La manda Milan…

03.12.2021
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Si ha un bel dire che all’ultima prova del Giro d’Italia di ciclocross a Mattinata mancavano tutte le big, ma quando a vincere è una ragazzina appena passata U23, è un evento che fa comunque notizia, perché significa che quella ragazza ha talento da vendere e si era visto anche nelle tappe precedenti, o per meglio dire nelle edizioni precedenti, quando ancora junior Alice Papo si era già affacciata nei quartieri alti della classifica, almeno nei giri in comune visto che le distanze sono diverse…

Alice è uno dei tanti talenti emersi dalla DP66 Giant SMP, società che, fino a pochissimi mesi fa, girava intorno a Daniele Pontoni, l’attuale cittì della nazionale, capace di valorizzare al meglio un territorio comunque piccolo come il Friuli facendone il vero fulcro del ciclocross italiano. La cosa curiosa della Papo, ascoltando la sua storia, è che si incrocia con quella di un altro campione della sua zona, addirittura olimpionico: Jonathan Milan.

«Sua madre era mia maestra d’asilo – racconta la Papo – quindi era a stretto contatto con i miei genitori, così col passare dei giorni si è instaurata una stretta amicizia fra le famiglie. Un giorno Flavio Milan, il padre di Jonathan, parlando della sua passione per il ciclismo e del fatto che aveva una società (la Jam’s Bike, ndr), propose ai miei di farmi provare: non ho più smesso».

Papo Giro d'Italia 2021
Alice Papo a Osoppo, nella prima prova del Giro d’Italia (foto Billiani)
Papo Giro d'Italia 2021
Alice Papo a Osoppo, nella prima prova del Giro d’Italia (foto Billiani)
La Jam’s Bike è una squadra che agisce prevalentemente nell’offroad: per questo sei nel cross?

Inizialmente sì, d’estate andavo con la Mtb e d’inverno con il ciclocross. Poi ho cominciato anche a correre su strada e mi è piaciuto tantissimo. Così ho deciso di cimentarmi con la superleggera lasciando da parte la Mtb, ma il ciclocross resta il mio grande amore.

Che cosa ti piace di più del correre su strada?

Il fatto che mi sto scoprendo poco a poco. Mi piacciono molto le salite, nelle volate ristrette me la posso giocare, in quelle di gruppo ho ancora tanto da imparare, ma soprattutto è che vedo davanti a me tanto da scoprire. Nel ciclocross invece credo di conoscermi di più: mi piace partire subito forte e prediligo percorsi che non sono durissimi, ma neanche così semplici da interpretare.

Com’è l’atmosfera in squadra?

Mi trovo davvero bene, c’è un bell’ambiente di condivisione. Daniele è un’ispirazione, un maestro che traccia la strada non solo dal punto di vista tecnico, ma a 360°, su tutto quel che significa essere un ciclocrossista.

Papo strada 2021
Oltre al ciclocross la Papo si cimenta su strada con l’UC Conscio, sperando in un futuro da Elite
Papo strada 2021
Oltre al ciclocross la Papo si cimenta su strada con l’UC Conscio, sperando in un futuro da elite
Dicono che, soprattutto con i più giovani, sia un po’ severo…

Dà delle regole precise, ma col passare del tempo ti accorgi che sono tutte a beneficio di chi corre, ti educa nel modo giusto. Ha l’atteggiamento del padre severo e standoci insieme capisci che lo fa perché ci tiene veramente a noi, vuole indirizzarci nella maniera migliore.

Dì la verità: come adolescente non ti pesa un po’ tanta autorità, come avviene a casa con i genitori per i ragazzi della tua età?

Beh, sì, è un po’ come un genitore, ma so che lo fa per noi perché ci tiene e alla fine siamo noi a beneficiarne, quindi va bene così.

Ora che Pontoni è responsabile tecnico della nazionale, vi manca in società?

