Padovani, primo ritiro alle spalle. Il punto con Ongarato

22.12.2024
7 min
Salva

PADOVA – L’appuntamento con Alberto Ongarato è nell’Eroica Caffè che ci è parso il luogo perfetto in cui parlare di ciclismo. La città è semi paralizzata dai lavori del tram, il traffico sembra impazzito. L’ex professionista padovano è qui per raccontarci la sua Padovani e fare il punto rispetto al primo contatto di fine agosto. Nel frattempo il progetto si è gonfiato, il budget è salito, Konychev è salito sull’ammiraglia, sono arrivate le bici Guerciotti e la squadra si è riunita nel ritiro di Abano Terme. Con la Zalf Fior e il CTF Friuli che chiudono, la nascita di una continental è una notizia.

«La Padovani ha un presidente che si chiama Galdino Peruzzo – riassume Ongarato – un grande appassionato, proprietario di Polo Ristorazione SPA che si occupa di servizi per la ristorazione. E’ subentrato a un altro presidente nel 2013 e io, fatalità, avevo da poco smesso di correre. Sapevo che Peruzzo fosse un grande appassionato e l’ho coinvolto nell’anno in cui la società stava organizzando una delle ultime edizioni del Giro del Veneto, quello a Prato della Valle. Volevano portare un personaggio di spicco per incrementare l’importanza dell’evento, visto che le corse stavano già cambiando. C’erano le WorldTour, non c’erano tantissime squadre importanti e io lo misi in contatto con Cipollini».

Alberto Ongarato, classe 1975, è stato professionista dal 1998 al 2011
Alberto Ongarato, classe 1975, è stato professionista dal 1998 al 2011
Non aveva già smesso anche lui?

Esattamente, però bisognava riconoscergli un gettone di presenza e per questo ci serviva una sponsorizzazione. Così entrai in contatto con Galdino Peruzzo e da lì siamo sempre rimasti in contatto. E quando gli hanno proposto di diventare presidente, ha chiesto la mia collaborazione.

Lo sbocco più naturale, in fondo…

Io avevo appena smesso e per i primi due anni non ho più toccato la bicicletta. Mi sono buttato a capofitto nel lavoro nell’azienda di famiglia, mentre adesso sono per conto mio e ho un’azienda – Alabastro Italiano – in cui facciamo illuminazione su misura. Quando mi hanno chiesto di entrare, ho pensato che mio nonno era stato in Padovani, mio padre anche e così pure mio zio. A casa mia, quando si parlava di ciclismo, si parlava di Padovani. Però quando sono entrato, non avevamo niente, neanche un’idea di cosa fare.

E come è andata?

Assieme a me è subentrato Martino Scarso. Noi oggi siamo i vicepresidenti e poi c’è Galdino Peruzzo, presidente e sponsor principale, e da lì siamo partiti. Abbiamo organizzato un Giro del Veneto a fine agosto 2012, che al tempo si fece insieme alla Coppa Placci, con l’arrivo a Imola per stare vicini all’Emilia colpita dal terremoto. Ma fu un’edizione un po’ balorda…

Il primo ritiro si è tenuto all’Hotel Serenissima Terme di Abano Terme (photors.it)
Il primo ritiro si è tenuto all’Hotel Serenissima Terme di Abano Terme (photors.it)
Perché?

Perché il calendario era infelice e le squadre erano in giro per l’Europa. Dopo quella volta pensai che avremmo dovuto cambiare rotta e tornare a fare squadre. Investire su una corsa professionistica è impegnativo a livello economico e non rende niente. Per questo partimmo con gli juniores.

Hai raccontato di aver lasciato gli juniores quest’anno per passare alla continental perché vedevi comportamenti che non ti piacevano nei ragazzi e nelle loro famiglie.

Dicono che ci sia tanta professionalità, ma sono chiacchiere. Il ragazzino di 17 anni ha la testa di un ragazzino di 17 anni, altro che passare professionista. E appresso ha una schiera di familiari che mette bocca. Noi avevamo fatto tutto in maniera molto seria, ma non ne valeva la pena. Per questo abbiamo pensato di fare una continental.

Non una piccola differenza…

Al contrario, il passo è stato notevole perché noi vivevamo con i nostri sponsor, principalmente grazie a Polo e non potevamo chiedergli di più. Per cui abbiamo studiato per 7-8 mesi, finché abbiamo trovato un accordo con l’attuale direttore sportivo Franco Lampugnani, che ci ha presentato Renato Marini della Coppi Gazzera. Gli abbiamo presentato il progetto e lui ha risposto che se avessimo fatto una squadra dilettantistica, ci avrebbe dato una mano. E così siamo partiti.

Konychev, nella foto c’è anche Ongarato, si è unito alla squadra per ultimo e ha guidato il ritiro ad Abano Terme (photors.it)
Konychev, nella foto anche Ongarato, si è unito per ultimo e ha guidato il ritiro ad Abano Terme (photors.it)
In che modo?

Abbiamo presentato il progetto a Peruzzo, che lo ha autorizzato il 5 agosto. Alessandro Petacchi ha accettato di fare il team manager e non credevo che ci si sarebbe buttato con tanto impegno. Chiama i corridori, partecipa. Voleva fare un progetto giovani in Toscana, invece ha accettato di venire qui. Avevamo e abbiamo bisogno di un team manager che segua la squadra, perché abbiamo tutti i nostri lavori ed è necessario dividerci gli impegni.

Come lo hai convinto?

Nel ciclismo italiano, tolti i Reverberi che hanno una professional e Basso che sembra più una squadra spagnola, ci sono solo le continental. Forse è brutto da dire, ma la realtà è questa. Quindi, secondo me, serve che i campioni di una volta diventino punti di riferimento per i ragazzi, lo staff, il personale e gli sponsor. Questo serve.

Petacchi ha accettato subito?

Mi ha detto subito di sì. Gli ho tirato per sei anni le volate, gli ho tirato anche l’ultima per entrare in questa società. Lui ci conosceva già, perché era già stato per un paio di volte alla Gran Fondo di Padova. Conosceva il presidente, conosceva tutto il personale e di là siamo partiti il 5 di agosto con l’accordo con la Coppi Gazzera. Abbiamo creato un business plan per andare in cerca di sponsor. Avevamo dei contatti e alla fine sono entrati nuovi sponsor importanti.

