Nieri e il giovane Mozzato: «Ogni cosa se l’è sudata col lavoro»

16.04.2024
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Gran parte delle classiche sono alle spalle e, in attesa di completare le Ardenne, colui che ha brillato di più tra gli italiani è stato Luca Mozzato. Il corridore dell’Arkea-B&B Hotels è salito alla ribalta per il secondo posto al Giro del Fiandre, ma aveva anche vinto una corsa, la Brendene Koksijde Classic, sempre in Belgio.

Mozzato è uno di quei corridori cresciuti piano, piano. Uno di quelli che ha avuto bisogno di tempo. Ma le qualità c’erano. E nell’era del “tutto e subito” il veneto rischiava di passare nel dimenticatoio. Luca invece a suon di risultati, di piazzamenti, di vittorie e infine grazie anche al podio in un monumento è arrivato al vertice.

Per capire dove è ora Mozzato, bisogna vedere da dove veniva prima di passare professionista. E dove veniva ce lo può spiegare bene Daniele Nieri, attuale direttore sportivo della Q36.5 Continental, all’epoca della Dimension Data for Qhubeka, la squadra di Luca.

Daniele Nieri è oggi il diesse della Q36.5 Continental Team
Daniele Nieri è oggi il diesse della Q36.5 Continental Team
Tu, Daniele, hai diretto Mozzato per due anni, e hai un certa sensibilità con i giovani…

Sì, l’ho avuto nel suo secondo e terzo anno tra gli under 23. E cosa dire: ora è al top! Fare secondo ad un Fiandre dietro a quel Van der Poel è come vincere. Luca è molto adatto a quelle corse. Sa tenere la posizione, regge sulle salite corte, ha un buon picco di forza esplosiva ed è veloce.

Insomma, tutto normale?

Normale no, perché per diventare un corridore vero ci sono tanti fattori. E non ci si deve riferire solo al Belgio. E’ arrivato davanti in tante altre corse.

E allora che corridore è, o era, il tuo Luca Mozzato?

Un corridore veloce, ma non un velocista puro. Ha uno sprint importante. Come detto, sa stare in posizione e sa muoversi al momento giusto. Era già un buon corridore quando lo si prese dalla Zalf e anche da juniores si mise in mostra. Se ben ricordo fu quarto al mondiale di Doha 2016. Sfiorò il podio grazie all’aiuto di Zana che lo fece rientrare.

Mozzato ha militato nella Dimension Data U23 con Nieri per due anni: 2018 e 2019. Poi è passato alla B&B
Mozzato ha militato nella Dimension Data U23 con Nieri per due anni: 2018 e 2019
Sei stato tu a volerlo nella tua squadra all’epoca?

Non direttamente, perché anche io stavo rientrando in squadra. Ma sapevo chi fosse. Però accadde un fatto curioso. Una sera ero a cena con Kevin Campbell, l’allora team manager della Dimension Data for Qhubeka. Gli arrivò un messaggio in cui un procuratore gli proponeva Mozzato. Mi chiese se lo conoscessi. Gli dissi: «Io non so ancora se ci sarò, ma lui prendilo subito!». Così ci ritrovammo qualche settimana dopo entrambi nello stesso team.

E dal punto di vista umano?

Un bravissimo ragazzo. Ma bravo davvero a 360 gradi. Seguiva alla lettera ciò che gli si diceva. Era puntiglioso, serio negli allenamenti. Dopo il Fiandre infatti gli ho scritto: con tutti i sacrifici fatti, te lo meriti. Le sue vittorie le ha sempre ottenute, ma nonostante tutto restava poco considerato. Forse perché i suoi risultati erano frutto del lavoro.

E non del talento spontaneo, questo è il concetto…

Vinceva perché lavorava, faceva la vita da corridore. Preciso nelle tabelle, nel mangiare. E sì che lui poverino ha sempre avuto qualche problema col peso. Era uno di quelli che basta che “guarda la pasta e ingrassa”. Non perché non fosse attento, anzi… il contrario. Altra caratteristiche di Luca che ben ricordo era la puntualità.

Mozzato approdò in B&B (ora a Arkea) nel 2020 e gli viene subito proposto un calendario disegnato sulla sua misura
Mozzato approdò in B&B (ora a Arkea) nel 2020 e gli viene subito proposto un calendario disegnato sulla sua misura
Hai rimarcato il tema della posizione. Ci puoi dire di più?

Vi racconto questa. Luca è finito a correre in Francia non per caso. Eravamo al Tour de Bretagne e qualche giorno dopo facemmo un’altra corsa da quelle parti. In quasi tutte le tappe entrò nei primi dieci. Quei percorsi erano molto “stile Belgio”: 180-190 chilometri con su e giù, vento, curve e proprio lì fu notato dalla B&B. Ricordo che c’era un circuito da fare in una tappa, un circuito tortuoso e lui da solo non uscì mai dalle prime cinque posizioni.

Può ancora crescere?

Per me è nell’ambiente giusto per lui specie in relazione al calendario che gli propongono. So che si trova bene: insomma ha l’equilibrio giusto. Se può crescere? Io dico di sì. Se non altro perché parliamo di un ragazzo classe 1998: quindi di 25-26 anni. Può ancora limare qualcosa. Chiaro, se mi chiedete: può vincere un Fiandre? Dico che contro motori come Van Aert o Van der Poel ti deve girare tutto, ma proprio tutto, bene…

Okay Daniele, ma questo non vale solo per Mozzato!