Non è cambiato molto, Achille Santin ne ha preso le funzioni e cura la squadra come se Daniele fosse ancora con noi. Poi sappiamo che un’occhiata a quel che facciamo, a come stiamo andando la dà sempre. Da parte nostra siamo noi che vogliamo raggiungerlo perché significa che ci saremo meritati una chance in maglia azzurra.

Papo Europei 2021
La friulana è stata in gara agli ultimi Europei, chiudendo al 27° posto
Papo Europei 2021
La friulana è stata in gara agli ultimi Europei, chiudendo al 27° posto
Come riesci a conciliare ciclocross d’inverno, corse su strada, il tutto condito con la scuola?

Sembra difficile detto così, ma alla fine basta organizzarsi. Nel ciclocross grazie anche alla preparazione e ai consigli di Alan Olivo vedo che sto migliorando volta per volta, poi appena chiusa la stagione l’UC Conscio Pedale del Sile mi prende con sé. A scuola frequento il quinto anno dell’Istituto Professionale Commerciale a Udine, come detto basta un po’ d’organizzazione e i risultati arrivano, in bici e non…

Hai un sogno particolare?

Voglio solo ottenere il meglio possibile, impegnarmi per raggiungere il limite, qualsiasi esso sia.

Casasola 2018

Sara Casasola sta tornando: che fine aveva fatto?

23.10.2021
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Dopo Osoppo, Sant’Elpidio a Mare e domani, Corridonia. Il Giro d’Italia di ciclocross ormai ha preso l’abbrivio e marcia spedito settimana dopo settimana. Il livello delle gare si alza proporzionalmente con quello della condizione generale dei suoi protagonisti, considerando che la Coppa del Mondo torna in Europa proprio nel weekend e che gli Europei (7 novembre, Vamberg in Olanda) sono sempre più vicini, c’è da farsi trovare pronti. Considerando che molte delle protagoniste del ciclocross italiano erano in America per l’apertura di Coppa del Mondo, va registrato con soddisfazione l’alto livello della gara open delle ragazze, sia nella prima che nella seconda occasione italiana. Rebecca Gariboldi, come aveva fatto in Friuli, si è aggiudicata la gara, ma questa volta ha fatto molta più fatica per respingere l’assalto di Sara Casasola, finita molto vicina e questo è un segnale importante.

Casasola Sant'Elpidio 2021
Per la Casasola un 2° posto a Porto Sant’Elpidio carico di speranze (foto Lanfranco Passarini)
Casasola Sant'Elpidio 2021
Per la Casasola un 2° posto a Porto Sant’Elpidio carico di speranze (foto Lanfranco Passarini)

I guai sono iniziati a Tabor…

La portacolori del DP66 Giant SMP, passata quest’anno di categoria, sa bene che molti occhi sono puntati su di lei. Fino alla passata stagione, la Casasola era considerata allo stesso livello di Baroni e Realini, anzi forse un pizzico più su stando a quello che si era visto nelle stagioni precedenti, e poi? «Poi ho vissuto un’annata difficile: diciamo che fino all’Europeo tutto procedeva come previsto, poi mi sono fatta molto male a Tabor, ho quasi rotto il coccige e la ripresa è stata lenta e non come avrei voluto, non sono più tornata al livello delle migliori». 

Gli effetti dell’infortunio hanno continuato a farsi sentire anche dopo: «Avevo in programma Mtb e strada, la Servetto mi aveva dato fiducia, ma al Giro mi sono dovuta ritirare alla terzultima tappa e dopo sono stata un mese ferma. Ho capito a quel punto che dovevo recuperare con calma, ho ricominciato pian piano con il ciclocross e sento che la condizione sta arrivando, ma c’è ancora molto da lavorare».

Casasola Tabor 2020
Il momento della grave caduta riportata a Tabor: la ripresa da allora è stata lenta e solo ora completa
Casasola Tabor 2020
Il momento della grave caduta riportata a Tabor: la ripresa da allora è stata lenta e solo ora completa

Bici a parte, testa sulla matematica

Non tutto il male d’altronde vien per nuocere: Sara ha potuto dedicare un po’ più di tempo agli studi di matematica per l’università: «Appena lasciata la bici, sono sui libri, tanto tempo libero fra due attività così intense non c’è. In questo momento però l’attività ciclistica è preminente, perché sono due anni che sono lì lì per fare il salto di qualità e non arriva e sento che è arrivato il momento».