La squadra sarà vestita da Giordana, marchio della grande tradizione italiana (photors.it)
La squadra sarà vestita da Giordana, marchio della grande tradizione italiana (photors.it)
Nello staff ci sono anche Slongo, Guardascione, Konychev…

E ci sono anche Simone Marini, mental coach dell’Astana, e anche Luca Simoni, perché avevamo bisogno di un nutrizionista. Lui lavora all’Università di Padova, è un ricercatore biologo ben conosciuto nell’ambiente. Attualmente lavora con l’Astana e sta seguendo i nostri ragazzi.

Avete già un’idea di calendario, a parte gli inviti?

Ne abbiamo richiesti molti. Mandiamo una mail di presentazione. Scriviamo che ci sono Petacchi e Konychev. Citiamo la storicità della squadra. E adesso dobbiamo solo aspettare le risposte. Intanto abbiamo fatto il ritiro dal 10 al 20 dicembre ad Abano Terme, all’Hotel La Serenissima Terme, che è nostro sponsor. Poi ne faremo un altro più breve il 2-3 gennaio per foto e altre attività. Dal 12 al 26 partiremo per la Spagna e chiuderemo il ritiro con una corsa il 24 a Valencia. Poi tramite Garzelli, potremmo partecipare alla prima corsa per professionisti. A quel punto inizieremo col calendario italiano a fine febbraio e faremo un altro ritiro alla metà del mese. Abbiamo chiesto di andare a Besseges, ma al momento non arrivano risposte.

Tanto estero?

Faremo un calendario internazionale. Abbiamo fatto richieste in Romania, Olanda, Belgio, Francia. Faremo il calendario più importante in Italia. Abbiamo già formalizzato la richiesta di invito alla Coppi e Bartali e tutte le prove che si possono fare. Mi auguro che ci invitino in più corse possibili fra i professionisti. Vorremmo farle tutte, vediamo se ci vogliono. Bisognerebbe favorire certe esperienze, soprattutto se l’attività in Italia è portata avanti da queste squadre.

La Sc Padovani Polo Cherry Bank ha 8 elite e 5 under 23 (photors.it)
La Sc Padovani Polo Cherry Bank ha 8 elite e 5 under 23 (photors.it)
Qual è il vostro obiettivo?

Fare sì che la Padovani torni ad avere una squadra importante. Non come negli anni 60 perché è cambiato il mondo ed è cambiato il ciclismo. Eppure per come siamo organizzati, con la tecnologia e le organizzazioni che abbiamo messo in piedi, con lo staff e i corridori, abbiamo 250 punti, che non sono pochi. Nel frattempo, nell’ultimo anno, abbiamo studiato le altre continental. Ci sono quelle serie e quelle che lo sono solo di nome. Secondo me, noi partiamo da un livello molto alto, ma l’obiettivo è crescere. E non vorrei dire altro, perché per ora siamo giusti così.

Una continental è a suo modo un’azienda?

Decisamente. I budget sono importanti, stiamo lavorando bene sotto l’aspetto marketing e social. Con gli sponsor abbiamo in progetto nei prossimi sei mesi di portare a bordo dei nomi importanti. Lavorando bene, se le cose si incastrano con un po’ di fortuna, possiamo anche pensare di fare il salto di qualità. Ma per adesso stiamo bene qua.

L’organico non è molto sbilanciato verso gli under 23.

Abbiamo 5 ragazzi elite e 8 under. Abbiamo iniziato a cercare i corridori il 5 agosto, abbiamo dovuto formare da subito l’ossatura della squadra, per cui faremo le corse più impegnative con gli elite. Siamo anche convinti che l’under 23 non sia pronto per il professionismo, malgrado qualcuno sostenga che a 20 anni si debba passare per forza. E’ lo sbaglio più grande. Per stare di là bisogna avere una certa esperienza, una certa resistenza, una certa testa. Però faremo anche attività con gli under 23. Abbiamo due ragazzi che secondo me possono tranquillamente puntare a passare professionisti e secondo me non ci vanno lontano.

Dal 2006 al 2008 Ongarato ha corso con Petacchi alla Milram: nel treno c’erano anche Velo e Sacchi
Dal 2006 al 2008 Ongarato ha corso con Petacchi alla Milram: nel treno c’erano anche Velo e Sacchi
E tu nel frattempo hai ricominciato ad andare in bicicletta?

Dopo quei due anni famosi, Fondriest mi invitò a fare una randonnée a Reggio Emilia. Non avevo la bici e neanche il casco e gli scarpini. E lui mi disse che mi avrebbe fatto trovare tutto in albergo. Arrivai alle dieci di sera e quando entrai nella stanza e vidi la bici, fu una folgorazione. Si è accesa la luce. Il giorno dopo ho fatto quei 40 chilometri, ma mi sono portato via la bicicletta e ho ricominciato a uscire. Piano piano, ma con regolarità.

Konychev alla guida della Padovani, con un piccolo rimpianto…

14.11.2024
5 min
Salva

E’ un progetto importante, quello della Sc Padovani che va completandosi di ora in ora. Non poteva essere altrimenti per un nome storico del ciclismo italiano, nato addirittura nel 1909 e che dopo quarant’anni di stop aveva ripreso la sua attività nel 2014 dedicandosi agli juniores. Ora un passo in avanti, con l’allestimento della squadra U23 Continental. Nello staff tanti nomi affermati del ciclismo e fra loro anche una vecchia conoscenza del ciclismo nostrano come Dimitri Konychev.

Per l’ex campione sovietico, due volte sul podio mondiale, è un ritorno in ammiraglia dopo la dolorosa esperienza della Gazprom che ha lasciato tante domande senza risposta: «Tutto è nato da un incontro con Petacchi durante l’Italian Bike Festival di Misano. Mi ha paventato questa possibilità e gli ho subito detto che mi sarebbe piaciuto molto perché amo lavorare con i più giovani. Poi ho parlato anche con Ongarato e alla fine abbiamo avviato la macchina».