Esatto, però in corse come De Panne, Scheldeprijs… sì: può vincere. In quelle corse è sempre al top e poi è un corridore che porta non si sa quanti punti e questo alle squadre piace sempre. Lui comunque è maturato, sta maturando coi tempi giusti.

Konychev, pit stop forzato prima di ripartire

14.01.2021
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Alexander Konychev è a casa con le scatole girate. Doveva essere al ritiro della squadra, invece s’è preso il Covid e sta aspettando semaforo verde per rientrare in pista. Ancora 22 anni, la sua prima stagione alla Mitchelton era un bel punto interrogativo. C’era chi voleva che restasse ancora nella continental del gruppo Qhubeka, ma l’offerta di un contratto WorldTour ha potuto più di mille ragionamenti. E tutto sommato, visto l’andazzo generale e i suoi immensi margini di miglioramento, alla fine ha fatto bene lui.

«Sono giovane – dice – e ho iniziato a correre solo da juniores. Ho ancora tanti aspetti da migliorare, su alimentazione, recupero dopo le corse, allenamento. Sicuramente in poco tempo, le cose sono cambiate molto. I più giovani hanno una pressione che io due anni fa non avevo. Sembra che si debba ottenere tutto subito. Alcuni arrivano al professionismo che sono già al top. Che margini hanno? Il fisico un po’ può crescere, ma la testa?».

Alla Strade Bianche la ripartenza di Konychev dopo il lockdown
Alla Strade Bianche la ripartenza di Konychev dopo il lockdown
Come descriveresti i tuoi anni da under 23?

I primi due anni, alla Viris e poi alla Hopplà, sono stati i più belli. Una parte del ciclismo che sta svanendo. Negli juniores andare in bici era anche andare a farsi un giro con gli amici, poi da under 23 l’impegno è iniziato a crescere. Quando poi sono passato alla continental della Dimension Data, sono migliorato molto. Ho avuto il primo preparatore, il ritiro a Lucca. E per la prima volta la differenza è stata avere un calendario definito dall’inizio dell’anno, con obiettivi su cui programmare il lavoro.

Primo passo verso il professionismo…

Esatto. In più l’esperienza continental con i ragazzi africani è stata molto bella anche sul piano umano. Ed è stato un anno speciale. Abbiamo vinto l’europeo e il mondiale e io per primo ho vinto la prova di Coppa delle Nazioni, l’Etoile d’Or, preparata con il Tour de Bretagne di sette tappe. Quando lavori così, i risultati arrivano.

Tuo papà ti ha aiutato in questo avvicinamento graduale?

Lui non mi ha mai messo pressione, anzi era molto scettico. Cominciare da junior non è facile e il mio primo anno è stato molto duro. Ho picchiato l’asfalto parecchie volte, ma ormai avevo preso la decisione, perché il ciclismo era quello che mi appassionava. Mai un ripensamento, sapevo dove volevo arrivare. Per cui a metà campionato lasciai la squadra di calcio in cui giocavo da centrocampista e sono salito in bici.

Come è andato il primo anno?

Come per tutti, è stato particolare. Avevo fatto una bella preparazione, altura compresa. Ho fatto le prime due corse in Belgio e poi ci hanno fermato. Riprendere è stato una bella cosa. Ho fatto Strade Bianche, Sandremo, Gand, Fiandre. Tutto il mio programma tranne la Roubaix. Con la squadra va benissimo, sto facendo tanta esperienza, individuando gli aspetti su cui lavorare e i miei obiettivi, che sono le grandi classiche. La Sanremo in testa, il mio sogno.

Nella crono degli europei di Plouay ottiene il 17° posto
Nella crono degli europei di Plouay ottiene il 17° posto
Quali sono gli aspetti su cui lavorare?

Ormai si gioca tutto sui dettagli. Mi piace molto la crono, in ritiro avrei dovuto fare dei test in pista, che spero di recuperare più avanti. E poi l’alimentazione. In squadra stiamo testando una piattaforma che useremo alle corse, in cui ognuno ha i suoi dati e inserendo il peso, il programma ti dice la quota di carboidrati da ricaricare. Io però preferisco gestirmi in autonomia. Se la mattina voglio qualcosa a colazione, la mangio lo stesso. La fortuna di avere una mamma che mi prepara le cose fatte in casa è proprio questa.

Quindi non pensi di andare a vivere da solo?

Per ora no (ride, ndr), magari se trovo una compagna che sappia cucinare. Però mi sa che non sia una cosa da dirle. «Ah, come cucina la mia mamma…».

Sei dimagrito tanto rispetto all’ultimo anno da U23?

Sono stato bravo durante il lockdown. Sono sceso da 80 a 72, a proposito dei margini che potrei avere.

La bici nuova?

Ero un po’ scettico, invece la Bianchi ha delle geometrie ottime. Forse è un po’ più pesante della Scott, ma mi importa poco. Non devo fare il record del Galibier e per le corse che voglio fare, va benissimo una bici rigida e veloce