Pensare alla ciclista friulana come a una specialista pura del ciclocross è un errore: lei come tantissime altre ha fatto della multidisciplina il suo credo, prima prediligeva la Mtb come specialità alternativa ma la strada la sta coinvolgendo sempre più: «Dico la verità, il fuoristrada mi piace di più – ammette la Casasola – ma è su strada che posso davvero crescere. Credo che molto dipenda dalla quantità di attività, nel 2022 intendo concentrarmi molto su di essa. Anche per capire bene dove posso arrivare. Ma per far questo serve un inverno tranquillo, di lavoro senza intoppi e possibilmente con qualche risultato importante».

Ora fari puntati su Corridonia

Quella di Porto Sant’Elpidio è stata anche la prima occasione per vedere direttamente di fronte i due big della Selle Italia Guerciotti Elite, ossia Jakob Dorigoni e il neoentrato nel team, il campione tricolore Gioele Bertolini. I due hanno proceduto insieme per quasi tutta la gara, giocandosi il successo allo sprint e solo con un ben assestato colpo di reni Dorigoni ha colto il successo. Chi pensava che i due si sarebbero fatti la guerra anche con la stessa maglia è stato smentito: «E’ bello vincere facendo primo e secondo essendo nello stesso team – ha spiegato l’altoatesino alla fine della gara – Io credo che correndo insieme potremo prenderci belle soddisfazioni».

Se fra gli juniores continua a dominare il figlio d’arte Luca Paletti (suo padre era un componente della mitica Ariostea sul finire del secolo scorso), il Giro d’Italia continua a raccogliere numeri importanti, oltre 700 in una giornata fredda che ha iniziato a segnare il passaggio del ciclocross verso quei climi e quei terreni a lui più consoni e abituali. Ora si resta nelle Marche per un terzo capitolo molto sentito, al CorridoMnia Shopping Park, dopo il quale si potranno tirare le prime somme.

Bryan Olivo, campionati italiani juniores Lecce 2020

Olivo tricolore juniores, Pontoni racconta

10.01.2021
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Appena arriva Pontoni e gli sussurra qualcosa nell’orecchio, Bryan Olivo scoppia a piangere a dirotto. Il campionato italiano juniores di Lecce è appena finito e il friulano si sta togliendo di dosso il fango prima di andare a indossare la sua maglia tricolore. E mentre fuori dal percorso si svolge l’inatteso regolamento di conti fra genitori, che probabilmente farebbero meglio a lasciare la discussione ai figli, nel box della DP66-Giant-Smp va in scena una festa rumorosa.

«A metà giro mi sono scivolate le mani e sono caduto – dice Bryan – e dall’ottava posizione ho dovuto recuperare. Dopo ho gestito la gara, ho fatto del mio meglio e ci sono riuscito. Stamattina il percorso era come asfalto, però, appena partiti, abbiamo visto che era tutto diverso. Si scivolava molto di più. Però era un bel percorso».

Lorenzo Masciarelli, Bryan Olivo, Lecce 2021
Lorenzo Masciarelli e Bryan Olivo hanno subito preso la testa della corsa
Lorenzo Masciarelli, Bryan Olivo, Lecce 2021
Masciarelli e Olivo subito al comando

Più forte del Covid

La sua ragazza lo osserva dall’esterno del box, mentre dentro è arrivato Tommaso Tabotta che si tiene il polso e piange e diventa subito il centro dell’attenzione, perché in certi momenti bisogna pensare anche a chi non ha troppa voglia di festeggiare. E Bryan intanto si veste, con la manica che non vuo saperne di entrare.

«Dire che sia venuto per vincere – racconta – è un azzardo. In verità ho avuto un problema a metà stagione. Ho avuto il Covid che mi ha condizionato tutto il programma di allenamento. Però ho vinto mercoledì e mi sono detto: «Ok, forse è il mio anno!». E infatti ce l’ho fatta».