Alessandro Petacchi, il team manager, seguirà alcune trasferte, in base ai suoi impegni tv
Alessandro Petacchi, il team manager, seguirà alcune trasferte, in base ai suoi impegni tv
Un team che parte da zero?

Una base c’è, sia come nomi che come staff, ma certamente dobbiamo inserirci in un mondo non facile. Non possiamo porci particolari obiettivi se non quello di far bene il più possibile. Stiamo costruendo il roster, che alla fine sarà composto da 14 corridori.

Un numero esiguo secondo te?

Diciamo che un 2-3 elementi in più, i classici panchinari che entrano al bisogno avrebbero fatto comodo… Con 14 nomi non è semplice fare la doppia attività, serve davvero che la sorte ci dia una mano mantenendo in salute tutti i nostri corridori. Ma dobbiamo sempre tener presente che i soldi a disposizione sono limitati, per far funzionare tutto e quindi dobbiamo fare piccoli passi. Non siamo una squadra professional, le trasferte dobbiamo pagarle tutte noi, dobbiamo stare attenti.

Ares Costa (al centro), iridato e campione europeo nel quartetto
Ares Costa (secondo da sinistra), iridato e campione europeo nel quartetto
Tu che hai vissuto gli anni gloriosi della Fassa Bortolo con un maestro come Ferretti, hai il suo stesso metodo?

Non scherziamo, di Ferretti ce n’è stato uno e uno solo… I tempi sono cambiati, sono soprattutto cambiati i rapporti tra corridori e staff. Oggi è impossibile gestire una squadra come allora, ci sono relazioni diverse, ma sempre basate sul reciproco rispetto. A me piace lavorare con i giovani proprio per questo, perché c’è sempre la possibilità di plasmarli, di trasmettere le proprie esperienze.

Lo staff come sarà composto?

Saremo due direttori sportivi principali, io e Franco Lampugnani che viene dalla guida del team juniores, poi avremo altri 3 o 4 direttori sportivi giovani, che hanno da poco preso il patentino e che ci aiuteranno imparando il mestiere. Avremo così la possibilità di farli crescere vicino a noi, un team allarga i suoi orizzonti anche così.

Thomas Turri nell’annuncio sui social del suo ingaggio per il 2025
Thomas Turri nell’annuncio sui social del suo ingaggio per il 2025
Veniamo al roster: non ci sono corridori stranieri, è un caso abbastanza strano per un team italiano…

Uno straniero fai fatica a gestirlo, considerando le trasferte, sono costi che in questo momento non possiamo sostenere. Per questo abbiamo scelto una squadra completamente italiana, facciamo crescere buoni corridori di qui e allo stesso modo possiamo impiegare il budget nella maniera più costruttiva. Cercare un corridore estero non avrebbe avuto senso.

In base ai corridori che avete, quali saranno le vostre caratteristiche?

Abbiamo cercato corridori in grado di emergere nelle corse veloci ma anche impegnative. Un po’ come quelle del calendario belga o olandese, ma anche in Francia. Io dico che abbiamo in squadra gente capace, che se messa nelle condizioni può portare a casa grandi risultati.

Mirko Bozzola viene dalla Q36.5 per fare da regista in corsa, ma anche per cogliere traguardi di spicco
Mirko Bozzola viene dalla Q36.5 per fare da regista in corsa, ma anche per cogliere traguardi di spicco
Cercherete quindi di fare attività all’estero?

Possibilmente ne faremo molta, perché è lì che impari. Non posso dire dove andremo, in questi giorni stiamo inviando moltissime lettere per richiedere inviti, vedremo quel che salterà fuori. Quel che è certo è che cercheremo di dare tante opportunità di correre in gare di livello, confrontandosi con buoni team esteri per imparare il più possibile e togliersi anche importanti soddisfazioni.

L’ultimo acquisto in ordine di tempo è quello di Mirko Bozzola, che viene dal devo team della Q36.5. Come lo avete convinto?

Mirko con noi ha la possibilità di essere un cardine della squadra. Correndo in un devo team ha acquisito un’esperienza importante, ora pur avendo solamente 20 anni può essere davvero una sorta di regista in corsa, spiegare a chi entra nella categoria per la prima volta come si può muovere. Io vedo in lui le caratteristiche di un Paolini, per intenderci, oppure di un Tosatto o De Marchi. Fatte salve le sue aspirazioni personali perché parliamo di uno che può essere un vincente e lo ha dimostrato. Di corridori così posso assicurare che non ce ne sono tanti, per questo è davvero un ottimo acquisto.

Dimitri Konychev insieme a suo figlio Alexander. Averlo in squadra sarebbe stata la ciliegina sulla torta
Dimitri Konychev insieme a suo figlio Alexander. Averlo in squadra sarebbe stata la ciliegina sulla torta
Per il resto?

Stiamo completando il team, avremo con noi Ares Costa che è un giovane molto promettente, iridato junior nel quartetto dell’inseguimento, poi un altro che come Costa viene dal florido vivaio del Borgo Molino, Thomas Turri che è salito sul podio alla prima tappa del Giro del Friuli e che si è dimostrato prezioso nelle cronosquadre. Poi stiamo per chiudere con un elemento d’esperienza come Matteo Zurlo, insomma alla fine avremo un bel mix.

Torniamo un attimo alla figura di Bozzola regista in corsa. Non sarebbe stato un ruolo ideale anche per tuo figlio Alexander?

Eh, sarebbe stato bello averlo con noi, ma per ora sta bene dove sta, fa bene a continuare la sua attività al Team Vorarlberg. Sicuramente quel ruolo gli si sarebbe cucito a pennello, mi sarebbe piaciuto averlo con me in quest’avventura…

Liberazione 2017

Liberazione, storia di vincitori e vinti pensando al futuro

02.02.2022
4 min
Salva

Attraverso le strade del Gran Premio Liberazione sono passati tre quarti di secolo di grande ciclismo. Sul circuito romano (un particolare nella foto di apertura di Simone Lombi) si sono visti molti dei big che poi hanno scritto pagine storiche delle due ruote, ma non è assolutamente detto che tutti siano usciti vincitori dalla gara capitolina. E’ questo il bello, la sua incertezza che ne ha sempre fatto uno degli eventi più attesi. Ogni anno la gara ha dato vita a una storia, ha messo in mostra personaggi, alcuni magari hanno ballato una sola estate mentre alle loro spalle c’era chi ha fatto del ciclismo la sua vita.

