“Noi siamo quello che mangiamo”. Una citazione sentita e risentita che quasi ha perso ogni appetibilità. E’ però una verità indissolubile che ci vede riflessi in quello che mettiamo nel piatto ogni giorno soprattutto se facciamo sport. Quando lo si impara? Dai 10 ai 19 anni si è nella fase dell’adolescenza, periodo in cui ci sono cambiamenti fisici, cognitivo-sociali e delle abitudini alimentari. In questa delicata età, parallelamente alla formazione del fisico e del carattere, i futuri talenti si approcciano ad uno sport come il ciclismo che vede la sua massima espressione nella ricerca del limite. E’ spesso in questa fase dove si sviluppano patologie e cattive abitudini che si portano dietro fino al professionismo, come ci hanno raccontato Aru, Cimolai e Cattaneo. Testimonianze preziose che vogliono essere un monito e un esempio per le generazioni del presente e del futuro.
Per affrontare questo argomento ci siamo affidati ad Andrea Buccarini, biologo nutrizionista in Fisioradi Medical Center, che una settimana fa ha parlato ad una platea di adolescenti del Velo Club Cattolica, proprio per sensibilizzare su questo argomento.
La dieta mediterranea
Per fare un discorso su ciò che potenzialmente è sbagliato, bisogna partire da ciò che rappresenta la corretta alimentazione. La piramide alimentare della dieta mediterranea.
«Quale strada prendo?», domanda Buccarini. «Tutti i giorni siamo bombardati da pubblicità di cibo spazzatura, povero di vitamine e sali minerali, ma ricco di calorie e poco saziante. Dall’altra parte invece vediamo un panorama fatto di cibi salutari, come frutta e verdura, che sono l’opposto sotto ogni aspetto. La base su cui costruire tutto è la dieta mediterranea.
«La stagionalità dei cibi, le uova del contadino, l’insalata dell’orto… L’acqua che ci permette di svolgere ogni funzione digestiva e cognitiva. Gli alimenti che vanno consumati di più sono: frutta, verdura e cereali integrali. Nel consumo giornaliero invece: latticini, frutta secca e olio extravergine di oliva. Poi continuando nel consumo settimanale abbiamo il pesce, la carne bianca (1 o 2 volte a settimana), le uova e i legumi. In cima per un’assunzione occasionale ci sono: salumi, carne rossa e dolci».
Concetti sbagliati
Una volta compresa e attuati i principi della dieta mediterranea, si può declinare in un piano alimentare per appunto praticare uno sport provante come il ciclismo. Nelle due ruote spesso a partire dalle categorie giovanili però si arriva a soluzioni da autodidatta o basate su vecchi concetti. Soprattutto in categorie come esordienti e allievi, in cui i direttori sportivi non sono professionisti e hanno spesso competenze che si affidano a un ciclismo ormai superato.
«I concetti sbagliati – dice Buccarini – sono molti. L’occhio è rivolto solo al peso dell’atleta. Tanti giovani mi dicono che non fanno colazione, quando questo è uno dei pasti più importanti. E ancora, si consiglia la pasta normale anziché quella integrale che ha proprietà nutritive importanti e un rilascio di energia costante».
Il peso e l’esaperazione
Un altro tarlo di molti allenatori e ragazzi è il peso. «Li vogliono tutti super magri e tirati all’osso – spiega Buccarini- a quell’età, 14-15 anni, devono avere del margine. Il metabolismo è in evoluzione. Il ragazzo mangia tanto e ha bisogno di calorie per crescere. Poi intorno ai 23-25 anni, inizia a stabilizzarsi e a calare il fabbisogno. Se si è troppo magri si perde forza e massa muscolare».
«Bisogna sempre avere un margine per quando si passa di categoria. Stessa cosa per gli under 23. Anche lì ci deve essere margine per quando poi si passerà professionista. Nel ciclismo il rapporto peso/potenza è importantissimo. Aspetto che in altri sport come calcio, basket e pallavolo non è così determinante. Se invece si vuole andare forte in salita bisogna tenere il peso basso senza però mai perdere forza e massa muscolare.
«Sto vedendo un ciclismo esasperato. Allievi che iniziano ad essere già troppo attenti ai watt. Da un lato può essere giusto perché è un metodo di allenamento efficace. Dall’altro lato è sbagliato perché si arriva all’esasperazione del concetto sempre prima. E alcune squadre li vogliono subito pronti».
Mente e corpo
La figura del nutrizionista nelle categorie giovanili viene vista come un surplus volto solo alla ricerca della performance. Tuttavia questo ruolo diventa importante anche per prevenire certe patologie che uno sport come il ciclismo può portare ad avere per colpa di concetti depistanti.
«I disturbi alimentari nel ciclismo ci sono e ci saranno – conclude Buccarini – e spesso si sviluppano soprattutto in questa età delicata, pertanto bisogna cercare di non fargli prendere piede. L’aspetto mentale conta tanto.
«A cena, per esempio, dopo una lunga giornata di allenamenti qualche sfizio si può togliere, bastano un dolce o una fetta di crostata. Bisogna evitare regimi alimentari che portano a psicosi e renderli flessibili».