Poi lo spingono verso il podio, mentre lo speaker rinnova gli inviti a evitare gli assembramenti, che dopo un paio di denunce sono lo spauracchio degli organizzatori, terrorizzati di dover fermare tutto.

Caratteri forti

Pontoni con la sua voce tagliente fa da solo il baccano di tutti gli altri, ma si vede che nei suoi occhi brilla un orgoglio smisurato.

«Io Bryan lo conosco da G6 – dice – quindi abbiamo un rapporto quasi come padre e figlio. Ci siamo anche scornati, perché ognuno ha le sue convinzioni. Lui è un ragazzo forte, ma come tutti ha anche le sue debolezze. Credo, dalla mia parte, di aver usata la parte psicologica giusta per farlo arrivare qua nelle migliori condizioni e far vedere quello che veramente è. Oggi non gli abbiamo detto quasi niente. Aveva tutto chiaro».

Olivo, dopo l’arrivo, una bottiglia d’acqua per lavarsi: questo è il cross
Dopo l’arrivo, una bottiglia d’acqua per lavarsi

Tattica vincente

Daniele non sa della caduta in partenza di cui ha parlato Olivo, ma il racconto è comunque efficace e fa trasparire la sua grande regia.

«E’ partito in seconda fila – spiega – per cui sapevamo di dover recuperare pian pianino. Avevo detto ai miei collaboratori, perché siamo in quattro che gestiamo la corsa, che non avesse fretta di rientrare nel primo giro, perché immaginavo che nel pezzo sul rettilineo si sarebbero fermati. Quando siamo rientrati, abbiamo provato a capire le facce degli altri corridori. Perché i corridori li vedi quando scatti e poi ti volti. Abbiamo fatto il penultimo giro in seconda posizione, poi sapeva di dover entrare in testa nell’ultimo. Bastava uno scivolone e perdevi la corsa. Bryan e Masciarelli erano leggermente superiori e ci è andata anche bene, perché Masciarelli è scivolato. E rientrare era impossibile».

Bryan Olivo, Daniele Pontoni, campionati italiani juniores Lecce 2020
E quando arriva Pontoni, il campione italiano scoppia a piangere
Bryan Olivo, Daniele Pontoni, campionati italiani juniores Lecce 2020
E quando arriva POntoni, Olivo crolla

Rammarico Masciarelli

Masciarelli ha il morale sotto gli scarpini anche dopo la doccia, ma contrariamente alle polemiche, il suo rammarico è limitato alla corsa.

«Avrei preferito un tracciato più duro – ammette – ma se avessi vinto, avrei detto che era il miglior percorso. Queste sono le gare. Olivo mi aveva superato all’inizio dell’ultimo giro ed ero concentrato per stargli a ruota e dare tutto per passarlo. Ma quando Agostinacchio è caduto, non ho fatto proprio in tempo a evitarlo. Sono finito a terra e si è storto il deragliatore. E a quel punto, non c’è stato più nulla da fare».

Merito a Olivo

La chiusura è per Pontoni, prima che si diriga anche lui verso il podio.

«Siamo partiti martedì dal Friuli – racconta – e lui secondo me gli obiettivi ce li aveva già chiari. Quest’anno ha fatto gli europei in pista ed è arrivato al finale di questa stagione più fresco rispetto agli altri. E’ rimasto tre settimane senza correre, ha patito quando è rientrato. Sono contento soprattutto per lui. Se lo merita. Farà un secondo anno importante. E’ seguito dal Cycling Team Friuli, da un’equipe di ragazzi molto valida e credo che i meriti vadano suddivisi fra tutti. Il 33 per cento fra gli altri, il resto a lui, che pedala, che fa fatica e si impegna. Lui quest’anno ha vissuto il momento più brutto della stagione e ora sta vivendo quello più bello».

Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020

Si chiama Olivo, fa rima con Van der Poel

29.11.2020
4 min
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A 17 anni, Bryan Olivo è già un personaggio perché è il prototipo del nuovo ciclista multidisciplinare italiano. Va forte su strada, è nazionale junior su pista e nel ciclocross, ha corso anche in Mtb. Verrebbe da dire che è in fieri il VdP italiano, ma è molto meglio andarci piano con i paragoni. Bryan ha tutto da dimostrare e lo sa bene, ogni giorno in sella è un viaggio per scoprire sempre più se stesso e dove la sua passione lo porterà.

Grazie, fratello…

La sua storia di ciclista inizia molto presto e ha un coprotagonista in suo fratello Adam, che per 13 anni aveva seguito la sua “passionaccia” su strada, arrivando fra gli under 23, senza però poi trovare ulteriori sbocchi.

«Io giocavo a calcio – racconta Bryan – ma non mi piaceva così tanto, invece andando con mio fratello mi divertivo di più e lui mi ha spinto a insistere. Soprattutto mi ha spinto a provare di tutto, perché voleva che facessi il massimo delle esperienze. Poi avrei capito che tipo di ciclista posso essere».

Bryan Olivo, campionato italiano crono juniores, 2020
Sesto nel campionato italiano a crono, al primo anno nella categoria
Bryan Olivo, campionato italiano crono juniores, 2020
Primo anno junior, Olivo 6° al tricolore crono

Buio presto

Ha iniziato a gareggiare fra i più piccoli su strada, nella categoria G1, arrivato alla G5-6 ha provato anche le altre discipline, anche la Mtb ma poi l’ha abbandonata.

«Non perché non mi piacesse – dice – ma richiede un tipo di allenamento specifico che necessita di tempo. D’inverno dalle mie parti (Bryan è di Pordenone, ndr) fa buio presto e andando a scuola, il tempo per allenarsi non è che sia tanto. Vale lo stesso per il ciclocross, ma quello mi piace troppo…».

Strade aperte

Già, il ciclocross è per ora la specialità che lo ha messo più in luce. Per ora… 

«Mi piace molto, questo è sicuro – dice – ma ancora non so dire se sarà lì il mio futuro. Il richiamo della strada è forte, in Italia se vuoi vivere di ciclismo per un po’ di anni non puoi prescindere dalla strada. All’estero è diverso, ci sono Paesi dove fare il ciclocrossista è una professione, con grandi squadre dietro».

In prestito

Bryan è tesserato per l’UC Pordenone, ma corre in prestito per la DP66 Giant SMP di Daniele Pontoni, che lo conosce bene.

«Sin da quand’era esordiente… – dice Daniele – migliora ogni anno, non solo nel ciclocross. E continuando così, potrà sicuramente dire la sua anche a livello internazionale. Certo, c’è ancora da lavorare. Ad esempio nel salto degli ostacoli in bici e anche dal punto di vista tattico. Certe volte pecca di generosità in corsa, ma il tempo è dalla sua».

Bryan Olivo, Daniele Pontoni, 2018
Daniele Pontoni è il suo riferimento. Qui in una foto del 2018
Bryan Olivo, Daniele Pontoni, 2018
Pontoni il suo riferimento, qui nel 2018

Quattro bici

D’altronde ogni disciplina è come una scuola, s’impara sempre qualcosa. «Su strada è molto più difficile di quanto si pensi – dice – imparare a correre in gruppo richiede mille occhi, essere sempre al massimo della concentrazione. Su pista all’inizio avevo paura, lo ammetto. Avere lo scatto fisso non mi piaceva, ma avevo sempre ammirato chi faceva l’inseguimento, dare tutto nella sfida contro il tempo. Ci ho provato e ho visto che veniva bene, anche quello a squadre dove trovare il sincronismo con i compagni, le giuste misure per stare a ruota è sempre una scommessa».

Di bici a casa ne ha 4: due da ciclocross, una mountain bike e una da strada. «Poi ci sono quelle da gara – dice Olivo – ma le forniscono le squadre e le mettono a punto. Io però non posso dimenticare la mia prima bici in assoluto: era una Vicini tutta blu, ce l’ho ancora nel cuore».