Prendete ad esempio l’edizione del 1988. Forse una delle più ricche di stelle prima della rivoluzione ciclistica che dal 1996 avrebbe portato i pro’ alle Olimpiadi. Il Liberazione è in in quell’anno olimpico che porta a Seoul la prova generale della sfida a cinque cerchi. L’anno precedente la nazionale russa aveva proiettato verso il successo Dimitri Konyshev davanti al tedesco ovest (il muro non era ancora caduto…) Bernd Groene e il russo, oggi dirigente della Gazprom e vincitore di tante gare da pro ritiene ancora quella una delle vittorie più belle in carriera. Questa volta la sfida si ripete, ma il teutonico (che poi vincerà l’argento a Seoul e avrà una breve carriera da professionista alla Telekom) la spunta e Konyshev finisce terzo, preceduto pure da un certo Mario Cipollini

Modolo Liberazione 2009
Nel 2009 Modolo batte Matthews in volata (foto Primavera Ciclistica)
Nel 2009 Modolo batte Matthews in volata (foto Primavera Ciclistica)

La grande avventura di Bugno

Qualche anno prima, nel 1985, un ragazzino monzese di nascita svizzera aveva fatto saltare il banco e sconvolto le tattiche delle squadre più affermate. Si chiamava Gianni Bugno, aveva viaggiato la notte in treno per arrivare in tempo, con la bicicletta vicino per non farsela rubare. La sua squadra aveva deciso di rinunciare alla corsa, non lui.

S’infilò in una fuga ripresa pochi chilometri prima dell’arrivo, ma seppe giocarsi la vittoria in una volata di una trentina di corridori. Quella fu la prima di una serie incredibile di successi, tra cui due titoli mondiali. Tra le squadre che rimasero beffate c’era quella di Luigi Orlandi, battuto allo sprint e per il quale aveva lavorato anche Claudio Terenzi, che 35 anni dopo sarebbe diventato l’organizzatore del GP Liberazione.

Liberazione Bugno 1985
La bellissima vittoria di Bugno nell’85, dopo una notte in treno (foto Ansa)
Liberazione Bugno 1985
La bellissima vittoria di Bugno nell’85, dopo una notte in treno (foto Ansa)

Doppietta britannica

Se torniamo ancora più indietro, alla seconda parte degli anni Settanta, scopriamo che per qualche anno i corridori italiani furono quasi delle comparse. Non bastasse la presenza delle grandi nazionali dilettantistiche del blocco comunista, arrivarono anche Paesi che non avevano tradizione a dominare la scena, come la doppietta britannica realizzata da William Nickson nel 1976 e Bob Downs l’anno successivo. Allora il ciclismo britannico era un lontano parente di quello che abbiamo conosciuto in questo secolo, quello dei Wiggins e dei Froome, dei Thomas e dei Pidcock. Furono due vittorie che sorpresero tutti perché al tempo il ciclismo non era certo lo sport più seguito nel Paese di Sua Maestà.

Qualche anno dopo le cose sarebbero cambiate. Nel 1992 ad esempio il podio fu tutto italiano, popolato da corridori che curiosamente avrebbero trovato però spazi diversi da quelli del professionismo, durato poche stagioni. Terzo fu Simone Biasci, grande speranza del tempo che dopo 7 vittorie da pro’ è diventato dirigente sportivo, secondo fu Mauro Bettin, approdato alla mtb dove ha raccolto grandi successi ed è diventato apprezzato manager, mentre a vincere fu Andrea Solagna, che troverà la sua strada nelle gran fondo.

Trentin Liberazione 2011
Nel 2012, la spunta Barbin che batte Fedi (foto Primavera Ciclistica)
Trentin Liberazione 2011
Nel 2012, la spunta Barbin che batte Fedi (foto Primavera Ciclistica)

Albo d’oro di grandi sconfitti

Se uno guarda l’albo d’oro della corsa romana, scopre che molti campioni sono passati per il Liberazione incamerando sconfitte che poi sono servite per crescere. Francesco Moser fu terzo nel 1972, stesso piazzamento lo aveva ottenuto Pierino Gavazzi due anni prima, Michael Matthews, australiano della BikeExchange ha collezionato addirittura due piazze d’onore, nel 2009 e 2010, anno nel quale avrebbe poi vinto il mondiale U23. L’attuale campione europeo Sonny Colbrelli fu terzo nel 2011, Alberto Bettiol trionfatore al Fiandre fu sempre terzo nel 2013. Due piazze d’onore anche per Simone Consonni (2014 e 2015), uno dei quattro olimpionici di Tokyo 2020 nell’inseguimento a squadre. Si sarebbe quasi portati a pensare che perdere il Liberazione porti bene…

A tutto Konyshev: Rivera, i giovani della Gazprom e quelli russi

31.12.2021
5 min
Salva

Procedono a tutta velocità i lavori alla Gazprom-Rusvelo. Il team russo, anche esso come l’Astana costituito da una forte matrice italiana, vede la presenza tra i suoi diesse di Dmitri Konyshev. L’ex grande professionista è uomo di ciclismo a tutto tondo. 

Con lui puoi parlare di tutto in merito alle due ruote a pedali. Stavolta ci siamo focalizzati soprattutto sui giovani. Quelli del suo team e, più in generale, su quelli della sua Patria.