Bryan Olivo, campionato italiano ciclocross esordienti, 2017
Campionato italiano ciclocross esordienti, è il 2017: primo!
Bryan Olivo, campionato italiano ciclocross esordienti, 2017
Tricolore fra gli esordienti nel 2017

Sogno iridato

Mathieu Van Der Poel è il suo idolo: «Ogni cosa che fa gli riesce alla grande – dice Olivo – ma non è il solo che gareggia in più discipline, ora sono in tanti a farlo. Chi si divide fra strada e Mtb, chi fra strada e pista. Io non so ancora che corridore sono, dove posso rendere di più. Per ora posso solo affidarmi ai miei sogni. Ho nel cuore il Fiandre e la Roubaix e un giorno mi piacerebbe esserci, ma quel che vorrei di più è una maglia iridata. Non importa dove, quel che conta è essere in cima al mondo».

A 17 anni, bisogna sognare e crederci, perché a volte i sogni si realizzano davvero…

Sara Casasola, europei 2020

Ed ecco Sara, che voleva fare la ballerina

16.11.2020
3 min
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Sara Casasola è, per talento e grinta, la versione femminile di Daniele Pontoni. E non a caso è proprio il vecchio leone friulano (vecchio per modo di dire: ha 54 anni!) a seguirla e ispirarla. Quest’anno ha vinto due prove in Repubblica Ceca, poi si è ripresentata vincente nella tappa di Jesolo del Giro d’Italia Ciclocross, mettendosi poi in luce fra le migliori (ottava) al campionato europeo di s’Hertogenbosch.

Quello che sappiamo di lei prima di chiamarla è che da bambina faceva danza e aveva paura di sporcarsi. Poi da un giorno all’altro, al ballo ha iniziato a preferire la bicicletta, convertendosi (ma solo per i gusti sportivi) in un maschiaccio. Per il resto, la sua lunga treccia nera è un marchio di fabbrica ben riconoscibile sui campi di gara.

Il tono di voce è spigliato, il timbro piuttosto netto. Classe 1999, compirà 21 anni il prossimo 29 novembre.

Sara Casasola, europei juniores 2016
Sara Casasola, quarta agli europei 2016: uno dei ricordi più inattesi
Sara Casasola, europei juniores 2016
Quarta agli europei del 2016
E’ stata una buona annata?

Sicuramente sì, per come si era messa. Tutto quello che viene va bene e vediamo piuttosto se e come continuerà.

In bici a 10 anni, giusto?

Per provare e perché mio fratello si era messo a pedalare. All’inizio passione poca, infatti per un paio d’anni ho mollato. Finché a 12 anni ho scoperto il ciclocross e non mi sono più fermata.

Perché la bici?

E’ affascinante. Permette di scoprire se stessi. Impari a conoscerti. Sei a contatto con la natura. Ti confronti con altre ragazze. Il ciclismo fa crescere.

Parli spesso di Daniele Pontoni, che è il tuo capo alla DP66-Giant-Smp

Mi sta vicino sul piano sportivo e su quello umano. L’ho conosciuto quando ero esordiente e partecipai a uno dei camp che organizzava per i giovani a Monte Prat. Poi quando è passato al team Trentino, io ero già allieva e sono passata con lui.

Daniele è cresciuto con un maestro della vecchia guardia come Edi Gregori, un vero duro. Lui che tecnico è?

E’ molto buono, tende ad assecondarci sempre. Riesce a capire quello che sentiamo e si rende conto di quando una strillata può motivarci oppure distruggerci del tutto. E in quel caso, la evita.

Fra strada e cross?

Cross, ma anche la strada che faccio con la Servetto mi piace. Di sicuro per fare bene su entrambi i fronti, serve grande sacrificio. Su strada in termini di ore, nel cross per la qualità e la tecnica. In entrambi i casi però, non mi piacciono i lavori di forza.