Dmitri Konyshev (classe 1966) è oggi un diesse della Gazprom-Rusvelo
Dmitri Konyshev (classe 1966) è oggi un diesse della Gazprom-Rusvelo
In Gazprom avete un bel gruppo di giovani, Dmitri…

Vero, però i nuovi giovani del nostro team li ho visti ancora poco: tre settimane, durante il ritiro in Spagna. Ma poi io sono del parere che per conoscere davvero un corridore devi vederlo alle corse. Posso dirvi qualcosa di più su Scaroni che è cresciuto bene e che speriamo possa essersi tirato su di morale dopo il suo buon finale di stagione. 

E cosa ci dici di lui?

Che ha un bel potenziale. Si è allenato molto bene e l’ho visto davvero in buona condizione.

Nel gruppo avete anche un certo Kevin Rivera. Cosa puoi dirci su di lui?

Dico che dovrebbe imparare ad andare in bici! Scherzi a parte, se lo porti sotto la salita arriva con i primi, sicuro, ma ha dei problemi per arrivarci. Servirebbe una squadra fresca e forte per aiutarlo ad arrivare là sotto davanti. In questo modo può farcela.

Però si dice che questo ragazzo abbia dei valori molto alti…

Vero, ha valori eccezionali, ma non basta. Anche se è molto importante chiaramente. Kevin è un ragazzo serio, talmente serio che neanche sembra un latino americano. Di solito chi viene da quelle parti è molto più vivace.

Christian Scaroni è stato autore di un buon finale di stagione, eccolo alla Veneto Classic, chiusa al 10° posto
Christian Scaroni è stato autore di un buon finale di stagione, eccolo alla Veneto Classic, chiusa al 10° posto
Cosa ti ha colpito di lui?

Lui stesso è stato una scoperta. Mi ha colpito il fatto che in ritiro ha avuto qualche problema intestinale, anche se per fortuna poi ha perso solo due allenamenti, ma nonostante tutto si è mostrato molto forte. E quei problemi debilitano molto. Lui invece ha espresso alti valori ugualmente. Sono curioso di vedere come andrà nelle corse.

Giusto poche ore fa Fusaz ci ha detto che spesso i ragazzi di oggi hanno motivazioni meno accentuate. Anche per te è così? Anche per i giovani ciclisti in Russia è così?

Non solo in Russia, in generale il mondo è meno affamato, anche se penso che chi ha passione ancora ci metta del suo. Quello che vedo è che la grinta arriva quando arrivano le corse. Quando attacchi il numero sulla schiena è tutto diverso. In tal senso noto una grande differenza in effetti, almeno per me era così. Ma oggi il ciclismo è diverso.

Cosa intendi per diverso?

Intendo che per i ragazzi oggi è più complicato allenarsi per certi aspetti. Io facevo da solo, quando dovevo fare tanto facevo 6-7 ore e via. Oggi hanno dei “papiri” sui quali sono scritti tutti i lavori che devono fare.

Rivera è considerato un vero talento per la salita. Ha corso nell’Androni (in foto) e per sei mesi ha militato nella Bardiani
Rivera è considerato un vero talento per la salita. Ha corso nell’Androni (in foto) e per sei mesi ha militato nella Bardiani
E sono svantaggiati?

Per me sì. Se gli togli il computerino, il potenziometro, la maggior parte di loro non sa cosa fare. Non sanno ascoltare se stessi.

Se dovessi fare un paragone tra i ragazzi russi del tuo tempo e quelli attuali che differenze noteresti?

Che sono più viziatelli. Oggi arrivano e hanno tutto pronto, tutto è più facile quando devono prepararsi per un viaggio o per una trasferta. Io già a 12-14 anni dovevo farmi la borsa da solo. Però non c’è scampo, sono loro che devono darci dentro. Resta difficile per i russi farsi davvero largo stando lì. E infatti alla fine oggi ce ne sono solo due che veramente sono forti, ma entrambi sono cresciuti altrove. 

A chi ti riferisci?

Mi riferisco a Sivakov, scuola francese, e a Vlasov scuola italiana. Loro sono cresciuti con una mentalità europea. Ma molti ragazzi che sono fuori vogliono tornare a casa perché c’è ancora un ambiente molto diverso. E in Russia ancora si fa fatica. Da noi ci sono poche strade e ormai sono tutte molto trafficate. Non è così facile. Una volta su cento famiglie, solo cinque avevano la macchina. Adesso tutte ne hanno una. Ma per andare da A a B c’è una sola strada, non è come in Italia che ce ne sono dieci. Va da sé che il traffico è aumentato.

Secondo te vedremo emergere nuovi talenti russi da qui a breve?

Non lo so, ma lo spero. Poi spesso le cose avvengono quando meno te lo aspetti. Io però ci credo poco perché vedo ancora troppe poche corse. E’ vero che adesso qualcosa si sta muovendo per i giovani, ma è lunga… E poi io ho notato che c’è un problema anche di percorsi.

Secondo Konyshev non è facile oggi fare ciclismo in Russia (foto Instagram)
Secondo Konyshev non è facile oggi fare ciclismo in Russia (foto Instagram)
Cioè, spiegaci meglio…

La prima volta che ho portato Alex, mio figlio, ad una corsa, ho visto che c’erano 180 corridori su un circuito di 5-6 chilometri, con curve e controcurve, salite... Da noi per fare una gara chiudi un tratto di strada di 25 chilometri tutto dritto e pianeggiante e fai avanti e dietro. E’ chiaro che quando i nostri ragazzi vengono qui si trovano in difficoltà, non sanno cosa fare e infatti in generale i russi non sono brillanti in gruppo.

Prima hai detto che in Russia qualcosa si sta muovendo…

Diciamo che c’è un movimento, non è ancora ufficiale, che inizierà ad organizzare le gare. Vediamo cosa verrà fuori. Quel che serve sono più team, più scuole. Ai miei tempi quasi in ogni città c’erano 5-6 club ciclistici, adesso non ce ne sono quasi più.

Tornando al discorso della “fame”, in generale non è facile per questi ragazzi. Russi e non…

Non è facile per chi vuole far fatica in effetti. Oggi i ragazzi sono attratti da altro, dalle comodità, dai video su TikTok, cose che hai pronte, facilmente a portata di mano. Andare in bici non è così. E per di più è anche costoso. Una volta se volevo fare ciclismo in Russia andavo da un club, mi davano l’abbigliamento, la bici e iniziavo a fare il ciclista.

Parla Renat Khamidulin, l’ultimo zar di Russia

02.02.2021
5 min
Salva

Per 11 stagioni c’è stata la Katusha, con la sua maglia dedicata al Cremlino, oggi c’è la Gazprom-Rusvelo di Renat Khamidulin. Il ciclismo professionistico russo è tutto qui, sulla sponda bresciana e veronese del Garda, in un team che anno dopo anno sta sviluppando un’ossatura più solida, con l’obiettivo di riprendere le antiche strade gloriose.

Ilnur Zakarin
Zakarin in Spagna tira il gruppo in ritiro e poi si volta per guardarli (@gettyimages)
Ilnur Zakarin
La Rusvelo in Spagna, trainata da Kreuziger (@gettyimages)

La grande Russia

C’era una volta infatti, anche nel ciclismo, la Grande Madre Russia, che mieteva successi sulle strade di tutto il mondo, forte di un’organizzazione capillare e militarizzata su cui negli anni si sono scoperte molte verità. Pertanto, senza andare a quegli anni, c’è stata una Grande Madre Russia anche quando le squadre di lì venivano a correre con Tonkov, Shefer, Davidenko e poi Brutt, Ignatiev, Petrov, Kolobnev, Ivanov, Karpets, Menchov, Rovny, Silin, Vlasov e Zakarin. Ragazzi che magari svolgevano la carriera dilettantistica in Europa, fra loro lo stesso Renat, per poi intraprendere la strada del professionismo.

Oggi questo aspetto non è così marcato. Renat racconta e spiega, con l’orgoglio di rappresentare il suo Paese. Il contratto con Gazprom, siglato nel 2016, è stato prolungato fino al 2024 e nella squadra che finora aveva puntato soltanto sui giovani, sono arrivati elementi di esperienza come Roman Kreuziger e Ilnur Zakarin, che con questa maglia in realtà aveva già corso nel 2013 e nel 2014.

Un Marco Canola sfinito dopo il 16° posto a Peccioli nel 2020
Un Marco Canola sfinito dopo il 16° posto a Peccioli nel 2020
Un cambio di direzione?

Direi di no, abbiamo preso corridori forti per comporre un organico forte. Il nostro obiettivo dei sogni sarebbe ovviamente partecipare al Giro d’Italia, che è importantissimo. Ma la corsa appartiene agli organizzatori: qualsiasi cosa decidano, ci adegueremo. L’Uci farà sapere se concederà una wild card in più e noi, davanti alla possibilità di non essere invitati, dobbiamo progettare anche una stagione che non lo comprenda.

Konychev nelle scorse settimane ci aveva anticipato un quadro non confortante del ciclismo in Russia…

Ci sono tre continental, la Lokosphinx, la Cogeas e Sestroretsk e soprattutto ci siamo noi. Sotto questo livello, le cose si complicano. Non è solo un problema di poche squadre, ma anche di poche corse. Andiamo bene con gli allievi, ci sono parecchie gare organizzate bene. Due anni fa invitammo una squadra veneta a una gara che organizzavamo noi e rimasero entusiasti. Invece ci sono pochi juniores e under 23.

Nikolaj Cherkasov atteso da Renat Khamidulin alla conferma dopo un ottimo finale di 2019
Nikolaj Cherkasov atteso alla conferma dopo un ottimo finale di 2019
Si riesce a farli correre in Europa?

Con il Covid è tutto più difficile. Abbiamo la nostra squadra di U23, ma non è semplice. Fino allo scorso anno se ne occupava Paolo Rosola, ma adesso viaggiare è complicato.

Pensi ci sia la volontà di ridare alla Russia un team WorldTour come fu la Katusha?

Serve un budget importante, ma credo che un grande Paese come la Russia abbia bisogno di una grande squadra. Diciamo che al momento stiamo vivendo una pausa, se sapremo dimostrare di valere l’investimento, se ne potrà riparlare.

Nel frattempo i corridori russi giovani più forti li avete voi?

Ce ne sono alcuni che possono dimostrare cose interessanti e che nel 2020 non sono riusciti ad esprimersi. Penso a Nikolay Cherkasov, che nel 2019 aveva fatto un bel finale di stagione in Italia (3° alla Coppa Agostoni e al Giro di Toscana, ndr) e sicuramente si farà vedere. Ma penso anche a Denis Nekrasov, che ha 23 anni e nel 2020 è arrivato 21° alla Tirreno-Adriatico. Credo che anche lui possa fare di più. E poi, uscendo dai confini russi, un ragazzo da cui mi aspetto molto è Mathias Vacek, un ceko, che è stato campione europeo crono da junior.

Denis Nekrasov nel 2020 ha colto, praticamente da solo, il 21° posto alla Tirreno
Denis Nekrasov 21° alla Tirreno del 2020
Ci sono anche parecchi italiani.

Tanti ragazzi interessanti. Marco Canola è un uomo di esperienza, che va forte tutta la stagione. Velasco è passato giovanissimo, nel 2020 ha stentato, ma lo aspettiamo. Damiano Cima è un uomo esperto per le fughe. Suo fratello Imerio è davvero velocissimo, ma deve fare esperienza. E poi c’è Scaroni, che in salita va davvero forte. Nel 2018 era alla pari con Vlasov, ha dei numeri. L’anno scorso non hanno avuto tanti spazi a causa delle cancellazioni delle corse, ma credo che in un 2021 più normale, riusciranno a farsi vedere.

Zakarin è contento di aver ritrovato Konychev in ammiraglia.

Lo sono anche io di averlo. Dima è il diesse più esperto che abbiamo in Russia, uno dei più rispettati in tutto il gruppo. Sa fare tutto, ha vinto grandi corse, parla tutte le lingue. E’ un tecnico completo.

Damiano Cima è secondo Renat un uomo da fughe e avrà carta bianca
Damiano Cima avrà carta bianca per le fughe
Scusa la domanda: qual è il ruolo esatto di Rosola?