Sara Casasola, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Vincitrice a Jesolo, prima tappa del Giro d’Italia Ciclocross 2020
Sara Casasola, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Prima a Jesolo, Giro d’Italia Ciclocross
Cosa dicono gli amici fuori dalla bici?

Non ne ho tanti di amici al di fuori, ma non vivono il mio andare in bici come una cosa molto strana. E francamente pur facendo sport, si riesce ad avere una vita normale.

Sempre Pontoni parla di grande abilità tecnica di voi più giovani.

Forse perché da piccoli si insegnano anche i fondamentali tecnici, mentre Daniele ha cominciato a correre che era già grande. Una volta pochi saltavano gli ostacoli e nemmeno li mettevano tanto alti. Adesso è quasi l’abitudine.

Il ciclismo è per Sara un’ipotesi di futuro professionale?

Mi piacerebbe, ma al momento è un sogno. Certo, visti gli stipendi, la cosa migliore sarebbe entrare in un Corpo militare. E poi però sogno di insegnare alle medie o alle superiori. Dopo il Liceo Scientifico, mi sono iscritta a Matematica. Mi piace. Sono abbastanza rigorosa.

Qual è il ricordo più bello di Sara in sella alla bici da cross?

Forse il campionato italiano dello scorso anno, perché erano un po’ di anni che ci speravo. E’ stata una sensazione bellissima. Forse il quarto posto agli europei del 2016. Ma mi sono goduta anche l’ottavo di quest’anno…

Francesca Baroni, Sara Casasola, Giro d'Italia Ciclocross 2020, Ladispoli

Baroni, il bis porta la maglia rosa

19.10.2020
2 min
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Dopo due tappe nelle quali aveva mostrato un grande progresso di condizione, Francesca Baroni a Ladispoli ha finalmente centrato il suo obiettivo: vestire la maglia rosa di leader del Giro d’Italia.

La prima a Corridonia

Già vincitrice la settimana precedente a Corridonia grazie anche al perfetto gioco di squadra con Gaia Realini, questa volta la campionessa d’Italia non solo ha fatto il bis di successi parziali, ma è salita anche in testa al circuito ed appare obiettivamente difficile scalzarla. L’ultima a cedere alla portacolori della Selle Italia Guerciotti Elite è stata Sara Casasola (DP66 Giant SMP), terza posizione per Alessia Bulleri (Cycling Cafè Racing Team), solo quarta la ex leader del Giro Gaia Realini (Selle Italia Guerciotti Elite).

Francesca Baroni, Sara Casasola, Giro d'Italia Ciclocross 2020, Ladispoli
Francesca Baroni precede Sara Casasola a Ladispoli (foto Bit&Led Fotografica)
Francesca Baroni, Sara Casasola, Giro d'Italia Ciclocross 2020, Ladispoli
Baroni su Casasola a Ladispoli (foto Bit&Led Fotografica)

Fatica lockdown

Una vittoria, quella della Baroni, che le dà grande sicurezza. Anche lei ha subìto fortemente le conseguenze del lockdown, l’impossibilità di uscire e allenarsi ha influito sulla sua tempistica di preparazione.

«Un po’ mi è pesato perché è stato un periodo surreale – ha detto – non sapevo cosa aspettarmi e per me è stato particolarmente difficile non poter uscire in bici all’aria aperta ma la salute viene prima di tutto, perciò speravo solo che finisse il prima possibile per poter tornare alla vita quotidiana “normale”. Per quanto riguarda la forma non sapevo come potesse essere la mia condizione in confronto alle altre visto che abbiamo corso poco, comunque c’è sempre da lavorare e migliorare per i prossimi appuntamenti».

Donne in salute

L’andamento della gara conferma comunque la salute del movimento, soprattutto in vista di un Europeo dove, al di là delle imprese di Eva Lechner e dell’esperienza internazionale di Alice Arzuffi, anche queste ragazze sperano di potersi mettere in evidenza, considerando anche il fatto che nelle prime 11 posizioni l’unica vera elite era la Bulleri.