Paolo è Paolo (sorride, ndr) lavora con me ed è un uomo capace di rispondere a tutte le domande, di affrontare ogni situazione. L’anno scorso gestiva da solo la squadra U23, ma in genere puoi affidargli qualsiasi incarico, perché conosce tutti. Ha lasciato un segno importante nel ciclismo italiano e ama questo sport senza condizioni. Lui c’è 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. E’ in tutti i ruoli, anche in ufficio. Guai a chi me lo tocca.

Che cosa chiedi alla tua squadra per il 2021?

Più che il numero delle vittorie, chiedo la continuità nei risultati e la visibilità migliore. Se riuscissimo ad arrivare davanti nella classifica dello Europe Tour, avremmo la partecipazione garantita a tutte le corse. Se arrivassimo secondi, sarebbe comunque ottimo. La vittoria è necessaria e so che arriverà. La mia massima, che cerco di trasmettere anche ai miei ragazzi è: mai partire tanto per partire.

Zakarin, il sogno rosa poi la vendetta olimpica

31.01.2021
4 min
Salva

Ilnur Zakarin è tornato a casa. Lo scioglimento della CCC ha fatto sì che il trentunenne originario del Tatarstan, nel bel mezzo della Russia, tornasse a vestire la casacca della Gazprom RusVelo, già indossata per due annate nel 2013 e nel 2014, quando ancora non era conosciuto dal grande pubblico. Ora ritorna all’ovile (nella foto di apertura @gettysport è ritratto nel ritiro del team) e ritrova la sapiente guida di Dimitri Konychev con il quale ha ottenuto i successi più belli in carriera alla Katusha. Uno su tutti, l’arrivo in solitaria sul Colle del Nivolet al Giro d’Italia 2019. Ecco, Ilnur e la Gazprom vanno già d’accordo e covano un sogno rosa in comune.

Zakarin
In ritiro, Zakarin è diventato con Kreuziger l’uomo di riferimento della Rusvelo (foto @gettysport)
Zakarin
E’ già diventato l’uomo di riferimento del team (foto @gettysport)
Ilnur, non hai la sensazione di essere tornato a casa?

Sì, sette anni fa già correvo per la Gazprom Rusvelo e sono molto contento di tornare a vestire questa maglia. Conoscevo già tante persone che lavorano per la squadra e in queste settimane ho conosciuto chi ancora non avevo incontrato in precedenza. L’umore è ottimo e mi piace l’idea di essere tornato a correre in una squadra russa. 

Tu e la Gazprom avete lo stesso pallino: il Giro d’Italia. Confermi?

Stiamo aspettando una risposta degli organizzatori e la speranza è di essere invitati alla corsa rosa di maggio. In generale, il Giro è il mio “grand tour” preferito, ho tanta voglia di tornare a pedalare sulle vostre strade ed è senza dubbio uno degli obiettivi principali di questa stagione

Quanto cambia passare da un team del WorldTour a una squadra continental?

Qui ho la stessa responsabilità. Ho optato per questo progetto perché credo fortemente nella crescita della squadra e cercherò di aiutarla, contribuendo con la mia esperienza e i miei risultati.

In picchiata giù dal Mortirolo verso Ponte di Legno nel 2019: la discesa è il problema di Zakarin
Picchiata giù dal Mortirolo: la discesa è problema
Che effetto fa ritrovare Konychev in ammiraglia?

Dimitri è stato un personaggio fondamentale per la mia carriera e sono sicuro che lo sarà ancora. I suoi consigli saranno preziosi per crescere ulteriormente.

Quali sono i piani di Zakarin per la stagione?

L’obiettivo che mi sono prefissato, già prima di firmare con la Gazprom, era di puntare sul Giro d’Italia e poi di correre l’Olimpiade con la Russia.

Che effetto ti fa non vedere la bandiera russa a Tokyo?

Ho pensato molto a questo aspetto, anche perché nel ciclismo corriamo pochissime volte per la nostra nazionale: ai campionati europei, ai mondiali e ai Giochi Olimpici. Presentarsi a Tokyo senza essere rappresentati dai propri simboli è qualcosa che non riesco ancora a immaginarmi, pur avendoci riflettuto a lungo. Nel complesso però, credo che l’aspetto più importante sia esserci e dare il massimo. Sono pronto a farlo.

A Rio 2016 ti fu negato questo privilegio. In un primo tempo il Cio ti escluse dai Giochi, poi tornò sui suoi passi. A quel punto però, tu non potevi già più raggiungere il Brasile in tempo per la corsa: come la prendesti?

E’ stata un’offesa che non riuscivo a cancellare in nessun modo e per diversi giorni l’ho vissuta parecchio male. Dopo un mese però, ho sbollito la rabbia e non ci ho più pensato.

Zakarin all’ultimo Tour, chiuso con il ritiro, andando verso Loudenvielle
Zakarin all’ultimo Tour, verso Loudenvielle
Molti appassionati si preoccupano quando ti vedono affrontare una discesa pericolosa…

Io stesso sono consapevole di avere grossi problemi in discesa. Credo che sia cominciato tutto dopo la caduta al Giro del 2016 (si ruppe la clavicola nella celeberrima discesa del Colle dell’Agnello mentre era quarto in classifica generale e lottava per il podio, ndr). Sto lavorando a fondo per superare questo problema, vediamo come andrà.

Sulle salite italiane, invece, ti esalti: quali sono le tue preferite?

Direi che la mia preferita è lo Stelvio. Poi mi alleno spesso a Livigno e mi piacciono tutte le montagne che ti capita di scalare nei dintorni. Tutte, ad eccezione di una: il Mortirolo. Troppo duro…

La Gazprom Rusvelo 2021 è un bel mix tra guerrieri esperti e tanti giovani (foto @gettysport)
Gazprom, un bel mix tra esperti e giovani (foto @gettysport)
Com’è nato l’amore per la bicicletta?

Ho preso la bici che avevamo in famiglia e ho iniziato a pedalare. Ce la siamo passata tra fratelli. Tralascio la descrizione delle condizioni in cui è arrivata a me, ma non ci ho fatto troppo caso e ho cominciato ad usarla. Poi, a scuola, è arrivato un allenatore e ha chiesto chi voleva fare ciclismo: tutti hanno risposto di sì, perché ti davano una bicicletta e ai tempi non era una cosa da tutti. Alla fine, di tutti quei ragazzi, sono rimasto soltanto io a farlo come professione.

Ultimamente ti sei lanciato sui social: ti diverti?

Sì, ho iniziato ad aggiornare il mio profilo più frequentemente da un paio di mesi. Vedendo le domande che mi arrivano e quanto mi scrivono, devo dire che comincia a piacermi, anche perché non mi porta via troppo tempo libero.

Dimitri Konychev 2020

“Dima”, due senatori per spingere i giovani

15.01.2021
4 min
Salva

Konychev è appena arrivato a Mallorca con tutta la Gazprom, dopo la giornata interminabile su un aereo che non voleva decollare. E quando hanno chiesto il perché, ovviamente nessuno ha saputo dirgli niente. In barba al Covid o forse a causa del Covid, il volo era strapieno di gente che magari ha scelto il caldo per evitare le nuove zone rosse. E Dima il virus se l’è ritrovato in casa, dato che l’ha preso suo figlio Alexander, fermo ad aspettare il tampone positivo.

C’è Konychev (e ne va orgoglioso) dietro la decisione di Renat Kamidhuline di prendere in squadra un paio di corridori esperti, dopo anni di giovani speranze, che puntualmente sono finite a fare la fortuna di squadre più grandi. Vlasov su tutti.

«Stiamo facendo le cose bene – dice – crescendo e lavorando. E finalmente abbiamo preso un corridore esperto, un gallo, che ha esperienza e che i corridori giovani ascolteranno di certo. Alla Katusha avrei sempre voluto prendere Tosatto o Bennati, ma non mi davano ascolto. Il salto di qualità si è visto quando è venuto Paolini. Perché quando una cosa te la dicono alla radio, è già tardi. Invece confido che uno come Kreuziger sarà un riferimento e un ottimo regista in corsa».

Ilnur Zakarin 2020
Ilnur Zakarin si è ritirato dopo 11 tappe del Tour 2020 e ha fatto rotta sul Giro
Ilnur Zakarin 2020
Zakarin si è ritirato dopo 11 tappe del Tour
L’esperienza non gli manca e sembra anche molto motivato.

Sembra vecchio, ma solo perché lo vediamo da quando aveva 19 anni. In più abbiamo preso Vacek, un ceco molto giovane, che accanto a lui farà una scuola straordinaria. Roman serve perché tanti ragazzi, italiani e russi, hanno bisogno di essere trascinati. Perché quando piove serve uno che esca senza fare troppe storie e li porti con sé. In più Roman ha cambiato la cura per l’asma ed è tornato a quella di una volta, dopo che al Tour nel 2020 non riusciva a stare nei 50 ed era disperato. Ha già fatto due ritiri alle Canarie, non sta scherzando.

E poi c’è Zakarin.

Kreuziger sarà importante anche per lui, perché gli fa comodo una figura di esperienza. Ilnur ha trascorso tutto l’inverno a Cipro, mai sotto i 20 gradi. E’ sereno, tranquillo. E’ arrivato bello magro. Se c’è morale, è già una bella cosa. Con Renat ho dovuto insistere, perché diceva che sono vecchi. Gli ho risposto che è impossibile trovare corridori giovani di esperienza. Speriamo di iniziare presto a correre.

Come è stato lo scorso anno il passaggio ad una professional dopo 11 anni nel WorldTour?

Mi sento come prima. Certo, gli stipendi sono più bassi, i corridori sono quasi tutti al minimo. Quello che guadagna di più è Zakarin, ma perché ha in appoggio un suo sponsor. Però lavoriamo come nel WorldTour. E’ un po’ come quando partimmo con la prima Tinkoff. Si fa fatica ad andare alla Tirreno con un leader di 23 anni, anche se alla fine Nekrasov ha fatto il suo arrivando 21°.

Tutto sul Giro?

Sono convinto che con Zakarin potremmo fare meglio di tante squadre WorldTour. Non siamo stati invitati allo Uae Tour, che per lui era perfetto, dato che ci sono una sola salita e poche curve. Ma se non ci inviteranno faremo del nostro meglio nelle corse cui parteciperemo.

Dimitri Konychev 2020
Al Saudi Tour, Konychev, al suo primo anno nella Gazprom, con Sergei Chernetski
Dimitri Konychev 2020
Konychev, al debutto nella Gazprom, con Chernetski
Ti aspetti qualcosa dai giovani?

Spero tanto in Scaroni, che l’anno scorso non è riuscito a esprimersi. Ha ripreso a lavorare con il vecchio preparatore e si è sistemato bene. E poi abbiamo Cherkasov, che dovrebbe andare forte.

Da dove arrivano i giovani russi?

L’anno scorso avevamo la squadra di U23, poi non l’abbiamo confermata. In Russia sono rimaste 2-3 scuole di ciclismo. Una è quella di Kuznetsov, che però li spreme troppo presto. Sono sempre in ritiro, fino agli juniores fanno un record dietro l’altro, poi scoprono il mondo e scoppiano. In più le corse di juniores sono troppo facili. Se sono 75 chilometri fanno avanti e indietro in un circuito di 25, in cui si impara solo a spingere e non a guidare. Le strade sono poche e il traffico è aumentato. Quando correvo e tornavo su, 15 anni fa, non riuscivo ad allenarmi. Adesso è un po’ che non vado. Ultimamente veniva spesso mia madre, che è del 1939, ma sta impazzendo perché per il Covid non può muoversi.

Tuo figlio dice che finché ci sarà la mamma che cucina così bene, non andrà mai via di casa.

Voi non immaginate quanta verdura si mangi a casa mia. Mia moglie va dal coltivatore e quello raccoglie direttamente dall’orto ciò che lei vuole comprare. Ci credo che non se ne andrà mai, da noi si mangia troppo bene. Credo invece che mia moglie adesso sia contenta che io sia ripartito. Con la squadra sono abituato a comandare, a casa purtroppo non si può…